Giovedì 23 Maggio presso la Biblioteca Comunale di Revine Lago, Presentazione del Libro d Lucio Tarzariol: Jakov il Figlio di Stalin partigiano in Italia. L’Enigma del capitano Monti 1944/1945 (Fusta editore)
Lucio Giuseppe Tarzariol da Castello Roganzuolo
Sinossi
In questa ricerca Lucio Tarzariol, assieme ad Alessandra Zambon,
nipote diretta del “Capitano Monti”, alias Jakov Josifovič Džugašvili Stalin,
mette in evidenza l’oscura vicenda della doppia identità del partigiano russo
morto in Italia fra le colline della provincia di Treviso nel 1945. Nello
specifico, oltre a raccontare la vicenda storica partigiana accaduta fra le
colline di Vittorio Veneto e Tarzo, viene trattato, attraverso ricerche
inedite, testimonianze e interviste, il fondato e sconvolgente sospetto di uno
scambio di identità servito da alibi per fuggire a Jakov Džugašvili, il figlio
maggiore di Stalin, ufficialmente creduto morto in Germania, ma in realtà
fuggito in Italia sotto il nome di Giorgi Dimitris dze Varazashvili, conosciuto
tra le fila partigiane con il nome di “Capitano Monti”. Molte le vicende, le
testimonianze, i fatti e le recenti prove che portano a pensare che il
“Capitano Monti” sia stato in realtà proprio Jakov Džugašvili, figlio naturale di Stalin; dalla
scomparsa del corpo nel cimitero di Tovena, alle varie testimonianze raccolte
da chi gli era vicino, dai rastrellamenti nazifascisti e dalle visite
dell’ambasciata russa in casa dell’allora fidanzata Paola Liessi, con lo scopo
e l’intento di portargli via il figlio che aveva concepito con il capitano
“Monti”, e non per ultimo la falange del dito indice che doveva mancare al
“Monti”, mentre nelle foto appare con tutte le dita; e ancora la scomparsa dei
fascicoli riguardanti lo stesso “Monti” a Roma, al quale fu concessa anche la
medaglia al valor militare. L’intervista alla RAI a Svetlana, figlia di Stalin,
sospesa a metà, l’incredibile somiglianza del capitano “Monti” e la sua
discendenza con la famiglia Stalin, senza trascurare i tratti caratteriali del
“Monti” che combaciano perfettamente con quelli di Jakov. La notizia pare
essere ben fondata e documentata, tutto torna su un'unica “logica”: il capitano
“Monti”, “prima volutamente e poi erroneamente” identificato in “Giorgi
Dimitris dze Varazashvili”, era in realtà Jakov Džugašvili, figlio maggiore di
Stalin, ed era in Italia fin dal luglio del 1944; tessé una relazione con Paola
Liessi da cui nacque il piccolo Giorgio “un discendente di Stalin in Italia”.
Il necessario esame del DNA sarebbe l’ultima prova fondante e definitiva a
chiarire questa incredibile e intricata vicenda che ha fatto discutere i
giornali per anni. Dulcis in fundo, le ultime prove fotografiche e l’inedita
dichiarazione su uno scambio di piastrina di Jakov Džugašvili, cosa evidenziata
nella lettera inedita di Bartolomeo De Zorzi, personaggio appartenente ai
servizi segreti italiani, inviata nel 1988, prima di morire, a Giorgio Zambon,
figlio del Capitano Monti – dalla quale si evince che lo stesso Capitano Monti
era in realtà Jakov Džugašvili, il figlio di Stalin, e doveva essere catturato
vivo dai nazifascisti.
Nella biografia georgiana, il
vero Giorgi Varazashvili, “associato all’identità del capitano Monti”, aveva il
mezzo dito indice della mano destra amputato, ma nonostante questo handicap aveva realizzato
varie sculture di creta. Ricordando a Paola Liessi che nella biografia di
Giorgio Monti si accennava al fatto che gli mancasse una falange, ho chiesto a
Paolina se si ricordasse qualcosa. Tuttavia Lei mi disse che allora “erano un
po’ sulle nuvole”: non si ricorda o non ha fatto caso se all’uomo mancava una
falange del dito. Dice però che egli aveva una ferita, un segno tra la spalla e
la schiena. Alla luce di ciò, appare ovvio che la persona che era con Paola
Liessi non fosse il vero Giorgi Varazashvili, infatti è logico pensare che se la
donna non si è accorta di niente, vuol dire che non c’era niente di strano da notare.
Proprio in questi giorni mi ha contattato la nipote di Giorgi Varazashvili, Makvala Razmadze confermandomi che a Giorgi mancava la falange, per cui non poteva essere il capitano Monti, che come vedete nella foto sopra aveva tutte le sue dita; ecco il messaggio di Makvala Razmadze: