sabato 28 marzo 2015

CONFERITO ALL'ARTISTA LUCIO TARZARIOL IL PREMIO INTERNAZIONALE FEDERICO II E NOMINA DI CAVALIERE DELL'ARTE DEL MEDITERRANEO


LUCIO TARZARIOL CAVALIERE DELL'ARTE DEL MEDITERRANEO

La nomina avverrà sabato 9 maggio con suggestiva cerimonia con la spada presso il Castello Normanno Svevo di Mesagne













IL MISTERO DELLA CREAZIONE
Una verità dimenticata, una verità sconosciuta
IL DIO DEGLI DEI, “la vita, il miracolo di un equilibrio voluto”
INDAGINE SULLE PROBLEMATICHE COSMOLOGICHE E ANTROPOLOGICHE
“Punte di diamante”
Maggio 2001, Dicembre 2002, Novembre 2003, Luglio 2004 a cura di Lucio Tarzariol
Questo testo espone antiche reminiscenze, cercando una “rivelazione dell’essere” in Dio: “Luce della Creazione”. Una rivelazione dell’essere, ai confini con “l’essere” stesso, resa possibile analizzando fatti e miti riguardanti i molteplici significati dati a Dio, agli dei e all’uomo. La ricerca si esprime cercando “parallelismi religiosi”, una sorta di “messaggio genetico” riscontrabile dal sincronismo di miti ed eventi storici, che vedono l’uomo originato da interventi genetici apportati da altri “esseri”, che tanto alieni poi non sono, in quanto parte di un “archeo-alienismo” che avrebbe contribuito alla nostra evoluzione, come naturale guida, in una “logica d’adattamento” in divenire, in un pianificato “Sentiero divino”. Lo stesso termine “alieni”, spesso usato, sta ad indicare “esseri extraterrestri”; e gli antichi dei, angeli o messaggeri lo erano, provenendo dallo spazio; la differenza è che tale termine porta in se la consapevolezza delle nuove conoscenze e scoperte, che ovviamente non tutti accettano perché cristallizzati nei vecchi secolari insegnamenti. Queste idee sono accompagnate da una riflessione escatologica, sopra le sacre scritture, sopra lo “spirito creativo” in esse celato e sopra l’antico sapere delle prime civiltà comparse sulla faccia della terra. Il tutto è visto e filtrato nelle varie discipline di studio: scienza, religione, magia, filosofia, psicologia, teosofia, esoterismo e cabala. Quello che andrete a leggere fra sbalzi temporali di civiltà umana, scandagliando reminiscenze di un confuso sapere antico, non sono altro che frammenti di una “conoscenza antica”, che sono giunti fino a noi, fra studi, scritti, scoperte, miti e leggende. Questi sono stati messi a confronto tra loro e rapportati con le odierne conoscenze scientifiche, pur rimanendo sempre misteri che ancora oggi avvolgono la nostra realtà e ciò che ci circonda. In noi c’è la vera “rivelazione”, se sapremmo cogliere con logica coscienza il “tutto”. Quanto ho scritto e cercato non ha la pretesa d’essere verità, ma divulgazione e considerazione di ciò che in parte ci è dato a sapere o è stato raccontato, tramandato e a volte anche reinterpretato. Tutto perciò rimane e deve sempre rimanere da interpretare secondo l’evolvere della ricerca in generale e del nostro singolo “Io” più profondo in particolare, poiché ciò che ho voluto cercare è una sorta di “cronistoria”, relativa alle ipotetiche origini cosmologiche e antropologiche. Interessante sarà ragionare sui significati spesso contraddittori delle allegorie, sulle evidenze confrontate che più si accomunano, sulle “illuminazioni”, mie e d’altri studiosi e ricercatori. Su quello che leggerete, aggiungete pure le vostre “illuminazioni” e troverete la vostra verità, un punto di vista dell’unica “Grande Verità”.


“Giacché ogni notizia può essere dubbia, in quanto si può dubitare d’ogni fonte o teoria. Rimane assurdo comprovare l’origine e l’attendibilità degli scritti citati e degli autori. Per tanto una sana ed individuale valutazione ragionevole, può dare ad ognuno una ragionevole risposta, sempre relativa alla propria illuminazione”


 “L’ORIGINE”
TRA SCIENZA, EXSTRATERRESTRI, TRA DEI, MITI E RELIGIONI
1° LE PRIME TRACCE DELL’UOMO
Gli antropologi presuppongono che la prima specie di “Ominidi” evoluti da forme comuni di scimmie antropodi, comparvero in gruppo sulla terra circa venti milioni d’anni fa, mentre due milioni or sono si sarebbe evoluta, con “un’evoluzione a cespuglio”, la prima specie “Homo”, di cui l’Homo Abilis, con un cervello più grande di qualsiasi scimmia. Pare che proprio dall’Africa iniziarono le grandi migrazioni di “genti prim'eve” che lentamente conquistarono tutto il pianeta. Altri emeriti scienziati orientalisti, come Richard Thompson e Michael A. sostengono che dalla letteratura vedica si evidenzia l’ipotesi che la razza umana risalga a tempi estremamente remoti in cui creature umane e scimmiesche hanno coesistito per lunghi periodi di tempo. In effetti, come risulta da un articolo uscito nel 1979 i due ricercatori in un sito dell'Africa orientale, Laetoli, in Tanzania, scoprirono impronte di piedi nei depositi di ceneri vulcaniche risalenti a più di tre milioni e seicentomila anni fa. Mary Leakey, e non è l’unica, asserì che tali impronte si sarebbero potute scambiare per quelle di esseri umani del giorno d'oggi; infatti nel 1913, sempre in Tanzania a Olduvai Georgr, fu trovato dal dottor Hans Reck, uno scheletro moderno di Homo Sapiens fossilizzato in uno strato di 1-2 milioni di anni fa. Come risulta da un articolo pubblicato nel 1990 sul numero di marzo della rivista “Natural History”, altri scienziati quale il fisioantropologo R. H. Tuttle dell'Università di Chicago, confrontando i fossili delle ossa di piedi degli australopitecidi che si sapevano vissuti in quell'epoca, confessava la sua sensazione di essere di fronte ad un vero mistero. Per questi studiosi ciò significava soltanto che gli antenati umani vissuti tre milioni e seicentomila anni prima avevano piedi notevolmente moderni. Non è tutto, in Nevada nel 1922 sono state ritrovate impronte fossili di scarpe risalenti al periodo triassico circa 220 milioni d’anni fa. Nel 1862 in un bacino carbonifero presso Mascoupin in Illinois fu scoperto uno scheletro di Homo Sapiens vecchio di 300 milioni d’anni, in Texas a, Glen Rose assieme ad impronte di dinosauri è stata trovata un’impronta fossile di una mano impressa in una roccia del periodo cretacico, ancora più incredibile è il ritrovamento fatto da Wiliam J. Meister nel giugno del 1968 ad Antilope Spring, Utah, negli USA, che rinvenne un impronta fossile di un calco di scarpa che schiacciava un tribolite datato dai 300 ai 600 milioni d’anni, dato che il triboliti, invertebrati marini antenati dei granchi e i gamberi, abitavano i mari di 320 milioni d’anni orsono; altri due ritrovamenti nella stessa zona, uno avvenuto per merito del ricercatore Clifford Burdick che scoprì un impronta fossile di un bambino e l’altro da un insegnante di Salt Lake City che individuò altre due impronte fossili di scarpe, confermerebbero l’esistenza di esseri in periodi inverosimili; ma la scienza rimane scettica dato che non è detto che queste impronte siano umane, potrebbero essere benissimo extraterrestri, certo è che le prove continuano a crescere.
Generalmente si crede che circa 1,7 milioni di anni fa sarebbero migrati dall’Africa i primati “Ergaster” che si spostarono gradualmente verso l’Asia, evoluti poi in “Homo Erectus” e successivamente in “Homo Neandertal” finirono per scontrarsi con le stesse radici evolutive degli “Homo Sapiens” che centocinquantamila anni fa sempre dall’Africa migrarono verso l’Asia, mentre solo cinquantamila anni fa comparve l’uomo moderno, che anch’esso dall’Africa riuscì a diffondersi in tutto il mondo, conquistando circa quindicimila anni fa anche le americhe, formando in un continuo seguito di adattamenti, la diversità delle razze che ora conosciamo; in effetti, alcune ricerche fatte sui mitocondri confermerebbero tale ipotesi, inoltre, ancora oggi i nuovi flussi migratori sembrano riproporre le stesse dinamiche migratorie dei prim’evi e degli “Anziani d’Egitto”.
Le religioni del mondo narrano varie storie sulla “Creazione della terra e dell’uomo”. Gli scienziati e filosofi invece elaborano e rielaborano complicate teorie, che tentano di spiegare la comparsa della vita sulla terra. C’è chi, rispolverando antichi miti, parla di meteore che dallo spazio portarono in seno al nostro pianeta “il seme della vita”, infatti, in alcune meteore sarebbero state rinvenute alghe fossili e sostanze come gli zuccheri, che si presuppone diedero inizio all’evoluzione della vita primordiale, altri parlano d’interventi alieni, ecc.. La legge della biogenesi di Pasteur, evidenzia che la vita può nascere soltanto dalla vita, un processo di trasformazione da materia inorganica a materia organica non è mai stato finora realmente osservato e questo pone dei limiti alle varie teorie evoluzioniste anche se la fisiologia moderna ha raggiunto la convinzione che le “attività vitali” procreazione, nutrizione, ecc., sono solo processi fisico-chimici dipendenti dalla natura fisico-chimica della materia dell’organismo e dall’ambiente esterno, cosa che accade anche per la “materia inerte” come ad esempio per i cristalli anch’ essi in possesso di quell’elemento fondamentale che è il carbonio; quell’elemento le cui combinazioni albuminoidi originerebbero meccanicamente il miracolo della “Vita”, come accade anche per alcuni generi di “monere” che vivono nell’acqua dolce e nel mare, quegli organismi senz’organi che si presentano solo come un grumo amorfo albuminoide del carbonio, che risvegliano giustamente il dubbio sulla tradizionale separazione tra materia organica e inorganica. Un aiuto a comprendere il miracolo della vita può giungerci dall’evoluzione organica dell’ortogenesi individuale che può essere benissimo il riassunto della filogenesi relativa alla stirpe; e infatti alcuni testi come quelli d’anatomia comparata di Goethe, Cuvier e Meckel ci spiegano l’ascendenza dei vertebrati dai pesci per mezzo degli anfibi fino ai mammiferi superiori. La teoria della “generazione spontanea” che un tempo giustificò la vita sulla terra e che ora riempie la lacuna fra la cosmogonia di Kant e la teoria della discendenza di Lamark, iniziò a cadere già nel 1668, con il poeta e fisico Francesco Redi, poi riprese vigore viste le scoperte di sostanze organiche artificiali quali i composti organici del carbonio come: l’alcol, l’acido acetico, l’urea (composto di cianogeno e ammoniaca scoperto da Wohler in Gottinga nel 1828) e i composti albuminoidi del plasson, che indussero a teorizzare un’era primordiale con un’atmosfera d’acido carbonico, con particolari condizioni elettriche e fisico-chimiche ora impossibili, che avrebbero originato in tempi primordiali la vita, partendo proprio da quel plasma primordiale (Urschlein) chiamato da “sempre” in mille modi. Le teorie evoluzionistiche come quella darwiniana, in voga il secolo scorso, assieme alla teoria degli “equilibri punteggiati” di Gould e della “speciazione quantica” di Simpson non sono mai state realmente convalidate, anzi oggi alcuni studiosi ritengono che le prove di transizione fossili, delle specie animali, compresa quella umana, siano alquanto inaffidabili, sia per qualità sia per numero. Quindi Non ci sarebbero transizioni tra gli Australopithecus e i sapiens Stheinheimensis, né tra i Sapiens Neanderthalensis e i più recenti Sapiens Sapiens; sembrano solo stadi diversi di perfezionamento apportati da ignoti e non dovuti ad una naturale evoluzione. Lo stesso naturalista Charles Dawin ammise che dovevano esserci numerosi fossili di transizione da trovare, ma così non è stato, e in quelle specie osservate, si è notato solo un cambiamento di carattere, ma all’interno della stessa specie e questo può significare che in una specie non si producono nuove informazioni genetiche, ma si riorganizzano le preesistenti, dando vita sì a nuove combinazioni, ma limitate, come predicono le leggi di Mendel sulla genetica. Quanto detto, rende difficile credere alla discendenza di tutte le specie da un organismo progenitore che avrebbe origine a sua volta dagli elementi chimici presenti nell’atmosfera primitiva. Zucherkerman mette in dubbio anche l’origine umana dai fossili ritrovati, l’antropologo Richard Leakey afferma che fino ad oggi non è stato scoperto niente che abbia senso nella transizione verso l’uomo, compreso il noto ritrovamento dell’Austrolopiteco Aferensis, chiamato “Lucy”, un ominide ritrovato nel 1974 in Etiopia, fatto risalire a 3.250.000 anni fa. I ricercatori e paleontologi David Pilbeam, Leakey, Zilman, Lowenstein, mettono in dubbio addirittura il “Ramapithecus”, che ritengono sia solo l’antenato dell’orangutan. L’uomo di Neanderthal, ritenuto fino a poco tempo fa l’uomo scimmia, sembra avere, alla luce dei nuovi studi, una capacità cerebrale superiore all’uomo moderno. Gli evoluzionisti: Alan Feduccia, Rayner, Olson, Whetstone, Tordoff, Walker, Martin, Chatterjee e Bentos mettono in dubbio anche la discendenza degli uccelli dai dinosauri. Io stesso sotto il Monte Pelmo ho ritrovato impronte fossili d’uccelli “Archeorniti”, risalenti al periodo triassico, circa 220 milioni d’anni fa, e non mi sembrano tanto diverse da quelle degli uccelli d’oggi. Per quanto riguarda gli organi ritenuti residuali nel corpo umano, la scienza moderna con Bergman e Howe, ne ha rivelato le funzioni, vedi per la tiroide, l’appendice, le tonsille, ecc., Ma a parte questi riscontri, c’è chi sostiene che le coincidenze che hanno reso possibile la vita sulla terra sono così complesse da essere impossibile da considerarle casuali, basti osservare la complessità delle molecole DNA, RNA, necessarie alla vita, così, l’unica altra possibilità sarebbe proprio l’intervento di un essere intelligente. Ilya Prigogine, premio Nobel per la fisica afferma l’incerta possibilità che da un certo numero di molecole, a temperatura ordinaria, si sia assemblata una struttura ordinata con funzioni che avrebbero caratterizzato la vita. Per quanto riguarda l’origine della materia nell’universo, la prima legge della termodinamica afferma, che massa ed energia non possono essere ne create, ne distrutte, possono solo essere solo convertite, senza perdere la loro quantità che si mantiene costante nell’universo e ciò contraddice l’avvenuta della “Singolarità” del Big Bang, il quale lo stesso concepimento presuppone una situazione primordiale di stabilità senza una possibilità di cambiamento, che negherebbe il Big Bang stesso, se non per opera di un creatore, o di un “flusso energetico extradimensionale” proveniente dai buchi neri. Tutto questo rivelerebbe che l’universo e la vita non sono apparsi per caso, ma stati creati. In base alla seconda legge della termodinamica, infatti, è possibile affermare che ogni sistema naturale osservato, tenda al disordine, allo sperpero d’energia, quindi per logica un microrganismo non si può riorganizzare in stadi superiori; e anche ciò ci porta sempre a pensare ad un creatore. Il noto evoluzionista Pratt, afferma che se dovesse spiegare le origini della terra con le idee moderne, non si distaccherebbe tanto dal linguaggio usato nella Genesi. More e Grene affermano che la teoria darwiniana è basata solo su un’esagerata fede. Così anche questa teoria che ancora oggi tiene banco è minacciata già alle sue fondamenta, ma ciò non toglie che in essa si celi qualche verità da riorganizzare, utile per rispondere a quelle domande che da sempre ci poniamo. In Oriente già nei Rig Veda, (1, 164, 4) ci si chiedeva: “Chi ha visto il primo nato?” dice il poeta, “quando colui che non aveva ossa portò colui che aveva ossa? Ove era la vita, il sangue, il Sé del mondo? Chi andò a chiederlo a chi sapeva?”; partendo proprio da questo tipo di domande si ha ipotizzato veramente di tutto nell’arco della nostra storia ed è a questo punto che è apparsa la “Fratellanza Bianca”, come dice Daskalos, mago di Strovolos: “Nel momento in cui l’uomo alzò gli occhi al cielo e si chiese “chi sono”.
     
A sinistra l'impronta di Burdick vecchia di 100 milioni di anni, che apparterrebbe ad un essere umano alto oltre 2 metri e 10 cm, che conviveva con i dinosauri. A fianco le impronte di scarpe ritrovate ad Antilope Spring, 43 miglia da ovest di Delta, Utah, con il trilobite, evidenziato all'interno del cerchio rosso. Per ultima l’impronta della mano umana trovata in una roccia risalente al periodo Cretaceo, nello stesso strato in cui sono rinvenute le impronte dei piedi dei dinosauri di Glen Rose.




2° L’IPOTESI EXSTRATERRESTRE E LA RAZZA DEI SERPENTI

La più antica ipotesi extraterrestre, c'è stata trasmessa dalle tradizioni braminiche, la casta indiana dei discendenti di Bramha, da un’interpretazione di queste tradizioni si ritiene che 18.617.837 a.C. un gruppo d’alieni chiamati Kumaras, legati in qualche modo a Sirio, la stella luminosa di Orione, forse quegli stessi “Esseri Serpente” che i Dogon del Mali ricordano, o quei “Vigilanti” che gli esoterici chiamano “Spiriti Planetari” o custodi dei pianeti, comunque esseri evolutivamente superiori giunti un tempo nel nostro pianeta.
Provenienti da Venere, i Kumaras sarebbero sbarcati su un’isola nell’attuale deserto del Gobbi, allora un oceano; c’è chi suppone che proprio loro, sarebbero intervenuti geneticamente sugli esseri terrestri viventi di quel tempo, creando le prime dinastie e proclamandosi loro dei. Il Teosofo David Childress, afferma che i russi di recente avrebbero rinvenuto proprio nel deserto del Gobbi degli strani oggetti semisferici che loro chiamano “vecchi strumenti per la navigazione spaziale”, questi sarebbero costruiti di vetro e porcellana, e conterebbero alcune gocce di mercurio. Curioso è collegare il fatto con un poema di tremila anni fa dove si afferma che: “Le macchine volanti, Vimanas, erano a forma sferica e navigavano nell’aria per mezzo del Mercurio che produceva un forte getto propulsore”. Se la notizia fosse vera, spiegherebbe, il senso e la funzione delle piramidi Maya delle mastaba egizie, delle ziggurat babilonesi e delle linee e figure Nazca. Personalmente, credo ipotizzabile pensare che questi esseri siano i “Creatori” da relazionare alla “razza dei serpenti”, i primi iniziati al sapere e i loro diretti discendenti, vedi: i Naga, i Nacaal, i Druidi celti, “la Città dei Dodici Serpenti” per i cinesi con la dinastia dei re Draghi, i “Vishap” di Media per gli Armeni, che una leggenda ricorda come “divoratori di cervelli umani”, ricollegabili ai taumaturghi ebrei che usavano forare il cranio ai defunti, genti conosciute dagli iraniani come “màr”, cioè serpenti, e discendenti da “Azhi Dahàka”, in armeno, serpente, discendenti da Hayk, figlio di Togom, discendente da Yapheth figlio di Noè; quindi relazionabili ancora una volta ai figli di Noè, come con i camiti, i canaaniti, notoriamente ritenuti i discendenti della “razza dei serpenti”, come lo sono i djinn e i Vigilanti,” descritti da Enoch e dai redattori dei frammenti di Quram, e ancora come il serpente antropomorfo adorato nella metropoli di Tigranavand in Kurdistan ecc.. Ricordo, che per “l’evoluzionista”, l’uomo è un mammifero e secondo i paleontologi i primi mammiferi comparvero nel periodo Triassico, circa 215 milioni d’anni fa, discendendo dai sinaspidi, rettili mammifero, circa 250 milioni d’anni or sono, che a loro volta discesero dagli anfibi e così via fino ai primi esseri unicellulari comparsi sul pianeta; addirittura secondo D Russel e R. Seguin il bipedismo degli ominidi deriverebbe dal bipedismo rettiliano del stenonicosauro. Per questo motivo, probabilmente, gli antichi sacerdoti egizi, babilonesi, celti e cinesi, consideravano sacri draghi e serpenti, anzi a volte si consideravano figli del serpente o del drago, addirittura i druidi, (coloro che sanno), detentori del segreti del “shark”, il potere del “Graal” e il potere sacro del “Nah-om”, l’odierna “wicca”, cioè le umane potenzialità ancestrali base della fede nel contatto divino, affermavano chiaramente: “Io sono un serpente” e rappresentare dei con fattezze umane per loro era un’offesa. Forse relazionavano il serpente a quell’energia del nostro corpo che gli esoterici e i massoni chiamano “Kundalini”, il seme giunto a fecondare “l”Uovo, la Veste” dell’uomo, che risveglia l’iniziato rendendolo “Drago di Saggezza”, probabilmente lo stesso “Spirito Santo”, cioè la “Supercoscienza” che scende a “illuminare”, in altre parole un probabile “intervento genetico”. Il drago, non a caso per gli antichi, oltre a simboleggiare la saggezza e l’immortalità rappresentava, anche la rinascita; del resto il serpente era connesso ai quattro elementi alchemici (acqua, fuoco, aria, terra), anzi è il quinto elemento nascosto degli iniziati pagani detto “Akasha”, la Luce Astrale, l’agente magico che li lega, rendendosi veicolo per l’energia spirituale divina permettendo la Vita, l’esistenza fisica, il cerchio infinito che racchiude l’universo manifesto, legato alla Dea “Madre Terra”, alla fecondità, all’Eva primordiale, alle luminose essenze intellettive come gli angeli, alieni, ecc, legato simbolicamente allo spermatozoo nella sua corsa verso l’uovo per originare una nuova Vita. Questo profondo legame con il serpente mi richiama un’invocazione popolare ricordatami da mio padre, che si faceva un tempo prima di bere l’acqua sorgiva: “Acqua corrente, che beve il serpente, che beve Dio, che bevo anch’io”. Già al tempo degli antichi egizi alla fine del simbolico viaggio di dodici ore dell'anima verso gli astri del Duat, per la rinascita siderale, rappresentata dal globo solare sul loro capo esclamavano: “Io prendo possesso del cielo, dei suoi pilastri e delle sue stelle. Io sono un serpente pieno di spire”; infatti, per gli egizi lo scarabeo era Il sigillo che veniva posto sulla mummia e simboleggiava il proposito dell’anima del corpo fisico di “ritornare a Casa”, ritornare all’origine per poi rinascere. Il rettile era rappresentato ovunque, nel secondo santuario e nella corona di Tutankhamen, vi esistevano addirittura dei, come la dea cobra egizia Edjo, Osiride stesso divenne serpente nel Duat, il disco solare alato in effige sui templi egizi era vigilato da cobra e altre strutture sacre erano effigiate da cobra, come quelle a Saqquara vicino la piramide a gradoni di Zoser, la stele del re serpente della tomba di Djet Abydos risalente al 3.100 a.C. propone per l’appumto un’identificazione dell’uomo con il serpente. In Cabala Baal è rappresentato in un loto stilizzato con un serpente a due teste e nello stesso modo viene rappresentato a Mohenjo Daro. Gli Hopi in onore del rettili, praticano tutt’ora una suggestiva danza dei serpenti, in Sardegna e in altre parti del mondo, nei periodi di luglio Agosto, sempre in onore dei serpenti, si pratica ancora oggi il “Nagapanchami”. Nel Yucatan, come raccontano i sedici libri di Chilam Balaam, sembra che in tempi remoti siano giunti a bordo di zattere che scintillavano come le squame di un rettile, uomini biondi dalla carnagione chiara e occhi azzurri, gli stessi sacerdoti discendenti di questo popolo si facevano chiamare come i druidi celti, Chanes, “Serpenti”, o Ahtzai, “Popolo del Serpente a Sonagli”, suggestivo è il tempio di Kukulkan a Chichen Itza, dove la luce solare ai due equinozi crea sulla scalinata nord un serpente formato da sette triangoli splendenti, “il dorso del Crotalo”. In Grecia nel V sec. a. C. esisteva la setta degli Ofiti dal greco “Ojiv”, Serpente, essi affermavano che l’uomo era nato da un uovo primordiale generato dall’unione dell’oscurità con il vento nelle sembianze di un serpente “Ofione”, e la somiglianza con l’intestino li portò a leggere le viscere per scopi divinatori. Ai misteri orfici fa parte il culto della triplice Ecate, che dal greco significa “che opera da lontano” rappresentata con tre teste o tre corpi, suoi attributi erano i serpenti, era sposa di Tritone il “grandemente potente” figlio di Poseidone e di Anfitrite, mezzo uomo e mezzo pesce che viveva nella reggia sottomarina con il padre. I Sethiani invece chiamavano “Serpente” il potere creatore, che plasmava con il sibillare armonico e ritmico del Logos, quindi della ragione. Gli Ofiogeni del antica popolazione dell’Ellesponto, facevano risalire la loro discendenza ad un rettile unitosi con la regina Alia, mentre gli Ateniesi attribuiscono la nascita della stessa polis al fondatore serpente Cecrope e al figlio Erittonio, lo stesso dio della medicina Asclepio riportò in vita il figlio di Minosse con un’erba medicamentosa rivelatagli da un rettile; per i romani era il serpente “Genius Loci” a rendere puro in vita l’uomo. Probabilmente è sulla consapevolezza della loro origine evolutiva che alcuni antichi popoli hanno fondato le loro credenze, esaltando infine a “Dei”, coloro che probabilmente intervenendo geneticamente favorirono questa loro “consapevolezza”, come alcuni strani reperti archeologici dimostrerebbero, vedi le rappresentazioni anacronistiche delle pietre di Ica, che oltre a confermare una coesistenza tra uomini e dinosauri, concezioni supportate anche dalle rappresentazioni delle divinità orientali spesso accompagnate da ambigui animali come Makara il “serpente-squalo” del dio Veruna, “l’Urano greco”, sembrano comunicarci addirittura interventi genetici. Ricordo che non è tanto chiara l’origine delle rappresentazioni degli dei vedici, quindi prima che queste rappresentazioni diventassero simbologie filosofiche “dell’Essere Universale” come per esempio “Viratarupa”, probabilmente erano rappresentazioni antichissime di un tempo in cui animali e dinosauri coesistevano, proprio come quelle effigiate nelle pietre di Ica. Tutto questo senza tener conto dei molti arcaici reperti, ritrovati, e ritenuti d’impossibile fattura antica per l’eccezionale esecuzione e sapienza di realizzo. Non a caso il 23 aprile 1982, il dottor Javier Cabrera Darquea scrisse: ”Non avrei mai immaginato che le strane pietre in cui ho avuto la fortuna di imbattermi avrebbero stimolato il mio interesse tanto da farmi proseguire gli studi di micro-biofisica intrapresi all'Università di Lima. Grazie a questi studi ho ultimato un nuovo ordinamento molecolare, vale a dire una tavola nella quale ho ordinato le molecole in funzione dei valori crescenti dei raggi atomici degli atomi che le costituiscono. La funzione di questa tavola è di prevedere molecole sconosciute. Con questa base, e sapendo che nei processi di concepimento e gestazione partecipano ormoni esteroidi quali la follicolina, il testosterone e il progesterone - perfettamente conosciuti - ho ipotizzato la formula dell'ormone "anti-rigetto" : C20 H30 O2 , e dell'ormone "anti-cancro" : C22 H32 O5 .
Se riuscissimo a sintetizzare questi ormoni, potremmo evitare il rigetto di organi trapiantati, e scomparirebbe il flagello del cancro. Ho saputo, con profonda soddisfazione, che i dottori Ronald Finn e Charles St: Hill, del Royal Hospital di Liverpool, hanno realizzato ricerche sperimentali su animali, nel febbraio del 1980, che confermano la presenza di un ormone anti-rigetto nel plasma di femmine gravide. E due anni più tardi, nel febbraio del 1982, il dottor Covey, ricercatore nordamericano, ha impiegato la chimica computerizzata per modellare una molecola capace di distruggere tessuti cancerosi, partendo da esteroidi quali la follicolina, il testosterone e il progesterone. Queste ricerche coincidono perfettamente con le conoscenze dell'Endocrinologia Glittolitica”.

      

Sulle pietre peruviane di Ica, animali scomparsi, operazioni in corso e uomini che scrutano i cieli usando un cannocchiale. Nella prima immagine una rappresentazione grafica viene descritta come un'astronave o "uccello d'acciaio" con dei cosmonauti intenti a praticare un intervento sul coccige e sull'ipofisi al fine di diminuire la mole dei dinosauri sopravvissuti alla catastrofe geologica dello spostamento dell'asse polare.


     

La piramide di Itza Mexico; a fianco Teocalli della “Guerra Sacra” che rappresenta una piramide maya con la scala centrale che porta in cima allo spiazzo dove vi è, tra Quetzalcoatl e Tezcatlipoca, una “pietra calendario”, o un disco volante, rappresentato prospetticamente in senso verticale, per una più informata raffigurazione, “come quando i bambini rappresentano il pesce con la lisca o il corpo dei genitori attraverso i vestiti, perche ne hanno l’informazione, e in quella primitiva fase evolutiva sentono il bisogno di comunicarlo. Noterete infatti che a fianco un particolare di un disegno idiano dove viene rappresentato un sacrificio, “Un astronave in sosta sopra la piramide maya”, al centro il 4 OLIN identificato da Quix Cardinale nel suo “il Ritorno delle Civiltà Perdute” come l’ideogramma del movimento.





3° ANGELI E SERPENTI NELL’EDEN
Ricordo che nella Genesi è “l’Elohim ribelle”, il Serpente, l’avversario di Dio dell’eden a tentare Eva, volendo farle mangiare il frutto dell’albero della sapienza del bene e del male, che le avrebbe fatto aprire gli occhi. La parabola evangelica in (Gi.12, 24), afferma che il grano di frumento non può germogliare, se prima non putrefà, questo può alludere alla possibilità di raggiungere evolutivamente il potere dei creatori, del serpente, cioè degli Elohim, causa del peccato creativo Adamitico, oppure vuole far capire, che il peccato è necessario ed entra attraverso il cibo di cui uno si nutre, Ipocrate diceva: “Fai del cibo la tua medicina, e della medicina il tuo cibo”, del resto l’uomo è fatto per forza di ciò che si nutre, e quindi può diventare per le altre creature più o meno velenoso, come del resto lo erano le stesse Potenze, gli Elohim ribelli che si accoppiarono con le figlie degli uomini, quelle figlie di Eva, contaminando quel puro popolo di uomini voluto da Yahweh per la terra; come si apprende dalla Tanhuma Buber Genesi, la Genesi Rabba e il Bereshit Erubin. Una favola caldea conservata da Ferecide e citata da Origene nel suo libro “Contro Celso”, narra di una lite tra Dio e il Serpente, forse lo stesso rappresentato nelle processioni in onore di Baco, o nei petti degli imperatori cinesi. Una leggenda vuole che i Merovingi siano dicendenti da Meroveo, il “dubbio figlio” di Faramondo, re pescatore e nipote di Boaz discendente di Giosuè; e figlio di Argotta che fu violentata da un dio Serpente. I Merovingi erano iniziati alla magia e alle scienze, perciò venivano chiamati anche re taumaturghi, che s’identificavano in quella setta d’ebrei guaritori, come i Giudei d’Alessandria, che operavano con erbe, muffe, radici e minerali polverizzati, ed avevano, per l’appunto, come simbolo un bastone con attorcigliato un serpente, che probabilmente rappresentava il potere degli Elohim e la conoscenza attribuiti al rettile; una cosa curiosa avveniva quando uno di loro moriva, infatti, pare che si praticasse uno strano rito nel quale veniva forato il cranio del defunto. Secondo il Midrash, lo stesso Dio, o Elohim, Yahweh, assumeva forma di serpente per compiere le sue vendette, In Esodo (4, 24) è Yahweh ad assalire, in forma di rettile, Mosè, nella sua dimora deserta, di notte, ingoiandolo fino ai lombi. Del resto i Medianiti e i Canaaniti sono ricordati anche come i discendenti dei Serpenti, forse per questo motivo godevano la protezione di Yahweh, forse per questo Mosè si umiliò innanzi a Hobab figlio di Raguel, “uno degli angeli santi”, come lo chiama Enoch.
Il movimento Cataro, di matrice cristiana, in voga nel XIII secolo, sosteneva che Yahweh fosse il diavolo e la terra un pianeta punitivo, fu per questo che la chiesa reagì con le crociate, che portarono solo massacri come quello francese di Simone di Monfort ad Albi nel 1229. Nel testo apocrifo, tardo medievale, di Giovanni evangelista, si parla degli uomini creati dal diavolo e delle anime, gli angeli decaduti, che entrano nella materia a corrompere, riferendosi forse a quei angeli Cherubini caduti con Satana. La tradizionale storiella del “Peccato originale” della Genesi 3.1, dove si racconta che Sama’el trovò il serpente in sembianza di cammello e lo montò andandosene poi a tentare la donna, viene stravolta; qui Il diavolo sarebbe entrato nel serpente del Giardino dell’Eden per sedurre l’angelo del corpo di Eva, versando la lussuria su Adamo, Eva poi avrebbe generato “i figli del serpente”, in pratica i figli del diavolo, l’Elohim ribelle, “forse per questo gli dei hanno preteso dagli uomini sempre tanta malvagità”. In effetti nel folklore ebraico, Eva è anche la generatrice dei Nefilim, o awwim, i “Serpenti distruttori”, nel testo di Enoch, cap. 69, è l’angelo Gabriel, uno degli angeli caduti, che fa errare Eva. I kurdi yarezan riferiscono che Azazel, trasformato in un bellissimo angelo, con l’aiuto del “Serpente e del Pavone”, entrò nel Paradiso Terrestre per tentare Adamo ed Eva, facendogli mangiare il grano proibito; una variante della stessa, giuntaci dagli ebrei kurdi del Kurdistan, afferma che Azazel avrebbe tentato Adamo non Eva, e che già da prima egli abitava il Paradiso Terrestre. Un testo kurdo degli yaresan del tredicesimo secolo “Ajaveb ol-makhluqat”, narra che i djinn sono una specie di animali che hanno il potere di cambiare forma, proprio come accade nei pleniluni dei miti indiani delle americhe spesso legati al lupo, e agli spiriti; questi sarebbero stati creati duemila anni prima di Adamo, si afferma, che erano esseri affini agli angeli ed erano capeggiati da Ebilis; questi per aver rifiutato di inchinarsi dinanzi ad Adamo sarebbero stati scacciati dal cielo e condannati a vagabondare in terra come demoni, proprio come accade a Lilith, la prima moglie di Adamo che a lui non voleva sottomettersi. Sono esseri associabili ai vampiri “Edimmu” degli antichi assiro-babilonesi, giganti violenti che divorano le carni degli uomini svuotandone le vene, demoni piumati, umanoidi, che abitavano un regno sotterraneo, “la Casa delle Tenebre” del dio Irkalla, visitato anche da Ishtar. Forse era il regno della regina della magia nera e degli inferi mesopotamici “Erekigal”, “colei che registra e giudica coloro che giungono tra le ombre” nel Regno delle Tenebre, “dell’Arallù”. Quel mondo sotteraneo identificato da alcuni studiosi nella Capadocia nella Frigia terra d’origine dei cabiri, come afferma Plutarco e Stradone, in prossimità dei camini dei Peri, anzi degli “djinn”. Quei luoghi sotterranei ricovero di alcuni esseri sopravissuti all’ultima Era Glaciale avvenuta all’incirca, tra il 9.500 e il 9.000 anni a. C.; quegli stessi esseri che nell’antico Giappone dimoravano nelle buche, chiamati Emisi, Kuzu, Kappas, o meglio “uomini dei canneti”. Forse quegli stessi esseri dell’antica leggenda egizia, nella quale, la Dea leonessa egizia, Sekhmet, o Hattor era incaricata a distruggere l’umanità per suoi peccati, con il suo terribile “occhio”, per ordine dello stesso dio Rà, che pentendosi, la fermò, incaricando nello stesso tempo Geb, il dio della terra, a sorvegliare i serpenti che lo hanno indotto a colpire e che si trovano nel suo territorio, e che la “luce” di Geb dovrà trovare nelle loro buche e caverne sotterranee; forse gli stessi Naga, i serpenti velenosi che Krsna volle distruggere, bruciando la foresta di Kandhava, come descritto nel Mahabharata, quei serpenti tanto odiati, che amati dagli stessi dei vedici, vedi Arjuna sposa di Ulupi figlia di re Naga. Una leggenda degli Ofiti, da “Ojiv”, Serpente, una setta greca risalente al V sec. a. C., ricordata dai gnostici “Maestri della Libera Muratoria”, racconta: “Che camminando sulle fluttuazioni del Chaos, la Grande Luce fece discendere nella profondità la goccia irradiante di Sofia. Lo spazio fu percorso dal fremito della vita e scorsero le acque, mentre in alto prendeva il Settenario delle Potenze. Ma per necessità di mistero, quell'unico Potere si lacerò indefinitivamente e dalla oscillazione delle “Forze” emerse il “Nous, ossia il Serpente”. Egli raccolse, riscaldò ed alimentò nelle sue spire le forme visibili, la prima fu lo Spirito, la seconda l'anima e la terza l’irrefrenabile sequela dei corpi. Quando Jadalbaoth si nominò Dio e richiese obbedienza all'uomo terrestre, nel cui corpo stesso sulla terra aveva soffiato l'alito vitale, questi si chiamò Adamo, e restò chiuso nell'illusione della solitudine. Le Potenze allora diedero vita alla Donna terrestre, Eva, ed ambedue erano nel giardino di Jadalbaoth, ignari della loro origine. Essi furono quindi illuminati, per volontà di Sofia, da Nous, mostratosi ancora serpente. Banditi dall'ira del loro Padre illusorio, essi presero su di sé le immagini fisiche, e l'Uomo cinse il primo grembiule di pelle per assolvere al “Lavoro” che lo rendeva egualmente schiavo e libero. Fino a quando la sapienza di Sofia invocò dalla Grande madre il prodigio, e questo fu il Cristo. Egli attraversò il cielo per raccogliere le Sette Luci e le portò sulla terra, in congiunzione alla Sapienza. Gesù il Cristo rivelò il Padre ignoto ai discendenti di Adamo, consacrò il grembiule del Lavoro dalla schiavitù alla Libertà, portò egli stesso la veste da carpentiere fino a trenta anni e compì le più alte opere della trasmutazione. Infine, quando le potenze terrene lo crocifissero, egli diede l'esempio di essere il primo ritornato dai Morti, e questa fu la massima opera della “Trasmutazione”. “Siate candidi come colombe e saggi come serpenti…”. Alcuni antichi versi gaelici affermano chiaramente: “Non del seme di Adamo siamo, né è Abramo nostro padre. Ma del seme dell’angelo fiero cacciato dal cielo”, e così la pensava anche il profeta zoastriano Mani che, informato del sapere di Enoch, vedeva il mondo e i prim’evi adamitici, un’opera del Potere delle Tenebre; del resto c’è veramente da chiederci quale dio può volere che la vita sia una sanguinosa lotta per la sopravivenza tra esseri viventi; inoltre la fisica moderna ha spesso rivelato che esiste più “luce nell’oscurità” che nella materia percepita; più conoscenza, più interazioni meccanicistiche, in altre parole proprio quel sapere “del bene e del male” o meglio del Serpente. Del resto anche Gesù non ha mai detto di essere venuto a salvare l’uomo dal peccato di Adamo, l’idea è nata con S. Paolo, anzi l’apocrifo di Tommaso ci riferisce,“Gesù disse: gli Uomini probabilmente pensano che io sia venuto per gettare pace sul mondo ed essi non sanno che sono venuto per gettare divisione sulla terra, fuoco, spada e guerra. Perché saranno cinque in una casa: tre saranno contro due e due contro tre, il padre contro il figlio e il figlio contro il padre, ed essi staranno come solitari”. Nel Physiologus II-IV sec. si legge:” La scimmia è un immagine del demonio: essa ha infatti un principio, ma non fine, cioè una coda, così come il demonio in principio era uno degli arcangeli, ma la sua fine non si è trovata.” Mosé forgiò un serpente di rame nel deserto per guarire l’epidemia di serpenti dannosa agli israeliti, nel Vangelo, Giovanni fa dire a Gesù: “E come Mosè inalzò il serpente nel deserto, così deve essere innalzato il figlio dell’uomo, affinché chi crede in lui avrà la vita eterna”. Sempre sull’importanza dei rettili e dei serpenti, una leggenda orientale narra che una delle opere mistiche più antiche, “Paramartha”, fu data al grande Arhat (illuminato, degno) dai Naga Sarpa, la “razza dei serpenti”, nome dato allora, agli antichi iniziati, che si potrebbero identificare con i “Serafini Sarapa”, in sanscrito Sarpa sta per serpentiforme, per cui il resto del termine può derivare da Sera, “il nome del serpente citato nel poema sumero di Gilgamesh, da cui Noè, probabilmente, trasse la sua storia”, e saraph “ardere”, e quindi aggiungendo il significato etimologico del termine Serafini, vale a dire il mesopotamico “Seraphim”, che sta per “serpente alato del deserto”, ossia Sera+ Elohim cioè “Serpenti-Dei”, si deduce la descrizione seguente: “Serpenti alati ardenti”, gli Elohim, i nati dal fuoco, non dall’argilla come Adamo; quegli “Esseri caduti” come Nahash, il “Serpente biblico”, o i Naga orientali. Probabilmente gli stessi Kumaras di Venere, che nella “classificazione angelica” si possono individuare al grado più alto, assieme a quegli angeli fatti d’amore, luce e fuoco. Quegli angeli che sono stati descritti con sei ali e si potrebbero benissimo identificare con quegli angeli che per gli esoterici e i massoni sono portatori di quel seme che favorisce l’unione tra l’energia materiale e spirituale, cioè “le Nozze Alchemiche”, risvegliando il “serpente che dorme in noi”, il Vril, probabilmente la “Supercoscienza”, lo stesso “Spirito Santo” che scende a illuminare nel momento evolutivo di rottura, come quando l”’acqua naturalmente gela”, cambiando così forma, nel nostro caso lo stato cosciente. Ciò ci porta a ricordare il mito greco di Trittolemo, che per ordine di Cerere fu condotto da serpenti alati a portare i frumenti sulle terre incolte. Da Seraph deriva anche Seraphel che però, al contrario, è parte di quella schiera di demoni chiamati “Corvi della morte” diretti da Baal. Originalmente questa tipologia d’esseri è descritta da Sanconiatone di Berito nella sua “Storia Fenicia”, che li descrive come veicoli spaziali “lucescenti”, che emettono fiamme e brillano velocissimi nella notte.

4° ANGELI E SERPENTE NELLE AMERCHE

Gli angeli Serafini ricordano anche Quetzalcoatl, per l’appunto il “Serpente Piumato” degli Olmechi, poi passato ai Toltechi e Aztechi che personificava il leggendario dio barbuto dalla pelle chiara (come Jawe), della creazione e del sapere. Quetzalcoatl, giunto anch’esso sulla terra da Venere, “la stella dell’alba”, assieme a Tezcatlipoca, “la stella della sera”; fu colui che insegnò i rudimenti basilari della civiltà all’uomo, che aveva creato spruzzando il suo sangue sulle ossa prese nella “terra dei morti”. Qetzalcoatl, il “serpente piumato”, si sarebbe poi opposto al feroce Tezcatlipoca chiamato anche “scudo giacente, o specchio fumante” e lo costrinze ad andarsene promettendo però, che sarebbe tornato a instaurare una nuova era. Sembra proprio di parlare della solita biblica caduta angelica. Il significato di Qetzalcoatl, nome di questo dio, che è descritto esteticamente come una sorta di “Gesù”, significa “serpente ornato di belle piume”, o “serpente delle nubi”, egli sarebbe nato come tutti gli Avatar o Avatara, “il soffio vitale divino di coloro che discendono”, dal dio del cielo “Mixcoatl” e dalla madre Chipalaian detta anch’essa “scudo giacente”, dopo che aveva ingerito uno smeraldo. Qui ci si può ricollegare ad una grossolana descrizione dello stesso intervento genetico che ha fatto emergere l’uomo dalla bestialità scimmiesca, intervento apportato da alieni, citato anche si presentano solo come un grumo amorfo albuminoide del carbonio; quindi quegli esseri sarebbero sempre i nostri vigilanti “Costruttori”. Se si collega quanto detto alla recente scoperta del “Diamante Cosmico” distante circa 50 anni luce dalla terra, il quale sarebbe soltanto il “fine” di una stella simile al nostro Sole che da sempre è ritenuto creatore della “Vita”, diventa facile credere alla leggendaria origine dell’Avatar, e anche al significato di leggende come quella egizia che racconta di dodici camere sotterranee rappresentanti lo zodiaco che nasconderebbero “il Cristallo Creatore”, o meglio “l’Uovo Cosnico”, o la camera sotterranea che sarebbe locata a livello del Nilo, citata da Erodoto nelle “Storie”, in cui si accenna anche all’esistenza di un sarcofago nella Grande Piramide posto sopra un “isola artificiale”. Il “Serpente Piumato” è stato interpretato, dal “contattista” Eugenio Siragusa, come “l’Avatar Adoniesis”, il nostro “spirituale progenitore” voluto dagli “Elohim”, coordinatori dei “Geni Solari,” fautori dei “corpi astrali intellettivi”, coloro che diedero “l’Ego Sum”, la scintilla della mente all’uomo, l’animale primitivo. Questi esseri, “serpenti o archeorniti infuocati”, ricordano “Jarapiri”, il serpente primordiale degli aborigeni australiani, che ricordano l’antica “era del sogno” in cui i coccodrilli si unirono con i serpenti dalla testa nera, che li resero uomini; ed ricordando questa origine praticano un rito nel quale si fanno incidere la pelle a scaglie, a forma di squame, rito che li rende “uomini coccodrillo”. Curioso è il fatto che proprio in Australia, oltre al ritrovamento di impronte fossili di scarpe e piedi giganti, vi sono pitture rupestri che mostrano esseri con scafandri, tuniche, caschi, guanti e scarpe nere.
“Questi serpenti ardenti” ricordano anche “l’Araba Fenice”, anch’esso simbolo alchemico della trasformazione e della creazione, che per gli egizi procurava il soffio che animava il dio Shu o sahu (anima corporale), in effetti Atum – Rà simbolo di vita e salvezza assume le sembianze dell’uccello “Bennu”, che volò sul Benhen. Inoltre si possono ricollegare ai sopra citati miti anche alcune delle “visioni ardenti” narrate nel libro di Enoch e “nell’ Odissea spaziale” di Baruk.

   

Il Dio del Sole Quetzalcoatl, il “Serpente Piumato” delle civiltà precolombiane, a fianco figure rupestri Australiane e la foto di un’ Impronta di scarpa, completa di cuciture, impressa in una roccia del Triassico. ritrovamento di W.H. Ballou in Nevada; 1922











5° ANGELI E SERPENTE NELL’INDIA

Lo stesso Rama, sarebbe arrivato sulla terra da Venere con la “Razza dei Serpenti”, a bordo dei vimana, quei mitici “dischi volanti”, descritti nel “Ramayana”, nel Mahabharata collocato intorno al settimo millennio a. C., nel trattato scientifico “Samara Sutradhara” e in particolare nel documento “Vaimanika Sastra”, scritto in sanscrito, “la lingua degli dei”, (una lingua artificiale di origine dravidica, vedi il bahui del Beluchistan, documento che la tradizione orale fa risalire intorno al III-VI sec a. C.) dall’illuminato Bharadvajy e rinvenuto in un antico tempio indiano nel 1875. Rama, giunto sulla Terra, avrebbe fondato le sette grandi città a nord dell’India, nel Pakistan, ove ancora oggi affiorano rovine di antiche città sconosciute risalenti a circa 15.000 anni fa. Quindi anche la tradizione dell’India ci dimostra che il sapere e la creazione, un tempo erano molto legati ai rettili, specie al serpente, quindi una motivazione ci dovrà pur essere e a noi il compito di intuirla fra le mille possibili. Tralasciano al momento l’importanza dei rettili, ricordo che nel mondo antico, tra gli scritti indù, di fondamentale importanza, tra quelli citati, vi troviamo i Sacri Veda, “testi sacri Veda, cioè della Conoscenza, o della sapienza”, che contengono le antiche e famose “Uphanishad” e il poema epico indù “Mahabharata” contenente la famosa “Bhagavad Gita”, la disciplina dell’azione, o meglio il “Canto del Signore,” che insegna ancor oggi saggi comportamenti ai suoi seguaci, ad esempio che per ogni azione compiuta non bisogna esigerne il frutto, in essa c’è scritto: “ Come le acque entrano nell’oceano che se ne riempie eppure resta fermo e immobile, così l’uomo che si domina ottiene la pace sebbene in lui penetrino tutti gli oggetti dei desideri”. Alcuni studiosi fanno risalire alcuni di questi scritti addirittura a più di cinquemila anni fa, e per quanto se ne sa, fu la fratellanza Jainista, da Jaina, “vittorioso sul corpo”, una delle più antiche scuole dei misteri, che insegnò ad amare, a “vivere e lasciar vivere”, sempre nel rispetto dell’infinito ripetersi ciclico naturale. Fu lo Jainismo, la religione  Brahamana e la Buddista di Siddhartha Gautama contemporaneo dello Jainista Mahavira, che insieme soddisfarono gli antichi indù nella loro via delle “illuminazioni”.

6° LE ENTITA’ CREATRICI DI DIO DISCESE SULLA TERRA

Secondo le concezioni esoteriche, tratte da molti antichi scritti, la creazione dell’uomo dipende dai sette pianeti che regolarono il benefico flusso cosciente del fuoco d’amore, che è il nostro “Logos, Verbo o Parola, la ragione”, che in un certo tempo formò l’insieme delle coscienze umane. Il nostro pianeta sotto l’egida cosmica, secondo gli esoterici, cominciò a condensarsi lentamente e nel tempo tentò con gerarchie creatrici impreparate spiritualmente alla creazione dei primi esseri, e ci furono i primi risultati creativi, che l’uomo ricorda come “mostri e chimere”, io credo s’intendano quegli ectoplasmi, draghi e mostri mitologici delle varie leggende sulla creazione: sumere, egizie, celtiche, vichinghe, maya, ecc., oggi rapportabili ai famigliari dinosauri, riportati virtualmente in vita, con i nuovi mezzi tecnici messi a disposizione dalla scienza. Ma questo non so quanto possa essere tenuto in considerazione, in quanto esistono tuttora varie specie animali veramente strane e la criptozologia ogni tanto ne riscopre ancora qualcuna. I cabalisti, invece, raccontano che Dio ha creato il mondo gradualmente, la luce divina della creazione sarebbe scesa dalla trascendenza eterea di Dio, verso una materialità tangibile, occultando inevitabilmente l’infinito e rivelandone il finito, che doveva essere anch’esso rivelato a Dio, in un processo graduale chiamato “Seder hishtalshelùt”. L’uomo, a quanto pare, diventa “l’occhio di Dio” sulla terra, con il compito di svilupparsi sempre più interiormente, rivelando i vari gradi di finito, necessari alla conoscenza di Dio, questo fino a diventare l’uomo stesso un Dio; ecco perché più volte, il Signore e Gesù Cristo rivelano nelle sacre scritture che noi stessi procedendo in divenire, diverremmo degli dei. Quanto detto, però, potrebbe far sospettare un Dio limitato come l’uomo, inconsapevole del “micro-mondo” che lo compone, che lo fa sussistere, in quanto non necessario “all’essere senziente superiore” che riflette per natura il “meccanicismo creativo” in uno stadio superiore, verso il macrocosmo”. Ma se fosse così, anche i nostri compagni animali sono da considerarsi, “l’occhio di Dio”, per logica non potrebbe essere altrimenti, del resto lo confermano anche gli antichi testi, nella Genesi fu sempre Dio a creare gli animali, sono loro i primi ad’essere divisi sessualmente, nel testo di Ezechiele, il profeta vede tre volti d’animali assieme ad un volto d’uomo, e questo dovrà pur significare qualcosa? Questa concezione cabalica sull’occultamento dell’infinito, rievoca la teoria sui buchi neri, di Roger Penrose, che suggerisce l’ipotesi da lui chiamata “Censura Cosmica”; teoria in cui le singolarità prodotte dal collasso gravitazionale si verificherebbero solo in luoghi nascosti da osservatori esterni ai buchi neri, chiamati anche azzardatamene e non a caso: “tunnel Spazio-temporali”, che probabilmente generano quelle strabilianti forze di “controrotazione stellare” di recente osservate. Quanto detto sembra legare perfettamente, ma c’è di più, ora voglio proporre alcuni sconcertanti versi dell’apocrifo “Libro dei Vigilanti” anteriore di 150 anni del libro apocrifo dei Giubilei, dove, a mio parere, Enoch sembra essere davanti a un buco nero, nel testo (XXI,7) si legge: “E di colà io andai in un altro luogo più tremendo di questo e vidi una cosa tremenda: un grosso fuoco colà ardente e fiammeggiante e, in esso, una spaccatura la cui fine era fino in fondo, pieno di grandi colonne di fuoco che vi si facevano discendere ed io non potetti osservarne n, le misure n, la grandezza e fui incapace di vederne l’origine”……. Più avanti del capitolo (XXI,10) si legge: “E mi disse: “questo luogo E’ la prigione degli angeli e qui, essi saranno tenuti in eterno”. Nel capitolo (XXXVI,2-3) si legge: “E di là andai verso est, ai confini della terra e lì vidi tre porte del cielo, aperte verso oriente e, su di esse, porte più piccole. Da ognuna di quelle piccole porte passavano le stelle de cielo e andavano a occidente, per la via che ad esse appariva innanzi”. Nel capitolo (XXIII,1-3) si legge: “ E di là andai in un altro luogo, verso occidente, fino ai confini della terra e vidi un fuoco ardente che correva senza nè, fermarsi nè, rallentare, notte e giorno, proprio così. E Chiesi: “che è questo, che non ha riposo? Allora Raguel, uno degli angeli santi che stava con me, mi rispose: “Questo fuoco ardente, di cui tu vedi la corsa verso occidente, E’ tutte le luci del cielo”. Raguel, secondo gli scritti ufficiali, era uno dei Medianiti, era padre di Hobab, colui che vide umiliarsi innanzi a sé persino Mosè, il profeta di Yaheweh. Non a caso i Medianiti e i Canaaniti erano conosciuti anche come i discendenti dei Serpenti. Qui Enoch sembra essere trasportato da Raguel e i compagni “Vigilanti” nello spazio, fino ad oltrepassare la “singolarità”, e vedere di là dal buco nero, perfino la sorgente delle stelle, o sembra allegoricamente descrivere una scorribanda di oggetti luminosi. Oltre ad Enoch anche nell’odissea spaziale del profeta Baruk vi si possono trovare descrizioni che ci ricordano, ad una certa interpretazione, i buchi neri, le potete trovare, dettagliatamente, alla fine del testo. D’altro canto già gli egizi nel Libro dei Morti cap. XCIX riportano: “Man mano che io mi approssimo verso la zona maledetta, nella quale sono cadute, precipitate verso l’Abisso, le stelle…”. Non a caso, come alcune antiche credenze orientali narrano, la scienza oggi teorizza, che l’universo sia nato da una “Singolarità”, un’esplosione, il “Big Bang”; quindi anche per gli scienziati, come i cabalisti, l’energia è comparsa prima della materia che successivamente condensandosi ha dato origine al “Creato”. Lo scrittore Paolo Bergamo nel libro “Gli Occhi di Dio” ricorda che nel 1985 alcuni studiosi con Harold Kroto scoprirono una struttura sferoide basata sul carbonio che viene prodotta dalle stelle Giganti rosse, come Aldebaran nella costellazione del Toro e Beltegeuse in quella di Orione, questa struttura attirerebbe altri atomi divenendo così il “Mattone Cosmico” che nel 1990 fu artificialmente riprodotto dagli studiosi W. Kretscemer e D. Uffman. Da questa scoperta che l’autore collega ai tentativi per la costruzione dei cyborg giunge a confermare il fatto che l’uomo è un Entità elettrobiologica sotto l’egida dei fullereni che sono delle molecole a gabbia uniche nella loro specie per la loro molteplicità legata alla dimensione, forma, peso molecolare e per la forma simmetria icosaedrica cioè come una gabbia sferica a facciate triangolari. Ciò  mi ricorda il pensiero che oggi alcuni studiosi alimentano, cioè l’idea che nel rapporto sessuale uomo-donna, gli “atomi pensanti” che vivono nei livelli di energia plasmica hanno la possibilità di scendere nella materia densa e fissarsi in un corpo fisico per accumulare esperienze. Per “atomo pensante” intendo la base delle informazioni possedute che regolano il “gene” e l’agire stesso, in altre parole, un movimento energetico analogo o similare al singolo essere umano nei confronti del divenire della collettività, cioè che è una rielaborazione del “pensiero” di Epicureo e Democrito.
In alcune credenze e mitologie si parla della creazione dell’uomo dall’argilla, dal fango o dalla polvere, per i Greci popolo di origine preceltica molto simile agli Arya, cioè “della distesa Iraniana”, è Prometeo, prima del tempo, per gli Egiziani era il dio ariete Khnum, venerato ad Elefantina, per i maya furono gli dei che mischiarono il loro sangue con il mais dopo due tentativi falliti con il fango ed il legno, per i babilonesi furono degli dei che usarono il fango, in una leggenda vichinga, sulla creazione si racconta che Audumla cibandosi, leccando le pietre salate coperte di brina, in tre giorni modellò l’uomo, Buri il generante, nonno del leggendario Odino, nel culto di Zarathustra, Mithra nasce dalla roccia che in persiano significa anche cielo. Per le genti del Titicaca fu Viracocha che plasmo l’uomo con l’argilla e vi soffiò la vita, come per gli ebrei fece il Dio di Abramo; la stessa parola Adamo, anzi Adama, significherebbe: “colui che viene dalla terra”, in Cabala significa sia unigenito che terra rossa cioè  “adamah”, percui in ebraico Adamo significa sia “rosso che vivente”, infatti si attribuisce ad Adamo una pelle rossa e questo rende difficoltosa la credenza che sia anche il progenitore dei neri dai capelli lanati. L’origine di Adamo nel libro della Genesi rievoca probabilmente le antiche reminiscenze fenice ed egiziane di Mosè, non a caso un papiro egiziano di tarda epoca diviso in tre sezioni, rappresenta il mondo degli dei in alto, il mondo degli uomini capovolto in basso e nel mezzo un gruppo di babbuini  che adorano il sole nascente, nella forma del capro Knun, il Vasaio dei Vasai, colui che creò l’uomo proprio con l’argilla. In India, la stessa storiella brahmana di Adimo e Procriti, che molto prima della stesura della Genesi, assumono lo stesso significato dell’Adamo ed Eva fenici, cioè rispettivamente “il generatore figlio della terra” e “la vita”, come evidenziato nel Ezour-Veidam degli indiani, uno dei libri sapienziali più antichi del mondo, citato nel dizionario filosofico di Voltarie e ritenuto però, da alcuni anche un apocrifo realizzato dalle missioni gesuite. In Cabala l’ebraico Adam composto dalle lettere Alef, Dalet, Mem, significa “uomo”; il valore di tale termine è 45, valore numerico che equivale alla parola Mah, “Cosa?”, e al tetagramma di Dio Y.H.V.H. con i suoi riempimenti di Alef, che rappresenterebbe la forza operativa del “Mondo della Rettificazione”, l’Olam ha tikkun, dove Olam significa per l’appunto il “misteriosamente nascosto” che ci riporta al concetto della “Creazione” e ancora all’unico elemento atomico essenziale. Gli esoterici affermano che fu solo il quinto raggio, “una forma o entità di intelligenza cosmica”, che stabilizzandosi, creò le condizioni per il manifestarsi dell’umanità e così la gerarchia planetaria prese posto sulla terra.



Un’antica rappresentazione della costruzione dell’uomo con l’argilla, notare i profili delle divinità

7° I RICORDI CATASTROFICI

Bisogna ricordare che la terra, circa 200 milioni di anni fa, come si denota dall'odierna conformità, era un unico continente che viene chiamato Pangea. Questo continente avrebbe subito molte trasformazioni e catastrofi dovute a scorrimento della crosta terrestre sotto il peso dei ghiacciai, o al magnetismo solare su quello terrestre, o alla caduta di lune, o di asteroidi, di cui, a quanto pare, sono rimaste tracce anche nella mitologia, vedi per esempio l’interpretazione data al mito di “Orfeo”; di questi ultimi ne sarebbero prova alcuni enormi crateri individuati di recente con la nuova ricerca fotografica satellitare, vedi il cratere formato dalle isole Aleutine e quello a nord dello Yucatan. Il geologo Charles Hapgood già nel 1955, studiando le rocce che registrano i poli magnetici al momento della solidificazione, dimostrò che i poli geografici avrebbero modificato la loro posizione almeno duecento volte, dall’inizio della storia geologica. Oltre ai diluvi provocati da questi particolari eventi sembra, che si sia spostata addirittura la rotazione dell’asse terrestre di 23° - 30°, che avrebbe provocato repentini spostamenti climatici distruggendo la vita dove prima era vegeta e rigogliosa; ne sarebbero prova alcuni mammut congelati di 12.000 anni fa ritrovati ancora con l’erba in bocca. A parte l’argomentazione sul diluvio che commenterò in seguito, prove di questi cataclismi si possono trovare in numerosi scritti ed eventi ormai persi nella notte dei tempi, in un antico papiro egiziano, per esempio, noto con il nome di "Papiro di Harris", si legge: "Il Sud divenne Nord, e la Terra si rigirò". Nell’Apocalisse di Giovanni si legge: ”Non c’è più mare: io vidi un nuovo cielo ed una nuova terra, poiché dal cielo era scomparsa l’immensa minacciosa luna”. Nell’antico libro apocrifo di Enoch si accenna ancora alla scomparsa della luna non più attratta magneticamente dalla Terra, egli dice:
"... e ogni volta che gli uomini peccheranno, gli anni sembreranno più corti. I semi daranno frutti tardivi sulle terre e i campi e tutte le cose cambieranno sulla Terra e non appariranno al loro tempo giusto e la pioggia sarà trattenuta su in cielo. Allora i prodotti della terra saranno tardivi e non matureranno in tempo. E i frutti degli alberi saranno acerbi. E la Luna muterà il suo corso e non apparirà puntualmente. E in quei giorni il Sole sorgerà al tramonto in Occidente, invertendo il suo corso e brillerà di una luce più intensa di quella normale… i pilastri della Terra vengono smontati in un solo giorno…".
Una leggenda Inca, riferita all'etnologo americano L.Taylor Hansen, racconta di una catastrofe avvenuta nel tempo dell’oscurità, quando si adorava “Ka-Ata-Killa”, la Luna Calante, sarebbe allora che l’oceano si ritirò e gli abitanti, “forse quei bianchi venuti dalle stelle”, furono costretti ad andarsene. Tale racconto e i seguenti studi stratigrafici rivelarono il mistero della costruzione delle città morte sulla cordigliera delle Ande, a 3.500 metri di altitudine. Città queste, citate anche da Peter Kolosimo nel suo libro: “Non è Terrestre”, dove affronta il mistero di Marcahuasi, con le sue mistiche sculture, che appaiono nella loro magnificenza solo con il solstizio d’estate e dove menziona anche le impresse raffigurazioni d’animali preistorici, risalenti da 185 a 130 milioni d’anni or sono. Sono molti i ricordi arcaici che conducono ad una catastrofe, ma l’uomo nonostante tutti questi cataclismi sarebbe sempre riuscito a sopravvivere agli eventi, lasciandocene le tracce come allora poteva; è probabilmente per tali motivi, che esistono antichissime similitudini tra le antiche civiltà, lecita opinione solo facendo retrocedere l’evoluzione umana, confermata tra l’altro da parecchi strani reperti come il “dito fossile del cretaceo”, le raffigurazioni delle pietre di Ica, ecc. che fanno presupporre l’esistenza di una primordiale razza prim'Eva ormai dimenticata. Sarebbe logico ammettere anche una comunicazione prediluviana tra i continenti, che spiegherebbe anch’essa, in ugual modo le similitudini tra le civiltà antiche conosciute. Su quest’ultima ipotesi, esisterebbero delle prove, come le tracce di cocaina e tabacco trovate nei corpi mummificati dei sacerdoti e faraoni egizi, che insieme alle costruzioni piramidali, fanno pensare ad un contatto della civiltà egizia con le civiltà precolombiane; del resto alcuni studiosi hanno riscontrato anche una reciproca somiglianza di alcuni geroglifici.

8° LA NASCOSTA VERITA’ SULLA CREAZIONE DELL’UOMO E LE CINQUE ERE

Tornando alla creazione dell’uomo, per gli esoterici i primi esseri popolarono la terra sotto la guida dei Signori di Venere, insediati in un posto polarizzato magneticamente, dove tuttora convergerebbe tutta la coscienza, un posto chiamato Shamballah. Sempre secondo gli esoterici, la prima razza umana sarebbe stata astrale, dal corpo fluido dei Pitri, o Signori Lunari; i Mani, o i vates di Agni il “fuoco”, coloro che divennero gli Angirasa e i Rishi fondatori della civiltà indo-ariana; “probabilmente quegli stessi esseri, o demoni pre-adamici di cui faceva parte anche la leggendaria Lilith”, e divisa in sette branche che si aprivano a fiore nella terra partendo da Shamballah, proliferando con la scissione dell’entità diafana, che più tardi diventerà l’uomo; in altre parole quei “grandi fantasmi” descritti da W. Scott Elliot nella “Storia della Lemuria Sommersa”. La seconda razza fu eterica, la terza fu la Lemuriana, che 21 milioni di anni fa iniziò a solidificare la propria forma ectoplasmica di gas liquidi e materia, fino a sviluppare la coscienza del corpo fisico, ora mosso dal sistema neuro-vegetativo, con loro convivevano i leggendari giganti e gli angeli, che allora comunicavano con l’uomo, gli iniziati di allora erano aiutati da esseri giunti da altre realtà, da altre sfere e praticavano l’hatha yoga, sostituito poi dal laya yoga che attivò alcuni centri del corpo eterico eccetto quelli della testa e della gola. Fu nel periodo lemurico che si scontrarono la Loggia Nera e la Loggia Bianca, secondo la cosmologia steineriana, si ebbe la separazione di Terra e Luna, e l’evento Lucifero, che oltre a separare i sessi, portò l’uomo alla malattia e alla morte. “La razza delle scimmie”, che probabilmente era di etnia munda chiamata dai dravidi “Vanara” perché inferiore, è chiamata esotericamente “il peccato dei senza mentale”, perché si sarebbe unita fisicamente con il regno animale, essendo fragile il confine e la differenza tra loro, peccato questo, che il fuoco purificatore tolse necessariamente ed inevitabilmente uscendo dai vulcani. In merito a questo tipo di eventi purificatori interessante ricordare uno scritto de Grandi Maestri sconosciuti che riporta queste parole: “La terra si impose e, inquinata e impura, tornò alla terra; così una vita cattiva insozzò e quindi il male penetrò nella primitiva purezza dell’antica madre. Il male sta sepolto nel suolo, e di tempo in tempo emerge nella forma; e solo il dolore ed il fuoco restituiranno alla madre la purità che i figli le hanno tolta”. Successivamente apparve la razza Atlantidea, che sviluppò il corpo emotivo portandosi in stretto contatto con le pratiche magiche, che usò per scopi egoistici. La quinta razza, l’attuale razza Ariana, starebbe sviluppando il corpo mentale o “Manas”. Noi ora, secondo gli esoterici, saremmo la quinta “sotto razza, delle sette sotto razze”, facenti parte della quinta razza Madre, in altre parole la razza Ariana, che Steiner divide in sette epoche culturali, dal 747 a.C. al 1413 d.C. e sono: antico-indiana, antico-persiana, egiziano-caldaico-babilonese e greco-latina. Dal 1413 sarebbe iniziata l’era del razionalismo. La sesta razza Madre, svilupperà l’amorevole corpo buddico, mentre la settima razza svilupperà la volontà, sarà la razza di Atma. Tale termine per lo Jaina diventa, “Atman”, il respiro, lo spirito, il Sé, ed indica l’anima individuale, mentre “Anatman” sarebbe, invece, la concezione buddista “dell’Io Tutto”. Ma a parte questa curiosità, è interessante sapere che anche per i Maya ci furono cinque Ere cosmiche, corrispondenti ad altrettante civiltà; le precedenti quattro Ere sarebbero state: dell’Acqua, dell’Aria, del Fuoco, della Terra e sarebbero tutte terminate con catastrofi ambientali, mentre ora anche per loro saremmo ancora nella quinta era, “l’Età dell’Oro”, che finirà nel 2012. Gli Aztechi suddividono così le cinque Ere: la prima Era nel segno della Terra e del dioTezcatlipoca che divenuto Sole creò una razza vegetariana di giganti terminata nel giorno “4Ocelot, giaguaro”, la seconda Era nel segno dell’Aria e della Scintilla divina di Quetzalcoatl che insegnò le arti e ebbe termine nel giorno “4Ehecatl, vento”, le odierne scimmie sarebbero gli uomini di allora, la terza Era nel segno del fuoco del dio della pioggia Tlaloc che creò una crudele razza di uomini acquatici e in quell’epoca scomparse la Lemuria nel giorno “4piuoggia di fuoco”, la quarta Era nel segno dell’acqua e della dea Chalchiuhtlicue sorella di Tlaloc, in quest’epoca la materia si raffinò e apparvero i primi uccelli fino al diluvio che distrusse Atlantide il giorno “4Ahau, pioggia”; la quinta Era è nata sotto il segno di Tonatiuh “l’aquila che vola in alto” e finirà con terremoti il giorno “4Ollin, movimento”, ogni 52 anni solari, un secolo indigeno, 52x365=18.980 giorni per la Terra, 292x65=18.980 giorni per Venere, cioè i 260 anni del Katun Ahu che porterà lotte e cambiamenti che apriranno la via all’Era dei pianeti e della comunicazione universale. Gli indiani, come i Maya, dividono l'età della Terra in cicli, anche per loro, infatti, questo sarebbe il quinto ciclo terrestre, stessa cosa la suddivisione ciclica separata da eventi catastrofici rilevabile nel Bhagavata Purana. Esiodo, poeta greco del VIII sec. A. C., nella sua opera “Le Opere e i Giorni” narrando il mito delle razze, afferma che gli dei dell’olimpo crearono una prima razza di uomini perituri, vissuti in un’epoca d’oro; poi, nell’età dell’argento né crearono una seconda inferiore di spirito e di corpo, una razza che Zeus trasformò successivamente in dei degli inferi; nell’età del bronzo crearono una razza crudele di uomini perituri terribile e potente; poi crearono una quarta razza di semidei ed eroi, giusta e divina; della quinta razza Esiodo dice: “Prego il cielo che io non abbia a mio turno a vivere a mezzo degli uomini della Quinta Razza; o che io fossi morto prima, o nato più tardi, poiché questa è la razza di ferro. Essi non cesseranno di soffrire di giorno fatiche e miserie, né la notte di essere consumati dalle anossie che loro invieranno gli dei. L’ora verrà in cui Zeus annienterà a suo turno questa razza di uomini perituri: questo sarà il momento in cui gli uomini nasceranno con le tempie bianche. Il padre allora non assomiglierà ai suoi figli, ed i figli non somiglieranno più ai loro padri. L’ospite non sarà più caro all’ospitante, né l’amico all’amico, il fratello al fratello…”, e questo ci ricorda gli strani concepimenti di Noè, Melchisedec, ecc. . Gli yezidi concepiscono il nostro tempo come l’ultimo dei “settantadue Adami” vissuti diecimila anni ciascuno con un intervallo di assenza di altri diecimila anni tra l’uno e l’altro, curioso il fatto che queste cifre non sono “campate in aria”, ma corrispondono a cicli astronomici e precessionali. Ritornando alle origini di Shamballah, l’occultista Helena Blavatsky, una dei fondatori della società teosofica di New York, sorta nel 1875, afferma che Agharti, che lei chiama la “Loggia Bianca” è sorta sull’isola del Mar dei Gobbi, dove in tempi remotissimi sarebbero atterrati i “Signori della Fiamma”, semidei provenienti da Venere, essi avrebbero donato all’uomo, che aveva allora una mente animale, una mente razionale. Secondo le Upanishad, Sanat Kumara, “il sempre giovane”, chiamato anche Melquisedek che ricorda per certi versi il clemente “Signore delle milizie celesti”, che in Cabala si chiama “Metatron”, per i cristiani l’arcangelo Michele, sarebbe il signore del mondo, il Dio del nostro sistema, o uomo celeste che tiene in vita il nostro pianeta, è chiamato anche “L’Amico dei giorni” e vivrebbe in un corpo di energia che non invecchia; con lui sarebbero arrivati Sanadana, Sanaka e Sanatana ed insieme esprimono la triplice natura del Logos planetario, in altre parole il Verbo o la Parola, la ragione, ”l’Azione”, il Logos, la Manifestazione di Dio, l’espressione della Vita Cosmica. Esotericamente Il primo Logos incarna l’aspetto Vita e l’energia della Volontà o Potere, il secondo Logos incarna l’aspetto Coscienza e l’energia dell’Amore-Saggezza, il terzo Logos incarna l’aspetto Apparenza e l’energia dell’intelligenza e dell’adattamento. Il ricercatore Richard L.Thompson, afferma, che a quei tempi il cielo era navigato da dischi volanti chiamati “vimana”, quindi vi si poteva viaggiare da un mondo all’altro, come testimonierebbero anche i dischi di Bayan Kara Ula, pubblicati su riviste russe da Vinceslav Zaytsev; del resto il fatto che aeronavi rimangano sospese nella nostra atmosfera sembra possibile, infatti, gli scienziati del centro ricerche “dell’Avco Everet” negli U.S.A., A.N. Pirri e R.F.Weiss affermano che un fascio laser, basato su di un campo di tremila megawatt che pulsa a duecentocinquanta Hertz, può sostenere in cielo un veicolo. Inoltre tra le altre cose in loro potere, questi esseri semidivini potevano leggere il pensiero, spostare oggetti con la sola forza della mente e addirittura rendersi invisibili. Thompson inoltre afferma, che gli scritti vedici, “Purana”, raccontano di quattrocentomila razze simili all’uomo che risiederebbero in altri mondi. Alfredo Dissoni, insegnante di religione e scrittore di testi ufologici, fa notare che più volte, nelle sacre scritture, si accenna ad altri mondi, in (Cfr. Isaia, 66,22) si legge: “Quando Dio fece i nostri cieli e la nostra terra di oggi furono inoltre plasmati i nuovi cieli e la nuova terra e i centonovantaseimila mondi che Dio creò per la sua gloria”. L’antico scritto orientale, “Idra Sutra”, afferma l’esistenza di “trecentosessanta miriadi di mondi” e nella Mishnah, vi è un passo apocrifo che dice che Dio concederà ad ogni giusto trecentodieci mondi, affermazione confermata nei commentari Petirat Mosheh e nel Qetoret ha-Samim, e ciò può solo rivelare la possibilità che esistano altri esseri. Nel terzo capitolo del libro di Krsna si narra che sotto particolari corrispondenze cosmiche, circa 5.000 anni fa, nacque per l’appunto Krsna, si dice che gli abitanti dei pianeti Gandharva e Kimara si misero a cantare, e gli esseri di Siddhaloka e i Carapa, dai loro pianeti celesti gli angeli e le loro compagne, a cui erano unite le Aspara, aprirono le danze; al cap. 50 a pag. 391 si legge testualmente: “Mucukunda sapeva che ogni sistema planetario superiore è governato da un deva sovrano. Egli non era dunque nell’ignoranza come l’uomo d’oggi. Infatti l’uomo d’oggi crede che fra tutti i pianeti soltanto la Terra sia abitata”. Oltre ai fatti similari descritti nelle varie culture che questa mia opera mette a confronto, si noterà le somiglianze di alcuni termini che sembrano indicare la stessa manifestazione, o una manifestazione ciclica dello stesso Dio, degli stessi Dei, si noti ad esempio: Krsna - Cristo, Sidhe – Siddhaloka - Sidharta, An – Anu - Danu, Bel – Belial - Baal, Araham – Abrham, e molti altri ancora. A volte, invece, come avrete notato anche in questo testo, sono le storie stesse che si assomigliano, come per esempio nella mitologia greca la conquista del toson d’oro, spece all’inizio è paragonabile, per certi versi, ai primi capitoli del Libro di Krsna. Ammettere che le analogie siano solo delle casualità, a mio parere è improbabile dato il fatto che si ripetono troppo frequentemente; a mio parere, o sono gli stessi racconti rimaneggiati più volte nel tempo, o sono eventi che subiscono ripetizioni cicliche, magari proprio sotto l’egida di quel “orologio cosmico” che è il fenomeno precessionale degli equinozi causato dalle millenarie forze cosmiche che avvolgono il nostro pianeta. Quanto detto mi rievoca alcuni versi del cap. CX "Libro dei Morti" egizio in cui una descrizione conclude: “Io approdo al momento (...) sulla Terra, all'epoca stabilita, secondo tutti gli scritti della Terra, da quando la Terra è esistita e secondo quanto ordinato da (...) venerabile”.

9° GIUNSERO “I FIGLI DI DIO” E VOLARONO I CIELI DELLA TERRA

Esseri provenienti dal cielo, come vedremmo anche più avanti, li ritroviamo in vari culti e miti antichi e come disse G.B.Vico, “i miti nascondono sempre qualche verità”. Ad esempio, tra i testi Manusa dell’India antica, che descrivono fatti realmente accaduti, abbiamo il "Mahavira", nel quale fra le innumerevoli descrizioni, è possibile leggere: "Un carro volante trasporta molte persone verso la capitale Ahyodhya.
Il cielo è pieno di macchine volanti sorprendenti; nere come l'oscurità, su cui spiccano gialli bagliori". Nel libro di Krsna al capitolo 49 si legge: “Deciso ad attaccare Mathura, il re predispose ampie misure. Mobilitò migliaia di carri, elefanti, cavalli e soldati di fanteria; e con tredici legioni scese in campo e circondò Mathura, la capitale dei re Yadu, per vendicare la morte di Kamsa. Sri Krishna, nella parte di un uomo comune, vide la formidabile potenza di Jarasandha, un oceano di armi e di guerrieri, un oceano sul punto d’inondare tutta una spiaggia, vide il terrore degli abitanti di Mathura e rifletté sulla Sua missione di avatara come affrontare questa nuova situazione? Lo scopo della Sua missione era quello di ridurre il fardello dei popoli, ed ecco giunta l’occasione di affrontare in una sola volta tanti uomini, carri, elefanti e cavalli. La potenza militare di Jarasandha si schierava di fronte a Lui in tutta la sua imponenza ed Egli l’avrebbe annientata senza lasciare ai nemici il tempo di battere in ritirata e riorganizzarsi.
Mentre Sri Krishna era assorto in questi pensieri, due carri da guerra, perfettamente equipaggiati di auriga armi stendardi e altri oggetti bellici, apparvero in cielo e scesero davanti a Lui. (in realtà quali carri potevano allora discendere dal cielo?) Krishna Si rivolse allora a Suo fratello Balarama, chiamato anche Sankarsana: “Mio caro fratello maggiore, Tu sei il migliore degli arya, il Signore dell’universo, e in particolare degli Yadu che sono ora terrorizzati di fronte all’esercito di Jarasandha. Prendi posto sul Tuo carro, che è là, ben armato, e proteggili; vai ad affrontare tutti quei guerrieri nemici e distruggi la loro potenza. Noi siamo scesi sulla Terra al fine di eliminare questi inutili spiegamenti di forze militari e proteggere i virtuosi bhakta. Ecco l’occasione di adempiere la Nostra missione. Andiamo dunque!” Così, Krishna e Balarama, discendenti di Dasarha, il re di Gadadha, decisero di annientare le tredici legioni di Jarasandha.
Krishna salì sul carro condotto da Daruka, e al suono delle conchiglie (in realtà cosa si intendeva per suono delle conchiglie?) uscì dalla città seguito da un piccolo esercito. Stranamente, benché il nemico fosse di molto superiore per numero e armamenti, quando il suono della conchiglia di Krishna giunse alle orecchie dei guerrieri di Jarasandha, il loro cuore tremò. Scorgendo Krishna e Balarama, Jarasandha fu preso da un sentimento di compassione perché quei due fratelli, in fondo, erano suoi nipoti; poi, rivolgendosi a Krishna, Lo chiamò Purusadhama, il più vile tra gli uomini, mentre le scritture vediche glorificano Krishna come Purusottama, il più elevato tra gli uomini: Jarasandha non intendeva certo chiamare Krishna Purusottama, ma grandi eruditi hanno messo in luce il vero significato del termine Purusadhama: “Colui che con la sua presenza fa scomparire ogni altra personalità”. In realtà, nessuno può uguagliare o superare Dio, la Persona Suprema” più avanti si legge: “ Gli abitanti dei pianeti celesti, al colmo della gioia, offrirono i loro rispetti al Signore cantando le Sue glorie e lasciando cadere su di Lui piogge di fiori; mostrarono così la loro ammirazione per la Sua vittoria” e ancora: “Krishna impugnò il Suo arco, Sarnga. Sfilando una dopo l’altra le frecce dalla faretra, Egli tendeva l’arco e le scoccava contro il nemico con una mira così precisa che gli elefanti, i cavalli e i soldati di Jarasandha passarono ben presto al regno della morte. Quell’incessante pioggia di frecce pareva un turbine di fuoco che distruggeva tutte le armate di Jarasandha. Gli elefanti stramazzavano al suolo decapitati dalle frecce di Krishna, i cavalli crollavano travolgendo carri, stendardi e guerrieri, mentre la
fanteria giaceva a terra, testa mani e gambe mozzate…“. Un antico testo tibetano narra: “Bhima volò via con il suo carro radioso come il sole e fragoroso come il tuono…..il carro volante splendeva come una fiamma nel cielo di una notte d’estate….avanzava maestosamente come una cometa…..era come se brillassero due soli. Quindi il carro saliva e tutto il cielo si illuminava”. Anche l’Odissea di Omero ci propone alcune curiosità, Omero nacque a Chio o a Smirne e visse nell'VIII sec. a. C.; sulla vita di Omero le antiche fonti ci hanno lasciato numerose leggende che gli attribuiscono, oltre i due grandi poemi, anche una serie di poemi detti "Ciclici". Nel V sec. a. C venne scritta una biografia, attribuita ad Erodoto. Nell’Odissea di Omero, lungi da essere fantasia, come si sosteneva, dato che l’opera si è rivelata essere una realtà, con la scoperta archeologica dei resti di Troia, Ulisse viene più volte soccorso dagli dei attraverso Atena e l’alato Ermete che lo aiutano a neutralizzare gli incantesimi come quello della ninfa Calipso: il dio alato annuncia infatti alla ninfa la decisione degli dei di ridare la libertà a Ulisse. Giunto presso i Feaci e poi nel paese dei Ciclopi, tocca finalmente le rive di Itaca e teme di non riuscire a vincere i numerosi avversari, è ancora una volta aiutato da Atena. Nell’Odissea tradotta da Ippolito Pindemonte si leggono ambigui versi che possono essere interpretati sotto un’altra ottica: “ Gli sorse incontro co' suoi monti ombrosi L'isola de' Feaci, a cui la strada Conducealo più corta, e che apparìa Quasi uno scudo alle fosche onde sopra. Sin dai monti di Solima lo scôrse Veleggiar per le salse onde tranquille Il possente Nettun, che ritornava Dall'Etïopia…”, più avanti si legge “Molte allor de' Feaci in mar famosi Fur le alterne parole. “Ahi! chi nel mare Legò la nave che vêr noi solcava L'acque di volo, che apparìa già tutta”? Così, gli occhi volgendo al suo vicino, Favellava talun: ma rimanea La cagion del portento a tutti ignota…”:altri versi narramo:  “Dimmi il tuo suol, le genti e la cittade, Sì che la nave d'intelletto piena Prenda la mira, e vi ti porti. I legni Della Feacia di nocchier mestieri Non han, né di timon: mente hanno, e tutti Sanno i disegni di chi stavvi sopra. Conoscon le cittadi e i pingui campi, E senza tema di ruina o storpio, Rapidissimi varcano, e di folta Nebbia coverti, le marine spume”, atri ancora raccontano: “Ma la fanciulla il piede alla secreta Movea sua stanza: e raccendeale il foco Eurimedusa, una sua vecchia fante, Nata in Epiro, e su le negre navi Condotta, e al prode Alcinoo offerta in dono Perché ai Feaci ei comandava, e lui, Qual se un dio favellasse, udìan le genti. Costei Nausica dal braccio di neve Rallevò nel palagio, ed ora il foco Raccendeale, e mettea la cena in punto.” i Feaci erano in grado di trasportare Ulisse dalla loro terra fino a Itaca, in Grecia e fare ritorno a Corfù nello stesso giorno, e ciò come potevano farlo? Fatti simili si riscontrano anche nel testo di Krsna, cap. 52 pag.410, dove il dio per rapire Rukmini, parte dal regno di Dvaraka nell’India occidentale per raggiungere a nord il regno di Vidarbha, percorrendo 1.600 chilometri in 12 ore, e lo fa con un carro trainato da 4 cavalli: uno di colore verde chiamato “Saivya”, uno con il riflesso del ghiaccio chiamato “Sorgiva”, uno con il color di una nuvola nuova chiamato “Meghapuspa” e uno color cenere chiamato “Balahaka”. Gli stessi viaggi li faceva il carro di Horo sapaenshu dall’egitto a Saba. Nel papiro di Ani, una versione del Libro egizio dei morti di Hunefer custodito nel Britisch Museum che racconta di strani avvenimenti, al capitolo LXXVII si legge: "io volo via e poi atterro (stando) dentro il falco; il suo dorso misura sette cubiti (3,7 metri), le sue due ali sono come di feldspato verde. lo esco dalla nave-sektet, il mio cuore va sulla montagna orientale. Probabilmente sono sempre le stesse interpretazioni date ad “areonavi” simili, citate anche nel Libro dei Re (Cap.2:11,12), dove si legge: “Ora, mentre essi camminavano discorrendo, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra di loro ed Elia salì in cielo nel turbine”, i probabili nostri argentei ufo degli avvistamenti . I sacerdoti delle antiche civiltà mesopotamiche affermarono che la loro conoscenza, fu insegnata agli uomini da angeli discesi dal cielo. Nella Bibbia si accenna più volte ad esseri semi divini chiamati angeli, che oggi si potrebbero chiamare in tutt’altro modo, già nel 1950 l’astronomo Morris Jessup lo fece notare, scrisse addirittura un libro: “La Bibbia e gli UFO”, quest’idea poi fu ripresa da altri studiosi e ricercatori. Nella mia ricerca personale, ho notato varie, e interessanti descrizioni sulla figura degli ’”Angeli”. Nell’Apocalisse, Giovanni descrive gli angeli simili agli uomini, vestiti con lunghi abiti di lino puro, splendente e cinti al petto di cinture d’oro, Apocalisse (15, 6), descrive l’angelo messaggero, Apocalisse (1, 13, 14,16), con i capelli della testa candidi, simili a lana candida come la neve, gli occhi fiammeggianti come fuoco, i piedi con l’aspetto del bronzo splendente purificato nel crogiuolo, e il suo volto paragonato al sole quando splende in tutta la sua forza. Una cosa interessante è che nell’Apocalisse questi si ritengono solo servitori di Dio, nell’Apocalisse (22, 8, 9) si legge: Sono io Giovanni, che ho visto e udito queste cose. Udite e vedute che le ebbi, mi prostrai in adorazione ai piedi dell’Angelo che me le aveva mostrate. Ma egli mi disse:” Guardati dal farlo! Io sono un servo di Dio come te e i tuoi fratelli, i profeti, e come coloro che custodiscono le parole di questo libro. E Dio che devi adorare”. Nel Nuovo Testamento (Matteo 28: 3,4), anche l’angelo che apparve sulla tomba di Gesù aveva l’aspetto come folgore e la veste bianca come la neve; se andiamo poi a reinterpretare altri scritti come le visioni di Daniele ed Ezechiele, 584 a. C., vissuti durante la cattività babilonese, diventa facile supporre molteplici e possibili contatti con questi esseri, Daniele guardando nella visione notturna “Vede venire sulle nubi del cielo uno, simile a un figlio d’uomo” e scrive: “E il ventiquattresimo giorno del primo mese…alzavo gli occhi e vedevo…un certo uomo vestito di lino, con i fianchi cinti di oro di Ufaz. E il suo corpo era simile al crisolito e la sua faccia simile all’aspetto del lampo e i suoi occhi simili a torce infuocate, e le sue braccia e il luogo dei piedi erano simili alla visione del rame forbito…”(Daniele10-6). In Ezechiele si legge: “Nel trentesimo anno, al quinto giorno del quarto mese, mentre mi trovavo tra gli Esiliati sulle rive del fiume Kebar, il cielo si aprì e vidi quindi levarsi un possente vento proveniente da Nord, accompagnato da una grande nube e da una grande massa di fuoco: un abbacinante bagliore la circondava, in mezzo alla massa di fuoco pareva di intravedere del rame” , poi Ezechiele parla di quattro corpi, ognuno con quattro volti e quattro ali e dei piedi come il "rame lucido", (notare qui la somiglianza con la visione di Giovanni nell’Apocalisse), di ruote che si muovevano e di una figura, e scrive: “E al di sopra della volta posta sulle loro teste, si scorgeva una specie di trono brillante come uno zaffiro, sul quale sedeva un essere simile ad un uomo: la sua figura emanava una grande luminosità, simile all'arcobaleno dopo il temporale; sentivo di trovarmi al cospetto della gloria del Signore, mi buttai quindi al suolo; e qualcuno prese a rivolgermi le seguenti parole: "Alzati, figlio dell'Uomo, perché io possa parlarti". Come sentii questa voce, la vita ritornò in me”. Ezechiele scrisse anche inequivocabilmente nel suo testo: "Essi sfavillavano come un globo di rame terso" 1: 7)…( "le loro ali erano unite l'una all'altra"  1: 9)…( "Sopra le teste degli animali c'era come una volta celeste con lo splendore del cristallo" 1:22)…( "Quando si muovevano io udivo il rumore delle loro ali simile al rumore di acque impetuose ... quando si fermavano le ali si abbassavano" 1: 24). "C'era un rumore sopra la cupola che era sopra le loro teste" 1:25)… (“Tra quegli esseri si vedevano come carboni ardenti simili a torce che si muovevano in mezzo a loro. Il fuoco risplendeva e dal fuoco si sprigionavano bagliori” 1:13)…(“Gli esseri andavano e venivano come un baleno”1:14)…(“Io guardavo quegli esseri ed ecco sul terreno una ruota a loro fianco, di tutti e quattro”1:15)...("Le ruote avevano l’aspetto e la struttura come topazio e tutt'e quattro la medesima forma, il loro aspetto e la loro struttura era come di ruota in mezzo ad un’altra ruota” 1:16)…(“La loro circonferenza era assai grande e i cerchi di tutt’e quattro erano pieni d’occhi tutt’intorno" 1:18)...(“Guardai, ed ecco sul firmamento, che era sopra le teste dei Cherubini, si vedeva qualcosa simile a pietra di zaffiro, che all'aspetto aveva forma di toro.  Disse all'uomo vestito di lino: «Entra fra le ruote, sotto i Cherubini, e riempi il cavo delle mani di carboni ardenti in mezzo ai Cherubini e spargili sulla città». Sotto i miei occhi, quegli entrò” 10:1-2)…(“lo sentii che le ruote venivano chiamate “Turbine” 10:13).  Già nel libro di Giobbe, più antico dei testi giudaici al capitolo XXXVIII Dio parlava dal centro di un “turbine”, cosa che più tardi imitata dalla Genesi. In merito al termine “Turbine” ho letto che è la traduzione incerta del termine “Galgal” che potrebbe significare anche Carro. Del termine Ghilgal, nel libro dei Giudici 2,1  si legge: “Ora l’angelo di Yawe salì da Ghilgal a Bochin”, e qui Ghilgal assume anche il significato di esilio, allontanamento, passaggio da una dimensione all’altra. R. Steiner nel “I profeti di Dio” pag. 49, dice che è il rotare, il passare e vivere dell’anima entro un corpo fisico, il suo passare da un corpo fisico all’altro, infatti, non a caso quando si parla di alfabeto ebraico, c'è un termine ebraico similare “ghilgul” che significa reincarnazione e ha lo stesso contenuto di ghilgal, “il passare da una parte all’altra”. Galgal identifica anche la ruota celeste con i suoi 12 dei 36 Preposti del Drago “Teli”, che nel Corpus Hermeticum, si identificano nei “Vigili Custodi” dell’universo, identificabili nei 36 decani egizi e nei decani zodiacali greci. Le ruote sono state identificate nella “classificazione angelica moderna”, degli esoterici come Alice Baley, con i Troni, “Il Verbo Manifesto”, quegli Angeli che portano la giustizia di Dio e che in Kabbalah vengono chiamati Merkabah, Trono di Dio, o Carri trionfali. Notate adesso, il confronto che ho riscontrato con alcuni versi dell’antichissimo testo tibetano (Le Stanze di Dzyan, § V, vers.1-7), così tradotte: (“I primi Sette Aliti del Drago di Sapienza producono a loro volta, dai Santi Aliti Roteanti, l’Igneo Turbine. Essi fanno di lui il Messaggero della loro Volontà”)…(“ il Rapido Figlio dei Figli Divini, i cui figli sono i Lipika, corre incombenze circolari” )…(“ egli passa come un fulmine attraverso le ignee nubi; egli fa tre e cinque e sette passi attraverso le sette Regioni di sopra e le sette di sotto. Egli alza la sua Voce e chiama le innumerevoli scintille e le unisce insieme. Egli è lo Spirito che le guida e le dirige. Quando comincia a lavorare ei separa le Scintille del Regno Inferiore che ondeggiano e fremono di gioia nelle loro dimore raggianti, e ne forma i Germi delle Ruote. Egli colloca nelle Sei Direzioni dello Spazio ed Una nel mezzo – la Ruota centrale. Fohat traccia linee spirali per unire la Sesta alla Settima – la Corona. Un Esercito di Figli della Luce sta ad ogni angolo; i Lipika nella Ruota Mediana. Essi dicono: << Questo è buono>>. Il Primo Mondo Divino è pronto; il Primo, il Secondo”)…(“ Le ruote invigilano il Cerchio”). I versi di questo testo, presentano stupefacenti analogie con molti altri testi, vedi i viaggi di Enoch e Baruk, con leggende celtiche, maya, ecc. Ad esempio nel cantico messianico di Abacuc che parla del Cristo che doveva venire si trovano frammenti che potrebbero essere interpretati sotto una diversa ottica, egli dice: “Innalzati sopra i cieli, o Dio, e su tutta la terra con la tua gloria”…” Il suo splendore è come la luce”…”Vi sono bagliori nelle sue mani”…”Salirai sui tuoi cavalli e la tua cavalcata è salvezza”…” Tu che effondi le acque nel tuo cammino”…”Nel balenare dello splendore delle tue armi”…”Hai lanciato nel mare i tuoi cavalli che agitavano molte acque”. Diviene facile pensare agli avvistamenti ufo, alla luce di questi versi, che con un’arcaica terminologia descrivono, apparizioni allucinanti di “esseri cosmici, figli della luce”, angeli con i loro compiti ben definiti. Nelle ricerche e rappresentazioni demonologiche ci si possono ricollegare le apparizioni, di Belial per esempio, che come si legge in uno dei rotoli di Qumram, 11QMelc, portò all’assassinio del sacerdote Melchisedec, si manifesterebbe come un angelo bellissimo sopra un carro di fuoco. Lo stesso Satana, il Drago Rosso, simile al demone pagano Pan, “il dio caprino dei Satiri cioè i “pieni” legati nel VI a. C. con Dionisio”, o meglio il suo nome da serafino, Lucifero, dal latino Lux infer “portatore di luce”, si manifesterebbe come un uomo bellissimo, capelli neri e tunica bianca, inoltre, come affermano i testi sacri, avrebbe la facoltà di apparire come uno lo immagina, in realtà sarebbe un essere putrido simile a un caprone, una concezione allegorica legata forse a qualche antico rituale di sacrificio risalente all’epoca precessionale dell’Ariete, probabilmente al mito greco di Pan che era così rappresentato nella sua qualità androgina di “Satiros” o meglio “Seth Aries” da cui deriverebbe per l’appunto la forma caprina. Nel Libro dei Re (Cap.2:11,12) come abbiamo visto prima si legge: “Ora, mentre essi camminavano discorrendo, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra di loro ed Elia salì in cielo nel turbine. Eliseo osservava e gridava: «Padre mio, padre mio; carro di Israele e suoi cavalli!». Quando non lo vide più, afferrò le proprie vesti e le stracciò in due pezzi”. In (Esodo,19,9) Yahweh afferma: “Ecco, io sto per venire verso di te in una densa nube”, poi si legge: “Al terzo giorno, sul far del mattino, ci furono tuoni, lampi, una nube densa sul monte Sinai ed un suono fortissimo di tromba. Tutto il popolo fu scosso dal terrore. Il monte Sinai era tutto fumante” (Esodo, 19, 16-17). Come gli antichi irlandesi “I Thuata Dè Danann arrivarono in Irlanda dal cielo avvolti in una nebbia”, come Enoch viaggiava su una “nube” attraverso i sette cieli, portato dagli angeli, o come il dio celtico Taranis, simile a Giove per l’analogia del tuono il cui simbolo era la ruota, o Teutates analogo a Marte, divinità che guidavano e proteggevano le tribù in guerra, anche Yahweh viaggiava spesso in una nube sopra gli ebrei per proteggerli e guidarli nelle loro battaglie (Esodo 13, 21, 10-34-14). Sull’intraprendente personaggio “alchemico” di Maria Egiziaca, sorella di Mosè, contro la quale “divampò l’ira di Yahweh; la nuvola si ritirò di sopra la sua tenda ed ecco, Maria coperta di lebbra come neve” (Nu. 12, 9), “forse la bambagia degli odierni avvistamenti”. In un’antica moneta Cananea del IV secolo a. C., appare la scritta Yahu cioè Yahweh, ed è rappresentato in effige un vecchio dio barbuto su di un trono simile ad una ruota volante. In questi fatti, come si può notare, la somiglianza con gli “effetti” degli odierni avvistamenti UFO è alquanto sconcertante. L’effige rappresentativa di Yahweh sulla moneta citata, può ricordarci anche la descrizione di quella razza bianca di uomini barbuti che appare straordinariamente, anche nei miti delle civiltà precolombiane vedi: il tolteco Quetzalecoatl, “il Serpente Piumato”, il maya Cuculcan, Gucumatz, il dio lucertola Itzamana, Viracocha, Pacal Votan, “cioè colui che appartiene alla stirpe dei serpenti”; in altre parole i famosi “bianchi venuti dalle stelle”. Raffigurazioni simili alle rappresentazioni  di Aura Mazda, come si evince anche dalle affermazioni dello storico Erodoto di Alicarnasso, che lo assimila alle raffigurazioni degli dei vedici, vedi Veruna “l’Urano greco”, una delle tante divinità, assieme a Mithra (il sole), Mah (la luna), Atar (il fuoco), Apam Napat (l’acqua), Vaju (il vento), Ardvi Sura Anahita (la pioggia), a quanto pare “uno degli Elohim simile a Yahweh”. Infatti, nei Rig. Veda X 168 leggiamo di Vayu o Vata: “Correndo sulle vie d’aria, egli non riposa alcun giorno. Amico delle Acque, del primo nato, del beato (Agni) in cui la preghiera nacque, d’onde venne egli al mondo? Animo degli dei, germe del mondo, dio che girovaga come gli pare. Si fa sentire col suono, ma la sua forma non è vista. A questo Vata noi dedicheremo la nostra devota oblazione”. Per comprendere meglio su cosa volava Vata, un altro verso dei Rig. Veda dice chiaramente: “L’aereo di Vata era enorme! Creando mulinelli di polvere, si alzava nell’aria emettendo un fragoroso rumore. Volando nel cielo emetteva una scia di fumo e un accecante sfolgorio rossastro”. Si manifestava proprio ciò che accadeva con le nuvole di Yahweh. Descrizioni similari le ritroviamo, come vedremmo, anche in altri antichi testi, per esempio nel Libro etiopico di Enoch scritto in ge’ez, abbiamo queste descrizioni degli antichi esseri, nella piena manifestazione dei loro poteri: "Essi camminano su lingue di fuoco, sono vestiti di bianco e il loro volto brilla come il cristallo”, e ancora: "Io Enoch stavo benedicendo il Signore, quando gli angeli mi chiamarono e mi presero. E mi portarono in un mondo i cui abitanti erano come fuoco fiammeggiante e, quando lo desideravano, apparivano come uomini". Nel Libro dei Vigilanti (XVII,1), si legge la stessa versione: “Mi portarono in un luogo dove (quelli che c’erano) erano come fiamma ardente e quando volevano, apparivano sotto sembianze umane”. Nel primo capitolo del libro dei segreti, così Enoch descrive  chiaramente questi esseri: “In quel tempo, disse Enoc, quando ebbi compiuto 365 anni, nel primo mese, nel giorno solenne del primo mese, ero solo nella mia casa: piangevo e mi affliggevo con i miei occhi. Mentre riposavo nel mio letto dormendo, mi apparvero due uomini grandissimi come mai ne avevo visti sulla terra. Il loro viso (era) come sole che luce, i loro occhi come lampade ardenti, dalle loro bocche usciva un fuoco, i loro vestiti una diffusione di piume, e le loro braccia come ali d'oro, al capezzale del mio letto. Mi chiamarono col mio nome. Io mi levai dal mio sonno e gli uomini stavano presso di me realmente. Io mi affrettai, mi alzai e mi inchinai loro ; il mio viso si coprì di brina per il terrore. Gli uomini mi dissero: "Coraggio, Enoc, non avere paura. Il Signore eterno ci ha mandati da te ed ecco, tu oggi sali con noi al cielo. Dì ai tuoi figli e alle genti della tua casa tutto quello che faranno sulla terra e che nella tua casa nessuno ti cerchi, finché il Signore ti abbia fatto ritornare da loro".  Obbedii loro e andai. Chiamai i miei figli Matusalemme e Rigim e raccontai loro tutto ciò che i due uomini mi avevano detto”.
Nel misticismo ebraico della Merkabah, del “Carro Celeste”, o “Trono di Dio”, descritto da Ezechiele, questi esseri vengono chiamati le: “Hayot ésc memallelòd”, cioè le “Creature di fuoco parlanti”, o gli “Ittim hashoth ve-“ittim memallelòd”, cioè “Coloro che a volte tacevano e a volte parlavano”, la “classificazione angelica moderna li definisce Troni, o ruote” e sarebbero i portatori della giustizia di Dio, “forse coloro che risvegliano il nostro inattivo campo magnetico, “illuminandoci”, risvegliando quell’energia che gli orientali chiamano Vril, “il serpente addormentato” che è in noi; del resto è risaputo che usiamo solo il 10% della nostra potenzialità mentale. Questi Esseri possono solo essere identificati come coloro che sono una superiore manifestazione del Logos”, o meglio “di ragione”; quei Serafini, cioè “ardenti”, oggi rietichettati “Alieni parafisici”. Oggi si sa che esiste “vita microbica” anche a 130° centigradi, quindi è provato che la vita esiste anche ad alta temperatura, anzi si potrebbe pensare ad un suo manifestarsi come energia pura, per l’appunto quei stessi “Corpi di Luce” che sono anche noti come i “Corpi di Gloria cristiani”. Tutto ciò motiverebbe anche le molte apparizioni di alcune tipologie aliene, o “fantasmi”, etimologicamente quelle “entità che si mostrano, o quelle presenze che si manifestano”, lungi da essere materici, ossia, al contrario dotati di una duplice natura, o capacità di movimento ultra dimensionali. Nello Zand Avesta Zoorastriano sta scritto: “L’incarnazione distingue l’uomo dagli Dei spirituali, poiché questi sono Signori, ma non incarnati”; nell’Avesta l’uomo simboleggia il microcosmo fatto a immagine del dio figlio di Zurvan, “Dio del Fato”, il  primo Creatore di tutte le cose, ed è per questo che ogni parte dell’uomo corrisponde alla conformità dell’universo. Zoroastriani e zurvaniti credono alla razza dei daeva ossia i “Vigilanti” giunti intorno al 9.600 a. C. ad Airyana Vajah, “il Paradiso”. Chissà se è vero, come teorizzano alcuni, che sono questi gli esseri, con il potere della “trasfigurazione” e servi di Dio, che ci fecero a loro somiglianza, come si legge nella Genesi, in plurale (1,26): Poi Iddio disse "Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza...". Nel libro apocrifo dei Giubilei dettato “dall’Angelo della Faccia” a Mosè se ne parla espressamente, affermando che tra le opere di Dio del primo giorno della creazione ci furono anche gli Spiriti e gli Angeli. Leggiamo, per l’appunto, dell’“Angelus Faciei”, cioè l’Angelo che era sempre accanto al Signore, che spiegò a Mosè il patriarca nato in Egitto, il processo della creazione, infatti nel testo apocrifo dei Giubilei o “Piccola genesi” si legge:” Nel primo giorno creò i cieli che sono in alto, la terra, le acque e ogni spirito che serviva al Suo cospetto, gli "angeli faciei", gli angeli della santità, gli angeli dello spirito del fuoco e quelli dello spirito del vento, delle nuvole per la tenebra, la grandine e la neve; gli angeli degli abissi, dei tuoni e dei fulmini; gli angeli degli spiriti del gelo, del forte calore, della stagione delle piogge, della primavera, dell’estate e dell’autunno, e gli angeli di tutti gli spiriti riuniti che sono in cielo, in terra e in tutti gli abissi, nella tenebra, nella luce, nell’alba e nella sera, i quali Egli preparò con la sapienza del Suo cuore”. Anche nel testo di Giobbe 38:7, un testo più antico di qualsiasi libro giudaico, si afferma che gli angeli esistevano prima della creazione dell’uomo, perché quando furono gettate le fondamenta della terra: “Le stelle del mattino cantavan…. e tutti i figli di Dio davan in gridi di giubilo”, probabilmente sono quegli stessi angeli che la dottrina esoterica segreta vede portatori del seme che risveglia, portatori dello “Spirito Santo”, della supercoscienza che illumina lungo il percorso che gli esoterici chiamato “Omeopatia Karmica”, ossia illuminare l’individuo attraverso l’esperienza con piccole dosi di quello che chiamiamo “male”. Ritornando ad Agarthi, secondo la tradizione braminica del Mahabarata, “Paradesha”, (in sanscrito Paese supremo, da cui Paradiso, l’ebraico Pardès, la terra estrema, Il “Giardino di Giustizia” di Enoch, l’iperborea greca o Paràdeisos, la terra del nord cioè lo “spazio recintato”, dalla radice persiana, pairi, “attorno” e daeza, “muro”) è denominata dai miti, il regno dell’”Età dell’Oro”,  “probabilmente lo stesso regno che gli egizi chiamavano “Tep zepi”, regno in cui avrebbe governato Atum Rà, o Osiride e che secondo I Testi delle Piramidi rinvenuti nella tomba dei faraoni Unas, Teti, Pepi I, Merenre, Pepi II, Kakare, Ibi ecc. fu colui che avrebbe inizialmente dato vita a “Gli Inerti” nel Oceano Primordiale; fu sempre Atum-Rà figlio di Ptah “il corpo”, che apparse al re di Menfi sul suo carro celeste e gli impose di annoverare l’anniversario del suo regno per “sei volte centomila anni”, la stessa figura divina che in Grecia prende il nome di Hephaistos colui che si fuse con Sokaris il dio dei morti rappresentato con la testa di falco. L’Età dell’Oro assieme alle Età dell’Argento, del Bronzo e del Ferro, l’attuale era, sono paragonabili, sempre nella tradizione indiana, al ciclo completo di Maha Yuga 12000 anni, cioè l’insieme del Krita Yuga di 4800 anni, il Treta Yuga di 3600 anni, il Dvapara Yuga di 2400 anni e l’attuale Kali Yuga di 1200 anni. Invece Secondo il calendario Maya, l’Età dell’Oro è l’attuale ed è la quinta dopo le ere dell’Acqua, dell’Aria, del Fuoco e della Terra, essa sarebbe governata dal dio Quetzalcoatl e terminerebbe, come ho già detto, nel 2012. L’antica Età dell’oro probabilmente era l’Atlantide primitiva, impregnata di sapienza, purezza e benessere, forse quella terra dove regnava la “Primavera Eterna” dei longevi “Iperborei”, Protoari o “Uomini Trasparenti”, dove la terra produceva da sé, citata da Ovidio, Virgiglio, Esiodo, Erodoto e Diodoro Siculo, quest’ultimo tra l’altro racconta una strana storia che vede una regina delle Amazzoni alleata con Horus e in lotta contro gli Atlantidi. Sono probabilmente quegli stessi abitanti di Agarthi, chiamati anche “Maestri Sconosciuti”, che avrebbero avuto origine dall’antichissimo continente di Gondwana che secondo i Geologi includeva un tempo anche Africa, Arabia, India, Ceylon, Australia, Nuova Zelanda e Sud America. Alla fine del Giurassico questo continente che non conosceva stagioni iniziò a smembrarsi, e durante il Terziario (circa 20 milioni di anni fa), circa l’era dell’arrivo dei Kumaras, I'Antartide si sarebbe distaccata completamente dall'America Meridionale. Questa catastrofe per alcuni avrebbe origine dallo spostamento dell’asse terrestre dovuto alla caduta di una luna, o di un corpo celeste sulla terra, che nel suo percorso orbitale avrebbe disegnato una spirale, che l’avrebbe portata a disintegrarsi in prossimità della terra. A prova di ciò, ci sarebbero i disegni a spirale trovati in modo sparso nelle più antiche costruzioni e sulle rocce delle caverne, che potrebbero simboleggiare altri concetti, ma che a dire di alcuni studiosi, trasmetterebbero quest’antico monito di pericolo, riscontrabile, come abbiamo visto, anche negli antichi testi sacri come l’Apocalisse, un monito che anticiperebbe una catastrofe che potrebbe ancora ripetersi, dato che abbiamo ancora un satellite lunare e numerose comete che circolano in prossimità del nostro pianeta. Dopo che Gondwana scomparì, a causa di questa catastrofe da loro prevista misurando le maree attraverso il “Candelabro delle Ande”, questi per salvarsi si sarebbero ritirati in vaste gallerie sotterranee che illuminarono con una “luce” che farebbe perfino germogliare i semi. Una similare e antica tradizione persiana parla di Rustam simile al greco Eracle, o Senmurv, il catastrofico uccello primordiale che provocò una glaciazione che costrinse l’umanità s a ripararsi in una caverna sigillata, miti che nella tradizione araba vennero raccolti in un testo di favole noto con il nome “Mille e una notte”. Molte culture citano l’esistenza di una civiltà sotterranea meta di un “Paradiso Terrestre”, relazionato oltre che agli umani, a dei e a semidei: per i mesopotamici era la Terra di Asar, per i tibetani era Erdemi, per i celti era la Terra dei Misteri di Dananda, per i cinesi era la Terra di Chivin “Città dei Dodici Serpenti”, per i germani era il Valhalla, per i persiani Aryana Vaejah, “la distesa Iraniana” e Alberdi, per gli egizi era l’Amenti, per i parsi Eranvej. Era la Città dei Sette Re di Edom, era l’Eden, la Colchide, Avalon, Asgard, che nella mitologia vichinga è il “recinto dei celesti”, quegli dei che sconfissero la razza dei giganti. Era la Città dei Sette Petali di Visnu, per l’appunto Shamballah, l’inviolabile capitale di Agarthi che esisterebbe simultaneamente sia sul piano fisico che mistico, i cui inaccessibili ingressi si troverebbero in India, Nepal, Borneo e nella Comunità degli Stati Indipendenti. A provare l’esistenza di queste città, oltre alle antiche città di: Marajiò, Ugarit, Tiahunaco, i ritrovamenti del Cigeo, Bimini, Yonaguni ed altri ancora, che forse un tempo fecero parte di questo regno, ci sarebbero le misteriose e numerose gallerie ritrovate in Asia, Africa, Malta, America meridionale, Haway, le grotte in Azerbaigyan di “Son et Lumières”, le grotte di Quinghai in Cina, ai piedi del monte Baigong con i misteriosi tubi che escono in superficie, chiamati dalla gente locale “i relitti degli extraterrestri”, i chilometri di grotte sotterranee in Kurdistan, e il tunnel Lima Cuzco, dove si racconta, che nel tunnel, già conosciuto dagli Inca, ci sarebbe una tomba reale inaccessibile per la pericolosità dei trabocchetti. Il ricercatore e studioso polacco Ferdinand Ossendowski, in “Bestie, Uomini, Dei”, 1923, riguardo ad Agarthi, riporta le parole di un lama mongolo secondo il quale il regno fu fondato dal primo Guru intorno al 380.000 a.C., e divenne sotterraneo per sfuggire al male, con il nome di Agharti, “l’inaccessibile”, più di seimila anni fa, all’inizio del Kali Yuga della tradizione indù, cioè “l’Età Nera”, il periodo in cui viviamo. Questo regno che si ramificherebbe in tutto il mondo sarebbe introvabile per coloro che non sono Arhat, “Illuminati”; forse consapevole di tutto ciò S. Paolo scrisse: “Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Filippesi 2, 10-11).. La capitale Shamballah, sarebbe la mitica “Città di Smeraldo” nominata dai viaggiatori medioevali e ricercata invano da Sven Hedin i cui viaggi sono descritti in “Im Herzen von Asien”, 1902. Il cuore del regno risiederebbe sotto l’Asia e sarebbe centro spirituale e meta di forze di energia che dallo Zed centrale, (un’antenna), condizionerebbero tutta la superficie del pianeta, esso sarebbe governato come ho già detto, da una potente triade, il Brahatma, (colui che ha il potere di parlare con Dio) ovvero il Chakravarti, (il re del mondo), che regnerebbe assieme al Mahatma, (colui che conosce il futuro) e al Mahanga, (colui che procura le cause per gli eventi), per il periodo di un Manvatara, una delle quattordici ere da cui è composto un ciclo cosmico. Ora saremmo nell’era del “Cinghiale Bianco” e Vaivaswata, figura analoga al “Khidr”, l’uomo verde dei nomadi, al egizio Mina o Menes, al Menw celtico, al Minos greco, al Metraton cabalico e al cristiano Arcangelo Michele; sarebbe il settimo e attuale re del mondo e farebbe sì che la storia segua un preciso andamento secondo un piano divino. Egli, infatti, potrebbe mettersi in comunione di pensiero con i precedenti re e con tutte le menti degli uomini, controllandone l’agire, favorendo o fermando ogni iniziativa, che non coincide sempre e necessariamente con i nostri canoni di valutazione; su questo punto voglio ricordare che secondo gli studiosi Gilbert e Cotterell esistono connessioni tra il campo magnetico astrale e il carattere umano che ne verrebbe per l’appunto condizionato. L’ultima apparizione del Vaivaswata sulla terra sarebbe avvenuta nel 1923 in India e in Siam, dove sarebbe apparso benedicendo la folla, assiso in un trono sopra un carro d’oro, trainato da elefanti bianchi. Sarebbe apparso reggendo in mano una mela d’oro sormontata da un anello con inciso l’emblema ariano della svastica, che si ritiene rappresenti il sole rotante. Vi si dice, che il Re del Mondo si serva di “Goro e Pandita”, gerarchie celesti provenienti dalle stelle, per alcuni versi simili alle creature della mitologia indhù e greca. Gli studiosi Saint Yves d’Alveydre e Jaques Weiss sostengono che oltre al sovrano vi sarebbero per l’appunto: 5.000 Pundit (sapienti), 365 Bagwanda (ministri del culto) e 12 Membri Supremi che sovrintendono alla vita pubblica. Le biblioteche, che si trovano nelle gallerie più profonde, sarebbero inaccessibili ai profani, e custodiscono tutte le verità delle arti e delle scienze. Ad Agarthi sarebbero conservati anche studi sulle energie della natura, sulla matematica e sulla chimica, studi ai quali si erano già dedicati gli antichi abitanti di Gondwana, forse gli stessi atlantidei di Nettuno che sfuggiti al Diluvio s’inoltrarono nelle terre di Wotan, fino stabilirsi nel mondo sotterraneo del deserto del Gobbi e nelle americhe dove realizzarono il noto “Candelabro delle Ande”, forse per prevenire le catastrofi diluviane future. Un altro ricercatore, l’ufficiale brittanico James Curchward che fu in India nel 1868, venne a contatto con un Rishi del monastero di Brahmaputra in Tibet che, a quanto pare, gli mostrò delle iscrizioni su tavolette d’argilla che apparterebbero alla civiltà Mu comparsa 50.000 prima nell’Oceano Pacifico e inabissata 13.000 anni fa per una catastrofe, qualche millennio prima di Atlantide cui toccò la stessa sorte. Queste tavolette sarebbero state effigiate dalla stirpe dei Nacaal, “I Santi Fratelli”, le cui colonie avrebbero originato il popolo Mayax in America, il popolo Uighur in Asia centrale ed est Europa, e il regno Naga in Asia meridionale. Curchward che dedicò la sua vita a tradurre le iscrizioni e a ricercare prove su questa civiltà afferma: che la genesi dei Nacaal tramanda che la potenza auto-esistente “Il Serpente dalla Sette Teste”, modulò sette ordini per creare i mondi. I gas plasmarono la Terra nello spazio, l’atmosfera e le acque; infine la luce solare dardeggiò nelle liquide profondità e il fango partorì le uova cosmiche, il glifo corrispondente mostra, infatti, il disco del Sole percorso da un piccolo e sinuoso serpente piumato; quel serpente piumato, la cui leggenda narrerebbe l’influenza del sole, da esso rappresentato, sulla vita terrestre, un simbolo diventato centro focale per la civiltà Maya. Probabilmente sono questi i racconti alla base del concepimento della teoria della “Panspermia”, che afferma che la vita nel nostro pianeta si sarebbe formata a seguito di materiale cosmico giuntoci da una collisione con una cometa; Chandra Wickramasinghe, il primo scienziato a dimostrare l’origine organica della polvere cosmica ne ha fatto un libro intitolato “I Draghi dell’Universo”. Nella cosmogonia indiana, è la stessa cosa, Vishnu riposa sul serpente sesha, “Durata” o Ananda “l’Infinito”, sogna la creazione dell’Universo e con un gesto di volontà, o “desiderio”, sparge il suo seme nelle acque cosmiche che muta in un uovo d’oro splendente come il sole e germe di ogni creatura vivente.
Seme in sanscrito e in egiziano è bja e richiama il ferro meteorico della Fenice che torna ciclicamente sulla Terra per inumare il padre dentro un uovo, proprio come Sesha che con un suo sbadiglio provoca un fuoco rigeneratore che si abbatte sulla Terra; storie simili alla greca lotta tra Zeus e i Titani, o alla leggenda di Fetonte che pare raccontare la caduta d’una meteora sulla foresta, che divenuta poi il deserto del Sahara, forse la stessa “Pietra Nera” degli arabi, o il dio meteorico giapponese Susanò, o la celtica pietra sonora del destino, “la Pietra di Fal, o di L’a Fàil”, tra l’altro proprio i celti coniavano monete con impresse delle stelle comete, o meteore, come lo statere d’oro di Tincomminus coniato tra il 20 e il 5 d. C, che rappresenta in effige un cavallo con cavaliere con sopra un corpo celeste con la coda, o un'altra moneta ritrovata in Bretagna che in effige mostra una cometa, o una meteora posta tra due stelle, chissà cosa rappresentano realmente? Forse ciò che in Giudea si affermava, cioè che il diluvio fu causato dallo spostamento di due stelle, cosa che pare confermata anche nei testi caldei, o ciò che affermavano gli astrologhi Maya, cioè che anticamente era Venere a illuminare il pianeta Terra e che successivamente un asteroide fu catturato e attratto dalla stessa, o al contrario sia stata la terra a “partorire” un asteroide. Pensando alle grandi scomparse di specie animali che raggiunsero un elevata densità nel nostro ‘pianeta, vedi per le ammoniti, i dinosauri, scomparse probabilmente avvenute per catastrofi operate da meteore, si può per logica meditare ad una ciclica rigenerazione di specie, anche se c’è sempre un’autodecimazione di controllo all’interno della specie per la sopravvivenza della stessa, causata da guerre e dalle pandemie provocate da quei virus che intaccano le nostre cellule, come fu “la Peste Nera, la “Spagnola nel 1918, l’Ebola, la Sars ecc.”, ma queste decimazioni non allontanano gli eventi catastrofici cosmici dei grandi cicli vitali, ma controllate da chissà quale mente equilibrano le forse della terra mantenendola in vita; sia essa per essa o chi per essa. Basti pensare alle cinque ere ricordate nelle varie culture antiche tutte terminate con mitiche catastrofi, del resto l’uomo non impara mai dagli errori degli altri e sembra che ci voglia 10 -15.000 anni di rielaborazioni per raggiungere uva meta evolutiva più elevata. A mio parere, sembra quasi di parlare della fecondazione della donna, ma non si parla di spermatozoi, portatori del “concepimento”, sono forse meteoriti o distruzioni provocate dai serpenti giunti dalle profondità siderali che incendiano con il solo respiro, come Takasaka, uno dei Naga. Forse sono questi concetti che reinterpretati, nel Vangelo apocrifo di Tommaso verso 10, fecero dire a Gesù: “Ho appiccato il fuoco sul mondo, ed ecco, lo custodisco finché esso arda”. I Naga sarebbero divinità serpentiformi, molto simili nelle rappresentazioni, alle antiche deità egizie di Iside ed Osiride, non che correlati ai riti sciamanici in cui si adorava anche Shiva Pasupati, il "Signore degli esseri", ossia pastore di animali e di esseri umani, che rappresenta il principio di astrazione-soluzione, quindi l’atto di "consapevolezza" che lo esprime e in cui si verifica e la coscienza pura onnipervadente senza modificazioni. I Naga sono ricordati come esseri superiori, dimoranti a Nagaloka, o Nagadvipa, in altre parole un luogo identificato dai Purana nel Patala, “gli Inferi”, ma non nel senso dispregiativo, infatti, le loro capitali Bhogavati, Matura, Padmavati, furono ricche, denominate le “città dei piaceri”, il folclore pre ariano ricorda gli Yaksha Yakshini; i Guhyaka, “esseri segreti”; i Kinnara Mayu, “metà uomini e metà cavallo”, come gli asvin che sono ricordati anche come cavalieri di Surya e nello stesso tempo medici degli dei; i Rakshashi, “giganti cattivi”, come i Nefilim ebraici; i Gandharva,  “musici celesti”, i Siddha e le sensuali Nagin, Nagini o “Maya”, cioè con la facoltà di poter cambiare aspetto, proprio come quei Djinn, o “Vigilanti Elohim”, quali Jawe, o la Nagini tentatrice e multiforme di Buddha, Devi Shahti. Infatti, nel Mahabharata, dove si racconta l’origine della razza dalla Dea Madre Kadru, madre di tutti i Serpenti, si afferma che questi esseri avessero la potenzialità di assumere sembianze sia di rettile, che umane, proprio secondo la loro volontà. Inoltre pare che i primi re dell’India pre Maurya, iniziarono proprio con le dinastie Naga e Shishnunaga, Serpenti medici e guaritori che si celavano assieme ai primi sciiti locati nel cuore del Decan in città come Nagpur, certo è che la loro origine è sicuramente preistorica e avvolta nel mistero. Si parla per l’appunto dei “Nove Re Cobra di Brahma”, il Ramayana li fa risalire a 870.000 anni fa, il libro tibetano “Le Stanze di Dzyan” racconta di loro come “i Serpenti che ridiscesero, che fecero pace con la quinta razza, che l’ammaestrarono, che l’istruirono, esseri che ricordano molto quei mitici Dei, “Serafini, Serpenti Piumati”, adorati dalle civiltà precolombiane, dalla civiltà sumera, egizia e celtica, esseri che intervenirono geneticamente sull’uomo evoluto precedentemente dagli “Elementi primari” che probabilmente loro stessi avevano seminato sulla terra favorendo l’inizio della vita, che poi evolse nei primordiali animali costretti a divenire lentamente sempre più senzienti. Le antiche cronache del Mahabharata elencano addirittura alcuni nomi dei re Serpenti: “O Sauti, non hai ancora rivelato i nomi dei primi Naga che abitavano Terra. Sono ansioso di conoscere i loro nomi. Sauti disse rispose: ora ti rivelerò i nomi dei loro Re: Il primo fu Sesha, a lui seguì Vasuki, poi Airavata, Takshaka, Karkotaka, Dhananjaya, Kalakeya, il serpente Mani, Purana, Pinjaraka, Elapatra, Vamana, Nila, Anila, Kalmasha, Savala, Aryaka, Ugra, Kalasapotaka, Suramukha, Dadhimukha, Vimalapindaka, Apta, Karotaka, samka, valisikha, Nisthanaka, Hemaguha, nahusha, Pingala, Vahyakarna, Hastipada, Mudgarapindaka, Kamvala, Aswatara, Kalyaka, Vritta, Samvartaka, Padma, Mahapadma, Sankhamukha, Kushmandaka, Kshemaka, Pindaraka, Karavira, Pushpadanshtraka, Vilwaka, Vilwapandara, Mushikada. sankhasiras, Purnabhadra, Haridraka, Aparajita, Jyotika, Srivaha, Kauravya, Dhritarashtra, Sankhapinda, Virajas, Suvahu, Salipinda, Prabhakara, Hastipinda, Pitharaka, Sumuksha, kaunapashana, Kuthara, Kunjara, Kumunda, Kumudaksha, Tittri, Halika, Kardama, Vahumulaka, Karkara, Akarkara, Kundodara e Mahodara. Ti ho rivelato i nomi dei più importanti tra i Re Serpenti. Per non essere noioso, non rivelerò i nomi di tutti gli altri. I figli di questi Naga, insieme con i loro nipoti, sono senza numero. Rifletti sopra questa cosa (…) sappi o migliore tra gli asceti, che in questo mondo, esistono migliaia di milioni di uomo-serpente". Addirittura è descritta la loro dimora in alcuni versi: “Utanka camminava lungo una strada, quando accaldato decise di fermarsi per bagnarsi in un fiume. Quando vide uno strano essere che privo di vestiti gli si avvicinava. Questo, come fosse fatto di vapore, appariva e spariva in continuazione. All’improvviso quell’essere rubò degli oggetti preziosi che Utanka portava con sé. Uscito dall’acqua, inseguì il ladro. Lo raggiunse, lo afferrò, ma improvvisamente, questo lasciò il corpo umano ed assunse la sua vera forma, egli era un uomo-serpente. Senza perdere tempo quell’essere entro in una grotta e si diresse verso la propria dimora. Utanka, deciso ad afferrare il ladro, lo seguì e nel sottosuolo, scorse l’estesa regione dei Naga, vide centinaia di palazzi, torri, case con il tetto a cupola, portali, archi, strade e luoghi di ritrovo e divertimento”. Sembra assurdo ma lo stesso James Churchard, uno studioso di antichi continenti scomparsi, afferma che alcune tavolette da lui trovate in un monastero indiano rivelano che esseri serpentiformi, “i Naga”, vissero realmente in Tibet e in Asia, ed è per questo probabilmente che anche la storia cinese attribuisce alla Dea Nu Kua, meta drago, meta donna, forse la stessa madre dei Naga, Kadru, la creazione dei primi uomini. Lo stesso antichissimo testo cinese dell’I King, rivela che draghi e uomini un tempo vivevano in armonia fino ad accoppiarsi tra loro. Michael Mott in un suo libro riporta, a proposito, questo strano racconto: “Mimoto non vide mai più il suo amante-drago ma diede alla luce un bimbo ibrido che chiamò Akagire Taro, o Figlio Screpolato. Questo nome era dovuto al fatto che la sua pelle era spaccata, rugosa e squamosa come quella di un rettile. Da qui l'antica leggenda si fonde con la storia poiché un diretto discendente di Akagire Yataro, nome con il quale il figlio divenne noto in età adulta, era un membro del clan Genji chiamato Saburo Ogata, che si vantava di avere squame sul corpo, come ce le avevano avute i suoi antenati prima di lui”.

       
La prima foto a sinistra rappresenta il dio Vishnu in un’opera del tempio induista del Nepal chiamato “Pashtupatinath”, vicino Katmandu. Vishnu era una delle tre parti supreme dell’esistenza, le altre erano Shiva dio di distruzione, foto centrale (Нагешвара Махадева) e Brahama, dio di creazione, pnultima foto a destra (interno del tempio di Brama). Sembrano deità raffiguranti quei Elohim o Vigilanti citati da Enoch, coloro che peccarono e si accoppiarono con le figlie degli uomoni.

           

LOCAZIONE IPOTIZZATA DI AGARTHI, E IL MISTERUISO CANDELABRO DELLE ANDE COLLEGATO AL DIO NETTUNO E AL DIO SHIVA

10° VISITATORI DALLO SPAZIO TRACCE E RACCONTI

Un contatto di entità minore, con altri esseri, che si sarebbero congiunti con umani, quindi intervenendo geneticamente, ci viene da una scoperta interessante che fu fatta nel 1938, tra la Cina e il Tibet. In una caverna delle montagne di Bayan kara Ula, da una spedizione archeologica cinese capeggiata da Chi Pu - Tei, furono trovati 716 dischi di litio di granito, con un’alta concentrazione di cobalto e di altri metalli, datati 10.000 a.C., nei quali sono incisi dei simboli lungo una spirale che racconterebbero la storia di un popolo a noi ignoto e loro artefice. Assieme ai dischi furono trovate 716 tombe e degli strani piccoli scheletri con una testa sproporzionata. L’archeologo Karil Robin Evans che recatosi nel sito, intervistò il capo della tribù locale dei Dzopa, si senti riferire che il loro pianeta natale era Sirio, da dove sarebbero venuti 20.000 anni prima gli alieni loro progenitori e che nel 1014 a.C. un’altra spedizione degli stessi rimase bloccata nel nostro pianeta, dopo che alcune astronavi precipitarono. La cosa strana è che i Dzopa erano alti circa 1.30 m., non erano né cinesi, né tibetani e gli esperti non riuscivano ad accertarne il loro ceppo etnico. Nelle leggende locali si tramandava la tradizione che narrava di uomini bassi, con teste nodose, senza capelli e di colorito giallo, che erano discesi dalle nubi molto tempo prima. Un disco simile ai dischi sopra citati fu trovato anche a Festo a Creta e fatto risalire a 2.000 a.C., anch’esso con enigmatici simboli simili a quelli preistorici brasiliani, tra i quali sette protuberanze, simbolo ripetuto più volte, che rappresenterebbe le Pleiadi. Su questo disco alcuni ipotizzano, invece, che si tratti la narrazione di un corpo celeste caduto sulla terra. Altri enigmatici ma grandi dischi con funzioni probabilmente di mappatura astrale o di suddivisione sotterranea furono trovati a Marajò, un isoletta del Rio delle Amazzoni, divisi in sei settori rappresenterebbero chissà quale mistero. Per i Celti la ruota, o spirale, rappresentava la creazione e la rotazione delle stelle che apparivano nel cielo notturno, queste ruotavano attorno alla Stella Polare che indicava per loro il Paradiso, meta delle anime che vi ascendevano lungo la spirale delineata dalle stesse stelle, la spirale continua rappresentava una ciclicità, usata anche per misurare i cicli stagionali, che rapresentava nello stesso tempo l’inizio e la fine, inoltre rappresentava la strada da seguire per trovare la “luce interiore” come rappresenterebbe la pietra d’ingresso del tumulo di Newgrange. Un altro interessante racconto simile ad Agarthi che più avanti approfondiremo, ci viene dalla mitologia celtica e accettato “cristanamente” dalla visione di S. Patrizio nel suo dialogo con il fantasma di Caeilte del Fianna visto uscire nella grotta di Cruachan. Si racconta degli immutabili e risplendenti “Thutha Dè Danann”, che sconfitti dai figli di Mil, conquistatori dell’Erire nella quinta invasione d’Irlanda, furono costretti ritirarsi nelle colline cave presso i monti Sidhe situati sottoterra dove vivrebbero ancora tutt’oggi; di questi semidei chiamati per l’appunto “Sidhe, o Sluagh Sidhe”, si dice che siano guardiani dei laghi irlandesi e lì si vedrebbero camminare sul terreno dopo il tramonto, a volte apparirebbero come bellissime donne che pare s’accoppino con gli umani per generare stirpi di eroi, possiederebbero armate magiche che viaggiano attraverso l’aria di notte, rapendo nei loro viaggi i malcapitati mortali. Racconti questi legati a quegli antichi dei come il dio del mare Manannan Mac Lir che a quanto pare poteva mutare e viaggiare su una nave senza vele comandata solo con il pensiero e si aggirava nel antico popolo aiutandolo nelle sue imprese, o il Re Bran sceso da un veicolo che non sfiorava mai l’acqua, forse quella ruota o meglio “Roth Ramrach” che portava più di mille persone. Nel terzo capitolo del libro di Krsna dove si racconta dei canti rivolti al Dio dagli abitanti dei pianeti Gandharva e Kimara, si narra di esseri chiamati, guarda caso, proprio con un nome similare ai Sdhe, cioè Siddhaloka e i Carapa, che potrebbero essere benissimo gli Sarapa “Angeli Serafini”, infatti, si narra che dai loro pianeti celesti gli angeli e le loro compagne, a cui erano unite le Aspara, aprirono le danze in onore di Krsna mentre altri saggi e deva versavano piogge di fiori. A questi racconti si possono associare altre mitiche figure come “le fate, i ghoul, le ninfe greche, o spiriti dei boschi”, che il professore di Cambridge,Tom Lethbridge, nel suo libro, “Ghost and Divining Rod”, ipotizza siano solo fenomeni “riflessi” di registrazione di immagini dovuti a “campi elettrostatici”, cioè “campi elementali” provocati dai pensieri e dai desideri degli individui, campi che suddivide in “campi delle naiadi”, relative alla registrazione dell’acqua, e “campi delle driadi”, relative alle registrazioni dei boschi, una sorta di allucinazione, una “proiezione mentale”, ricollegabile alla teoria psicometria concepita per i poltergesit. Ma questo, come afferma anche lo stesso Lethbridge per alcune sue strane esperienze, non risolve tutti i casi di avvistamento, o di incontri con altri esseri definiti in qualche modo “fantasmi, demoni, angeli”, ecc.. In effetti, se andiamo a leggere alcuni versi del “libro dei Vigilanti”, anche Enoch, parla di esseri risplendenti e di “colline sotterranee”, qui riservate per le punizioni inflitte da Dio ai Vigilanti impuri di Semeyaza, che si accoppiarono con le figlie degli uomini generando i malvagi giganti, in merito Enoch riferisce: “Il Signore disse a Michele: Annunzia a Semeyaza  ed agli altri che, insieme con lui si unirono con le donne per corrompersi, con esse, in tutta la loro impurità: quando tutti i loro figli si trafiggeranno a vicenda, e quando vedranno la morte dei loro cari, legati per settanta generazioni sotto le colline della terra fino al giorno del giudizio e della loro fine, fin quando si compirà l’eterno giudizio. E allora li porteranno nell’inferno di fuoco e saranno chiusi, per l’eternità, in tormenti e in carcere”. (X, 11-12-13); nel capitolo (XXVI, 1-2-3) inizia il viaggio in questo mondo sotterraneo che porta Enoch nel “Giardino di Giustizia” , o meglio nel Paradiso Terrestre ove vi trova terreno fertile con alberi da frutta, tra i quali “l’Albero della Conoscenza” descritto come un albero simile ad un carrubo e con frutta simile all’uva. Questo viaggio inizia così: “E di là andai al centro della terra e vidi un luogo benedetto e fertile con rami all’interno che continuavano a germogliare dall’albero che era stato tagliato. E di colà vidi un monte santo e, sotto di esso, verso il suo oriente, acqua il cui scorrere era verso nord, e vidi verso oriente, un altro monte, alto come l’altro e fra essi un profondo burrone…(XXVI, 1-2-3)”, nel capitolo (XXXII, 1-2-3-4-5-6) si legge: “E dopo questi profumi, mentre guardavo a settentrione, sui monti, vidi sette monti pieni di spighe bellissime ed alberi odoriferi, cinnamomo e pepe. E di colà andai sulla cima di quei monti, lontano; a oriente, attraversai il mare di Eritrea; mi allontanai da esso e passai sulle spalle dell'angelo Zutiele. E giunsi nel giardino di giustizia e vidi la varietà di quegli alberi, molti e grandi. Fiorivano colà, dal bel profumo, grandi, dalla molta bellezza, magnifici e l'albero della conoscenza da cui, mangiando, si aveva grande saggezza. E sembrava un carrubo e il suo frutto era come uva bellissima e il profumo di quell'albero andava ed arrivava lontano. E dissi: "E' bello quest'albero. E come É bello ed allegro il suo aspetto". E mi rispose l'angelo santo, Raffaele che stava meco: "Questo É l'albero della conoscenza da cui mangiarono tuo padre antico e tua madre antica che ti hanno preceduto ed hanno appreso la sapienza, si aprirono i loro occhi, seppero che erano nudi e furono scacciati dal giardino.
Altra storia ce la rivelano i Navaho Paiate, essi raccontano che Tomescha è abitata nel sottosuolo dagli Hav-musuvs che viaggiano a bordo di canoe volanti, essi sono vestiti di bianco e possiedono armi a forma di tubo, capaci di stordire, armi simili, le troviamo accennate anche in altri testi, vedi: “Nel regno di Saba, ultimo paese archeologico” di G. Mandel, che riporta tradizioni leggendarie arabiche ed islamiche in cui si parla di armi come laser, atomiche e battaglie combattute con regni africani e asiatici come il Tibet, la stessa cosa nelle narrazioni della mitica Atlantide. Il Candelabro delle Ande citato prima, ricorda Schiva e il tridente simbolo di Nettuno, il sovrano di Atlantide, ed è una scultura alta 240 metri che si trova nella scogliera a Pancas in Perù, luogo dove sono state ritrovate le famose “Pietre di Ica”, di andesite, risalenti a 80 milioni di anni fa e incise millenni or sono da una civiltà ignota che rappresentò in esse figure di dinosauri, scene di lotta con animali preistorici, ed elementi anacronistici come: cannocchiali, macchine volanti, atlanti , ecc.; che gli studiosi ritengono raffigurino l’evoluzione del genere Homo da forme di vita diverse tra cui i rettili e anfibi modificati geneticamente da extraterrestri. Teoria questa, avanzata anche per i Rapa Nui dell’isola di Pasqua, che attenderebbero gli uomini dalla pelle bianca venuti dalle stelle, Il dio Make-Make viene ricordato con: “uomini uccello simili alle sirene uccello di Ulisse nell’Odissea di Omero, uomini lucertola simili al dio dei maya Itzamma, uomini pesce simili all’Oanes babilonese, al greco mito di Tritone figlio di Poseidone, alle sirene citate per la prima volta nel trattato irlandese De monstris del VI secolo e addirittura uomini insetto”, sembra quasi il repertorio di una serie di tipologie aliene avvistate e divulgate nei nostri giorni da alcune riviste specializzate, vedi alieni: retiliani, insettoidi, ecc..
A queste enigmatiche figure appartiene anche la dea egizia Neith, personificazione del “caos”, considerata anteriore agli dei, il suo culto risale a 7000 anni fa, ed è rappresentata anch’essa con la testa di uccello. Mr. Bonwick, nel suo libro sulla fede egizia, scrive che Nout è la Grande Madre, divinità femminile dalla quale procedono tutte le cose, sempre per gli egizi lo è stata anche Isis, la regina venuta dall’Etiopia che per il suo giusto agire e i suoi insegnamenti avrebbe ottenuto, dopo la morte ossequio divino, quell’ossequio che per gli uomini divenuti dei non fu più dimenticato ma travisato. “Uomini Uccello” portatori di fuoco, “che potrebbero solo indicare esseri venuti dal cielo”, li ritroviamo anche in america  dove ancora oggi esiste il “gioco del Volador”, uomini legati con una corda a una caviglia che si lanciano da un estremità di un palo e girano fino a toccare terra. Tra gli indiani Hopi, si pratica in loro ricordo una danza del fuoco, dove si portano due dischi dietro la schiena, come nelle misteriose rappresentazioni delle statue “dell’uomo aquila”, di Tula e Tiahunaco in Messico. Un culto “stellare” questo, iniziato a loro dire, con la razza Akhu, “Uomini Uccello” che portarono loro, la “Pietra della profezia” che anticiperebbe una futura catastrofe, dopo aver predetto fatti storici già accaduti. Ricordo che un futuro evento catastrofico è profetizzato in molti testi e culture, ed è legato all’apparizione di una stella, vedi il Sepher Zohar cabalico, (il libro dello splendore), gli Oracoli Sibillini che profetizzarono il Cristo, le storie profetiche della cultura Maya, ecc.. Questi “esseri”, sempre secondo gli Hopi, scesero “nel tempo della creazione”, dove la “Donna Bisonte Bianco” comparve per istruire il loro popolo, per qualche motivo cosmico. Mito questo, ricollegabile con ”La Dea Bianca”, simbolo di fertilità per i popoli dell’Africa e degli aborigeni australiani. Quest’ultimi, tra l’altro, credono che il terriccio rosso delle loro terre, sia il sangue sparso della luna quando diede vita alla terra, e “adamah” significa anche “argilla rossa“, ricordo, come ho già detto, che c’è chi sostiene, che un tempo c’erano più lune orbitanti attorno alla terra”. Un altro culto della Dea Bianca è tuttora praticato dalla società esoterica del “Priorato di Sion”, anche i Celti adoravano anticamente una figura materna, ancora prima che arrivassero i cristiani in Galia. “La Dea Terra o Grande Madre che ci vigila, che ci dona e che ci toglie” da 25.000 anni fu sempre venerata come madre degli esseri viventi e rappresentata svariatamente, vedi la venerata Maka nella cultura maya, l’orribile rappresentazione dell’azteca Coatlicue, rappresentata in una statuetta rinvenuta in Mexico con la testa formata da due serpenti che si affrontano e una collana con teschi e mani mozzate, simile è la dea dravidica hindu, Durga Le Kali, sorella di Visnu, vedi la sumera Ishtar e l’ebrea Lilith, o la triplice dea greca della fertilità e regina degli spetri,  “Artemide, Diana, Ecate,” e la figlia Aradia, la celtica Dana o “Danu” e Morrigan, immagini queste, tese forse a rappresentare quella dualità sole-terra che originerebbe la “Vita”. Oggi le si possono collegare le molteplici “apparizioni mariane”, legate spesso ad entità con poteri telepatici, vedi il caso di “Fatima” ed altre “manifestazioni eteree” che sembrano un “manifestarsi della natura” per la propria sussistenza.“L’uomo uccello”, lo ritroviamo ancora tra i Chippewa e i Sioux; narrano che il dio “Wakon” arrivò a capo di molti Uccelli del Tuono. Gli indios Waikano invece, parlano di canoe rotonde come gusci di tartarughe. I Karibi parlano di un uomo dai grandi poteri arrivato con la veste bianca a bordo di vascelli volanti. Itzamma da itzmen cioè “lucertola”, il dio della cultura degli Itza in Messico è raffigurato in un bassorilievo che lo mostra emergere da un guscio di tartaruga, “forse una astronave”, il suo simbolo era la croce. Ad Acanbaro, sempre in Messico furono trovate, in una zona abitata anticamente dagli enigmatici Maraschi, delle statuette rappresentanti ancora dinosauri; queste attraverso analisi con il metodo della termoluminescenza, nel 1972, furono fatte risalire al 2.500 a.C. Alla civiltà precolombiana di Ica, fatta risalire azzardatamene, da 60 a 100 milioni d’anni fa, sono associate, come afferma il professor Javier Darma Cabrera, le famose raffigurazioni delle “piste” Nazca, tra l’altro simili al celebre simbolo di salvezza hindu e celtico, del “Cavallo Bianco” in Inghilterra; queste sono apprezzabili solo a 300 metri di altezza e raffiguranti animali e forme geometriche, interpretate da alcuni anche come spazioporto per le Pleiadi servito per sfuggire all’evento catastrofico terrestre avvenuto circa 60 milioni di anni fa. Se leggiamo le interpretazioni date ai petroglifi delle civiltà precolombiane descritte da Quixe Cardinale nel suo libro “il Ritorno delle Civiltà Perdite 1969”, non sembrerebbe poi un ipotesi così assurda; basti pensare al monolite, o pietra commemorativa: “Teocalli della Guerra Sacra”, raffigurante una piramide senza punta con sopra un disco, interpretato non come calendario, ma descritto come disco volante con tanto di propulsori; pare infatti che fosse una forza centrifuga, una sorta di vortice artificiale a creare il campo elettromagnetico sostenitore di questi fantomatici veicoli spaziali.
Cabrera afferma che la datazione relativa all’Homo Sapiens andrebbe retrodatata di milioni di anni, ne sarebbero prova le stesse raffigurazioni di Ica, è non è un caso che nel 1989 proprio in Perù nello stesso luogo delle pietre di Ica fu ritrovata dal dott. F. Jimenez Del Oso, una colonna vertebrale umana, fossilizzata accanto a dinosauri entrambe vecchi di 100 milioni di anni. Alla stessa civiltà è stato attribuito il Gigante Cileno di Cerro Unitas, simile ad un robot e L’uomo Civetta di Nazca, rappresentato con un casco da cui dipartono raggi, e la “Porta del Sole “ di Tiahunaco in Bolivia, che narrerebbe la mitica storia di “Orejona”. Orejona sarebbe arrivata da Venere nell’isola del sole, sul lago Titicaca, circa cinque milioni d’anni fa, a bordo di un’aeronave. Orejona è descritta con la testa conica, grandi orecchie e mani palmate a quattro dita, essa avrebbe messo al mondo al mondo 70 figli accoppiandosi con un tapiro, che avrebbero successivamente dato origine alla razza terrestre. Gli “Uros” boliviani, infatti, affermano di essere un popolo più antico degli Incas, esistente prima di To.Ti.Tu., il padre del cielo che creò gli uomini bianchi; dicono di avere il sangue nero e di provenire da un altro pianeta. Questa storia è associabile alle leggende mesopotamiche degli “Oannes”, uomini pesce, dei Kappas giapponesi e dei Dogon africani del Mali, ai quali si riconosce conoscenze astronomiche a loro impossibili, come ad esempio, la conoscenza di Sirio B, visibile solo con un telescopio. Il loro dio anfibio Nommo sarebbe giunto da Sirio sulla terra a bordo di un’arca piena d’acqua, un vascello simile alla fiamma che si spegneva quando toccava terra; i Dogon narrano che Nommo divise il suo corpo per nutrire gli uomini, fu crocifisso su un albero per poi risuscitare “come Osiride e Gesù”. Stessa cosa per gli egizi, che raccontano di Seiren, l’uomo pesce giunto da Serios, “Sirio”, suo compagno era l’oscuro Anubis; per gli egizi era Sothis, “Sirio” che regolava il Nilo, per questo si ritiene che conoscessero anche loro, la binarietà di Sirio espressa mitologicamente per l’appunto nelle leggende come quella di Iside e Nefty, anzi mi sembra che conoscessero addirittura le forze che legano il nostro sistema a Sirio, che oggi gli scienziati stanno rivelando. Nel nord della Siberia, assieme a resti di mammut, furono ritrovati seicento scheletri con cranio macrocefalo, nove dita e piedi palmati, che gli esperti hanno fatto risalire a 30.000 anni fa e ritenuti visitatori provenienti da Venere.

    
La prima foto rappresenta un’antica stele sumerica in cui è raffigurato il dio Oannes ricoperto dalla pelle di pesce, un dio che proveniva dal mare del Golfo Persico e che insegnò le scienze ai popoli di Sumer. Le successive sono foto di dettagli della stessa stele che mostrano oggetti volanti associabili agli odierni ufo.


  

Mesoamerica, bassorilievo diTenochititlan che raffigura “Uomini Aquila”. A fianco un panello scolpito nel tempio di Palenque, i geroglifici narerebbero la discendenza mitica e storica del governatore Chan Bahlum che regnò dal 684 al 702 d. C., (tratto da Incident of Travel). Notare le somiglianze  dei bassorilievi oltre oceano con il particolare centrale della stele mesopotamica.





                    
 
Le misteriose linee Nazca apprezzabili solo dall’alto e un calendario azteco





















11° RICORDI DI ATLANTIDE

Tihaunaco era chiamata anticamente Chucara, che significa “dimora del sole” in essa si penetrava da gallerie oscure che sbucavano all’interno dove vi risiedeva una razza dalla pelle bianca, pare vi esistesse un padre di tutte le cose chiamato “Mut, o Mout”, un dio considerato signore del tuono e del fulmine, rappresentato con quattro dita, deità simili a quelle riscontrate in amazzonia. Raffigurazioni di un tipo di animale proboscidato ormai estinto, analizzate dagli studiosi con il “metodo del radiocarbonio”, hanno supportato la convinzione che la città di Tihaunaco risalga a circa 12.000 anni fa. C’è chi sostiene addirittura che sia la mitica Atlantide, dimora della quarta razza madre, narrata nel Timeo e nel Crizia di Platone nel 430 a.C. circa, che trasse ispirazione da Solone e Dionisio di Mileto, che a loro volta ne vennero a conoscenza attraverso delle tavole conservate nel tempio di Sais in Egitto. Atlantide a quanto pare fu un luogo dove si istituì un culto solare e che fu distrutto da una catastrofe circa 9.000 anni fa. Ecco alcuni estratti tratti dal Timeo di Platone, 1° estratto: "Solone, Solone, voi Greci siete sempre bambini, e non esiste un Greco vecchio". E Solone, dopo aver ascoltato, chiese: "Come? Che cos'è questa cosa che dici?" "Siete tutti giovani", rispose il sacerdote, "nelle anime: infatti, in esse non avete alcuna antica opinione che provenga da una primitiva tradizione e neppure alcun insegnamento che sia canuto per l'età. Allora uno dei sacerdoti assai vecchio disse: E questa è la ragione. Molte sono e in molti modi sono avvenute e avverranno le perdite degli uomini, le più grandi per mezzo del fuoco e dell'acqua, per moltissime altre ragioni altre minori.
Quella storia che presso di voi si racconta, vale a dire che un giorno Fetonte, figlio del Sole, dopo aver aggiogato il carro del padre, poiché non era capace di guidarlo lungo la strada del padre, incendiò tutto quel che c'era sulla terra, e lui stesso fu ucciso colpito da un fulmine, viene raccontata sotto forma di mito, ma in realtà si tratta della deviazione dei corpi celesti che girano intorno alla terra e che determina in lunghi intervalli di tempo la distruzione, mediante una grande quantità di fuoco, di tutto ciò che è sulla terra.
Allora quanti abitano sui monti e in luoghi elevati e secchi muoiono più facilmente di quanti abitano presso i fiumi e il mare: e il Nilo, che ci è salvatore nelle altre cose, anche in quel caso ci salva da quella calamità mediante l'inondazione.
Dunque queste vostre genealogie che hai ora esposto, Solone, sono poco diverse dalle favole dei bambini, perché in primo luogo voi ricordate un solo diluvio della terra, mentre in precedenza ve ne sono stati molti (in particolare, gli ultimi due), e in secondo luogo non sapete che nella vostra regione, presso di voi, ha avuto origine la stirpe più onorevole e più nobile di uomini, dai quali provenite tu e tutta la città che adesso è vostra, essendo allora rimasto un piccolo seme; ma voi lo ignorate perché i superstiti per molte generazioni morirono muti per non conoscere le lettere.
In quel tempo, Solone, prima dell'immane rovina causata dalle acque, la città degli Ateniesi era la migliore in guerra e, soprattutto, sotto ogni punto di vista, era governata da ottime leggi: ad essa si attribuiscono le imprese più belle e le costituzioni migliori fra quelle di cui noi abbiamo accolto la tradizione sotto il cielo".
2° Estratto: Dopo aver ascoltato queste parole, Solone disse di meravigliarsi e di pregare con fervore i sacerdoti di esporgli con esattezza il seguito delle storie riguardanti i suoi antichi concittadini.
Il sacerdote rispose: "Non vi è nessun problema, Solone, ma parlerò per te e per la vostra città, e soprattutto in onore alla dea che ebbe in sorte la vostra e questa città, e le allevò ed educò, per prima la vostra mille anni fa, ricevendo il vostro seme da Gea ed Efesto, e in seguito questa città qui.
Per quanto riguarda l'ordinamento di questa nostra città, nelle sacre scritture, vi è scritto il numero di ottomila anni.
Quindi riguardo ai cittadini vissuti novemila anni fa ti mostrerò brevemente le leggi, e l'impresa più bella che essi compirono: un'altra volta con maggior precisione te le spiegherò tutte con maggior tranquillità, una dopo l'altra, ricavandole dagli scritti stessi.
3° Estratto: Allora infatti quel mare era navigabile, e davanti a quell'imboccatura che, come dite, voi chiamate colonne d'Ercole, aveva un'isola, e quest'isola era più grande della Libia e dell'Asia messe insieme: partendo da quella era possibile raggiungere le altre isole per coloro che allora compivano le traversate, e dalle isole a tutto il continente opposto che si trovava intorno a quel vero mare.
Infatti tutto quanto è compreso nei limiti dell'imboccatura di cui ho parlato appare come un porto caratterizzato da una stretta entrata: quell'altro mare, invece, puoi effettivamente chiamarlo mare e quella terra che interamente lo circonda puoi veramente e assai giustamente chiamarla continente. In quest'isola di Atlantide vi era una grande e meravigliosa dinastia regale che dominava tutta l'isola e molte altre isole e parti del continente: inoltre governavano le regioni della Libia che sono al di qua dello stretto sino all'Egitto, e l'Europa sino alla Tirrenia.
Tutta questa potenza, radunatasi insieme, tentò allora di colonizzare con un solo assalto la vostra regione, la nostra, e ogni luogo che si trovasse al di qua dell'imboccatura. Fu in quella occasione, Solone, che la potenza della vostra città si distinse nettamente per virtù e per forza dinanzi a tutti gli uomini: superando tutti per coraggio e per le arti che adoperavano in guerra, ora guidando le truppe dei Greci, ora rimanendo di necessità sola per l'abbandono da parte degli altri, sottoposta a rischi estremi, vinti gli invasori, innalzò il trofeo della vittoria, e impedì a coloro che non erano ancora schiavi di diventarlo, mentre liberò generosamente tutti gli altri, quanti siamo che abitiamo entro i confini delle colonne d'Ercole.
Dopo che in seguito, però, avvennero terribili terremoti e diluvi, trascorsi un solo giorno e una sola notte tremendi, tutto il vostro esercito sprofondò insieme nella terra e allo stesso modo l'isola di Atlantide scomparve sprofondando nel mare: perciò anche adesso quella parte di mare è impraticabile e inesplorata, poiché lo impedisce l'enorme deposito di fango che vi è sul fondo formato dall'isola quando si adagiò sul fondale".
Queste parole che hai ascoltato, Socrate, riassunte per sommi capi, sono quelle pronunciate dal vecchio Crizia, secondo la versione dì Solone: mentre ieri tu parlavi dello Stato e degli uomini che delineavi, rimanevo meravigliato richiamando alla memoria proprio le cose che ora ho raccontato e osservando che per una incredibile coincidenza avevi in gran parte perfettamente aderito con quelle cose che disse Solone.
Tuttavia non volli parlare in quel momento perché a causa del tempo trascorso non me le ricordavo abbastanza. Pensai allora che, prima di parlare, sarebbe stato meglio riprendere con esattezza tutto quanto dentro di me.
Per questo motivo accettai subito le cose che mi erano state ordinate di dire, pensando che avremmo convenientemente superato quella che è la più grande difficoltà in tutte le discussioni di questo genere, vale a dire l'esposizione di un racconto che si adatti agli scopi proposti.
Così , come costui diceva, ieri, non appena uscii di qui, riportai a costoro le cose che mi ricordavo, poi, congedantomì e riflettendo con attenzione durante la notte, ho richiamato quasi tutto alla memoria. E proprio vero quel che si dice, e cioè che quanto si apprende da bambini si ricorda in modo mirabile.
Infatti ciò che ho udito ieri, non so se sarei in grado di richiamarlo di nuovo tutto alla memoria: quanto invece a queste cose che ho ascoltato già da molto tempo, mi meraviglierei assai se qualcosa di esse mi fosse sfuggita. Io in quel tempo le ascoltavo con molto piacere e come un passatempo, e il vecchio volentieri mi insegnava mentre io lo interrogavo di frequente, sicché mi sono rimaste impresse come pitture indelebili a fuoco: a costoro subito dissi fin da questa mattina queste stesse cose, perché avessero abbondanza di discorsi insieme a me.
Ora dunque, ed è la ragione per cui è stato detto tutto ciò, sono pronto a riferire, Socrate, non soltanto per sommi capi, ma ciascuna cosa proprio nel modo in cui l' ho ascoltata: quanto ai cittadini e alla città che tu ieri ci hai delineato come in una favola, ora trasferendoli nella realtà, li metteremo qui, come se quella città fosse proprio questa, e diremo che i cittadini che hai mentalmente rappresentato sono quei nostri reali progenitori di cui ha parlato il sacerdote.
Prima di Platone, di Atlantide, ne parla Esiodo, che nacque nel 700 a. C., nella sua Teogonia, 938 dove designa con l’aggettivo “atlantide Maia”, in quanto figlia del titano Atlante “dal cuore violento”, Teogonia 509. Quasi contemporaneamente ne parla anche Omero (Odissea I, 53 e VII, 245) dove dice che anche Calipso è figlia del “terribile Atlante”; Erodoto nato nel 480 a.C. “Nelle Storie I, 203” scrive: “Il Caspio è un mare a sé, che non comunica con l’altro, poiché nell’insieme, il mare che percorrono con le loro navi i Greci, quello che è chiamato Atlantico oltre le Colonne d’Ercole e quello Eritreo costituiscono un mare unico,” quindi probabilmente ci si riferisce al mar Nero. Guarda caso proprio nel Mar Nero dove recentissimamente, a 91 metri di profondità, sono stati individuati dal ricercatore Robert Ballard, i resti di un insediamento risalente addirittura a prima del Neolitico che confermerebbero anche il fantomatico Diluvio biblico, almeno secondo gli studi sugli strati geologici riportati dall’ingegnere Hans Joachim Zillmer nel suo libro ”L’Errore di Darwin”. Ciò che incuriosisce, sono le ricerche effettuate da Walter Pitman e Bill Ryan sul fondo del Mare e che nel 1999 portarono alla scoperta di strati argillosi di piante legnose ed erbe, materiale organico per il quale è stato possibile applicare le tecniche di datazione con il metodo del radiocarbonio, e dai vari carotaggi sembra indicare un’unica datazione di 7.540 anni e ciò comproverebbe solo un rapidissimo cataclisma, ed infatti anche gli scienziati della Birmingham University, dopo aver ricostruito il paesaggio locale per mezzo dei computer, sono convinti che circa 10,000 anni or sono, l’intero fondo del Mar Nero era una valle rigogliosa, abitata dagli antenati degli europei. Inoltre, sempre sul fondo del Mar Nero nella parte nord orientale del Caucaso russo, sono state rilevate altissime concentrazioni di materiali radioattivi come cesio 147 e stronzio 90 che gli studiosi attribuiscono alla catastrofe nucleare di Cernobyl dell'aprile 1986, ma è da vedere quali sono le vere correlazioni, potrebbe essere il residuo di un esplosione atomica avvenuta millenni fa. Erodoto “Nelle Storie VI,184” descrivendo la regione desertica sahariana del Fezzan (Libbia sud occidentale), ci ricorda che gli indigeni chiamano Atlante una montagna altissima e si definiscono loro stessi atlanti, scrive: ”il ciglione sabbioso si estende fino alle Colonne d’Ercole e anche oltre,” dove un tempo si credeva che Atlante sostenesse la volta del cielo. Questo, a mio parere, avallerebbe la teoria di studiosi e scrittori come Qiixe Cardinale, che nel suo libro “il Ritorno delle Civiltà Perdute”, sostiene che l’Africa era parte dell’antica Atlantide che esplosa, avrebbe originato l’odierno Sahara. Le sculture di Tassili in Algeria, le misteriose piccole sfere metalliche ritrovate ad Ottosdal in Sudafrica, le misteriose figure e i petroglifi rimasti, rappresentano assieme alla sabbia, ciò che resta di città come Jabbaren e Sefar, che in un tempo preistorico erano immerse in una lussureggiante terra tra olivi e cipressi; infatti vi troviamo rappresentati grandi personaggi stilizzati dalla testa rotonda, scene di vita quotidiana, pastori con mandrie al pascolo, scene di caccia con guerrieri armati di arco e frecce e figure enigmatiche che rievocano strani esseri mitologici, o ricordano gli odierni corredi spaziali. Altri resti d’un antica civiltà, attribuiti ad Atlantide, sono stati trovati sui rilievi sottomarini oltre lo stretto di Gibilterra, (Azzorre). Sempre riguardo alla locazione della civiltà atlantidea, alcuni studiosi sostengono che sia situata sul fondo del enigmatico “Triangolo delle Bermuda”, meta di strane scompare, avvistamenti e di esperimenti su strane energie di occultamento condotte da militari americani. Al largo dell’isola di Bimini, infatti, esistono rovine di una sconosciuta città sommersa; di recente una scoperta analoga è stata fatta anche dai giapponesi poco distante dall’’isola di Yonaguni, alcuni credono siano i resti di Mu, il continente scomparso. Altri esploratori ancora, invece, sostengono che sia sotto i ghiacci del Polo Nord, o nell’Antartide, o nell’isola di Cantorini nell’Egeo ecc.; comunque quello che si presuppone generalmente, è che questo regno anti-diluviano, fosse un tempo retto da una confederazione, che governava non solo l’isola, oltre le Colonne d’Ercole, ma anche l’Africa, l’Egitto, l’Europa, compresa l’Italia. Non a caso sempre più, affiorano tracce di una o più civiltà pre-diluviane; inoltre molti popoli ritengono Atlantide origine delle loro vestigia, per esempio i maya e gli aztechi dicono di provenire da un continente chiamato Aztlan, i vichinghi da Atli, i Baschi da Atlaintika, gli indiani da Attala e così via. Atlantide probabilmente, era una civiltà avanzata, basti ricordare gli enigmi e reperti come quelli già citati e altri rinvenuti oltre oceano, come la stele Olmeca di Cerro de la Cantera, che rappresenterebbe un'astronave, o il misterioso teschio di cristallo attribuito ai Maya, realizzato con tecniche allora quasi impossibili e che sembra nascondere un sapere arcaico, nonché addirittura energie curative, la pila di Baghdad vecchia di 2000 anni, o gli oggetti definiti “non terrestri”, in una lega di dodici metalli, trovati nel 1974 alla profondità di 10 metri sul sedimento d’un fiume, ad est di Aiud in Romania, assieme ad ossa di mastodonte, vecchi di alcuni milioni di anni, tra il miocenico ed il pliocenico, o il martello ritrovato a Kingoodie, dentro l’arenaria fatta risalire a 360-460 milioni di anni fa, o la collana d’oro trovata a Taylorville o Pana, a sud ell’Illinois dentro il carbone risalente a 260- 320 milioni di anni fa, come afferma un articolo del Morrisonville Times dell’undici giugno 1891, o ancora il muro di mattoni levigati lungo 130 metri rinvenuto in una miniera di carbone di 286 milioni di anni, scoperto a nord di Heavener in Oklahoma; e molti altri che sono tuttora allo studio della Paleoastronautica.


                                                


Perù. Un altro teschio alieno riportato alla luce. (Palenque)                                                  Il martello di Londra esposto oggi nel Creation Evidence Museum a Glen Rose.                                    Messico. Scoperto un altro teschio alieno.              Uno degli oggetti                                ritrovati ad Aiud
                                                                                                                                                                                           
 kythera

Una sfera di metallo striata, ritrovata in un deposito minerale del Precambriano in una regione del Transvaal occidentale, in Sudafrica                                         Tubo metallico trovato in Francia, in uno strato di gesso vecchio di 65 milioni di anni

Il meccanismo di Antikythera costituisce una delle più interessanti e affascinanti scoperte effettuate agli inizi del secolo, per opera di alcuni pescatori di spugne, in un relitto affondato vicino l'isoletta greca di Antikythera da cui prende il nome. E' costituito da un treno di ingranaggi in bronzo a denti triangolari risalente al primo secolo a.C. racchiuso in un contenitore in legno che serviva da telaio e su cui erano fissati i quadranti anteriori e posteriori. Il meccanismo era azionato da una manovella e poteva servire sia come strumento per la navigazione sia come strumento per indagini astronomiche. Azionando la manovella il rotismo era in grado di descrivere il moto del sole e della luna attraverso le costellazioni dello zodiaco la durata del mese sinodico e la durata dell'anno lunare.
Il "mistero" consiste nel fatto che nel primo secolo a. C., simili apparecchi "non avrebbero dovuto esistere": gli studiosi di cose antiche concordano infatti nell'affermare che in quel tempo la tecnologia non era in grado di produrre apparecchiature di tale precisione. Del resto non ne avrebbe prodotte per altri sedici secoli: si pensi che bisogna aspettare fino al 1575 per ritrovare un rotismo differenziale! Nella figura 1 è rappresentato il layout basato sulle ipotesi del prof. Derek De Solla Price [1], professore di Storia della scienza presso la Yale University, mentre la figura 2 ne rappresenta la vista assonometrica. Lo scopo del cinematismo non è ancora perfettamente noto; questi potrebbe essere stato realizzato sia per ricostruire fenomeni astronomici relativi al passato e al futuro, sia per descrivere l'evolvere del moto degli astri giorno per giorno.
Foto di 2 frammenti del meccanismo >                    



  


Da sinistra le rovine al largo della piccola isola giapponese di Yonaguni, a sud-ovest di Okinawa, a fianco quelle nelle acque dell'Oceano Atlantico, al largo dell'isola di Lanzarote, nell'arcipelago delle Canarie ad ovest dell'Africa .

    
     
Alcune strane immagini africane di Tassili, Sefar, Jabbaren e Aouenrhet

12° LINEE ENERGETICHE DELLA TERRA E LE LORO NATURALI MANIFESTAZIONI

Ritornando alle correnti di energia sotterranee della mitica Agarthi citate nel capitolo precedente, chiamate anche “vene della terra”, esse ricordano i luoghi sacri delle “Vergini nere”, sparsi ovunque e ci fanno rievocare dalla mente, anche quelle linee di forze magnetiche chiamate in Cina “ Sentieri dei draghi” e in Irlanda ”Sentieri delle fate”; inoltre ricordano anche quelle antiche linee energetiche, inglesi, dette anch’esse: “Vie del Drago”, sottostanti gli antichi luoghi di culto del santuario di Avebury, del sito di Durrington Walls risalente a 4.500, a. C., del monte Tor, dove è eretta la cappella dedicata a S. Michele, ritenuta, “la porta del cielo”, del monolito di Quiberon eretto nel 4.000 a. C. in Bretagna, e del mistico complesso megalitico di Stonehenge. Il complesso di Stonehenge è una costruzione megalitica che reca molti interrogativi, è un cromlech che alcuni ritengono edificato dai mitici giganti, o da una razza altamente evoluta tesa a trasmettere un messaggio che sopravvivesse nei millenni. Non è l’unica costruzione esistente con le caratteristiche di un cromlech, altre costruzioni simili le ritroviamo in Israele, dove si erge il “Gigal Refaim”, a Carnac in Francia e a Karnak in Egitto, questo risalente, dal 3.500 al 2.800 a.C. Secondo gli studiosi queste costruzioni rappresenterebbero lo zodiaco, o forse sarebbero state destinate ad un culto solare. In Inghilterra queste costruzioni sono legate alle leggende celtiche di re Artù, Avalon (l’isola delle mele), “il re pescatore”, il “Santo Gral” e ai sacerdoti arcidruidi, che affermavano nei loro comandamenti: l’obbedienza alla legge divina, solidarietà per il benessere umano e la sopportazione con fermezza delle avversità della vita. Di loro, che si consideravano “serpenti e draghi”, simboli di saggezza, immortalità e rinascita, si dice che siano stati dotati di una soprannaturale memoria e conoscenza che si trasmettevano solo oralmente, infatti, vi esisteva solo un alfabeto divinatorio chiamato Ogham o Beth dal nome dei primi tre alberi che lo compongono: Betulla, Sorbo, Frassino, inventato leggendariamente dal dio Ogma “Viso di Sole”, che lo utilizzò per scrivere il primo messaggio Oghaman al dio Lug, uno di quei dei luminosi irlandesi discesi a civilizzare i nativi del posto, messaggio che il dio incise per l’appunto su un bastoncino di betulla. L’ultimo discendente sarebbe stato il leggendario “Mago Merlino” che tutti conosciamo. Le correnti energetiche sottostanti questi luoghi, probabilmente, hanno qualcosa a che fare con Brahama Muhurt, che dal sanscrito indica “il tempo del nettare della vita”, in pratica quando il flusso d’energia investe tutti gli esseri viventi, 96 minuti prima del levar del sole, quando i sette Chakra, dal sanscrito ruota, disposti lungo la spina dorsale favoriscono le funzioni vitali, mentali e spirituali con l’ascesa di Kundalini, l’energia che dorme alla base della colonna vertebrale. I sopraccitati siti mistici, invece, possono essere interpretati anche come punti di incontro con altri esseri e dimensioni, ipotesi avvallata nei nostri tempi recenti, poiché si manifestano fenomeni enigmatici quali i pittogrammi, che seguirebbero una complessa geometria detta “sezione aurea”, usata dagli antichi per la costruzione di luoghi sacri, fenomeno che gli sciamani sioux, anticamente, già conoscevano e interpretavano come alfabeto cosmico; comunque sempre di messaggi si tratta, che spesso sono legati anche ad avvistamenti ufo, cosa verificata e studiata da John Michell nei suoi libri “The Flyng Sancer Vision, 1967”, e “A View Over Atlantis, 1969”; casi come quelli avvenuti in Città del messico il 15 Settembre 1994; chissà, forse questo alfabeto nasconde proprio i messaggi dei nostri avi creatori, o è una manifestazione naturale che segue le sue geometrie come un semplice fiocco di neve. A tale proposito c’è chi parla disconessioni psichiche, c’è chi sostiene che questi pittogrammi siano solo artefatti umani, altri li ritengono formati da sconosciuti globi di luce, o sfere luminose con un diametro che va dai 10 ai 40 centimetri. Ma a parte queste affermazioni, un fatto curioso e avvincente che mi ha colpito più di tutti, è avvenuto proprio il 4 Luglio 2003, riportato anche dalla rivista Stargate Magazine n.13; racconta di Arthur Rantala che nella sua fattoria sita nello stato del Winsconsin avrebbe assistito al formarsi di un Crop Circles descrivendolo in questi termini: “Sembrava un lago,, le onde, il vento che soffiava, e improvvisamente apparve questo buco nero. Proprio come un buco nero, subito dopo un altro a destra e poi al centro…..So quello che ho visto, so che è stata madre natura, e nessun altro”.


      
Il pittogramma di Berwick Basset, nr Avebury, Wiltshire scoperto il 9 giugno 2001, Milk Hill, nr Alton Barnes; a fianco un altro pittogramma e particolare ravvicinato, scoperto il 13 agosto 2001 Wiltshire. Per ultimo il pittogramma con la testa di un alieno comparso vicino all'osservatorio di Chilbolton il 19 agosto 2001.






















13° L’ARRIVO DEGLI ARCONTI IN EGITTO E LE GUERRE NELLE TERRE AFRICANE

Tornando alla “creazione”, gli enigmatici egiziani la concepirono nel Dio solare Atum-Rà che per masturbazione o sputo, generò Shub, dio dell’umidità e Tefinut, dea del vapore acqueo. Dall’unione di questi due sarebbe nato Geb, dio della terra e Nut, dea del cielo, i quali a loro volta generarono: Osiride spesso identificato con il sole o l’anima, Iside identificata con la luna, Nephtys, Seth e Horus, figlio di Iside e Osiride suo padre, colui che ascese in cielo sul carro di Rà lasciandogli i suoi poteri ed il compito di vendetta contro Seth. Si dice anche che “il faraone in vita portasse il titolo di Horus e dopo la morte diventasse un’Osiride”. In questa “Concezione creativa” si evidenzia in ogni caso l’espressione allegorica del sapere ermetico e alchemico degli egizi. Gli egizi, anzi i loro progenitori furono un grande popolo e ci hanno lasciato in eredità grandi costruzioni che testimoniano grandi conoscenze architettoniche, matematiche e astronomiche, rilevabili nelle mitiche, grandi piramidi, simili nel concepimento a quelle precolombiane oltre oceano; ma non c’è da meravigliarsi, del resto tredici geroglifici egizi sono risultati simili a tredici geroglifici maya, ciò significa che c’è stata una migrazione, o comunque un contatto di uno stesso popolo, forse gli atlantidi. Erodoto afferma che fu il faraone Cheope a far costruire dal popolo le Piramidi, terminate in 30 anni di duro lavoro; ma per alcuni studiosi la loro costruzione risalirebbe ai re predinastici, addirittura lo storico arabo Albu Zyad azzarda piazzarle tra il 72.000 e il 71.000 a. C., “il tempo delle battaglie tra dei”. Secondo alcuni studiosi, le Piramidi, nella loro posizione, rappresenterebbero la costellazione di Orione, inoltre rappresenterebbero fisicamente le tre dimensioni del “modello della quadratura del cerchio”, più quella temporale, data l’antichità dell’artefatto, che indicherebbe la dimensione cui la nostra tende, ed è indirizzata con i suoi angoli verso i punti cardinali della terra, ed indicherebbe le “Pleiadi”, “l’agglomerato stellare ritenuto guida dagli esoterici” e origine di altri “esseri”, non a caso, in una piramide di queste fu trovato anche un accumulatore con l’iscrizione “dono dei figli del cielo”, cosa che confermerebbe le stupefacenti affermazioni degli archeologi Sir William M. Flinders e Kinnaman, che nel suo libro “Digger For Facts”, racconta del ritrovamento, nel 1924, di una camera segreta nella Grande Piramide, camera piena di prismi in cristallo e sofisticati oggetti tecnologici, caso riconfermato in un articolo sul “Rosicrucian Digest” dove si accenna anche al rinvenimento, nello stesso sito, di una mostrina militare vecchia di 3.500 anni. Se ciò fosse vero sarebbe chiaro l’origine di quel “Sapere Ermetico” sintetizzato nella leggendaria Tavola Smeraldina, attribuita ad Ermete, e trovata da Allessandro Magno pare proprio sotto la Grande Piramide. Alcuni sostengono che queste costruzioni servite agli egizi come tombe, prima erano usate come contenitori di materiale radioattivo, “forse L’Arca”, ne sarebbero prova le concentrazioni di gas “radon” rilevate da Jaime Bigu assieme ad un‘equipe della Laurentian University, in collaborazione con l’Atomic Energy Authorihy egiziana, e ciò risolverebbe anche il caso delle misteriose morti addebitate alla “maledizione del faraone Tutankhamen”, che alcuni studiosi ritennero causate da un fungo velenoso il “Aspergillus Niger”. Comunque basti pensare alla stessa parola “Piramide” che pare derivare dal greco, ed è stata tradotta come fuoco (pyr) nel mezzo. Certo è che le Piramidi più che tombe sembrano costruzioni concepite per proteggere da qualcosa che sta all’interno, o da qualcosa che sta all’esterno, pensate che Sir William Finders Petrie, afferma che le sconnessioni tra una pietra e l’altra non superano il millimetro e che il cemento usato per la costruzione, sebbene conosciuto chimicamente, non è ancora riproducibile. Le radiazioni nelle piramidi mi ricordano le affermazioni citate In un libro di Eric Von Daniken, dove si accenna di radioattività riscontrata anche nel “Tempio dei giudei” locato nel Kashmir assieme ad altri templi, in queste costruzioni sarebbero situate addirittura delle pietre parallelepipede con un anima metallica interna che fanno pensare ad un a sorta di “calcestruzzo”. Non è tutto, sempre in Kashmir, a Srinagar, come afferma una notizia dell’agenzia di stampa Reuter del 27 settembre 1965, sarebbe stata ritrovata una “pietra rosa” come la gomma, ora esposta nel museo locale, che sembra avere la capacità di accumulare  per l’appunto energia nucleare. Probabilmente queste costruzioni devono la loro esistenza al volere degli “Anziani d’Egitto”, poi a Mosè e a Gesù ed altri legati a quei posti; esseri evoluti che vollero onorare quegli “dei venuti dal cielo” a civilizzare, a favorire l’evoluzione umana. Negli scritti per Edicolaweb, Mauro Paletti ricorda che Auguste Mariette ritrovò una stele vicino alla sfinge e alla grande piramide, ora conservata adesso nel Museo del Cairo, nella quale è scritto che Cheope o Khufu, cioè “Re di un forte sconosciuto potere”, pensò al restauro del tempio di Iside, nominata signora della Piramide, la traduzione è chiara e fa retrocedere la costruzione della piramide attribuita a Cheope: "Ankh Hor Mezdau Sten-bat Khufu tu ankh". Vita ad Horus.....a Khufu sia la Vita. Egli rinvenne la Casa di Iside, Signora della Piramide accanto alla dimora della Sfinge, la misteriosa costruzione che porta ai piedi l’iscrizione “l’età del primo tempo”, il tempo di Osiride stella di Orione, che alcuni fanno risalire a più 10.500 anni fa e che allora guardava, per l’appunto la costellazione del Leone, che alcuni egittologi considerano origine degli antenati del popolo egizio, anche se altri, li sostengono provenire da Marte, visto che il Cairo, loco di queste mitiche costruzioni, starebbe a significare etimologicamente proprio il pianeta Marte. Ma è altrettanto riscontrato che il termine “Ankh”, in egizio sembra rappresentare Venere nella caduta fallica, da fallire, per l’appunto sempre il pianeta d’origine dei Kumaras, Lucifero, ecc., del resto su Marte il pianeta di recente alcune sonde hanno rinvenuto tracce comprovanti l’esistenza di un arcaico tempo, non ben individuato, in cui vi era l’acqua, ed è logico pensare che dove vi è acqua vi è vita. Sembrerebbe che in epoche arcaiche ci furono vari i visitatori giunti dalle stelle, ma è anche vero che a volte i pianeti assumevano vari significati come quello di Demoni, dato che il loro moto non poteva essere spiegato, cosa che accade per esempio agli zoroastriani e a quei popoli che non conoscevano l’astronomia come i babilonesi. Gli egizi consideravano la costellazione di Orione dimora del dio Osiride, l’occhio azzurro, “occultamente l’anima che resuscita dal regno dei morti, quando Horus dona il proprio occhio”, ed la Luna ed il Sole sono gli occhi  dell’antico dio del cielo Horus . Horus figlio di Osiride e Iside, sorella del malvagio Seth, era considerato tradizionalmente come l’ultimo re della stirpe divina, che fu scelto, secondo lo storico Manetone, dal concilio degli dei del cielo per governare il paese del Nilo dopo la morte di Osiride. Il termine Horus deriva da hrw o hr, che in egiziano antico sta per “colui che vola alto nei cieli”, lo stesso termine che indicava il cielo stellato era per gli egizi Hat Hor, ossia “la dimora di Horus”. Horo era raffigurato anche come una scimmia bianca giunta dal cosmo con la sua “camera celeste”, era il dio dell’energia, del sole e della scienza, e il compagno di Thoth, l’inventore dell’alfabeto, che fu rappresentato dagli egizi con la testa di Ibis. Nel Libro dei Morti al capitolo LXVI si legge: “Io sono Horus che proviene dall’occhio di Horus”, quell’occhio che altri testi antichi affermano sia stato rubato e poi restituito allo stesso dio, e molte raffigurazioni lo rappresentano come un occhio alato. In oriente, per analogia, abbiamo il dravidiano Shiva, il dio della danza, chiamato anche “Netrahan”, in quanto uccisore dell’occhio di Bhaga. Qui si potrebbe pensare ad un eclissi solare che ha occultato l’occhio di Horus, il Sole, oppure alla luce di un oggetto luminoso, forse un astronave, creduta per analogia di luminosità un Sole o proveniente dal Sole o dalle stelle. In Egitto, guarda caso, nel noto papiro “Tulli” risalente al 1.500 a.C. si legge: “Guardate verso l’Orizzonte di Khu-fu!…E’ proprio sopra la grande Mer, la Piramide…Ora si sta dirigendo verso l’Amenti, verso Occidente… E’ più grande del Tekhen, dell’obelisco di Rà!…Ritiriamoci nella Per-Ankh…la Casa della Vita”. Eusebio di Cesarea, riportando ciò che scrisse lo storico Manetone ci fa sapere che in Egitto per 13.900 anni regnarono gli dei, dopo di loro i semidei per 1.255 anni, poi i primi re umani per 1.817 anni e altri quaranta sovrani per 1.040 anni; seguirono altri 5.813 anni governati dagli spiriti dei morti, prima della prima dinastia egizia del 3.100 a. C., per un totale di 24.925 anni, che sembrano combaciare con la cronaca riportata da Diodoro Siculo risalente al 23.100 a. C. e ai 39.000 anni di  Erodoto; che incredibilmente, quasi corrispondono ai 36.620 anni citati nel “Papiro di Torino”. Un documento scritto in ieratico sotto il regno di Ramesses II che riporta i novanta nomi dei re che regnarono l’Egitto, dal “Primo Tempo” dei dieci Neteru fino alla XIX dinastia.
14° GLI ULTIMI ARCONTI  DELL’ATLANTIDE IN ESPANSIONE DALL’EGGITTO

Intorno al XI millennio a. C. probabilmente alcune “colonie atlantidee” sopravvissute al diluvio e agli eventi catastrofici si scontrarono tra loro come fu per Osiride e Seth. Pare che il culto di Osiride inizi circa 4.000 anni fa, forse ad Abido, dove, guarda caso, sono stati ritrovati crani dolicocefali, ovali come quelli rinvenuti ad Ica e a Merida in Messico, in quel luogo di battaglie tra gli dei Horo e Seth, dove sono stati ritrovati quei strani geroglifici che assomigliano ad aerei, astronavi ed elicotteri; è opinione comune che il suo nome derivi dal dio ariano Asar, in fenicio Asir e in scandinavo Aser, comunque abitante nella terra degli Asar, quegli esseri che potevano volare in cielo nelle loro “fionde d’oro” che riuscivano a frantumare le montagne dell’antica Asia, dove si combatteva la solita battaglia, in questo caso contro il fratello Seth, Identificato per l’appunto anche come Tifone e associato da alcuni anche ad “una cometa distruttrice. In tema è la nota saga nordica tra Asi e Vani avvenuta nella mitica Asgard che vede la bellissima e misteriosa maga Gullveig “ebbrezza dell’oro”, corrompere la pace degli dei Asi capeggiati da Odino contro i Vani, una guerra che si concluse con gli accordi per mantenere quell’equilibrio che diede alla luce, “da un’otre divenuto utero di creta”, Kvasir il più saggio dell’universo.
Come per i Romani Giove si scontra con Typhon, il serpente sul monte Casio, forse il Sinai; come per gli Ittiti e i Sumeri Teshub il dio del tuono combatte contro il serpente Yanka; come per i fenici il gigantesco dio solare Baal; per i greci, pare che Zeus si contendesse con il gigante Tifone le grandi terre del mondo. Infatti, si narra che Tifone costrinse addirittura gli dei a fuggire in Egitto, si dice anche che costrinse Zeus nell’antro Corico nella Cilicia, dove venne poi liberato da Ermes, Zeus ancora libero lo sconfisse definitivamente seppellendolo vivo sotto l’Etna. Tifone è rappresentato con cento teste di drago ed è lo sposo di Echidna che significa “Serpente”, la dea per metà serpente uccisa nel sonno da Argo”, madre di Chimera e dell’idra di Lerna il cui nome significa “Serpente d’acqua”. Ciò avviene nello stesso tempo ricordato dal mito di Cadmo e Armonia, in cui discesero gli dei sull’olimpo, quando Zeus che non era ancora signore tra gli dei cadde vittima di Tifeo, il mostro che approfittando della sua disattenzione rivolta ad una fanciulla, gli rubò le folgori e lo fece prigioniero in una grotta, fino alla liberazione di Cadmo padre di Dionisio. Lo storico Diodoro Siculo di Agirio, Enna (80 – 20 a. C.) nella sua “Biblioteca Storica” libro 1°, descrive chiaramente l’opera civilizzatrice di Osiride e i suoi seguaci, che sembrano essere proprio quei ”Vigilanti” o discendenti superstiti in possesso del sapere della mitica Atlantide: "Narrano dunque che Osiride, dopo aver sistemato l'Egitto e aver affidato a Iside, sua moglie, il potere supremo, le abbia affiancato come consigliere Ermes, perché superiore in saggezza a tutti gli altri amici del re, e abbia lasciato come comandante militare di tutta la regione sotto il suo controllo Eracle, suo congiunto e personaggio eccezionale per coraggio e forza fisica, mentre abbia posto Busiride a capo delle regioni che si stendono verso la Fenicia e delle coste marittime e Anteo a capo delle zone confinanti con l'Etiopia e con la Libia.". continua "Successivamente si spinse attraverso l'Arabia, lungo le coste del Mar Rosso fino all'India e ai confini del mondo abitato. In India, tra l'altro, fondò non poche città, una delle quali volle chiamare Nisa in ricordo della città dell'Egitto in cui era stato allevato."
Lasciò molti altri segni della sua presenza in quella regione: basandosi su di essi gli Indiani delle generazioni posteriori hanno aperto una controversia sul dio, rivendicandone l'origine indiana. Stando alla tradizione, Osiride si dedicò anche alla caccia degli elefanti; lasciò inoltre dappertutto stele commemorative della sua spedizione.  Visitò in seguito le altre popolazioni dell'Asia e attraverso l'Ellesponto passò in Europa.  In Tracia, mise a morte il re barbaro Licurgo, che si opponeva alle sue imprese, e vi lasciò Marone, ormai in età avanzata, col compito di sovrintendere alle coltivazioni introdotte nella regione, spingendolo a fondare una città che dal suo nome si chiamò Maronea. Lasciò Macedone, suo figlio, come re della regione che da lui prese il nome di Macedonia, mentre a Trittolemo assegnò la cura dell'agricoltura in Attica. Insomma, Osiride visitò tutto il mondo abitato e fece progredire la vita associata diffondendo l'uso dei frutti di agevole coltivazione.  E se qualche regione non era adatta alla coltivazione della vite, insegnava l'uso della bevanda che si ricava dall'orzo, di poco inferiore al vino per aroma e gradazione.  Osiride ritornò in Egitto portando con sé i doni migliori che ogni terra gli aveva offerto, e in virtù della grandezza dei suoi benefici ottenne con consenso unanime il premio dell'immortalità e onori pari a quelli tributati agli dèi del cielo.  Successivamente, passato dal consesso umano al consesso degli dèi, si vide tributare sacrifici e onori altissimi da parte di Iside e di Ermes." Qui si spiegano chiaramente le impressionanti somiglianze tra occidente e oriente e si conviene anche sulle motivazioni del successivo sovrapporsi di culti e miti.




Un panello locato nel Tempio di Abydos in Egitto dove sono rappresentati strani oggetti assomiglianti ai nostri elicotteri e aerei; a fianco i misteriosi dischi di litio di granito, con incisi dei simboli, trovati nel 1938 a. Bayan kara Ula, Tra la Cina ed il Tibet. E per ultimo il disco del professor Lolladoff ritrovato in Nepal e fatto risalire a circa 4000 anni fa. Esso mostra delle anomalie di rilievo: oltre ad avere la capacità di perdere peso e riguadagnarlo, senza alcuna spiegazione scientificamente valida, percosso, genera un acuto suono vibrante. Inoltre sulla sua superficie vi sono delle figure in basso-rilievo su cui si nota un umanoide macrocefalo, che molti hanno accostato a quello del filmato dell'autopsia reso noto da Santilli.





15° I GRANDI POTERI DEGLI ARCONTI GIUNTI DALLO SPAZIO

Sconcertante è ciò che ci viene descritto e confrontato dallo studioso Michele Manher che riporta alcuni strani scritti come quelli del papiro di Ani, una versione del Libro dei morti di Hunefer custodito nel Britisch Museum, che raccontano strani avvenimenti, al capitolo LXXVII si legge: "io volo via e poi atterro (stando) dentro il falco; il suo dorso misura sette cubiti (3,7 metri), le sue due ali sono come di feldspato verde. lo esco dalla nave-sektet, il mio cuore va sulla montagna orientale", al capitolo LXXVIII si legge: "io ti do il nemes di Ruty, il mio, affinché tu possa andare e tornare per la strada celeste. Gli dei del Duat, che sono all'estremità del cielo, ti vedranno, ti rispetteranno, s'impegneranno davanti alle loro porte per te, lahwed sarà con loro. Essi si sono dati da fare per me, gli dei padroni dei confini (del mondo), coloro che sono legati alla dimora dell'unico Signore. lo infatti in alto (ero) presso lui che galleggiava: dopodiché egli prende il mio nemes, come aveva detto Ruty. lahwed apre per me un passaggio. lo sono in alto, Rury aveva preso il nemes per me, l'aveva messo sulla mia testa, aveva allacciato per me il mio corpo nel suo schienale, per la sua grande potenza io non posso cadere nel vuoto ... io ho visto le sante cose segrete, io sono stato addestrato nelle operazioni nascoste, io ho visto ciò che c'è in quel luogo, il mio pensiero è nella maestà del signore dell'aria. ... io sono come Horo tra i suoi illuminati ... ho attraversato le regioni più lontane del cielo. ... 'Un bel viaggio!' mi hanno detto le divinità del Duat." Al capitolo CLXXV si legge: "cos'è questo? lo vi ho viaggiato e, inoltre, non c'è acqua, non c'è aria, non c'è vento, è buio, oscuro, senza limiti, senza confini." al capitolo LXXXVI: "io ho passato un giorno nella base isolata dove c'è l'avvampamento vi ero andato in missione, ne ritorno per rendere conto, aprimi affinché possa dire ciò che ho visto. Horo è il comandante della nave divina, ... io vi sono entrato stimato ed esco ingrandito attraverso la porta del Signore dell'Universo." Nel resoconto di una battaglia avvenuta ai tempi di Ramosis II, scritta sulle pareti dei templi di Karnak, Luxor e Abido nonché su papiri come il Sallier III, leggiamo: "Uadjt abbatteva per me i miei avversari, il suo vento infuocato da braci ardenti era di fronte ai miei nemici ... questi raggi bruciavano le membra dei ribelli, e ognuno di loro gridava all'altro: 'attenti!'. La grande Sekhmet lo guidava ... chiunque provava ad avvicinarsi al re il raggio ardente come fuoco ne bruciava le membra, mentre altri in lontananza volavano via dal terreno, (ed altri si piegavano) con le loro mani alla mia presenza ... essi erano a mucchi davanti al mio cavallo, erano stesi a mucchi nel loro sangue." Stesse affermazioni nella Bibbia, David nel secondo libro di Samuele, dopo il suo insediamento in Gerusalemme, quando ricorda l'intervento "divino" in sua difesa durante le guerre contro i Filistei ricorda: "Il fumo usciva dalle sue narici; dalla sua bocca uscì un fuoco distruttore mentre braci ardenti schizzavano fuori da essa. una nube caliginosa sorreggeva i suoi piedi. Salì sopra un cherubino e volò; egli si spostò spinto da un vento mentre si formava una nube oscura tutto intorno; lo circondavano come un abitacolo in un fragore d'acque e densissime nubi. Dallo splendore che emanava tra le nubi  schizzavano pietre incandescenti. Il Signore tuonava dal cielo, l'Altissimo produceva il suo suono. Scagliò i suoi bolidi e disperse i nemici, vibrò le sue folgori e li mise in fuga." (2 Sa 22, 9-15). In questi scritti diventa chiara l’immagine extraterrestre del dio degli ebrei, Jawe degli elohim.


16° I RIVELATI SEGRETI DELLE STELLE

 Ho citato molti enigmi storici, dando più spazio ad Agarthi, perché si crede che proprio ad Agharti sia nata la primordiale religione che per mezzo di pratiche mistiche, mise per prima l’uomo in comunione con Dio. Esotericamente, tutte le religioni attuali trarrebbero le loro origini dalla religione di Agharti, i loro sacerdoti e iniziatori (Rama, Melchisedec, Budda, Mosè, i Re Magi, Cristo, Maometto, ecc.), sarebbero definite dirette emanazioni del re del Mondo, mentre la tradizione originale di Agharti sarebbe stata portata avanti dalle società esoteriche. Gli stessi Aghartiani sarebbero un popolo di semidei, con un’alta tecnologia per la quale alcuni, come Ossendiwski, li ritengono probabili responsabili degli avvistamenti UFO, giacché solcherebbero i cieli con i loro vimana (uccelli artificiali abitati), Il trattato Vaimanika, risalente al quarto secolo avanti Cristo e rinvenuto nel 1875 in un antico tempio indiano, descrive minuziosamente il funzionamento di svariati modelli di questi veicoli ed anche le relative mappe spaziali; inoltre esisterebbe, forse a Lhasa in Tibet, anche un misterioso testo sui “segreti della gravità e della forza centrifuga”, un testo parte di nove libri, che sarebbero stati redatti dai nove scienziati, reggenti l’impero di Ashoka, che migliaia d’anni prima di Cristo riuscì a distruggere l’impero Rama, nello scenario del fiume Indo in Pakistan e che contribuì anche a diffondere il Buddhismo. Ad una certa interpretazione, i vimana possono essere stati mezzi simili al disco alato di Marduk, all’Ashvin o Vailixi atlantidei, che Eklal Kueshana fa risalire a 20.000 anni fa, o ai dischi del Serpente Piumato della mitologia precolombiana, o al biblico cilindrico leviatano che aveva dentro di sé lampade sospese, al pesce di Giona il quale viaggiò tre giorni al suo interno, alle canoe e tartarughe volanti degli indios, all’occhio alato di Horus, agli scudi volanti dei romani, ai V7 tedeschi dell’ultima guerra mondiale, tedeschi che tra l’altro organizzarono parecchie spedizioni in Tibet, ed infine agli ufo, o meglio dischi volanti d’oggi. Oggi alcuni studiosi teorizzano che il fenomeno ufo sia creato in realtà solo da esseri che esistono nel piano del tempo e che queste fenomenologie sarebbero soltanto manifestazioni energetiche di forma-pensiero verso il passato, che lascerebbero anche impronte tangibili, ma io credo che quest’ipotesi possa risolvere solo alcuni dei milioni d’avvistamenti che avvengono nel mondo.
L’uomo ha sempre cercato istintivamente l’origine della sua creazione, sotto una certa logica razionale, si può pensare che in principio, traendo spunto dal “Creato”, l'uomo abbia iniziato ad inventare: religioni, mitologie e cominciò così, ad adorare le sue creazioni. Alcuni studiosi hanno cercato instancabilmente il vero senso delle mitologie, il professor De Santillana in collaborazione con la professoressa Herta von Dechend, nella loro opera “Il Mulino di Amleto” del 1969, confrontando una miriade di mitologie, raggiunsero l’evidente convinzione che le mitologie racchiudessero elementi comuni di alta astronomia, come i dati per calcolare la precessione degli equinozi, cioè quella lenta oscillazione dell’asse terrestre dovuta dall’attrazione del sole e della luna sul rigonfiamento equatoriale che determina un scivolamento ciclico della cintura dello zodiaco in modo che all’equinozio di primavera ogni costellazione ospiti il sole per 2.160 anni compiendo così il ciclo completo delle costellazioni in 25.920 anni; e ciò li portò a pensare che qualcuno in arcaico tempo, abbia inserito nel D.N.A della nostra civiltà queste informazioni, chiamate dallo studioso Giorgio Terzoli, per l’appunto “Orologio Cosmico”, cioè, quelle che sono, a mio parere, le “corrispondenze” che influiscono la vita sulla terra e tanto care agli esoterici; ed è questo il primo linguaggio che potrebbe rivelare quei cicli cosmici catastrofici che la scienza teorizza analizzando le variazioni climatiche apportate dai movimenti millenari del pianeta (movimento conico, precessione, ecc.) che a quanto pare assieme ai corpi celesti furono la causa primaria della scomparsa delle antiche civiltà che ebbero le loro divinità strettamente legate alle costellazioni corrispondenti come fu con l’era precessionale del Leone ( dal 10960 a.C. al 8800 a.C.) l’era del “leone alato”, in cui probabilmente si costruì la sfinge egizia; l’era del Cancro ( dal 8800 a.C. al 6640 a.C.); l’era dei Gemelli (dal 6640 a.C. al 4800 a.C.), dei “figli del tuono”, la probabile Età dell’Oro in cui l’uomo riuscì a riprodurre il fuoco, i primi due bastoncini di fuoco Aztechi: Castore e Polluce cioè: “Alfa e Beta Geminorum”; l’era del Toro (dal 4800 a.C al 2320 a.C.) in cui si scrisse la “Torà” cioè la legge dopo che scesero i primi “iniziatori” circa 10.000 fa e gli israeliti iniziarono ad adorare il vitello d’oro e il bue api in Egitto, apparve il toro del dio Mitra, il Toro Mneis o On, il Baal Adad “dio dell’atmosfera” dell Isola di Pasqua, ecc.; l’era dell’Ariete (dal 2320 a.C. al 160 a.C.) in cui l’Ei dei canaaniti, l’Osiride, e il dio Khnum egizi, il Giove Ammone e Mosè ne possiedono iconograficamente le corna, l’era in cui gli accadi veneravano il capro Uz che vegliava il disco solare, venerato anche dagli incas; e l’era precessionale dei pesci (dal160 a.C. al 2000 d.C.) appena terminata, ed è in queto periodo che nacque Gesù, infatti non a caso, fu rappresentato dai primi cristiani da un pesce, inoltre lo stesso nome greco IXTHUS, o Ichthys, o Ictùs significa pesce ed è acronimo di Iesùs Cristòs, indicava nascostamente “Lesus Xristos Theou Uios Soter”, cioè Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore, inoltre la stessa sua nascita da alcuni è stata fatta risalire all’equinozio di primavera sooto il segno dei pesci, e questo ci fa capirre che ormai, giunta l’Era dell’Acquario, In merito a quest’era Gesù disse In uno dei vangeli apocrifi attribuiti a Tommaso: "Un giorno Gesù ci spiegò i segreti delle stelle. Era un mattino di primavera. Dall’alto del colle vedevamo nella pianura lontana, sorgere il Sole là dove all’orizzonte ancora brillava una luminosa costellazione". "Passano le costellazioni”  disse Gesù“ dopo l’Ariete, i Pesci. E poi verrà l’Acquario. Allora l’uomo scoprirà che i morti sono vivi e che la morte non esiste". A quanto pare l’era dell’acquario, la “New Age”, “le Divinità o chi per esse” si stanno preparando a camminare sulla Terra con noi, come fu in memore tempo e ci sveleranno, se pronti e responsabili, i vari misteri occulti tra cui i fenomeni elettrici di cui accenna l’occultista H. P. Blavatsky, facendoci così evolvere secondo l’occulta dottrina impartita dall’antica Loggia Bianca ormai confusa; ma coloro che comprenderanno saranno fuori dagli odierni schemi sociali, ed evoluti in quelli che istintamente tendiamo e sappiamo essere giusti “nell’Amore”, solo allora saremmo degni e capaci di controllare e comprendere quelle armi nucleari che la scienza ci ha mostrato, come fanno gli Dei con le loro “super nove”. Sarà il pianeta Terra che  modificando il suo asse magnetico, creerà la possibilità di accedere ad una nuova dimensione di luce. "Non vi sarà più notte" dice l’Apocalisse di Giovanni, come non vi sarà più morte perché la dimensione della luce è quella dell’amore”, o come dice Enoch: "si è fatta luce come il giorno sopra la Terra e l’oscurità è passata. E vi sarà una luce infinita". Il passaggio dall’era dei pesci all’era dell’acquario a quanto pare porterà innovazioni dovute al fenomeno precessionale degli equinozi che attiverà alcune forze magnetiche, una nuova “porta dimensionale” con il creatore, “i nuovi cieli” dell’Apocalisse, questo fino a quando “satana sarà liberato” e ritorneranno i ciclici cataclismi dovuti allo stesso fenomeno. Galileo percependo intuitivamente tali concetti scrisse: “Ma sopra tutte le invenzioni stupende, quale eminenza di mente, quella di colui che s’immaginò di trovare modo di comunicare i reconditi pensieri a qualsivoglia altra persona, benché distante lunghissimo intervallo di luogo o di tempo? Parlare con quelli che sono nelle indie, parlare a quelli che non ancora nati, ne saranno se non di qua a mille anni o diecimila”, in queste parole Galileo evidenzia l’ipotesi di “Esseri” superiori, probabilmente gli stessi nostri creatori che continuamente cerchiamo e rietichettiamo. Nel Vecchio Commentario in merito all’umano, odierno ciclo evolutivo si legge: “Ciò che è un mistero non lo sarà più e ciò che è stato velato sarà ora rivelato; quello che è stato ritirato riemergerà alla luce e tutti gli uomini lo vedranno e se ne rallegreranno. Questo momento verrà quando la desolazione avrà compiuto il suo lavoro benefico, quando tutte le cose saranno state distrutte e quando gli uomini avranno cercato, mediante la sofferenza, di essere impressionati da quello che hanno scartato nel vano inseguire quanto era a portata di mano e facile da raggiungere. Ciò, una volta posseduto, si dimostrò agente di morte: tuttavia gli uomini cercavano la vita, non la morte”. Se prendiamo di nuovo in considerazione la precessione equinoziale e leggiamo il 64° capitolo del Libro egizio dei Morti attribuito a Thot, appare evidente la pericolosità del passaggio dalla sesta era dei pesci alla settima era dell’acquario  infatti si legge:
"… Calcolando e tenendo in debito conto i giorni e le ore propizie delle stelle di Orione e delle dodici divinità che le reggono, ecco che esse congiungono le mani palmo a palmo ma la sesta fra esse pende sull’orlo dell’abisso nell’ora della disfatta del demonio ecco che io giungo quale trionfatore innanzi ad un vasto spazio nel mondo inferiore…quando cessati i massacri il sangue degli impuri si sarà raffreddato e la Terra nuovamente composta dalla sua interezza si riammanterà di fiori e di novelli frutti."



Sopra la scoperta di Hugo Obermaier che, in una caverna della Valle Susfana, alle propaggini meridionali dei Monti Atlanti, trovò un disegno, attribuito dall'illustre antropologo tedesco Leo Frobenius, ad un'epoca non posteriore a 10.000 anni a.C.
È la più antica rappresentazione finora conosciuta dello zodiaco. Il modo in cui sono "simbolizzate" alcune delle dodici costellazioni della cintura zodiacale hanno dato luogo ad interessanti ipotesi in base alla teoria della coscienza arcaica di Jung. Fra l'altro la costellazione dei Pesci è rappresentata in forma di una croce. A fianco il famoso vaso di Dorchester trovato nel 1851 da alcuni operai che stavano facendo brillare delle cariche esplosive a Dorchester, Massachusetts, quando, dall'interno di un pezzo di roccia venne estratto un vaso metallico decorato, di una lega sconosciuta (ma contenente zinco e argento). L'altezza è di circa 15 cm ed è ornato da intarsi floreali in puro argento, evidentemente eseguiti da un abile artigiano. La roccia precambriana che racchiudeva il vaso è stata datata 600 milioni di anni. Secondo l'opinione dell'editore della rivista Scientific American il vaso sarebbe stato fabbricato da Tubal-cain, il mitico padre della metallurgia citato nella Genesi, colui che visse nella settima generazione della discendenza di Adamo.

17° LA NECESSARIA RELIGIONE E L’ESPANSIONE DELLE RAZZE

La religione per l'uomo antico era necessaria per dare un senso logico ai misteri della natura che lo circondava, ed anche per propiziarsi quelle forze che erano per lui misteriose e sconosciute, basti pensare il significato del “Grande spirito per gli indiani”, o Mana per i Maori, Shang Ti per i cinesi, ecc.. Secondo la Genesi, il primo libro dell’antico testamento, come vedremo più avanti dettagliatamente, fu Dio a creare l’uomo, mentre i luminari della scienza sono più propensi a credere alla teoria evoluzionistica darwiniana, che propone una discendenza da una specie stipite, anche se pone molti interrogativi, dato che molti dei citologi “studiosi dei cromosomi”, affermano che la figura umana aveva preceduto quella scimmiesca. Ed è pur vero che l’uomo presenta un aspetto giovane, “fetale” rispetto alle scimmie che presentano un aspetto senile, “specializzato”, inoltre prove fossili ne retrodaterebbero l’origine di milioni di anni, dato che i Pongidi cui discenderebbe l’uomo sono stati datati solo un milione di anni fa. La tradizione esoterica, invece, vuole che i sette Re di Edom, “la Giordania”, citati nella genesi (34, 31), simboleggino le sette grandi razze dell’evoluzione umana, di cui quattro già passate, la quinta sta trascorrendo e le altre due devono ancora venire. S. Giovanni nell’Apocalisse (17,10) scrive: “Vi sono sette re quattro dei quali sono caduti, ed uno è ancora in piedi, mentre l’altro (la sesta razza) deve ancora venire….”. Dal Blumenbach in poi il genere umano si ritenne diviso in cinque razze: la razza etiopica o nera (Negri africani), la razza malese o bruna (Malesi, Politesi o Australiani), la razza mongolica o gialla (Asiatici, Eschimesi, nord-americani), la razza americana o rossa (Aborigeni americani), la razza caucasica o bianca (Europei, Nord-africani, ed Asiatici del sud-ovest). Generalmente gli studiosi riconoscono tre etnie originarie, probabilmente rappresentate biblicamente dai tre figli di Noè, o da altre analoghe suddivisioni come ad esempio lo Shintoismo giapponese con i suoi tre figli di Izanagi e Izanami, rappresentanti “la dualità delle forze”; esse sono: gli arya o indo-ariani di origine nordasiatica (Persiani che intorno al 2000 a. C. si spostarono nella valle dell’Indo): alti, biondi, pelo liscio e pelle chiara; i dravidi originariamente stanziati nella valle dell’Indo a Mohenjodaro e Harrapa 9.000 a. C. : medio bassi, pelle semiscura pelo liscio e scuro, occhi allungati; e i munda 80.000 a.C. di origini africane e austroasiatiche giunti in India, come i Naga del Bengala: mesodolicocefali: bassa statura, pelle scura, pelo nero e riccio, (Boscimani. Pigmei, Eschimesi, Aborigeni Australiani emigrati 30.000 a. C., Indios dell’Amazonia, Pellirosse, Chimu, Incas, Cinesi predinastici, Semang). I culti di queste tre etnie hanno sempre teso a fondere le loro matrici anche se sono spesso state motivo di guerra, i luoghi sacri inizialmente venivano individuati nei boschetti, nelle sorgive, nelle grotte, nelle colline e lentamente furono sostituiti da recinti, megaliti, templi e colonnati. Gli arya erano in possesso delle originarie concezioni vediche che successivamente si fusero al Brahamanesimo, essi veneravano il dio del vento Dyaus Pitar o Dyaush Pitir, “Cielo e Terra”, che in Grecia divenne Zeus il Padre di tutti gli dei dell’Olimpo, e altri dei che risiedevano nelle montagne sacre come l’Himalaia, il Kailasa del Tibet divenuto sacro ben a tre religioni: Buddismo, Hinduismo e Bompo; è da qui che lentamente si affermò l’ideologia di un dio unico. Come Shiva scendeva nel tempio della montagna manifestandosi in “il Linga”, a Sumer la dea Inanna o Ishtar scendeva a sposare il su nuovo Ensi (il re), e il dio azteco Tonathiu scendeva a mangiare i cuori offerti dai sacerdoti per rigenerarsi; come i faraoni egizi “salivano alle stelle” attraverso le piramidi e i loro iniziati accompagnati alla grande Piramide sparivano dalla vista, probabilmente trasportati dalle astronavi parcheggiate nelle mastaba, anche i maya, gli aztechi e prima di loro gli olmechi, facevano altrettanto con le loro piramidi tagliate che fungevano da piattaforma per areonavi. I sumeri invece, costruirono le loro mitiche ziggurats chiamate anche Etementacki o Etemenancki “la casa delle fondamenta del cielo e della terra” con i suoi novanta metri di lato e d’altezza, composta da sette terrazze, decorata d’oro e di mattoni azzurri, chiamata anche la “la pietra angolare del cielo e la terra che sorgeva al recinto chiamato Sachn”,  la cui cima era accessibile solo ad una donna prescelta che aveva il compito di soddisfare i piaceri del dio Marduk, che di tanto in tanto vi scendeva, il figlio di Ea, il signore dai quattro occhi, che tutto vedeva, il cui emblema era un drago–serpente. Lo storico Erodoto nato ad Alicarnasso in Asia Minore nel V sec. a. C. in merito scrive: “In cima alla torre un grande letto con accanto una tavola d’oro. Non si vedono statue. Nessuno vi passa la notte a meno che non si tratti di una donna scelta dal dio, come dicono i Caldei sacerdoti di questo dio. Il dio in persona viene nella cella e riposa nel letto”. Nota a proposito è la leggendaria Torre di Babele da cui Nimrod, o Bel, che Eupolemo afferma essere il “gigante” re fondatore di Babilonia volle scagliare le sue frecce verso il cielo per vendicare l‘uccisione dei suoi avi avvenuta con il diluvio, causando così l’ira di Dio che con settanta angeli scese a confondere le lingue nella terra. Il tempio di Nippur era descritto come “la casa per ascendere al cielo” da li Enlil, “il serpente con gli occhi splendenti”,  fratello di Enki “il creatore dell’uomo”, innalzava i suoi raggi. Per molte popolazioni c’è sempre stato un andare e venire dal cielo e dalle stelle. I dravidi veneravano nella loro concezione antropomorfica e astrale l’impronunciabile dio Shiva chiamato anche come Osiride, An , rappresentato dal fallo, simbolo di fecondità, e la “Madre Terra” sua sposa, la dea Kalì; furono i dravidi fondatori dell’induismo nato dalla fusione del brahamanesimo e il vedismo degli arya, con loro, la visione animistica della reincarnazione venne trasformata nella dottrina della resurrezione, vedi: Osiride, Adone, ecc., infatti la politica dell’induismo è sempre stata quella di accogliere anche le nuove idee. Fino al VIII sec. a. C. erano gli inni vedici a diffondere un panteismo che personificava la natura, dei adorati con riti e sacrifici fino a che il culto religioso diventa magia e gli dei vengono costretti ad operare; dal VIII al VI sec. a. C. con le Upanishad si raggiunge l’alto grado della filosofia Vedanta ed i fenomeni sono considerati solo apparenze del Brahman, “l’Essere Assoluto”, il mondo è solo illusione, “il gioco creativo del genio di Brahman”. I munda nella loro visione animistica, concepivano l’idea della reincarnazione, del “Grade spirito”, il Mana; i munda del Bengala adorano Sing Bang (il sole) sposo della luna e autore del ”Creato” avvenuto con l’aiuto di tre demiurghi che appaiono anche presso la cultura Mochica e Chimu dei deserti dell’America meridionale: la Tartaruga, il granchio e la mignatta. Tre comunque sono le concezioni antiche del divino: il “Grande Spirito della Natura”, le “Divinità Astrali” e il “Dio del Vento”; attorno a loro ruotavano entità fisico–spirituali benigne e maligne che si fronteggiavano per qualche sconosciuto equilibrio cosmico per lo più identificate nel ruolo di “Civilizzatori”.

18° I PRIMI SITI E LE PRIME COLONIE

Tra i primi siti, tralasciando numerosissimi strani ritrovamenti come quelli in Africa risalenti a 80.000 a. C., o come quelli degli antichi antenati degli Ainu in Giappone risalenti a 20.000 anni a. C., o altri ancora nel 1948 ad Iwajuku, addirittura risalenti a 200.000 anni fa, dove sono rinvenute alcune pietre lavorate da qualche Sinyantropus; in Cina e Siberia l’archeologia ha riportato alla luce testimonianze di una struttura sociale fatta risalire a 40.000 anni fa, e che alcuni ritengono origine delle popolazioni delle Americhe, infatti, mentre a sud si andavano a formare gli “Imperi del Sole”, c’è chi presume che attraverso lo stretto di Bering alcune popolazioni riuscirono a raggiungere 30.000 anni fa le americhe portando con se quel concetto di “Grande Spirito” vivo tuttora tra i Navajo e popoli affini. Tutte queste etnie si mescolarono formando continuamente nuove culture, dove i popoli aggressivi avevano sempre fisicamente ragione sui più deboli che però influivano metamorficamente i vittoriosi modificandone nel tempo l’originale radice.
Da quanto è dato a sapere, tradizionalmente le prime colonie di genti si stabilirono sempre nelle pianure lungo i fiumi navigabili del mondo. Come successe in Asia, dove  alcune tribù si stanziarono presso il Fiume Giallo, e presso il Fiume Azzurro dove nel 1920 è riemersa la città di Sanxingdui con i suoi stupendi oggetti in giada, oro e avorio vecchi di 5.000 anni, assimilabili ai ritrovamenti archeologici del Kurdistan. Queste etnie, provenienti dalle pianure fluviali del Nilo in Africa, probabilmente sono quelle genti la cui casta più alta è nota come gli “Anziani d’Egitto”, quella razza evoluta predinastica, associata ai “Vigilanti”, che si sostiene provenire dallo spazio, o dall’Antartide, che prima dell’ultima glaciazione, circa 10.500 anni fa, era una zona fertile e prospera. Pare che queste etnie, probabili colonie atlantidee superstiti, emigrarono prima in Africa, che era probabilmente una parte fertile di Atlantide, come mostrano alcuni petroglifi di Jabbaren e Sefar nel Sahara; e poi dopo l’ennesima catastrofe, si stabilirono in India nella valle dell’Indo, e in Mesopotamia, nei quatto fiumi “biblici”; Infatti Platone sosteneva che atlantide sprofondò 9.600 anni or sono data che combacia con l’avvento dell’ultima glaciazione e l’avvento dei “Vigilanti” citati nelle svariate e antiche culture. In queste zone, per l’appunto nella caverna di Shanidar nelle alture del Kurdistan, alcuni archeologi rinvennero, addirittura, sedici strati di insediamenti risalenti fino a 10.870 anni fa, che testimoniano, dai ritrovamenti sacrificali organici, la presenza del “culto dell’avvoltoio”, ossia quei riti sciamanici dediti alla scarnificazione. L'archeologo inglese Leonard Woolley nel 1922, scoprì tra le rovine di Tell al'Ubaid nel villaggio di Chemchemal insediamenti risalenti 6.750 a.C. che hanno riportato alla luce più di 5.500 statuine che oltre ad rappresentare animali rappresentano volti allungati con labbra sottili e occhi asiatici che ricordano i volti “degli uomini aquila” aztechi per l’appunto molto simili a quelli serpentiformi del periodo Ubaid. Per alcuni studiosi, come Vivian Broman Moralese, rappresentanti gli alati ”Vigilanti” dai volti di vipera, dalla pelle chiara come l’avorio e dai capelli bianchi; giunti per accoppiarsi con le “figlie degli uomini”, come ci ricordano il testo di Enoch, e i rotoli del mar Morto; forse gli stessi Lokapala, i ”Guardiani del Cielo hindù”. L’antico popolo Ubaid sostituì la cultura di Samarra, per l’appunto, fondatrice di Eridu, la città mesopotamica nella quale si veneravano proprio questi strani dei. Nei ruderi di alcuni suoi templi, fu trovata addirittura una vasca rituale con i resti di una gran quantità di pesci, forse dedicati al culto del dio pesce Dagan, o Enki, il dio sumerico che abitava nell'Abzu, l'abisso marino, un dio simile al Oannes babilonese e al Nommos dei Dogon africani del Mali che posseggono incredibili conoscenze astronomiche, pare rivelate da strani esseri discesi sulle rive del Golfo Persico in prossimità di Eridu, all’incirca il quarto millennio a. C., nell’Assiria, nel Elam unificato da Sargon di Accad intorno al 2.500 a. C., oggi Iran. Curioso il fatto che proprio in quella zona vi era la città stato di Sumer che era indicata anche con il termine Kengir che in sumero si scrive “Ki En Gir”, che significa, secondo alcuni studiosi, “Terra dei Signori dei razzi”, o “Terra dei Guardiani”, per l’appunto “i Vigilanti”, dove Gir assume pittograficamente le sembianze di una punta di freccia, infatti sono state ritrovate sculture, ora visitabili al museo dell’Università di Filadelfia, con il dio rappresentato proprio all’interno di una camera a forma di razzo.
Intorno al 4.000 a.C. appaiono due stili artistici di cultura diversi tra questi popoli, volti a rappresentare geometricamente forme della natura stilizzate, uno di Tell Hallaf con rappresentazioni della doppia ascia, di teste di toro, rosette e “croci di malta”, e un altro di Samara con rappresentazioni della “croce uncinata” adornata da animali stilizzati; è da quest’ultima cultura, volta ad adorare Enki il dio primordiale, che nacque la città di Eridu. Questi esseri: “Primati, Vigilanti e Anziani d’Egitto”,  diedero origine alle genti che si stabilirono tra il Fiume Tigri e l’Eufrate, nella terra di “Senaar” dove più tardi intorno al 2.300 a. C. Sargon, per l’appunto colui che insegnò la civiltà e i segreti dell’universo, Naransin e il biblico gigante Nimrod, o Bel, (l’adoratore degli idoli di legno e pietra che sfidò Dio per vendicare gli avi uccisi dalla regrezione del diluvio), crearono il mitico regno di Akkad, Calanne e Babilonia o Ba-Bili, in sumerico “Ka Dingir Ra”, cioè “Porta di Dio” per alcuni confusione. In effetti un recente studio filologico confermerebbe che lo stesso autore della Genesi spiegò con artifizio voluto il termine babel  come se derivasse da balal  o bilbel  , mentre in realtà deriverebbe dall’accadico, assiro-babilonese “bab-ilu” o “bab-ilani”  che significa per l’appunto ‘città del dio’ o ‘città degli dei’. Il significato originario di ‘città degli dei’ sarebbe confermato anche dal fatto che il termine assiro è un calco del sumerico (lingua ben più antica dell’ebraico e dello stesso assiro) “ka-dingir-meš”  ‘città degli dei’ in cui l’ideogramma “dingir”  ‘dio’ compare anche nella grafia assira. Babilonia è la città scoperta nel 1899 da Koldeway, la città dove fu eretta, dai giganti, la biblica “Torre di Babele”, come afferma Eupolemo e descritta da Erodoto, le cui fondamenta ritrovate formano un quadrilatero di circa m. 2.500 x 1.500, la stessa mitica ziggurat di Babilonia che provocò l’ira di Dio che volle rendere incomprensibile l’unica lingua “nostratica” allora parlata risalente a 15.000 anni fa e che avrebbe originato da quell’evento tutte le odierne lingue moderne; cosa questa, a mio parere, alquanto inverosimile, è più facile sospettare che già allora ci fossero più genti di etnie diverse con più lingue e per questo vi fu una certa difficoltà ad edificare. Il concetto di un’unica lingua universale è più razionale concepirlo come un “linguaggio genetico” inserito nel nostro DNA dai, o dal Demiurgo creatore, o concepirlo come un “linguaggio astronomico” di “sinboli” rappresentanti stelle e costellazioni legate al quel fenomeno precessionale degli equinozi utile a comprendere quegli eventi catastrofici che distrussero le antiche civiltà, quegli eventi ormai persi nei ricordi della storia umana, ma che ciclicamente accadono e atterrano ogni torre, ogni “ziggurat” innalzata a sfidare i Creatori. Del resto il moto precessionale era conosciuto dai sumeri, che già ai loro tempi avevano l’anno diviso in dodici mesi lunari corrispondenti a 364 giorni, cui aggiungevano altri undici giorni per ricavarne l’anno solare che combaciava con il lunare ogni diciannove anni. Ricercando archeologicamente tra i primi ritrovamenti che fanno pensare a centri urbani mai costruiti prima vi sono anche quelli dell’altopiano della Turchia a Hacilar, Canhasan, Mesin, Alaca, Troia, Kultepe e a Chatal Huyuk, datati 7.000 a.C. e a Gerico datati 6.800 a. C.. Sempre intorno all’VIII millennio risalgono anche i primi sassi numerati usati per i primi calcoli numerici e da qui che probabilmente si svilupparono poi le prime forme di scrittura, anche se alcuni strani ritrovamenti archeologici confermerebbero scritture molto precedenti: come ad Artigas in Uruguay dove vi è una pietra con possibili scritte risalenti a 130 milioni di anni fa, o a Chandar, nella regione degli Urali dove nel 1.999 fu trovata e studiata dai scienziati della Bashkir State University una mappa di tre strati sovrapposti di dolomite, diopside e porcellana bianca, vecchia di 120 milioni di anni con incise sopra opere di ingegneria civile e geroglifici sillabici sconosciuti.
Altre stranezze appaiono anche nelle consuete e documentate prime forme di scrittura: il pittografico dravidico, il geroglifico, il cuneiforme accadico, il cuneiforme ittita (indo-arya), trovati anche in forma minuta da far sospettare l’uso di lenti d’ingrandimento che a quanto pare, dati i vari ritrovamenti nel mondo sembra che allora esistessero, basti pensare alla “perfetta” lente ritrovata in una  tomba egizia di Elwan e conservata al British Museum di Londra, ansi sembra che conoscessero anche il cannocchiale una sorta di “tubo o bastone dorato”, strumenti che per l’epoca sembrano impossibili, ma pare esistessero, basti ricordare il bastone donato dagli dei agli antichi faraoni egizi Tutmosi III, per  sconfiggere gli Hyxos, ciò che sarà ricordato come “l’Armageddon”, o a Ramnes II, per sterminare i suoi nemici, o a  Salomone per tagliare le pietre del tempio (vedi il 3° libro dei Re: VI, 7), o lo "Shamir" (il verme tagliente) di Mosè che fece sgorgare l’acqua e alzare le acque, ecc..., del quale si dice fosse un “minerale” potente che dopo l’uso, veniva avvolto in panni di lana e conservato in casse di piombo, ricolme di semi di lino. Incredibili, infatti, come lo erano per gli egizi, sono le conoscenze astronomiche, matematiche e tecniche di questo popolo antico che già sapeva della sfericità della terra, che già conosceva il decimo pianeta “Nibiru”, che solo ora la scienza ha accertato, che conosceva un avanzato sistema matematico chiamato sessagesimale che già conosceva il bronzo e la relativa fusione per ottenerlo, il rame e lo “stagno” che chiamavano, curiosamente, “An na” cioè “pietra celeste”. Queste genti, provenienti dagli altopiani iraniani, dai ritrovamenti di macine, mortai, pestelli, ossa animali ecc. in Kurdistan (9.500 a.C.), Tel Abu Hureya, (8.000 – 6.000 a.C.),Chemchemal (6.750 a.C.);  intorno al 5.500 a. C, in Mesopotamia fondarono la civiltà sumera per l’appunto da Shumer, o Sumer e comparirono nel regno di Urartu, nell’Assiria e nel Elam, l’odierno Iram, le prime “città stato” di Sippar, Akkad, kish, Ur, Nippur e Eridu, unificate poi per l’appunto dal citato Sargon di Accad nel 2.500 a. C..
Il nome Eridu significa “casa costruita lontano”, a edinu, che “significa pianura” della bassa Mesopotamia, (varie teorie indicano Karduiyas in Babilonia, tra i quattro fiumi), da cui si sostiene derivi il termine biblico di “Eden”, giardino e dimora dell’uomo. Eden in ebraico significa “Delizia”, o “piacere”, ma l’origine accadica del termine significa “gradone, o terrazza agricola”; per la Cabala, “Giardino di Delizie” e luogo di iniziazione ai misteri. I sumeri chiamavano gli dei “Din Gir”, cioè “puri dei razzi”, da cui “E Din”, la “casa dei puri”, o l’accadico “Edin”, “l’altopiano” che divenne probabilmente “l’Eden”, il nostro “Paradiso”, cioè lo “spazio recintato”, dalla radice persiana, pairi, “attorno” e daeza, “muro”; in inglese il termine diventa heaven dall’ebraico, ha’shemim, cioè “cielo”. Quindi intendendo sempre un altura, “la dimora degli dei”, dove, come vedremmo più avanti, la dea delle nascite Ninti con il fratello Enki crearono l’uomo. I sumeri divisero il cielo in tre parti, la via di Enlil a settentrione, la via di Anu al centro e la via di Ea a meridione. Nella mitologia sumera, Anu o An, “l’Oosiride egizio”, con i suoi Sukkali,"messaggeri"., era il dio del cielo, Enlil il figlio maggiore di An, era il dio dell’aria, Enki era un dio come il Narayan del Nepal, “Colui la cui casa è L’acqua”, il “neptus”, la “sostanza umida”, fu quest’ultimo il creatore del genere umano, il “Buzur, detentore dei segreti”, vocabolo che nella Bibbia diventa Nahash, “Serpente”, nella Genesi 3:1: “E Nahash era il più astuto tra gli esseri creati da Dio”, correlato ad Eva, tradotta come “Madre di tutti i viventi, Serpente femmina”, che contrastato da Enlil,“il serpente con gli occhi splendenti”, (il dio del cielo), “forse lo stesso Jahwe, l’Elohim che uccideva i figli di Lilith”, avrebbe, aiutato l’uomo a evolvere, facendolo diventare senziente. In alcune tavolette d’argilla sumere si parla infatti di una figura simile alla prima strega Aradia, e all‘ebrea Lilith, “la luna nera”, si tratta di Nin hur sag, o Nin Ti, (Signora della vita), Ti significa anche costola e ci porta a ricordare Eva, era anche la signora della montagna e la sorella di Enki che dirigeva la medicina; sarebbe proprio seguendo materialmente i procedimenti medici del fratello che nel suo laboratorio riuscì a creare la razza umana, un merito che gli altri dei le riconobbero. Oltre a questi dei vi era la triade astrale: Nannar, Utu, e Inanna o Ishtar, quest’ultima una dea guerriera che secondo le scritture sumere, “proprio come la greca Diana”, circuì Encki identificato anche in “Lucifero”,  che gli svelò tutte le arti e salì sulla barca del cielo, il suo “Mu” e ritornò nella sua terra. In una tavoletta d’argilla sumera si legge: “La Signora del cielo indossa la veste del cielo e vola nel suo Mu nel più alto dei cieli”, una scultura murale rinvenuta ad Ashur nel tempio della dea la mostra proprio in assetto di volo con tanto di elmo, antenne, cinghie e occhialoni, riscontrabili anche nelle statua russa “l’astronauta di Kiev”, e nelle statuine dello Yucatan, nei petroglifi messicani della cultura Totonaca in Messico del 700 a. C. e in quei giapponesi “Dogu” della cultura Jomon del 10.000 – 300 a. C.. La Dea sembra che spesso apparisse alle tribù protette dicendo: “veglierò su di te da una camera d’oro nei cieli”, e di lei si dice che viaggiasse su un carro d’oro trainato da sette leoni. Pare che possedesse strani marchingegni, bacchette, o strani cilindri; in testa portava la Shu.ga.ra, letteralmente dal sumero: “ciò che fa andare lontano nell’universo”.



La misteriosa mappa tridimensionale datata 120 milioni di anni fa e rinvenuta nella località di Chandar, negli Urali, il 21 Luglio 1.999, che rappresenta, incredibilmente, prospezioni aeree di dighe e canali. A fianco una locazione ipotizzata di Atlantide


19° LA CADUTA DEGLI IMMORTALI FIGLI DI DIO E LA COMPARSA DEI GIGANTI

Nel codice sumero di Hammurabi “il sovrano legislatore”, scritto intorno al XVIII se. a. C. Anu è invocato come “re degli Anunnaki”, in altre parole, le divinità, coloro che sono venuti dal cielo, che secondo le interpretazioni di Zecharia Sitchin (studioso ebraico di origine russa), sarebbero i Gibborim, o i Refaim, figli dei biblici Nephilim, o Nefilim, dall’ebraico Nafal, “caduti”, vale a dire i figli di Anak, coloro che sono caduti o gettati sulla terra dal cielo; esseri vissuti al tempo di Abramo 2.000 a. C., esseri chiamati dai moabiti del deserto, Emim, le "cose spaventose", o Zuzim ad Am. Esseri sconfitti dal re dell’Elam Chedorlaomer nella città di Asterot Carnaim, forse l’odierna Sheikh Sa’ad, ad est del mar Nero in Iran. Esseri legati per l’appunto ai leggendari re Og di Basan, figlio di Semyaza, “di cui Mosè ci ricorda avere un letto di cinque metri”, e ad altri quattro Refaim dalle sei dita, tra i quali Golia, che furono uccisi all'epoca di Davide; esseri vissuti fino al tempo dell’Esodo. Esseri cui ci rimangono numerosissime tracce fisiche, vedi il gigante fossilizzato di 3,70 metri trovato da Mr Dyer nella Contea di Antrim in Irlanda con piedi a sei dita, o le orme a sei dita lunghe 32 centimetri, trovate nel 1810 a Braystown in Tennesse, o ancora lo scheletro gigante a sei dita trovato in California sempre nel 1810. Del resto già Erodoto nelle “Storie 1-68” parla del ritrovamento di un gigante di 3,10 metri. Durante il regno di Ottaviano Augusto, secondo quanto riportato da Svetonio, durante gli scavi per le fondazioni della sua villa a Tragara, furono rinvenute ossa gigantesche e armi in pietra che Augusto volle fossero trasportati nella sua residenza principale di Palazzo Mare a Marina Grande. Sono queste probabilmente le ossa degli esseri di quella razza che Giosuè ed i suoi esploratori tornando dalla terra di Cannan affermarono di aver visto, per l’appunto i “Nefilim, i figli di Anac…” Sono gli stessi esseri che nelle ricerche e rappresentazioni demonologiche si potrebbero associare a quelle figure parte delle tredici varietà di demoni dipendenti dai subordinati di Satana, corrispondenti ai “Voluttuosi”, parte di quegli esseri che Sitchin divise in due caste: gli spirituali ed evoluti Nephilim e gli Anunnaki costretti a estrarre minerali per la tecnologia dei primi, forse quegli stessi esseri rappresentati dalle statuette mesopotamiche delle “Divinità Occhio”, ritrovate a Tell Brak in Siria, affini alle statuette Dogu giapponesi e alle raffigurazioni delle pitture rupestri Africane e Australiane, associabili ancora, all’Astronauta del deserto di Nazca, ecc.. Comunque esseri che si scontrarono in antiche battaglie e secondo Sitchin, provenienti dal decimo pianeta, il pianeta Nibiru che avrebbe una rotazione orbitale di 3.600 anni attorno al nostro Sole, cioè “uno Shar”, un anno. Nibiru, nel suo ciclo d’evoluzione verrebbe a contatto con qualche pianeta di una stella esterna della costellazione, tanto cara agli egizi, di Orione, fungendo così da navicella spaziale tra il nostro sistema e un altro similare. Sarebbe proprio da qui che gli Anunnachi sarebbero giunti sulla terra con la loro aeromobile; tra l’altro si dice anche che è questa nave la stella comparsa il 7 a.C. (nascita reale di Gesù), che guidò i Magi nella mangiatoia dove nacque il Messia, descritti nel Vangelo di S. Matteo. Del resto anche la sua morte e resurrezione legati alla Sacra Sindone presentano non pochi interrogativi, basti pensare alla traccia dell’immagine cristica rimasta nel lenzuolo di lino che sarebbe stata causata da scariche protoniche lanciate dall’alto, come afferma Thomas Philips e Jean Baptiste della Harward University; o comunque da una radiazione elettronica, omogenea perpendicolare al corpo, come invece, afferma il chimico tedesco E. Lindner.
Ammettendo che la dimensione tempo sia relativa al moto, e ipotizzando un “legame metabolico” tra i pianeti e la loro rotazione attorno al sole, si spiegherebbe la veloce evoluzione dei Kumaras di Venere, “i Sempre Giovani”, che un tempo sbarcarono sulla Terra, e anche quella degli Anunnachi di Nibiru, che apparirebbero all’uomo immortali. Infatti, se paragoniamo un nostro anno solare di vita, vale a dire un’orbita di 360° attorno al sole con l’orbita completa di Nibiru di 3.600 anni attorno al sole, cioè uno “Shar”, appare evidente la diversa cognizione del tempo, tenendo presente che la vita per gli umani secondo gli scritti antichi non supera i 120 anni, per gli Anunnachi sarebbe pari a 120 x 3600; ovviamente una volta discesi sul nostro pianeta questi soccomberebbero lentamente alle leggi fisiche riservate all’uomo. Non a caso Yahweh è chiamato anche il "Dio di Olam" (Isaia 40,28 - Genesi 21,33), un nome che non è riportato nella Bibbia italiana e significa "misteriosamente nascosto"; quindi Dio giunge da un luogo che non può essere visto. Secondi gli Scritti, Olam dista dalla Terra ben "sette cieli", per attraversare ogni cielo occorrono 500 anni, per l’appunto un totale di 3.500 anni. In Oriente oltre ad accennare ai “Guardiani del Cielo indù, i Lokapala”, si è calcolato, secondo alcune interpretazioni e calcoli fatti sulle età Yuga, che un Kalpa, un giorno di Brahma sarebbe pari a 4.320.000.000 di anni terrestri. Ma a parte queste interpretazioni e calcoli, chiaramente nella Taittirya Brahmana III. 9-22.I, si legge: “Ciò che per gli uomini è un anno, è un solo giorno per gli dei”.
Nell’Odissea, tradotta da Ippolito Pindemonte, Omero oltre a citare un popolo di giganti chiamati ciclopi, riferisce l’immortalità di alcuni esseri, si legge infatti: “E i Feaci l'accolgano, che quasi Degl'immortali al par vivon felici. Essi qual nume onoreranlo, e al dolce Nativo loco il manderan per nave; Rame in copia darangli, ed oro e vesti,
Quanto al fin seco dalla vinta Troia”. Questi esseri che nelle traduzioni delle antiche e Sacre Scritture della “Torah” la Legge, sono stati tradotti “figli di Dio” sarebbero in realtà, da una più corretta traduzione dall’aramaico chiamati “Buona Compatibilità”, e sarebbero identificati in coloro che si unirono alle figlie degli uomini dando origine ai mitici giganti, come ci riferisce il Libro di Enoch, il Documento di Damasco, ecc.. Quanto detto confermerebbe la longevità dei patriarchi antidiluviani, le costruzioni ciclopiche e megalitiche tese ad anticipare cronologicamente gli eventi cosmici e gli sbarchi alieni, nonché le tracce effettive dei giganti trovate in Europa settentrionale, Asia, America, ecc.. L’incredibile teoria di Zecharia Sitchin è nata dalle interpretazioni di Gorge Aron Barton che da alcune tavolette e cilindri rinvenuti nei sotterranei dell’University Museum di Filadelfia, venne a conoscenza di “E Kur”, il tempio del massimo dio sumero Enlil, “il serpente con gli occhi splendenti”, di Enki il dio degli abissi e Sir la dea serpente che associò ai Vigilanti di Enoch. Le tavolette raccontavano una strana storia della creazione che fu pubblicata in un libro che venne successivamente tradotto dal geologo inglese Christian O’Brien. La storia narrava dell’esistenza di esseri divini chiamati per l’appunto Anunnage, o Anunnaki discendenti dai figli del cielo e della terra, giunti da prima sulle alture, probabilmente del Kurdistan, si stabilirono poi in una fertile valle chiamata “Edin”, che in accadico sta per altopiano e li fondarono la loro comunità “Kharsag”. Le tavolette narrano che gli Annunage crearono due campi, uno in cielo con trecento Annunnage con a capo Anu e uno in terra con seicento di loro governati da Nergal che fondarono la città di Kish, di cui i primi cinquanta separatamente fondarono Eridu, tra loro Enki, Sir, Utu e guidati da Enlil signore della coltivazione e la moglie, “signora splendente” Ninkharsag, chiamata anche Ninlil; il capo assoluto rimaneva Anu che elargiva solo pareri ad un democratico “Consiglio, costituito da Sette Eletti”, identificabili con i sette arcangeli giudeo-cristiani, con i sette Amesha Spenta dello “Zand Avesta” zoroastriano e con i Vigilanti enochici. Interessante ricordare che nel poema di Gilgamesh, l’eroe sumero ha caratteristiche demoniache, è un “Illu”, un uomo per due terzi dio e per un terzo uomo, un sovrano che rifiutò l’amore di Ishtar e cercando la pianta dell’immortalità si imbatte in Ut Napishti il “Noè sumero”, un eroe che assieme al selvaggio Enkindu andò a cacciare il mostro Humbaba, un gigante con artigli di leone protetto da sette strati di vampe che viveva nella foresta di cedri situata nei monti Zagros nel Kurdistan, curioso che in accadico cedro si dica “erin”, termine che in ebraico indica proprio i vigilanti, inoltre la mistica ebraica del Sepher Bahir, “il Libro Fulgido”, da al cedro il significato di femmina, “l’albero dello splendore” del Cantico dei cantici: “Chi è costei che sorge come l’aurora, bella come la luna, splendente come il sole, terribile come un esercito schierato” (Cant, 6.10). Ecco questo è detto per la femmina, e per essa è stata tratta la femmina da Adamo, giacché il mondo inferiore non può esistere senza la femmina…”. Nel suo Dizionario Filosofico, Voltaire, l’amico del misterioso Conte di Saint Germain, (vedi l’interessante lettera riportata a fine testo), oltre ad affermare che la storia della caduta degli angeli, non si trova nei libri di Mosè; afferma anche che la prima testimonianza che ne abbiamo è quella del profeta Isaia, il quale, apostrofando il re di Babilonia, esclamò: “Cosa è diventato l’esattore dei tributi? I pini e i cedri si rallegrano della sua caduta; come sei caduto dal cielo, o Hellel, stella del mattino?” (Isaia 14,12-15), e lo stesso “Helel ben Shashar”, il ribelle del pianeta Venere citato nel testo ebraico “Targun a Giobbe”, è la stessa stella del mattino che i Maya identificarono in Quetzalcoatl, il serpente piumato giunto da Venere. Questo Hellel venne tradotto dall’ebraico con la parola latina Lucifer, probabilmente per indicare, per l’appunto, i caduti dal pianeta Venere, “il portatore di Luce”, il luminare della Terra d’allora; in seguito si dette, in senso allegorico, il nome di Lucifero al principe degli angeli che fecero la guerra in cielo; e finalmente questo nome, che significa anche «fosforo» e «aurora», diventò il nome del diavolo che ricorda “devolo” scendere in volo, o dal greco dia-bolein “lanciarsi attraverso”. Come vedete, si nomina qualcuno giunto dalle stelle in devolo a separare, si nominano ancora i cedri, forse quegli stessi cedri, in quella stessa zona meta dell’aterraggio alieno narrato da Enoch. Sarebbero stati i diretti discendenti di questi Vigilanti, Anunnachi, chiamati anche “serpenti dagli occhi splendenti” a fondare le famose “città stato” sumere. Reali testimonianze le possiamo trovare in alcune tavolette cuneiformi babilonesi, che raccontano di un sapere trasmesso da giganti sfuggiti al diluvio. Alcune testimonianze sumere raccontano che dopo la “fantomatica ribellione” fu deciso di creare una nuova razza sulla terra e i Nefilim presero dell’argilla, del sangue del primate e lo sperma dai giovani Nefilim e dopo aver mescolato il tutto, lo misero nel ventre di sette donne Nefilim scelte appositamente e così nacquero i primi piccoli umani, che, a quanto pare, furono portati successivamente nell’isola di Gondwanaland, il cui nome deriva per l’appunto dai racconti della Creazione delle tribù dell’Africa occidentale, dove narrano la loro provenienza dall’ovest, dall’’isola di Gondwana davanti alle coste occidentali dell’Africa. Guarda caso proprio nella Sierra Leone, in Africa occidentale, il geologo e archeologo Angelo Pitoni trovò strani minerali di 12.000 anni, di pietra azzurra, la “Skistone”, ritenuti strutturalmente di materiale artificiale e trovati assieme ai “Nomoli”, statuine di esseri satiri, strani esseri deformi, considerati dagli indigeni locali Kiui, la rappresentazione degli angeli caduti. Dai tempi di Adamo ed Eva, infatti, secondo alcune interpretazioni, l’uomo si sviluppò in due ceppi, sorvegliati da esseri evolutivamente superiori, di cui uno non poteva procreare e costretto in schiavitù ad estrarre oro nella valle sumera fino a 20.000 anni fa, come risulta dalle analisi di alcuni scheletri ritrovati in alcune miniere; questo ceppo poi scomparì completamente con il Diluvio Universale circa 12.500 anni fa. La scienza, comunque, non sa realmente e non ha prove certe di come siamo giunti sulla terra, non a caso si parla “missing link”, o meglio dell’anello mancante tra l’ultimo primate e noi; certo è che sembriamo venuti dal nulla e viviamo nel pianeta da 150.000 – 250.000 anni, ma è altrettanto vero che un evoluzione lenta e in parte inconsapevole, nel suo crearsi, non può portare la prova certa dell’origine di se stessa, e gli antichi lo sapevano; l’inno Asya Vanasya, “l’Enigma dell’Universo” del Rishi Dirghatamas, (Rig. Veda I. 164) riporta: “Colui che questo ha creato, questo non conosce; da chi fu visto ciò, davvero ciò gli rimane nascosto. Egli è invero occultato dentro l’utero della madre; egli che provò molte nascite di progenie”.


  
Le divinità occhio ritrovate a Tell Brak, situato sul fiume Khabur a Nordest della in Siria, uno dei centri della Mesopotamia. A fianco l’Astronauta del deserto di Nazca, notare la rassomiglianza dello stile interpretativo

  
Salvatore Poma ricorda che alcuni scienziati americani che hanno studiato i casi di persone con sei dita nel territorio degli Stati Uniti hanno scoperto che molti degli antenati di costoro provenivano da una popolazione stanziata in una regione dell'attuale Turchia, e in questa popolazione non è rara la nascita di persone con sei dita. Perché il progetto genetico di questa popolazione comprendeva questa struttura di mani a sei dita? Forse sono reminescenze di antiche ibridazioni con gli antichi dei. Sopra una foto di comandi predisposti per mani a sei dita e foto di un Alieno tratti dal materiale di repertorio divulgato del caso di Roswell.















20° I GIGANTI E GLI DEI LUMINOSI E LE GRANDI MADRI NEL RICORDO CELTICO

Come in India la Dea Aditi guidava gli Aditya, dei e titani, guardiani dell’universo, anche le leggende celtiche, oltre che a narrare anch'esse dei giganti bellissimi dotati di poteri magici abitanti, in altri tempi il nord Europa, raccontano così l’arrivo circa 5.000 anni fa dei loro semidei evolutivamente superiori: “I Thuata dè Danann arrivarono in Irlanda dal cielo avvolti in una nebbia. Vennero in Eire, esseri brillanti di luce, in nubi di fumo e lampi. Venivano dalle stelle gli Dei d’Irlanda”. I Thuata De Danann, forse quei Tal-Ul-Don che nella fantasy dei I regni dimenticati della terra senza tempo”, hanno delle fattezze umane e sono dotati di grandi ali dalle piume multicolori poste dietro la schiena, erano la Tribù della “Grande Madre Terra, progenitrice di tutte le tribù, chiamata nei vari linguaggi: “Don, Dona, Dana, forse l’omofona “Diana”, Danu, o Anu proprio come il dio sumero, “padre di tutti gli dei”, giungeva da una terra nordico iperborea, dalla “Terra dei Tumuli” al di là della regione delle brume e del fiume oceano, dall’Avallon, per l’appunto da “Danan” in gallese Don, cioè “Corte di Don”, ossia “Liys Don”, nome con cui si designava anche la costellazione di Cassiopea, dove Dana è il pianeta maggiore, ove si dice vi fosse il suo trono. Questa “terra degli dei”, a mio avviso, forse era nel lago etiope di Tana, zone legate alla regina di Saba, Salomone e l’Arca dell’Alleanza, o meglio in corrispondenza delle acque del fiume Dan, affluente del Giordano, poco distante dal monte della “maledizione”, Hermon; dove scesero per l’appunto i Vigilanti descritti da Enoch. Non dimentichiamo che “dan” in ebraico significa “giudicare”, e come fa notare R.H. Charles non è un caso dato, come afferma il testo, che è in queste terre che furono relegati i Vigilanti ribelli. A Dana vi si può associare il mito delle Danaidi, per l’appunto la fenicia “Tanais” nome antico del Don e della grande Dea, sono le cinquanta figlie di Danao fuggite da Argo per sfuggire al matrimonio con i cugini, che uccisero la stessa notte di nozze, colpa che, per alcuni, le portò ad una purificazione da parte di Atena ed Ermes nella palude di Lerna ed a un nuovo matrimonio, per altri, alla morte per mano dell’unico superstite Linceo sposo di Ipermetra, per altri ancora, costrette nell’Ade ad attingere acqua con vasi forati. La costellazione di Cassiopea è legata simbolicamente anche alla farfalla, simbolo di rigenerazione, e ritrovabile nelle tradizioni sciamaniche neolitiche, anche in Italia, vedi la statuetta del villaggio neolitico di Passo di Corvo a Foggia, che sembra rappresentare una donna in un estasi sciamanica con il sangue che le esce dalle narici e sotto i seni porta proprio il simbolo della costellazione di Cassiopea, a mio parere potrebbe essere benissimo quella madre dea “Danu” chiamata in chissà quanti altri modi. In Liguria i ricercatori Davide Gori e Enrico Calzolari hanno fatto notare che la disposizione di alcuni siti megalitici formerebbero toponomasticamente la costellazione di Cassiopea; inoltre in uno di questi siti un “Qudrilithon” sarebbe disposto appositamente, in modo che l’evento solstiziale proietti l’immagine di una farfalla dorata su una pietra fallica disposta frontalmente. Elementi questi che hanno fatto pensare che presso la Valcamonica nel promontorio di Caprione un tempo si praticasse una “liturgia della penetrazione della luce” come, tra l’altro, era in uso anche presso i nativi americani, vedi il tempio di Kukulkan a Chichen Itza. La dea Danu potrebbe essere associata anche al celtico “Dio Cervo”, che in una sua antica scultorea rappresentazione, spogliata dalle decorazioni rappresenterebbe, per alcuni, la specie aliena dei “grigi” identificati per l’appunto con i Thuata De Danann; ma che forse è solo la dea rappresentata così, per indicare la costellazione dell’Alce composta di molte altre costellazioni, la cui parte superiore delle grandi corna è per l’appunto la costellazione di Cassiopea, le corna e la parte anteriore del corpo sono Perseo e un paio di stelle dell'Auriga formano la parte posteriore del corpo dell'Alce. Se si legge il testo di Margareth Murray “Il Dio delle Streghe”, si evidenzia l’esistenza di un antico culto sciamanico del “Dio Cervo” che si immola e rinasce per garantire il nutrimento agli uomini, un culto risalente addirittura alle caverne del paleolitico e successivamente legato, alle streghe, che nelle loro pratiche di stregoneria adoravano per l’appunto un Dio antropomorfo con le corna in testa, trasformato poi, dalla Chiesa nel “diavolo che tutti conosciamo”. Se andiamo ancora a ricercare, troviamo che la dea Danu è la “Casyapi” sanscrita, seduta con un fiore di loto, è la regina caucasica “Chasiapati”, è la dea fenicia della prosperità “Kasseba” rappresentata seduta con delle spighe tra le braccia e nei manoscritti arabi è similare alla dea menzionata come la “Donna Seduta”, chiamata dai latini Sulium “trono”. La Tribù della dea Danu, I Thuata De Danann, pare siano giunti a bordo della “Roth Ramrach”, una grande ruota volante capace di portare più di mille persone; arrivarono attratti dalle bellezze terrestri per insegnare ai figli della terra, precisamente ai “Ard-ri”, re sacerdoti, l’amore e l’armonia, erano un popolo magico i cui grandi guerrieri servivano a Tara, l’Ard Righ “il Grande Re”, come fu Conn delle Cento Battaglie, il re che ricevette da Lugh in una visita all’Altro Mondo la famosa coppa simbolo della regalità che rese grande il suo regno fino a quando un’ignobile donna mise fine alla sua prosperità, “una sorta di Pandora greca”, la bellissima prima donna mortale ritenuta causa di tutti i mali e mandata da Zeus per punire gli uomini. Una coppa, questa, chiamata “il Graal”, che una leggenda ritiene fosse affidata ad Adamo che la perse nel Paradiso Terrestre, dal quale, alla sua caduta, fu cacciato; la coppa poi fu ritrovata dal figlio Seth, che poté ritornare nel Paradiso Terrestre a recuperarla. Da qui il Graal scomparve fino all’epoca di Cristo, ed è forse in questo periodo che i druidi ne entrarono in possesso. Nel “Libro delle Conquiste”, un antichissimo manoscritto irlandese, narra che "in un giorno di maggio, dall'altra sponda dell'oceano arrivò la stirpe dei Tuatha dè Danan". Giungendo dal nord, che è anche la radice del termine “Thuata”, questi “semidei luminosi in carne ed ossa” fecero dono ai nativi d’Irlanda oggetti e armi magiche delle loro patrie atti a favorirne lo sviluppo, fra cui la spada Nuada del regno di Findias, la lancia di Lug del regno di Gorias, la conca o calderone di Dagda del regno di Murias e la Pietra del Destino del regno di Falias; armi simili proprio a quelle descritte nel “Mahabarata” indù, o a quelle della mitologia greca, basti pensare ai calzari alati per volare, al sacco che si adattava al contenuto e all’elmo che rendeva invisibile, oggetti donati dagli iperborei a Perseo che già possedeva un’invincibile spada donata da Hermes e uno scudo brunito di Atena, il tutto per distruggere le Gorgoni tra cui la mitica Medusa dallo “sguardo pietrificante”. L’antica tradizione celtica, guarda caso, prevedeva rituali di unione sessuale tra un sacerdote rappresentante del dio e una sacerdotessa probabilmente scelta fra le privilegiate assistenti maghe o profetesse a lui inferiori, forse come quelle stesse ”figlie degli uomini” di cui ci parla il profeta Enoch, che vedremmo più avanti, e usata come veicolo per manifestare sulla terra le energie creative della nuova stagione. I cerimoniali sacri si consumavano durante la festa di Beltane proprio a maggio, come per ricordare l’arrivo degli dei, nell’inizio della metà luminosa dell’anno che portava a nascere i bambini all’inizio della primavera, intorno alla festa di Imbolc, o Imbolic, l’Oimelc, o anche Candlemas, da cui deriva la festa padana della Candelora consacrata allora probabilmente alla dea della sapienza Birgit. Nella mitologa celta, nei testi come il “Leabhar Gabhala”, il Libro delle Invasioni, tratto da testi del VI, VII sec. a.C., oltre che ad accennare alle “mitiche armi” si afferma che furono i Fomoriani o Fomori i primi abitanti d’Irlanda. I Fomoriani erano un “popolo di giganti” che nel tempo condusse battaglie contro gli invasori Portholoni, Nemed, Firbolg e i mitici Thuata De Danann, forse giunti a porre fine alle guerre, tra questi ultimi vi erano: Dagda, Brigit, Ludd, Dian Cecht, Ogma e Lir; quel “popolo divino” che permise alcuni matrimoni tra i due popoli. Alcune leggende celtiche rassomigliano molto a quelle greche, basti pensare al concepimento di re Artù ed al concepimento di Ercole, non a caso i greci facevano risalire i keltoi, cioè i celti dal figlio di Eercole Celto. Tra i giganti Fomoriani privilegiati, associati alle forze della natura, vi era: Bres, Eriu, Tethra e Balor il dio della morte; la leggenda racconta che quest’ultimo, descritto come il Polifemo greco, un gigante monocolo re dei Fomoriani, figlio di Buarainech, volle rinchiudere in una torre la moglie Ethlinn perché non partorisse il figlio, che una profezia riteneva diventasse suo distruttore. Ethlinn partorì comunque, congiungendosi con Cian dei Thuatha De Danann aiutato dalla druida Birog; Balor accortosi del fatto gettò nel mare il bimbo che salvato dalla druida Birog fu allevato dal dio del mare Manannan Mac Lir (che a quanto pare poteva trasformarsi ed era in suo potere viaggiare su una nave senza vele comandata solo con il pensiero), prendendo il nome di Lugh, l’eroe che portò i Thuatha De Danann alla vittoria di Mag Tuireadh; vittoria nel quale Balar riuscì ad uccidere Ludd re del popolo divino perdendo però la vita per mano del figlio maggiore, che lo colpì a morte con una fionda, (come Davide e Golia), come aveva predetto la profezia, una profezia sul genere di quelle indhù come quella dell’asura Kamsa che all’epoca dell’avvento di Krsna circa 5.000 anni fa udì dal cielo una voce che gli profetizzò: “Come sei scocco, Kamsa! Stai conducendo il carro di tuo cognato e di tua sorella senza sapere che il loro ottavo figlio ti ucciderà”. Sugli “Dei Luminosi” della tradizione nordica si narra che quando i Milesi li guidarono sotto terra i Thuata De Danann presero il nome di Daoine Sidhe, il loro re era Finvarra, grande giocatore di scacchi mai stato sconfitto e un donnaiolo che rapisce donne umane; si narra anche che donne bellissime del Sidhe, le “Banshees” appaiono avvolte nelle nebbia per accoppiarsi con uomini umani con l’intento di generare nuove stirpi di eroi. Una leggenda confermata dall’antico manoscritto trovato in un tempio celtico racconta la malefica saga distruttrice del dio Lugh e i suoi potenti Nazgul, che alleatosi con gli altri demoniaci dei infernali Valdemon, Agaliareth, Ogmios, Sagaxius e Bentrides, sconfissero con un sortilegio, un misterioso e valoroso cavaliere di giustizia, loro avversario, che per merito del suo agire, ebbe in dono dagli dei benigni l’immortalità nell’eterna trasmigrazione dell’anima. Il celtico Lug, era raffigurato con due teste come il romano Giano Bifronte, e rappresentava il vecchio e il nuovo, affine al Mercurio greco, era definito anche “il risplendente protettore delle arti”. Assieme a Mabon (il sole guaritore), Dagda (il padre degli dei), Gabanon (il fabbro), vi era Dian Cecht (il dio della medicina) che costruì un braccio d’argento al sovrano, braccio che aveva perso in battaglia e che gli fruttò il nome di Nuada cioè “braccio d’argento”. La leggenda vuole che Dian Cecht assieme alla figlia Airmed riuscisse a ridare vita ai guerrieri uccisi purché non fossero stati decapitati. Altri dei erano: Omios, Esus e una schiera di divinità femminili, tra le quali la triplice dea oscura Morrigan che poteva trasformarsi in corvo e necessitava di trenta uomini al giorno per soddisfare il suo bisogno sessuale; inoltre vi era la figlia di Dagda e la Grande Madre, “Birgit”, il cui nome deriva dalla radice "breo" (fuoco), il fuoco della fucina si unisce a quello dell'ispirazione, poi la dea Caiellach e la dea Mabon, rappresentata come una ruota piena di raggi, “vedi i “Miti Celti” e Arianod “ruota d’argento” unica figlia della Dea Madre e madre di Lugh.

       


21° LA CADUTA DEGLI “ARCONTI”, GLI DEI CIVILIZZATORI

Per i celti, Lugh, “l’Apollo celtico”, sarebbe stato uno dei civilizzatori che operava tra le battaglie della trinità femminile Morrigan, Macha, Boadb e quella maschile per l’appunto di Lugh, Ogma e Dagda. Nel Pantheon hindù, invece, la madre degli dei era Adifi, la sanguinaria dea Kalì, “l’Ishtar hindù”, che si era promessa sposa solo a chi l’avesse sconfitta nelle battaglie contro gli eserciti dei demoni Sumbha di lei innamorato e Munda che gli sferrò contro migliaia di dischi che la dea riuscì ad annientare con un “Hum” (Suono supersonico); vi sono altre divinità quasi tutte di origine arya, le più venerate erano Indra (re degli dei e dio della pioggia), Ganesh (dalla testa di elefante e dio della cultura), Humanum (uomo scimmia amico di Rama) legato forse ai humanum consiglieri sumeri degli antichi re, Suria (il sole), Candra (la luna), Vaju (il vento), Agni (il fuoco), Yama (il dio dei morti), Varuna (la sovranità che viene dal cielo e padrone del destino umano), Kubera (il dio della ricchezza), Kama (dio dell’amore), Shandra (dio della guerra), Shiva (il distruttore) e la sua giusta sposa Kalì, Vishnu (il conservatore dio della saggezza) e una lunga lista di geni, ninfe e satiri servitori di questi dei ritenuti fondamentalmente come la manifestazione di un Dio unico, un concetto di Spirito della Natura di origine munda che prende identità in Isvara e Braham (il creatore). Presso i Fenici vi era la triade EI, Astarte e il terribile Ball Hammon (il Padre Senza Volto), la cui consorte era Tanit “forse la sumera Tiamat”; al di sotto vi era Kusor (il mare), Reshef (tuoni e fulmini), Alyan (fonti e acque), Dagon (il grano), Shadrapa (la medicina), Hipon (l’artigianato), Sysys (giustizia), Misor (la lealtà). Altri dei civilizzatori li troviamo anche presso gli aztechi del dio colibri Huitzilopochtli, in lotta contro il fratello Quetzalcoatl, il mitico serpente piumato. Gli aztechi oltre a venerare Quetzalcoatl e Tezcatlipoca, l’opposto Ometeotl (il grande spirito della natura) e il loro padre Ehecal (il vento, o respiro della natura); veneravano Tlaloc (la pioggia), Xipe Totec (dio dei metalli), Cintetol (dio del mais), Hueheutetotl (il dio vecchio), Xiuhteotl (dio del turchese). Presso i maya vi era il dio principale Itzamma, un vecchio strabico con il corpo di lucertola definito il civilizzatore che insegnò i mestieri e inventò la scrittura, poi vi era il mitico Kuculclan identificato come (il serpente piumato), anche lui un civilizzatore come il dio inca Titi Viracocha. Civilizzatori affini si riscontrano nel Libro etiopico e apocrifo di Enoch, che nell’antico testamento è citato come colui che ha camminato con Dio, risalente al II sec. a. C., derivante dal libro di Noè, e che fece parte, tra l’altro, della bibbia fino al II sec. d. C. riporta fatti precedenti il diluvio, che narrano addirittura d’un intervento alieno di natura genetica, in esso si legge: “E ciò avvenne quando i figli degli uomini si moltiplicarono, quelli che in quei giorni vennero alla luce. Fra di loro erano belle e seducenti figlie. “E gli angeli, i figli del cielo, le videro e le desiderarono e dissero fra loro "Andiamo, scegliamoci delle mogli fra le figlie degli uomini che ci partoriranno dei figli". E Semyaza, che era il capo, disse loro "Io temo che voi non siate concordi per compiere queste azioni ed io solo dovrò pagare la pena di un grande peccato". E tutti gli risposero e dissero "Facciamo un giuramento e leghiamoci tutti con imprecazioni comuni" […] E tutti gli altri [angeli], insieme a loro [il testo si riferisce agli angeli capidecade], presero delle mogli e ciascuno ne scelse una e cominciarono ad unirsi con loro e a sollazzarsi con loro e insegnarono loro vezzi ed incanti e a tagliare radici e a conoscere e distinguere le piante. Ed esse vennero fecondate e partorirono grandi giganti. Essi consumarono tutti i beni degli uomini e quando gli uomini non poterono più sopportarli, i giganti si volsero contro di loro e divorarono l’umanità […] Allora la terra mosse accusa contro i senza legge. E Azazel [un angelo capodecade] insegnò agli uomini a far spade e pugnali e scudi e corazze e fece loro conoscere i metalli e l’arte di lavorarli […] Semyaza insegnò loro incantesimi e il taglio delle radici, Arnaros a sciogliere gli incantesimi, Barakiel l’astrologia, Kokariel l’astronomia, Ezechiel la meteorologia, Arachiel i segni della terra, Sansiel i segni del sole e Sariel i corsi della luna”. In un frammento di Qumran, 2° n.180 i giganti vengono definiti: “Coloro che amano l’ingiustizia e trasmettono in eredità la colpevolezza”. Nel “mito siciliano di Lentini”, raccontato da Sebastiano Pisano Baudo, nella Storia di Lentini antica e moderna, si narra che la città di Camesena fu fondata nei campi leontini, da Cam re dei saturni. I primi abitanti dei campi Leontini furono i lestrigoni, un popolo di giganti vicino ai ciclopi, che abitava sull’Etna. I lestrigoni vengono descritti come un popolo pacifico, organizzato, dedito alla pastorizia e viene rinnegata la loro la rappresentazione di esseri incivili e antropofagi, anche se nel mito di Cerere figlia di Cam Saturno, si racconta come Orco re dei molossi rapì la bellissima Prosepina nei pressi del bevaio di Lentini. Ovviamente noterete che cosi facendo nello stesso tempo viene confermata anche la loro classica reputazione. Nell’Odissea di Omero tradotta da Ippolito Pindemonte, il giudizio sui giganti non distacca molto, si legge chiaramente: “Minerva al popol de' Feaci e all'alta Lor città s'avvïò. Questi da prima Ne' vasti d'Iperèa fecondi piani Far dimora solean, presso i Ciclopi, Gente di cuor superbo, e a' suoi vicini Tanto molesta più quanto più forte. Quindi Nausitoo, somigliante a un dio, Di tal sede levolli, e in una terra, Che dagli uomini industri il mar divide, Gli allogò, nella Scheria; e qui condusse Alla cittade una muraglia intorno”.
Nel Documento di Damasco CD II,14 – III,1, in riferimento alla caduta si legge: “Ed ora, figli, ascoltatemi ed io scoprirò i vostri occhi affinché possiate vedere e comprendere le opere di Dio, scegliere quanto gli è gradito e respingere ciò che odia, camminare alla perfezione in tutte le sue vie senza sgarrare secondo i desideri dell'istinto colpevole (yeser 'ashmah) e degli occhi lussuriosi (be'ene zenut) [cfr. Ezechiele 6,9]. Poiché molti, a causa di essi si sono smarriti, e hanno vacillato, a causa di essi, valenti eroi, dai tempi antichi ad oggi; avendo camminato nell'ostinazione del loro cuore, caddero i vigilanti del cielo; furono presi, a causa di essi, perché non avevano osservato gli ordini di Dio, e (a causa di essi) caddero i loro figli la cui altezza uguagliava quella dei cedri e i cui corpi erano come le montagne; ogni carne che era sulla terra esistiti, essendosi comportati secondo la loro volontà e non avendo osservato gli ordini del loro fattore, fino a quando arse contro di essi la sua ira. A causa di essi si sono smarriti i figli di Noè e le loro famiglie, a causa di essi furono recisi. Ma a causa di essi si sono smarriti i figli di Giacobbe e furono puniti secondo il loro errore”.
Un testo siriano del VI secolo, “Il libro della Caverna dei Tesori “ tenuto in gran considerazione dai Padri della Chiesa e  attribuito a Giulio Africano 200-245, riafferma e reinterpreta i fatti sopra citati, narra delle figlie di Caino che cadute nella lussuria si dirigono verso la montagna di Dio con lo scopo di far scendere i 520 figli di Seth per unirsi con loro e dar così vita ai giganti, gesto che costrinse i ribelli a non tornare nella “Caverna dei Tesori” sulla montagna di Dio, quel Dio che successivamente provocò il Diluvio. Un’altra leggenda degli Ebrei kurdi narra del re Salomone che ordinò ai djinn di trovargli cinquecento mogli vergini, ma quando tornarono con le donne, Salomone era già  morto e allora decisero di sposare le donne rapite, dando origine così alla nazione kurda; un’altra versione della stessa, parla di cento geni e cento mogli. Sembra che le somiglianze di tutti questi racconti nascano tutte dalla stessa fonte.
Il sacro libro etiopico “Kebra Nagast”, oltre ad accennare alla “Caverna dei Tesori”,  descrive così la venuta al mondo di quei giganti Nefilim:  “E le figlie di Caino con cui gli angeli si erano accompagnati concepirono, ma non riuscivano a portare avanti la gravidanza, e morivano. E dei piccoli che erano nel loro grembo alcuni morivano, alcuni vennero alla luce vivi; avendo squarciato il ventre delle loro madri, ne uscivano attraverso l’ombelico…”. Nella Yalqut Genesi e la Bereshit Gabbati, si narra che gli angeli Shemhazai e Azael vollero mettere in guardia il Signore dell’Universo affermando che l’uomo non era degno del suo mondo. “Dio disse: “Ma se distruggo l’uomo, che ne sarà del mondo? Dissero gli angeli: Potremmo abitarlo noi. Ma il Signore replicò: Forse che discesi sulla terra, non pecchereste peggio degli uomini? In effetti poi avuto il benestare dal Signore, discesero sulla terra e attratti dalle figlie degli uomini si accoppiarono con loro, fino a quando, come si legge nel libro di Enoch, l’arcangelo Gabriele riuscì a sterminarli provocando una guerra tra loro, probabilmente quelle stesse battaglie tramandate anche dai testi sanscriti. In “demonologia”, curiosamente, riappaiono alcuni nomi del testo enochiano come Azazel e Bael, legati al concetto della voluttuosità lussuriosa di questi angeli che hanno trasgredito la “legge del cielo”, altri sono Astar o meglio Astaroth, Affa o Af l’angelo della morte, Apol o Apollion. Questi nomi a volte combaciano anche con le odierne segnalazioni di incontri alieni, come ricorda il ricercatore e studioso Mauro Paoletti, in un articolo per “Edicola Web”, vedi per esempio, la femminile e pleidiana Semiase del caso Maier, che ricorda il capo degli angeli Semyaza colui che pentendosi, sempre secondo la Yalqut Genesi e la Bereshit Gabbati, tornò nel suo pianeta d’origine nella costellazione di Orione, lasciando Azael a peccare con donne e donne demone provenienti dallo spazio (Zohar Genesis), solo la vergine Ishatar per gli ufologi “Ithacar” le resistette ottenendo di ritornare nel suo mondo nella costellazione della Vergine, o meglio nelle Pleiadi (Liqqute Midrashim); Ishatar, “la Venere dei sumeri” era chiamata anche Inanna di Uruk, Inni, Ir. Ni. Ni. la regina delle terre di Aratta, sposa dello zio Ramanu, la dea che a quanto pare poteva volare nei cieli grazie al suo “Me, o Mu”. Nella versione slava del testo enochiano, il visionario vede apparire questi uomini giganteschi, con il volto risplendente come il sole e gli occhi ardenti come lampade, che emettono fuoco dalla bocca e hanno le braccia simili ad ali d’oro. Nel testo apocrifo di Amran il padre di Mosè nel sogno, incontra creature con il volto di vipera rappresentate anche nelle statuette mesopotamiche della cultura Ubaid, forse una variante di quei serpenti creatori o Elophim come Jawe. Il popolo di Ubaid pensava che le statuine dalla testa di vipera, “i Vigilanti”, sottraevano i defunti per trasformarli in Funimu, vampiri capaci di confondersi tra gli uomini, "spargendo il terrore e portando via uomini e donne per i loro scopi". Probabilmente da qui  è  iniziata l’adorazione pagana della Vipera, origine di quelle superstizioni rifiorite anche nella guerra greco-gotica, quando la gente costretta alla fame, riesumava i morti per sfamarsi. Ad una credenza funebre si associava la fertilità, in quanto gli esseri ultraterreni rubavano corpi umani per produrre qualcosa di completamente nuovo. In particolare, leggendo per l’appunto, il contenuto del Manoscritto detto "Il testamento di Amran 4Q543, 545-548”, dal nome del padre di Mosè, un rotolo appartenente agli scritti ritrovati in una grotta a Qumram nel 1954, conservato per un certo tempo nel Rockefeller Museum, si può leggere un riferimento a questi strani esseri chiamati "Vigilanti", nei 2 frammenti originali del manoscritto B si legge:
1° ”Io vidi dei Vigilanti nella mia visione, la visione del sogno. Due… stavano lottando al mio riguardo, dicendo ...  e ingaggiando una grande disputa su di me. Io domandai loro: "Chi siete voi, per avere su di me un tale potere? " Essi mi risposero: "Noi abbiamo ricevuto potere e dominio su tutta l'umanità". Essi mi dissero: "Quale di noi tu scegli perché ti governi?". Io sollevai i miei occhi e osservai. Uno di loro era d'aspetto terrificante, come un serpente, il suo manto era variopinto, ma molto scuro …Ed io osservai di nuovo, e ... nel suo aspetto, il suo volto era come una vipera, e indossava … molto, e tutti i suoi occhi…”                                                  
2° “Che ha potere su di te ...Gli replicai: "Questo vigilante, chi è?" Eli mi rispose: "Questo Vig]ilante … e i suoi tre nomi sono Belial e Principe delle Tenebre e Re del Male". Io dissi: "Mio Signore, quale governo...?"ogni sua via è oscura, ogni sua opera oscura. Nelle Tenebre egli ... Tu vedi, ed egli ha potere su tutte le Tenebre, mentre io ho potere su tutta la luce… dalle regioni superiori alle regioni inferiori io governo su tutta la luce, e su tutto quello che è buono. Io governo su ogni uomo.”
Enoch nella sua visione, questi esseri li descrive così: “Mi apparvero due uomini grandissimi, come non ne avevo mai visti sulla terra. Il loro viso era come un sole abbagliante, i loro occhi come lampade accese, dalle loro labbra uscivano fiamme. Le loro vesti erano come piume;… le loro ali erano più splendenti dell’oro; le loro mani più bianche della neve. Erano al capezzale del mio letto e mi chiamarono per nome”. Marco Valerio Catullo nei suoi carmi ricorda dei penati: “la madre empia offrendosi al figlio ignaro, empia non temette di disonorare gli dei penati”; pare tra l’altro, che la radice “Penn” sia di origine celtica e sembra indicasse originariamente proprio una divinità delle vette; lo stesso nome del dio azteco Qetzalcoatl, significa “serpente ornato di belle piume”.
Nella Teogonia del greco Esiodo si parla ancora dei Ciclopi, dal cuore violento con cento braccia, esseri simili alle “Ombre Diafane” delle battaglie tra dei raccontate nei testi sanscriti orientali; basti ricordare il dio Tvastr, il forgiatore di fulmini del dio Indra, altri giganti li troviamo ancora nella mitologia greca, vedi il “Polifemo” accecato da Ulisse, vedi Bronte, Sterope ed Arge, i fabbricatori di fulmini di Zeus, uccisi da Apollo e figli di Gea ed Urano, o il mitico titano Atlante sostenitore del cielo, o il fratello Prometeo, che oltre ad aver forgiato l’uomo, gli donò il fuoco che non conosceva, dopo averlo nascosto in una canna. Tra l’altro anche gli dei dell’Olimpo come gli angeli del cielo citati da Enoch sceglievano le donne figlie degli uomini, Ercole o Eracle, era figlio del tradimento di Zeus che con un artifizio prese le sembianze del tebano principe di Tirinto, Anfitrione, e si unì con la moglie Alcmena, figlia del re di Micene. Latona, anch’essa fu sedotta da Zeus e cercò di sfuggire la gelosia di Hera partorendo su uno scoglio nell’isola di Delo”, Apollo, “il Lugh greco”, (Omero chiama Apollo anche Febo cioè puro) che assieme ad Artemide, periodicamente, soggiornavano nel mondo degli Iperborei, dove viveva un popolo sacro che non conosceva ne vecchiaia, ne malattia, ne fatica. Stessa cosa vale per il gigante mostruoso, dai cento occhi, Argo che per comando di Hera custodiva Io, una bella sacerdotessa di cui si era invaghito Zeus e che era stata dalla dea, per gelosia, mutata in giovenca; morì poi decapitata da Hermes, inviato dall'Olimpo a liberare Io. Tutti questi dei, come i Vigilanti di Enoch, avevano debolezze umane e proteggevano o insegnavano all’uomo i rudimenti della civiltà, come fu con Demetra (identificabile nel’lside egizia) e Persefone che insegnarono l’agricoltura a Trittolemo.
Anche la storia brahmana dei prim’evi indiani, come evidenzia l’antico Veidam, richiamato dal dizionario filosofico di Voltarie, racconta di un gigante figlio primogenito di Adimo e Procriti che oltre a giacere con le due sorelle rese schiavo e servile il fratello minore, fino a quando la sua discendenza divenuta debole fu soggiogata dal gruppo familiare; così anche i siamesi che ricordando una storia analoga, narrano la comparsa del gigante, ma solo dopo alcune generazioni. Nel nord America gli indiani arikara, una tribù caddo, raccontano di un tempo quando regnava una razza di forti giganti che scherniva perfino gli dei, e il dio Nesaru fu costretto a distruggerla con un diluvio mantenendo integro il suo popolo. Gli havasupai, analogamente dicono che il loro dio Hocomata fu costretto a provocare un diluvio che distrusse l’umanità tranne la figlia di Tochopa, Puckeheh, salvata in un tronco cavo siggillato. Nelle leggende messicane è il dio Titlakahuan a preavvisare Norta del diluvio, e anch’egli costruì un arca e trovò scampo con la sua famiglia.

22° I GIGANTI NEL MONDO E LE PROVE FISICHE DELLA LORO ESISTENZA

A prova di questi racconti, nel 1870 l’indiano Frank La Fleche divulgò la notizia del ritrovamento di otto giganti da parte degli indiani Omaha, gli stessi narrano antiche leggende di giganti chiamati Mu a Luskha, giunti per primi dall’Oceano Pacifico sulle coste americane a distruggere le tribù native e a stuprare le loro donne fondando poi le loro città e guarda caso, proprio in quelle zone sono stati ritrovati numerosi teschi di 60 cm. In Africa e nel Ciad si narrano leggende su giganti chiamati, “Sao”. Nelle leggende irlandesi, oltre ai celtici Formoriani si racconta di giganti valorosi, guerrieri e cacciatori chiamati Keniani, vedi “Ossian e la principessa del mare”, erano anch’essi giganti che insegnarono loro i rudimenti base della civiltà. Nel epica islandese, precisamente nei canti germanici pagani dell’Edda del 375 d.C. raccolti nel Codex Regius di Reykjavik si racconta dei Nephilim provenienti da “Niffhel”, dove “Hel” nella traduzione starebbe per inferno che correlato con i Nephilim ebraici, figli dei Veglianti Elohim ci riporta al concetto della caduta o scacciata dei malvagi; nel canto di Vafthrunnir, (verso 43) si racconta che il gigante spiega al dio Odino che l’universo è abitato da “dei giganti e dei tutti” e che esistono almeno nove mondi abitati, un altro canto lo conferma, nella “Profezia della Veggente” (2-3) si legge: “Ricordo i giganti nati in principio, quando un tempo mi dettero cibo. Nove mondi ricordo. Al principio dei tempi Ymir dimorava sulla terra, non c’era il mare, né spiaggia né onde gelide; la terra non si distingueva, nel cielo in alto c’era solo un baratro informe; non c’era erba in nessun luogo”, da qui poi “sull’onda” della Genesi si spiega tutta la Creazione, in questi racconti, a quanto pare, si narrerebbe l’arrivo di tre donne nel regno dei giganti che congiungendosi con loro avrebbero procreato dei nani, ossia alcuni degli umani. Testimonianze antiche raccontano che dopo il Diluvio Universale i superstiti di Atlantide si diressero nelle terre di Votan o Wotan, in altre parole Odino, in Peru gli si può assimilare il dio Guatan “vento e turbine”, inoltre non dimentichiamo Pacal Votan, “cioè colui che appartiene alla stirpe dei serpenti”, sempre i “bianchi venuti dalle stelle” come Yahweh degli Elohim. Wotan, era il dio germanico della guerra creatore del mondo e della civiltà, era armato della lancia fatata di Gunanir avuta dal nano Brok, un arma che non mancava mai il bersaglio. Nel pantheon germanico si accenna anche alla dea Frigg che mandò la sua ancella Gna in diversi mondi con un cavallo magico detto “scalpitante” che era in grado di viaggiare sopra la terra ed il mare, “Gna incontro in  aria alcuni Wanen”….. (stranieri), Thor, “l’Ei germanico” con il suo “mantello tonante il Miolnir”, era il signore dei Wanen; anche qui come in molti altri testi, dopo che gli dei sconfissero i sovrannaturali giganti si ebbe la solita lotta tra loro che erano divisi in Asi e Vani.
Il noto manoscritto messicano di “Pedro de los Rios” narra che prima del diluvio, che avvenne 4008 anni dopo la creazione del mondo, la terra di Anahuac era abitata da giganti Tzocuillexo. Fra Andreas de Olmo, invece, riporta leggende indigene che narrano di altri giganti creati da “quattro dei creatori”, giganti chiamati dagli indios: Quinametzmin Huetlocame, in altre parole “uomini grandi e deformi”, tra i quali il re Tlatlotl e Xelhuca, citati nei codici Nahuatl, che avrebbero eretto i monumenti di Teotihuacan, la “città degli dei” Azteca, forse quegli stessi esseri venuti dallo spazio che ci portano a ricordare i giganti degli avvistamenti ufo in Argentina e in Brasile.
Sempre nella mitologia delle civiltà precolombiane, come abbiamo già visto, un gigante era anche il dio Quetzalcoatl, chiamato anche il “Serpente Piumato”, caduto con l’inganno anche lui nella lussuria, accoppiandosi con la sorella, come accade con i vigilanti di Enoch che si insozzarono con le figlie degli uomini. Nella mitologia araba sono i giganti Ad, che secondo i Muqarribun, maghi arabi, avrebbero edificato assieme ai semidei Jinn, la città di Irem nel deserto di Rub Ai-Kali. Il loro dio Chthulu che ispiro il Necronomicon di Lovercraft, è presente nei testi arabi anche con il nome di khadhulu ed è simile alla Tiamat sumera chiamata Kutulu, inoltre in esso è presente anche l’Oannes, l’uomo pesce babilonese, Lat e Manat le dee della pietra, Quzah il dio della folgore, Az-Zun, la venere araba assieme agli dei della pietra Ash-Shasms, e ancora, Jarrith e i cinque giusti, divinità preislamiche che assomigliano alle altre divinità del mondo, presunte aliene. Nel Blanco Fossil Museum in USA, è possibile osservare un femore di questi “fantomatici” giganti, che proverebbe proprio dalla Mesopotamia. Nella rivista “Dossier Alieni n°15 del 1998 pag. 61, ho letto che in un monastero tibetano, come affermerebbe il lama Lobsang Rampa (3), sarebbero custoditi segretamente tre cadaveri d’esseri alti più di tre metri, che sarebbero per l’appunto i leggendari giganti. In Messico pare che si ritrovino spesso strane ossa giganti, così in Marocco, in Moravia e Siria, a Ceylon, a Tura in Pakistan, a Gargayan nelle Filippine e in tutta la Cina. Proprio nella Cina del sud e in Africa orientale negli anni 60 furono scoperti i due noti esseri umanoidi fossili, chiamati gigantopiteco e megantropo, alti cinque metri, che in vita avrebbero pesato all’incirca 500 Kg, nel 1577 In Svizzera a Wiillisau, Lucerna, rinvennero ossa giganti appartenenti ad un essere alto 5,80 metri che l’anatomista Plater ricompose realizzandone in creta le parti mancanti, mentre a Catanzaro, in Italia, da documentazione scritta appartenente all’insegnante e medico bolognese Marcello Malpighi, pare che nel 1663 in aperta campagna a Tiriolo sia stata ritrovata un’antica sepoltura con ossa gigantesche appartenenti a un essere alto circa “quindici palmi”. Ciò rivela che i giganti sono realmente esistiti, se non erano altre specie animali, cosa alquanto difficile, secondo la struttura dinamica dei ritrovamenti, tra l’altro in Marocco presso Agadir fu ritrovato addirittura un set di utensili vecchio di 30.000 anni, concepito proprio per essere usato da giganti di 4 metri e mezzo, inoltre nel 1935, monili, ossa fuori misura, teschi grandi il doppio, sono rinvenuti anche a Glozel in Francia e sono stati datati tra i 17.000 e i 15.000 anni. Nel Libro dei Giubilei (29:9) si afferma che questi giganti sono alti da sette a dieci cubiti, tenendo conto che il cubito reale di Babilonia è uguale a 0,4687 m., i conti più o meno tornano, anche se in contraddizione con la citazione del Libro dei Vigilanti (VII,2), che vede questi esseri alti tremila cubiti. Nel Deuteronomio (3:2,20,21), nelle Cronache (20:6,9), nel Libro dei Re (17: 4-51), nel Libro dei Numeri (13,21-29,32-33) e nella Genesi (6,1-7), il fatto dei figli di Dio che presero come mogli le figlie degli uomini, si ripete, menzionando sempre questi famigerati giganti. Nella Genesi, gli stessi esploratori che raccolsero informazioni sui Cananei, tornati dissero: “E la abbiamo visto i Giganti...e rispetto a loro ci sembrava di essere locuste” (13,13).

    
La prima immagine a sinistra rappresenta la Stele di Veracruz, dove è raffigurata la vestizione per il gioco della palla, notare il gigante mesoamericano che ci ricorda i tanto citati nephilim mesopotamici. A fianco “l’astronauta di Palenque”, in realtà la tomba di un re Maya di nome Pacal, vissuto nel VII secolo d.C.nello Yucatan. Infine una scultura monolitica in pietra che sembra  rappresentare un astronave, rinvenuta a Quriguà.

     
La prima foto a sinistra rappresenta un bassorilievo e a fianco Monumenti Olmechi (La venta-Tabasco 1000 – 1400 a. C.)

    

Altre opere di arte olmeca, notare la figura del serpente che in ogni rappresentazione sembra rappresentare un’astronave che scende dal cielo e apre un boccaporto da dove esce la divinità immersa iin una luce che è idealizzata e associata al “fuoco che usciva dalla bocca del serpente” .





Sopra la "nave" spaziale di Cerro de la Cantera, arte olmeca.







Sopra una ricostruzione di un Vimana in base a testi sanscriti.


        

Vedute di: Machu Picchu, Mohenjo Daro, le Grandi Piramidi d’Eggitto, l’Isola di Pasqua e Tiahuanaco: alcuni dei siti ritenuti meta di civiltà avanzate.

      

Una copia di un femore gigante, trovato nella regione mesopotamica, conservato nel Mt. Blanco Fossil Museum (USA). A fianco le mura ciclopiche di Arpino, Casalucense di S.Elia e l’angolo Sud-Ovest delle mura megalitiche di Circei, dove le mura raggiungono l’altezza di sei metri, con uno spessore all'apice di 2,80 metri.
.
23° QUEGLI ALIENI ERANO “ANGELI” DOTATI DI CORPO

erazione che voglio fare è questa: se noi possiamo considerarci per certi versi, figli di Dio, e gli Angeli, anch’essi sono stati definiti figli di Dio venuti dal cielo e a quanto pare, esseri fisici, in quanto possono accoppiarsi con le donne umane, “gli angeli incorporei”, se non erano multi dimensionali, allora non centrano con questi “esseri”, angeli alieni, da ritenersi solo un’altra specie umanoide evoluta, limitata alle dipendenze delle “leggi cosmiche del Dio creatore”, proprio come noi. Essi sono solo una specie aliena che agli uomini della terra d’allora appariva “divina” solo perché dotata tecnologicamente e di natura diversa; li identificavano come: uomini uccello, serpenti, serpenti piumati ecc.; magari anche con il dono della “trasfigurazione”. L’angelo che comparve agli israeliti per guidarli al monte Horeb fuori dall’Egitto, apparve in una colonna di fuoco, Abramo condusse tre angeli a visitare Sodomia e furono creduti dagli abitanti uomini normali, S. Paolo disse agli ebrei che alcuni di loro avevano ospitato, angeli senza saperlo, ecc.. Nel Libro dei Vigilanti (XI,1-4), le anime degli uomini implorano i “Santi del cielo”: Michele, Gabriele, Suriele e Uriele, di portare innanzi all’altissimo il loro caso, e questi “Santi del cielo” così si rivolsero al loro Signore: “Poiché sei Signore dei signori, Re dei re, Dio degli dei……”. Si può notare che questi angeli si rivolgono a Dio nel modo con cui si rivolgerebbe anche l’uomo, quindi lungi da essere loro stessi dei. Gli angeli incatenati, chiedono a Enoch di pregare per loro, ed Enoch risponde: ”Chi sono io semplice mortale per pregare per degli angeli?”. Come abbiamo, gli stessi angeli sono “limitati” come l’uomo, nell’Apocalisse, questo concetto viene ribadito, gli angeli sono solo servitori come i profeti. Il problema della natura degli angeli, nella gnosi cristiana, si risolve chiaramente nel Pistis Sophia, dove è lo stesso Gesù a tenere un discorso sulla natura degli angeli e delle altre realtà divine intermedie: Allorché Andrea finì di parlare, lo spirito del salvatore si agitò, ed egli esclamò: “Fino a quando vi debbo sopportare? Fino a quando mi debbo intrattenere con voi? Tuttora non avete compreso e siete ignoranti. Non sapete, dunque, e non capite che voi, tutti gli angeli, tutti gli arcangeli, gli dèi, i signori, tutti gli arconti, tutti i grandi invisibili, tutti quelli [del luogo] di mezzo, quelli dell’intero luogo della destra, tutti i grandi delle emanazioni della luce e tutta la loro gloria, [non capite] che tutti voi insieme provenite da un’unica e identica pasta, che tutti voi provenite dalla stessa miscela?” (Pistis Sophia, Libro II, 100, 3). Qui si capisce chiaramente che “l’Angelo” in realtà è solo un uomo, od una simile creatura, che raggiunge un alto grado di autocoscienza da svincolarsi perfino dalla materia, ma non abbastanza da sciogliersi nell’assoluta Unità del “Tutto”; è solo un “Eone”, uno spirito divino parte della moltitudine. Una curiosa teoria su queste tematiche, ci viene dall’ormai noto ricercatore Sitchin, che dalle sue ricerche elabora l’idea nel quale vedrebbe l’uomo discendente da una manipolazione genetica apportata da alieni che proverrebbero dal decimo pianeta del sistema solare, Nibiru. Un sigillo cilindrico accadico risalente al 2.400 a. C., oggi conservato nel museo di stato a Berlino, rappresenterebbe proporzionatamente il sistema solare e Nibiru. C’è da chiedersi, anche tralasciando per un attimo le teorie di Sitchin, come facessero allora i Sumeri, “il popolo della conoscenza accadica” a conoscere l’intero sistema solare?. Non solo la civiltà sumera pone questi interrogativi, anche alcune razze precolombiane della penisola del Yucatan e del Mali in Africa, avevano conoscenze cosmiche allora scientificamente quasi impossibili, del resto queste popolazioni sono legate da più elementi, gli stessi sumeri nelle loro tavolette d’argilla raccontano di esseri arrivati dal mare che insediatisi nelle loro terre praticarono le stesse tecniche d’irrigazione usate a Mohenjodaro e Harrapa. Viceversa ci sarebbero prove che antichi popoli, come i fenici abbiano potuto raggiungere le Americhe, ne sarebbero prova alcuni reperti archeologici, come l’iscrizione trovata in Brasile a Parahyba nel 1874, tra l’altro in questi territori sopravivono 592 lingue e 600 ormai scomparse, ciò testimonia un diversificato flusso di genti avvenuto in tempi diversi. Ma se questa comunicazione tra società semi primitive è stata incredibilmente possibile, non è così concertante quanto il chiedersi: chi in quel tempo poteva avere insegnato loro certe moderne conoscenze, se non sono solo frutto della casualità; poi si sa, che “quello che per noi è casuale, in realtà si è sempre rivelato agire altrui”, “esistenziali necessità delle diverse realtà del Creato”. Un’altra storia di esseri venuti dal cielo che sarebbero intervenuti geneticamente sugli abitanti della terra, ci viene dal circolo polare artico, gli Jucaghiri, siti tra i fiumi Jana e Kolima, discenderebbero da progenitori extraterrestri, giunti con un aspetto informe e successivamente trasformati in esseri umani. Tale racconto ricorda un mito Babilonese, nel quale si narra che gli dei uscivano da un'informe palude, (brodo primordiale), a coppia, inizialmente informi e successivamente sempre più definiti nella loro immagine, i più giovani e meglio perfezionati combattevano ed annientavano i vecchi, trasformando così il caos originario in una creazione sempre più perfetta. Il sangue di un dio ucciso mescolandosi alla polvere dava vita all'uomo, che fu pertanto inizialmente considerato simile al dio anche se molto meno potente. Un mito babilonese racconta che il dio Marduck creò in cielo il grande Dragone, alla testa vi pose il Nodo lunare nord “Rahu”, ascendente, che in astrologia è la via che l’individuo deve seguire per evolvere, e alla coda il Nodo lunare sud “Kethu”, discendente, facendogli portare sei costellazioni sul dorso e sei sul ventre, questo drago è chiamato dagli egizi Apopi, dagli indù per l’appunto Rahu e Kethu, in Cambogia ad Angkor ci sono addirittura costruzioni datate ufficialmente 1.220 d.C, che riproducono la Costellazione del Drago come appariva allo zenit 10.450 anni a.C.. Nell’Enuma Elish si narra che “Nella camera dei fati” fu generato Marduk, il Dio Sole, che vinse Tiamat la “Vergine della vita”, nella battaglia finale, separò il cielo dalla terra e dette così inizio al mondo, si dice annientasse i nemici con lampo abbagliante e facesse piovere fuoco; ed era raffigurato come un globo alato rappresentato successivamente dai semiti con il “Tau”, la Croce, il simbolo con il quale Horus risuscitava i morti. Le prime cerimonie religiose a Babilonia (la porta di Dio), eseguite ogni anno con riti propiziatori ne ricostruivano l'avvenuta battaglia. Si teorizza non a caso che l’umanità prediluviana, un tempo fosse retta da altri esseri, alieni definiti dei e che successivamente essendo evoluto l’uomo, ogni potere fu lasciato ai più “illuminati”, rappresentanti della razza umana, come accadde in Egitto con i faraoni, che costruirono le grandi piramidi disponendole come le stelle della cinta di Orione probabilmente in onore dei loro dei da la provenienti. La grande piramide che presenta due materiali diversi di costruzione ha convinto alcuni studiosi dell’esistenza interna dello “Zed” una struttura granitica, di strana manifattura e di anteriore costruzione rispetto alle piramidi, che sembra essere una sorta di “catalizzatore di energia cosmica”, una torre somigliante per l’appunto allo “zed”, l’amuleto sacro, per l’Egitto simbolo di eternità e resurrezione in quanto rappresenterebbe l’erma di Osiride. Questa torre racchiuderebbe la “Akkat Kufu”, in altre parole la ”Pietra Accadica”, un’urna misteriosa di pietra racchiusa in questa torre montata e nascosta nelle piramidi, prima in quella di Zolder poi in quella di keope. Una costruzione divisa in terrazze, citata nel testo di Enoch, dove si dice che sia stata ridotta in blocchi e dalla Mesopotamia trasferita in Egitto. Una costruzione che alcuni studiosi ritengono legata in qualche modo con gli esseri venuti dal cielo, gli “Anunnaki” e l’uomo geneticamente modificato e al serpente. Legata al dio unico Osiride, Ausar, Sar, l’accadico Sargon colui che appare originato da leggende, similari a quella “del saggio civilizzatore etrusco “Tages, Sages o Tarcon e le sue Tavole Celesti”, un bambino prodigio dai capelli bianchi che già parlava, trovato un giorno dell’equinozio di primavera in un cofano (Kufa) di pietra sulla riva dell’Eufrate, come Mosè trovato sulla riva del Nilo”. La leggenda vuole che Sargon, l’unificatore e fondatore di Akad, sia stato trovato dal portatore d’acqua Akki, che lo trovò sulle sponde dell’Eufrate su una mangiatoia di pietra ornata di rose, “la pietra di Kufa”, descritto con capelli bianchi, occhi allungati esprimenti saggezza, con lunghe sopracciglia arcuate, e carnagione abbronzata dai riflessi dorati e avvolto da un’aura luminosa. Divenne tanto saggio da insegnare la civiltà e i segreti dell’universo al suo popolo, del quale, con l’aiuto della dea Ishtar, divenne re. Questo confermerebbe l’iscrizione delle parole “Akkat Kufu” trovate nella grande piramide assieme alla famosa “mangiatoia di granito rosa”, ciò ci ricorda anche l’apostolo Pietro quando viene chiamato da Gesù in ebraico antico “Kefa”, con l’intenzione di definirlo “la pietra contenente le rivelazioni del messia”. Sembra quasi di parlare della manifestazione di Krsna, ancora di più se poi leggiamo il libro di Giobbe (38,4) dove dice: “Dove eri tu quando ho posto i fondamenti della terra? Chi ha portato la pietra squadrata quando gli astri del mattino cantavano tutti in coro?”. In Egitto una curiosa versione del diluvio universale, riportata dallo storico copto Masudi, narra che Surid uno dei re egizi predinastici vissuto prima del diluvio, sognò che una grande inondazione e molti incendi sarebbero venuti dalla costellazione del leone durante il suo apogeo; così fece ergere due piramidi, Khufu e Khafra “Cheope e Chefren”, registrando sulle loro pareti, per i posteri che avrebbero compreso, tutto il sapere scientifico segreto allora conosciuto. Infatti è confermato che le grandi Piramidi fossero coperte da lastre calcaree iscritte che le ricoprivano, e che precipitarono al suolo nel 1.301 a.C. a causa di un violento terremoto e poi furono usate per ricostruire “El Kaherah”, il Cairo. Queste erano incise con antichi caratteri e iscrizioni di scrittura, ora incomprensibili, così numerosi, che se si dovessero copiare anche soltanto quelle che abbelliscono la superficie delle due Piramidi, occorrerebbe riempire un libro di almeno 10.000 pagine" (Plinio, I sec. d.C.). Per quanto riguarda la catastrofe sognata dal predinastico Surid, non bisogna dimenticare che presso gli egizi oltre che alla dea Mut dalla testa di leone rivale di Athor, l’iside stella del mare moglie del Toro Mneis, On, o Baal, si racconta che la dea felina Bast e la dea dalla testa leonina Sekhmet, o Sachmet fosse stata mandata dal dio Rà per punire l’umanità dai suoi peccati, e riuscì quasi a farlo se non fosse per l’intervento dello stesso Rà che ne fermò la furia con un diluvio di birra, sangue e mandragora, che fece dimenticare alle dee il loro compito. Anche i frigi adoravano una dea simile che sarebbe scesa sulla terra proprio dalla costellazione del leone. Rà il dio del sole di Eliopoli è chiamato anche “colui che piange”, si dice che dalle sue lacrime sia nato il genere umano; nella duplicità di Atum Rà diviene il “Creatore”. Secondo i sumeri Rà, “colui che diede la coscienza vitale”, era figlio di Enlil, dio al quale fu assegnata la terra del Nilo quando ci fu la spartizione del pianeta tra le dinastie di Ea o EnKi ed Enlil, spesso è stato rappresentato da quattro arieti, da un falcone, da un rospo come il dio nordico Cron e nelle Ande da un condor; nelle Hawai, “Wai Ra”  era il dio del sole, un inno egizio a lui dedicato dice: “Tu ti agiti fra le stelle e la luna, conduci la nave di Aton in cielo e sulla terra come le stelle girano instancabili e gli astri presso il polo Nord che non tramonta mai”, in una piramide un’iscrizione al lui dedicata riporta:”Tu sei colui che è, alla testa della nave del sole, già da milioni di anni”. Allora era sicuramente facile associare al Sole qualsiasi cosa luminosa provenisse dal cielo, anche quelle navi degli evoluti “dei, o veglianti” che portarono il seme della civiltà sulla terra. La stessa immensità del cielo per gli egizi era concepita come una distesa d’acqua e i corpi che vi vedevano non potevano essere che associati alle imbarcazioni che loro stessi costruivano per navigare il Nilo; nel antico regno, Rà era chiamato il “Grande giunco galleggiante”, credevano che la barca solare fosse d’oro splendente e modelli di queste barche venivano posti nelle tombe, credendo che i defunti potessero partecipare alle traversate di Rà. Quei corpi celesti portarono i “figli di Dio” sulla terra divenuti e creduti per la loro sapienza degli dei e divenuti faraoni lasciarono i loro diretti discendenti a governare, loro i prim’evi dell’Era precessionale del Leone, nell’Età “Tep zepi” dell’Oro, del regno di Osiride, “del primo tempo”, come è stato scritto ai piedi della sfinge, nel 10.450, quando per l’appunto fu eretta la sfinge a guardare il Leone. Non poteva essere diversamente, qualsiasi “Essere” che appariva allora con particolari “poteri o conoscenze”, non poteva che venire considerato un Dio dai più, un Dio che mescolavano con il “sapere antico” lasciato dai loro avi. Per questo successivamente nei vari popoli, s'instaurarono religioni e dei dalla mitologia più disparata legati a quell’arcaico sapere cosmico allora impartito agli “Illuminati” e successivamente dimenticato. I più importanti, dei quali noi abbiamo notizie più dettagliate, sono gli Dei delle mitologie greca ed egiziana, e EI il Dio di Canaan, che era il Dio d'Abramo, che condusse il suo popolo dalla Mesopotamia al Mediterraneo alla fine del III a. C.. Nella Genesi così è descritta la creazione dell’uomo: “Così Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio; egli lo creò; e li fece maschio e femmina” (Genesi, 1,27). Inoltre sempre nella (Genesi, 2,7) si legge: “E il Signore Iddio formò l’uomo dalla polvere del suolo, e alito nelle sue narici l’alito della vita”; l’uomo così diventò un‘anima vivente. Nelle prime versioni della Genesi, come alcuni studiosi fanno notare, Eva appare ambigua quando pronuncia la frase, da “Targun Genesi”: “Io ho avuto come marito l’Angelo del Signore” Samma’el, che nel testo originale indica un angelo caduto, questa frase successivamente ritoccata divenne “Ho avuto un uomo dal Signore”, in effetti nei versi della Genesi (4,1), si legge: “E Adamo conobbe sua moglie Eva; ed essa concepì, e partorì Caino, e disse, Ho avuto un uomo dal Signore”, chissà cosa voleva dire? Nell’Apocalisse apocrifa, di Adamo, scritta in greco, c’è un interessante revisione della Genesi. Nell’Apocalisse che Adamo avrebbe insegnato “a suo figlio Seth nell’anno settecentesimo”, si parla di un’umanità bisessuata che viveva nella Gloria del dio Eone, cioè l’eternità, che li aveva generati e in seguito furono divisi dall’“Arconte Demiurgo” in maschi e femmine, perdendo la “coscienza” spettante ai grandi “Angeli eterni”. Adamo, in questa nuova forma avrebbe conosciuto e incontrato altri esseri celesti che non “appartenevano alle forze del dio che lo aveva creato”. Descrive tre uomini di cui non poteva riconoscere l’aspetto perché appartenenti ai “Grandi Angeli che verranno su alte nubi”, dagli Eoni, gli spiriti divini, cioè gli dei, dagli arconti dello spazio, gli Angeli vigilanti e gli Angeli caduti come “l’arconte Saklà”. Il testo apocrifo sostiene che Yahweh “il Dio che ci aveva creato, creò da sé un figlio e da Eva”, cioè Caino (66,24-25), inoltre profetizza la liberazione dell’umanità in questi termini: “Scenderanno Abrasax, Sablo e Gamaliel e libereranno gli uomini dal fuoco e dalla collera, li porteranno al di sopra degli eoni e degli arconti delle forze, lì libereranno…”. Infatti secondo il gnosticismo cristiano, sarebbe dal Bene che proviene il “Regno della Luce”, costituito per l’appunto da Eoni, spiriti divini, cioè: “Tempo, Durata ed Eternità”, Enti eterni emanati, che manifestano vari aspetti divini: Potenza, Sapienza, Santità, e fu proprio per bramosia di sapere dell’ultimo Eone Sophia che si animò la materia, in quanto era loro virtù, creando così l’Arconte Demiurgo divenuto il Dio dei giudei. Un testo ebraico sostiene, invece, che Eva generò Caino insieme ad Enki, “il dio delle acque”, che in accadico diventa Ea e Ei in Ebraico, ed Abele sarebbe nato dall’unione con Adamo; il segno regale della rosacroce posto su Caino sarebbe il simbolo della “coppa delle acque” dell’utero materno. In effetti curiosa è la figura della dea serpente Sir sposa di Enlil, o Ninlil, o Ninkharsag la sorella di Enki. Nel racconto di Adapa, l’Adamo biblico, c’è scritto: “La conoscenza Enki gli diede, ma non l’immortalità”; infatti Enlil, scoperto il stratagemma del fratello, scaccia la copia dall’Eden, negandogli l’accesso all’Abero della Vita. Ritornando ai Vigilanti, nella Genesi (6:2), si parla, come nel testo di Enoch precedentemente citato, dei figli di Dio che si unirono alle figlie degli uomini dando vita ai giganti, quindi non esseri incorporei cacciati dal Paradiso dall’Arcangelo Gabriele, ma esseri corporei, forse con il potere della “trasfigurazione”, del resto anche nel Salmo 8:5 si afferma che l’uomo è stato fatto “Poco minor degli angeli”. Già gli antichi egizi erano convinti che anche gli dei potessero estinguersi e morire. La mistica ebraica del Sepher Bahir, “Il Libro Fulgido” ci dice: “Se non vi fossero le colpe non vi sarebbe differenza tra voi e lui…L’uomo avrebbe un’anima superiore se non fosse per le colpe”. Nel Libro dei Segreti di Enoch nel XXIII capitolo si legge:“ Il Signore mi chiamò e mi mise alla sua sinistra più vicino di Gabriele e io adorai il Signore. Il Signore mi disse: "Tutto ciò che hai visto, o Enoc, (ciò) che sta (fermo) e che si muove e che é stato compiuto da me, io te lo spiegherò prima che tutto (ciò) fosse all'inizio, tutto ciò che ho creato dal non essere all'essere e dall'invisibile al visibile. Neppure ai miei angeli ho spiegato il mio segreto, né ho raccontato loro la loro composizione né hanno conosciuto la mia creazione infinita e in conoscibile e io a te la spiego oggi. Prima che fossero tutte le cose visibili, si aprì la luce e io in mezzo alla luce passavo come uno degli invisibili, come il sole (che) va dall'oriente all'occidente e dall'occidente all'oriente. Il sole troverà riposo, ma io non trovai riposo, perché tutte le cose erano senza formazione. Avendo meditato di porre un fondamento per fare una creazione visibile”. Nel XVIII capitolo rievoca ancora la fantomatica caduta di quei figli di Dio che si accoppiarono con le figlie degli uomini, descrivendo fisicamente questi esseri, infatti si legge: “ Gli uomini mi presero di là e mi innalzarono al quinto cielo. Là vidi una numerosa milizia, gli Egrigori, il loro aspetto (era) come un aspetto umano, la loro grandezza maggiore (di quella) di giganti grandi e i loro visi tristi e le loro bocche silenziose. Non c'era servizio che avesse luogo al quinto cielo. Dissi agli uomini che erano con me: "Perché questi sono tristissimi e i loro visi sono afflitti e le loro bocche silenziose e non c'é servizio in questo cielo?". Gli uomini mi risposero: "Questi sono gli Egrigori che da sè si sono separati, due prìncipi e duecento hanno camminato al loro sèguito e sono discesi sulla terra e hanno infranto la promessa sul dorso del monte Hermon per insozzarsi con le donne degli uomini e dopo essersi insozzati il Signore li ha condannati. Questi piangono sui loro fratelli e sull'oltraggio (fatto) loro". Io dissi agli Egrigori: "Io ho visto i vostri fratelli e ho conosciuto le loro azioni e so le loro preghiere e ho pregato per loro. Ecco, il Signore li ha condannati (a stare) sotto la terra finché finiranno i cieli e la terra; perché aspettate i vostri fratelli e non siete a servire (davanti) al volto del Signore? Riprendete i servizi di prima, servite (davanti) al volto del Signore per timore di irritare il Signore Dio vostro (così da) precipitarvi da questo luogo". Ascoltarono il conforto del mio ammonimento e si disposero in quattro ordini nel cielo. Ed ecco, mentre io stavo (là) quattro trombe risuonarono insieme e gli Egrigori si misero a servire come con una sola voce e la loro voce salì al volto del Signore.” Il significato di “Egregoro”, dal greco egéiro=sveglio, egrégora=sono vigile, egrégoros=vigilante, e vegliante, sta per risvegliato. Nel linguaggio massonico, indica un un’entità collettiva di sommo bene; ma chi erano questi sapienti angeli civilizzatori, figli di Dio? In ebraico i vigilanti sono gli “irin”, dall’accadico erenu, “cedro”, per i mandei sono i “ntr-dei”, termine egizio che sta per dio e vigilare. Le “Stanze di Dzyan” asseriscono che gli angeli erano privi di sesso e poi divennero bisessuali e caddero il giorno che si diedero alle pratiche falliche. Una moltitudine di testi, narrano univocamente che all’epoca di Iared, padre di Enoch, siano caduti dal cielo, “scesero in Ardis”, sul monte della “maledizione” ( il monte Herem, o Armon, o Hermon, a nord della Palestina, zona della trasfigurazione di Cristo, fra Libia e Libano), duecento angeli, i Vigilanti, con a capo Semyaza, a quanto pare, furono loro a impartire i primi insegnamenti rudimentali che sono alla base d’ogni società civile, ma poi congiungendosi con le “figlie degli uomini”, avrebbero dato vita a quei mostruosi giganti che avrebbero mangiato tutte le risorse umane, e successivamente si sarebbero ribellati contro gli uomini, addirittura mangiandoli e bevendone il sangue, fino all’evento del diluvio, voluto dalle Divinità “lo sterminio di tutti gli uomini e le donne, con i loro giganteschi corruttori” (Genesi 6,1 nella versione ebraica), la regrezione, la punizione che gli Elohim vollero per porre fine a quell’orrenda saga. L’antico testo di Giobbe (15,7) cita a proposito proprio un “consiglio degli Eloha” avvenuto a tale scopo, a quanto pare solo Crono, Enki, Ea, Ei o meglio Yahweh tentò di salvaguardare qualcosa della sua “Creazione”, tentando di portare in salvo Noè o chi per lui. Basti leggere la cronaca dello storico prete babilonese del III secolo a.C., Berossus, che nella sua opera greca, “Babyloniaka”, ripresa da un’altra opera probabilmente sumera, parla di Crono che appare in sogno a Xisuthros, per annunciargli l’imminente diluvio, ordinandogli di seppellire tutti gli scritti in Seppur, “la città del Sole, cosa che Xisuthros, il “Noè biblico” fece, prima di imbarcarsi e riapprodare sulle montagne gordiane dell’Armenia, intendendo probabilmente l’Aj Judi del Kurdistan. Una tavoletta d’argilla risalente al 1.700 a. C. rinvenuta a Nippur sembra la fonte originaria dell’opera di Berossus, in essa si legge : “ Il re Zusundra si prostrò davanti ad An e a Enlil… che gli diedero la vita, come un dio. A quel tempo, il re Zusundra che prese il seme dell’umanità al tempo della distruzione…Si insediarono in un paese oltre il mare, a oriente in Dilmun…( il paradiso)”.
In India, oltre a Manu e altri superstiti del diluvio, si narra che Bali, “associabile a Belial o Azazel”, il re degli Asura ottenne il dominio del cielo, della terra e dell’inferno, riuscendo a scacciare gli Dei dal Paradiso, che come al solito, ricorsero in aiuto alla divinità, in questo caso Visnù, il dio che manifestatosi a Bali sotto le spoglie d’un nano, chiese a Bali uno spazio di tre passi per potervi meditare in pace. Acconsentita la richiesta, Visnù da nano si trasformò nel gigante Trivikrama, e con due passi percorse la terra ed il cielo, facendosi così riconoscere, allorché Bali, dopo averne capito l’identità si fece mettere il piede sulla propria testa, ma Visnù lo perdonò e al posto di schiacciarlo lo spinse negli inferi dove ne divenne il re, qui, come vi sarete accorti, si evidenzia una forte similitudine narrativa con le battaglie tra dio Baal e il drago Yam del mito cananeo di Baal e Anat e anche con quelle di Iside e Osiride e di Jawe e il “serpente biblico”. L’inizio delle controversie è sempre il dominio dei territori e la vendetta, ma al di la di questi concetti assume importanza rilevante la caduta degli angeli dovuta all’accoppiamento con le figlie degli uomini da parte dei figli di dio, descritta egregiamente da Enoch, citata in molti testi antichi, nei frammenti di Qumram e consolidata anche dalla motivazione chiarita nel Corano, dove l’Angelo Caduto, “nato dal fuoco”, fu scacciato da Dio perché non voleva onorare Adamo, “una creatura  fatta d’argilla”; quindi un problema di genetica.
Sembra che ad un certo punto sulla terra alcune autorità o razze celesti decidano di creare una nuova razza, “l’Adamo biblico”, composto sempre di materia, ma creato da un  Dio a sua immagine e somiglianza, esso non ha compagna come gli altri animali che già da prima furono divisi in maschio e femmina, ma ha un “clone” di se stesso chiamato dalle sacre scritture “Virago o Virgo”, cioè “Aiuto o tratta dall’uomo”. Virago come il termine Virile deriva dalla radice latina Vir; vediamo che infatti i latini hanno due termini per definire uomo: homo (cioè essere umano) e vir (cioè tutto ciò che identifica l'ideale di uomo, capiamo meglio se pensiamo al vocabolo virile e virtù che spiegano che cosa intendevano i latini per vir). Se proviamo a vedere in Celtico abbiamo il termine Viro, derivante dall'indoeuropeo wiro che ha proprio un significato simile al Vir latino, ed in sanscrito, invece, troviamo Vi'ra con lo stesso significato e Manu che significa più propriamente essere umano. Si legge esplicitamente:“Poi, l’eterno Dio con la costola che aveva tolto all’uomo ne formò un Virago e lo condusse all’uomo”. E l’uomo disse: “Questa finalmente è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. Lei sarà chiamata Donna perché è stata tratta dall’uomo”.
Qui Adamo non ha una femmina creata come è stato fatto per gli altri animali, non è stato creato in coppia come gli altri animali, non è un prodotto evolutivo della terra, è un prodotto che ha in sé “l’immagine, la somiglianza” del Dio creatore extraterrestre che lo scisse, rinnovandolo in una nuova ed evoluta razza, intendendo probabilmente rinnovare la “coscienza, la ragione, l’illuminazione” datagli; è qui che si innesca il peccato originale di Eva che ascoltando il Serpente e disobbedendo al Signore, mangia dall’”Albero della Conoscenza”, e così si inserisce la nuova specie umana nel pianeta terra, avviene per l’appunto, con “Adamo ed Eva”, mentre prima Adamo era assieme con i “Figli di Dio, o meglio i Figli della Luce e delle Tenebre, ai djinn, tra i quali la sua prima moglie Lilith”; era assieme alle genti primordiali “inconsapevoli” e agli animali. Non a caso ad Eva gli fu detto: “Io moltiplicherò le tue miserie e le tue gravidanze: partorirai nel dolore; sarai sotto il potere dell’uomo ed egli ti dominerà”, significa che prima il concepimento, se cera, era diverso e senza dolore, forse si concepiva con la patogenesi come per l’appunto fanno i rettili, anzi dalla lettura, sembra che la gravidanza sia addirittura una punizione per Eva, probabilmente esisteva un concepimento per scissione o gemmazione, una sorta di “uomo-falena”, tra l’altro un’idea contemplata nel mitico testo le “Stanze di Dzyan” che vede gli angeli caduti in un primo tempo privi di sesso e poi bisessuali. Del resto gli ebrei credevano in un dio corporeo; un rabbino di nome Eliezer scrisse che Dio coprì Adamo ed Eva con la stessa pelle del serpente che li aveva tentati, e Origene sostiene che questa veste di pelle era una nuova carne e un nuovo corpo che Dio fece all’uomo, infatti, Il signore disse: “Ecco Adamo che è divenuto come uno di noi”. In un commentario indiano sta scritto che gli avi esalarono il primo uomo; cioè le divinità scissero da se stessi l’ombra dei primi uomini, che erano: “Ombra delle Ombre”. Nei Rig. Veda 90, “Purusha Sukta”, si legge il paradosso: “Dal Purusha (Luce) nacque Viraj e da Viraj nacque Purusha”. Ancora nella sapienza orientale dell’India, precisamente nelle Upanishad, a proposito della suddivisione maschile e femminile si legge così del primo uomo:”Si guardò intorno e nulla vide di diverso da se medesimo "Questo sono Io", furono le prime parole che pronunciò. Egli ebbe paura. Perciò ha paura chi è solo. Ma poi pensò "Di chi dunque ho paura, se nulla vi è all'infuori di me". Quindi gli passò la paura. Egli non era contento. Perciò non è contento chi è solo. Egli sentì il desiderio di un altro. La sua grossezza era allora quella di un uomo e di una donna abbracciati. Egli si scisse in due parti. Così ebbero origine il Principio Maschile ed il Principio Femminile”. Ecco che si capisce la successiva importanza dell’antica unione tra un sacerdote ed una sacerdotessa necessaria per accedere alle dimensioni superiori, il significato di miti come quello di Cadmo e Armonia per la ricongiunzione degli opposti. Ma questi prim’evi erano forse quell’essere che i greci identificarono in “ l’Artemis Efesia” la dea sotto l’egida di Giove il cui culto “della Grande Dea” sarebbe stato introdotto dalle amazzoni. Dell’Anatolia, ove erano fusi i sessi; erano quei primi esseri asessuati a immagine di Dio, non duali, “l’antico Padre, Madre e figlio? “Così Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio; egli lo creò; e li fece maschio e femmina” (Genesi, 1,27). Nel Libro dei Segreti di Enoch, al diciottesimo capitolo si legge chiaramente della divisione dei due principi anche nelle alte gerarchie: "Questi sono gli Egrigori che da sè si sono separati, due prìncipi e duecento hanno camminato al loro sèguito e sono discesi sulla terra e hanno infranto la promessa sul dorso del monte Hermon per insozzarsi con le donne degli uomini e dopo essersi insozzati il Signore li ha condannati”. A pag. 479 del libro di Krsna si parla chiaramente delle 16.108 mogli di Krsna, a cui lui non era attratto affatto, in quanto lui per natura era “Soddisfatto in sé”, essendo un Dio. Nel vangelo di Giovanni cap 17 si legge esplicitamente: “E la gloria che tu hai dato a me, io l`ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola.  Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell`unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me”. In effetti, Caino e Abele appaiono i figli di Adamo, ma non figli del primo “Homo Erectus”, lo saranno magari stati “dell’Homo Sapiens”, sembrano loro i primi ad essere agricoltori e pastori. Caino stesso, scacciato, vagò ramingo fra le genti, ma viene da chiedersi quali altre genti c’erano, se sono loro i primi figli di Adamo? C’erano esseri primitivi?, esseri alieni?, entrambe? Assieme al Signore e al Serpente. Come nel Libro di Nod, citato prima, anche la Torah, parla della cacciata di Caino che conosce altri esseri e sebbene li tema, si unisce con una loro femmina è così che iniziano parallelamente le dinastie di Caiono, di Adamo e di Seth che si contaminarono tra loro e con i “figli di Dio” dando origine ai giganti, fino all’evento del Diluvio Universale. Interessante è notare che le scritture parlano di esseri limitati a 120 anni di vita, ed esseri longevi, che vivono molto di più, come lo stesso Noè; e già questo prova l’esistenza fisica dei “figli di Dio”, o meglio i “Figli della Luce” del Signore e i “Figli delle Tenebre” del Serpente. Nella Bibbia Caino unitosi con una donna del primo genere (Lilith) generò Henoc che generò Mavial, che a sua volta generò Matusael, padre di Lamec che unitosi con Ada generò Jabel, padre di Jubel da cui discendono i musicanti, e “padre di quelli che abitano sotto le tende”, mentre unitosi con Sella generò Noema e Tubalcain, “il lavoratore di martello” artefice di ogni opera in metallo. Di Lilith, una delle demoni femmina chiamate “le cacciatrici notturne” fuggita da Adamo, si racconta che rifugiatasi nel deserto si sia accoppiata con i Djnns ”gli oscuri” generando quella stirpe di demoni chiamati per l’appunto Lilim.  Nel Antico Testamento, è il profeta Isaia che vede camminare sopra le rovine di Babilonia assieme a Lilith, “lo spettro notturno che abita nel deserto (Isaia XXXIV)”, i “Sèdìm”, o “Se’irim “ sotto spoglie caprine; nel Levitico è lo stesso Yahvè che comanda ad Aronne di sacrificare due capri, uno al Signore e uno carico di colpe ad Azazel, per espiare le colpe dei figli d’Israele, probabilmente quegli stessi Se’irim, erano i Seraphin, Eelophim, i Vigilanti, gli Egrigori descritti da Enoch, tra cui: il dio greco Pan che diverrà il diavolo cristiano, Jawe e molti altri ancora . Seth, il terzo genito di Adamo, invece, riporta una progenie raccontata in modo diverso che finisce in ”epoca diluviana” con il patriarca Noè. Nell’antropogenesi delle Stanze di Dzyan si parla degli “Arcangeli del Fuoco”, cioè dei messaggeri di fuco a bordo di un’arca, giunti da venere a bruciare le mostruose creature dalle quattro facce, dalle quattro braccia, uomini capra, uomini cane, uomini pesce; identificabili in tutte quelle mitiche figure: tritoni, centauri, ecc.; poi le entità lunari produssero sulla terra delle entità simili agli arcangeli Signori della Fiamma, che con loro non vollero procreare, allorché queste separarono da sé stesse un uomo senza corpo, una sorta di ombra, fin quando lo spirito solare e gli spiriti planetari provvedettero a donare il loro doppio eterico quale matrice per il corpo umano, che formarono quel fantasma ed ectoplasma della “terza razza” che successivamente prese corpo fisico, ed è qui che si ha la mitica caduta biblica, quando i “Figli della Fiamma”, i Figli della sapienza di “Mercurio”, scesero da Venere per incarnarsi e riprodursi. Sarebbero questi gli Arhats, gli “illuminati” che non necessitano di atti sessuali per incarnarsi, sono per l’appunto gli “Aria” esenti da reincarnazione, (termine che identifica anche la distesa iraniana), coloro che ritorneranno nel giorno del Giudizio Universale. Ed ecco che si spiega perché alcuni Arcangeli cioè “i messaggeri dell’arca” in questo frangente caddero nel peccato del piacere fallico, e si spiega anche l’assomiglianza simbolica tra il pianeta terra, “un cerchio con sopra una croce”, e venere “un cerchio con sotto una croce”, che pare rappresenti proprio la caduta; inoltre si chiarisce anche il perché, i Maya concepirono tre calendari: uno sacro di 260 giorni (20 mesi di 13 giorni), uno solare di 365 giorni e uno per l’appunto corrispondente alla rivoluzione sinodica di Venere di 292 giorni, così potevano calcolarne il momento in cui si trovava più vicino alla Terra. Ecco svelata l’esclamazione della Blavatsky, fondatrice della Dottrina Segreta, quando affermava: “che noi siamo solo lo specchio della vita manifesta su Venere”.
Qui Adamo è l’ermafrodita dalla cui costola fu creata Eva, un imperfezione che originò la coppia perfetta: Caino maschio, e l’Abele femmina, da qui la procreazione non si ha più per scissione ma con atto carnale, gestazione e dolorosa espulsione; ecco rivelato il significato del verso della genesi: “Io moltiplicherò le tue miserie e le tue gravidanze: partorirai nel dolore; sarai sotto il potere dell’uomo ed egli ti dominerà”. Da qui poi ci fu un susseguirsi di contatti con i nostri “costruttori” extraterrestri che vigilarono continuamente, mentre altri istituirono le prime grandi civiltà terrestri e tutt’ora, a quanto pare, la saga continua.



  

Tavoletta babilonese in terrra cotta con un immagine ritenuta la raffigurazione di Lilith, relief, c. 2000 BCE (Collection of Colonel James Colville).  Winged female figures guarding a djed column Ivory plaque from the Palace of King Ahab. c. 870 BCE

24° STRANI CONCEPIMENTI, “NATI DALLE TEMPIE BIANCHE”

Come abbiamo visto, sembra che ad un’interpretazione odierna, questi scritti evidenzino un ennesimo intervento pseudo genetico, da parte di un’evoluta specie di esseri semidivini, i Kumaras, i tanto citati “Elohim”, dominatori forestieri, o meglio “potenze”, o ancora gli immortali “Anunnachi” dei sumeri, interpretati da Sitchin. Quindi se gli uomini, o altri esseri allora già c’erano, significa che anche l’umanità, prima dei giganti, potrebbe essere stata meta, come alcuni dicono, di una più antica manipolazione genetica apportata dagli stessi Elohim, “figli di Dio”, o dai “Kumaras” di Marte, o dagli abitanti dello scomparso pianeta “Tiamat, forse Leviatano o Mallona” o come altro si vuole chiamarli, o da altri esseri provenienti dalle Pleiadi, Alpha Centauri, Procione, Orione, Nibiru ecc.; comunque esseri che contagiarono il pianeta con la loro evoluta civiltà locata nei pianeti a noi più vicini come marte, dove sarebbero evidenti, ancora oggi, tracce di antichi siti altamente tecnologici, si parla di piramidi, tunnel e addirittura di veicoli spaziali. Nel vecchio testamento la creazione di Adamo, Eva e di Melchisedec, possono rientrare in quest’ottica contattistica; nel nuovo testamento può esserlo lo stesso concepimento di Gesù, ritenuto tra l’altro, da alcuni studiosi, solo un predicatore rivoluzionario nato a Betlemme figlio di Ben Josef e Myriam. Leggendo il Vangelo apocrifo di Filippo, un vangelo da attribuirsi, probabilmente ai seguaci di Valentino vissuto in Allesandria d’Egitto nel II secolo e ritrovato sempre tra i scritti gnostici di Nag Hammadi, sul concepimento di Gesù, si dice: (17) “Taluni hanno detto che Maria ha concepito dallo Spirito Santo. Essi sono in errore. Essi non sanno quello che dicono. Quando mai una donna ha concepito da una donna? Maria è la vergine che nessuna forza ha violato, e questo è un grande anatema per gli Ebrei, che sono gli apostoli e gli apostolici. Questa Vergine, che nessuna forza ha violato [...], e le Potenze si contaminano. E il Signore non avrebbe detto: "Mio Padre che è nei cieli," se non avesse avuto un altro padre, ma avrebbe semplicemente detto: "Mio Padre”. In Filippo (91) l'apostolo dice: " Giuseppe il falegname ha piantato un giardino, perché aveva bisogno di legna per il suo mestiere. È lui che ha costruito la Croce con gli alberi che ha piantato. Il suo seme è stato Gesù, la Croce la sua pianta. Qui il concepimento di Gesù viene stravolto, si nega la “Supercoscienza”, lo “Spirito Santo” incorporeo, che tra l’altro, scenderà anche più tardi nel rito battesimale di Giovanni, e si fa di Giuseppe il vero padre di Gesù, ma cosa significa: “E le Potenze si contaminano? Ermete Trismegisto nel “Corpus Hermeticum”, più precisamente nell’inno alla rigenerazione parla di “Colui che ha ordinato al fuoco di apparire per prestarsi a ogni attività, sia degli dei, che degli uomini. Dedichiamo tutti insieme l’elogio a lui, a lui che si libra sopra i cieli, a lui che è creatore di tutta la natura. Questo è l’occhio dell’inteletto; accolga l’elogio delle potenze che sono in me”, nei suoi dialoghi con il figlio Tat, rivela che le potenze sono per lui i doni del “Nous”, l’Intelligenza Suprema, le forze, cioè: la conoscenza, la gioia, la continenza, la fermezza, la giustizia, l’altruismo, la verità, il bene, la vita e la luce che agiscono contro i “tormenti” della materia come: l’ignoranza, il dolore, l’incontinenza, il desiderio, l’ingiustizia, la cupidigia, l’inganni, l’invidia, la frode, l’ira, la temerarietà, la malvagità, ecc.; ma è altrettanto vero, da come si deduce, che esistono si le potenze degli uomini, ma anche potenze degli dei. Filippo così parla delle “Potenze”: (14.) “Vi sono potenze che danno questo all'uomo non volendo che egli sia salvo, per poter diventare suoi dominatori. Perché se l'uomo è loro schiavo vengono fatti sacrifici e si offrono animali alle potenze. E ciò che essi hanno offerto è bensì vivo, ma dopo che l'hanno offerto muore. Quanto all'uomo, fu offerto morto a Dio, ed è vissuto…… (86.) Per la verità, le opere dell'uomo provengono dalla sua potenza e per questo sono chiamate "potenze". Sue opere sono anche i suoi figli, che provengono dal Riposo. In conseguenza di questo, la sua potenza risiede nelle opere, mentre il Riposo si manifesta nei suoi figli. E tu troverai che questo procede fino all'immagine, che compie le sue opere secondo la propria potenza, ma nel riposo crea i suoi figli”. Quindi le potenze, “per natura ed equilibrio contrapposte”, di cosa si contaminano? Si contaminano perché vengono stravolte le gerarchie, tra le “potenze” degli “angeli” e le “potenze” dell’uomo, proprio con un concepimento misto tra una razza superiore e la razza umana, forse un intervento genetico? Forse “Lo Spirito Santo”, la “”Supercoscienza” della versione canonica, è in realtà un intervento sulla psiche umana “risvegliata” con qualche artifizio, o potrebbe essere un’interpretazione di ciò che allora, poteva indicare un intervento di qualche “potenza” extraterrestre, che in quei tempi poteva essere solo compresa come un Dio, cioè uno “Spirito Santo” super cosciente, corporeo, multi dimensionale, o meglio un “Vegliante”, come il caso del sospetto di Lamech sul concepimento del figlio Noè da parte della moglie Bit Enosh, citato nell’Apocrifo della Genesi, II,1: “Ecco, pensai allora in cuor mio, che la concezione viene dai vigilanti e dal seme dei santi, e che questo bambino assomiglierà forse ai giganti (nefilim)”, la giustificazione della moglie di Lamech, giunta dal rotolo apocrifo della Genesi in possesso del generale americano Yigael Yadin, tradotto dal prof. Biberkrant dell’università di Gerusalemme e chiara al verso 16, in quanto si afferma: “Non è figlio di un qualsiasi straniero è il figlio di un figlio del cielo…”. Sono dubbi e affermazioni riportate anche nel testo slavo di Enoch, dove Lamech chiede consiglio a suo padre Matusalemme che a sua volta cerca suo padre Enoch ritiratosi “tra gli angeli”, un luogo chiamato dall’apocrifo della Genesi, “Parwain” paradiso, e qui confermando il peccato degli angeli caduti che violarono i comandamenti di Dio, unendosi con le donne figlie degli uomini, lo assicura della paternità di suo figlio, avvisandolo che il nuovo nato si chiamerà Noè, perché sarà superstite alla distruzione che accadrà sulla terra. Quindi il dubbio dissolto da Enoch era precedentemente ricaduto su uno degli Elohim che generarono i “Nephilim” tradotto svariatamente con: “irruenti, giganti, forti, potenti o per l’appunto “le potenze”, i viventi, la volgata, esseri caduti o Angeli di Dio”, chiamati: “Buona compatibilità”, figli delle schiere celesti, figli dei Bene ha Elohim, cioè figli degli dei, anzi delle dee, che peccarono unendosi con le figlie degli uomini, citati nei svariati sacri testi: Genesi, Giubilei, Enoch, ecc., coloro che avrebbero dato vita ai mitici giganti. Del resto questa storia si ritrova reinterpretata in molti culti, vedi per esempio quello zoroastriano, e in molti altri testi, vedi i “serpenti demoniaci” del poema persiano di “Fridusi”, o dell’iranico “Shahameh”, “il Libro dei re” del 1010 d. C., dove in un paese della Persia orientale, a Khorasan, nella provincia di Tus, Zal figlio di Sam assume il ruolo di Noè con la sua dubbiosa nascita, cioè la somiglianza con i Daeva, abbandonato per tale motivo fu cresciuto da una strana figura, simile all’uomo aquila azteco e alla dea egizia piumata, Maat la figlia di Rà; questa figura è Il “Simurgh” una sorta di sciamano mezzo uomo e mezzo uccello che conosceva varie scienze e “l’haoma”, una sostanza misteriosa che donava l’immortalità; una figura ricollegabile, per l’appunto anche all’avvoltoio grifone, ai riti sciamanici, all’angelo della vittoria zoroastriano “Verethragna”, che poteva cambiare forma come l’angelo della tradizione islamica “Sa’adya”, come l’arcangelo della tradizione giudaica “Sadayel”, come i djinn. Associabile quindi ai Vigilanti di Enoch, a”Varghna”, la Gloria di Dio, a Minerva con il suo conico copricapo; somiglianze di cui ci rimangono piume, feluche, mitre vescovili, ali e aureole nel paganesimo e nella cristianità di Santi e Angeli.
A quanto pare, questi “Angeli di Dio” abbandonarono “il loro popolo eletto, sottomesso”, e se ne andarono trentasette anni dopo la crocifissione di Gesù. Infatti è curioso che molte tracce di attività per l’estrazione mineraria riscontrabili in varie grotte del pianeta, come quella chiamata “del Mammut, cessino proprio poco tempo dopo la nascita di Gesù, come a indicarci l’uso allora impossibile e insensato dei minerali come forma di energia o carburante per chi sa quali veicoli. Prove che comproverebbero questa teoria sarebbero riscontrabili già agli albori dei tempi, basti ricordare i recenti studi e le interpretazioni date ai grafiti di Lascaux in Francia vecchi di 13.000 anni, che racchiuderebbero piccole immagini rappresentanti: civiltà aliene, indicazioni genetiche, e informazioni cosmologiche sulla costellazione del Toro, su Orione e sulle Pleiadi.
Non a caso, come fece notare, anni fa, l’ufologo di Ancona Franco Alfieri, si parla di “un astro somigliante a una spada, di carri volanti e falangi armate sospesi in aria” sopra la regione e dei sacerdoti del tempio, che sentirono una “forte scossa e una voce collettiva” che diceva: “Noi ce ne partiamo da qua”, (Giuseppe Flavio, Guerra Giudaica VI,5). Lo storico Tacito 55-120 d. C. nella sua opera scritta in latino “Storie, Libro V,13, comprovando quanto detto, scrive: “Si videro in cielo eserciti scontrarsi, armi risplendenti ed improvvisamente sortir dalle nubi un lume e risplenderne il tempio”; d’altra parte anche di Gesù si legge: “Si trattenne con i suoi discepoli per quaranta giorni, alla loro presenza salì al cielo”,  lasciando operare la preparazione spirituale per il futuro “Regno di Dio”, i suoi discepoli e apostoli, per lo più gente umile e senza cultura miracolata del suo sapere, del suo carisma e dello “Spirito Santo” che discendendo disse loro: “Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima”, forse riferendosi a quello che i cultori dell’odierna “Merkabah risuscitata dalle antiche pratiche ermetiche egizie” chiamano, il risveglio del campo elettromagnetico, la Veste, l’Aura, che circonda il corpo fisico, ora inattivo, forse quel stesso risveglio che nell’antico Oriente Brahma procurò al saggio Narada, quello che nel “Corpus Hermeticum” Ermete Trismegisto chiama, “Uomo nuovo”, l’iniziazione che porta alla “rigenerazione”, al ricongiungimento interno con il “Nous”, la “Supercoscienza e la Consapevolezza Suprema”, comunque quel risveglio portato dai Maestri, dagli Dei, dagli “Esseri illuminati venuti dal Cielo”, del resto Gesù stesso disse: “Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato, e nei tempi paleocristiani la venuta di Gesù, come dice l’occultista H.P. Blavatsky nel “Iside svelata”, Armenia, pag 236”, era attesa nel momento in cui nella costellazione dei pesci, Giove e Saturno si sarebbero congiunti, pertanto l’evento era simboleggiato dal pesce e da una nave, o navis chiamata anche Argha. Non è una casualità, anche Krsna millenni prima si manifesto in particolari corrispondenze cosmiche e così molte altre divinità.
Quanto detto fa sospettare un intervento alieno di qualche tipo, forse genetico; anche sulla nascita, la morte e la risurrezione di Gesù; lo rivelano chiaramente le parole sulla Chiesa di Isaia quando profetizzando il Cristo dice: “Esulta o sterile che non partorisci, prorompi in grida di gioia tu che non attendi il parto, poiché più numerosi saranno i figli dell’abbandonata che della maritata”…“E la tua discendenza erediterà i popoli e abiterai nelle città un tempo abbandonate”…”E non ti ricorderai il disonore della vedovanza perché il Signore che ti sposerà è il Signore degli eserciti e chi ti redime è il Dio d’Israele che sarà chiamato Dio di tutta la terra”. Al tempo di Erode circolava anche una curiosa leggenda che narrava di una vergine giudea, identificata in Maria, e si diceva che fosse stata visitata da un serpente. Curiosità e casi di strani concepimenti obsoleti, sono ritrovabili anche più di recente, per esempio l’ing. M. Pincherle, ricorda una notizia stampata un secolo e mezzo fa sul giornale "Il Bornitore Piceno", dove si parla di una certa Guidelma Picciafuochi, una ragazza rimasta incinta, per opera divina, di un bimbo biondo, morto subito dopo la nascita, bimbo che era nato da solo e sul petto recava un simbolo simile ad una mano con tre dita, simbolo corrispondente alla lettera ebraica Scin, cioè all'archetipo che corrisponde alla discesa del divino sulla Terra.

25° INTERVENTI GENETICI

Dopo tutto non credo così assurdo parlare di razza umana, concependola come conseguenza di interventi genetici su razze animali preesistenti un tempo sulla terra, più che concepirla solo come un lento processo evolutivo, che se anche tale, deve essere lo stesso opera di un creatore, che opera con l’aiuto di angeli, oggi alieni, o come altro volete chiamarli, comunque esseri, a noi superiori, poiché questa ne è la descrizione sui testi sacri. Se così non fosse, questi scritti rappresenterebbero solo in modo allegorico una favola o una sorta di teoria evoluzionistica della specie che ci vedrebbe discendenti da un primitivo organismo sotto l’egida delle “forse cosmiche”, “le stesse potenze”, intese in senso esoterico, quindi sempre entità superiori che potremmo egualmente chiamare aliene. A  par mio, la teoria più ovvia risulta essere quella di valutare anche la possibilità di un intervento genetico da parte d’altri esseri cosmici che seguono o servono una loro esigenza individuale e sociale di specie, o un’esigenza planetaria superiore alle nostre facoltà percettive, e siccome l’universo appare infinito, numerosi possono essere questi esseri e diverse le loro esigenze, tutti lavoranti e servi, sotto “l’esoterica” egida cosmica del “Grande Essere oltre dimensione” in percepibile nella sua completezza, il “Tutto Indiviso di Paracelo” a noi in percepibile per diversità di stato, in quanto parte infinitesima dei suoi “microrganismi”. Quanto affermato trova riscontro anche in uno strano files chiamato operazione “Majiority” diffuso da Milton Wiliam Coper, nel quale si ravvisa l’intervento alieno nella creazione del Homo sapiens, ne sarebbe prova il sangue RH, il controllo tramite le religioni mondiali e la religione aliena che concepisce un “Universo Creatore”.  Tornando ai nostri “Vigilanti”, il ricercatore e studioso Salvatore Poma suppone che Giova, o Jahveh, apparso a Mosè nel 1513 a. C., che fu il generatore dell'attuale cristianesimo, fossero in realtà più entità extraterrestri, io credo intenda riferirsi a quegli esseri citati nelle sacre scritture chiamati Elohim o anche “Angeli di Dio”, esseri comunque che secondo il ricercatore, usando la propria tecnologia e il patriarca Mosè come intermediario inconsapevole, cioè lasciandogli credere di essere il Dio dei suoi avi e accreditandosi antichi patti coi loro antenati, rapirono l'intero popolo ebraico, pastore di pecore e bovini, strappandolo agli egiziani, che erano invece contadini. Sembra, infatti, che Geova adorasse il sangue animale e gli ebrei potevano fornirne in grande quantità, quando si fece festa per la costruzione dei templi al Dio israelita furono sacrificate 22.000 capi di bestiame, che nell’analoga “storia messicana” diventano 22.000 uomini. Per gli “Dei”, a quanto pare il sangue era un vero “elisir”; a tale proposito leggete questi versi: “La ragazza-dea passava il resto della notte in un luogo appartato sotto scorta e il popolo vegliava presso il cortile del tempio attendendo l’alba, giunta la quale si portava di nuovo fastosamente in processione la dea incarnata. Il corteo terminava nella sala in cui si era svolta la precedente cerimonia: qui la ragazza, in piedi su mucchi di granturco, riceveva le offerte del popolo consistenti in tazze di sangue raggrumato che i fedeli si erano fatti spillare dalle orecchie durante i giorni del digiuno: il sangue umano in cambio delle messi, il sangue in cambio della vita”. Alcuni versi barbari tratti dal Libro di Ashor, Cap. 14 narrano: "...e un altro villaggio ancora scomparve sotto l'impeto barbarico di centinaia di sanguinari primitivi, quando finirà questa pazzia? quand'è che la Dea Danu, venerata Dea dei barbari, avrà banchettato abbastanza con il sangue degli uomini?". Il popolo maya non era da meno, infatti, celebrava riti alquanto crudeli come l’incisione dei genitali, per le offerte di sangue umano agli dei, e credeva che l’uomo stesso fosse stato creato dal sangue degli dei mischiato al mais, dopo due precedenti tentativi falliti con il fango ed il legno. Tracce di questi riti si possono trovare anche in Italia, basti pensare alla statuetta sciamanica ritrovata nel villaggio neolitico di Passo di Corvo a Foggia che presenta un’immagine femminile con gli occhi socchiusi, “come fosse in estasi”, mentre sotto le narici presenta due piccoli fori e traccia di un pigmento rosso, probabilmente teso a rappresentare il sangue che sgorga; questa figura femminile inoltre è dotata di un berretto ”caucasico” e del simbolo della costellazione di Cassiopea inciso sotto i seni. Entità superiori probabilmente si manifestarono a quei tempi, già il profeta Abdia uno dei tre profeti minori accennati nella Cronaca di Eusebio e Girolamo, alla fine della sua profezia disse: “E risaliranno i rigenerati dal monte Sion (Giudea) per difendere il nome di Esaù (il nipote di Abramo) e sarà il regno del Signore”, la maggior parte degli scritti ci fa intendere un ritorno, o una manifestazione degli “Esseri Creatori”, giunti a proporre una Nuova Alleanza per qualche loro motivo, che per non sbagliare potremmo definire cosmico. Volendo annegare fra i miti, nel mitologico “Libro di Nod”, (Nod è la terra ad est dell’Eden), si narra la storia di Caino, che cadde in peccato per il suo rifiuto di sacrificare ciò che chiedeva Dio, cioè non vegetali, ma probabilmente altro bestiame come faceva il fratello Abele, fratello che uccise, cospargendo poi di sangue l’altare dove solitamente si bruciava l’offerta. Per tale peccato Caino fu confinato da Dio ad est dell’Eden dove si sarebbe poi accoppiato, nel suo vagabondare, con la demoniaca maga Lilith, chiamata anche la “luna nera”, una figura definita anche “Grande Madre”, simile alla egizia Iside, alla dea hindù Durga le kali, o all’azteca Coaticlue “quella dalla gonna di serpenti”, comunque un demone del tipo “incubus”, regina dei demoni succubi e secondo il Talmud ebraico, la prima donna “vampira”, seduttrice e moglie di Adamo, demone del tipo “succubus”, che lo avrebbe iniziato al suo sapere e con essa avrebbe generato Enoch, Zillah e Irad, una progenie vampirica, “nosferatu”, (maghi o stregoni i cui patriarchi sarebbero i Methuselahs), dotata di poteri, progenie che Caino avrebbe portato con se nella città di Enoch, che prese, appunto, il nome del figlio maggiore, città che divenne meta di “clan” vampiri e di umani, loro servitori. In questa progenie a mio avviso rientrano anche gli spiriti maligni islamici, i djiinn; nel testo di Enoch si legge chiaramente: “Perché essi sono nati dagli uomini e dai santi Vigilanti nel loro inizio e prima origine; saranno Spiriti malvagi sulla terra e Spiriti del Male saranno chiamati… Egli spiriti dei giganti porteranno affezione, oppressione, distruzione, attaccheranno, daranno battaglia, e semineranno rovina sulla terra e causeranno dolore; non prenderanno cibo, ma ciononostante avranno fame e sete. E questi spiriti si leveranno contro i Figli degli uomini e contro le donne, perché da essi sono venuti”. In un frammento di questo libro si legge: "Verrà un tempo nel quale un essere oscuro guiderà i quattro cavalieri dell'apocalisse per tutte le terre per segnare l'alba di una nuova era. Egli sarà sangue del mio sangue e di sangue si nutrirà.." Lilith. Verso questo, forse riferito all’Armaghedon finale, definito non a caso, anche, come guerra tra razze. Interessante confrontarlo con gli Inni di Ringraziamento del manoscritto di Qumran 5 1QM, risalente tra il 150 a.C. ed il 50 d.C "Le schiere celesti grideranno le fondamenta del mondo vacilleranno e ondeggeranno. La guerra dei guerrieri celesti flagellerà la terra, ed essa avrà termine prima della distruzione designata, che sarà eterna ed incomparabile". Lilith, “la Luna nera”, è un demone che ricorda la leggendaria prima strega Aradia nata dall’incestuoso amore fraterno tra Diana, “’l’etrusca Tana” dea della Luna e Lucifero dio del Sole; Aradia sarebbe scesa sulla Terra ad insegnare la stregoneria per liberare l’umanità oppressa, sarebbe lei la edificatrice della prima originaria religione, ecco cosa dice alle discepole: "Quando io avrò lasciato questo mondo, di qualsiasi cosa abbisognate, una volta al mese, quando la Luna è piena, venite in luogo deserto, nella selva, tutte insieme, e adorate lo spirito possente di mia madre Diana; e colei che voglia apprendere la stregoneria e ancor non abbia penetrato d'essa i più profondi segreti, mia madre gliel'insegnerà; i segreti di tutte le cose sconosciute. E cosi, dalla schiavitù sarete liberi: liberi in ogni cosa voi sarete! E in segno di tale libertà nudi vi mostrerete, uomini e donne. E questo fino a quando l'ultimo degli oppressori non sia morto". Guarda caso, oltre a questi versi citati proprio nel “Libro del Comando, il Vangelo delle Streghe”, “Aradia, Gospel off he Witches,” opera del ricercatore, compagno idealista del celebre esoterista Eliphas Levi, l’Italoamericano Charles Godfrey Leland (1824-1903), un testo sacro ancora usato dalla moderna “wicca, cioè l’ancestrale potenzialità della fede”, riproposto di recente dalla Ishtar Edizioni di Torino; vi si trova tra le varie invocazioni raccolte per lo più dalla tradizione orale, rivelata da una praticante allo stesso autore, una scongiurazione rivolta proprio a Caino, colui che unendosi, come Belial a Lilith, “forse come i celtici Balor a Ethlinn”, avrebbe originato quella malvagia e temuta progenie “lunare e vampirica”, chiamata in mille modi diversi dalla notte dei tempi. Questa scongiurazione dice: “Tu, o Caino, tu non possa aver Ne pace e ne bene finché Dal Sole andato non sarai coi piedi Correndo, le mani battendo, E devi  pregarlo per me che mi faccia sapere, Il mio destino, se cattiva fosse, Allora dovrai  farglielo cambiare, Se questa grazia mi farete, L'acqua allo splendor del Sol la guarderà: E tu Caïno con la tua bocca mi dirai Il mio destino quale sarà: Se questa grazia o Caino non mi farai, Pace e bene non avrai!”. Nella scongiurazione ad Aradia si chiarisce la genealogia di Aradia: “Farete dolci di farina, sale, miele a forma di Luna (crescente o mezzaluna) metterli a cuocere e dire: Non cuocio ne' il pane ne' il sale, non cuocio ne' il vino ne' il miele; Cuocio il corpo, il sangue e l'anima l'anima di Diana. Che non possa avere ne' pace ne' bene, possa essere sempre in mezzo alle pene finche la grazia non mi farà. Che gliel'ho chiesta, e gliela chiedo di cuore! Se questa grazia, o Diana mi farai, la cena in tua lode in molti faremo, mangeremo, berremo, balleremo, salteremo, se questa grazia che ti ho chiesta, se questa grazia tu mi farai, nel tempo che balliamo il lume spegnerai; così all'amore liberamente faremo! Poi si dovrà fare questo: tutti si siederanno nudi, uomini e donne, e quando la festa sarà finita, balleranno, canteranno suoneranno, e si ameranno nell'oscurità, con tutte le luci spente, perché e' lo spirito di Diana che le spegne e così essi danzeranno e suoneranno in suo onore. Accadde che Diana, dopo che sua figlia ebbe compiuta la missione e passato il tempo sulla terra tra i mortali, la chiamò e le diede il potere, quando fosse stata invocata... dopo aver compiuto delle buone azioni... di gratificare coloro che l'avevano chiamata, garantendo loro il successo in amore: <> per interrogare gli spiriti; per trovare tesori nascosti in antiche rovine; per scongiurare le anime dei preti che sono morti lasciando tesori; per capire la voce del vento; per cambiare l'acqua in vino; per predire il futuro con le carte; per conoscere i segreti della mano (chiromanzia); per curare le malattie; per render belli o brutti; per domare bestie selvagge; Qualsiasi cosa sia stata chiesta in nome dello spirito di Aradia, sarà concessa a coloro che ne hanno meritato il suo favore. Perciò essi dovranno invocarla: Perciò io cerco, Aradia! Aradia! Aradia !a mezzanotte, a mezzanotte vado in un campo, e con me porto acqua, vino e sale, porto acqua, vino e sale, e il mio amuleto, il mio amuleto, il mio amuleto, e una piccola borsa rossa che tengo sempre in mano, con dentro, con dentro sale. Con l'acqua e il vino benedico me stesso, benedico me stesso, con devozione, per implorare un favore da Aradia, Aradia! Poi la scongiurazione: “Aradia, Aradia mia! Tu che sei figlia del Peggiore che si trova nell'Inferno, che dal paradiso fu scacciato e con sua sorella ti ha creata...Ma tua madre, pentita del suo fallo, ha voluto fare di te un spirito, uno spirito benigno e non maligno! Aradia, Aradia, tanto ti prego, per l'amore che porti a tua madre e all'amore tuo che tanto ami, ti prego di farmi la grazia, la grazia che ti chiedo. Se questa grazia mi farai, tre cose mi farai vedere: serpe strisciare, lucciola volare e rana cantare. Se questa grazia non mi farai, desidero che tu non possa avere ne' pace e ne' bene. E che da lontano tu debba scomodarti per cercarmi, finché tu venga a esaudire il mio desiderio in fretta, e dopo che possa ritornar presto al tuo destino”.
Leland afferma di aver ricevuto il misterioso manoscritto a Colle Val d’Elsa, (Siena), da una certa donna soprannominata “Maddalena”, una praticante che nel 1888 lo avrebbe iniziato alla stregoneria in un culto chiamato della “Toscana- Romagna”. Infatti, guarda caso, uno dei più antichi culti di Diana era presente proprio in Italia a Nemi, poco lontano da Ariccia, dove vi è ancora oggi un laghetto chiamato per l’appunto “lo specchio di Diana”, in quanto su una riva, vicino ad un boschetto sacro chiamato “nemus”, intorno al 500 a. C., vi sorgeva un tempio a lei dedicato; ed ancora oggi, a quanto pare, nel centro Italia è operante una congrega di streghe guidate da una certa “Maddalena Stradonna”.
Lilith, “la Luna Nera”, era anticamente un demone assirobabilonese, definito anche “la parte femminile di satana”, e anche questo riconduce alla leggenda di Aradia figlia della “triforme Diana”, “la Luna” e Lucifero, il “Sole”. Il nome Lilith deriva probabilmente da Lilitu, lilu e l’ardat-lili, tre demoni femminili associati al vento e alle tempeste, demoni esorcizzati con le preghiere rivolte a Marduk, o Enki la creativa divinità solare maschile, “legata teosoficamente all’anima,” sorta dalle acque per illuminare il mondo, in opposizione, a Ishtar la divinità lunare femminile, “legata teosoficamente alla personalità,” proprio come accade per Diana e lucifero. Infatti nella demonologia babilonese, oltre alla triade: Ahhazu “colei che sceglie” e Labasu “colei che abbatte,” vi erano anche, il demone incubo Rabisu e i “Sette Spiriti malvagi” che si manifestavano per l’appunto sottoforma di venti, tempeste, animali ecc. proprio come il misterioso dio malvagio “Ilu Limnu”. Lilith, Lil per i sumeri, per i babilonesi Lilitu, era dunque uno ”spirito nel vento,” quindi uno spirito libero che incarna come “Aradia,” il piacere infecondo e la lussuria. Lilith detta anche Lilibet, da cui i nomi Elizabeth ed Elisabetta, ribellatasi ad Adamo e al Signore si sarebbe ritirata nel mondo sotterraneo dopo aver divorato il proprio figlio, e qui divenne sposa del diavolo, cioè del male, e nelle rappresentazioni demonologiche è rappresentata proprio come un vampiro dai lunghi capelli neri, generalmente così descritto: “Una donna la cui bellezza affascina sia gli uomini che le donne, il volto biancastro, due occhi come due fessure azzurro verdognole, le labbra nero violacee, la bocca tagliente e sensuale. Luce e Tenebra, Lacrima e Passione, sempre, eterna, viva”. Lilith - “la Luna Nera”.  La tradizione narra che Lilith fuggita agli occhi del signore che inutilmente mandò tre angeli per convincerla a ritornare dallo sposo, partoriva ogni giorno sotto il monte Sinai i suoi Lilim, che il Signore prontamente distruggeva già alla nascita. Gli si potrebbero associare gli Ecantochiri della mitologia greca, figli di Gea e Urano che prontamente li scagliava, appena nati, negli abissi della terra, dove venivano salvati da Zeus con Ambrosia e Nettare, affinché lo aiutassero nella cosmica lotta contro i titani.  La leggenda vuole che Lilith per vendicare la punizione di Dio, cioè la morte di parte della sua prole, gelosa del seme umano di Eva, entri nelle dimore per succhiare ogni forza agli uomini e sembra che alcuni casi si verifichino realmente anche nei giorni nostri, vedi l’incredibile file n° 10 di Stefano Ballini, “mia moglie è un aliena”. Se un bambino ride mentre dorme, si dice che sta giocando con Lilith, per salvarlo occorrerebbe dire in Ebraico: “Adamo, Eva, fuori Lilith”.
Uno dei libri della Cabala ebraica (Alphabetum Siracidis), a proposito di Lilith, la prima moglie di Adamo, narra che la donna destinata a creare l’umanità con Adamo non era Eva, ma bensì Lilith. Successe però che lei si ribellò ad Adamo e anche al Signore. Adamo e Lilith non trovarono mai pace insieme, giacché lui desiderava mentire con lei e lei sapendo di essere creata dalla polvere e considerandosi uguale a lui non voleva essere da meno. Dato che Adamo tentò di costringerla all’obbedienza con la forza, lei pronunciò il nome del Signore e si levò in cielo”, da qui divenne simbolo della diversità e della libertà femminile. Lilith può essere individuata tra quei demoni djinn che secondo la tradizione kurda sono stati creati duemila anni prima di Adamo e condannati a vagabondare in terra per la loro “ribellione”, non a caso i testi gnostici affermano che Lilith fu la prima creazione dei Serpenti, poi seguì il compagno Adamo. Nel vangelo apocrifo di Filippo (80.), così si parla della creazione di Adamo e del suo spirito consorte: “L'anima di Adamo è venuta nell'esistenza per mezzo di un soffio. Suo consorte è lo spirito. Chi glielo ha dato è sua Madre; e con l'anima gli è stato dato uno spirito, al suo posto. Per questo, quando si è nascosto egli ha pronunciato parole superiori alle Potenze. Esse lo invidiarono perché erano separate dall'unione spirituale”. A quanto pare, qui sembra che Adamo sia bisessuato e abbia in se sia il principio maschile che quello femminile, separati per la prima volta, mentre le “Potenze” no. Nella genesi (5,1) si legge: “Maschio e femmina egli li creò e li benedisse, e diede loro il nome di Adamo, nel giorno in cui furono creati”. Nella Genesi (2,20) si legge: “E Adamo diede nome a tutto il bestiame, e ai volatili dell’aria, e a ogni fiera terrestre; ma per Adamo non si trovò un aiuto adatto a lui”, probabilmente ciò accadde perché Adamo aveva in sé i due principi, fino a quando non furono separati, altrimenti non avrebbe avuto senso creare Eva se già Adamo avesse avuto una femmina. Infatti, una leggenda vuole che Adamo, quando era nel Paradiso Terrestre fosse, senza saperlo, androgino, fino alla sua caduta nel mondo della materia, che lo pose sotto l’influsso della “Ruota dello Zodiaco”, cioè nella dualità del Karma che lo condusse a perdere la propria unicità, e ad accettare di completarsi con Eva. Il Signore trasse una costola da Adamo e creò Eva che divenne madre di tutti i viventi, inoltre pose inimicizia tra la donna e il serpente della potenza avversaria che l’aveva tentata nel giardino dell’Eden. Nella Genesi (3:14,15) si legge: "Sii maledetto…sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai…Io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei. Questa progenie ti schiaccerà il capo, e tu le ferirai il calcagno”. Qui viene da chiedersi come camminasse prima il Serpente e a quale razza appartenesse? Era forse l’Angra Mainyu? “il Serpente a due piedi” zoroastriano. Inoltre il serpente con l’uomo andava d’accordo? Del resto anche in India, Krsna schiacciò le teste del serpente Kalya. Il testo ebraico delle tradizioni orali, l’Haggadah, parla di un serpente con due gambe e alto come un cammello, il testo slavo dell’Apocalisse di Abramo parla anch’esso di Nahash, “il Serpente” di Eva, e lo descrive dotato di piedi, mani e ali. Questi versi testimoniano che sulla divisione del principio maschile e femminile, tra le “Potenze” c’erano delle dispute che portarono per l’appunto a quel accoppiamento degli angeli caduti, con le donne figlie degli uomini, come ci riferisce Enoch. Quindi qui oltre ad identificare due progenie, ci si riferisce chiaramente ad Eva come un corpo fisico-spirituale che il Signore ha tratto da Adamo per creare la sua progenie, mentre la figura di Lilith, può assumere inizialmente solo un ruolo spirituale, e dopo essersi ribellata a Dio assunse un ruolo analogo ad Eva, separatasi anch’essa da Adamo ma per opera del “serpente”, il Diavolo, lo stesso Lucifero che la leggenda, guarda caso, vuole sia il padre di Aradia, la regina delle streghe identificabile per l’appunto anche in Lilith, concepita dal suo amore incestuoso con la sorella Diana, quel Lucifero che aveva poteri uguali al Signore e che gli commissionò il compito di creare assieme a demoni come Belial una sua progenie, quei demoni succhiatori di sangue chiamati Ghoùl, vampiri, strix, lilim, empuse, streghe, ecc, che il Signore prontamente uccideva alla nascita; una storia questa, ricollegabile alla sumera storia di Nin hur sag la, o Ninkharsag, la dea serpente Sir, o Enlil, o Ninlil “Creatrice” sorella di Enki, (il Lucifero sumero) che creò l’umanità nel suo “laboratorio”. Se analizziamo il mito greco del dio caprino Pan, figura analoga al dio egizio Min e al Diavolo cristiano, si giunge alla stessa conclusione sopra citata per Lilith, infatti Pan, En to Pan, “il tutto” è una figura androgina come il primo Adamo, che ha in se la “dia”, la “diabolica” dualità concepita dalla coscienza spirituale di Ermes, “il messaggero degli dei,” e la impersonale entità fluida femminile della ninfa della quercia “Driope”, in effetti ninfa deriva da nimpha, o limpha cioè quell’energia vitale delle piante posta sotto il segno lunare come lo era  L.ilith; Pan, infatti, era un satiro legato ai Sileni quindi a Dionisio figlio di Selene dea lunare ed al contrapposto Apollo, era un Satiros, da “Setk Arios” Seth, Sat  il “se profondo” e iros, aries,  ur jos  “forza in atto, attività”, il fuoco primordiale dell’essere che si manifesta nel ‘era dell’ariete, in quelle terre egizie del “Primo tempo”. Di Pan. Diodoro Siculo a proposito ci dice: “Alla spedizione Osiride aggiungo anche Pan, che gli Egiziani tengono in onore particolare: infatti gli abitanti della regione non soltanto hanno innalzato statue a lui dedicate in ogni tempio, hanno addirittura dato il suo nome ad una città della Tebaide, chiamata Chemmo dai locali ma che, tradotta in greco, suona “Città di Pan.” Qui si identifica chiaramente un essere fisico divenuto un dio come altri suoi compagni di quell’arcaica era.
Nella mitologia Greca il posto di Eva spetta a Pandora la prima donna mortale plasmata da Efesto, la donna causa di tutti i mali, Pandora mandata da Zeus sulla Terra divenne sposa di Epimeteo, colui che per curiosità apri il vaso dei mali affidatogli da Zeus diffondendoli sulla terra, colui il cui nome in greco significa “imparare dopo”, al contrario del forgiatore dell’uomo Prometeo il cui termine significa “imparare prima”. Alcuni di questi racconti antichissimi sebbene sembrino assurdi per i più, trovano parecchie corrispondenze nei ritrovamenti archeologici e nei confronti mitologici che portano ad un’unica verità “interventi genetici apportato su esseri animali preesistenti sul pianeta terra”. Un antichissimo cenno ad esseri succhiatori di sangue appare in una tavoletta babilonese conservata al British Museum, in essa si legge una formula che servirebbe per proteggersi dagli Etimmè, demoni notturni succhiatori di sangue, come il mesopotamico demone Lamatsu. Una descrizione del potere demoniaco di questi esseri chiamati anche “Sèdìm”, giuntaci sempre da un incisione su una tavoletta afferma: “La sua testa è quella di un demonio, la sua forza è quella di un turbine, la sua apparenza quella dei cieli ottenebrati, il suo volto è oscuro, come la profonda ombra della foresta. Egli è scappato dagli Inferi”. Nella discesa di Ishtar, gli inferi sonono così descritti: “La casa delle tenebre, sede di Irkalla, la casa nella quale non esce colui che vi entra, la strada dalla quale non ha rirtorno l’andata, la casa nella quale chi vi entra è privo di luce, là dove polvere è il loro nutrimento, il loro cibo è fango, luce non vedono, nell’oscurità siedono. Sono vestiti, come gli uccelli, coll’abito d’ali. Sopra i battenti e il chiavistello è distesa la polvere”. Anche gli antichi popoli semitici temevano demoni femmina chiamati Ghoùl e Djnn “gli oscuri”, cui era legata la pazzia e la possessione demoniaca raccolta poi dal fantomatico diavolo dei cristiani; inoltre, tra gli ebrei si accenna ad esseri succhiatori di sangue chiamati Aluka che mietevano le loro vittime nel deserto. Erano empuse, lamie per gli antichi greci; sanguisugae per i romani del XII secolo, come risulta dalle cronache medievali di Guglielmo di Newburgh, autore della Historia Rerum Anglicanum”. Originariamente greci e latini chiamavamo le streghe strix o stryx, in riferimento agli uccelli notturni e ai loro strilli spesso associati alle grida dei riti estatici sciamanici di profetesse che raggiungevano lo stato di ”Volo” danzando vorticosamente attorno ad un fuoco e temute perché capaci di invocare demoni o spiriti capaci persino di succhiare il sangue ai bambini. A queste gli si possono associare anche alcuni di quei demoni che in India venivano chiamati “asura”, nemici dei “deva” di Visnu, un demone identificabile tra quelle streghe che potevano volare e che sempre in India venivano chiamate per l’appunto “Khecari”, esseri amanti del sangue che uccidevano i bambini, come Pùtanà, la strega che avvelenandosi i seni, tentò inutilmente di uccidere “Krsna” incarnatosi 5.000 anni fa in un bambino e che da quei seni, assieme al latte ed il veleno, aspirò il suo soffio vitale (Cap. 6 del Libro di Krsna). Il sangue come linfa vitale ebbe sempre grande considerazione per gli antichi, Il dio Quetzalcoatl, un Avatar, o meglio il Serpente Piumato, creò l’uomo con il suo sangue, spruzzandolo sulle ossa prese nella terra dei morti. Le civiltà precolombiane infatti praticavano riti di sangue nelle loro venerazioni ai loro dei “venusiani”, cioè “al serpente piumato” e “all’uomo aquila”, riti e sacrifici che avvenivano su sagrati di mezze piramidi raggiungibili per mezzo di grandi gradinate. Nei miti iranici, invece, abbiamo l’ambigua figura del “Simurgh”, un uomo-uccello  piumato, vissuto in luoghi dove 8.000 anni fa si praticava il culto dell’avvoltoio, quindi la scarnificazione che avveniva nelle “dakhma”, o meglio “torri del silenzio”; curioso il fatto che in alcuni affreschi dell’antica cultura indoiranica di Catal Huyuk, questi avvoltoi sono raffigurati per l’appunto con articolazioni umane, e potrebbero essere benissimo associati alle deità Maya e Aztehe: Quetzalcoatl “il serpente piumato”, Tezcatlipoca, basti pensare al tempio di Tula dove in un pilastro del tempio dedicato a Venere sono rappresentati “gli uomini aquila” che sembrano dotati di propulsori”. Se poi cerchiamo sacrifici di animali, come quelli chiesti da Dio ad Abramo, sono numerosi nella Bibbia e anche in altri testi e reperti antichi, ve ne sono che risalgono addirittura al Diluvio universale. Nella nota storia babilonese già citata, di Utnapishtim, simile al diluvio della Genesi si legge: […] “Una volta sceso dalla nave […] Versai una libagione sulla cima del monte […] Ammassai legno e canna e cedro e mirto. Quando gli dei fiutarono il dolce profumo accorsero come mosche sopra il sacrificio”. Se si leggono testi come: libro di Henry More “Antidote against Atheim del 1653”, o il libro di Montagne Sommers “The Vampire in Europe”, è difficile rimanere scettici, specie se si incappa su scritti ufficialmente documentati come il rapporto denominato “Visum et repertum”, cioè “Visto e assodato”, sottoscritto a Belgrado il 16 gennaio del 1714 da cinque ufficiali di Carlo VI re d’Austria, di cui tre anche medici, che constatavano personalmente, dopo la riesumazione di alcuni corpi, elementi di “vampirismo, compreso ricrescita e non putrefazione dei tessuti”; stessa cosa per il disseppellimento del serbo Peter Plogojowitz nel villaggio di Kisilova nel 1725, comprovato ufficialmente dal funzionario imperiale di Gradisk, casi questi, che portavano generalmente a trafiggere il cuore con un paletto e al incenerimento del cadavere riesumato. Se andassimo a confrontare tra loro questi ed altri antichi scritti con le leggendarie storie di vampirismo, come quella di Menippo, citata nel quarto libro della Vita del mago greco Apollonio di Tiana di Filostrato, Aristofane, “le Rane”; o di letteratura “fantastica”, come quella del famoso Necronomicon di Lovercraft e avvistamenti UFO con caduta di animali, o con i più recenti casi di sfere vampiro luminose accaduti oltre oceano, si potrebbero avanzare interessanti e alquanto fantastiche ipotesi, tra l’altro anche dei vampiri, come in alcune visioni angeliche, si dice che potevano essere veduti solo da alcuni; ma quello che ci interessa, sono solo gli antichi riscontri sui possibili contatti alieni, con le loro varie sfumature, che potrebbero aver influito sull’evoluzione della vita sul pianeta.

26° ANGELI, ARCONTI, VIGILANTI E IL NOME DI DIO, “LA CREAZIONE STESSA”

Se andiamo a leggere alcuni scritti apocrifi, come quello dell’Apocalisse del profeta Baruk risalente a 2.600 anni fa, profeta al quale un angelo avrebbe mostrato i segreti di Dio e del cosmo, troveremmo sconcertanti descrizioni di ambienti, cose e persone che oggi si interpreterebbero ben sì in altra maniera, e che ci porterebbero a pensare ad un contatto alieno.
La già citata, antica e sconvolgente storia che l’umanità ricorda, tratta dalle antiche scritture, si esplica così, in un’altra delle sue versioni: "Gli uomini frattanto si erano moltiplicati sulla faccia della terra ed erano nate loro delle figlie. I figli di Dio, vedendo che le figlie degli uomini erano adatte, si presero in moglie tutte quelle che loro piacevano. Allora il signore disse:
Il mio spirito non rimanga per sempre umiliato nell’uomo, perché è carne: la sua vita non sarà che di 120 anni.
In quel tempo vi erano i giganti sulla terra e anche dopo, quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini, le quali generavano loro dei figli. Sono essi quegli eroi famosi fin dai tempi antichi.
Il Signore, vedendo che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che tutti i pensieri concepiti nel loro cuore erano soltanto malvagi, si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo; e disse: “Sterminerò dalla faccia della terra l’uomo da me formato: uomini e animali, rettili e uccelli dell’aria, poiché mi pento di averli fatti”. Questi angeli, figli di Dio, nella versione enochiana furono costretti a vedere sterminare i loro figli giganti generati con le figlie dell’uomo, inoltre ne videro altri segregati in un luogo celeste, “un abisso di fiamme”. Semyaza, il loro capo, fu costretto a rimanere per l’eternità sospeso a testa in giù tra cielo e terra nella costellazione di Orione, solo per aver rivelato alla bella mortale Ishtahar il nome di Dio in cambio del piacere carnale. Analizzando gli antichi testi disponibili, interessante è notare che lo stesso nome di Dio non si poté mai sapere. Il tetagramma ebraico יהךה, in greco πιπι: YHVH, in Cabala è l’abbreviazione concentrata di HAYÀ = ERA, HOVÈ = È, YIHÈ = SARÀ, gli stessi ebrei chiamavano Dio, Adonai Elohim, in pratica Signore Iddio, o come sembra intuirsi nella storia di Daniele nei testi di Ras Samra “il signore tra gli dei”, dato che usa il pronome “loro” in riferimento alla forma Elohim (Adonai o Adone che nell’astronomia rappresenta anche il sole). YHVH o JHVH pronunciato originariamente “Jaweh o Yahweh”, terza persona singolare dell’imperfetto del verbo “Havah o hajah” che significa essere, per gli interpreti antichi “Io sono colui che è” cioè il nostro “Assoluto”. Divento successivamente “Yehovah”, poi Jehovah, “Geova” per influenza tedesca dato che così era scritto, e poiché il nome vero di Dio come accadde anche per il dio hindù Shiva e l’egizio Osiride, o Ammon, non si poteva pronunciare poiché solo il sacerdote nel tempio in occasione dello Yom Kippur (il giorno dell’espiazione, in cui satana non aveva potere), poteva pronunciare, si pensò che fosse Yahweh, nell’uso italiano Iahvè, “il Dio Naturale della Vita”, o meglio il “Potere Creativo”. Egli era considerato all’inizio inumano e anche crudele fino a quando l’influenza dei miti dravidici del Dio buono e della Grande Madre iniziarono ad affermarsi, e così dal 800 a.C. in poi, con le nuove idee, iniziò a modificarsi l’immagine di un Dio più umano e vicino agli uomini. In quel periodo sorsero le nuove religioni: Taoismo “che predica l’inattività e l’attesa degli eventi”, Confucianesimo in Cina 551 a. C. che predica l’intervento attivo e mirato per raggiungere la giusta via”, Buddismo con la sua reincarnazione che predica l’equilibrio con la natura, Induismo in India e il metodo scientifico Aristotelico, che gettò le basi del nuovo “credere scientifico”. Alcuni termini per indicare il Dio supremo sembrano giungere dal Dio del cielo e del vento venerato dagli Arya, “Dyhans Pitar” che potrebbe essere identificato con l’Enlil sumero, il miceneo Diwe, il greco Zeus e Theos, il Jahwè ebreo, il latino Diovem, il Dios spagnolo, il Tinia etrusco, il Tien cinese, il Dio italiano, ecc.. Le deità anticamente in un dato tempo sembrano comunque essere state molte, non a caso c’è chi sostiene che esistessero più figli di dei, più “Elohim”, il Dio creatore del mondo non sarebbe lo stesso creatore di Adamo ed Eva, che sarebbe, invece, un Elohim dissidente chiamato dagli gnostici dei primi secoli dopo Cristo, “L’Arconte Demiurgo”, e questo può ricondurci sempre a quelle ipotesi di interventi genetici alieni.
Tralasciando al momento, l’ipotesi extraterrestre e questi suggestivi e affascinanti enigmi storici, inizierò ora la mia ricerca partendo dalla presentazione delle filosofie esoteriche compresa la Cabala, e della Bibbia, approdando poi, dopo aver analizzato, in breve, altri culti, alla magia, alla psicologia e alla mia conclusione d’interpretazione logica e filosofica; cercando di trarre i concetti che più si accomunano alla “luce di un’unica verità”. Interessante sarà notare che “ogni Cielo e ogni Pensiero, ha un’energia o un “Dio onnicreante” con un’infinita schiera di collaboratori, tutti figli della “Luce” e con il potere di creare nelle varie dimensioni, all’uomo parte di questo creato spetta il compito di concorrere ad una coscienza spirituale in divenire, evolvendo e creando seguendo un ordine nella “Luce e nell’amore per l’amore stesso” per un’unica coesistenza. L’uomo così riesce a comprendere, ed a imparare che l’offesa può solo generare un’altra offesa, ma che la ribellione se necessaria è d’obbligo, se rivelata dalla coscienza di Dio; del resto il “primato della coscienza” è l’apice anche per la dottrina della chiesa moderna, come disse nei giorni nostri, Don Andrea Gallo della Comunità di S. Benedetto al Porto in occasione del “caso di Don Vitaliano”, il prete che prese parte attiva assieme all’attuale movimento di “non globalizzazione”, che tanto fa discutere, e che a mio parere, porterà solo un indebolimento sociale, dovuto alla mancanza di individualità che, erroneamente, per molti è ancora unico scopo di vita.

ESOTERISMO, CABALA, TEOSOFIA E DOTTRINA SEGRETA

27° INSEGNAMENTI ESOTERICI ED EXOTERICI

In tutte le religioni esiste un insegnamento pubblico chiamato "Exoterico" e uno segreto chiamato "Esoterico", che dà più profondi significati all'essenza della vita e all'evoluzione umana, ricercando e rappresentando l'antico sapere relativo alle leggi fisiche e alle corrispondenze degli elementi, che regolano l'essenza del creato e dell'uomo; distinzione questa conosciuta fin dal tempo predinastico, dai sacerdoti egizi. L'occultismo occidentale comprende, principalmente, la Cabala, mentre in quell’orientale, trovano posto la filosofia Vedanta e la filosofia Yoga, anche se si può parlare di Cabala egizia, ebrea e orientale. Il Teosofismo invece, è fondato sulle più antiche tradizioni sacre, comprendenti testi anteriori ad ogni documento conosciuto, come le famose Stanze di Dzyan, delle quali la Blavatsky, pare, ha potuto consultare presso i monaci tibetani e nel quale in sette strofe, viene presentata l'evoluzione del cosmo, sorprendentemente conforme alle odierne teorie fisico-scientifiche relative all'origine dell'universo. Nello stesso libro, in dodici strofe viene redatta anche l'evoluzione dell'uomo; questi scritti, successivamente, sono stati commentati dalla Blavatsky nella sua nota "Dottrina Segreta". L’esoterismo sembra essere nato nell’Islam nel tardo medioevo legato alla dottrina esoterica dell’alchimia, della "Pietra Filosofale”, dono di Dio o meglio ”donum dei”, inoltre comprende, ideologicamente, anche la dottrina segreta basata su un principio onnipresente, eterno, invariabile e sull'eternità del Cosmo, il campo delle "Stelle Manifestanti" o "Scintille Dell'Eternità” che si susseguono periodicamente, e sull'identità delle anime che seguono la “legge Karmica”, legate all'anima superiore universale. La dottrina segreta abbraccia anche l'ermetica segreta che si basa soprattutto sulla saggezza egiziana di Ermete Trismegisto, "il Tre Volte Grande".

28° L’ORIGINE E LA RIVELAZIONE ERMETICA

Le rivelazioni di Ermete Trismegisto, divinizzato probabilmente nel dio Thoth, abbracciano l’antropogonia, la cosmologia, la filosofia religiosa e l’escatologia. Già ai tempi dei re egizi Cheope e Ramesse II, i saggi e leggendari scritti di Thoth erano ricercati nei luoghi più mistici, nel Tempio del Sole di Eliopoli, dove nel mitico racconto, il mago Giedi innalzò le acque del Nilo per la vittoria dei figli di Cheope sui figli di Rà, nella tomba di Neferkaptah, “forse le stanze segrete di Thoth”; probabilmente matrice di quei insegnamenti celati nelle stesse “Stanze di Dzian”, il noto testo Tibetano. I personaggi citati in queste ermetiche e sapienti rivelazioni scritte, sono: Iside ed il figlio Horus, Aslepio identificato anche in Imhotep, Amone e Agathos Daimon identificato in Ktieph, oltre a questi vi sono i dialoghi ambientati per l’appunto in terra egizia tra Trismegisto ed il figlio Tat, il sacerdote Bitys e Poimadres. I greci già ai tempi di Erodoto identificarono Ermete Trismegisto con il Dio lunare della scrittura Thoth, infatti quest’associazione è presente anche nel “Fedro di Platone” con il mito di Theut e nel “Cratilo”. Probabilmente vi erano antiche congreghe di custodi e seguaci del dio Thoth che ad un certo punto in periodo di Ellenismo, (IV sec. a.C.), tradussero questi scritti in greco dagli originali egizi, affinché non si perdesse l’antico sapere dei civilizzatori atlantidei sopravvissuti alla catastrofica caduta meteorica di “Tifone” più di 10..000 a.C., ai tempi di Tep. Zepi, al tempo di Osiride quando inizio l’era del “Primo Tempo”.
Lo storico Diodoro Siculo di Agirio, Enna (80 – 20 a. C.) nella sua “Biblioteca Storica” libro 1, 15 -16 scrisse così di Thoth o Ermes:
"Tra tutti - aggiungono -Osiride teneva nel più alto grado di considerazione Ermes, perché fornito di naturale sagacia nell'introdurre innovazioni capaci di migliorare la vita associata. Secondo la tradizione, infatti sono opera di Ermes l'articolazione del linguaggio comune, la denominazione di molti oggetti fino ad allora privi di nome, la scoperta dell'alfabeto e l'organizzazione dei rituali pertinenti agli onori e ai sacrifici divini. Egli fu il primo ad osservare l'ordinata disposizione degli astri e l'armonia dei suoni musicali secondo la loro natura; fu l'inventore della palestra e rivolse le sue cure allo sviluppo ritmico del corpo umano. Inventò anche la lira con tre corde fatte di nervi, imitando le stagioni dell'anno: adottò infatti tre toni, acuto, grave, medio, in sintonia rispettivamente con estate, inverno, primavera. Anche i Greci furono da lui educati nell'arte dell'esposizione e dell'interpretazione, vale a dire l'arte dell'ermeneutica, e per questa ragione gli hanno dato appunto il nome di Ermes. In generale Osiride ebbe in lui il suo scriba e sacerdote: a lui comunicava ogni questione e ricorreva al suo consiglio nella stragrande maggioranza dei casi. Invece di Atena, come credono i Greci, sarebbe stato Ermes a scoprire la pianta dell'ulivo."
Anche se è stato appurato che i fondamenti dell’arte ermetica erano già conosciuti in India e in Cina circa 25-30 secoli prima dell’era cristiana; è risaputo che il sapere ermetico di Ermete Trismegisto, “Thoth”, ci sia giunto, generalmente, “dal Corpus Hermeticum”, risalente al II sec. a.C. in epoca Tolemaica e Alessandrina; già agli albori del IV secolo, una scuola di arte alchemica, definita ermetica o sacra, fu fondata in Alessandria da Zosimo Panapolita, che trasmise ai posteri varie opere, tra cui il "Trattato dei fornelli". Questo “sapere” venne dichiarato eretico dai cristiani e scomparse intorno al V sec. d.C. per poi riapparire nel XI sec. con il bizantino Michele Psello. Giunse in Occidente dopo il medioevo, più precisamente consegnato dal monaco Leonardo di Macedonia al conte Cosimo dei Medici nel 1460 che lo fece tradurre in latino da Marsilio Ficino nel 1463; composto di 14 trattati chiamati logoi, più tre aggiunti da Giovanni Stobeo nel V sec d.C. e ha come appendice l’Asclepio scomparso ai tempi di S, Agostino e riemerso più tardi. L’insegnamento ermetico è teso a reintegrare ogni iniziato al ”Principio Primo”, per l’appunto a quell’Unica Cosa della Tavola Smeraldina di Ermete. Questo insegnamento si può riassumere in breve da alcuni versi dello stesso "Corpus Hermeticum", in esso si legge esplicitamente: ”Innalzati oltre ogni altezza, discendi oltre ogni profondità, raccogli in te tutte le sensazioni delle cose create, dell'acqua, del fuoco, del secco, dell'umido. Pensa di essere simultaneamente dappertutto, in terra e mare e cielo: che tu non sia mai nato, che tu sia ancora embrione, giovane e vecchio, morto e oltre la morte. Comprendi tutto insieme: i tempi, i luoghi, le cose, le qualità e le quantità”. L’insegnamento ermetico è similarmente conforme a quello indù dei Veda che ritiene l'universo una manifestazione assoluta di una più che sostanza, una più che essenza, l'insieme di spirito e materia (Parabrahman e Mulaprakriti), che si manifesta dall'interno all'esterno da microcosmo a macrocosmo e perciò tutti i regni dell'universo sarebbero dotati di un proprio stato di coscienza e un proprio piano di percezione. Nel Pimandro di Ermete si legge: “ Con la materia che aveva a sua disposizione, il Padre fece il corpo dell’universo e gli diede forma sferica. Conferì poi a questo le qualità rendendolo immortale e perennemente materiale. Inoltre il Padre chiuse i suoi atributi nella sfera, come in una caverna, e ne adornò la sua creazione. Riempì quindi ogni corpo d’immortalità, affinché la materia non tornasse nel disordine primitivo, giacché quando era priva di corpo la materia stessa era caotica. Ed essa conserva quaggiù una piccola traccia di tale disordine nella facoltà che ha la natura di crescere e diminuire, ciò che gli uomini chiamano “morte”.

29° IDENTIFICAZIONI DEGLI ANGELI E LE LORO GERARCHIE

I sumeri “Sukkali”, i Deva, Dei, Dhian, Chohan, Angeli per i cristiani, Sephirot per i cabalisti, Yin per i Buddisti, Chitkala per gli esoterici, Theoi per gli Ermetici, Kwan, Geni, Demoni, o meglio dal lessico greco "Messaggeri"; questi sarebbero, come disse anche Jung, che intuì le dinamiche “dell’Inconscio collettivo”: sono solo "uomini di un genere superiore", agenti delle leggi Karmiche e Cosmiche senza una loro personalità, dotati solo di un'individualità gerarchica d'insieme. Anche nella Bibbia gli Angeli si rivelano solo messaggeri, servi di Dio, Apocalisse (22.8,9). Ecco cosa ci dice a proposito dell’uomo e di queste entità cosmiche il "Corpus Hermeticum”:”L'uomo non è sminuito dall'avere una parte mortale, ma questa mortalità accresce la sua possibilità e la sua potenza. Le sue doppie funzioni gli sono possibili per la sua doppia natura: egli è costituito in modo da abbracciare ad un tempo il terrestre ed il divino. Anzi non temiamo di affermare la verità. L'uomo vero è al di sopra degli dei celesti o per lo meno uguale a loro. Poiché nessun dio lascia la sua sfera per venire sulla terra, mentre l'uomo sale in cielo e lo misura. Onde osiamo affermare che l'uomo è un dio mortale e che un dio celeste è un uomo immortale”.
L’antica tradizione giudaica, secondo Ben Maimon, ammette dieci gradi o ordini di angeli: 1) i caios acodesh, puri, santi; 2) gli ofamin, rapidi; 3) gli oralim, forti; 4) i chasmalim, fiamme; 5) i serafim, scintille; 6) i malakim, angeli, messi, deputati; 7) gli elohim, iddii o giudici; 8) i ben elohim, figli degli iddii; 9) i cherubim, immagini; 10) gli ychim, gli animati. La classificazione classica, invece, ci giunge da Dionigi, lo Pseudi Aeropagita siriano (500 circa d. C.), che nel suo “De Hierarchia Celesti”, basandosi su una lista compilata da S. Paolo, raggruppò, secondo una concezione medioevale, gli angeli in una rappresentazione simbolica del firmamento, dividendoli in tre ordini: il primo composto da Serafini, Cherubini e Troni, il secondo composto da Dominazioni, Virtù e Potestà, il terzo composto da Principati, Arcangeli e Angeli. In seguito a ciò i Cherubini e i Serafini sono stati ritenuti responsabili del primo movimento (Primum mobile) e della sfera delle stelle fisse, i Troni di quella di Saturno, le Dominazioni per Giove, i Principati per Marte, le Potestà per il Sole, le Virtù per Venere, gli Arcangeli per Mercurio, e gli Angeli per la Luna. Sant’Agostino, più concretamente, nella sua lettera C.IX, non ha nessuna difficoltà ad attribuire ai buoni e ai cattivi angeli dei corpi sciolti ed agili, forse perché credeva ai versi dell libro di Enoch, testo che riteneva più vecchio delle sacre scritture “ob nimiam antiquitatem”. Papa Gregorio II li ridusse a nove cori, a nove gerarchie, o ordini i dieci cori degli angeli riconosciuti dagli ebrei; sono per l’appunto: i serafini, i cherubini, i troni, le dominazioni, le virtù, le potenze, gli arcangeli e infine gli angeli che danno il nome alle altre otto gerarchie. Secondo alcuni testi mediorientali, gli angeli sarebbero invece, divisi in tre gerarchie ciascuna suddivisa in sette ordini, nove cori e tre triadi; mentre una “classificazione moderna” tende a espandere la classificazione classica e le interpretazioni date a questi “esseri”, e la troverete alla fine di questo testo. Gli angeli, quelli decaduti dai Cabalisti, invece, sono raggruppati in due decine; la prima comprende: Samaxas, Artakuf, ArakieL, Ka Babjel, Oramamme', Ramiel, Siupsick, Zalkiel, Balkiel e Azazel; la seconda comprende: Pharmarus, Amarlel, Than Zael, Anagnemas, Samael, Sarlnas, Ehumiel, Tyriel, Jamiel e Sarjel.
Le leggende celtiche che ci giungono dai poemi di Taliesin una sorta di “Omero Brittanico”, contengono una cosmogonia raccolta dal monaco Isidoro di Siviglia che ci giunge in una sua traduzione latina del VI, VII sec. d. C.  nella quale si suddivide il cielo in tre parti: il cielo stellare abitato da angeli, un cielo aereo abitato da demoni posto al di sotto delle stelle e al di sopra della luna, ed un cielo sublunare abitato da falsi demoni.
Nel Libro di Daniele vi si dice: ”Mille migliaia servivano Iddio, miriadi di miriadi di miriadi erano ritti innanzi al Signore”. Alcuni testi oltre a fare i nomi dei comandanti che concordano essere Michael, Raphael e Gabriel, descrivono queste schiere angeliche in lotta con loro ribelli, n’è esempio la “Cacciata dall’Eden”. Cosa interessante è che Giustino, uno dei più importanti esperti di questi esseri, fra i padri della Chiesa riteneva che oltre ad una natura spirituale non immune al peccato, questi esseri possedessero un corpo simile a quello umano che non disdegnava affatto i piaceri delle cose materiali. Infatti, una delle loro colpe più grandi fu proprio quella di aver generato quella progenie di demoni loro figli, i quali poi si rivolsero contro. Nel testo dello Pseudo Dionigi l’Aeropagita, riguardo ai demoni si legge: “Se essi fossero naturalmente cattivi non deriverebbero dal bene, che è Dio, non figurerebbero tra le creature di Dio”, infatti la similarità tra angeli e demoni, o meglio tra i geni, è comune in parecchi scritti antichi. Sempre nel testo dello Pseudo Dionigi vi è anche un eccellente suddivisione degli Angeli “Messaggeri”, che hanno, non solo il compito di ordinare le gerarchie sulla terra, ma elevare spiritualmente le genti per mantenerne la convivenza e questo per l’appunto fu il compito di Michael, l’arconte del popolo ebraico che con l’aiuto di altri arconti avrebbe vinto l’infame drago; la stessa figura dell’Angelo Custode ce lo rivela, il Libro di Enoch, infatti, è precisato che gli uomini giusti avrebbero dovuto avere l’aiuto di un angelo. Anche i Romani, che consideravano demoni e geni le anime dei defunti, sostenevano che ogni uomo avesse un genio o un demone con le mansioni di consigliere. Gli aborigeni australiani chiamano gli spiriti “Quelli di Prima”, mentre gli angeli, nella tradizione giudeo-cristiana, sono sì spirituali, ma in contraddizione con alcuni testi sacri, antichi, che come abbiamo visto e vedremmo, danno una consistenza fisica a queste creature. Per i razionalisti come Mario Pincherle, ingegnere e archeologo di Pisa, gli angeli sarebbero solo, "le regole dell'uomo" sublimate, quindi credo intendesse dire simboli delle leggi fisiche, in altre parole quelle leggi, che noi uomini evolvendo comprendiamo chiamandole tali, ma in questo caso c’è da dire che alcune leggi fisiche non sono solo prerogativa dell'uomo, poiché esse esistono già in sé nella natura. Gli antichi teologi aristotelici, invece, vedevano negli angeli gli animatori degli astri, preposti ai movimenti delle stelle e dei pianeti influendo così su tutto il “Creato” visibile e invisibile. Secondo i teosofi l'uomo in questa vita terrestre invoca inutilmente il loro aiuto, ma può, avendo in sé le "gerarchie celesti”, scacciare l'ignoranza, immobilizzare la personalità inferiore e raggiungere con spirito di solidarietà, un'armonia superiore, prerogativa comune di questi "Messaggeri". La radice del nome Chitkala è Chit, la coscienza selezionatrice interiore dell'uomo, per gli Yogi è sinonimo di Mahat, il primo intelletto divino e radice di Chit che è una qualità di Manas cioè mentale, quando è unita a Buddhi, una qualità astrale che se sviluppata nell'uomo, attrae un Chit Kala per affinità spirituale; Chitti per ciò viene definita una voce che acquista vita mistica e diventa Kwan Yin, pensiero di saggezza, sapienza e comprensione. Per i seguaci della dottrina segreta quello che in genere chiamiamo "spirito" è solo un uomo disincarnato, o un uomo futuro, il Dio non è antropomorfo, è la ragione universale, il "Logos collettivo creatore", i suoi sacerdoti e servi sono solo le giuste azioni, la natura invece, giacché esiste in essa una lotta per la sopravvivenza, è vista come un aggregato di forze semi-intelligenti, vale a dire gli "elementali", che seguono un loro adattamento, guidate anche loro, dagli spiriti elevati superiori, Chohan, Dhyan (ricordanno i babilonesi Djnn chiamati anche gli oscuri), Angeli, ecc. che insieme formerebbero il Verbum, il Manifestato del Logos (Ragione) Immanifesto e tutto questo insieme costituisce la Mente Immutabile dell'Universo. Emeriti studiosi e le antiche scritture confermano che la creazione del mondo è dovuta solo alla sapienza di Dio e allo spirito di Dio che erano con Dio (Proverbi 8 e Genesi 1) ma la sapienza e lo spirito erano Dio, come la sapienza e lo spirito di un uomo sono parte dell'uomo stesso (1 Corinzi 2,11).
Secondo Steiner, la cui conoscenza da alcuni, è ritenuta superiore ed espressa nelle "Akasha-Chronik", stampato solo per gli appartenenti della libera università delle scienze di Goetheanum, l'uomo evolverebbe dall'Era dei Minerali, attraverso vari livelli angelici, fino ai livelli dei Serafini. L'uomo sarebbe costituito di sette strati, ma al momento n’esisterebbero solo quattro: corpo fisico, corpo etereo, corpo astrale e l'io. Il corpo astrale diventerà “Manas”, o spirito puro, l'involucro etereo evolverà fino a diventare Spirito Vitale, o “Buddhi”, mentre quello Fisico sarà trasformato finche diventerà uomo spirituale o Atma, (R. Steiner, Das Johannes-Evangelum, 10 ed, Domaci, 1981, p. 129).












30° L’ORIGINARIA CONOSCENZA ESOTERICA E LE VIE INIZIATICHE

La filosofia Esoterica, o “Arte Regale”, che sembra fondare le sue radici tra le più antiche civiltà del pianeta, oltre che postdiluviane, addirittura antidiluviane, presenta l'Universo in tre aspetti: il Pre-Esistente, che evolve dall'Eternamente Esistente ed il Fenomenico, il riflesso, ombra o mondo dell'illusione. Basti pensare che ognuno di noi tende ad essere quello che vuole, quindi niente di tangibile per gli altri, così tutti noi comprendiamo di non essere quello che mostriamo agli altri, apparirà chiara dunque l’illusione e la nostra dimensione originaria di “Creature”. I regni della natura per l'esoterismo sono sette: Minerale, Vegetale, Animale, Umano, delle Anime, Planetario e Sistemico. Da sempre i nostri grandi "Illuminati", come afferma Guido da Todi, nella sua "Grande sintesi della Tradizione Esoterica" dedicata al Sacro Leone dell'India, si limitarono a parlare dell'origine del nostro sistema solare. Egli afferma che dopo eoni ed eoni di tempo umano, in un sistema di coordinate vitali, armonizzate in mondi precedenti il nostro, il sistema superò lo stadio umano, trascese quello spirituale e si inserì nel divino, inteso come "l'autocoscienza", che portato a livelli inimmaginabili, sarebbe la natura delle Stelle Madri, creatrici e guide del nostro sistema solare. Una sostanza primordiale si trasforma condensandosi sempre più da spirito in materia e anche l'uomo quindi, passa il piano materiale con il corpo fisico attraverso i sensi, il piano astrale con le emozioni e le passioni, il piano mentale con il pensiero. Pertanto il vero Sé si raggiunge nei piani superiori, il mentale superiore e il casuale o “veste di Dio”, l'unico a restare indistrutto, lungo le reincarnazioni, poiché raccoglie in sé gli atomi ultimi, le esperienze fatte con i corpi nel tuffo sulla materia. Alla fine dell'evoluzione anche il corpo casuale verrà distrutto, fatto necessario perché l'io individuale si fonda con quello universale, in pratica, "il ritorno in seno al padre" di cui parlava Gesù, prima di essere crocifisso. Vale a dire la quarta iniziazione. Ricordo a proposito che il sentiero spirituale si divide in sentiero della Prova, del Discepolato e dell'Iniziazione; scopo d’ogni meditazione è la distruzione del corpo casuale, creando un attrito sui chakras dei tre corpi da renderli statici, inerti risolverli in un unico fuoco: la Monade, “Il Terzo Occhio di Dio”, l'unità immortale dell'uomo che evolve reincarnandosi fino a raggiungere il Nirvana, la beatitudine, capendo che tutto ciò che vediamo è illusione o Maya, "atomi", tutto è temporaneo, o meglio, il corpo denso rifletterà il movimento ai chakras astrali e mentali finche le onde inferiori della personalità si fonderanno con il ritmo pacato dell'anima e si avrà l'unificazione della personalità con l'anima, poi la marea inferiore si alzerà fino a schiantare il corpo casuale, proiettando lo spirito liberato a contatto con il Padre nei cieli, in altre parole ci sarà l’annullamento nel “Grande Spirito”. Quando l'uomo riesce a pronunciare all'unisono i sette mantrams diventa Maestro di Saggezza. L'uomo perciò è visto come una scintilla del fuoco divino che si veste di materia per sperimentare una consapevolezza altrimenti impossibile, perdendo così l'identità divina, ma io credo, come affermerò in seguito, nello stesso tempo alimentandola. Questo concetto è espresso magnificamente nei versi della "Creazione", del testo, "Le Stanze di Dzyan". Indagando specificatamente la tecnica dei misteri raccolta in testi come "l’Insegnamento Iniziatico", della Hermes edizioni, L’antica Scienza della Ressurezione, i Figli del Tuono e La Quarta Via di Ouspenky dove si cita il sapere della famosa Scuola teosofica dei Nove, ecc., si raccolgono brevemente le seguenti e occulte fasi principali “dell’Omeopatia Karmika”: “inizialmente viene tolta una sorta di sabbia cristallina giallognola eterica che occlude la ghiandola pineale che ha già acquisito una leggera luminescenza, poi viene accostato il corpo casuale sconnesso dalla punta dei piedi alla sommità del capo e si è raggiunto così lo stadio spirituale più basso; si ha la sensazione di avere i piedi nell’acqua di un torrente. Poi viene tolto una sorta di sacco eterico trasparente di colore d’orato che avvolge il corpo fisico che rimanendo senza protezione viene assalito da una serie di passioni o demoni, vinti uno ad uno sotto l’egida dell’Anima che osserva, si odono brevi sibilli di approvazione. Raggiunto un livello avanzato di purificazione l’iniziato in una posizione di “senza corpo” vede il proprio corpo immerso in una specie di uovo trasparente con la sommità del capo aperta e vede giungere da lontano un seme che immergendosi nell’uovo inizia a sobbalzare come tutto stesse bruciando, e così inizia a svilupparsi fino a quando il corpo casuale sarà lavato completamente, e tolti i detriti Karmici le ruote o chacra inizieranno il loro naturale giro, così collegato “dagli angeli” alla sommità del capo, fonderà l’energia della materia con quella dello spirito, dando vita alle “Nozze Alchemiche”, provocando a seconda degli stadi d’animo quegli influssi chiamati “amari o dolci”. Per comprendere meglio quanto detto voglio ricordare che la ghiandola pineale è chiamata dagli indù il “terzo occhio”, e sebbene la mitologia lo ponga in fronte, si dice che originariamente fosse locato dietro la nuca dell’uomo “unisessuale primario”, che suddiviso, rimase con tre occhi di cui uno s’infosso, trasformandosi nella pineale, un organo che un tempo pare permettesse facoltà paranormali, ma con il tempo andò con l’atroffizarsi. La pineale fu ritenuta da Cartesio la sede dell’anima, ed è situata in profondità tra il cervello e connessa agli occhi, da un canale diretto, la ghiandola pineale, controlla i nostri cicli di sonno e veglia, che gli scienziati chiamano ritmo circadiano. Essa, secerne melatonina, una molecola, un ormone antiossidante molto potente, soltanto in assenza di luce, mentre in presenza di questa, tale secrezione viene soppressa. La melatonina stabilisce il ritmo biologico di ogni cellula nel corpo riportando indietro gli effetti devastanti del tempo. La presenza di quantità adeguate di questa melatonina, induce sonno e può ridurre ansia, crisi di panico, ed emicranie. Strapazzi abituali possono, invece, ridurre i livelli della melatonina e disincronizzare l’orologio biologico, presente all’interno del nostro corpo.

31° LE VIE DELL’ANIMA E I PERCOSI KARMICI

Secondo l'Induismo, il signore naturato di luce si manifesta in maniera cosciente e incosciente, l'uomo è un frammento di eternità gettato nel samsara, il ciclo delle 777 incarnazioni, nascite, morti e rinascite, fino al raggiungimento della perfezione, “la lunga notte dell’anima” dove senza più brame materiali l’uomo diventa un occultista, un ricercatore della vera liberazione che lo porterà a staccarsi dal pianeta. Ricevendo la vita, l’uomo riceve la sua occasione, la vita e la morte sono soltanto idee esenti allo stato di coscienza. L'uomo dunque, deve saper dividere le esigenze inferiori dei corpi dal “Sé stesso”, così riesce a potenzializare anche la personalità a scapito dell'egoismo, ma non dell'individualità. Parlando in termini più consoni “all’iniziazione cristica”, si può riassumere che quando l’angelo dell’anima avrà vinto il diavolo della personalità l’uomo passerà al Purgatorio ed entrerà poi in Paradiso. Questo tipo di iniziazione sottoforma di mito è stato diffuso ovunque, vedi in Grecia con Ercole, a Roma con Attis, in Egitto con Iside e Osiride, in America con Quetzacoatl; ma la centralità di questo sapere gerarchico sembra provenire dall’India. Nel "Manavadharma Shatra" del Manu si legge: "Una pietra diventa una pianta, una pianta diventa un animale, un animale diventa un uomo, un uomo diviene uno spirito, uno spirito diviene un dio" Haeckel. Queste gerarchie nel loro “essere”, sono sempre state ripescate, cambiate, fissate in scale diverse, anche nell'ideologia cristiana, contro ciò, il romano Lucrezio, nel suo "De Rerum Natura", propose una pari dignità delle gerarchie manifestate in natura, per il semplice motivo che sono formate tutte da atomi, nello stesso modo in cui le parole sono formate da lettere, e per tale pensiero, fu anche perseguitato. Gli spiritualisti invece citano una fantasiosa dimora dei disincarnati, Summerland, che si troverebbe in determinati posti della via lattea. Ricordo che nella Cabala la via lattea è considerata l'origine dell'anima, che proviene dal Creatore. Gli esoterici, come abbiamo visto, concepiscono la realtà dividendola in due principi: il mondo oggettivo, triadico inferiore delle personalità, quei “diavoli dell’inferno”, che attraggono l’uomo per l’appunto nei piani inferiori della mente, negli inferi ed il mondo soggettivo, triadico dell’anima, del “regno di Dio” diviso in Fisico, Astrale e Mentale o più appropriatamente Atma, Buddhi e Manas. Un aforisma esoterico dice: “Quando un uomo muore sul piano fisico, egli nasce nel mondo delle anime, e quando muore nel mondo delle anime, egli nasce nel mondo fisico”, e questo accade fino all’espletamento delle reincarnazioni del samsara che porta l’uomo alla fine del suo viaggio iniziatico; non più prigioniero del pianeta e pronto a ricongiungersi con la “Luce del Padre”. Gli esoterici parlano di catastrofi ed eventi che coinvolgono l’uomo e dovuti per l’appunto ad opera del Karma che pare contempli periodi di 25.868 anni solari equivalenti a un anno siderale, cioè un giro della eclittica. Ecco perché Ermete Trismegisto nel suo Pimandro, afferma: “che tutte le creature del nostro mondo sono costrette a passare sotto un tabernacolo, o tenda, che sarebbe in fondo il cerchio dello zodiaco, a sua volta suddiviso in 12 segni di una sola natura e di svariate forme”.

32° GUIDATI DALLE STELLE

Secondo le credenze esoteriche, l'evoluzione della terra è guidata dalle "Vite Cosmiche", dalle costellazioni e dal nostro sistema solare, composto di sette pianeti sacri: Vulcano, Giove, Saturno, Mercurio, Venere, Nettuno, Urano e cinque non sacri: Plutone, Marte, la terra e altri due celati singolarmente dalla Luna e dal Sole. Il numero sette, è il numero occulto ritmico del ripetersi creativo, in effetti, si sa che nella materia atomica, meta della nostra sensibilità, gli strati elettronici che circondano il nucleo dell’atomo si sovrappongono l'uno sopra l'altro in numero di sette, tanto che la collocazione dei vari elementi, secondo la loro valenza ed il loro peso atomico, si dispone in serie settenarie, come si può osservare nella tabella di Mendelejev; e ciò potrebbe essere applicato benissimo, in un certo senso, anche alla vita cosmica. Il numero sette era meta d’interesse in varie culture antiche ed è ripetuto più volte anche nella Bibbia, non a caso anticamente si è sempre ritenuto che il settimo figlio fosse dotato di poteri magici, poi, oltre ai sette pianeti sacri, sette sono anche le note musicali, i colori dell’arcobaleno, le gerarchie angeliche espresse nelle orbite planetarie e che la bibbia chiama schiere, 1°Samuele, 17,26 - 45 e Giobbe, 19,12 – 25,3; Salmi, 103,21 – 148,2. Nel Per-Em-Ra, cioè “l’Uscita Verso la Luce”, o meglio nel Libro egizio dei Morti, scolpito su tavole di bronzo ritrovate negli scavi archeologici durante il regno del faraone Men-Kau-Ra (Micerino), si ritrova non solo il numero sette, ma anche questa visione esoterica dell'universo, nel capitolo LXXI si legge: "O voi, sette Giudici che portate sulle vostre spalle la Bilancia! Quando nella Grande Notte del Giudizio, l'Occhio divino, al vostro ordine, mozza le teste, recide le gole, svelle, spezza i cuori e massacra i Dannati nel Lago di Fuoco. In verità io vi conosco e conosco i vostri Nomi, e come io conosco i vostri Nomi, voi mi conoscete... Ecco che io mi dirigo verso di voi, o dei, come voi vi dirigete verso me. Voi vivete in me, come io vivo in voi! Rendetemi vigoroso mediante la forza dello Scettro magico che voi impugnate! Concedetemi, il Verbo magico della vostra bocca, una lunga vita! Che alle annate della mia vita si aggiungano altre annate, che ai mesi della mia vita si aggiungano altri mesi, che alle giornate della mia vita si aggiungano altre giornate, che alle notti della mia vita si aggiungano altre notti, affinché io possa apparire innanzi alla mia statua funeraria ed illuminarla con i miei raggi... Concedete l'alito di Vita alle mie narici! Possano i miei occhi vedere nitidamente e distinguere ciascuno dio dell'Orizzonte, nel giorno atteso in cui saranno pesate e giustificate le iniquità commesse sulla Terra!". Nel LXXII "per praticarsi un cammino nel mondo inferiore" si legge: “Salve, o Signori dell'Armonia dei Mondi, voi che, esenti dai Mali e dai Peccati, dimorate nell'Eternità e nell'infinita Durata! Ecco che io inizio il cammino sulla via che mi condurrà a voi divenuto Spirito santificato, io percorro tutte le Forme del Divenire. Il mio magico Verbo mi dona la Potenza. Io sono stato giudicato e santificato. Liberatemi dunque dai demoni dalla testa di coccodrillo che si celano in queste Regioni e frequentano la Contrada della Verità e della Giustizia! Concedete alla mia bocca le Parole della Potenza! Che delle offerte siano poste nelle mie mani, davanti a voi! In quanto io vi conosco e conosco il vostro Nome. Conosco il Nome di questo Grande Iddio. Concedete un'offerta a questo Spirito che schiude la via nell'Orizzonte Orientale del Cielo. E librandosi discende verso l'Orizzonte Occidentale. Ecco che si dirige verso me per rendermi vigoroso, affinché i demoni non possano impadronirsi di me. Fate che io non sia cacciato quando comparirò innanzi alla vostra Porta, o dei! Che io non la trovi sprangata ed inchiavardata! In quanto le mie offerte solide si trovano a Pè, e le mie offerte liquide si trovano a Dep. Quello è il luogo nel quale congiungo le mie mani...Possa contemplare Tum, mio Padre, stabilito nei suoi domini del Cielo e della Terra! In Verità, le mie offerte sono senza limiti, poiché è mio figlio, generato dal mio Corpo, che mi nutre... Concedetemi dunque dei pasti sepolcrali, dell'incenso, della cera ed ogni altra cosa buona e pura, necessaria alla vita di un dio, realmente ed eternamente! Possa, a mia volontà, compiere tutte le Metamorfosi, scendere e risalire, nella mia Barca, i canali di Sekht-Janru! Poiché io sono un dio dalla doppia testa Leonina". Esotericamente, più a grandi livelli, il sole è allineato ad altri sei sistemi, tra cui Sirio, “l’Iside egizio”, meta di chi sceglie la quarta via, che ci influisce maggiormente e riceve a sua volta influssi da Alcione, stella grande dieci volte il sole, che si trova nel sistema celeste occulto chiamato le Pleiadi, da dove ci giunge quindi, il grande richiamo guida, è ammessa infatti da alcuni ricercatori, come Burnham una relazione tra questo ammasso stellare e i corpi del nostro sistema solare. Pare che la nostra terra navighi verso Vega, una stella della Costellazione della Lira, anzi più di recente alcuni astronomi nel loro ricercare il corpo celeste trainante il nostro sistema solare sono dell’avviso che siamo legati gravitazionalmente proprio a Sirio A e B, muovendoci insieme attraverso lo spazio, ruotando a spirale attorno ad un centro comune. Voglio ricordare che Sirio, “per gli egizi Iside”, è al Nitak (Zeta Orions) la più lucente stella della cinta di Orione e le Pleiadi, sono state anticamente meta di interesse per varie culture, oltre agli indù e gli egizi, si interessarono a questi astri anche la cultura dei Dogon del Mali in Africa, e la cultura Chinchorro, di Moche e Chimu nei deserti dell’america meridionale, che prima degli Inca venerava Fur (le pleiadi) e Pata (Orione), le costellazioni base dell’oro calendario; ma furono sopratutto gli egizi, che innalzarono templi orientati verso il loro sorgere e tramontare realizzando persino costruzioni loro corrispondenti, addirittura presso i Maya, le pleiadi erano simboleggiate dal sonaglio ritmico del serpente. Le Pleiadi sono state citate anche nella Bibbia da Amos e Giacobbe, nel loro esaltare la volta celeste e l'onnipotenza di Dio. La stessa parola Pleiadi, deriverebbe dal arabo o dal greco "plein", che significa navigare. Nella mitologia greca le Pleiadi, sarebbero le sette sorelle figlie di Atlante e Pleione. Gli indiani d'america Kioma del nord-est di Wyoming, raccontano invece, che "Mateo Tepe", la torre del Diavolo, che fu eretta dal Grande spirito per dare rifugio a sette fanciulle indiane che erano inseguite da “orsi”, esseri giganteschi, queste sarebbero poi state portate in cielo; e nella roccia della torre sarebbero ancora oggi visibili i solchi lasciati dagli artigli di questi esseri. Ma a parte queste leggende, gli esoterici affermano che questa "emanazione" delle Pleiadi, questa musica emanata dalle "Volontà Superumane", raggiunge ogni scopo evolutivo, e le note delle "Sette Sfere" così si manifestano, quelle “Sette Sfere” che per i mitrei romani rappresentavano sette gradi iniziatici che espressi in simboli, erano relazionati strettamente ai pianeti e culminavano con il Pater, Mithra stesso. Queste sono le origini del Mantram, (suono di un insieme di sillabe o parole). Questo è il potere della parola occulta educata e adoperata secondo il potere innato del suono. Scopo dell'evoluzione è il trionfo della ragione che conosce se stessa, l'uomo scopre di essere "La musica delle Sfere", nasce "l'illuminata osservazione della natura, l'udito interno si risveglia e percepisce il Mantram Universale e inizia lo studio dell'occulto per ripetere in microcosmo ciò che avviene nel macrocosmo e del resto, a mio parere, questo non si può negare, una stella nasce, vive e muore proprio come noi. Risalendo i suoni della Gerarchia Bianca, collegata ad altri suoni superiori, l'uomo affina i sensi e il potere di riprodurli. Il suono è tutto irraggiungibile ma musicale, il verbo è un tutto sintesi, coscienza e potere in atto. Nel libro di "Iniziazione umana e solare" di A. Bailey, sì da alla parola le seguenti caratteristiche: colore, forma, tono, e un grado di energia attiva. La natura che l'anima è: autocosciente, cosciente o inconscia; Dio, uomo, o deva. Il triplice logos che l'anima è amore intelligente ed attivo e l'iniziato quindi, dovrebbe allinearsi a queste linee magnetiche, cosmiche, base dell'esistenza. La parola diventa multiforme ed è pronunciata sia da chi ne conosce il valore, sia da chi ne è schiavo. Ricordiamo che il suono è accompagnato dal colore e gli orientali da questo concetto hanno creato la scienza dei mandala affiancata a quella dei mantrams, del resto è risaputo che la tradizione mistica considera i colori come le manifestazioni delle virtù dell’anima.

33° FOLLETTI, ELEMENTALI E ANGELI

Durante l'Atlantide, milioni di anni fa, il mondo devico o angelico, sia in evoluzione nella materia, sia nello spirito, era molto legato all'umanità che ne abusò con la magia nera, invocando il potenziale dei deva, specie con gli elementali e questo probabilmente fu la causa della sua fine. Il mondo angelico è presente ovunque, fuori e dentro di noi, in svariate forme; ne fanno parte anche gli elementali come: le ondine dell'elemento acqua, gli elfi dello spazio, i silfi, i silvani, i satiri, i nani, i coboldi, i fauni, le dame bianche, le fate verdi, blu e le malefiche bruno-rossicce, le salamandre del fuoco, gli gnomi, e tutti gli altri “fairies”, esseri legati probabilmente alle religioni animistiche, alla fantasia e a quei luoghi considerati sacri come i boschi, le sorgenti, i monti, ecc.. Gli elfi sono identificati originariamente nei “Sidhe” un popolo fatato delle leggende celtiche che affonda le sue radici nel mito degli dei risplendenti irlandesi, i Tuatha dè Dannann “la tribù della dea Danu”, che con la magia in tempi remoti, soggiogò il popolo dei Fir boug che allora risiedeva nelle terre irlandesi; da allora la tradizione popolare trasformò questi esseri nel nome di “Sidhe”, esseri di vario genere abitanti tra due mondi, che avrebbero tutt’oggi la capacità di attrarre gli umani verso “Faerie”, un luogo da cui non si può far ritorno. Fu Chaucer, Shakespeare a raccogliere e portare il mito degli elfi nella letteratura popolare, mito che con W.B. Yeats raggiunse l’epoca Vittoriana trasformandosi in un folletto che visita il nostro mondo per divertirsi, da qui il premio Nobel irlandese Tolkien trasse la sua moderna narrativa mitologica tesa a raccogliere il mito del “piccolo popolo”. La leggenda tolkieniana vuole che prima dell’esistenza del sole e della luna gli elfi si stabilirono presso i Valar in Aman “le terre imperiture” per proteggersi dal malvagio Melkor, una sorta di Lucifero, o Melech, che portò gli elfi ad una prima scissione, infatti, si parla di una terra di mezzo da loro abitata che fu divisa in regno terreno e ultraterreno, racconti che traggono origine per l’appunto dalle antiche credenze celtiche. Una curiosità su piccoli esseri ci viene da Charles Fort, che ricorda il caso citato nel “Times” di Londra il 18 luglio del 1836 che raccontava il ritrovamento presso la formazione rocciosa chiamata “Seggio di Re Artù” ad Edmburgo, di diciassette minuscole bare lunghe circa 16 centimetri che racchiudevano figure diverse per aspetto e forma, lo stato delle bare riconduceva ad una sepoltura consequenziale avvenuta in momenti temporali diversi, fino al più recente, è non è un singolo caso, anche in Wyoming negli USA nel 1912 due ricercatori d’oro trovarono una piccola mummia di adulto, alta 35 centimetri, seduta sopra un sasso e chiusa in una cavità naturale all’interno della roccia chissà da quanti millenni. Questi aneddoti, credo che poco abbiano a che fare con i nostri elementali, con i quali, secondo gli esoterici, possiamo anche comunicare. Gli elementali sono in tutta la natura del “Creato”, appartengono al mondo vegetale, animale e li creiamo anche noi, li creiamo consciamente con una forma di “pensiero-desiderio” e inconsciamente con una forma di “desiderio-pensiero”, dove il pensiero e “condensazione di materia”; una volta creati tendono a dominare, assumono vita propria e qualsiasi forma percepibile solo da pochi. Queste cariche di energia psiconoetica possono essere attratte da altre della stessa specificità, o respinte, dipende dalle peculiarità dei singoli individui, che sempre saranno attratti e “verranno attaccati”, dallo stesso tipo di energie che creano, una sorta di “nemesi”, che se compresa, porta ogni essere alla consapevolezza che ogni giusto agire avrà la sua ricompensa. Sono questi elementali “gli angeli e i demoni spirituali”, sono queste energie emanate dalla forza arcangelica che gli emana, come afferma Daskalos, nel “Mago di Strovolos”; lungi da essere quegli angeli fisici caduti che sono invece gli antichi “arconti” che un tempo manipolarono la vita, quegli esseri extraterrestri governati dalle stesse nostre leggi naturali. Comunque ciò non toglie che vi siano anche alieni che vivono solo nel mondo noetico superiore, esseri che non hanno forma ma sono puro spirito, oppure esseri che hanno entrambe le facoltà come sembrano aver avuto quegli angeli caduti; del resto come vi sono mondi di “forma immagine”, vi sono “mondi noetici”, delle idee, dei sette cieli, cioè il nostro noto “Regno dei Cieli”. A quanto pare è provato che possiamo comunicare e interagire con questi elementali e con alcuni di questi superiori “esseri spirituali”, sempre secondo gli esoterici, con ogni emozione ci mettiamo in contatto con deva che ci attraggono nel loro terreno; solo gli iniziati trattano con deva maggiori, che si presentano sempre in gruppo e appartenenti a gradi diversi, pari ad un saggio e fino ad un Logos Planetario e di più. Solo i “Maestri “ aiutano a sopportare le “disgrazie Karmiche altrui”. Ogni classe di Deva dipende da un raggio, ed ha i suoi suoni e colori e profumi fino agli elementali; dei quali, chi ne abusa, deve sapere che ognuno è protetto; e ciò che è perdonato ha solo delle motivazioni cosmiche superiori. In svariati modi si manifestano i mantrams, quando l'uomo riesce a coglierli e pronunciarli tutti, diventa Maestro di Saggezza, ve ne sono della chiesa cattolica, orientali ecc.. La famosa Aum vedica, l’Iod ebreo, il Loa gnostico, sarebbe la parola di potere di Alcione, da cui dipendono i sette sistemi solari compreso il nostro. I 35 mantrams segreti portati ai tempi della Lemuria (un continente ipotizzato per la prima volta da M. P. L. Sclater, tra il 1850 - 1860, che nel periodo Permiano e Nummulitico era situato nell'oceano pacifico tra l'Australia e gli Stati Uniti), dai Signori della fiamma, sono le chiavi per aprire i sette sottopiani dei cinque piani in cui si svolge l'evoluzione umana, che sono per l’appunto: il fisico, l’astrale, il mentale, il buddico e l’atmico. Ogni razza madre ha un suo accordo, che dipende dai Tre Signori di Raggio, che conoscono i sette mantram sacri che mettono in contatto la gerarchia con i Sette Dei Planetari. I Sette Logoi dispongono di un mantram che comunica ritmamente con il triplice Signore del Sistema Solare.











    



Collocazione ipotizzata della Lemuria e lo gnomo del Wyoming trovato nell'ottobre 1932, in un burrone sui fianchi delle montagne Pedro (a un centinaio di km da Casper, Wyoming, USA).

34° UN TEMPO PER OGNI RIVELAZIONE

Quanto detto, ci rivela cose che non tutti possono capire, quindi appare evidente che c'è un giusto insegnamento per ogni essere, gli stessi 18 Purana, scritti vedici, sono distinti e destinati separatamente ai puri, ai passionali e agli ignoranti. Nel nuovo testamento anche Gesù dichiarò ai suoi discepoli, a suo tempo: "Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle dinanzi ai porci (Mt.7:6), e ancora: “A voi è dato il mistero del regno di Dio, ma a coloro che sono di fuori tutte queste cose si propongono in parabole" (Mc 4:10,11 - Lc 8:9,10). Gesù dice questo anche se in (Mc 4,22) si legge: "Non vi è alcunché di nascosto che non sarà manifestato, niente di segreto che non verrà alla luce. Chi ha orecchie per intendere, intenda!". Questo potrebbe significare soltanto che tutti sì "illumineranno", ma in un luogo e tempo dovuto, in cui ne avranno raggiunto le capacità, del resto il tempo è solo una successione di stati di coscienza registrati. Lo stesso S. Paolo parla di un insegnamento misterioso, una sapienza che afferma non essere di questo mondo. Sta scritto infatti: “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano” (1Cor 2,6-9). In effetti, come ricorda il Daskalos, il mago di Strovolos: “La mente non è “l’Assoluto”, è il mezzo attraverso il quale “l’Assoluto” si manifesta”; e in Cristo, “il Logos”, si è manifestato più perfettamente rispetto a noi. I misteri esoterici, che un tempo furono di pochi sono andati perduti perché, come afferma Eliphas Levi, ideatore del termine "Occultismo nel XIX sec.," il cristianesimo primitivo generato dall’antropomorfismo dravidico allontanò la chiesa dalla Cabala, che contiene i misteri della teologia trascendentale. Nascoste verità, come vedremmo, sono rintracciabili non solo nel nuovo testamento, ma anche nella bibbia e in altri testi religiosi di altre culture, per esempio nelle "Upanishad", che in sanscrito significa letteralmente "dottrina esoterica" e indicano generalmente, solo una parte di letteratura vedica ritenuta vecchia quanto il pensiero filosofico dell'uomo, sono 108 scritti di cui 12 risalgono al IV secolo a.C. La tradizione esoterica oltre Himalaya si basa proprio sulle "Upanishad", scritti filosofici di probabile origine dravidica che stanno ai scritti "Veda" come la "Cabala" sta alla nostra "Bibbia", esse espongono il significato segreto dei scritti Vedici, che è ritenuto segreto perché hanno smesso di diffonderlo fin dai tempi di Buddha. Il Prof Cowel afferma che a differenza di altri scritti Brahmanici, le Upanishad posseggono una libertà di pensiero sconosciuta. Le Upanishad erano originariamente concesse solo alle caste dei "Brahmani" (sacerdoti), che le usavano per iniziare e istruire i loro chela, finche l'illuminato principe di Kapilvastu di etnia arya, (Buddha), appreso il sapere celato in esse, simile al sapere dei maestri della catena nevosa Himalayana, decise di salvare il mondo e divulgarne il contenuto. I Brahmani indignati riassunsero i loro testi delle Upanishad, che conterebbero tre volte il contenuto dei "Veda" e negarono l'insegnamento di Buddha. Oggi il più grande iniziato vivente sarebbe Shri Shankaracharya, fondatore della setta Smarta Bramani, ancora molto potente nell'India meridionale, loro soli avrebbero di tanto in tanto veri iniziati come Shringa giri di Mysore, a capo dei matham.

35° ORIGINE E SUDDIVISIONI DELLA QUABALAH

Il termine Quabalah, dall'ebraico significa: "tradizione orale", essa è fondata sull'interpretazione del alfabeto ebraico, lettere e numeri sono scritti nello stesso modo e quindi le sacre scritture possono essere interpretate anche come una successione di numeri da cui trarre insegnamenti esoterici, cioè nascosti. La Cabala è divisa in due parti: Mercabà, che tratta della perfezione di Dio e Bereshith, che tratta dell'universo. Dio secondo i cabalisti, è la perfezione, egli è infinito e abbraccia poteri dell'infinito e del finito, quindi, perché potesse creare il "mondo finito", dovette nascondere l'infinito. Da ciò si capisce che l'occultamento dell'infinito si chiama "mondo", esso si può dividere gradualmente in ordine decrescente in: Atzilùt, (mondo dell'Emanazione), Brià, (della Creazione), Yetzirà, (della Formazione), Assiyà, (dell'Azione). Il compito dell'uomo sarebbe di trasformare la sua oscurità in luce seguendo i sette precetti dei figli di Noè e i 613 precetti della Torà, la legge scritta nel Pentateuco, i primi cinque libri della Bibbia. L'uomo osservando questi precetti contribuirà alla costruzione della Casa di Dio sulla terra, che sarà completata nei giorni del Messia. Le fonti della Cabala più importanti sono: il primo testo Cabalistico che compare nel 1180 d. C., nel sud della Francia, la critica storica lo fa risalire al 1270 come una compilazione di Mosè di Leon, poi segue la scienza della combinazione delle lettere, la permutazione dell’alfabeto ebraico dello spagnolo Avraham Abulafia, ed il Sepher Zohar (il libro dello splendore), attribuito a Rabbi Simeone, figlio di Yochai sec. I d. C. e il Sepher Yetzirà (il libro della creazione), scritto da Rabbi Akibà, morto nel 120 d.C. . Lo Sepher Yetzirà insegna che attraverso la meditazione contemplativa si può giungere all'esperienza dell'estasi, che mette in contatto con Dio, mentre lo Sepher Zohar, (il libro dello splendore), afferma che esiste un principio assoluto e segreto, l'En Soph, "infinito non percepito", in conoscibile perché nascosto agli uomini, ma che interagisce con essi; e l'uomo può accedervi solo dando un significato alla propria esistenza. Quindi nella Cabala esiste un "mondo manifesto" che nel culto solare è chiamato Nara e un mondo nascosto, chiamato dal culto solare Matchka, l'uomo si frappone tra questi mondi risolvendo le sue problematiche esistenziali in quanto parte dell'En Soph. Un altro curioso testo cabalico è il Sepher Bahir, o “Libro Fulgido”, apparve in Provenza tra il 1150 e il 1200, probabilmente giunto dall’oriente in Germania e riporta fonti più antiche di testi come il Razà Rabbà, o “Grande Mistero” del V-VIII secolo, e dei Chassidim tedeschi del XII e XIII secolo, che trattano il misticismo della Ma’asè Merkavah, e tutta la gnosi ebraica. Alcuni passi del Sepher Bahir tradotto in italiano nella “Mistica Ebraica”, Einaudi Torino 1995, esprimono chiaramente la concezione cabalica, esprimendo una sconvolgente risoluzione equilibrata dei concetti: “Male - Bene, Acqua - Fuoco, Albero - Giardino, Tohu-Bohu, o meglio “Caos e informità, e Luce –Tenebra”; a proposito della Luce si legge: “Fu così creata una grande luce, che nessuna creatura avrebbe potuto sopportare. Il Santo, sia egli benedetto, vide che nessuno poteva tollerarla: ne prese allora la settima parte, e la sostituì, per essi all’intero. Il resto lo ripose per i giusti a venire”, poi riprendendo i versi della Genesi riferisce, “E’ scritto: E dio disse: Sia la luce, e la luce fu. In verità, questo ci insegna che la luce era assai grande, né alcuna creatura poteva fissarla”. I passi del Bahir affermano: “Che i concetti di materia e forma si collegano a quelli di luce e tenebra. La riconoscibilità del bene attraverso il male, come la luce attraverso la tenebra. La terra era caos perché prodotta dalla condensazione della luce originaria che si era ridotta per poter essere vita nella parte mancante della luce originaria subentra la tenebra, la luce condensata o materia caotica. Dio ha fatto una cosa contrapposta all’altra (Eccl.7.14) Creò l’informità “bohu” e la collocò nella pace. Creò il caos “tohu” e lo collocò nel male, creò l’informità e la collocò nella pace, nel bene”. Da dove si deduce che il caos è male? Dal versetto: Colui che opera il bene e crea il male (Is. 45.7). La forma o informità viene dunque creata per limitare o circoscrivere il male. E’ la luce rimasta dopo la riduzione della luce originaria e che serve a rimettere ordine nel caos della materia. E? il tohu dal quale proviene il male che stupisce gli uomini”.
La Quabalah viene suddivisa generalmente anche in: Quabalah pratica e tratta di talismani e magia cerimoniale, Quabalah scritta divisa in, Ghematria (parole come numeri, Notarikon (lettere di una parola che formano una frase) e Themurà (scambio di lettere), in Quabalah orale e in Quabalah dogmatica che tratta delle regole codificate in testi come il già citato "Sepher Yetzirah" il libro della formazione. Per i cabalisti, Dio era celato "nell'abisso del nulla", chiamato anche Caos, Ideos o Disordine, tracce di Dio si possono trovare in tutto l'universo. Esisteva un tempo il libro delle chiavi, "Le Clavicole del mitico re Salomone", un'antica opera cabalistica con il quale si poteva accedere al mondo invisibile, il cui originale è andato perduto da molto tempo. La Cabala, che secondo la tradizione storica, ci è arrivata attraverso i contatti con il popolo latino (da Latino figlio di Fauno che fondò il regno dei latini dopo quello di Laurento), con il popolo ebraico e quel che restava degli egiziani e mesopotamici, secondo altri, è stata trasmessa da Adamo ad Abramo, a Mosè nato in Egitto, a Giosuè di Nun, poi ai rabbini; ai greci come Pitagora, in sanscrito “Iniziato nel tempio”, Platone termine che sta per “Dio invisibile Baalaton”, attraverso i naturalisti e i sette sapienti (Talete, Pittaco, Solone, Chilone, Periandro, Cleobulo e Biante) che si distinsero dopo i poeti teologi. Anche i druidi celti a seguito di scambi commerciali dal VII, VI sec. a. C. in poi furono invasi dal sapere pitagorico. Nella “Refutatio Omnium Haeresium”, Ippolito padre e fondatore del cristianesimo, afferma: “I druidi dei Celti hanno studiato assiduamente la filosofia pitagorica… e i Celti ripongono fiducia nei loro druidi come veggenti e come profeti perché essi possono predire certi avvenimenti grazie al calcolo e all’aritmetica dei Pitagorici”. Per quanto riguarda “l'esistente” illustrato in termini numerici i cabalisti e i pitagorici non sono gli unici, anche nel Taoismo cinese, il Tao-te-King afferma che il Tao, (l'increato, lo zero) produce il principio unico, (uno), che si scinde nel due, (la polarità yin-yang), che genera il 3, che a sua volta produce tutte le cose per moltiplicazione e divisione (ed è sulle variazioni di questo schema che si fonda l’I King o libro dei mutamenti), e qui la somiglianza con il concetto rappresentato dalla simbologia celtica del “triskele, o triskellion” dal greco tre gambe e soprattutto con la filosofia pitagorica è indiscutibile. Del resto Pitagora viaggiò sicuramente in oriente, il suo nome in sanscrito significa “ colui che è stato iniziato nel tempio”. Pitagora è noto per il suo prodigarsi per la purificazione morale e religiosa dei cittadini del suo tempo; egli costruì una filosofia del numero, giungendo alla conclusione, che il numero è la chiave di lettura dell'universo e la base dell'ordinamento cosmico, egli vedeva nei numeri il principio d'ogni cosa. Originati dalla "monade", l’unità, e dalla "diade", imperfetta e passiva, essi manifestavano nella loro unione la "triade" perfetta, rappresentata anche dalla lettera pitagorica "Y", che rappresenta il numero tre, numero sacro, fondamento della trinità di molte religioni, come quella cristiana, che è un idea del cristianesimo celtico. La filosofia del numero nasce dall'idea che tutto è azione e produce una sua vibrazione, in altre parole una sequenza numerica, così ogni numero diventa una forza, e da ciò è nata la scienza dei numeri: l'aritmetica, ossia "l'etica del comportamento dei ritmi", che deriva dal greco Artmos, che ha radice sanscrita Ritm, il quale significa "movimento alternativamente concentrante ed espandente", cioè: comportamento ritmico duale. I Maya, addirittura, concepivano anche il “tempo” come un prodotto risultante da forze energetiche periodiche di diversa vibrazione che ci giunge dal centro delle galassie. Il tempo per loro era quindi una pulsazione ritmica che si espandeva in modo radiale e spiralico, non rettilineo, forse la stessa spirale che i Celti identificavano come la strada per l’ascensione delle anime verso il “Paradiso” o meglio la “Summerland degli odierni spiritualisti”. Un rituale egizio prevedeva la pesatura del cuore che apriva la via al regno di Osiride, dopo aver superato una serie di prove lungo dodici porte. Nel Libro dei Morti, all’inizio del capitolo LXXII, “per praticarsi un cammino nel mondo inferiore” si legge: “Salve, o Signori dell’Armonia dei mondi, voi che, esenti dai Mali e dai Peccati, dimorate nell’Eternità e nell’’infinita Durata! Ecco che io inizio il cammino sulla via che mi condurrà a voi divenuto Spirito santificato, io percorrò tutte le Forme del Divenire. Il mio magico Verbo mi dona la Potenza…….”. Fu sempre questa linea di pensiero che portò Pitagora ad elaborare il suo concetto di “Armonia Cosmica”, affermando che i pianeti producono una loro ”nota” in base alla distanza dal centro dell’universo. Quanto detto serve a far capire che ogni cosa ha una sua sequenza numerica e per essere perfetta deve essere armonica, per gli antichi ogni lettera equivaleva ad un numero perché avevano compreso che parlare voleva dire tradurre fisicamente dei numeri. Ecco spiegata l'importanza della Parola, o del "Verbo", che se armonica diventa creatrice, o meglio "Verbo Creatore". Per gli antichi, esisteva quindi una Geometria Sacra, e se l'uomo s’inseriva nel sistema ritmico di questa Geometria, riusciva a trovare la giusta armonia con la creazione stessa; ecco perché oggi si divulga l’importanza dell’assunzione di un calendario che rispetti i ritmi biologici, ecco il perché dell’antico, ottuplice “Calendario Sacro” che raccontava e scandiva il viaggio del sole nel cielo e il ciclo stagionale in terra, che continuamente interagisce anche sulla nostra vita psichica. I codici di questa Geometria erano anticamente tenuti segreti e usati nelle costruzioni dei templi e nei simboli geometrici dipinti dalle varie culture come quella egizia e negli artefatti come il disco del sole degli aztechi, quel popolo giunto, secondo la tradizione, dall’isola di Aztlan descritta come l’Atlantide di Platone.
Analizzando alcuni termini ci si trova dinanzi a delle sorprese, per esempio, Incuriosisce il fatto, che il termine, Cabala, anagrammato dia "Al-Kaba", nome Arabo che indica il "cubo", che è l'antica rappresentazione di una forma base di Energia neutra chiamata: "Movimento Spaziale dell'Atomo", che ogni sette fasi inverte la polarità, si duplica nel cronotopo assumendo propria "personalità", alla Mecca, infatti, i musulmani girano, in modo anti orario, simbolicamente sette volte attorno ad una pietra sacra sita in una tenda cubica di colore nero, per evidenziare il movimento del cubo, che formerebbe una sfera virtuale, che rappresenterebbe la manifestazione dell'energia eterea, che avviene per mezzo di due forze contrapposte che creerebbero nell'insieme, alla materia pensante attivando l'energia dello spazio-tempo. A queste concezioni è legata anche la “Geometria Sacra” la cui matrice sarebbe lo schema della “Creazione” alla base del nostro essere, così afferma nel suo libro “Fiore della Vita” Drunvalo Melchizedek. Questo sapere, avrebbe origine dal mitico "quadrato sacro" che racchiuderebbe tutta la conoscenza umana e che si crede ereditato dagli atlantidei, che lo trasmisero agli egizi, che a loro volta lo passarono agli ebrei, con il simbolo della stella o scudo di Davide, il Segno di Vishnu, per gli , “i puri”, il sigillo di Salomone, che con al centro la svastica rappresenta anche il simbolo iniziatico più potente della magia bianca, quel grande potere iniziatico “dell’Esagono”, che nella settima chiave di Things Conceled, Cose Celate, si intende i geroglifico del settenario sacro rappresentante la simbiosi attiva che vede unite le due forze, care anche a Krsna, del grande agente magico Akasha, la “Luce Astrale”, Jakin e Boaz., cioè Bellezza e Forza, unite per l’appunto dalla potenza del sacerdozio, dalla volontà dell’iniziato. Tornando al cubo, a quanto pare, lo ritroviamo simbolicamente “nell’I Khing", nei "Vedanta" e nei megaliti Inglesi di Stonehenge.
Come abbiamo visto le origini della Cabala sono state fatte risalire oltre ai patriarchi biblici e al Egitto, anche alla civiltà caldea e alla civiltà atlantidea. Tra i maggiori cabalisti, oltre ai già citati come antichi cultori, abbiamo il dottore di Basilea Paracelo, l’amico di Lutero, che riporta il concetto di “Grande Mistero”, la materia incerata ed eterna dello “Yliaster Magno”; parla di una protomateria primordiale, l'Ideos, Caos, o Limbus Maior di natura monistica, cioè l'antico "Padre, Madre", dal duplice aspetto: il “microcosmo, macrocosmo”, che avrebbe sviluppato da se stesso il cosmo e ogni cosa prodotta che deriverebbe dalla separazione dell'Ideos, così gli elementi prodotti sarebbero l'origine di tutte le creature che avrebbero natura invisibile e spirituale, in quanto scaturite dal "Mysterium Magnum"; la natura per Paracelo è Yliaster Magno, “Tutto un Individuo”. Concetto che sviluppò quegli ideali di “contingentismo e relativismo” che portarono alla comprensione che le stesse leggi scientifiche sarebbero soltanto tappe di un lungo cammino; tutto è, nel fondamento: “Natura unicuique suum tribune…nemi”. Oltre a Paracelo, interessante figura occulta fu Corneglio Agrippa, che portò avanti la tradizione Salomonica con il suo famoso, "De Occulta Philosophia" e numerosi altri, come il papa Sisto IV, Bacone, che gettò le basi della scienza, Spinosa e il conte Picco della Mirandola, noto per aver introdotto in campo umanista la Cabala. Nell'Apologia del Conte Picco della Mirandola, nella nona tesi della serie delle Conclusioni magiche, egli oltre ad affermare che: "Non vi è scienza che ci dia maggiori certezze della divinità del Cristo della magia della Cabala", egli sostiene, come innumerevoli saggi ebrei e illustri dottori e rabbini, che Dio diede sulla montagna a Mosè, oltre alla legge che fu messa per iscritto nel Pentateuco e diffusa al popolo, la vera spiegazione della legge, con la manifestazione di tutti i misteri che sono contenuti sotto l'apparenza delle parole. Curioso è il fatto che non è solo la Bibbia a citare l’evento, oltre oceano, in Città del Messico, una storia simile, rivela che dopo il diluvio che distrusse Aztlan, “forse Atlantide”, ricercando una nuova terra, gli aztechi si stabilirono su un isolotto del lago Tetzcoco, dove secondo la leggenda, avevano visto un’aquila con un serpente in bocca, posata su un fico d’India: il segno del loro dio che li avvisava che erano finalmente arrivati nel luogo annunciato, fu Mexi o Mexitl che ricevette il “Tenochtitlan”, i comandamenti del dio Huitzilopochtli, chiamato anche Tenoch, forse il nostro Enoch dei Vigilanti, o il Thoth egizio”, colui che sta nel seno della terra e appare sulle ali di un uccello in cima una montagna vulcanica; Giovanni Battista nel XVII sec. ricorda il timore dei colonizzatori spagnoli verso i Nahualli, gli iniziati aztechi cui si riscontravano strani poteri, affermava: “Possono mutare un bastone in un serpente, una pietra in uno scorpione ed a loro volta possono assumere, allorché ingeriscono la pianta chiamata Peyotl, l’aspetto di animali e riescono anche a levitarsi a volontà”.
Comunque la scienza che per ordine di Dio doveva essere trasmessa oralmente ai settanta saggi, prende il nome di Cabala "ricevimento". Picco della Mirandola aveva individuato cinque testimoni: Esdra, Paolo, Origene, Ilario e il Vangelo il cui termine greco significa “buon messaggio, o angelo messaggero”. Nel testo di Esdra il signore si rivolse in questi termini: "Ho fatto la mia rivelazione nel roveto, ed ho parlato a Mosè, quando………”e gli ho mostrato i segreti e la fine dei tempi. E gli ho ordinato "queste parole dichiarale, quest'altre, celale". Origene al capitolo III dell'Epistola ai romani, dichiara: "Quall'é dunque la superiorità dei Giudei o qual è l'utilità della circoncisione? Anzitutto perché a loro furono affidate le promesse divine"; sempre Origene: "è da Mosè, dai profeti e da quelli che sono loro simili che bisogna ascoltare le parole ai quali furono confidati gli oracoli di Dio". Qualcosa quindi fu trasmesso ai Giudei chiamati da Paolo "oracoli di Dio", ai 70 anziani Snedrin di Mosè, che il loro ruolo sia stato assunto nei giorni nostri dai 70 cardinali? Chi lo sa, certo è che ciò che gli Ebrei chiamano Cabala è il vero senso della legge, infatti l'espressione" Torah scebealpe", significa legge della bocca, che essendo ricevuta in eredità si chiama Cabala. Nel nuovo testamento ciò è evidente nel vangelo di Matteo, nel sermone della montagna. Nel salmo II, Ilario testimonia: Perché si sono mobilitate le genti…".Scrive" C'erano già, dai tempi di Mosè, 70 dottori prima dell'istituzione della Sinagoga. In quanto Mosè stesso, che aveva consegnato per iscritto le parole dell'antico testamento, affidò a parte alcuni dei più segreti misteri dei segreti della legge ai 70 anziani che ebbero dei successori. Il Signore stesso ricorda questa dottrina quando dice: "Gli scribi ed i Farisei si sono assisi sulla cattedra di Mosè. Fate dunque ed osservate tutto ciò che essi dicono, ma non imitate le loro azioni". Quando gli Ebrei furono liberati da Ciro dalla schiavitù di Babilonia, e il tempio restaurato sotto Zorobabele, Esdras che presiedeva la Sinagoga riordinò gli scritti dell'antico testamento e fece redigere i segreti degli oracoli di Dio in 70 libri, è lo stesso Esdras a dirlo: " Dopo 40 giorni, l'altissimo parlò e disse: "Le prime cose che hai scritto consegnale al pubblico; che le leggano i degni e gli indegni. Ma conservati i 70 ultimi libri per affidarli ai saggi del tuo popolo, in quanto in questi libri si trovano i fondamenti dell'intelligenza, la sorgente della saggezza ed il fiume della scienza”. Picco della Mirandola affermava, che non si poteva dubitare che S:Girolamo, (347 Dottore della chiesa, traduttore dell'antico testamento dall’ebraico al latino e revisore del nuovo), parlasse dei dottori della cabala, in quanto i Talmudisti e i filosofi erano più recenti, Pico nell'Heptaplus e i suoi successori affermano, riprendendo da Girolamo, che gli antichi ebrei non potevano trattare della creazione del mondo, "il Ma'ase Bereshith", prima di aver raggiunto la maturità, essi ricordano, che S. Girolamo nelle sue opere affermava: che ogni parola, sillaba, punto e segno delle divine scritture sono pieni di sensi; inoltre ricordano i dieci nomi di Dio: "El, Elohim, Tsevaoth, Elim, Eser, Ehie, He, Vau, He, Shadai". Infatti, sulla Genesi gli ebrei affermano, che Dio trasse dal suo nome di quattro lettere la "He", per aggiungerla a quelli di Sara e Abram, "Padre elevato", che diventa Abraham, tradotto "padre di molte nazioni", nella Lingua indù, invece Abrahm significa non iniziato, il cambiamento in Abraham probabilmente è legato ad una iniziazione, ad un evoluzione spirituale, proprio come descritto nel Ramayana, Ram, la settima reincarnazione di Visnù che diventa Rama, rappresentando il cambiamento dovuto alla congiunzione con le tribù celto-arie.; cambiamenti questi che testimoniano il passaggio dall’era del Toro all’era del Ariete. Eusebio d'Emesa (295-360), libro10, capitolo 2 e libro 11, capitolo 4 della sua Prèparation e nella prefazione dei commentari, beffandosi dell’alfabeto greco afferma, che se si chiede ai bambini ebrei cosa significa Aleph, rispondono che è disciplina, Beth una casa, intendendo la casa di disciplina; Gimel pienezza di voce, Daleth dei libri, He l'insieme che è stato detto precedentemente. Beffarsi dell’alfabeto greco, in realtà è una cosa assurda dato che probabilmente nasce dalla stessa matrice ebraica, che a sua volta ha origine accadica ed egizia; infatti “Jonah” oltre a essere il personaggio del racconto biblico, che esotericamente, secondo il libro dello Splendore, rappresenterebbe il viaggio dell’anima, in ebraico significa colomba, l’emblema d’Israele, la colomba del diluvio di Noè che portò l’ulivo simbolo di pace, che si potrebbe interpretare come “lo spirito santo, che portò la pace”, o la comprensione tra gli uomini attraverso la scrittura rivelata attraverso il senso alfabetico. Questo termine Jonah ricorda per l’appunto anche il termine iavan che significa “greco” e rappresentano la figura mitica del Kadmos, colui che portò l’alfabeto ai greci, Kadmos deriva da Kedem che significa provenire da prima, dall’est, e la Grecia era ad est della Terra Promessa, ecco perché ci sono somiglianze alfabetiche tra l’ebraico ed il greco, per esempio: “alef e alfa, bet e beta, iota e iod e ghimel che addirittura ha la radice “gm” simile alla sanscrita “gam” e significano entrambe unire, ciò chiarisce anche il fatto che moglie in greco sia tradotto “gamete” termine che indica, tra l’altro, anche una cellula sessuale; del resto anche lo storico Erodoto scrisse che furono i Fenici a portare in Grecia la conoscenza delle lettere, che a loro volta, come afferma lo storico latino Tacito, la appresero dagli egizi, che ne furono gli inventori (Annali XI, 58), probabilmente in contemporanea degli accadi, o sumeri a cui spetta il primato della stampa a caratteri, in effetti, per quanto riguarda i geroglifici, questi si attribuiscono al sacerdote egizio Imothep a lui rivelati dal dio Thot, Thut, Dehuti, o quello di Dehut, colui che “controllava le acque”, forse lo stesso Enoc, settimo patriarca ebreo, il Thot del quale il noto Papiro di Torino fa sapere essere il sesto o settimo faraone d’Egitto, “l’altissimo barbuto” successore di Osiride colui la cui dimora “poggiava sull’acqua e aveva muri formati da serpenti vivi”, così si legge nel Libro dei Morti. Di Thoth, affermano che i suoi scritti sono anteriori a quelli di Sanchoniaton di ottocento anni, quello che si sa di lui realmente, ci giunge solo da alcuni papiri e da iscrizioni come quella della “Stele di Metternich” conservata nel museo del Cairo; certo è che visse tra i 40.000 e i 9.000 anni fa. Erodoto assicura che il dio egizio Thoth giunse sulla terra 17.570 a. C.; egli avrebbe inventato la scrittura annottando nei suoi rotoli, e nel “Libro del Respiro”, andati perduti, i rituali da compiere per la trasformazione da uomo a divinità cominciando a controllare per l’appunto il respiro, cosa che fece di lui il simbolo della conoscenza umana. Infatti tali conoscenze si riscontrano non solo nei luoghi del sapere ermetico egizio, ma anche in oriente, dove gli yogi praticano il pranayama con lo scopo di dominare i movimenti respiratori, come è affermato testualmente al cap. 50 pag. 397 del libro di Krsna. I rotoli di Thoth sarebbero stati nascosti su due colonne erette, prima del Diluvio, da un certo Set, uno dei “Figli del Drago, o del Dio Serpente”, forse gli stessi “Ierofanti egizi e babilonesi”; situate a Eliopoli e Tebe. Solone racconta che vi fosse incisa la storia di Atlantide; Erodoto rammenta che da queste colonne arrivò il sapere d’Egitto e ricorda che una era d’oro puro e l’altra di smeraldo, ed entrambe capaci di risplendere di notte. Un’altra leggenda similare narra che saputo dell’imminente diluvio, non Thoth, ma Enoch, cioè l’”Iniziato”, prima di salire al cielo, con il figlio Matusalemme costruì nove stanze sotterranee nascondendovi in fondo una tavoletta triangolare d’oro, o di pietra bianca con il nome dell’impronunciabile Dio degli Ebrei, e sopra avrebbe eretto due colonne una di marmo l’altra di mattoni con incise le sette scienze dell’umanità. Lo storico Manetone, nel raccogliere le storie d’Egitto, ci riferisce di quattro periodi dinastici prima dei faraoni, uno dei quali, nel 10.700, era il regno di Thoth, definito anche “colui che calcola i cieli, e il misuratore della terra”. Era il tempo di Imothep, l’architetto delle prime Piramidi, di cui si dice sia stato allievo dei “Veglianti” scesi sulla terra a bordo di “navi celesti”. Dagli scritti di Sanconiatone si viene a conoscenza che nell’”Età dell’Oro”, quando gli uomini vivevano in armonia con gli dei, Taautus, il Thot egizio, fondò la civiltà egizia, egli costruì un vascello, una “Camera Celeste”, che usò per viaggiare nello spazio e quando lascio l’Egitto, salutando i sacerdoti disse loro: “Adesso ritorno dal paese da dove venni”. Era il tempo in cui Urano fondò la città di Biblo, “Betulla”, con pietre dotate di vita propria, quando Anfiione figlio di Zeus cinse di mura Tebe con pietre che si muovevano al suono della sua lira, nelle Stanze di Dziyan si accenna che l’uomo potesse addirittura volare suonando i cimbali. Sembra che questi poteri siano ancora usati in Tibet, secondo i resoconti dettagliati dell’ingegnere svedese Henry Kjellson riportati in alcuni libri come: “Teknik Forntiden” e in “Forsvunden Teknik; del resto è stato dimostrato che è possibile sollevare piccole pietre utilizzando vibrazioni sonore. La gravità attira le cariche positive e respinge quelle negative, mentre la frequenza esatta disintegra le particelle dure della pietra provocando carica negativa e facendo sollevare la pietra; quindi gestendo la carica negativa si può controllare velocità, direzione e durata. Questi suoni tra l’altro influirebbero anche la psiche umana, esiste addirittura un programma spaziale che studia gli “alfa ritmi sublimali”. Tornando al alfabeto, il “Gaon di Vilna”, afferma che gli Elohim manifestarono prima l’alfabeto, e poi i cieli e la terra e con l’alfabeto fu scritta la Torah, la legge. Platone, in effetti, per bocca di Socrate fa risalire l’invenzione dell’alfabeto al dio egizio Toth lo “scriba degli Dei” che divenne poi il dio greco Hermes e il latino Mercurio, “il Messaggero degli Dei” per l’appunto.
Tornando all’alfabeto ebraico, spiegato da Girolamo ed Eusebio, prima citati, si aggiunge Ireneo (140-200) che riporta anche un'esegesi del nome di Gesù: "Secondo la lingua degli Ebrei, il nome di Gesù si compone di due lettere e mezzo, come dicono i loro dottori, e significa il maestro che contiene il cielo e la terra". L'esegeta Drusius spiegherà l'enigma: jsv ha tre lettere di cui la prima loth è chiamata semilettera, in quanto non raggiunge che il centro delle altre lettere. Queste lettere significano ihwh che traducono con maestro. Shcin e messa per Semaim, il cielo, e Vau per Vearets, è la terra. L'interpretazione delle lettere dell'alfabeto ebraico e l'assimilazione di alcune parole, rivelano per l’appunto un'origine precedente, egiziana e mesopotamica, ed è logico che sia così, dato che queste due civiltà sono state a stretto contatto con il popolo ebreo; la stessa Bibbia ci conferma che Mosè è stato istruito secondo la cultura dell’Egitto, quindi la cultura della civilizzatrice Iside, figlia di Inarco primo re di Argo in Egitto, quando in vita e non ancora considerata una dea, nel tempo in cui vissero i nipoti di Abramo, la dea che secondo lo storiografo Varrone insegnò a leggere e a scrivere agli egizi qualche migliaio di anni prima. Bisogna ricordare che furono i sacerdoti del Sud, della razza nera per primi ad apprendere la scrittura producendo una loro simbologia che procedeva da destra a sinistra, la loro mano partiva dalla luce d’Oriente; poi i bianchi nordici di etnia arya, li imitarono fino a raggiungere una loro identità mutando i segni che li portò a scrivere da sinistra a destra, in direzione dell’Oriente e nacquero le rune, lo zendo, il sanscrito, il greco ed il latino. L’ebraico quindi, ha in se messaggi codificati molto antichi, nelle sacre scritture questi messaggi sono una certezza rivelata più volte. Nell'Apocalisse se ne leggono molti, per esempio “il numero delle chiese e dei candelabri che celano in se significati nascosti ben diversi in questo testo rivelati”, tra i più semplici nei versi, “13,18”, si legge esplicitamente: “Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d'uomo. E tal cifra è seicentosessantasei”. Ma a parte questo, ritornando al nome di Gesù, lo spirito creatore dell'uomo, non contiene forse parte del cielo e la terra o meglio oggi si potrebbe dire il cosmo, non è forse vero che oggi si teorizza che l'umanità, il cielo e la terra siano solo una parte di un “Essere Universale”, che comprende anche quelle “intelligenze cosmiche del Logos esoterico”, una "Creatura più Grande" che si espande in un'altra dimensione di cui noi percepiamo solo la parte che coincide col nostro presente. Immaginate un microrganismo nel nostro corpo, i suoi limiti, le sue funzioni, il divenire: "macrocosmo - microcosmo". Sicuramente esistono compiti che ci vengono impartiti da altri piani di esistenza cui l'uomo non ha accesso. Non è forse lo spirito maestro della nostra coscienza in noi, che ci dice cosa fare, non sono forse nel nostro codice genetico le direttive del nostro compito. La molteplicità degli universi non è prerogativa dell'uomo moderno, già gli antichi a loro maniera n’ebbero l'intuizione. Una tradizione araba racconta: "Dio creò la terra, ma la terra non aveva sostegno, e così sotto la terra creò un angelo. Ma l'angelo non aveva sostegno, e così sotto i piedi dell'angelo creò una montagna fatta di rubino. Ma la montagna non aveva sostegno, e così sotto la montagna creò un toro con quattromila occhi, nasi, bocche, lingue e piedi. Ma il toro non aveva sostegno, e così sotto il toro creò un pesce chiamato Bahamut, e sotto il pesce mise acqua, e sotto l'acqua mise oscurità, e la scienza umana non vede più oltre". Si aggiunge che sotto l'abisso d'aria nera c'è fuoco, e sotto il fuoco un serpente chiamato Falak, che ha in bocca gli inferni. Gli indù narrano dei tre loka: il regno terreno, dell'atmosfera e celeste, altre autorità induiste parlano addirittura di ventuno inferni, gli indiani dividono gli inferi in sette regioni sotterranee (patala) e sotto di queste sette inferni (naraka), gli antichi mesopotamici divisero gli inferi in sette regni, Maometto parla di sette cieli, gli ebrei di sette regni celesti, associati ai sette pianeti noti a quel tempo.Tutto ciò collegato ad un certo periodo arcaico, in cui questi vari universi erano più frequentemente in contatto fra loro, infatti, una credenza comune a molte popolazioni antiche, era quella di credere che La terra ed il cielo fossero un tempo unite da una liana. Oggi una teoria ipotizzabile, anche se contraria alla prima legge della termodinamica, ma in parte concorde alle moderne teorie scientifiche, è quella di ammettere l'esistenza di un universo formato da palle esplodenti, (Big Bang), che formerebbero altre palle, e questo a mio parere ricorda molto la scissione cellulare, e ci porterebbe sempre a teorizzare l'esistenza di un'"Essere Grandioso", ma a noi incomprensibile, la cui dimensione e realtà è a noi inaccessibile per natura, del resto penso che anche il sapere che si cela nella tradizione esoterica si possa interpretare come una descrizione di una parte di universo che ci circonda, paragonabile ad una grande molecola, parte di un grande "Essere", magari proprio ciò che noi chiamiamo Dio. Lo stesso nome di Dio, il tetagramma YHVH, che in Cabala è l'abbreviazione concentrata di HAYÀ = ERA, HOVÈ = È, YIHÈ = SARÀ, non si potrebbe interpretare come un concetto della "Creazione stessa", scaturita da quell'unica cosa della "Tavola Smeraldina di Ermete Trismegisto", ciò che fece dire a Eraclito: “tutte le cose sono uno”, la stessa cosa che portò Anassimeandro a concepire il termine “archè”, il principio da cui tutto si genera, quella stessa cosa chiamata Scintilla nelle "Stanze Di Dzyan", o ciò che scientificamente oggi è stato chiamato: "Elemento Energetico Atomico Esenziale"; del resto è provato che la materia vivente è interagente con qualsiasi altra materia a livello sub atomico. Sta infatti scritto che: "dalla Parola di YHWH furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera" (Salmo 33,6); "Egli parla e tutto è fatto, comanda e tutto esiste" (Salmo 33,9). Infatti non a caso il trattato magico derivante dalla Kabbalah pratica chiamato “La Clavicola di Salomone” è composto da 36 talismani doppi che riportano i 72 nomi divini preposti allo “Shemahamphorah”, in pratica quel tetagramma la cui quadratura: Y=10, YH=15, YHV=21, YHVH=26; per l’appunto quei 72 nomi equivalenti a quel ciclo precessionale di 72 x 360 che da quell’ormai noto ciclo cosmico esistenziale delle costellazioni di 25.920 anni che già gli egizi conoscevano. Infatti anche nel mito di Osiride, Rà, tentando di eludere Iside che gli impose un tremendo dolore procuratogli da un morso d’aspide per indurlo a riferirgli il suo vero nome il cui incantesimo aveva il potere “di dare la Vita”, riferì, da prima, solo i suoi 72 nomi conosciuti, ma poi fu costretto dal dolore a rivelargli il suo vero nome che nei geroglifici è rappresentato con l’immagine di un cuore.
Il tetagramma YHWH rivelato da Dio a Mosè nella visione del roveto sta a significare esplicitamente: “Io sono colui che sono” (Fs III 14) Dio disse chiaramente: “ Ehyeh Asher Ehyeh. Dirai loro Ehyeh mi ha mandato” quindi il dio che era, che è e che sarà; il Dio di Olam “misteriosamente nascosto” oltre i sette cieli; e qui viene da chiedersi se sono i sette pianeti del sistema solare, o il "Movimento Spaziale dell'Atomo", che ogni sette fasi inverte la polarità.  “E Iddio parlò a Mosè dicendogli: Io sono YHWH e mi rivelai a Abramo, a Isacco, a Giacobbe sotto gli appellativi di Dio Onnipotente, ma con il nome YHWH non mi feci conoscere a loro” (Es VI,2-3). L’intervento di Dio nella liberazione di Israele nei scritti dell’Esodo, evidenzia chiaramente il significato del nome di Dio. I Padri, dice il Signore, mi conoscevano anche sotto questo appellativo del mio nome che racchiude la mia essenza, ma a loro non mi rivelai se non nelle forme universali della mia verità, in quelle manifestazioni in cui Dio è EI Shaddaj, cioè Dio del mondo naturale e Dio della vita, o dal sumero Shaddu, "montagna", da cui "Dio delle Montagne"; montagne che sono locate nell’antica regione sumera di Adad, figlio di Enlil, nella terra di Ish.Kur, nome sumero per indicare ancora una volta "quello delle montagne".  Ora però è venuto il tempo in cui io mi farò conoscere sotto la mia più vera essenza, cioè sotto l’appellativo Jhwh, che non risponde alla realtà visibile e conoscibile, ma a quell’in conoscibile, che pure egualmente si manifesta. E sotto questa realtà mi farò conoscere ai figli di Israele. Dopo la fine del secondo Tempio, la pronuncia ignota di YHWH fu sostituita da “Adonai”, cioè “il mio Signore”, Adonai o Adone nell’astronomia rappresenta anche il sole. Comunque, a quanto pare, il significato etimologico del nome tetagrammato sta a significare l’Essere, per l’appunto quel “Io sono colui che sono”. Del resto anche gli indù dicono che “Dio è negli atomi e anche tra gli atomi”. Lo ritroviamo anche nell'Apocalisse di Giovanni (1, 4, 5, 8), infatti, si legge: "Giovanni alle sette Chiese che sono in Asia: grazie a voi e pace da Colui che è, che era, e che viene, dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra”. Più avanti si legge: "Io sono 'l'alfa e l'Omega, dice il Signore Dio, Colui che è, che era e che viene l'Onnipotente!".






I MAESTRI ERMETICI, UN PENSIERO SEMPRE ATTUALE

36° “TRACCE DI UN SAPERE LASCIATO IN EREDITA’”

Nella traduzione italiana di alcuni versi dell'antico Libro egizio dei Morti, precisamente nel capitolo LXIV, che racconta “dell’uscita dell'anima verso la luce del giorno" si ritrova nell'essenza, lo stesso concetto dell’Apocalisse, che quello della "rivelazione cabalica, sul tetagramma di Dio", in esso si legge: "Io sono l'Oggi. Io sono l’Ieri. Io sono il Domani. Attraverso le mie numerose Nascite io sussisto giovane e vigoroso. Io sono l'Anima divina e misteriosa che, in altri tempi, creò gli dei e la cui celata essenza nutre le divinità del Duat, dell'Amenti e del Cielo. Io sono il Governale dell'Oriente, Signore dei Due Volti divini. Il mio splendore illumina tutti gli Esseri risorti i quali, mentre compiono nel Reame della Morte, successive trasformazioni, penosamente cercano il loro cammino brancolando nella Regione delle Tenebre". Nel capitolo XVII, Che racconta come "entrare e uscire nel mondo inferiore" si legge: "Io sono il dio Tum, solitario negli infiniti Spazi Cosmici, io sono il dio Ra che sorge all'Alba dei Tempi Primordiali, simile al dio Nu. Io sono la Grande Divinità che si genera da se stessa. I misteriosi poteri dei miei Nomi creano le Celesti Gerarchie. Io avanzo e gli dei non si oppongono; poiché io sono l'Ieri e io conosco il Domani. L'aspro combattimento che coinvolge gli dei, opponendoli gli uni agli altri, si svolge conformemente ai miei voleri. Io conosco il misterioso Nome della Grande Divinità che è in Cielo; io sono la Grande Fenice di Eliopolis; io sono il Custode del Libro del Destino ove è registrato tutto ciò che fu e tutto ciò che sarà". Tenendo conto che gli antichi, specie gli egizi, non distinguevano la spiritualità e la materialità come la concepiamo noi, ma erano molto più profondi; noterete che non c'è gran differenza nel concepimento antico del "Creato", quando tali concezioni vengono spogliate dai vincoli culturali delle popolazioni e dagli artifizi allegorici elaborati allora per i più svariati motivi, non a caso Giovanni disse” E il Verbo si è fatto carne, ed ha abitato fra noi”, per affermare che la ragione, il Verbo, il Logos, la Parola, e la Vita si sono manifestati in noi, forse proprio per opera di quel grande “Essere che chiamiamo Dio. Un Dio oltre dimensione che gestisce, od è l’unica cosa o elemento che è, era e sarà, l’antico Padre, Madre e figlio e che ha mandato i suoi angeli, o alieni sulla terra. La mistica ebraica dello Zephir Bahir riporta: “ Io sono colui che ha piantato questo albero, affinché tutto il mondo ne tragga diletto; ho fissato tutto in esso, e l’ho chiamato tutto, giacché da esso tutto dipende e da esso tutto deriva. Tutti ne hanno bisogno, lo scrutano e lo attendono: da esso si propagano le anime superiori di letizia”. Sulla Porta ermetica del Marchese Massimigliano Palombara, all'interno del primo cerchio in alto appare l'epigrafe: “Tria sunt mirabilia et omo mater et virgo trinus et unus”, Dio è Uomo, Madre e Vergine, Trino e Uno. Scritta, questa, che rappresenta i tre elementi essenziali dell'opera alchemica: il Padre, la Madre e il Figlio, o Solfo, Mercurio e Sale, o Iside Osiride e Oro. Concetto che portò l’egiziano di Licopoli, Plotino, a concepire sotto l’immagine matematica la figura di Dio, “il pitagorico Uno”, che chiamò cristianamente “Padre”, racchiudendo in esso anche la “luminosa progenie del fuoco, degli Elhoim” e la stessa essenza dell’uomo, che precedendo i Demoni evolve seguendo gli Dei. Per capire meglio l’antica concezione “dell’opera alchemica”, bisogna intendere che la mitica ricerca della “Pietra Filosofale”, che trasforma il Piombo in Oro, non è altro che il simbolo del percorso iniziatico che porta al raggiungimento della “Perfezione Esoterica”, poiché tutto il “Creato” si esplica attraverso un’unica via, affinché il Piombo si trasformi in Oro. La realtà è originata dalla “Cosa Una, il Telesma”, o meglio dal “Caos”, rappresentato simbolicamente dal cerchio O. Il concetto di separazione si esprime attraverso il principio Solare , e il principio Lunare , ed entrambi rappresentano la trasformazione infinita da cui si determinano gli elementi Fuoco , Acqua , che interrotti nel loro naturale moto, originano gli elementi Aria  e Terra ; tutti gli elementi sono rappresentati simbolicamente nella Croce + e sono sottoposti a tre principi alchemici: il Solfo attivo, che identifica lo Spirito ed ha la qualità dell’olio e del fuoco che unito al Sale sveglia il desiderio, con il quale il Mercurio trattiene e produce i diversi corpi; il Mercurio passivo, la parte gassosa e liquida dello spirito che identifica l’anima, la “Quinta Essenza”, “Nostra Signora lo Spirito Santo”, il Cristo, lo Spirito Santo e il Serpente, “colui che guida le anime dei trapassati identificandosi nell’eterno fuoco rinnovatore, “nell’eterno ritorno di Eraclito”, la dove olio e fuoco realizzano la vitalità e il desiderio della liberazione, cioè il “Zolfo filosofico”; ed il Sale che fissa vita e forma, stabilizzando gli archetipi impressi nel “Caos delle apparenze”, identificandosi così nel Corpo, ottenuto legando gli altri due principi trasformati dall’Athanor, la fucina dove avvengono le così con le cosiddette “operazioni a fuoco lento”, dove si realizza “l’Opera alchemica”. Per “Opera al nero”, i maestri ermetici intendono una sorta di liberazione del principio vitale, cioè del mercurio dal corpo, che avverrà integralmente con la morte fisica, ma si parla anche di “morte filosofale”, intendendo un distacco volitivo e solo momentaneo, con “Opera in bianco”, si riferiscono alla fissazione del mercurio al corpo, per evitare che svanisca, e con “Opera i rosso”, si riferiscono ad un intensificazione della fiamma che risveglia i fuoco primordiale originario da dove estrarre il simbolico “’Oro“. Si va dal Piombo all’Oro attraverso operazioni di sublimazione, “Solve”, e di precipitazione “Coagula”, espresse in quella simbolica e cosmica “Spirale concentrica” che dal Sole verso Saturno, compie “l’Eterna Creazione”, così sapientemente rappresentata da quei maestri ermetici che riportarono in vita il sapere antico che fu dato agli egizi e all’umanità intera. Ogni individuale iniziazione muta la struttura “fisico–eterea” dell’individuo, influendo nei così detti “corpi sottili”. Ogni tangibile meta raggiunta nel mondo oggettivo deve la sua origine ai lontani “Cosmici Piani Mentali”; ed è così che appare sempre più a ogni discepolo il suo Maestro che lo accompagna lungo il sentiero iniziatici. Sentiero che secondo gli esoterici, inizia inconsapevolmente già nel sonno, e accade solo nelle due prime iniziazioni in cui si acquista il dominio dei corpi eterico-denso ed astrale, mentre poi con la terza iniziazione si raggiungono grandi poteri mentali che portano al risveglio della mente pronta a far germogliare i poteri occulti, o i “siddhi”, fino all’avvento della quarta iniziazione, che distrugge ogni limitatezza, portando l’individuo alla sofferenza, o “Crocifissione”, finche con la quinta iniziazione si apre la beatitudine degli “eteri cosmici” dove si riesce a padroneggiare, in senso assoluto, le energie visibili e invisibili dei tre mondi, da dove si aprirà poi, la strada de “Sette Sentieri”, che sono: Il Sentiero del servizio sulla terra (i sacerdoti custodi del sacro fuoco), il Sentiero del lavoro magnetico (sul piano mentale, sono i manipolatori di quell’energia planetaria chiamata Fohat), il Sentiero di preparazione per i Logoi Planetari (i Logos Planetari, il Dio di un pianeta), il Sentiero di Sirio (che con le Pleiadi è meta della maggior parte dell’umanità), il Sentiero dei raggi (seguendo il proprio Raggio monodico, in direzione del sistema solare), il Sentiero del Logos Solare ed il Sentiero dell’assoluta Finalità che prelude il contatto con una Stella ancora superiore. L’Arte Regia rivela che non vi sono doni di sopravvivenza ma conquiste di trasformazione. Questi insegnamenti ancora oggi vengono impartiti, Arte Regia, Alchimia e Libera Muratoria riportano gli antichi insegnamenti delle tradizioni ermetiche e neoplatoniche dei Riti di Memphis e Misraim, che rinnovano il concetto di trasformazione dell’individuo portandolo “dalle Tenebre alla Luce”, fino al leggendario raggiungimento della “Trasmutazione della materia” interpretando le dinamiche occulte della Natura stessa.
Quanto detto ci insegna che tutto ciò che avviene ha un senso e produce una reazione nell'equilibrio universale. Molti sono i movimenti attivi nel nostro pianeta e ognuno propone il suo sapere, originato spesso da quel sapere che gli antichi già conoscevano. Basti pensare alla diffusione esoterica, alla “ricerca d’intelligenza extraterrestre” (SETI), al movimento raeliano, che pare abbia contribuito alla prima clonazione umana, la “prima Eva clonata”, tesa a comprovare il loro “credo”. La stessa nuova e libera interpretazione delle religioni propagata dalla New Age tende a unire l’antico sapere, stessa cosa la nuova “Sacra Merkabah” dell’americano Drunvalo Melchizedek ripresa a quanto pare, da antiche pratiche tramandate da Ermete Trismegisto, tese anch’esse a risvegliare l’amore e l’Interiorità, portando l’equilibrio delle energie mentali, cioè il contatto con il Sé Superiore e l’Enegia Universale, in altre parole accelerare quell’umana evoluzione spirituale individuale e collettiva. A quanto pare, anche i grandi geni, devono le loro doti all’equilibrio tra la mente soggettiva, miope e passiva e la mente oggettiva; questo secondo alcuni studiosi del genio umano come Hudson, che concepiscono l’ego, che ha sede nella parte sinistra del cervello, come un’entità che può assumere padronanza nell’individuo portandolo ad essere “più grande di se stesso”.
A parte i “Figli di Jared” negli Stati Unti che vogliono liberarsi da un potere ipotetico attribuito ai Vigilanti”; un intento per la pace ci giunge dall’onda pacifista del movimento mondiale per la pace, che si propaga con i progetti “Rinri e Omega” tesi a l'adozione del "calendario delle tredici lune, un calendario che secondo lo scrittore e poeta Robert Graves, già i celti irlandesi conoscevano, era il loro “calendario ogamico arboreo”, infatti nel 1897 a Coligny, nel sud della Francia, dove tra l’altro vi sono pitture rupestri vecchie di 15.000 anni fa che mostrano variegate tipologie di astronavi ricollegabili agli avvistamenti ufo, furono trovati frammenti di una tavola di bronzo risalente al II sec. d. C. parte di un calendario che prendeva in considerazione proprio le fasi lunari; un calendario probabilmente connesso a quei ritmi biologici, “ciclo mestruale, maree, ecc.” che a quanto pare anche i maya conoscevano. Tutto questo prepararsi al comune scopo evolutivo, forse è la “liberazione degli anelli della terra, che secondo alcuni accomunerà la nostra percezione sensoriale", o comunque “un’inversione di polo”, dovuta ai movimenti ciclici terrestri che porterà ad un innalzamento spirituale, come affermano altri studiosi del campo magnetico terrestre e delle macchie solari, o i prosecutori della “Risonanza di Shumann” che nel già nel 1952 affermò l’esistenza di un campo elettromagnetico pulsante fra i sette e otto Hz, in continua crescita, che lo studioso Siegnot Lang ha dimostrato essere una specie di orologio biologico che controlla le attività degli esseri viventi. Tutto questo avrà una motivazione evolutiva se raccoglie adepti con teorie più o meno vere che siano. Solo il semplice fatto di appartenere e vivere per un'altra dimensione, (quarta dimensione), è suggestivo e non privo di fondamenta, ci fa comprendere che ci potrebbero essere molti pianeti ospitanti altri esseri che noi chiamiamo "alieni", che lavorano e vivono per il divenire di questo, per noi, "Infinito Essere", dove il “Nostro sistema planetario, quell’antica Spirale ermetica della Creazione”, è solo una “Cellula”, e noi sicuramente ne siamo venuti a contatto con alcuni di loro, interpretando gli eventi secondo la nostra maturazione evolutiva, apprendendo insegnamenti ormai confusi con l'immaginario. Ne abbiamo le tracce nella così detta “protoufologia”, tracce che io chiamo "archeo-aliene", negare l'evidenza delle nostre illuminazioni e ricerche vuole dire solo auto limitarsi, non progredire, non evolvere, i viaggi interstellari non sono poi così irrealizzabili, la civiltà terrestre ne è all’inizio. Queste tracce si trovano, come abbiamo visto e vedremmo, in tutte le culture antiche e moderne: negli scritti, Egizi, Sumeri e Maya, nella Bibbia, negli antichi scritti ritenuti apocrifi o pseudo epigrafi, negli scritti orientali come i Sacri Veda, Purana, e nei diari e testi antichi come il Libro dei Prodigi dello storico Giulio Ossequiente del terzo secolo d. C., che riporta brani originali di Cicerone, Tito Livio, Seneca, Plinio, dove vengono descritti fenomeni naturali ma anche strani oggetti volanti chiamati dai romani “Clypeus” scudi, e ancora descrizioni di travi infuocate volanti denominate “Trabes Ignate.” Anche il consigliere di Nerone, Seneca, descrisse nel suo testo di “scienze naturali, gli stessi avvistamenti avvenuti intorno al primo secolo a. C.; del resto, è documentato, a quanto pare, che gli imperatori romani, compreso Giulio Cesare, discendano dalla nobile “Julia gens”, la nobile famiglia romana che la tradizione vuole aver avuto origine da “Julius” Ascanio, figlio di Enea, a sua volta figlio di Anchise proveniente dal pianeta Venere, sarà per questo che ai tempi di Cesare gli avvistamenti di Clypeus, o meglio ufo, erano comuni. Per farsi un’idea di cosa sapessero e pensassero i romani degli “abitatori del cielo”, basta leggere uno dei carmi del giovane poeta veronese Marco Valerio Catullo (84 a. C.) che frequentava la colta sociètà romana di Cesare che allora ambiva alle espansione in Gallia. Catullo con viva ispirazione riporta chiaramente un certo pensiero nel Liber dedicato allo storico Cornelio Nipote:
Tranquilla è la madre della sposa / Non ci sarà divorzio nel suo letto / Bei nipoti da lei potrà sperare / Coi vostri fili fatali / Girate fusi girate / Fu questa la felice profezia / Che la bocca divina della Parca (una delle 3 divinità figlie della notte, che sovraintendevano alla vita umana)Cantò un giorno a Peleo (re di Ftìa in Tessaglia) / Gli abitatori del cielo anticamente / Scendevano nelle case degli eroi / Ai mortali adunati si rivelavano / Perché il senso del sacro non era perduto Nei giorni delle sacre feste annuali / Più volte vide il padre gli Dei / Ecatombe di tori nel suo tempio / E Liber il vagabondo del Parnaso / Alla testa delle sue Menadi (streghe, baccanti, sciamane, levatrici, indovine legate al culto arcaico della Madre) che urlano / Coi capelli furiosi l’Euhoè (grido bacchico di dolore: ei, hai; heu, heus, ahi, ohimè) Tra gli altari fumanti adorato / Era in Delfo (città della Focide dov'era il tempio e l'oracolo d'Apollo ritenuto il profeta di Giove, dove la Pizia, la sacerdotessa cadeva in estasi. Prima di Apollo, l’oracolo era attribuito a Gèa, la dea della Terra; e, in seguito, a Temi, dea della giustizia. fino al Diluvio di Deucaliòne. Quando Apollo giunse sul Parnaso. si sarebbe impadronito a forza dell'oracolo, uccidendo a colpi di freccia il serpente Pitòne che Gèa avrebbe messo a custodire il sacro luogo, e l'avrebbe fatto suo, dando, poi, ad un figlio che gli era nato dalla ninfa Tia, il nome di Dèlfo, fondatore della città omonima) da una folla di felici / Che per prorompere dalle mura rissavano / Nei daremorte guerrieri Mavors (il dio Mamerte, il Marte dei Romani) La dea del Triton la virgo di Ramnunte (la signora del veloce Tritone o la vergine di Ramnunte) Agli eserciti davano forza / Poi fu la terra abbeverata / Di crimini indicibili / Dai cuori ingordi la giustizia fugge di fratello s’insaguinano le mani / Il padre e la madre morti / I figli non piangono più / Un padre vuole il suo primo nato / Muoia e violare libero /  La nuora farla matrigna / E una madre di legge nuda
Nel letto del figlio come un’ignota / Entra e le ombre lorda / Degli antenati Da troppo male / È stato il bene contaminato / E la divina mente che faceva
Giustizia si è allontanata / In mezzo a folle umane / Non si avventurano più gli Dei
Gli è insopportabile che li tocchi / La luce di un occhio”.
Del resto Catullo quando scrisse i suoi versi, aveva cognizione di chi erano i “Vigilanti enochici”, alcuni dei sopra citati versi in un'altra versione riportano: “Ma dopo che la terra fu riempita di azione sacrilega e tutti allontanarono dalla mente bramosa la giustizia, le mani cosparsero i fratelli di sangue fraterno, il figlio cessò di piangere i genitori morti, il padre desiderò i funerali del figlio primogenito, per impadronirsi da libero del fiore d'una matrigna giovane, la madre empia offrendosi al figlio ignaro, empia non temette di disonorare gli dei penati. Tutto il bene ed il male confusi da malvagia follia ci distolsero la mente degli dei, che rende giusti. Perciò né si degnano di visitare tali società, né sopportano di esser toccati dalla chiara luce”. Prima di questi versi si accenna di un tempo in cui gli dei si accoppiarono con le figlie degli uomini, si legge chiaramente: “Un tempo, si dice, pini nati dalla cima del Pelio han navigato per le limpide onde di Nettuno fino ai flutti fasii ed ai territori etei, quando giovani scelti, forza della gioventù argiva, desiderando strappare il vello d'oro della Colchide osarono passare con veloce poppa i mari salati, spazzando coi remi d'abete le azzurre acque. Le dea stessa, che conserva per essi le rocche nelle sommità delle città, rese volteggiante un carro con soffio leggero unendo l'ordito di pino della carena ricurva. Ella per prima insegnò la rotta all'inesperta Anfitrite; Ma appena tagliò col rostro il mare ventoso e l'onda arricciata dal remeggio imbiancò di spume, dal biancheggiante gorgo del mare le Nereidi acquatiche emersero i volti ammirando il prodigio.  In quel giorno ed in altro i mortali videro cogli occhi le Ninfe marine col corpo denudato alzarsi dal bianco gorgo fino alle mammelle. Allora, si dice, Peleo si incendiò per l'amore di Teti, allora Teti non disprezzò gli umani imenei, allora il padre stesso capì che doveva unire Peleo a Teti. Oh, eroi nati in un'epoca di secoli troppo desiderata salute, stirpe di dei! O buona progenie (buona compatibilità, i giganti) di matri, salute ancora . . . Spesso io invocherò voi col mio canto (LXIV. Un tempo)”. A cosa alludeva Catullo si può ben immaginare; già da tempo le navi solcavano i cieli della terra con i loro “dei penati”.
Prima ancora di Seneca e Catullo, Alessandro Magno e le sue truppe, nel 329 a. C. furono sorpresi, da due scudi volanti argentati, mentre stavano attraversando il fiume Jaxartes in India. Il greco Senofonte 433 a. C., nel suo "Anabasi", ne fa addirittura una classificazione degli oggetti volanti avvistati in base alla loro forma; li descrive nelle forme a conchiglia, piatti, a campana e triangolari. Prima ancora, i Rg Veda, gli scritti più antichi della storia descrivono numerosi strani mezzi di trasporto chiamati generalmente Vimana, o Ratha. Nella moderna ufologia, ai casi sopraccitati, possiamo associare il caso Roswell, o il caso di Aztec in Messico nel 1949 e nei circa cinque milioni d’avvistamenti registrati, anche collettivi, avvenuti nel mondo dal 1945 in poi. Charles Fort, uno dei pionieri del “realismo fantastico” raccolse più di 25 mila strani eventi, ormai caduti nel dimenticatoio. Gli stessi contattisti del mondo come: Oberth, maestro del padre della missilistica moderna Von Braun, ed altri come: Gorge Adamski, Maier, Daniel Fry, Gorge van Tassel con la sua apparecchiatura per riattivare le cellule costruita con il sapere extraterrestre, Howard Menger, Eugenio Siragusa, Carlos Diaz, Sixto Paz Wells, Jon Velez e molti altri ne sono la prova, forse alcuni di loro saranno anche degli imbroglioni, che rimaneggiano concetti fantasticando sopra gli scritti e i miti antichi, ma anche se uno solo di loro avesse ragione comproverebbe l’esistenza aliena, ma questo ormai è solo un problema degli irriducibili che non vogliono credere, purtroppo si è abituati a considerare quello che non si conosce, non è reale. A mio parere bisogna vedere vari punti di vista, non solo nella direzione verso ciò che si è diffuso e cristallizzato come "vero sociale", che tra l’altro è sola necessità di un gioco che conviene ai pochi che tirano le fila delle società. La Cabala e l'Esoterismo possono considerarsi, a mio giudizio, gli antichi mezzi senzienti precursori che favorirono e favoriscono ancora oggi con le scienze la ricerca evolutiva in divenire", in pratica: “l’antica Alchimia” è la nostra odierna chimica, l’astrologia è divenuta la nostra astronomia, la magia e divenuta scienza; discipline creative in atto che devono sempre essere filtrate dalla propria anima cosciente e razionale, che è parte dell’essenza permessaci dal “Grande Essere”, da Dio e dal Dio che tanto cerchiamo e che in lui siamo.


                                                                                                                                                                                                                                                                                         
                                                                                               
                                                                                                                                              

Una famosa foto di agenti della CIA che catturano un Alieno di 80 cm sfuggito ad un incidente ufologico. A fianco un ufo fotografato da Mrs Paul Trent a McMinniville, Oregon. 11 May, 1950


37° FANTASMI, POSSESSIONI, SPIRITISMO E RIMEDI

Lo spiritismo è sempre esistito, ma da un certo punto di vista, nasce intorno al periodo della Rivoluzione Francese, quando alcuni discepoli di Anton Mesmer propagavano particolari idee, affermando che nello stato sonnambulico, immersi in questo “sonno magnetico”, sarebbero possibili fenomeni paranormali, cosa affermata anche da altri cultori del campo, come il medico Deleuze nel 1831 e il dott. Billot che iniziò l’Atanatofania, (apparizione degli spiriti) e il Raffaelismo, (medicina angelica). Così con il favore del socialismo utopistico di Chandes Fourier, cultore di un’universale solidarietà e della antica tesi sulla trasmigrazione delle anime, si cimentò in una nuova concezione medica psicosomatica, volta a non isolare l’anima individuale dallo psichismo collettivo. Già secoli prima un altro medico, Paracelo, affermava nel XVI sec., che gli angeli possiedono una forza che l’uomo ha perduto, ma che può ritrovare nella natura, poiché Dio vuole essere conosciuto nelle sue opere, non a caso fu proprio Paracelo che iniziò a studiare i primi fondamenti dell’omeopatia, forse ricordando i versi di Salomone nell’Ecclesiaste, cap. 38: “L’ Onnipotente ha creato la Medicina della Terra e l’uomo prudente non la disprezzerà”, ed è proprio così, d’altro canto è naturale, persino gli scimpanzé, per curarsi, utilizzano più di 30 erbe diverse. Nel 1775 il castello di Rohow in Slovacchia ospitò proprio Franz Anton Mesmer, considerato un guaritore con misteriosi poteri, che spiegava nel suo concetto di “fluido fisico” universale, che se distribuito male provocava le malattie, teoria che favorì lo sviluppo della psicoterapia dinamica. Mesmer curava i suoi pazienti con dei magneti, la sua teoria del “Fluido magnetico”, vedeva le “onde” causate dai corpi celesti come interferenze sul nostro fluido magnetico attuato dal nostro sistema nervoso. Questa teoria affascinò anche Joseph Rhodes Buchanan che si convinse dell’esistenza di un “universo registrato” in ogni cosa che lo portò ad elaborare la “Psicometria”, in altre parole si è riscontrata la capacità di alcune persone, “vedi il caso del pittore Pascal Fothuny”, di leggere la storia di una data persona attraverso l’oggetto posseduto; in altri casi si riscontrata anche la capacità di alcune persone di leggere con le dita, o con lo stomaco vedi il caso della veggente Friederike Hauffe che sosteneva addirittura di vedere dentro il corpo umano. Casi che riuscirono a intaccare anche lo scetticismo del prof. Cesare Lombroso, fondatore della “criminologia scientifica”. Certi poteri, ormai erano comprovati, ricordo che tutt'oggi esiste una medicina naturale che ammette l’auto guarigione, purché il soggetto agisca con forza su se stesso, attraverso la meditazione, la riflessione, la preghiera e l’amore per la verità, diventando così soluzione dei propri problemi psicofisici; a dire di alcuni, sarebbe la carenza o l’eccesso di “attività energetica”, l’abitudine e il desiderio troppo appagato a provocare le malattie batteriche, e se è così, un giusto agire ne diventerebbe la cura, riequilibrando le energie, addirittura Daskalos, il mago di Strovolos, sosteneva che anche “l’exomatosi” è terapeutica per realizzare il sé, come un “divertimento d’un Dio”, e mi ricorda tanto “I Divertimenti di Krsna”. Del resto è provato che la mente soggettiva ha enormi poteri curativi se attuati con la suggestione, l’ipnosi, ecc.; anche la scienza ufficiale, oggi, ammette le interazioni mente-organo, sistema nervoso e sistema immunitario, confermate dalle stesse scienze mediche. Quindi creare pensieri armonici e ottimisti aiuta a guarire, un mio aforisma dice: “Vivendo la mia illusione sono il giusto Dio del mio universo” e ciò dice molto, non a caso nel vangelo il cui termine sta per “buon messaggio, o angelo messaggero”, si legge riferito all’IO: “Io sono la Via, la Verità e la Vita”; sono solo gli elementi chimici scoperti dall’uomo a restare pericolosi, in quanto non hanno superato la lunga e naturale selezione che il tempo impone. Ritornando allo Spiritismo, esso si basa sull’esistenza di Dio, sull’esistenza e immortalità dell’anima unita al corpo fisico da un elemento intermedio chiamato perispirito o corpo etereo, e infine sulla responsabilità collettiva e individuale secondo la legge di causalità. Lo Spiritismo come fenomeno puramente filosofico e religioso nacque invece dall’osservazione di alcuni fenomeni di carattere cinetico considerati inspiegabili, come le così dette “tavole semoventi”, che si accompagnano sempre da rumori vari e colpi di natura occulta; il primo caso reso pubblico, fu quello delle sorelle Margaret e Kate Fox avvenuto a Hydesvile, New York, nel 1848. Le comunicazioni spiritiche si realizzerebbero: per via onirico telepatica, per via di possessione, o per l’accentuazione della mente soggettiva che esagera l’ego individuale, o per una sorta di assorbimento energetico del medium e dei partecipanti, da
parte di entità comunicanti. Sir Ernest Bennett scrisse addirittura un libro “Apparitions and Haunted Houses” che raccoglie più di cento casi ben documentati di strane apparizioni. Il “cacciatore di fantasmi” Harry Price indagò molto sui fenomeni di poltergeist, cioè sugli spiriti e sui folletti, tentando di dare una spiegazione, interessante e curioso il caso, di un contadino di Cashen’s nell’isola di Man, che sosteneva di parlare con una mangusta che diceva di essere uno spirito legato alla terra. La presenza dei poltergeist è documentata da più un millennio è potrebbe essere anche associata ad alcuni demoni come i dijnn che esistevano sulla terra ancora prima di Adamo. Studiosi come A.R.G. Owen, Alan Gauld e Tony Cornell sono giunti alla conclusione che i poltergeist sono solo una manifestazione dell’inconcsio, una “psicocinesi spontanea”, e se pensiamo a quanto è debole la mente che si fa attrarre dall’ego di ciascuno di noi, l’idea non è del tutto trascurabile. Altri come i seguaci ortodossi di Kardek e gli umbandistas, li considerano esseri disincarnati inferiori, o senza dimora, comunque esseri generalmente legati alla terra che sono attratti da chi manifesta le loro simili caratteristiche, riuscendo a invaderli mentalmente, giungendo anche ad una possessione più o meno inconsapevole che può portare alla distruzione psico-fisica; basti pensare al caso, dei “Diavoli di Loudin”, che non può risolversi con l’ipotesi di sola isteria collettiva, basti pensare alla “tragica pazzia” a cui andarono incontro gli esperti che tentarono l’esorcismo delle monache “indemoniate”, vedi: padre Lattanzio, padre Placido, padre Luca, il dottor Mannouri, padre Jean Joseph Surin; finiti con l’essere invasi da quegli strani spiriti, o poltergeist legati alla terra. Probabilmente, da alcune letture, mi sono convinto che si potrebbe ipotizzare che queste entità, che a volte assumono forma ectoplasmica, ossia una sorta di “gelatine, filamentose o liquide” che nascono dai medium o dagli Orbs, siano solo le antiche matrici sulle quali venne generato anche l’uomo. Infatti, sembra che le allucinazioni dei posseduti rivelino spesso entità di ordine inferiore e rare volte entità di ordine superiore, i soggetti preferiti dalle entità spirituali sono spesso potenziali “schizofrenici”, cioè portati a distaccarsi dai piaceri semplici e dalla comune realtà delle cose. Un attendibile descrizione del fenomeno, pubblicata anche nella rivista Stargate Magazine n. 7 del 2003, ci giunge dal dottor Galey, uno studioso che ebbe modo di assistere alle sedute medianiche della nota medium, Eva Carriére, e così ne descrive l’avvenimento: “Dalla bocca discende lentamente fino alle ginocchia di Eva un cordone di una sostanza bianca, della larghezza di due dita. Questo nastro prende ai nostri occhi le forme più varie: talora si mostra sotto la forma di un largo tessuto membranoso perforato, con dei vuoti e dei rigonfiamenti, talora sia ammassa e si restringe, poi si rigonfia e si distende di nuovo. Qua e là dalla massa partono dei prolungamenti che per alcuni secondi prendono la forma di mani che poi rientrano nella massa, poi la sua estremità si rialza, si stacca dalla medium ed avanza verso di me. Vedo questa estremità ispessirsi sotto forma di rigonfiamento e si sviluppa in una mano perfettamente modellata. Tocco questa mano, essa provoca una sensazione normale. Sento le ossa, sento le dita munite delle loro unghie, poi la mano si restringe, diminuisce e sparisce all’estremità del cordone che si ritrae e rientra nella bocca della medium”. Galey afferma inoltre: “Che da un esame svolto in laboratorio risulta che l’ectoplasma è composto di cellule epiteliali, globuli rossi, cristalli di acidi grassi e sali. Una struttura che confermando l’origine organica, spiega anche la diminuzione di peso riscontrata dai medium dopo l’avvenuta materializzazione”.
Nel libro dello psicologo Stan Gooch, “The Paranormal”, l’autore sposa la convinzione, come Tony Cornell, che le entità siano create dalla stessa mente umana, siano solo una sorta di allucinazione ipnotica, o magari una “condensazione psichica”. I sostenitori dello spiritismo come Allen Kardek, invece affermano, che la comunicazione con queste entità proverebbe l’esistenza dell’anima e la sua sopravvivenza dopo la morte, avalorando così anche l’ipotesi dell’esistenza di un “universo parallelo”, ossia una “diversa e sconosciuta dimensione”. Infatti molti casi, se veri, lo confermerebbero. In America il dottor Ian Stevenson dell’Università della Virginia, pubblicò una ventina di casi ben documentati dal titolo “Reincarnazione venti casi a sostegno” e tratta trame simili al noto caso di Kumari Shanti Devi, una ragazza nata a Delhi nel 1996, che già a quattro anni cominciò a sostenere di essere vissuta nella città di Mutra poco distante e di essere sposata con un certo Kedar Nath, rivelando un’enorme quantità di dettagli che successivamente, con grande stupore, vennero confutati. Qui è facile capire l’ideologia buddista e lo stesso Budda quando disse: “che vita è sinonimo di morte…, come un fiore, appena nasce comincia a morire”, intendendo che solo nel mondo della forma il fenomeno è apparentemente così crudele. Nella Bhagavadgita si legge: “Come un uomo smettendo i vestiti usati, ne prende altri nuovi, così proprio l’anima incarnata, smettendo i corpi logori, viene ad assumerne altri nuovi". A proposito, Thomas Beker, che afferma di essere in contatto da anni con persone morte, e dice di averne le prove, parla di ciò che sarebbe riuscito a sapere nelle sue comunicazioni con l’aldilà, racconta della realtà divina di “Jonathan”, creatore di tutti gli universi, ma incapace di modificare le leggi naturali, e ciò, se fosse verità, mi porta a pensare a un Dio con i suoi limiti, molto simili ai nostri. Egli afferma che dopo il trapasso dalla prima dimensione, l’anima, dopo qualche minuto d’incoscienza, riprenderebbe coscienza solo nella seconda dimensione, dove tutto appare di colore verde, come accade in alcune manifestazioni di poltergeist, e si prova una sensazione bellissima, si comunica, si sogna ed esiste un “sistema” sociale con scuole, concerti, ecc. che Jionathan cambia a sua discrezione, ciò fa ricordare il mondo oltre morte dei celti, che concependo un “Ciclo Continuo Infinito Presente” individuavano un oltretomba dove vi era anche chi doveva ancora nascere, un mondo che veniva in contatto con il nostro solo il giorno, di “Samain, Samhain, tra l’altro assomiglia anche al termine ”shamayim” (ovvero sham-mayim: ‘là è acqua’; esh e mayim, ‘fuoco e acqua’, i simboli alchemici dei due triangoli intrecciati) che significa anche Cielo, nella Bibbia tradotto firmamento, forse qualcuno dal cielo vi giungeva? Samain termine che in gaelico diventa Trinvxtion, Samoni, Sindivos” (da cui il nome del primo mese dell’anno), nome che ricorda per assonanza anche Shamash, il Dio del sole sumerico, in altre parole l’Halloween, il giorno in cui si aprivano le porte del “Sidhe” l’aldilà; usanze che servivano a dare un significato alla vita terrena e una vita ultraterrena al popolo guerriero, e agli eventi del tempo. Infatti vi si distingueva un Mondo dell’Assoluto chiamato Gwynwydd, un Mondo Spirituale dell’aldilà chiamato Abred e un Mondo Umano della Prova, dove moriva solo chi si identificava con le forme e non lasciava scorrere altrove la propria l’energia.
Casi e credenze simili non sono mai stati presi in considerazione dalla Chiesa Cristiana, che tende a distaccarsi dal punto di vista della ricerca, consona ai suoi antichi scritti; anzi proibisce ogni forma di divinazione considerata per lo più pericolosa. Ciò però non tocca la ricerca scientifica, che comunque può tranquillamente andare avanti. Una cosa curiosa che ho letto riguarda le esperienze di Padre Pellegrino Emeti, che negli anni 60-70 con altri collaboratori mise a punto un marchingegno elettronico capace di leggere le informazioni che sono registrate nei campi elettromagnetici, la cui frequenza del campo atmosferico è tra i 7 e i 10 Hz, il che avrebbe reso possibile leggere gli avvenimenti del passato. Questa apparecchiatura, pare sia poi andata in possesso al vaticano. Oggi con l’avanzare della tecnica, i radiotecnici, consapevoli che ogni onda elettromagnetica è modulata in frequenza, od in ampiezza dall’azione e dal pensiero, potrebbero provare a farlo più agevolmente, ma personalmente non sono a conoscenza di esperimenti simili. L’ipotesi che il pensiero sia sempre presente e magari agisca sugli esseri viventi, non lo trovo così sconcertante, ne ebbi l’idea anni fa, pensando all’origine delle idee creative e a quelle immagini mentali di cui non si ha riscontro esperenziale, ne scrissi anche una breve lirica dal titolo “Chiassoso Silenzio”, ve la propongo: vi era la pace, ma non silenzio, non c’era nessuno, ma non ero solo. Voci di vite a sé sussurrano, i pensieri parlano mentre la mente ascolta, freme natura e vita attorno, freme sui tempi il pensiero.
Ciò avviene in quell’onda permanente, scoperta da W. O. Schumann nella prima meta del secolo scorso, che posta tra la superficie della terra e la ionosfera, consisterebbe in un campo magnetico pulsante a bassa frequenza, e che lo studioso Siegnot Lang afferma essere quel “orologio biologico” cui tutti gli esseri viventi sono “sintonizzati”; quell’onda che pare stia aumentando la sua pulsazione, o per i ciclici movimenti terrestri, o per l’industrializzazione che ha favorito sempre più “l’inquinamento magnetico”, basti pensare che solo la corrente elettrica genera una frequenza di 50 Hz e sicuramente influenza la stabilità del sistema energetico dell’organismo umano che è sintonizzato per l’appunto fra i 7 e gli 8 Hz. A parte queste curiosità e parentesi, per quanto riguarda il reale contatto con l’aldilà, Armando Pavese, ricercatore di psicologia delle religioni e di parapsicologia, nella rivista “Religioni e Sette”, affermò, in un articolo del 1995, (Comunicazioni con l’aldilà), che dopo 22 anni di studi a contatto con gli ambienti spiritici, non è riuscito a trovare un caso autentico di comunicazione con i defunti che non si potesse spiegare con fatti paranormali naturali, creatività inconscia, integrazione psichica, suggestione personale o di massa. Ma poi d'altro canto si sa, ciò che non è compreso profondamente, apparizioni, viaggi astrali, exomatosi, ecc., lascia dietro di sé migliaia di teorie e supposizioni che spesso vengono tralasciate, o date per scontate solo perché propagate in dismisura. Dobbiamo renderci conto che tutto ciò che compie l’uomo può essere solo e soltanto che imperfetto, quindi cogliere il più ovvio per innalzarsi nel sapere espandendo sensi e coscienza è l’unica via da intraprendere. Ecco perché il ricercatore russo, seguace di Gurdieff, Ouspensky, nel suo libro “Tertium Organum”, afferma che la coscienza umana è una forma di sonno e che il nostro problema è proprio svegliarci. Fu per tale motivo che si interessò allo yoga la cui meditazione sarebbe il primo passo per risvegliare l’energia addormentata in noi; inoltre si interessò alle “estasi mistiche” e al Misticismo Sperimentale, osservati dal filosofo William James, cioè quegli stati mentali raggiunti con narcotici come il protossido d’azoto, scoperto casualmente nel 1795 dal chimico Humphri Davy scaldando una miscela di limatura di ferro bagnata, con acido nitrico, o con LSD che a quanto pare procurerebbe un effetto analogo. Basti ricordare il curioso esperimento del dottor Groh, che dopo una serie di iniezioni su un ragno cavia, lo vide realizzare ragnatele non più concentriche ma tendenti ad espandersi verso l’esterno. Il protossido d’azoto è una sostanza che se ben miscelata con l’aria, ed esalata, porterebbe a stati mistici straordinari. Ouspensky afferma che sotto l’effetto di questa sostanza appare quella che lui chiama la “Concatenazione” e scrive: “Ogni cosa è viva”, dissi a me stesso nel mezzo di queste osservazioni; non vi è nulla di morto, siamo soltanto noi ad essere morti. Se noi diventiamo vivi per un momento, sentiremo che ogni cosa è viva, che tutte le cose vivono, pensano, sentono e possono parlarci”. E qui signori, possiamo ritornare benissimo alla rivelazione della “Cosa Una della Tavola Smeraldina” di Ermete Trismegisto, alla mia concezione di “Realtà Interattive”, al Sanatana Dharma degli induisti, assicurando che questi concetti non li abbiamo appresi né da Ouspensky, né dalle estasi mistiche osservate da William James, ma da una individuale e razionale valutazione illuminante vecchia di millenni. Già nelle Upanishad l’estasi era la via della liberazione, in quanto il saggio poteva riconoscersi identico al Brahman dicendo: “Tat vam asi”, Tu sei ciò. Con questo intento, lo Jnana Yoga insegnava la via della contemplazione, il Karma Yoga l’azione e il Bhakti Yoga la devozione al Brahman, in altre parole quei canali di contatto con il divino ereditati dal atavico influsso con le entità extraterrestri.

     

La prima a sinistra è una fotografia che riprende un grande quantità di Orbs energetici (Foto originale, aggiustata in saturazione, luminosità e contrasto). A fianco due note foto di ”fantasmi” e una foto di un bambino a letto con sopra un bastone in lievitazione, fenomeno di poltergeist accaduto in Inghilterra.. L’ultima foto rappresenta una manifestazione ectoplasmica in una seduta medianica.

38° LA NEW AGE E LE NUOVE SETTE
La New Age, filosofia religiosa anglosassone che si sta diffondendo in tutto il mondo, si rifà per certi aspetti alla mitologia celtica, basti pensare all’armonia che i celti avevano con la natura stessa. Questa filosofia lascia libera interpretazione sulle religioni, svuotando però l’attesa escatologica, accogliendo la reincarnazione karmica come preludio di salvezza. Per molti contemporanei, Gesù è solo un iniziato o il maestro dei maestri che conduce l’umanità verso la Nuova Era di pace, per altri è un medium o un illuminato come Buddha, Krishna e Zoroastro, il profeta dell’Iran di 2.600 anni fa, che vede il riconciliarsi Ormazd e Ahriman, male e bene, alla fine dei tempi, altri ancora, per la maggior parte sempre seguaci della New Age, Gesù fu un essere che divenne veicolo attraverso il quale il Cristo cosmico manifestò se stesso. Le conoscenze moderne affidano l’Io alla liberazione e allo sviluppo dell’autocoscienza raggiunto in modo intuitivo o con l’aiuto delle facoltà paranormali, forse il residuo di una facoltà aliena ereditata, come la telepatia, la psicocinesi e la veggenza, anche nell’interpretazione dei testi sacri. Questa gnosi “salvifica”, si compirebbe attraverso rituali esoterici, iniziatici ed altre tecniche come: yoga, meditazione, channeling, ecc. Attraverso il channeling, (canale), si manifesterebbero svariate entità: extraterrestri, angeli, il Cristo, o fate e spiriti della natura. I fondatori delle nuove religioni, i mistici della chiesa, sarebbero canali portatori dei messaggi di “Dio Padre. Shinrley Mac Laine, afferma, che più siamo collegati alle nostre risorse superiori più diventiamo infiniti, non a caso molte religioni sarebbero iniziate da questi “canali”. Quindi con il channeling si può accedere al Grande Sé, all’essere universale; Jon Kino sostiene, che “tutte le prospettive ci portano in un’unica Mente, verso la verità delle verità: che noi siamo frammenti dello stesso “Essere Universale”; o come affermano alcuni, che noi siamo Dio” (Ap. Cit. pag. 296). Così viene affermata una nuova personalità che si perde in un frapporsi collettivo d’entità multipersonali, perdendo così il senso dell’individualità personale. La società Torre di Guardia dei Testimoni di Geova fondata nel 1881 negli USA dal commerciante Charles Taze Russel, reinterpretando versi biblici, vede una “concezione salvifica” per pochi, ma diffonde concezioni antitrinitarie e apocalittiche, credendo sì ad un Gesù portavoce di Dio, ma identificato con l’Arcangelo Michele. Altre sette come la scentologi, a mio parere, impartiscono un’interessante crescita psicofisica partendo da una precisa base scientifica, verso un’unica direzione, esaltando così il potenziale umano, ma limitando nello stesso tempo i principi della religione tradizionale, così, “giudicando” e portando in breve tempo coscienza altrui, il soggetto perde il senso del proprio limite, portato ad una deresponsabilizzazione che minaccia gli equilibri già precari formatesi naturalmente nelle precarie società odierne. Spezzando quindi ogni armonia, ogni equilibrio, qualsiasi esso sia, si favoriscono quei mali che contribuiscono e attraggono i deboli con utopiche risoluzioni portandoli lungo quelle spirali diaboliche, in cui luminosi margini estremi alimentano quell’abisso profondo con eserciti di adepti e deviati creatori di sette e movimenti che servono prettamente il male come: “La Chiesa del Carmelo” fondata in Francia da Eugene Vintras dichiarato eretico dal Papa nel 1848, la “Chiesa di Satana” fondata da Anton La Vey 1966, “il Tempio di Seth” fondata da Michael A. Equino nel 1975, la “Chiesa della Liberazione di satana” fondata dal paleontologo Paul Douglas Valentie nel 1986, i “Discepoli del Diavolo” di S. Francisco legati all’esoterista Aleister Crowley, “al’Ordo Templi Orients, ” al rok satanico, al satanismo moderno e a Charles Manson fondatore della setta satanica “Final Church”. Movimenti che in Italia si esprimono in sette come quella dei “Bambini di Satana” di Marco Dimitri e quella romana “Confraternita luciferiana di Efrem del Gatto. Diventa quindi necessario seguire la propria evoluzione nei tempi in cui ogni cambiamento si rivela naturale e illuminante comprensione, che deve avvenire sotto la forza dell’istinto e l’egida della ragione senza imposizione.






























INDAGINI E ORIGINI NELLA BIBBIA

39° CONFRONTI CON LE MITOLOGIE

Per quanto riguarda l’Antico Testamento, sintetizzando, si può affermare, che in un periodo lungo 1.600 anni a partire dal 1513 a.E.V., mille anni prima di Buddha, una quarantina d’uomini “illuminati”, scrissero una delle opere più conosciute al mondo, “la Bibbia”, una serie di scritti composta di circa 66 libri, che ha inizio con la Genesi, che tratta della “Creazione”, scritta da Mosè nato in Egitto, quando in Assiria regnava il quattordicesimo re Safro e ad Argo il quinto re Criaso, per concludersi con lApocalisse di Giovanni scritta nell’isola di Patos, intorno al 97 dopo Cristo, che rappresenta la “Rivelazione” di Gesù Cristo, che Dio gli diede per rendere noto ai suoi servi le cose che devono presto accadere. Andrew Collins nel su testo “Gli ultimi Dei” a pag 49, ricorda che a parte un amuleto d’argento con incisa una formula di una benedizione sacerdotale che si trova nel “Libro dei Numeri” risalente al VI secolo a. C. non esiste testimonianza concreta dell’esistenza della Bibbia prima dell’Esilio, intendendo che i riferimenti oltre quella data sarebbero ben altri. Infatti, fa notare che solo gli angeli Michele e Gabriele vengono ricordati nel Vecchio Testamento, precisamente nel Libro di Daniele 165 a. C. chiamato in Babilonia “Baltazar” ossia principe di Bal o Bal-Marduk, dove vengono descritti fatti intorno al 606 a. C. quando Nabucadonosor e Baldassar s’accinsero a conquistare la Giudea, e qui appaiono anche “ir” i “Vigilanti “ della letteratura edochiana. “Continuai a guardare: furono sistemati alcuni troni e un anziano vi si sedette. Aveva abiti bianchi come la neve, e i suoi capelli erano candidi come lana”. Fu nel 515 a. C. che circa cinquemila ebrei con Esdra ricostruirono il Tempio di Gerusalemme e misero per iscritto le Sacre Scritture. Questi scrittori affermano che i loro sacri scritti furono ispirati da un potere superiore all’uomo. L’apostolo Paolo scrisse, che tutta la scrittura è stata ispirata da Dio e utile per insegnare, rimproverare, correggere e disciplinare la giustizia degli uomini. Su questi uomini, “illuminarti” (II Timoteo 3:16), si dice che parlarono da parte di Dio mentre erano sospinti dallo spirito santo (II Pietro 1:20,21 – Samuele 23:2 - Luca 1:70). La Bibbia è arrivata fino a noi attraversando i secoli con copie trascritte, e fedelmente manoscritte, come afferma Sir Frederic Kenyon, un noto esperto nel confrontare i manoscritti, che sono circa 16.000, di cui alcuni risalenti addirittura al II secolo avanti Cristo, scritti nelle lingue originarie: ebraico, aramaico e greco. Sulla stesura dei testi e sulle traduzioni c’è chi ravvisa errori, degli imbrogli e delle assimilazioni, voluti solo per le necessità dei tempi, del resto noi conosciamo la versione filtrata dalla chiesa detta la “Vulgata”. La versione originale sembra che sia stata tradotta dal greco o dall’ebraico, da Lutero nel XVI secolo e successivamente dai protestanti. Ma già ciò che ci giunge dalla traduzione ufficiale della chiesa pone degli interrogativi; ad esempio, alcuni hanno fatto notare che la stessa longevità dei patriarchi, biblici sarebbe una contraddizione, giacché negli stessi scritti si legge: “Il mio spirito non rimanga per sempre umiliato nell’uomo, perché è carne: la sua vita non sarà che di 120 anni”. Ma a parte questa contraddizione la cosa più logica da pensare, a mio parere, poiché nell’era moderna la vita tende ad allungarsi, è pensare un periodo arcaico dove l’alto livello di civiltà portò una longevità che successivamente con gli eventi catastrofici fu costretta a regredire precocemente, basti pensare che solo pochi secoli fa gli antichi romani vivevano una vita media di 45 anni, mentre ora ha raggiunto già i 75 anni. Ritornando alle traduzioni, ho letto che la parola ”Malakh, o Mal’akh Messaggero”, in greco “Angelos”, intermediario tra Dio e gli uomini, come Hermes nella mitologia greca o Thot per gli egizi, si sarebbe dovuta tradurre “Nuntius” e non con la traslitterazione “Angelos”, che non significherebbe proprio nulla. Stessa cosa per le divinità minori mesopotamiche: Kerub, che sembra stia a significare “bue armato di spada fiammeggiante”, plurale Kerubin, che era un Baal = (Signore dell’aria) e Seraphim = (Serpente alato del deserto), o sparviero, parole assimilate dal popolo ebraico per indicare i servitori di Dio, provenienti da altri mondi e rappresentati solitamente con quattro facce raffiguranti: l’uomo, l’aquila, il leone ed il toro alato. Anche la parola demone o daimon, che nella chiesa cristiana indica creature che procurano anime all’inferno, significava in greco angelo o genio, vi esisteva, per l’appunto, quello volto al bene e quello volto al male; per i greci l’angelo era un inviato e poteva essere per l’appunto uno dei “daimonoi”; per i persiani questi esseri prendevano il nome di “peri”, per gli ebrei “malakim”. Nel libro del profeta Enoch che significa “iniziato”, 110 a. C., i demoni hanno carattere simile a quello dei gentili; per i teosofi, l’angelo, sarebbe lo stesso ego dell’uomo, ciò che Socrate indicava come la parte incorruttibile dell’uomo; ricordo, che esotericamente anche il Paradiso e l’inferno sarebbero in realtà due stati di coscienza. Lo stesso inferno non è prerogativa solo della religione cattolica, esisteva già in Egitto nella 19a dinastia e indicava un luogo di tormento, fuoco e punizione per le anime, Horus fu rappresentato nella palude delle passioni umane, quello che è il Patala indù dei Naga, o per l’appunto l’Inferno cristiano. Su questa derivazione non c’è da stupirsi, d’altro canto, è risaputo che ogni cultura raccoglie in sé il sapere delle precedenti. Secondo gli specialisti di studi biblici, lo stesso periodo della storia primordiale si baserebbe su due documenti: il codice J o sacerdotale, 700 a.C. circa (che sta per Yhaweh, nome di Dio, o Judah, regno di Giuda che sta per “lode di Dio”); e il codice P, 600 a.C. circa, scritti questi, che raccolsero concezioni Assiro-Babilonesi, basate a loro volta su tremila anni di pensiero che risalirebbe ai Sumeri, apparsi in Mesopotamia molti secoli prima. Intorno al 500 a. C, quando gli ebrei tornarono a Gerusalemme dall’esilio babilonese, alcuni curatori, probabilmente impregnati della concezione monoteistica del dio unico Atum e della sapienza dei sacerdoti predinastici dei templi di Shmum e On, quest’ultimo un dio che nel tempio di Eliopoli si celava in una pietra nera piramidale sotto l’aspetto di un uccello “la Fenice”. Fu dal sapere celato in questi templi dedicati al dio sole Rà e al dio lunare Thot, fondamentalmente legati alla concezione dell’Atum – Ra che per masturbazione creò il dio dell’aria Shu e la dea dell’umidità Tefnut che unendosi diedero via a Geb e nut, “il cielo e la terra” e successivamente Seth, Nephtis e Iside, Osiride che generarono Horus, l’ultimo sovrano; fu da queste ed altre antiche leggende e concezioni che i curatori misero assieme gli scritti e nacquero i primi undici capitoli della Genesi, che apparvero nella versione attuale. Il filosofo greco Porfirio (300 d.C. circa) sosteneva, invece che la Genesi fu copiata dal libro "La storia fenicia" di Sanchoniathon, vissuto tra il 1900 ed il 1800 a.C. Dell'opera di Sanconiatone non sarebbe rimasta traccia alcuna, se nel III secolo, non fosse sorta una disputa tra il Padre della Chiesa del III - VI secolo, nonché vescovo di Cesarea, Eusebio e il filosofo greco di origine siriana Porfirio, che basandosi sulla traduzione effettuata nel I secolo da Filone di Bilos, poi scomparsa misteriosamente, ma allora ancora reperibile, sosteneva che Mosè aveva tratto dalla Storia Fenicia gli avvenimenti essenziali narrati nella Genesi. Il vescovo di Cesarea aveva implicitamente ammesso che alcuni passi della Genesi erano identici al testo della Storia Fenicia. Denunziava però la malafede di Filone di Biblos che egli definiva un falsario!, ma come credergli se un suo stesso scritto a per titolo: “Sino a qual punto sia permesso di usare la menzogna per beneficare chi, con il nostro metodo, possiamo convertire”. Lo storico Ernesto Renan sosteneva che Porfirio non era un falsario, ma un bibliofilo erudito, del resto si aggiungeva che il grammatico Suidas era anche riuscito a trovare i titoli di tre altre opere dell'autore fenicio, frammenti delle quali vennero poi riprodotti nel Fragmenta Historicorum Graecorum di C. Miiller. Nella sua “Preparatio evangelica”.
Eusebio mantenne vivo ciò che attinse dalla storia fenicia tradotta da Filone di Biblos e sebbene vi rimanga il dubbio d’allora, dagli scavi di Uganit sono riemersi documenti che confermano il racconto di Eusebio tramandato da Filone. Bisogna ricordare che la Fenicia era un popolo potente prima del sopraggiungere degli Ebrei che sicuramente si impregnarono della loro teogonia, inoltre alcuni studiosi sostengono, che gli israeliti, semiti, del paese di Cannan provenivano da “Inca”, luogo da dove provenivano anche i fenici, chiamati dai greci per l’appunto “phoeniken”, per il loro colore rosso della pelle, il loro stesso capo era chiamato con l’appellativo “Inca”, e ciò testimonia un’unica matrice culturale che si diffuse fino in America, lo dimostrano le analogie delle varie divinità.
Di Sanchoniathon di Berico, Philo di Biblo studioso nato nella seconda metà del I secolo d.C. e morto a Roma, dove era ambasciatore delle città fenicie, durante l'impero di Adriano, sostiene di aver tradotto “la Storia Fenicia in greco”, che sarebbe una traduzione di un'opera ben più antica, prima della guerra di Troia, risalente per l’appunto all'epoca di Mosè e di Semiramide, la regina del regno Assiro, la fondatrice di Babilonia, figlia di Derceta la Dea Serpente, e sposa, prima di Onnes governatore della Siria e poi di Nino, il re di Ninive; non a caso il dio fenicio Baal, non era chiamato solo Baal, ma anche Baal Shamaim “Signore che è nei cieli”, Ei, Melek, Ram, Elion, Adonai, associabile al capo dei Vigilanti Azael, in arabo Azazel, il kurdo Azazil, per l’appunto il “Melek Taus”, ossia l’Angelo Pavone kurdo, o il britannico Bal Hor, o lo stesso Bali che in India era re degli Asura che ottenne i tre mondi (cielo, terra, e inferi). La simbologia della croce era già usata allora e simboleggiava la stessa regina Semiramide che era simboleggiata anche da una torcia accesa. Secondo attestazioni dei testi di Uganit Baal era figlio di Dagon, una divinità cananea diffusa nel 3.000 a. C. da Mari in Babilonia, Assiria, Cappadocia, Siria e Palestina; un dio dell’atmosfera e della fertilità assimilato a Enlil, forse era proprio uno di quegli Oannes acquatici provenienti da Sirio. I testi di Uganit affermano che Ben Dagon era alleato a Baal contro EI; leggende cosmogoniche fenice invece, raccontano di Baal Dagon rappresentandolo ibridamene come un uomo-pesce. Secondo Filone di Biblos, Dagon sarebbe fratello di Cronos e marito di Atargatis. Baal dimorava nella “grande pietra conica”, forse la “Camera Celeste” dell’egizio Thoth, o la “ben-ben”, “l’omphalos”; legata a Ur, Delo, Delfi, siti associabili ai luoghi sacri che prendono il nome di Bellem “il luogo del regno del dio della luce” e la stessa Betlemme luogo di nascita di Gesù. Baal aveva una controparte femminile che era chiamata Baalat, Ashart, Elat e Tanit identificata anche come la compagna del dio Marduk. A Ras Sham Ra sono state ritrovate delle tavolette in cui si narra che Baal era solo un gigante che fu ucciso dagli invasori, solo più tardi assunse l’identità di un dio crudele. Successivamente nel pantheon fenicio di Cartagine, appare l'egiziano Ammone, o Hammon, a volte, identificato anch’esso con Baal, ed il persiano Anaitis, Tanais, o Tannata, identificato per l’appunto con il nome di Tanit o Tanith, che divenne quella che potremmo definire la più famosa divinità femminile ricollegabile alla etrusca Tana, a Don, Dana e Danu la grande dea celtica.
Nel mito cananeo di Baal e Anat, Baal con l’aiuto delle sorelle, le dee della battaglia; Astante e per l’appunto Anat, è colui che affronta il drago Yam che regnava sulle acque inferiori, divenendo Signore della Terra; un canto d’ira di Anat afferma: “Quale nemico osa sfidare Baal, il dio che guida nel cielo i suoi carri tonanti? Il potente signore del mare, benché fosse eletto da Dio, io l’ho schiacciato e distrutto, il mostro dalle sette teste, il Drago astuto, io l’ho abbattuto, ho legato le sue fauci. Ho legato tutte le creature ribelli, il Vitello irrequieto, il Cane rabbioso, l’immondo Serpente. Così distruggerò ogni nemico di Baal: chiunque levi mano contro la sua legge, o sia sordo al suo comando.” Anat invitata alla pace dai messaggeri mandati da Baal, si levò in volo verso la Montagna Sacra per raggiungere il fratello, saputo che con l’aiuto della Dea del Sole, era riuscito a riprendere il trono al giovane Asthar sconfiggendo anche Mot “la morte”. Sembra ripercorrere la stessa dualità delle deità egizie, ebree e cristiane. Infatti l’appellativo Ei, per i fenici “l’Alto” sarebbe poi divenuto per l’appunto lo Jawe degli Ebrei. Ei, raffigurato con barba e corna dai canaaniti, era figlio del dio solare Baal, Tvr era la sua città fenicia, analoga a Eliopoli, città governata dal re Harachte dalla testa di falco, più noto come Horo o Horus figlio di Iside e Osiride, “medico della casa del re”. Ei, o Baal, era il “Toro Mneis”, o Mnevis chiamato dagli orientali Nandi e dagli egizi On, sposo della “venere egizia” Athor di Atthis, l’Iside stella del mare, la signora di Byblos”, rappresentata anch’essa con corna di mucca, come Nut, Iside e Osiride, come l’orientale dravidiana Aditi la “Vacca Luce” degli hindù citata nei Rig. Veda 1.153,VIII, 90; ricollegabile alla scoperta di Hugo Obermaier, che in una caverna della Valle Susfana, rinvenne la raffigurazione di una vacca ritenuta rappresentante uno zodiaco vecchio di 12.000 anni, forse “la Grande Madre, o il Grande Essere” da sempre ipotizzato. Ei era chiamato anche Ei Yom “il giorno, la luce”, ed era circondato da Balim “le forze della natura” e per questo chiamato anche Baal; sembra corrispondere anche al Cronos greco figlio di divinità che corrispondono a Gaia e Urano, dopo lunghi anni di guerra avrebbe spodestato il padre evirandolo in un’imboscata; ma a differenza della cosmogonia greca, qui la formazione del modo non viene fatta risalire a questi dei, che lo stesso Filone di Biblos vede come uomini divinizzati per le loro imprese, ma si rifà ad una mescolanza chimica originaria. Filone, riportando probabilmente l’originario pensiero cosmogonico, ci narra che dal “Caos originario”, il vento scuro senza limiti di tempo e spazio, sarebbe stata generata una mescolanza chiamata “Desiderio” e da questa proverrebbero tutte le cose, firmamento, acque, cielo, terra e esseri umani, cosa completamente contrastante il pensiero biblico, anche se probabilmente ne è la radice, che vede in Dio il non creato fuori dallo spazio e dal tempo, quello che in India venne chiamato Aja, il “Non Nato”, appellativo dato ad alcuni dei come a Kama e a Brahma. Del resto bisogna ricordare che per i fenici il biblico Adamo significava “il generatore figlio della terra” ed Eva in ebraico “hawwah” significava “colei che fa vivere”, in relazione con “hevia”, “serpente femmina”, questa concessione che troviamo anche in arabo “hayya= serpente, e hayat= vita”, fu ripresa e trasformata successivamente dagli ebrei, probabilmente derivava originariamente dalla storiella brahmana di Adimo e Procriti, che molto prima della stesura della Genesi, assumono lo stesso significato dell’Adamo ed Eva fenici, come evidenziato nel Veidam, uno dei libri più antichi del mondo, citato nel dizionario filosofico di Voltarie. L’ “Apocalisse di Mosè” inizia con il farci sapere che Adamo ed Eva si trasferirono per lungo tempo a Oriente: “ Questa è la storia di Adamo ed Eva. Una volta che furono usciti dal paradiso, Adamo prese sua moglie Eva e si recò a oriente, e vi rimase diciotto anni e due mesi. Eva concepì e generò due figli: Diafotos, chiamato Caino, e Amilabes, chiamato Abele”. Se leggiamo il Nasadya Sukta, “l’Inno della Creazione dell’India”, diventa chiara l’uniformità è l’unicità della concezione creativa, in esso si legge chiaramente: “All’inizio il non esistente non era, né era l’esistente; la terra non era né il firmamento, né ciò che è oltre; non vi era né morte né immortalità; non vi era segno né della notte né del giorno. Quell’Uno respirava senza estraneo respiro, con la propria natura, oltre a lui non vi era nulla. All’inizio sorse la divina volontà,(cioè il desiderio fenicio) questo fu il primo seme della mente del Creatore. Quelli che possono vedere oltre unendo la loro mente al loro cuore, trovano il vincolo che lega l’esistente al non esistente, il non esistente esistendo nell’esistente."
Nel culto zoroastriano oltre allo Zand Avesta vi è il “Bundahishn”, un antico testo scritto in pahlavi, un antica lingua persiana. Questo testo fa discendere la razza umana da uno stelo del rabarbaro sacro che continuava a crescere fino a dividersi in due esseri umani: Masya e Masyanag, padre e madre degli uomini, anche questi “premevi”, come Adamo ed Eva, vengono tentati da Angra Mainyu “il Serpente a due piedi” e anche qui si perde la “purezza” la cui salvezza è presieduta dal dio “Mitra”. Curioso a questo punto ricordare che gli scienziati sovrapponendo alcuni elementi della molecola del DNA nell’intento di individuare quale essere umano visse per prima sulla terra, giunsero all’ipotesi che tra i 150.000 e i 250.000 anni fa proprio nella valle dei sumeri sia comparso il primo uomo. Oltre ad una possibile origine fenicia, un’ulteriore intreccio con l’origine sumerica, si riscontra analizzando scritti tratti dal poema sumerico di Dazumi ed Enkimdu, una crudele saga tra allevatori simile a quella biblica tra Caino e Abele. Inoltre altre similitudini ci giungono anche dal poema dedicato a Gilgamesh re di Erech, o Uruk, l’odierna Warka, che influì sulla leggenda greca di Ercole, basti pensare alle dodici fatiche imposte ad Eracle per raggiungere l’immortalità, citate dallo Pseudo Apollodoro di Atene, erudito ateniese (180 -110 a.C.) nella “Biblioteca”, libro II 4,12-5: "La Pizia (sacerdotessa oracolare) gli disse di stabilirsi a Tirinto, e di servire per dodici anni Euristeo compiendo le dieci imprese che gli sarebbero state ordinate: disse che in questo modo, dopo averle compiute, sarebbe diventato immortale. Udito ciò, Eracle si recò a Tirinto e si mise a fare quello che gli ordinava Euristeo”. In particolare all’undicesima fatica, cioè “l’appropriarsi delle mele d’oro del giardino delle Esperidi custodite da un Serpente immortale con cento teste nato da Tifone”, il gigante che rubò i fulmini a Giove; racconti che influirono probabilmente, anche sull’albero della vita, “della conoscenza del bene e del male”, sulla nota storiella del Giardino dell’Eden di Adamo, Eva ed il Serpente, e sul Diluvio della Genesi; il fine è lo stesso “l’immortalità”. Nella Genesi (3,22) si legge chiaramente: il Signore disse: “Ecco, l’uomo è divenuto come uno di noi, conoscendo il bene e il male; e adesso che non tenda la mano, e prenda anche dell’albero della vita, e viva per sempre”; fatto che ricorda anche il nettare dei Dei, l’elisir della giovinezza estratto “dall’albero dell’haoma, amrita o soma”, custodito dal “Simurgh”, la mitica figura piumata dei miti iranici. Di questa ambrosia, o miele che pare sia stato un tempo raccolto assieme alla sura dai Brahmani e dai Rishi “veggenti”, sui monti orientali nelle notti di luna piena, il Rig. Veda X. 85 ci riferisce: “Si viene ad immaginare che si beve il Soma, quando si pesta la pianta. Ma il Soma conosciuto dai Brahmani, nessuno lo consuma. Custodito da quelli la cui missione è occultarti, difeso dagli abitanti dell’alto cielo, o Soma, tu ti conservi porgendo l’orecchio alle pietre: nessun essere terrestre ti consuma. Quando gli dei cominciano a bere te, o divino, allora tu ti gonfi di nuovo. Vayu è il giardino di Soma; Chandra è la norma degli anni”. Nei Rig. Veda VIII. 48 si legge:”Abbiamo bevuto il Soma; siamo diventati immortali; ci siamo avviati verso la luce; abbiamo trovato gli dei: Quale offerta potrà più provarci? E quale malvagità dei mortali? A noi, immortali!”

40° LE MOLTE “VERITA’” DEL DILUVIO UNIVERSALE
Proprio per quanto riguarda il diluvio, nel poema sumero si narra, che Enlil e gli altri dei decisero di scatenare un diluvio universale. Ma Ea, forse l’ebraico EI (secondo nome di Enki, una divinità simile al Narayan del Nepal), si rivolse a Ut-Napishti e gli disse di costruire una barca dove avrebbe introdotto la sua famiglia e un esemplare di ogni essere vivente. Così fece. Il Diluvio durò sette giorni. Quando cessò, Ut-Napishti liberò una colomba, ma l’uccello ritornò; liberò una rondine che ritornò anch’essa, infine liberò un corvo che non fece ritorno. Ma Enlil, quando vide la barca, si arrabbiò, perché non voleva che nessuno si salvasse dal diluvio. Quando ebbe capito che non era giusto “distruggere l’umanità”, benedisse Ut-Napishti e sua moglie e li fece diventare simili agli dei, cioè immortali. Nel testo sumero è Enki, probabile origine dal binomio an-ki cioè “cielo e terra”, termine usato per indicare l’universo, in accadico diventa Ea, o Ilu , in arabo Allah, per il samaritano Alah, in aramaico Elah, in Siriano Eloha, e in Fenicio ed Ebraico Elohim o Ei, il dio che comanda “come a Noè”: Uomo di Shunppak, figlio di Ubaratutu. “Abbatti la tua casa, costruisci una nave, abbandona la ricchezza, salva la vita! Porta nella nave ogni sorta di semi della vita. Della nave che costruirai siano ben calcolate le misure. Fabbricati una tevah di legno di gopher; nell’arca farai delle camere e la spalmerai dentro e fuori di pece. Nella Genesi (6,9) si afferma chiaramente che questo dio è assieme con Noè; “Noè camminava con Elohim”, anzi parti con Noè:“Yahweh chiuse la porta dietro di sé” si legge nella Genesi (7,16). Alcuni testi ebraici come la Genesi Rabba, Hadar, Da’at Huqqat, Nidda e Zebahim affermano addirittura che alcuni “spiriti erranti” si salvarono nell’arca, tra cui i mostruosi Reem che nuotarono dietro l’arca, e il gigante Og, figlio di Semyaza e di una donna divenuta poi la moglie di Cam, figlio di Noè, che divenne per gratitudine, solo per un periodo, lo schiavo di Noè. Negli antichi testi indiani che raccontano la storia del diluvio universale, la divinità è sempre con Satyavrata “il Noè indiano”. Nel Bagavata Maha Purana (libro ottavo) 24:35 si legge: “Allora o grande re, raccoglierai tutte le specie di erbe e di semi per caricarli sull’arca. Poi accompagnato dai sette Rishi (veggenti) e attorniato da tutte le specie di esseri viventi, salirai a bordo dell’arca e senza tristezza viaggerai con i tuoi compagni sulle acque del diluvio”. Sempre nel Bagavata Maha Purana (libro ottavo) 24:36 si legge “Poi quando la nave sarà squassata da venti sferzanti…Io sarò presente accanto a te”. C’è da chiedersi chi erano questi sette Rischi che salirono nell’arca assieme a Satyavrata? A quanto pare sono le “potenze veggenti” dei saggi, con sembianza umana, gli stessi che dopo il diluvio scrissero il sapere dei Sacri Veda, “la legge universale del Dharma che sostiene la “Totalità” manifestata nella rivelazione dei Veda”; probabilmente i “sette Saggi d’inconcepibile natura, gli Esseri Celesti, i figli della Dea dello Spazio” che nel Mahabharata sono usciti dall’”uovo cosmico”, coloro che vedono la “legge cosmica”, coloro che hanno il compito di plasmare, sorvegliare e intervenire nell’Universo poiché hanno potere sugli elementi; nel Ishopanishad Vijnabhashya si legge: “I veggenti rappresentano le energie fondamentali che si compongono per creare la vita”. Probabilmente sono gli stessi Eloha, o Elohim, i “bianchi” figli di Dio che erano con Noè nell’arca. Questi sette veggenti sono assimilabili per analogia ai “sette saggi” citati nei geroglifici egizi, giunti dopo un diluvio a fondare la civiltà egizia; associabili anche agli Amesha Spenta, creati dal Dio buono Ahura Mazda, o ai sette eletti del “Consiglio degli Anunnage”, citati nelle tavolette sumere, e ancora ai sette arcangeli, “i messaggeri dell’arca”, che stavano davanti a Dio, citati nell’Apocalisse (8:2), influenzata probabilmente dal libro apocrifo di Tobia. Infatti, anticamente venivano venerati sette grandi Angeli identificati di solito con i sette pianeti e denominati in diversi modi: "Sette Occhi del Signore", "Sette Troni", "Sette Luci Ardenti", "Sette Reggitori del Mondo", furono Sant’Agostino e San Gregorio che partendo dalle idee Platoniche e Aristoteliche contribuirono all’idea che stelle e pianeti fossero esseri pensanti e creature intellettive, dichiararono che "i corpi celesti si possono considerare mossi da creature spirituali che si chiamano Angeli o Intelligenze, o Intelletti separati". Fu l’arcangelo Raffaele il primo che parlò di sette angeli nel rivelare la sua vera identità a Tobia. Raffaele gli si era presentato con l’aspetto di un comune mortale, dicendo di chiamarsi Azaria, figlio di Anania. Al momento di congedarsi così si rivelò al giovane: “Io sono Raffaele, uno dei Sette Angeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore “ (Tb 12, 15). L’Angelo non rivelò altri nomi, ma in scritture non cristiane incontriamo i nomi dell’Angelo Azariel (aiuto di Dio) e Ananael (grazia di Dio). La gnosi ci ricorda che i pianeti sarebbero in realtà gli spazi degli Eoni presieduti dagli eterei celesti Arcangeli, quelle forze intermediarie tra il Creatore e le cose esistenti così suddivise:
Sole: Mikael – Intelletto universale, Potestà di Dio, Visione di Dio.
Luna: Gabriel – Nuncio, Verbo e Voce di Dio.
Mercurio: Raphael – Medicina Dei, Rettificazione (è il rettificatore delle vie Karmiche).
Marte: Kamael – Forza, Fuoco, Potenza.
Giove: Tsadkiel – Magnificenza e Grandezza di Dio, Giustizia.
Venere: Haniel – Grazia e Luce, Amore e Splendore divino.
Saturno: Zaphkiel – Scienza, Sapienza e Luce.
Dei sette veggenti orientali si dice che avessero moglie, e questo ci porta a pensare a esseri materiali come i Veglianti di Enoch “l’iniziato”, che per i mistici ebrei divenne l’angelo Metraton. Lo stesso Brama, il primo a uscire “dall’uovo cosmico, Hiranyagarbha”, aveva per mogli Sarasvati, Savitri, e Gayatri che nel Matsya Purana sono unificate in Sarasvati, la cui iconografia la rappresenta con vesti bianche seduta su un bianco fiore di loto con in mano un rosario, un libro e la vina. Di questi Veggenti il Markandeya Purana 79.9-10 ne riporta pure i nomi “ I sette veggenti salvati dal diluvio a bordo dell’arca, si chiamavano Atri il divorante, Vasihta il possessore di ricchezze, Kashyapa visione, Gantama colui che diverrà il Buddha, vishamitra l’amico di tutti, Bharadvaja colui che è nato da due padri (forse Gesù) e Jamadagni il passionale”. Questi rappresenterebbero i sette cicli della creazione, e per ogni ciclo chiamato Manvantara le acque della devastazione sarebbero destinate a spazzare via cose e persone; ora secondo le antiche fonti, siamo nell’era del “settimo Noè indiano”, “il figlio della luce” chiamato Vaivasvata-Manu, il Primo Raggio che cura l’aspetto politico dell’umanità, Cristo, il Secondo Raggio che cura l’aspetto spirituale e religioso, e il Maha Cohan, il Terzo Raggio che rappresenta l’aspetto sociale e finanziario; tutti Maestri che a loro volta si suddividono in gruppi chiamati Ashram.
Nel “Mahabharata”, un’opera epica composta di 20 volumi con circa centomila “cloka” strofe, fatta risalire dagli studiosi al 7.000 a. C.; Baisbasbata fu l’unico superstite di un’inondazione simile al diluvio, è Vishnu, rappresentato iconograficamente mezzo uomo, mezzo pesce, in un suo “avatara”, che incarnatosi in un pesciolino di nome Matsya salva dalle acque del diluvio universale il protetto Manu. Curioso è il fatto che Vishnu senza il digamma è ish-nuh, che in caldeo significa “l’uomo Noè” o “l’uomo di riposo” e l’iconografia lo rappresenta generalmente sopra le spire del serpente Shesha che significa “rimanente”, come per indicare una rinnovazione ciclica delle ere. Qui si noterà che mentre 4.000 anni fa, i sumeri scrivevano la loro storia su tavolette d’argilla, qualche migliaio d’anni prima gli indiani scrivevano la loro con inchiostro su foglie di palma appositamente trattate, ed essendo più antica, è probabilmente è anche più vicina alla realtà dei fatti che nel Bagavata Maha Purana assumono una connotazione catastrofica universale, infatti, sempre nel libro ottavo 24-33, 24-34 Dio disse: ”O re….nel settimo giorno a partire da oggi, i tre sistemi planetari, Burloka, Bhuvarloka e Svarloka, (superiore, medio e inferiore) saranno sommersi dalle acque del diluvio”, “Quando i tre sistemi planetari saranno sommersi dalle acque, apparirà davanti a te una grande nave, che io ti avrò inviato”; inoltre nel Matsya Purana, dove sono espressi i particolari della storia indiana del diluvio, la nave arena sulla catena dell’Himalaya, proprio come accade all’arca di Noè, sul Ararat, luogo che lo storico Giuseppe Flavio (I sec. A. C.) individua sul monte Judi presso il lago di Van, luogo della discesa dei Vigilanti e meta del Eden ebraico, luogo dei miti assiri di Akkad e le “corti celesti” di Kharsag Kurra e la”montagna d’argento”, cioè la catena del Tauro del Kurdistan turco; probabilmente lo stesso regno etereo a nord dove i mandei sostengono abitassero i “ntr”, (parola egizia che sta per dio e vigilare) “gli esseri di luce che vigilavano dall’alto delle torri celesti”, nell’era del primo tempo, “ntr-dei”; tra l’altro i mandei che si considerano di origine egizia, adorano “Pthahil”, il dio dei morti, ricollegabile al Pthah egizio dio della creazione. Curioso il fatto che i Wigram del Kurdistan nel loro “The Cradle of Mankind”, La Culla del Genere Umano, ricordino l’offerta di sacrifici proprio sul AI Judi, in ricordo di Noè, quel luogo divenuto anche il Paradiso di Enoch e il Dilmun, o Tilmun, o Dilàman, il Paradiso senza peccato di Enki e sua moglie, l’iranico regno degli immortali, Airyana Vaejah, a sudovest del lago Van poco lontano da Bitlis, il luogo individuato dallo studioso Andrew Collins, nel suo libro “Gli Ultimi Dei”. Sembra quasi che la “Saga di Noè” sia un’reinterpretazione della creazione adamitica, i cainiti come i cammiti sono il risultato nefasto della razza dei Serpenti. Diventa curioso anche il fatto che nei commentari il termine “Gopher o Gofer” indica l’arca, come una “tartaruga”, lo stesso termine Gopher per alcuni studiosi sarebbe originato dal sumero Kupar che significa “rivestita di materiale metallico lucente”. Infatti secondo l’epica sumerica di Gilgamesh e l’apocalisse etiopica di Enoch, l’arca fu progettata dagli dei e costruita da angeli sotto l’egida del dio Shamash. Stessa cosa vale per l’epopea di Atra Hasis, il Noè mesopotamico, che invece afferma la costruzione di un arca grandissima che poteva girarsi facilmente chiamata “Magurguru” e dai babilonesi “Tzulili,” in ebreo “Tzolelet” che sta per “sommergibile”, realizzata dalle istruzioni del dio Enki o Ea; il dio della conoscenza simboleggiato da due serpenti intrecciati, che ordino. “…a bordo porterai il seme di tutte le cose viventi,” cioè lo “Zeru” in ebraico “Zera” il sumero “Numun”; e qui l’interpretazione di un seme geneticamente raccolto e appositamente conservato, diventa più realistica, dato che tutti gli esseri, per logica, non potevano essere ospitati in un arca.
Ritornando ai sumeri alcuni loro testi raccontano: “Il rumore del diluvio fece tremare gli dei, che battendo in ritirata, salirono ai cieli di Anu”, cioè il Padre degli dei. Testi assiri narrano che gli dei scapparono con i rukub ilani, “il carro degli dei; anche nelle tavolette assire di Ninive si accenna al diluvio. Un prisma, d’argilla dall’inglese Weld-Blundel, sempre assiro, classificato dalla sigla WB 444, oltre a citare cinque nomi di città prediluviane e i due re di Shunruppak Ubar e Tutu, fa sapere che l’umanità prima della catastrofe aveva vissuto sulla terra dalle origini, per 241.200 anni: “ Poi il diluvio si riversò. Dopo di che il diluvio si produsse, l’Autorità discese dal cielo”. Testi rabbini e leggende ebraiche raccontano, invece, di un “diluvio di fuoco” con meteoriti che fecero ribollire le acque, Dio ordinò che ogni goccia d’acqua passasse per il Geghinnam prima di cadere e bruciare la pelle dei malvagi, si racconta addirittura che, per arrestare il diluvio, dovette spostare due stelle dalla costellazione dell’Orsa alle Pleiadi. Questi diluvi infuocati provocati dagli svariati dei, sono probabilmente legati all’antica concezione ciclica di una fine purificatoria, rigenerativa delle Ere Cosmiche, cosa che appare fondamentale soprattutto nella cultura orientale, ma anche nei testi biblici e nella Genesi, dove A-or, “la Luce”, termine che deriva dalla parola fuoco, assume il significato di un “nuovo chiaro ordine creativo”, cosa evidenziabile anche dal fatto che il sole, il nostro luminare, viene creato dopo la luce che di per sé appare indipendente, ed “esternata dagli Dei come i cieli e la terra” (Sepher Bereshit 1.1,5). Tornando al Diluvio biblico Il Poema di Gilgamesch, parlando degli dei d’allora, narra: “Gli Anunnaki si sollevarono”…., “illuminarono con il loro fulgore la Terra circostante”…., “Non si riusciva a vedere gli uomini nemmeno dal cielo”…., “Gli dei si accucciarono come cani contro il muro. Ishtar gridava come una donna in preda alle doglie: “Gli antichi giorni, ahimè, sono ormai solo argilla. Gli Anunnaki piangevano con lei. Gli dei se ne stavano li, seduti a piangere, le labbra strette, tutti quanti”. Questi dei Elohim sembrano essere proprio uguali agli uomini, con le stesse debolezze umane, probabilmente a salvare Noè, o chi per lui, fu solo la loro scienza che prevedeva una catastrofe naturale o una catastrofe realmente scatenata dagli Elohim avversari.
Una tavoletta di argilla sumerica risalente al 3000 a.C. ci riconduce ad un’altra similare interpretazione; in essa sono state tradotte queste parole: “ Colpi di vento e tempesta precipitavano mentre il Diluvio inghiottiva la Capitale, e quando dopo sette giorni e sette notti, il diluvio ebbe ricoperto il paese e la barca fu sballottata in preda ai venti, sulle acque, Utu (il sole) riapparve illuminando cielo e terra! – Ziusundra (vita di lunghi giorni) fece allora nella barca un’apertura attraverso la quale Utu il prode illuminò tutto l’interno….”. Lo storico fenicio Sanconiatone, sacerdote di Marduk a Babilonia in una “storia della Creazione” del 275 a.C. sopravvissuta nelle citazioni di Alessandro Pollistore, di Eusebio di Cesarea, e Sincello racconta di Xisusthros, il “Noah ebraico” che salvato dal dio Crono giunge con l’arca su un monte, liberando degli uccelli e costruisce un altare per sacrificare alcuni animali al dio salvatore. Ciò fa pensare, che la storia del Diluvio narrata nella Bibbia potrebbe essere benissimo un rifacimento di queste storie, o ipotizzare che al momento del diluvio parecchie specie animali e uomini come Noè sopravvissero, o probabilmente ci sono stati più diluvi, forse anche temporalmente e territorialmente distanti tra loro; infatti oltre a varie tracce geologiche di inondazioni riscontrate un po’ ovunque nel mondo, sono stati ritrovati in medio oriente addirittura delle sagome di grandi vascelli pietrificati. A mio parere risulta ovvio che ci siano state più catastrofi, in tempi e luoghi diversi; non a caso storie similari al Diluvio biblico si possono ritrovare in molte culture. Nella Mitologia greca, è Deucalione l’unico uomo a sopravvivere al diluvio voluto da Zeus, “l’Enlil Sumero”, che volle punire il re Licaone per avergli sacrificato uno dei suoi figli, poi ripopolò la terra gettando pietre al suolo che si trasformavano in uomini. Il Noè cinese appare nella figura di Fa Lì o Nuwah, per gli scandinavi è la regina Cesair. Il libro sacro dei Quiches, il popolo Vuh che raccoglie le tradizioni orali tramandate dai maya, oltre a ricordare una migrazione da oriente seguita da un ritorno volto a chiedere l’insegna del potere al re Naxit, forse il Naransin re di Akkad vista la storia simile al biblico racconto della Babele “la confusione delle lingue” avvenuta nella terra di Senaar abitata da genti provenienti da est, parla anche di un diluvio universale, con piogge di acqua e fuoco avvenuto durante il sole, l’era di Chalchiultlicue (la dea della pioggia), diluvio voluto dagli dei per sterminare la razza degli uomini di legno, lo confermerebbe, il fatto curioso, che alcuni scienziati abbiano riscontrato che gli abitanti delle America latina abbiano il gruppo sanguigno A, lo stesso degli europei, inoltre il linguaggio dei primi abitatori dell’India e il linguaggio incas ha molte parole che rivelano una stessa radice. In Messico, oltre a “Norta” preavvisato del diluvio dal dio Titlakahuan, anche Coxcox, fu l’unico a sfuggire ad un’inondazione sopra una zattera di cipressi. Tamandere nella regione sud orientale del continente americano, la stessa cosa per la città morta chiamata Ma-noa, cioè “l’acqua di Noè”, nella Sierra Parima tra Brasile e Venezuela, Nu-u, nelle Away e così per altri personaggi di molte altre antiche culture terrestri. Comunque, la veridicità dei fatti menzionati nella Genesi, trova riscontro nelle scoperte archeologiche, riguardo ai siti citati, probabilmente perché in quei luoghi se ne è avuta la prima ispirazione creativa che si è evoluta con i vari popoli; è stato provato che sia avvenuto questo diluvio universale, circa 4000 anni fa, come afferma anche il noto archeologo, il principe Mikasa, ma non tutte le date concordano. Il ricercatore Sir Leonard Wolley tra il 1928 e il 1934 da alcuni scavi eseguiti nell’antica città di Ur, su uno strato che pareva essere il terreno vergine nel quale si ergeva la città, due metri più sotto, riportò alla luce i resti di uno strato alluvionale e di un insediamento risalente al terzo periodo Ubaid, datato tra il 4500 e il 4000 a. C.. Nello stesso periodo l’archeologo Stephen Langdon, da scavi eseguiti presso Kish e Fara, l’antica città di ShuruppaK (citata anche nel poema sumero di Gilgames dove si cita il Diluvio), riportò alla luce tracce di un’inondazione datata tra il 2900 e il 2700 a. C.. A questi si aggiungono i ricercatori Walter Pitman e Bill Ryan che nel 1999, da studi stratigrafici, carotaggi sul fondo del Mar Nero riportarono alla luce tracce di un evento catastrofico che provoco un’inondazione fatta risalire all’incirca nel 5500 a. C.. Per altri studiosi, questo diluvio avvenne 10.000 - 12.000 anni a.C. e per loro, probabilmente, sarebbe stato provocato dallo scioglimento dei ghiacciai del pianeta, che avrebbe provocato innalzamento delle acque. Altri ancora, come ho già detto, tengono a ricordare, come molte leggende di vari popoli del mondo narrano, la probabile esistenza in passato di tre lune nel nostro sistema solare e la conseguente caduta o frantumazione di due di esse sul nostro pianeta, in vari periodi. Teoria questa, considerata probabile da eminenti studiosi come: il francese Saurat, l’inglese H.S. Bellamy e Sir Gorge Darwin, nipote del noto naturalista che teorizza, anche per la nostra luna, un percorso lunare a spirale che porterà la luna a disintegrarsi, formando poi un anello di frammenti attorno alla terra, mentre le parti più grosse si scaglierebbero sul pianeta. Sempre sugli influssi lunari, secondo un altro studioso, Horbiger, le tracce di gigantismo ritrovate in alcuni scheletri umani, nonché della flora e della fauna, potrebbero essere spiegate con la diminuzione della forza di gravità terrestre bilanciata dall’attrazione di un’altra luna o più, che lui definisce Terziaria, esistente allora, luna che finì col frantumarsi formando in seguito quel “serpente di fuoco”, (cioè un’insieme di frammenti), tanto comune a molti miti.


  

Tavoletta del Diluvio dell'Epopea di Gilgamesh. A fianco il reperto, lavorato in argilla, noto come la "navicella" di Toprakkale e il monile aureo rissalente (1000 d.C.)











41° LA BIBBIA, PARALELLISMI SULLA CREAZIONE E L’UOVO COSMICO
Tornando ai testi sacri, volendo trarre un significato universale dalla Bibbia, bisogna innanzi tutto dire, che le sacre scritture, (la Torah), o meglio la “Legge di Dio”, si devono estendere, non solo al popolo ebraico di Eber e Abramo (gli Hapiru giunti dal Sinai e i Chabiri, nomadi i primi fabbri, “geni del fuoco” probabilmente giunti dalla Frigia e apparsi in Palestina nel XIV secolo prima di Cristo), come sta scritto, ma a tutti gli uomini. Inoltre, non bisogna dimenticare che con il passare delle generazioni il significato della “rivelazione” divenne sempre più soggiogato dai vari passaggi del potere di turno per i propri interessi, lungi dalla verità. Un’altra cosa che va detta, come dice Isac Asimov nell’introduzione del suo libro “In Principio”, è che gli scrittori biblici se avessero scritto quei primi capitoli della Genesi sapendo quello che sappiamo noi oggi, li avrebbero scritti di sicuro diversamente, ciò fa comprendere che la “Legge di Dio” evolve in continuazione e va sempre corretta, come ci fa capire anche Gesù, nel suo Sermone della Montagna, del resto anche gli egizi prima di Mosè avevano i loro comandamenti riportati nel famoso capitolo CXXV del “Libro dei Morti”, dove si legge la cosiddetta "confessione negativa", 42 confessioni che il defunto doveva affermare davanti a Osiride e ai 42 Signori di verità e giustizia; curioso è il fatto che oltre al ripetersi di alcuni comandamenti tradizionali dati anche a Mosè, ve se ne leggono altri molto più raffinati del tipo: “Non ho fatto piangere nessuno, non ho ostacolato la verità, non ho maltrattato gli animali, non ho agito con arroganza, non ho agito con odio, ecc.”; e ciò fa sospettare l’esistenza di un’antica civiltà evoluta, probabilmente la mitica Atlantide.
Il primo libro di Mosè comincia con Bereshith, “In Principio”, e contiene la lettera “bet” che significa casa e “resh” che significa testa; Bereshith tradotto in greco diventa Genesis, “origine, principio”. Il testo dice: “In principio Dio creò il cielo e la terra”. Alcuni studiosi affermano che gli ebrei copiarono questo versetto dallo “Shautareb” dei fenici, popolo presso il quale furono schiavi. Infatti, Il filosofo greco Porfirio 300 d. C. sosteneva che la Genesi fu copiata dal libro "La storia fenicia" di Sanchoniathon, vissuto tra il 1900 ed il 1800 a. C.. I fenici, caldei, indiani e persiani parlano dell’avvenuta Creazione del mondo in sei tempi, ma concependoli molto diversamente; i persiani divisero addirittura l’anno solare in sei stagioni, tempi chiamati “gahanbar”, e alla fine di ognuna di esse celebravano una festa; la più grande era riservata al Now Ruz, momento in cui si celebrava la fine della Creazione, e in quel frangente, come succedeva per i celti, si credeva che le anime dei viventi in terra s’incontrassero con gli spiriti celesti e le anime dei defunti.
Comunque la Scienza e la Bibbia sono concordi che ci sia un principio, ma i dati biblici correnti fanno risalire la creazione da 5.700 a 7.500 anni circa, e qui, si potrebbe ipotizzare solo la creazione genetica di una nuova razza adamica, dato che le moderne conoscenze scientifiche fanno risalire la terra e il sistema solare a 4,6 miliardi di anni fa e l’intero universo a circa 15 miliardi di anni. Qui il divario è enorme e la scienza, partita da una lunga lista di ipotesi, di studiosi e astronomi, che idearono le ormai vecchie e molteplici teorie catastrofiche, propone la teoria del “Uovo Cosmico”. Già le antiche filosofie orientali narrarono di un’esplosione, di un “Uovo Cosmico”, che formò in un dato tempo il cielo e la terra. Nella Creazione narrata nel terzo capitolo dell’antichissimo Mahabharata, raccontato nella foresta di Naimisha agli asceti d’un tempo, il saggio Sauti narrò: “Dopo che quest’universo sarà privato della luce e avvolto nelle tenebre, nuovamente tornerà ad esistere come causa primaria della creazione, il mitico uovo cosmico. L’inesausto germe, l’unica origine di tutti gli esseri viventi. Esso si forma all’inizio d’ogni era. Io affermo che questo è la vera luce, l’eterno uno, il meraviglioso e incomprensibile Essere, presente in ogni luogo, la cui natura è quella di essere e di non essere. Da quest’uovo uscì Brama, il primo capostipite, seguito da Suraguru e Sthanu. Poi apparvero altri ventuno patriarchi, fra i quali: Manu, Vasistha e Pameshthi, seguiti dai dieci saggi tra cui, Daksha e i suoi sette figli. Poi i sette saggi d’inconcepibile natura, gli Esseri Celesti, i figli della Dea dello Spazio, le Potenze Atmosferiche e i due Medici Celesti. A questi seguirono i folletti, gli orchi, gli spetri e gli antenati. Poi apparvero i sacerdoti, seguiti da numerosi re, entrambi distinti da molteplici buone qualità. Quindi apparvero i cinque elementi materiali, quali : l’etere, l’aria, il fuoco, l’acqua e la terra. Da questi elementi prese forma l’universo con lo spazio, le sue direzioni, le stelle, i pianeti e il tempo cominciò a scorrere, si contarono gli anni, le stagioni, le quattordicine lunari, il giorno e la notte. Così si manifestò ogni cosa conosciuta all’umanità”. Sauti continuò “Alla fine dell’era, ogni cosa di quest’universo, visibile o invisibile si fonderà nel caos. All’inizio di una nuova era, ogni cosa sarà rinnovata, come i frutti della terra sono rinnovati in accordo al trascorrere delle stagioni, così il mondo continuerà le sue eterne rivoluzioni, senza ne inizio né fine, questa ruota è la causa della distruzione e del rinnovo di ogni cosa. Sono stati generati trentaseimila e trecentotrentatrè Esseri Celesti. I figli di Dio, sono: Briadbhanu, Chakhu, Atma, Vibhavasu, Savita, Richica, Arka, Bhanu, Asavaha, e Ravi. Tra i figli di Deva-Vrata, Vivaswan è il maggiore mentre Maya è il minore. Quest’ultimo ebbe in figlio Sovrata, che a sua volta generò Dasjyoti, Satajyoti e Saharajyoti, i quali ebbero una prole numerosa. L’illustre Dasajyoti generò mille figli, Satajyoti generò diecimila figli e Saharajyoti generò un milione di figli. Da questi discendono le famiglie dei Kuru, degli Yadu, dei Bharata, degli Yayati, degli Ikshwaku e tutti i saggi re. Queste generazioni d’Esseri Celesti e uomini, si sparsero ovunque riempiendo l’intero universo”. Gli antichi persiani di etnia arya “sull’uovo cosmico” ci hanno lasciato addirittura una leggenda secondo la quale il mondo sarebbe nato dall’uovo del gigantesco uccello Roch, (forse intendendo il Grande essere). Per i kurdi “l’uovo persiano” diventa la “Bianca Perla” portata dall’uccello Anfar, per 40.000 anni sul dorso e “Azazil”, l’Angelo Pavone” che diventa il primo angelo creato dal dio Khuda. I kurdi yaresan, che si ritengono “adoratori della verità”, credono che lo spirito universale “Haq” risiedesse in una pre-eternità, rappresentata anch’essa da una perla che si manifestò attraverso l’Avatar “Khàwandagàr”, che inizio la prima di sette epoche, dopo le quali avrebbe creato il mondo, e successivamente sette angeli, gli “Haftan”. Qui è facile pensare alle battaglie degli Elohim o di Baal contro le tenebre e le acque cosmiche, pensando al diluvio universale in maniera diversa. La tradizione fenicia dell'origine del mondo narra che all'inizio esistevano solamente un'Aria densa e il Caos. Da questi elementi derivarono il vento e il desiderio che produssero Mot la cui forma era quella di un uovo. In questo uovo erano riunite tutte le creature in germe. Troviamo il nome “mot” nei Frammenti di Philo di Biblo, quando parla per l’appunto, della creazione del mondo e si riferisce alla teoria concepita da scrittori precedenti in merito alla formazione e allo sviluppo dell'universo. Se la parola mot in ebreo significa "materia originaria" o, secondo Philo, "melma", o "putrescenza di secrezione acquosa", il termine potrebbe essere stato facilmente applicato a ciò che comunemente è noto come "fanghiglia", o in senso lato, a qualunque riva depressa ricca di vegetazione marina, e quindi ad un'isola come Mozia che si eleva tanto poco sul livello del mare ed è posta nel mezzo di una secca coperta di alghe. Ecco rivelato perché nel mito cananeo di Baal e Anat, Mot è identificata “la morte”; mentre la dea egizia dell’ordine e dell’equilibrio, si chiama similarmente “Maat”, la figlia del dio sole Rà, colei che rese possibile la vita, dove è possibile, figura simile al “Simurgh”, l’uomo uccello iranico legato ai sciamani e affine ai vigilanti enochici e all’uomo aquila venerato dalle civiltà precolombiane.
A rielaborare per primo la teoria dell’uovo cosmico, guarda caso, fu un astronomo, sacerdote cattolico, Georges Lemaitre nel 1927, poi nel 1946 G. Gamow propose il Big Bang e successivamente la teoria fu perfezionata da altri studiosi e dai Premi Nobel per la fisica nel 1978, Penzias & Wilson. l’esplosione dell’Uovo Cosmico, “il Big Bang”, avrebbe dato la vita alle prime particelle subatomiche e più tardi si sarebbero formati gli atomi e una nube di radiazioni e gas ionizzato simile ad una nebbia luminosa, come afferma: (B. Accordi & E. Lupia Calmieri in, “IL Globo Terrestre e Sua Evoluzione” Cap. 1. pag.20), mentre solo un milione di anni dopo, la materia giunse a predominare nell’universo. Teoria questa, anche se non condivisa da tutti, riscontrata somigliante, come già detto, a quella citata in alcuni testi antichissimi come il testo tibetano: “Le Stanze di Dzyan” e in alcune allegorie sulla creazione, come quella del fuoco creativo di Abhimanim, il nome di Agni il fuoco, figlio maggiore di Brama, la prima forza prodotta dall’universo che con la moglie Swaha ebbe tre figli che ne ebbero a loro volta quarantacinque, che formerebbero i quarantanove fuochi dell’occultismo. Agni, nei Rig. Veda V. 11, è definito “Padre dei popoli, vigilante espertissimo…”. “Gli uomini si accattivarono Agni nella sua triplice dimora. Scendi dallo stesso carro con Indra e gli dei; Possa il più alto degli invocatori essere presente nell’erba sacrificale del sacrificio! Impuro, tu sei nato luce, dai tuoi due genitori”. Agni è identificato per l’appunto, come il figlio del dio del vento, Dyaus-Pitrivi, cioè “Cielo-Terra” e generato, secondo un arcaico mito, dallo sfregamento di due pezzi di legno; era colui che possedeva l’arma agneya, per i latini il padre splendente Phoibos, il biondo Xantos Chrysocomes dai capelli dorati, l’Osiride egizio, sposo di Belisama cioè “simile alla fiamma”, la venusiana associata Minerva, Agni, Bala-Rama, si associa a Balan, Belinus, Belinas, Belin, cioè Elinas padre di Melusina, Levisina, o Eleusina, la fata serpente volante. Nei Rig. Veda V. 45-51si legge: Nel cielo è nato per la prima volta Agni, tra noi, in terra, ebbe la sua seconda nascita lo Jataveda”, infatti era conosciuto con più nomi: Abjahasta; Apam Napat « figlio delle acque »; Chagaratha; Dhumaketu; Dvijanman; Grihaspati; Hutabhu; Jataveda; Pavaka; Saptajihva; Tomaradhara; Vahni; Vaisvanara, col termine Agnistoma veniva indicato un grande sacrificio al dio. L’arma agneya si potrebbe associare a quell’energia descritta per l’appunto dagli egizi nel tempio di Dendera: “La tua potente luce Mhn- Men – da questa regione alla regione di Reret, eternamente in vita e in serenità”, cioè l’Arartu, l’Ararat la parte settentrionale del Kurdistan, dove atterrarono i vigilanti, nella terra di Tilmun dove s’innalzavano le navi celesti citate nell’epopea di Gilamesh. La materia, dopo il “Big Bang”, si espanderebbe fino a un certo punto e poi si contrarrebbe fino a riesplodere; e questa è la concezione teorica “dell’Universo Oscillante”, “dall’ordine al disordine e dal disordine all’ordine, per un equilibrio universale necessario per il moto in divenire”, oggi più verosimile, con la scoperta del “neutrino”, che ne convaliderebbe matematicamente la teoria, per la mancante materia necessaria perché ciò avvenga. In altre parole, ci sarebbe in più, quella “materia plasmica” che i potenti telescopi, a quanto pare, riescono a vedere; ma si sa, che già gli antichi dicevano: “che non c’è un dito di spazio vuoto nell’universo”. Qui comunque anche la scienza pone dei limiti, ma la differenza sta nel fatto, che la scienza è in continua evoluzione e potrà sempre di più dare risposte, mentre la Bibbia rimarrà sempre legata alle vecchie concezioni dell’universo e la sua interpretazione potrà essere solo e sempre giustificata allegoricamente, senza nulla togliere alle “verità assolute”, che ha impartito nel tempo e che ancora impartisce. Una cosa curiosa è notare la veridicità di alcune conoscenze citate nella Bibbia, che allora erano impossibili, infatti, confrontando vari versi se ne trova una contraddizione di sapere per esempio nel libro di Giobbe (26,7) si legge giustamente: “Egli sospende la terra nel vuoto”, ma poi dice anche, sempre in Giobbe (26,11), “tremano le colonne del cielo”, a quel tempo, infatti, si credeva che il cielo fosse sostenuto dalle colonne d’Ercole. ”Nel libro di Isaia (40.22), si legge: Egli siede sopra il cerchio della terra”, ma poi dice: “Egli ha teso il cielo come un velo”, e lo spiega come una tenda da dimorare, mentre la scienza oggi lo concepisce come un’immensa estensione di spazio-tempo, che scruta in profondità, più di dieci miliardi di anni luce, (un anno luce è uguale a 9.463 miliardi di chilometri). Giacobbe sognò una scala che poggiava sulla terra, e la sua cima raggiungeva il cielo, e gli angeli del cielo salivano e scendevano su di essa, (Genesi 28,12), o c’era un’astronave, o la cosa oggi risulta essere ridicola, o proprio solo un sogno. Nell’Apocalisse si legge: “Il cielo si ritrasse come un rotolo che si avvolge”, (Apocalisse 6,14). In (Isaia, 34,4), il cielo è rappresentato con lo spessore di un foglio di pergamena, si discute proprio come nei “discorsi infantili”. I. Asimov nel suo libro, “In Principio”, fa riemergere un numero enorme di incongruenze rilevabili nei versetti della genesi, come abbiamo visto analizzandone i primi versi, ma però trascura il fatto, che alcune conoscenze ora fondate e citate, più di duemila anni fa, allora erano impossibili. Nella contraddizione, ognuno può scegliere la parte che vuole, ma per trovare una realtà più vicina alla verità bisogna reinterpretare gli scritti alla luce delle nuove scoperte scientifiche e alla luce del proprio ego. Un ‘altra cosa che ovviamente ho notato e voglio far notare, è che le rivelazioni esoteriche riguardanti le energie che governerebbero la terra: i sette sistemi, i sette pianeti, il “Compagno dei giorni”, ecc.; si accomunano realmente, per certi versi alle scritture del vecchio testamento, non sono poi così nascosti i messaggi, per esempio sull’importanza del numero sette. NellApocalisse di Giovanni (1, 4, 5), si legge: “Giovanni alle sette Chiese che sono in Asia: grazie a voi e pace da Colui che è, che era, e che viene, dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra”. Se il trono di Dio sta sopra la terra, come si dice in Isaia (40.22), i sette spiriti davanti non potrebbero essere i sette pianeti sacri all’esoterismo, o i sette giudici citati nel LXXI capitolo del libro egizio dei morti? Nell’Apocalisse (1, 20), sì Legge: ”Questo è il senso recondito delle sette stelle che hai visto nella mia destra e dei sette candelabri d’oro, eccolo: le sette stelle sono gli angeli delle sette chiese e le sette lampade sono le sette chiese”. Nell’Apocalisse (33, 21), si legge:”Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il padre mio sul suo trono”. Poi nell’Apocalisse (22, 16), si legge: “Io Gesù, ho mandato il mio angelo, per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice della stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino”. In questi versi oltre a comparire il numero occulto caro agli esoterici, c’è di più, Gesù dice di essere addirittura la “stella radiosa del mattino”, lui divenuto poi per l’appunto “il logos incarnato”. Quanto detto ci fa capire che le stelle hanno una loro coscienza e un loro pensiero, anche nel “Libro dei Vigilanti” (XXI, 6) l’angelo Uriele dice ad Enoc: “ Quelle sono, di fra le stelle, quelle che trasgredirono l’ordine di Dio altissimo e sono state legate qui fino a che si compiano diecimila secoli, il numero (cioè) dei giorni (della pena) del loro peccato”. Si possono trovare molte citazioni rivelatrici che non sono poi così “esoteriche”, ma altre deduzioni riguardanti le interpretazioni e i confronti con le rivelazioni fondamentali dell’esoterismo le lascio a voi. Il Rambam nell’introduzione a Hilcot Avodà Zarà sostiene, basandosi su fonti Aggadiche, che ai tempi di Enosh, figlio di Seth, il settimo da Adamo, che si dice scomparso, perché preso da Dio, l’umanità abbia errato nel venerare gli elementi del creato, pensando che se Dio ha dato tanto onore al sole e alla luna, era evidente che l’uomo doveva fare altrettanto, perché così facendo oltre ad aver gettato le basi dell’idolatria, a poco a poco il mondo dimenticò il Creatore fino a che non è giunto Avraham, circa 2000 a. C., nostro padre, “il pilastro del mondo”; e qui si cela proprio la differenza con l’esoterismo, che non è idolatria ma concepisce il Creatore nella Coscienza Cosmica “del Logos”, del Verbo o meglio la “Parola in atto della Creazione Stessa”, cioè il manifestarsi della ragione; quel Logos che è ”Forza ritmica sequenziale creativa in atto”, disciplinata da sempre in molteplici tecniche quali: la Musica, la Poesia, la Pittura, la Geometria, i Mandala, i Mantra, le Sfere, l’Aritmetica, l’Esicasmo, il Tao-Te-King, la Ghematria, e molte altre ancora. I sacerdoti affermano, che ogni cosa che impedisce di amare Dio è un idolo, ma è altrettanto vero, che ogni cosa che aiuta ad amare Dio non lo è; e lì nell’individuazione del divino, l’antitesi che si assolve solo con l’illuminazione della gnosi. Così si comprende che la ricerca deve essere volta Verso Noi Stessi, mantenendo la consapevolezza dei propri limiti, è lì che vanno fatti i cambiamenti, non esiste nessuna guerra che possa essere giustificata dai cambiamenti, dagli ideali di giustizia e libertà, è solo l’ignoranza che può farla apparire tale, la storia lo insegna. Sono quegli gli idoli da abbattere, che appaiono nel loro doppio volto, ingannando l’uomo, approfittando della sua ignoranza, ecco qui che sorge il necessario bisogno delle “Illuminazioni interiori” tanto care alle religioni.







42° LO SPIRITO CREATORE
Volendo cogliere le analogie tra le più antiche intuizioni religiose che hanno ispirato scritti basilari che sono i fondamenti delle più antiche culture, è interessante notare l’idea dello “spirito creatore, o il sanscrito lila, il gioco creativo della coscienza”, scaturito dal principio, dalla luce, dal cuore degli uomini, che diventano così anch’essi in parte, creatori di se stessi. Secondo i Maya la creazione del mondo avvenne per opera di un Dio creatore, Hu Nab Ku, che significa “l’unico Dio che è”, come quello degli ebrei, ecco come descrivono la creazione:
"Questo è il racconto di quando tutto era fermo, tutto calmo, in silenzio; tutto senza movimento, tranquillo, e la distesa del cielo era vuota.
Questo è il primo racconto, la prima narrazione. Non v’era né uomo né animale, né uccelli, pesci, crostacei, alberi, pietre, crepacci, erbe, foreste: v’era solo il cielo.
La superficie della terra non era ancora apparsa. V’era solo il placido mare e la grande distesa del cielo.
Non v’erano cose messe insieme, non v’era nulla che potesse far rumore, nulla che potesse muoversi o tremolare, o potesse far rumore nel cielo.
Non v’era nulla in piedi; solo la calma acqua, il placido mare, solitario e tranquillo. Nulla esisteva.
V’era solo immobilità e silenzio nell’oscurità, nella notte. Soltanto la Creatrice, il Creatore, Tepeu, Gucumatz, gli Antenati erano nell’acqua circondati dalla luce.
Essi erano nascosti sotto le piume verdi e turchine e perciò erano chiamati Gucumatz. Per loro natura essi erano grandi saggi e grandi pensatori. In tal modo esisteva il cielo, ed anche il Cuore del Cielo, che è il nome di Dio, e così Egli è chiamato.
Poi venne la parola. Tepeu e Gucumatz s’incontrarono nell’oscurità, nella notte e parlarono insieme. Essi parlarono, discussero, deliberarono; si trovarono d’accordo, unirono le loro parole e i loro pensieri".
In questo racconto si riscontra sia il “Creatore” che “l’acqua primordiale” o “Desiderio” dei fenici, come si riscontra anche nel testo biblico della Genesi, ciò che si manifesta è sempre qualcosa con caratteristiche femminili e maschili che si divide nel cielo e la terra. Nell’India antica i concetti non cambiano è dalle acque elementari, “il Caos“ che nascono gli dei, ed è Surya “il Sole” la forma celeste di Agni, il “fuoco” che è anche in terra tra gli uomini, è così che si illuminavano gli indù, chiedendosi: “Il primo germe che le Acque ricevettero, quale fu dunque? Il luogo dove divinità e uomini sono infissi, come raggi al mozzo, dove, per un potere sovrumano, fu posto il loto delle Acque, ti domando qual è…” Atharvaveda X. 8. Una risposta ci giunge dal Manu Samhita I. i. 5,8-9, dove leggiamo: “ Lo Spirito Supremo desiderando creare esseri d’ogni specie dal suo proprio corpo, dalla sua mente emanò per primo le acque e collocò in esse il seme. Questo seme diventò un uovo d’oro splendente come il sole; e in esso Egli stesso nacque come Brahma, il progenitore dell’intero mondo”.
Nel Poema sumero della Creazione “Emuna Elis” 1.125 a.C. ritorna l’elemento acqueo, un’autorevole traduzione di Giuseppe Furlario pubblicato dalla Zanichelli del 1934 così ne traduce alcuni versi: “Quando di sopra non era ancora nominato il cielo di sotto la terra ferma non aveva (ancora) nome, l’Apsu primiero, il loro generatore, Mummu e Tiamat, la generatrice di tutti: loro, le loro acque insieme mescolavano, ed essi non portavano (ancora) un nome, e i destini non erano ancora stati destinati, furono procreati gli Dei in mezzo ad essi”.“Lahmu e Lahamu furono creati e ricevettero il nome. I secoli divennero molti e crebbero. Anshar e Kishar furono procreati molto tempo dopo di essi”. “Essi allungarono i giorni e aggiunsero gli anni. Anu, il loro figlio, pari ai suoi padri, Anshar fece Anu, il suo primo nato uguale a se stesso, e Anu procreò quale suo uguale Nudimmud [Ea] Nudimmud che era il principe dei suoi padri, era di vasta sapienza, saggio, potente di forza, molto più forte del suo procreatore, padre Anshar”.
Si fece avanti Marduk, il saggio tra gli dei, vostro figlio. Di andare avanti a Tiamat egli decise. Egli aprì la sua bocca e mi disse: “se io, vostro vindice, lego Tiamat e vi libero raduna l’assemblea, fa strapotente il mio destino e rendilo noto”. “Egli montò sul carro della tempesta inoppugnabile, terribile. Egli attaccò ad esso quattro attacchi e li legò al suo lato. Il Distruttore, l’Implacabile, l’Abbattitore, l’Alato. Acuti erano i suoi denti e portavano veleno”. “Egli la spaccò in due parti come unostrica. Metà di essa egli rizzò e coprì con essa il cielo. Egli tirò un chiavistello e stabilì guardiani. Egli ingiunse loro di non lasciar uscire la sua acqua”. Per gli Egiziani invece, dal caos, Nun o Nout, le acque primordiali, nasce l’idea di Atum-Ra (il disco solare animatore della natura), colui che diede la “coscienza vitale”, il creatore che prende corpo nel cuore divino identificato in Ptah (il corpo), e si esprime attraverso la sua bocca. Per i greci è Prometeo, “prima del tempo”, nostro progenitore che creò l’uomo con l’argilla, il termine greco “Aoyoo”, cioè logos, significa unione tra spirito e materia, ecco perché la vita che prevale sul pianeta si è tradotta con il nome di Logos Planetario, che nella terra, esotericamente si identifica con Sanat Kumara, “la ragione dello spirito che sostiene il pianeta”, mentre la vita che prevale il sistema solare è il Logos Solare, che si può identificare con il Padre del Vangelo, il “buon messaggio”, o per l’appunto angelo messaggero”, colui che interviene dal di fuori, “l’alieno giunto a coordinare l’evoluzione terrestre”. Colui che è incaricato da Dio, ma un dio che può essere descritto solo come nelle Kaivalya Upanishad 21, dove si legge: “ Io sono senza mani e senza piedi e il mio potere è incomprensibile. Io vedo senz’occhi, odo senza orecchi; io sono privo d’ogni forma; Io conosco ogni cosa e nessuno c’è che conosca Me. Io sono l’eterna pura Conoscenza”. Lo spirito creatore per la Bibbia è rivelato dallo stesso Giovanni che dice: “All’inizio era il Verbo, e il Verbo era presso di Dio, e il Verbo era Dio….E il Verbo si è fatto carne, ed ha abitato fra noi, e noi abbiamo contemplato la sua gloria”. Il termine incarnazione, cristianamente significa: che il verbo di Dio ha preso forma umana è diventato carne, si è “spogliato di se stesso” (Fil 2,7). Alla luce di quanto ho detto e dirò, si potrà sempre più convincersi senza cadere nell’eresia, che “Esseri” esterni al nostro pianeta dopo aver portato la vita sulla terra sono intervenuti e intervengono a controllarne le dinamiche evolutive e gli scritti antichi sono sempre un buon terreno di ricerca. 

   

  

In alto a sinistra appresentazioni di Marduk, a fianco Ishtar, sotto a sinistra; a fianc Enki o Ea e per ultima un’effige di EI.


    
La prima foto sopra a sinistra rappresenta un Elohim coltivatore. A fianco un bassorilievo del British Museum, proveniente dalla Stanza Assira della reggia di Sargon II a Khorsabad, Ninive, che rappresenta un altro Elohim che si preoccupa per la flora e la fauna selvatica. L’ultima foto rappresenta la dea Ninkarsag nell'abito della Goddess di Irrigation 18° Century BC da Mari, Middle Eufrate, Aleppo Museum. 'Mama' - Progenitor di Modern Man di Earth Mother Goddess.


 )      

Le prime due foto rappresentano geni, demoni o Elohim alati in due bassorilievi assiri di cui il secondo è in alabastro gessoso, risalente al VIII sec a. C. ora al Luvre di Pariogi. A fianco un Nephilim scolpito in un bassorilievo conservato nel museo Iracheno.


    
Sopra a sinistra bassorilievo mesoamericano di “uomo aquila”, identificabile con un “Elohim stilizzato”. A fianco statua della cultura Teotihuacàn, Messico I -II sec, notare le decorazioni che sembrano astronavi stilizzate sul copricapo che pare essere una sorta di casco. Per ultima una rappresentazione del dio Quetzacoatl in un bassorilievo in pietra di Veracruz, che sembra praticare un’acrobazia in aria con strani propulsori evidenziati meglio nelle fotto dei rilievi sotto che sembrano rappresentare le stesse ali stilizzate dei geni assiri.




        

Una seririe di “Elohim” stilizzati secondo l’arte mesoamericana, tratte da “Il Ritorno delle Civiltà Perdute” di Quix Cardinale. Da sinistra “l’Uomo Aquila” e Quetzacoatl raffigurati, separatamente, nel tempio dei Giaguari e nel tempio di Kukucan a Chichen Itza. A fianco sempre a Itza una decorazione che rappresenta gli “Elohim americani” con strane attrezzature nelle mani. A Tula un’altra decorazione su un pilastro mostra le varie prospettivr di questi esseri;e per ultimo una riproduzione di un bassorilievo di Veracruz, che sembra rappresentare  una sorta di serpente che indossa un’armatura dotata sempre di propulsori.


     

Demoni, o Elohim in un’affresco nella tomba di Arinefer, Deir el Medina, Egitto, che rappresenta il Regno delle Tenebre con il sole nero, uomini uccello li troviamo anche negli inferi mesopotamici. A fianco i Colossi di Memnon.


   

Rappresentazioni della dea Iside

    
Scultura di Iside e Anubi, a fianco un bassorilievo di Horus e Seth (rechts) schließen Frieden und vereinigen die beiden Länder. Notare i profili delle figure che sembrano essere comuni, probabilmente gli “uomini aquila” meso americani come Pacal erano gli stessi dei egizi dal volto di falco, il Simurgh dei riti scamanici, gli Elohim, i Djnn e i Naga orientali.


 
43° COMPARAZIONI RELIGIOSE SULL’ORIGINE DEL CRISTANESIMO

Partendo dal nostro credo, importante è analizzare il nostro Cristianesimo nato dall’antropomorfismo dravidico e soprattutto dai quattro vangeli canonici scritti da Marco, Matteo, Luca e Giovanni che da una conoscenza grossolana dell’aramaico si istruirono improvvisamente a tal punto da iniziare a scrivere in greco dotto, traendo, il caso di Giovanni, persino dalla teoria ellenistica del Logos, diventando improvvisamente biografi d’eccellenza del Cristo. Questa improvvisa istruzione, per alcuni è inattendibile, infatti nella natività di Luca e Matteo si possono trovare delle incongruenze che mettono in dubbio l’attendibilità storica e per queste e altre incongruenze ancora, altri studiosi sostengono che gli antichi scritti siano solo opera dei “padri platonizzanti”. Nell’antica Roma, intorno al terzo secolo dopo Cristo la religione ufficiale praticata era quella della Dea Madre Cibele e Attis, simile o evoluzione dei culti di Inanna e Domuzi per i sumeri Isthar e Tammuz per i babilonesi e Iside e Osiride per gli egizi, non a caso questo mito proveniva dalla Frigia, l’odierna Turchia. Infatti, come affermano le analogie con il popolo accadico, vedi le leggende dell’etrusco Tages o Sages e l’accadico Sargon, e le loro “Tavolette Celesti” contenenti le “celesti verità divine”, fu dall’Oriente, dall’Asia Minore che gli antenati degli etruschi giunsero in Italia; ce lo dice Erodoto nel 500 a. C., nelle sue Storie:“Al tempo di Atys, figlio del grande re Menes, ci fu in Lidia una tremenda carestia…..Quei lidi che ebbero in sorte di partire scesero a Smirne, e costruirono navi e, posto su di esse tutto ciò che loro serviva, si misero in mare alla ricerca delle ricchezze perdute o di una nuova patria, finchè superati molti popoli, giunsero al paese degli Umbri e li ancora vivono”, lo stesso nome del Mar Tirreno deriverebbe, secondo Erodoto, dagli etruschi chiamati per l’appunto “tursenoi, turrenoi”, cioè terreni, dal capo di questa spedizione chiamato Tirreno. Il culto di Attis lascio le sue tracce nel nuovo culto cristiano; la castità dei sacerdoti, che per non peccare arrivavano perfino ad evirarsi, il rito dell’eucaristia erano praticanze del culto di Attis, ogni anno alla nascita del dio addobbavano un pino, il supremo sacerdote “Gran Gallo” veniva chiamato addirittura “Papas” e risiedeva in Vaticano, quando il vescovo di Roma divenne re assunse il titolo di cesareo di Pontifex. I cristiani per radicare il loro credo dovettero convertire anche le antiche divinità come successe per i S.S. Cosima e Damiano che sostituirono Esculapio e Ippocrate, S. Maria Vergine sostituì Iside la dea civilizzatrice egizia figlia del primo re di Argo, o Diana festeggiata il giorno di ferragosto, un giorno in cui venivano liberati anche i schiavi, poi dedicato dai cristiani all’Assunta. S. Brigida sostituì la celtica Birgit, vedi bibl. Matthews, “I Celti”; la stessa storiella di S. Antonio che scendendo negli inferi a riprendere l’insopportabile maiale, riuscì a riportare il fuoco agli uomini facendo prendere fuoco un bastone mentre risaliva, non sembra riproporre il Prometeo greco? C’è chi, incredibilmente, pensa che perfino le cerimonie dionisiache del “Pasab” (zoppicare) e le feste romane di Giano Bifronte, divinità di origine celtica, siano giunte a noi sotto i nomi di Carnevale, Pasqua e Natale la festa nel quale gli antichi celti appendevano agli alberi sacri i genitali dei nemici uccisi in battaglia; ma del resto l’albero è un simbolo fallico; nel mito greco, Adone si toglie la vita evirandosi sotto un pino per amore di Cibale che dolorante, fece risorgere dai suoi sacerdoti, i “sacri dendrofori” e veniva portato in processione proprio un pino avvolto da bende. Addirittura alcuni suppongono che per combaciare i riti i cristiani con quelli pagani, i cristiani dovettero spostare la nascita di Gesù Cristo dal 15 settembre al 25 Settembre, vedi “Il Segreto di Cristo” pag. 92. Certo è che la Chiesa Cristiana, raccogliendo il monoteismo giudaico, il misticismo neoplatonico e il paganesimo della decadenza, dovette per forza maggiore assumere i riti della religione politeista romana con i relativi paramenti, reliquie e processioni, se voleva trovare adesione dai più, abituati alle vecchie cerimonie, basti ricordare la castità delle vestali paragonabile a quella delle nostre suore cristiane; ed è per lo stesso motivo che assorbi anche tradizioni hindù, vedi: incensi, rosari, candele, fiori, ecc.. Del resto la stessa cosa si ripeté molto tempo dopo anche nella colonizzazione delle Americhe, basti pensare al convento di Santa Catalina a Santo Domingo che un tempo ospitava le “Vergini del Sole” consacrate al culto Inca, poi sostituite dalle suore di clausura di Santa Caterina.
I termini Cristo e Cristiani in origine erano Crestos e Crestiani e derivano dal tempio dei pagani, in tale vocabolario Crestos, significa un candidato che segue il sentiero del sacerdozio, che ha superato prove e sofferenze e strofinato con olio, quindi il “sacerdozio di Cristo secondo l’ordine di Melchisedec”. Alla domanda di Gesù, “Ma voi chi dite che io sia?” (Lc 9, 20), Pietro, illuminato della fede (Mat.16,17) risponde: “Il Cristo di Dio” (Lc 9,29) anzi meglio: ”Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente”. A mio parere, “tenendo conto che Dio è in noi e nel Creato”, si potrebbe tradurre benissimo così: “Tu sei l’unto, il sacerdote, (dotto del sacro) l’illuminato figlio del Creato”. La parola di Dio, dalla lettera agli Ebrei (Eb 5,1-6) ci illumina con queste parole: Ogni sommo sacerdote, scelto fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. In tal modo egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anch’egli rivestito di debolezza, a motivo della quale deve offrire anche per se stesso sacrifici per i peccati, come lo fa per il popolo. Nessuno può attribuirsi questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne (l’Illuminato). Nello stesso modo Cristo non si attribuì la gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferì colui che gli disse; “Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato”. Come in un altro passo dice: “Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchisedek”.  Cristo, che per l’appunto in greco significa “l’unto, il consacrato al Signore”, era allora, anche un titolo Messianico, infatti si riscontra da più fonti la possibilità che Cristo fosse un’esponente dei movimenti del messianismo tradizionale dei giudei, infatti oltre che ad essere citato negli “Annali,(XV 44,2-5)” dello storico latino Tacito 55-120 d. C., è accennato anche dallo storico Svetonio 75-150 d. C., che nella “Vita di Claudio” scrive: ”Claudio espulse i giudei da Roma, visto che sotto l’impulso d’un certo Chrestus non cessavano di agitarsi”, (Claudio 25). La tradizione antico-testamentaria ritiene che il nome di Gesù in ebraico Jhwh significa “ci salva, o Dio è salvezza” e mette in evidenza la venerazione della Chiesa primitiva verso il nome di Gesù, (Fil 2,9-10; At 4,10-12; Gv 16,23-2) che riaccese quel “esicasmo” perduto il cui nome proviene dal greco hesychìa che significa: calma, pace, tranquillità, assenza di preoccupazione. Infatti un documento del monastero di Iviron del monte Athos, si legge questa definizione: “L'esicasta è colui che solo parla a Dio solo e lo prega senza posa”. Il significato etimologico di Jhwh ci ricorda anche le parole profetiche che dicono: “Ecco una vergine concepirà e partorirà un figlio e lo chiameranno Emanuele che significa Dio con noi”. Gesù a quanto pare è un nome che non nasconde nessun mistero in quanto era d’uso comune nell’ebraismo, anche se c'è chi sostiene, che questo nome sia per l’appunto d’origine greca, e così si contraddice che l'espressione “Gesù di Nazareth”, significhi Gesù cittadino di Nazareth. Infatti, la forma ebraica per Nazareth è NZRT, che è tarda ed è stata indicata come Nazrat o Nazeret, invece la forma greca Iesous o Nazoraios deriverebbe dall'aramaico Nazorai. I gnostici invece sostengono che nei vangeli Gesù è chiamato anche il Nazireo, o Nazareno, perché iniziato al “Nazireato” o Purificazione degli Hassidim, chiamati per l’appunto anche Nazorei, Nazirei, o Nazareni, dal vocabolo Nazir, “puro”; ed infatti il Talmud identifica gli Hassidim come gli Esseni Kabbalisti; e guarda caso, Ippolito, storico, nonché uno dei padri fondatori del cristianesimo, afferma che i primi gnostici del nord Africa erano noti con il nome di Naaseni e veneravano Nahustan il “serpente aureo, o bronzeo”, la cui immagine era raffigurata proprio su croci lignee; furono queste le genti chiamate successivamente dai greci ofiti, cioè serpenti, proprio come succedeva in oriente con i Naga.
Per quanto concerne le credenze oltre natura impartite dalla chiesa cristiana, esse diversificano da quelle degli hindù e dei celti che credevano nella visione animistica della reincarnazione; i celti addirittura credevano nella possibilità di entrare in contatto con l’altro mondo nel giorno di “Samain”, trasformato poi in Halloween dal Cristianesimo. La Chiesa odierna che, come abbiamo visto, fonda le sue radici nel popolo ebreo, invece crede alla risurrezione della carne e ritiene che i morti conservino nell’aldilà la loro personalità e il loro carattere, aspettando “cieli nuovi e terra nuova”, citati da Giovanni nell’Apocalisse (21,1). Non bisogna dimenticare, che non è sempre stato così per gli ebrei; ai tempi della fondazione d’Alessandria, gli ebrei avevano una diversa teologia, essi erano divisi in tre grandi sette: i farisei, i sadducei e gli esseni, cioè “i puri”, gli hassidim, che il Talmud identifica negli Kabbalisti esseni, cioè “i giusti, santi”, “i guaritori terapeuti” (dall’ebraico “asa” o terapeuta). Lo storico fariseo Giuseppe, ci fa sapere, nel libro XIII delle sue Antichità, che i farisei credevano nella metempsicosi; i sadducei credevano che l’anima morisse con il corpo; e gli esseni, “i puri” invece, la consideravano immortale: le anime, secondo loro, scendevano in forma aerea nei corpi, dalla più alta regione dell’aria; esse vi sono riportate da una violenta attrazione e, dopo la morte, quelle che sono appartenute ai buoni dimorano al di là dell’oceano, in un paese dove non c’è né caldo né freddo, né vento né pioggia. Le anime dei malvagi vanno invece in un paese dal clima completamente opposto. Un fatto che incuriosisce, sono le importantissime corrispondenze che si trovano tra gli scritti qumramiani e quelli evangelici, probabilmente ritrattati nel periodo della Roma imperiale da idee anti essene, probabilmente da Paolo di Tarso, (esempio ne è la teofagia allegorica della cena, mentre agli ebrei non era concesso cibarsi di carni sacrificali). Ma Paolo fu anche un dottore gnostico che come Filone credeva ad un’aldilà dei cieli dove esistevano Potenze Celesti: Angeli e Arconti coordinati dal Cristo e per mezzo del quale avveniva la liberazione karmica, “l’Uomo celeste conscio della Gnosi Divina”. Un’altra interessante somiglianza con il cristianesimo si può riscontrare nel culto zoroastriano di Mitra, definito come Cristo il Salvatore, il Verbo, il Dio della luce, identificato anche in Helios. Il dio nasce da una vergine, il 25 Dicembre, (come Horus), in una grotta; la sua vita terrena dura trentatré anni; i suoi dodici seguaci celebrano in suo ricordo un pasto seduti alla stessa mensa; ma del resto, non c’è da stupirsi, alcuni studiosi ricollegano il culto al mito greco di Perseo, portandone l’origine nel primo secolo a. C., a Tarso in Cilicia, dove nacque proprio S.Paolo. Mitra come Gesù risorse dopo tre giorni dalla sua sepoltura; in nome di Mitra si guarivano i malati, si risuscitavano i morti, si praticava il battesimo e la comunione con tanto di ostie e vino; sembra impossibile, ma viene da pensare che il Cristo dei Cristiani sia proprio il Mitra dei pagani, e pensare che per secoli si sono perseguitati a vicenda. Gesù, Buddha, Quetzacoatl, Marduk, Krsna; sono nati tutti da una vergine dopo un “annunciazione”, tutti ricordano l’intervento di uno “spirito santo”, di angeli accompagnatori e maghi. Non è ancora finita, proprio la leggenda di Krsna, il Dio salvatore degli Indù, simile a quella di Gesù, narra che Cansa di cui era nipote, fece uccidere migliaia di neonati per riuscire a ucciderlo già da piccolo senza però riuscirci, ma questo accade 5.000 anni fa. Se non è un ripetersi di storie fasulle nate dalla stessa matrice, sembra quasi che ci sia una ciclica manifestazione divina, una serie di interventi sopranaturali che si ripetono costantemente lungo le ere precessionali tesi a illuminare i popoli della Terra. Risalendo la genealogia del Messia, un’antichissima figura simile a Gesù appare nella persona del sacerdote Melchisedec, tradotto, “re di giustizia”, chiamato anche “Re di Salem”, ossia, quel regno di “Pace”, che alcuni identificano con Gerulsalemme o addirittura con la mitica Agarthi. Melchhisedec citato canonicamente nella Lettera agli Ebrei, (5:8,6:19,7:1:11), nei Salmi,(110:4) e apocrificamente nel Libro dei Segreti di Enoch, (71,1-10-19-22-24) e nei rotoli di Qumram, (11QMelch 2-9-12), fu concepito, molti secoli prima, come Gesù, per un intervento divino, dalla madre Sofonim che però mori ancor prima che lui nascesse. Rimase quaranta giorni nella dimora del padre Nir, fratello di Noè e figlio di Lamech, non nel deserto come Gesù; (nella bibbia si parla anche di quaranta giorni, in cui cavalieri in assetto di guerra sfilavano il cielo con le loro armature lucenti sotto gli occhi degli abitanti di Gerusalemme), poi il Signore lo fece portare dall’Arcangelo Michele sul Paradiso dell’Eden per salvarlo dal diluvio e farne il sacerdote di una nuova stirpe post diluviana. Su questa genealogia, nel libro slavo di Enoch si racconta che Lamech, figlio di Matusalemme, nel vedere suo figlio, il piccolo Noè, sospetta che sia stato concepito dal seme di un “Vegliante”, o meglio, dal testo ebraico, “Nephilim”, termine citato anche nel sesto capitolo della Genesi, quindi anche Noè, come captò per Melchisedec e risalendo la genealogia, come avvenne per Gesù, sembra essere nato per opera d’un intervento divino, ma non da uno “Spirito Santo” incorporeo, ma dal seme di un “Angelo fisico”, parte di quella legione di Dio che secondo gli scritti della “Guerra Giudaica”, rimase sulla terra fin dopo la nascita di Gesù, e comunque ciò non toglie che questo essere possa aver avuto uno “Spirito Santo”. Ma a parte queste antichissime somiglianze, quello che si sa sul cristianesimo ci viene dal più antico catechismo cristiano che ci è stato trasmesso in due opere del II secolo, la Didachè e l’Epistola dello Pseudo Barnaba, esso contrappone alla luce dell’angelo di giustizia, le tenebre dell’angelo dell’iniquità; queste due vie sono similari ai noti rotoli qumramiani del mar morto, trovati in Palestina , a trenta chilometri da Gerusalemme da un pastore nel 1947, risalenti a oltre 2000 anni fa, terra nel periodo occupata da dissidenti ebraici, esseni o zeloti. Questi manoscritti oltre a parlare di uomini giunti dal cielo, contrappongono al principe della luce l’angelo delle tenebre, (Regola della Comunità III, 13 e IV,26). La differenza sostanziale è che il vangelo contrappone all’angelo delle tenebre, il Cristo, o lo Spirito santo, invece dell’angelo di luce. In questi scritti c’è chi ha ravvisato l’esistenza di due Messia, in effetti anche il codice Arundel 404, risalente forse al VI secolo, che descrive la persecuzione di Erode rivolta a Giovanni Battista, supporta questa teoria. Ma la cosa che stupisce di più sono le sorprendenti concordanze tra gli usi e costumi della setta e i sacramenti cristiani, come il titolo di “fratello”, il battesimo, ecc. Il battesimo è un rito di purificazione che Giovanni Battista introdusse probabilmente attingendo dalle cerimonie notturne egizie, un costume che è in uso anche nei sacri laghi dell’India per esempio nel Gange. La stessa parola Amen, dall’ebraico, che secondo la corrispondenza numerica significherebbe “Verità”, alla fine delle preghiere significa “così sia”, parola anch’essa, che gli Egiziani usavano per invocare il loro Dio del mistero, Ammone o Ammas, perché si manifestasse. La stessa croce del Calvario era già conosciuta nei rituali egiziani, greci, cinesi e nelle civiltà precolombiane, vedi Itzama, per gli indiani, i sumeri e gli assiro-babilonesi dove simboleggiava Semiramide, il dio MarduK, o Bel; secondo Sitchin ed altri rappresentava simbolicamente Nibiru, il decimo pianeta. Ritornando ai rotoli di Qumram, nel famoso Rotolo dell’Angelo si parla di Yoshua ben Pediah, che venne portato in cielo dall’Angelo Pnimea e questa storia si avvicina molto a quella del sacerdote Melchisedec prima citata. Rammento che i rotoli Qumramiani non sono gli unici ritrovati in quel periodo, poco tempo prima, nel 1945, a Nag Hammadi nell’Alto Egitto, nei dintorni di Khenoboskhion vicino al monastero cristiano di Pacomio risalente al IV secolo, furono trovati altri interessanti rotoli in lingua copta, risalenti al II secolo, che contenevano: centoquattordici o centoventisette detti segreti di Gesù il Nazareno, vale a dire il misterioso Vangelo di San Tommaso, Filippo, Maria e altri scritti gnostici che rappresentano, probabilmente, l’originaria tradizione essendo cristiana, in quanto concepiscono gli uomini, gli angeli ed il Padre, tre gradi di un’unica realtà divina dotata di proprie dinamiche. Tale scritto fu anch’esso una di quelle opere messe al bando dalla chiesa, ma già nel IV secolo d. C., e qualcuno chissà per quale motivo riuscì a salvarlo dalla distruzione nascondendolo, visto che il gnosticismo era la massima eresia per la Chiesa Cristiana del II e III sec d. C.. Tra gli scritti gnostici recuperati il noto “Vangelo delle tre nature” è uno dei più curiosi, vista la suddivisione che fa dell’umanità divisa, per l’appunto in tre nature: Pneumatici da neuma cioè spirito,“sensibili per l’appunto allo spirito”, Psichici da psiche, cioè anima, “uomini di fede bisognosi di aiuto”, e Ilici da hile cioè materia, “senza sensibilità e legati per l’appunto alla materia”. A parte alcune incongruenze, vi si possono trovare delle analogie tra gli scritti riportati alla luce e i Vangeli canonici, per esempio notare questi confronti tra il Quarto Vangelo e alcuni scritti di Qumran: “Camminate mentre avete la luce, perché non vi sorprendano le Tenebre; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre avete la Luce credete nella Luce, per diventare Figli della Luce.” (Gv XII,35-36)
Io come Luce sono venuto al mondo, perché chi crede in me non rimanga nelle Tenebre.” (Gv XII 46)
Per il saggio affinché ammaestri tutti i Figli della Luce…in una sorgente di Luce sono le origini della verità e da una fonte di Tenebra le origini dell’ingiustizia…” Qumram, (Regola della Comunità)
Allorché i Figli della Luce porranno mano all’attacco contro il partito dei Figli delle Tenebre…” Qumram, (Regola della Guerra).
Tra gli scritti gnostici di Nag Hammadi è interessante ricordare Sophia di Gesù, una dissertazione sulla vera struttura dell’universo, sulla salvezza e sulla provvidenza divina. Rivelazioni a quanto pare, date da Gesù apparso su di un monte della Gallilea dopo la resurrezione, ai dodici apostoli e a sette donne, tra cui Filippo, Tommaso , Bartolomeo, Mattia e Maria Maddalena, che ponevano per l’appunto le importanti domande.
Gesù il Messia è nato al tempo del imperatore Augusto e fu crocifisso storicamente, sotto Tiberio, anche se alcuni scritti come: il brano di Giuseppe Flavio Vita, IV,75 e il brano apocrifo tratto dal “Secondo Trattato del Grande Seth”, affermano la sua mancata crocifissione, altri parlano di una sostituzione con Simone di Cirene, padre del noto Paolo di Tarso, addirittura la setta islamica Ahmadya, diffonde una storia di Cristo predicatore in India dopo la mancata crocifissione. Infatti, in uno scritto Purana del 115 d. C., attribuito a Sutta, si parlerebbe di un certo Isa Masih, tradotto, “Gesù il Messia”, che nella terra di Hun, in Himalaya avrebbe incontrato Shalivahan re dei Sackiyas che vide in lui, un uomo portatore di buoni auspici. Fu intorno agli anni 80 dello scorso secolo che l’esploratore russo Nikolai Notowich, sostando in un monastero tibetano, entrò in amicizia con un Lama che gli avrebbe mostrato dei vecchi fogli in tibetano, copia di originali in lingua pali, giunti dall’India a Lhasa; fogli che raccontano la storia di un certo Buddha Isa, dove generalmente si ripetono le stesse vicissitudini vissute da Gesù. I manoscritti orientali parlano di un profeta dalla pelle bianca venuto dalla Palestina, raccontano di Yusu", Yusuf", "Issa", "Issana", "Yusaasaf", "Yuz-Asaph", "Yuz-zasaf", a seconda che la sua leggenda sia narrata in kashmiro, arabo o urdu. In un Inchiesta sul mistero della cripta di Rozabal, curata da Rosario Mascia su “Misteri della Terra”, si suppone che Yuz Asaph, “Gesù”, dopo essere sopravvissuto alla crocifissione e curato da Nicodemo con un particolare unguento, si inoltrò ad Oriente, verso le tribù d’Israele disperse, verso i luoghi della sua fanciullezza, sembra che assieme a Maria si ricongiunsero ad est dell'Afghanistan a Taxilia con Tommaso, che lo accompagnerà nel Kashmir e dopo la sua morte proseguirà verso il sud dell'India morendo a Milapore, nei pressi di Madras. Maria che non sopportò le fatiche del viaggio morì a pochi chilometri da Rawalpindi. La tomba di Yuz Asaph si troverebbe nella Cripta di Rozabal, a Srinagar, poco distante da un’altra tomba sita a 58 chilometri a nord di Srinagar, sul monte Ablu, identificato da alcuni col biblico Nebo, oggetto anch’essa di venerazione da 3500 anni è custodita da 900 anni dalla famiglia di Wali Resh, una delle 45 di una sperduta comunità ebraica che vive isolata vicino al luogo conosciuto come "Il Santuario del Profeta del Libro", la tomba di Hzrat Musa in arabo, cioè il Mosè biblico. Gesù entrò nella valle di Srinagar da un prato che ancora oggi è noto come Yusmarg, "prato di Gesù", abitato da Kashmiri della razza ebraica degli Yadu, e pare che da lì iniziò la sua opera di profeta che Mulla Nadiri, il primo storiografo musulmano del Kashmir, riporta nel suo Tarik-i-Kashmir: "Yuza Asaf, lo Yuzu delle tribù di Israele, proclamò la sua natura profetica nell'anno 54 durante il regno del re Shalewahin", che, convertitosi, gli donò una donna di nome Mryan (Maria) per accudirlo e dalla quale ebbe dei figli di cui un discendente, Sahibzada Bashrat Saleemun il cui padre era noto perché dotato di poteri paranormali. La presenza di Maria sembra certa, infatti, pare che un piccolo villaggio fino al 1875 si chiamasse Murree, in onore di Maria. Il luogo della sepoltura è noto come Pindi Point, mentre il tumulo è conosciuto come Mai Mari Asthan, "il luogo di riposo della madre Maria". Quindi sopravvissuto alla crocifissione, Gesù divenne il salvatore degli israeliti dispersi: gli afgani e gli abitanti del Kashmir, le cui tracce portano fino ai piedi dell'Himalaya, al tempio dei giudei a Kaillash, per l’appunto nella valle del Kashmir. Del resto ci sono molte analogie, oltre che con Krsna, anche tra, Buddha e Gesù, io azzarderei dire legati forse per stirpe; in quanto entrambi nati da una vergine in famiglie di stirpe guerriera, Kashatrya e David; non c’è da stupirsi, i magi, venuti a conoscenza della nascita del Salvatore, “Il nuovo Krsna”, alla sua nascita portarono dall’oriente: oro, mirra e incenso, doni che dovevano rimanere a Israele, ai discendenti dei Figli di Set, Jared, Enoch, Matusalemme, Lamech, ecc.; che li custodivano nella “Caverna dei Tesori” fin dai tempi prediluviani. Probabilmente da queste consapevolezze il “Priorato di Sion“, sostiene l’esistenza di una progenie di Gesù originata con Maria. Gesù canonicamente fondò, secondo i cattolici, la chiesa con i suoi discepoli e apostoli, nominando Pietro primo papa e suo successore, ciò che non accettano i protestanti della riforma di Lutero, tesi ad allontanare la corruzione che dilagava nella chiesa, e gli anglicani della chiesa fondata da Enrico VIII. Ricordo a proposito, che esiste anche una chiesa cristiana ortodossa, nata da una scissione voluta dall’Imperatore d’Oriente che volle liberarsi dall’influenza della Chiesa Romana. Del resto esistevano scissioni già nelle religioni precedenti al cristianesimo, dato che sono sempre esistiti, come nella religione greca, rituali resi pubblici, che oggi chiameremmo “exoterici” e rituali misterici, nascosti, che oggi chiameremo “esoterici”; principi che nel primo caso, hanno dato origine alla chiesa Romana, Ortodossa e Protestante; e nel secondo caso, hanno dato origine alla Chiesa Gnostica, chiamata dai Rosacroce “Chiesa Mistica”. In contrasto con la fede di Cristo esistono varie religioni, il monoteismo Islamico con la sua tradizione coranica, basata su cinque principi fondamentali, afferma che Gesù non fu crocifisso, infatti alcune sette, come abbiamo visto, lo vedono predicatore in altri paesi. L’Islamismo attribuisce ad Abramo la figura di padre spirituale, che con Ismaele suo figlio, fondò la Caaba, il santuario della Mecca. Il suo Fondatore Muhammad, nasce nel 570 d.C. alla Mecca, riuscì ad unire il popolo arabo, che adorava più di 150.000 divinità, sotto un unico credo; gli esoterici lo considerano un discepolo di Cristo, un’affermazione della sura 112 definisce così il loro Dio: ”Egli è l’unico Dio, il Dio eterno. Egli non genera e non è generato, e nessuno è pari a lui, (quindi come il Dio degli Ebrei e molte altre divinità, si potrebbe interpretarlo come la creazione stessa); il piacere delle fede qui si chiama ”baraka” una condizione individuale benedetta e prediletta da Allah. Anche nel Corano, come nel vangelo, si parla di una realtà parafisica, i Jinn; inoltre, curioso è il fatto, divenuto anche un romanzo, che il profeta Mohammed avrebbe eliminato alcuni “versi satanici” che avrebbero seguito in origine il versetto 20 della sura 53, detta della “Stella”. L’Induismo composto da più fedi culture e filosofie è la terza religione del mondo, nata nel primo millennio a. C., considera il cosmo eterno e in continuo mutamento, Sanatana Dharma è l’Eterna Fonte Universale, a Brahma spetta un ruolo fondamentale, all’alba di ogni giorno, ricomincia una parziale creazione del mondo. Sanatana Dharma è la ciclica religione che non è stata rivelata da nessun uomo. Nel Pantheon indù l’originaria sintesi cosmologica è rappresentata da Shiva, il greco Dionisio, il dio di Nysa, città sacra a Shiva, il dio del vino che danza, simbolo rappresentante le funzioni di: creazione, mantenimento, dissoluzione, riassorbimento e grazia, associato da Plutarco anche all’egizio Osiride, mentre Iside è associata a Demetra. In Greca Dionisio il figlio della dea lunare Selene, o Semele “il dio della vite,” sembra sia esistito fisicamente con il nome di ”Libero Padre, colui che è come vuole essere”, considerato un Dio dopo la morte; chiamato anche Bacco, nelle cui feste si portava in processione un serpente. Infatti nelle mitiche nozze di Cadmo e Armonia che richiamarono tutte le deità sull’Olimpo, si racconta di Cadmo che fondò Tebe dopo aver abbattuto un serpente guardiano; proprio quel Cadmo sposo di Armonia, padre di quattro figlie tra cui Semele generatrice di Dionisio “Colui che crede che avere regno al mondo è avere potere”. I testi del Induismo sono i “metafisici” Veda tramandati dai saggi rishi o meglio veggenti, i Samhita, i Brahamana e le Upanishad; la sofferenza dell’uomo nasce dall’Avidya, “l’Ignoranza”, nascita e morte sono solo mutamenti nell’eterno flusso vitale; scopo della vita sono: il Dharma (ordine etico universale), l’Artha (benessere), Kama (desiderio) e Moksha (la liberazione); infatti dopo la morte lo spirito, “l’Atman” torna alla dimensione divina, la mente alla dimensione mentale ed il corpo alla terra. Il Buddhismo nato in India nel VI sec, a. C., invece, si distingue per la natura non divina del suo fondatore, che invita a seguire la sua dottrina, la via del Dharma, dalla radice Dhri, “sostenere”, con i concetti di Karma, azione (causa - effetto), che restituiscono all’uomo il ruolo di artefice del proprio destino. Il Lamaismo rappresentato dal Bodhisattva, colui che pur raggiungendo l’illuminazione, vi rinuncia per aiutare gli uomini a trovare il nirvana, la via della perfezione. Lo Shintoismo giapponese invece, forse legato alla tradizione munda, è legato alla figura dell’imperatore “Mikado o Tenno” 660 a. C.: il primo, considerato discendente della dea del sole Amaterasu, una dei tre figli di Izanagi e Izanami che ricevette il regno della Luce con il cielo e la terra, i miti scintoisti, richiamando la dualità delle forze come molti altri miti, fanno risalire l’origine dell’umanità ad una copia divina primigenia per l’appunto Izanagi e Izanami (le forze contrapposte fratello e sorella, marito e moglie).

      


  Da sinistra raffigurazioni di Baal, Giove, Nettuno, Melchisedek e  Dionisio.








44° IL DILEMMA BENE E MALE

Alla domanda: se Dio è veramente creatore dell’uomo, o l’uomo, sospinto dalla speranza, ha creato Dio per un suo bisogno? Ogni epoca ha dato la sua risposta e ogni uomo, in base alla sua maturazione mentale, l’ha interpretata a modo suo. Certo è che nell’evoluzione dell’uomo, fin dall’omo: “abilis, sapiens e religiosus in poi”, c’è sempre stato bisogno di un’organizzazione, di una guida per motivare e regolare il vivere sociale, “cosa che si riesce a fare solo finché ci sono gli alimenti per tutti”, quindi sono sempre necessitati intermediari, “uomini illuminati”, più intelligenti, sciamani, i derivanti sacerdoti, stregoni, aedi greci, druidi e i bardi celti, alchimisti, cabalisti, teosofi. guru; oggi direi: telepatici, chiaroveggenti, studiosi, letterati, mistici, ecc.; uomini che portavano a misura d’uomo il divino per le più disparate necessità sociali, operando tra l’umano e il divino per costruire e dirigere quella che chiamiamo comunità; è qui che la “spiritualità” inavvertitamente, se gestita da malintenzionati o incapaci, si allontana dalla religione per diventare politica, in quanto creatrice di una virtuale entità inappellabile da usare a proprio volere. Questa è la religione, da res=cosa e ligo=unire, quindi “mettere insieme, redigere una guida di persone, che essendo “illuminate”, diventano veggenti e portatrici di giustizia, con il loro esistenziale intento o compito di evitare i mali innati dell’uomo sgretolando la paura delle incertezze che lo assilla. Non a caso anche la parola sanscrita “yoga”, significa “unione”, e si propone per l’appunto, di mettere insieme discipline e tecniche che mirano a unire lo spirito individuale con l’anima universale. Del resto, Dio creò solo la “luce”, “E luce fu” (Genesi 3), rapportabile a quel “Uovo Cosmico, o Big Bang” che teoricamente avrebbe originato la vita, ma che la maggior parte delle religioni riconduce anche alla ragione, all’ordine; vuol dire che le tenebre e il male c’erano già da prima nell’abisso del nulla, nell’abisso della perdizione, nell’Abbadon babilonese, o nello Sheol ebraico, da dove deriverebbero gli antichi demoni, che un tempo provocarono la “grande guerra contro il male”, riscontrabile in tutte le culture, guerre come quella degli arcangeli “i messaggeri dell’arca”, contro Lucifero, o come quella raccontata nel Mahabharata, o meglio la successione greca del “Cosmos al Caos”, dell’ordine al disordine. Ma quando si parla di “Luce”, non ci si riferisce solo in termini di luminescenza, ma anche alla conoscenza di realtà fisiche che in fondo sono oscure “nelle tenebre”, quindi esiste una luce delle oscurità che la fisica oggi, più che mai avverte attraverso gli studi sulla materia. l Nella mitologia Greca è Pandora figlia di Efesto la prima donna mortale causa di tutti i mali, Pandora mandata da Zeus sulla Terra divenne sposa di Epimeteo, colui che per curiosità apri il vaso dei mali affidatogli da Zeus diffondendoli sulla terra, colui il cui nome in greco significa “imparare dopo”, al contrario del forgiatore dell’uomo Prometeo i cui termine significa “imparare prima”. Contrariamente, non a caso, il termine Diavolo è affine al termine “devolo” cioè scendere in volo e deriva dal latino diabolus che significa il “calunniatore” e dal greco dia-bolein che significa “lanciarsi attraverso per separare”, in pratica dividere; come il termine setta solitamente compagno, che oltre a derivare dal latino secta, (verbo: sequor) “seguire,” potrebbe invece derivare da seco, cioè “seccare separare”. Lanciarsi attraverso separando può significare anche lanciarsi attraverso per fare esperienza, superare una prova, “voler conoscere;” del resto il serpente oltre che essere simbolo di separazione del diavolo è anche simbolo di sapere, conoscenza, e qui si ritorna alla dualità, alla contraddizione, che appare assolversi solo nella visione antica e unitaria del bene e del male, o meglio il bene nel male ed il male nel bene, l’orientale Ynn e Yang: “luce e buio, attivo e passivo, uomo e donna, bene e male”. Del resto, personalmente, sono convinto, tenendo conto, come più volte ho affermato, se è vero che “Dio si rivela nella ragione”, che il male fatto incoscientemente è necessario all’evoluzione dell’uomo, mentre il male fatto coscientemente o premeditatamente ne è la vera parte oscura, “demoniaca”, che blocca l’evoluzione, cacciando l’uomo dall’Eden, dai piaceri dell’elevatezza spirituale, ricacciandolo, facendolo regredire evolutivamente nell’ignoranza con la forza della “Loggia Nera”, dell’oscura energia inversa; è bene e procura piacere, favorire il moto creativo in divenire ed è male contrastarlo, e si raggiunge la consapevolezza di questo solo attraverso l’esperienza e “l’illuminazione”. Ecco perché la Chiesa afferma che Dio permette il male, “la croce,” per ricavarne il bene e giungere al cielo, ecco perché gli esoterici chiamano per l’appunto “Omeopatia Karmica” quel curare il male con piccole dosi di male che serve, sempre secondo le dottrine esoteriche, far staccare lo spirito dal nostro pianeta verso il “Cristo Padre, il Sole del Mattino”, dopo aver percorso il Samsara cioè quelle esperienze assimilate nelle successioni Karmiche, quel percorso conosciuto ed espresso magnificamente dagli antichi. Basti ricordare il poema sumero di Ishtar, in cui la dea scendeva negli inferi privata man mano delle sue prerogative fino a perdere la veste ed essere così aggredita dalle “sessanta malattie”, impazzendo, fino a quando, aiutata a recuperare la veste, risaliva gli inferi tornando alla luce con l’esperienza appresa, ciò che nel antico testamento viene chiamato: “la conoscenza del Bene e del Male”, un aiuto quello di Ishtar da interpretarsi come una purificazione operata da santi e angeli tesi a insegnare “la Grande Lezione dell’Amore”. Del resto nel vangelo di Giuda, nominato da Ireneo e Epifanio e attribuito alla setta gnostica dei canniti, si giustificava perfino, sia il fratricidio di Caino che il tradimento di Giuda, considerati previsti e necessari per la caduta e la conseguente salvezza, per tale motivo veniva celebrato “il mysterium proditionis”, non c’è da meravigliarsi i Cainiti, i Camiti e i Canaaniti sono tutte razze dominanti chiamate “figli dei Serpenti”. Fondamentale dunque la comprensione del mondo dell’anima, che rivela il fatto che noi siamo i veri nemici di noi stessi, non capendo “che il male, si è necessario, ma guai a chi lo fa”, non capendo i tre influssi dell’occulta e “Antica Legge di Partecipazione al Male” che afferma:“La malattia è causata e dipende da tre influssi Primo: il passato, e con ciò l’uomo sconta i suoi vecchi errori. Secondo: l’eredità, per cui condivide con tutti gli uomini energie infette che hanno natura collettiva. Terzo: ciò che il Signore della Vita impone al Proprio corpo, a cui l’uomo partecipa con tutte le forme naturali”; questa legge un giorno sarà sostituita dalla “Legge dell’Antico Bene Dominante”, ma dovrà essere attivata dalla volontà degli uomini, solo allora sarà: “come quando il sole appare e le ombre della notte, senza lotta, svaniscono”. Il termine satana, invece, non a caso deriva dal Sanscrito, dal Fenico e dall’Ebraico ha-satan, antico “shatan” che significa “l’avversario, ciò che non si vuole conoscere, rimanendone così sempre separato”, infatti, nella stessa radice della parola dal Fenicio STN: Scin+Tet+Nun, Scin ha la funzione di trasferire le idee da una parte all’altra degli opposti, mentre Scin e Tet indicano il tendere all’oscuro, il non capire, l’ignoranza del non conoscere, che d’altro canto credo necessaria perché quello che noi chiamiamo “male” si esprima quale motore dell’esistenza stessa, dove l’Equilibrio armonico delle dualità diventa “l’unica vera giustizia, l’unica vera via“ il “necessario d’essere per esistere”. Volendo rapportare quanto detto al concetto alchemico e creativo della “Trinità”: Padre, madre e Figlio, a mio parere, diviene facile capire il significato positivo di Shin che si può identificare con il Figlio, in quanto è il risultato ritmico creativo avvenuto dall’unione dell’amore tra il Padre e la Madre (l’uomo e la donna), mentre d’altro canto, invece, si evidenzia l’oscurità dissonante dell’increato, che appare nella “separazione” del Padre dalla Madre (dell’uomo dalla donna), la non partecipazione, la non conoscenza dell’armonia universale, sempre “quell’’oscura energia inversa”, che cosmicamente si manifesta estrema, anche nella “contro rotazione di alcune galassie”. Qui, sempre a mio parere, appare evidente l’agire di Dio nell’istinto, nello stato cosciente del microcosmo che ci compone, per lo scopo della procreazione, ma il suo agire appare anche nell’amore della nostra ragione cosciente che tende a conoscere, unire gli spiriti dell’uomo e della donna, in questo caso nella consapevolezza creativa della prole, l’atto creativo voluto da Dio per lo scopo del ritmico “Divenire”, l’esistenza dello stesso Dio. Qui a mio parere, si può anche teorizzare l’evoluzione dell’uomo o di un corpo verso le sfere superiori, che in un ciclo karmico, dimenticando la sua natura, torna alle sfere inferiori; ciclo in cui il male è l’energia che percorre lo stesso ciclo in modo inverso, portando il sapere raggiunto dun “corpo evoluto” su sfere evolutive inferiori, utilizzando appunto i corpi e gli elementali a proprio piacere, quel male che è stato definito il “Sapere del Serpente”, che sempre, e comunque deve rendere conto degli suoi errori alle sfere superiori. Quest’ultimo concetto sembra rivelare un ‘altro tipo di “male, un’energia inversa”, ma in realtà se viene permesso dalle sfere superiori probabilmente rientra nel “Grande Equilibrio della Creazione”, del resto la personalità dell’uomo sebbene associata ai “diavoli” dei piani inferiori convive con l’anima dei piani superiori del “regno di Dio”. In questi concetti, quello che noi chiamiamo “il male”, appare solo nel “non essere, la non conoscenza”, la “disarmonia del tutto” contraria all’armonizzazione degli opposti che già i celti rappresentavano con la doppia spirale, anche chi persegue il male consapevolmente, in nome d’un “libero arbitrio” che la stessa mente limita, in realtà difetta come creatura e non conosce, non vuol conoscere, o semplicemente non gli è permesso conoscere, per far sì che esista il concetto opposto di armonia. I “demoni” sono la rappresentazione del male, nel microcosmo agiscono attraverso quelle minuscole entità che ci formano; e nel macrocosmo agiscono attraverso le stelle e quegli esseri superiori che ci visitano; ma non dimentichiamo che agiamo anche noi, nell’opporci o nel accondiscendere. Il male è l’estrema disarmonia, la parte della dualità che chiude il cerchio congiungendosi con l’altra parte duale “l”uccidere per amore”; l’agire necessario per l’esistenza dello stesso Dio che si divora, che ci divora per Alimentarsi, Unirsi e Ricrearci, suggellare la vita nelle diverse realtà. Un concetto simboleggiato magnificamente dall’Oruoboros egizio, il semita “Napiriha”, che portano in se il concetto dell’ebraica duplice anima dell’Elan, in altre parole quel “Serpente Cosmico” già noto agli hindù e ai cinesi, quel “Drago fiammeggiante”, che da vita alla creazione mangiandosi la coda, in altre parole nutrendosi di se stesso, non per caso era simbolo di rinascita e le sue scaglie simboleggiavano gli stessi astri dell’universo. Lo stesso concetto espresso recentemente dallo studioso russo Ouspensky, quando in estasi mistica sperimentale, si chiese, che cos’è il mondo?: “Immediatamente vidi la sembianza di un grande fiore, come una rosa, o un loto, i cui petali si schiudevano continuamente dal centro, crescendo, aumentando le dimensioni, raggiungendo la parte estrema del fiore e quindi in qualche modo ritornavano dio nuovo al centro e cominciando di nuovo dal principio”, Questo concetto porta ad un’alta consapevolezza di se stessi che gli antichi egizi già conoscevano come dimostrano le conoscenze ermetiche e gli affreschi del libro di ciò che è nel Duat, cioè quella zona celeste che comprendeva Orione, il leone e l’Orsa Maggiore “simboleggiata dal dio Seth, “l’ibis o il schaitan”, colui che si ribellò a Osiride” proprio come il Satana cristiano, apprezzabili nelle tombe della Valle dei Re. Il Libro dei Morti egizio, rievocando figure associabili ai demoni mesopotamicidi che potevano mutare aspetto, di Seth afferma: “Che io possa trionfare di Seth e delle sue spie notturne dalle sembianze di coccodrillo, come pure dalle spie dai volti celati… (cap. LXV) Perché Seth, nelle sembianze di un Cinghiale nero, ha inferto un duro colpo all’occhio di Horus… (cap. LXV) Che la mia anima non rimanga soggiogata né trascinata in prigionia dei demoni… (cap. CXXV)”. Come il papiro di Hunefer al cap. XVII, gli scritti di Maspero, i papiri di Ani “il Libro dei Morti di Hunifer” e la piramide di UnasIn, ci parlano dei Figli delle tenebre che vogliono disfarsi di Osiride, e del serpente Sata; un papiro d'epoca tolemaica, copia di un papiro più antico d'epoca ramesside, chiamato "Setne II", custodito al British Museum con la sigla D.C. IV, narra alcune vicende legate al figlio di Ramosis Il Khaemuaset, chiamato anche "Setem", cioè Sommo Sacerdote di “Ptah”, che ha per figlio, Sausir, che è in realtà fu ritenuto l'incarnazione di un potentissimo mago vissuto in Egitto 150 anni prima, quando regnava Thotmosis III, ed il cui nome era Horus sapaenshu, si narra che fu il dio Thot a dargli, in sogno, le istruzioni per costruire un “carro magico”: "Le magie di Horo sapaenshu correvano in mezzo alle nuvole del cielo e non perdevano tempo a muoversi nella notte (andando) verso il paese degli Etiopi. (Arrivati lì) s'impadronirono del re e lo portarono in Egitto ... poi lo riportarono a Saba il tutto in sei ore." Il re degli etiopi, spaventato, dice allora al suo mago: "per Amen, il potente di Saba, mio dio, se capiterà che tu non sappia salvarmi dal carro magico degli egiziani, ti farò fare una brutta morte tra i tormenti." Così il mago etiope va in Egitto e, di fronte al faraone Thotmosis III, inizia una gara di magia con Horo sapaenshu. Ad un certo punto l'etiope "sospese una grande lastra di pietra che misurava duecento cubiti di lunghezza e cinquanta di larghezza (80 mt x 20 mt) sopra il faraone e i suoi nobili."
A parte le straordinarie affermazioni, noterete tra l’altro l’incredibile somiglianza fonetica del termine “sat-ana” che sembra formarsi dall’unione degli dei egizio-sumeri “Seth e Anat o Anu”, quest’ultimo identificato per l’appunto con Osiride. Otterremmo la stessa conclusione analizzando il mito originario di Pan “il tutto,” nato probabilmente dalla “matrice” di Min, una divinità egizia della procreazione sessuale, rappresentata consuetamente con il pene in erezione, un nastro cinto sul capo e due lunghe piume sopra, associabile quindi, ai vigilanti di Enoch. Pan è definito un satiros o meglio Seth+Aries, il fuoco primordiale dell’essere, più precisamente degli arya giunti da Venere a distruggere quei primi esseri “mostruosi citati anche nell’antropogenesi delle “Stanze di Dzyan”. L’associazione del Capro, con l’impurità ne fece un simbolo per l’espiazione dei peccati dei primi esseri “informi”, dei Vigilanti, e dei popoli, basti ricordare, come afferma anche il Pentateuco, il capro offerto dal popolo ebraico ad Azzazel, Belial, o “Seth” divenuto il nostro Satana; infatti noterete la somiglianza del termine Satana con Sanatana che significa “Eterno” e con il conseguente “Sanat Kumara”, il “Sempre Giovane” giunto da Venere con i suoi Kumaras; da alcuni associato al sovrano di Atlantide Nettuno, il cui simbolo è il tridente, il forcone del Satana cristiano e presente anche del dio hindù della danza, Schiva. Azzazel sembra anche associabile al capo dei Vigilanti Semeyaza, nome che potrebbe avere origine da, azza “il forte”, o Uz in accadico “capra” e anche un dio, come sembra da un interpretazione di a una tavoletta trovata a Sippara in Iraq, dove Uz è rappresentato su un trono con pelli di capra mentre fa ruotare il disco solare, in ogni caso legato ai riti sciamanici dei Vigilanti, djinn, edimmu e ai succhiatori di sangue come “l’hibla-bashi”, un satiro mezzo uomo e mezzo capro ricordato dai Wigram del Kurdistan, uno di quei esseri probabilmente trasformato da quelle entità giunte da Venere a rinnovare la razza terrestre per i loro scopi. “Tutto ciò  sembra dirci che per “l’Esistenza”, c’è un’unica necessaria Energia di “contrapposti”: “maschile-femminile, male-bene, ecc.,” che sotto molteplici forme, sale dalla terra e attraverso una “legge Karmica” di trasformazioni e purificazione raggiunge sempre più sensienza, sempre più “visione interiore” fino a diventare Divinità, raggiungendo la comprensione dell’universo, “la Luce del Padre”, luce nel quale rientra anche l’evoluta sensienza contrapposta di quei dignitari Elohim”. Fu il ragionare su quest’ordine di concetti a portare grandi pensatori ad elaborare contrastanti, ma efficaci aforismi. Fu forse per questo che Plutarco di Che romea, colui che 1600 anni prima di Copernico concepì l’Universo infinito con più mondi animati, disse “nell’Arte di Ascoltare, De Rectaratione Audendi”: “Che seguire Dio e obbedire alla ragione sono la stessa cosa”; forse sapeva, come afferma lo Zand Avesta Zoroastriano, che l’uomo è destinato ad usare il “Libero Arbitrio” secondo una giusta ragione, o meglio come disse S.Paolo: ”L’uomo è libero nella legge”. Socrate di Platone disse: “E giunta l’ora di andare. Ciascuno di noi vada per la propria strada: io a morire, voi a vivere. Che cosa sia meglio Iddio solo lo sa”, Catullo ricordava che una volta che si è spenta la luce della vita, c’è una notte eterna da dormire, forse per questo Orazio ci insegnò a cogliere l’oggi e non a lasciarsi incantare dal domani. Ognuno ha avuto, ed ha, le sue “illuminazioni”, in ogni tempo, sempre limitato “dall’ombra della propria ignoranza evolutiva”.

     
La prima foto a sinistra rappresenta il cunicolo di comunicazione fra i livelli, menzionato nel "Libro di ciò che è nel Duat". A fianco: “Dinanzi a Osiride”, Libro dei Morti e infine statutetta di Osiride e Oro.


45° LA DUALITA’ CREATIVA DELL’ESSERE DIO

Gli insegnamenti eccelsi sono infiniti, la “Verità” va ricercata, per logica, su ciò che più si accomuna, sull’origine etimologica degli stessi termini rivelatori. I termini come spirito, che noi carichiamo di trascendenza, all’origine avevano un significato più esplicito. Spirito per esempio è la traduzione dell’ebraico e femminile Ruakh, che significa “fiato”, in latino spiritus, significa “fiato, respiro” e corrisponde al termine  esoterico Atman, “il Sé della stessa Forza Creatrice sostenitrice del Tutto”; da ciò riesce facile capire l’essenza di Dio e della Creazione, capire le parole di Geremia al tempo del quarto e il quinto re di Roma, Anco Marzio e Tarquinio Prisco, quando dice: “Il respiro della nostra bocca, il Cristo Signore, è stato fatto prigioniero per i nostri peccati”…”Questi è il mio Dio e nessun altro può essergli paragonato. Egli ha scrutato la via della sapienza e ne ha fatto dono a Giacobbe suo servo, a Israele, suo diletto. E dopo è apparso sulla terra e ha vissuto tra gli uomini”. Inoltre profetizzando Gesù aggiunge: “Ecco vengono giorni, dice il Signore, nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra”. Da ciò è facile capire perché S. Agostino diceva: “Dio mi è più intimo della mia stessa intimità”, da ciò è facile capire perché gli indiani d’America chiamano coerentemente, Dio “Grande spirito” considerandosi una sua porzione, o perché nella stessa Genesi (1,2) si legge: “E la terra era informe (orig.”Tohu bohu”, nel caos) e vuota; e la tenebra era sulla faccia dell’abisso. E lo spirito di Dio si muoveva sulla faccia delle acque”, più esplicitamente questo stesso spirito diventa “creatura viva” dal “neptus”, la sostanza umida originaria, nei versi (1,20): “E Dio disse, le acque producano in abbondanza le creature che si muovono e hanno vita; e volatili che possano volare sopra la terra nell’aperto firmamento del cielo”, “ E Dio Li benedisse, dicendo, siate fecondi e moltiplicatevi, e riempite le acque dei mari, e i volatili si moltiplichino sulla terra” (1,22). Nel secondo capitolo della creazione si dice esplicitamente: “Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla Terra e nessuno lavorava il suolo e faceva salire dalla terra l’acqua dei canali per irrigare tutto il suolo”, quindi l’acqua è la prima apparizione sulla terra. Scrutandone l’analisi ritmica degli insegnamenti cabalici, si noterà che l’acqua nell’alfabeto ebraico si riassume in “ed” formata dalle lettere alef e dalet, cioè la prima e la quarta lettera dell’alfabeto ebraico (1-4), subito dopo si parla di Adam che è composto da alef, dalet e mem, (1-4-40), il rapporto numerico del piano decimale superiore; la struttura dell’alfabeto ebraico fa sì che l’albero della vita e l’albero della conoscenza siano rappresentati proprio nel rapporto numerico 1–4, il quattro ha assunto sempre molta importanza, è il “tetraktis”, il dieci dato dal contenuto del quattro, il numero del giuramento dei pitagorici: “Nascita, Vita, Morte e Vita ancora; cioè l’Immortalità”, è il Tetagramma impronunciabile di Dio che rappresenta l’esistenza delle cose in sé, è il numero dei quattro elementi: aria, acqua, terra e fuoco, l’esistenza rivelata attraverso il “quaternario”, che in astronomia corrisponde al pianeta Giove con le sue quattro lune. Tornando ad Adamo quindi “l’uomo”, appare nel rapporto del piano decimale superiore 1-4-40 e nel rapporto con “ed” diventa successivamente 1-4-40-400: “Un fiume usciva dall’Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi (Genesi cap 2 vers. 9)”. 1-4-40 sono valori numerici, guarda caso relativi alle lettere alef, mem e taw che formano la parola “verità”; quindi “un evoluzione ritmica decimale” rappresentante la Creazione stessa dove lo zero rappresenta la ciclicità, “l’uovo cosmico”, se poi nelle parole uomo e verità tralasciamo l’uno si avranno 4-40 e 40-400 equivalenti a “dam e met” che significano sangue e morte, ossia “la tragedia umana”. Il peccato di Adamo, non seguire le regole divine, significa morire e comprendere l’eternità del Creato, infatti, dover morire è connesso con il prendere “l’Albero della Conoscenza” come afferma il cap.2,17 della Genesi, e la connessione numerica è perfetta. Qui si può capire, perché la sete di logica e sapere in vita si rivela in tristezza nell’essere che vuol sapere, trovandosi limitato dallo stesso stato di materia. “Scritto davvero speciale la Bibbia”, ma solo con l’alfabeto ebraico si segue un senso numerico, un filo logico rivelatore, ecco perché sta scritto che gli scritti originali non devono mai essere ritoccati, e se tradotti diventano solo una fede da credere, ma non provabile numericamente, se non in ebraico, ovviamente. Nello Sepher Bereshit “il Libro del Principio”, o Genesi” al capitolo 1.1,2 tradotto parola per parola appare evidente e chiaro “l’atto generativo di Dio” nella dualità delle forse, infatti, si legge: ”Wa-aretz:: E la terra; haitahah: non manifesta; thohoù: in potenza; wabohoù,: d’essere,; w’hosheèh: l’oscurità; hal-phenei: avvolgeva; theom,: l’oceano primordiale,; w’roùah: il soffio vitale; Elohim: Dei; Merahepheth: generativamente movente; hal-phenei: al di sopra; ha-maim: acque”.
In questi versi, e ritmi numerici si ravvisa l’antica relazione duale delle energie Terra – Sole, che avrebbero dato vita al nostro pianeta, teoria che la scienza d’oggi ci propone, ma che come abbiamo visto, fu già teorizzata nei frammentari versi fenici di Sanconiathon ed egizi di Ermete Trismegito che nel suo concetto di “Unica Cosa”, evidente nella nota Tavola Smeraldina, mette in luce una sintesi fondamentale dell’antico sapere egizio, che poi fu ereditato dai romani, basti pensare che nel culto di Attis si affermava: “Io e il Padre siamo un'unica cosa”; anche la dualità “male e bene”, come abbiamo visto, fu superata egregiamente dagli egizi, la stessa figura del “Caduceo” di Ermete o Thot, derivazione del bastone brahmanico (sacerdotale), il bastone del potere lungo il quale sono attorcigliati due serpenti di colore diverso che si affrontano, mette in evidenza un’unica realtà spirituale, risultante dalla coesistenza del bene e del male, infatti la cima sferica del bastone rappresenterebbe il cervello che per i brahmani era la reincarnazione di Vishnu il deva maestro di ogni pianeta, la cui “illuminazione” fu possibile solo quando il Re Cobra dalle sette teste Mucalinda gli porse riparo durante una Tempesta, un gesto sommo d’amore e compassione che fa capire che il male e il bene sono solo una misura di adattamento al vivere le regole quotidiane dell’uomo; sta scritto infatti: “Dio usa per il bene anche i malvagi e per coloro che lo amano Tutto concorre al bene”. Una statuetta azteca trovata in Mexico che rappresenterebbe la grande madre Coaticlue “quella dalla gonna di serpenti”, mostra la testa della dea formata da due serpenti che si affrontano, forse proprio per rappresentare la dualità delle forse necessaria alla “Creazione”. Per gli Egiziani, è dal Caos, Nun o Nout, le acque primordiali, che nasce l’idea di Atum-Ra che per mezzo del Verbo, o meglio, “dalle parole, suoni, combinazioni”, creò dal mare primordiale la prima isola di terra, “Tep zepi”, l’Età dell’Oro egizia. Un verso tratto da un testo fatto risalire a circa 2.400 a.C. rivelando l’antica cosmogonia egizia dice: “O Atun, tu eri sulla collina primordiale, la prima terra sorta dalle acque”, poi Atun attraverso l’intervento di Rà, “l’alieno che diede la coscienza vitale” si manifesta in Ptah, “il corpo”, è Tah il dio egizio più recente che prima pensa con il cuore e poi crea i suoi dei, qui il cuore raggiunge finalmente il potere sulle membra. Un antico testo egiziano afferma: “Io ero le Acque Primeve Colui che non aveva compagno quando ebbe origine il mio Nome. La forma più antica in cui io fui era quella di un annegato. Fui colui che cominciò, L’abitatore delle Acque Primeve. Prima Hehu emerse per me e poi cominciai a muovermi, Io creai le mie membra per la mia gloria. Io fui l’autore di me stesso in quanto formai me stesso secondo il mio desiderio e secondo il miop cuore”. Nel Libro dei morti capitolo LXIV si legge chiaramente: “ In verità Io trabocco di possibilità senza limiti e il mio Nome è “Il Grande Tenebroso”. Ciò che in me è celato, conformemente al ritmo del tempo Io lo manifesto attraverso il mutamento delle mie cangianti forme”. Fu in questa “prim’epoca” che si apre la vicenda chiamata in greco Enneade e comparvero i primi dieci dei che regnarono l’Egitto del “Primo Tempo” per l’appunto lo “Zep Tep” degli “Urshu e i Neteru. Gli egizi antichi descrivevano i sovrani del Zep Tepi, come esseri possenti e bellissimi e li chiamavano per l’appunto Neteru, cioè “coloro che illuminano”, mentre gli Urshu che sta per Sorveglianti si possono ricondurre ai Nephilim o i Veglianti e di conseguenza agli Annunage sumeri.
Per gli esoterici la stessa parola “spirito” indica l’essenza di Dio presente in ogni uomo, che non si deve confondere con l’anima, o l’ego, (nella sua suddivisione d’individualità immortale, che mortale della personalità o “maschera”), che dello spirito sono la manifestazione. Allora se Dio “nel vento che agitava le acque”, creò l’uomo e gli diede, “l’avatar”, il suo fiato o “soffio vitale”, come si legge nella Genesi, io sono lo spirito di Dio mio creatore, ed ho la facoltà di seguirne gli insegnamenti che portano alla sua “illuminata perfezione”, dove si assolve la dualità del bene e del male; Gesù stesso ci dice: “Che Dio creò la Luce in seno alle Tenebre”; in riferimento all’Anticristo sta scritto che lo ucciderà: “Col soffio della sua bocca e lo annienterà con lo splendore della sua presenza”, ma sta scritto anche, come abbiamo visto prima: “Dio usa per il bene anche i malvagi e per coloro che lo amano Tutto concorre al bene”. Lo Spirito è il “Soffio vitale”, “il vento che agitava le acque”,  è anche l’ebraico, “nefis”, ciò che noi chiamiamo anche “prana” e che i cabalistici adoperano per indicare le passioni e l’anima degli animali. Il corpo allora ospita lo spirito di Dio in cui mi riconosco, ecco perché Cristo disse: “... Colui che conosce tutto, ma ignora se stesso, è privo di ogni cosa ... il Regno è dentro di voi ed è fuori di voi. Quando conoscerete voi stessi, sarete conosciuti e saprete che siete figli del Padre Vivente. Ma se non conoscerete voi stessi, allora sarete nella privazione e sarete voi stessi privazione ... Colui che cerca non cessi dal cercare, finché non trova e quando troverà sarà commosso, e allora contemplerà e regnerà sul Tutto ... se esprimerete quanto avete dentro di voi, quello che avete vi salverà. Se non lo avete dentro di voi, quello che non avete vi perderà...”. Se nel vangelo gnostico di Tommaso si legge: “Colui che conosce il tutto, ma è privo della conoscenza di se stesso, è privo del tutto”. Significa che la conoscenza, qui è la “Gnosi”, la “Guptia Vidia” degli indù, che si dovrebbe raggiungere con l’iniziazione ai “Misteri spirituali”, raggiungibile con uno stato di coscienza superiore, originato, per l’appunto, dal susseguirsi delle “Illuminazioni”, raggiungere quel titolo che gli hindù chiamano “dvja” (nati due volte), o jvanmkta (liberati in vita), o i mahatman (i magnanimi), in definitiva divenire guru.

46° L’EQUILIBRIO DELL’AMORE

In nome di quanto detto, bisogna tener conto che la suddivisione comunitaria delle religioni e la lotta tra di esse, non ha senso, se non per altri fini. Il Dio è universale e risiede solo in un’ideale di unione, come dimostra esplicitamente l’origine etimologica del termine “religione”, che abbiamo visto prima. La Teosofia, il Sufismo, la Massoneria e la New Age, predicano il culto di una religione universale, ultimamente nei paesi civilizzati esiste una grande tolleranza religiosa e una disponibilità reciproca tra le fedi, anche la nostra chiesa cristiana si è aperta a questa nuova concezione. Non a caso, tutte le religioni, anche se fondamentalmente diverse, sono concordi in alcuni punti, riconoscendo una “divinità”: della luce, della ragione, del sole creatore, della creazione, il creare, l’azione, il non uccidere, il non rubare, il non mentire, il non commettere adulterio, la compassione, la bontà, la verità, la tolleranza, la pace e l’amore cosciente; soprattutto quest’ultimo sembra essere la vera “rivelazione” di ogni religione, volta alla luce. Infatti il nome impronunciabile del dio egizio Rà che dona l’immortalità e la vita, è rappresentato nei geroglifici proprio da un cuore. Per i celti  il triskele “simbolo formato da tre gambe” rappresentava la triplice manifestazione del Dio unico che era riscontrabile nella forza, nella saggezza e nell’amore. Per gli indù il termine sanscrito, “Ananda”, significa suprema beatitudine, così come “Abhaya”, che oltre a significare, libertà dalla paura, significa serenità, che proviene dall’amore, come lo era per gli egizi la beatitudine “del campo celestiale di Aanroo”, che in teosofia si chiama “Devachan”. Per i greci, “Agape”, è la festa in cui si celebra l’amore, lo Jainismo dal sanscrito, è un sistema filosofico-religioso nato prima del buddismo e si basa “sull’ahimsa”, “il risultato della comprensione tra gli esseri”, cioè l’amore universale raggiunto seguendo il bene, che in greco si identifica in Agaton, e in teosofia l’Alaya. Infatti, come il Dio degli Ebrei ama il suo popolo, anche l’induista segue il Kama, il dio dell’amore, il Corano islamico si apre proclamando che Dio è “ clemente e misericordioso”, agisce quindi seguendo una regola dell’amore. In Mesopotamia, oltre a Smamash, dio della guerra e dell’amore, raffigurato nella Stele di Amurabi, Ishtar era la grande dea dell’amore e delle unioni, il Cantico dei Cantici della Bibbia sembra un rifacimento di un rituale a lei dedicato. Venere, la Luna, Astante, Afrodite, Cibele, Iside, Inanna, Lakshmi, Radha, ecc., sono tutte dee dell’amore, nelle varie religioni e mitologie. Inoltre alcune religioni affermano anche le stesse trinità, come la religione cristiana e quella vedica. L’amore cosciente è dunque parte della rivelazione, esso favorisce le unioni, la procreazione, quindi il “Divenire”, il distacco dalle cose materiali divenendo un puro “Bhakta” al di là dei tre guna cioè “virtù, passione e ignoranza”, divenuto “servitore dei piedi di loto del Signore”; (Libro di Krsna pag. 397 cap. 50); e concepire così il distacco dal pianeta terra per entrare nella Luce di Dio. Tutto ciò può accadere purché l’uomo nella sua ignoranza non ecceda nel credere alle imposizioni divine, non ecceda nel sacrificio altrui, come successe per gli ebrei che sacrificavano il loro primogenito al dio fenicio Baal, o gli aztechi che offrivano il cuore dei giovani al dio sole Tonathiu per rinnovare la sua energia, “rito questo che ricorda il pasto di cuori degli egizi predinastici divenuto poi un rito d’oltretomba, vedi i Testi delle Piramidi”, per lo stesso motivo si scannavano anche 50.000 persone spesso prigionieri di guerra, gli inca sfondavano il cranio ai giovinetti di entrambi i sessi, in onore del dio Inti, presso i celti si bruciavano uomini in cesti intrecciati dedicandoli al dio Esus, in Danimarca le persone di quarant’anni venivano strangolate e gettate nelle torbiere, in India si sacrificava strangolando le vittime con nastri di seta rossa in onore della dea Durga Le Kali; gli Inni Vedici, in merito, rimandano l’origine di questi agghiaccianti sacrifici alle etnie arya,”il sacrificio in genere” avveniva solitamente scavando una buca in terra che veniva poi circondata da fuochi sacri. Certo che ogni popolo può considerare negativamente quello che per altri è un bene, per l’indiano è bene prendere lo scalpo al nemico altrimenti viene emarginato dal suo popolo, i polinesiani praticano sesso disinibito rispetto a noi che lo associamo al peccato, “Quindi forme di bene e male assumono valore in base al processo evolutivo di un popolo condizionato dal potere non sempre conforme alla maturità individuale o all’evoluzione dei singoli individui”. Gesù disse a proposito “Non potete seguire Dio e Mamnona insieme”…”La dove è il vostro cuore siete voi.”

47° UNA NECCESSARIA DUALITA’ CICLICA

Una comune idea “moderna”, concepita fra le antiche religioni, oltre alla dualità delle energie, è la ciclicità degli eventi che segnavano l’inizio e la fine di qualche evento fisico o metafisico della terra o del cosmo. Già gli antichi egiziani, concepirono il Dio solare Atum-Ra che generò Shub, dio dell’umidità e Tefinut, dea del vapore acqueo. Dall’unione di questi due sarebbe nato Geb, dio della terra e Nut, dea del cielo, i quali a loro volta generarono: Osiride (l’anima), Iside, Nephtys, Seth e Horus. Prima che re Menes unificasse il regno d’Egitto, nel 2.850 a. C., a quanto pare il primo “re uomo” dopo una dinastia divina, come afferma Erodoto nel secondo libro dedicato ad Euterpe, gli egizi furono retti per 13.420 anni dai seguaci di Horus, gli “Shensu Hor” discendenti dei Netjeru i governatori del “Primo Tempo”, nell’era del Leone, come afferma la Stele di Torino. Essi adoravano per l’appunto Oro una divinità solare rappresentata da un falco che sollevandosi in cielo illuminava con i suoi raggi la città, e Seth, assomigliante ad un animale con il muso lungo e orecchie rettangolari, quest’ultimo un dio probabilmente di origine semita che diede forse origine anche al nostro “diavolo” cristiano. Oltre ad essi, che erano in perenne lotta, nella zona del delta del Nilo compare Osiride, un dio avente natura agraria, che ucciso da Seth, scendeva nel regno dei morti per poi rinascere ad opera della dea Iside, sorella del suo carnefice. Come nel mito egizio Iside immagina di riassemblare, con la sua magia le 14 parti smembrate di Osiride ucciso da Seth, nel mito cananeo di Baal e Anat, sono i resti di Mot, “la morte,” seminati per terra da Anat a germogliare e a ricomporsi. Per i Sumeri lo stesso concetto è espresso da Inanna e Dumuzi, mentre per i babilonesi, è la dea Isthar e il compagno Tammuz, dove è la dea a rappresentare l’energia riproduttrice della natura, per i frigi era Cibele e Attis, per i greci da Adone e Afrodite, per i romani da Persefone e Plutone. Ciò probabilmente, serviva proprio ad rappresentare simbolicamente il ciclo costante della vegetazione, che si riproduce continuamente.
La ciclicità appare in molte forme, nei sacri testi persiani di Avesta, il profeta Zarathustra sostiene due principi: Il Bene, incarnato in “Ahura Mazda” e Il Male incarnato spiritualmente in “Arimane”. Essi sono in continuo conflitto, finché non si affermerà il bene dopo quattro cicli, ognuno di 3000 anni. Il grande ciclo Orfico che si riferisce al mutamento delle razze, durava 120 anni e quello di Cassandro 136.000 anni. L’aspetto attivo e passivo per la ciclicità è sempre stato rappresentato da culti fallici e simbologie raffiguranti i due sessi come Siva e Durga in India. Come abbiamo prima visto per i persiani, una ciclicità riscontrabile in parecchie, antiche culture, è quella relativa al bene e al male, espressa anche nella Bibbia, S.Paolo nella lettera agli Efesini (6,12) dice: ”la nostra battaglia non è contro creature fatte di carne e di sangue, ma contro i principi, e contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo oscuro, contro gli spiriti maligni delle regioni celesti”. Nella letteratura misteriosa e fantastica, moderna, Lovercraft, ne esprime egregiamente il concetto nel suo "L’orrore di Dunwich": "…né si deve pensare che l’uomo sia stato il primo o che sarà l’ultimo dei padroni della terra. Quelli-di-Prima erano, Quelli-di-Prima sono, Quelli-di-Prima saranno. Oggi non sono negli spazi che conosciamo, ma tra gli spazi. Essi avanzano sereni e prim’evi, senza dimensione e a noi invisibili. Yog-Sothoth conosce la porta. Yog-Sothoth è la porta. Yog-Sothoth è la chiave e il guardiano della porta. (…). Egli sa da dove Quelli-di-Prima uscirono allora, e da dove usciranno di nuovo. (…) L’uomo regna dove Essi regnavano una volta; ma presto Essi regneranno dove una volta regnava l’uomo. Dopo l’estate è inverno; e dopo l’inverno l’estate. Essi attendono pazienti e possenti, poiché qui Essi torneranno". Questo scritto deriva da un libro attribuito al "poeta pazzo" Abdul Alhazred che nel 730 d. C. racconta della Terra dopo che fosse stata creata. Si afferma che circa due miliardi di anni fa il popolo delle Stelle arrivò sulla Terra, e stabilisce colonie in Antartide che all’epoca non era ancora sepolta dai ghiacci ed era abitata da creature immonde. Mentre un miliardo di anni fa, il popolo sotterraneo di k’n-yan porta in superficie il culto di Cthulhu. Duecento milioni di anni fa il continente primigenio di Pangea si frammenta; nasce R’lyeh arrivano richiamati dall’Abisso i seguaci di Cthulhu, “la grande razza”, e combattono contro il popolo delle Stelle costringendolo a rifugiarsi in fondo ai mari. Centocinquanta milioni di anni fa ricomincia la guerra tra il popolo marino “delle stelle” e i seguaci di Cthulhu. Cento milioni di anni fa altre grandi spaccature della crosta terrestre dividono l’Africa dall’Europa e dall’Asia; mentre cinquanta milioni di anni fa il popolo delle Stelle fonda in Antartide una nuova città per rimpiazzare quella eretta quando arrivarono 2 miliardi di anni fa. Cinquantamila anni fa nasce in sud africa una civiltà umanoide con la pelle scura. Solo ventiquattromila anni fa si sviluppano le prime civiltà umane e il 30 a. C.  scompare in una tempesta la città di Irem citata nel Corano. Nel 730 d. C.  Abdul Alhhazred scrive Al Azif a damasco sostenendo di aver visitato Irem dove si adoravano le divinità dimenticate: “Yog-Sothoth e Cthulhu”. Nel 738 d. C.  pare che il "poeta pazzo" scompaia divorato da un mostro invisibile sotto gli occhi di una folla di persone, di cui ci sono anche testimonianze scritte. Dal 950 al 1865 si fanno copie in varie lingue di Al Azif tradotto in greco e ancora oggi, per l’appunto con il Necronomicon. Poi il caso vuole che nel 1907 si abbia la prima testimonianza ufficiale del culto di Cthulhu, mentre nel 1925 viene portata alla luce la città maledetta di R’lieh citata nel Necronomicon; e nel 1996 viene, addirittura riportato alla luce, un corpo mummificato attribuito ad Abdul Alhazred con assieme una serie di tavolette di notevole importanza: “la seconda parte del Necronomicon”.
In queste vicende, o fantasie, più o meno vere, si cela sempre e comunque il sapere di un antagonismo necessario per l’esistenza delle diverse realtà, che ritroviamo anche nell’antico testamento dove prevale un ciclico equilibrio ritmico temporale.Tutta l’esistenza è basata sulla dualità, questo concetto lo ritroviamo in tutte le culture. Una leggenda vichinga che risale all’alba dei tempi divenuta un poema chiamato l’Edda, raccolta dal poeta islandese del XIII secolo, Snorri Sturlusson, parla di “Ginnungagap”, la voragine dell’abisso divisa in due regioni: una a settentrione chiamata “Niflhaim”, dimora di nebbia e ghiaccio, l’altra a mezzogiorno chiamata “Muspell”, dimora di distruttori e fiamme, da dove Surt il Nero che a Ragnarok avrebbe mosso a devastare il mondo con la sua spada fiammeggiante. La leggenda continua affermando che dalle gocce palpitanti fecondate dal caldo soffio del mezzogiorno, sorse la vita, ed essa prese la forma di un gigante di ghiaccio, il malvagio Ymir il mormorante che ucciso dai tre figli di Odino perse tanto del suo sangue che annegò tutta la progenie di giganti eccetto Bergelmir che si salvò su di un arca. I tre uccisori poi con il cadavere di Ymir crearono il mondo, poi il sole, la luna e le stelle. Qui oltre ad essere rievocata la storia del Diluvio Universale appare evidente il dualismo tra caldo e freddo, e da questo dualismo la leggenda procede poi con tutta la “Creazione”.

48° LE RECONDITE TRACCE DEI MONDI “DEGLI ANGELI DI PRIMA”

Prima che Dio creasse il mondo, c’erano altri mondi, le sacre scritture ce lo confermano, in Giobbe (9, 8 -13) si legge: “Quando Dio ampliò i cieli i seguaci di Rahab si inchinarono a lui”. Nel ottantanovesimo Salmo di Galilea, Dio creò il cielo e la terra dopo aver aggirato il mostro Rahab e disperso gli altri suoi nemici. In un curioso testo intitolato “La Creazione del Mondo”, che racconta leggende ebree, è chiaramente descritta l'esistenza di sette cieli: il secondo dei quali ospitante i pianeti, il quarto l'angelo Michele, il quinto le schiere angeliche, il sesto l'angelo caduto Metatron, che ci ricorda il Sanat Kumara dell’India, il settimo le anime, i serafini, gli 'Ofannim o Osannini, le hayot e gli angeli officianti; inoltre si parla di sette terre, ciascuna delle quali "separata dalla successiva per mezzo di cinque strati". Nella quinta risiedono le anime dei malvagi, sorvegliate dagli angeli della distruzione; nella seconda, chiamata Tevel, vivrebbero 365 specie, tutte diverse da quelle della Terra e avrebbero teste d'uomo su corpi di leone, di serpente o di bove, altre al contrario avrebbero corpi umani e teste di uno di questi animali.Tevel sarebbe abitata anche da esseri umani con due teste, quattro mani e quattro piedi, questi esseri si distinguerebbero particolarmente, per la loro rettitudine. Dopo aver letto testi mistici, religiosi, vedici, fantastici, di spiritismo, ipnotismo, e occulti come il libro di S. Cipriano, le Clavicole di Salomone, il Gran Grimorio o meglio il “Patto di Sangue”, il Dragone Infernale, i segreti di Alberto il Grande nel libro Infernale, il Necronomicon di Lovercraft, solo per citarne alcuni tra i più ambigui. Se si pensa alle varie leggende popolari, alle varie mitologie, ai vari “Bus della Veca”, a quei racconti di streghe, maranteghe, gianepe, donazze, di diavoli, demoni, spiriti, fantasmi, fate, Sidhe, esseri come i “Cavazai” della Val di Fiemme che apparivano con piedi equini biforcuti, e altre mille storie ancora, risulta difficile essere totalmente scettici; d’altro canto migliaia sono gli angeli e migliaia sono i demoni, questo è quanto ci fanno intendere le sacre scritture e le mitologie che spesso, oltre a riportare un concetto di “equilibrio delle forze”, sembrano riportare un sapere cosmologico antico che alcuni studiosi come Santillana e la Von Dechend, vedi “Il Mulino di Amleto”, ricollegano al fenomeno della precessione degli equinozi. Infatti un grado precessionale corrisponde a 72 anni, e settantadue sono i principi del diavolo nella tradizione medioevale, nelle ricerche e rappresentazioni demonologiche si parla di settantadue demoni principali e più, divisi in gerarchie, tutti esercitanti i loro compiti in bene e in male, dipendenti dall’imperatore Lucifero, dal principe Belzebù e dal gran duca Astaroth. Il Kemot, (il Libro dei Nomi), invece, contiene l’elenco di settantadue angeli che dimorano insieme a Dio, settantadue sono gli angeli della tradizione ebraica che i cabalisti fecero corrispondere ai 72 quinari del cielo, cioè la suddivisione del cerchio zodiacale in cinque gradi, il numero strutturale della molecola base della vita. Per la tradizione cristiana, settantadue sono anche le cappelle del sacro Graal, le monete pagate a Giuda, i nomi di Dio, i discepoli scelti da Gesù, gli anziani della sinagoga e le regole dei templari, i cavalieri di Cristo, che le ricevettero verso 1.135 d.C. circa (De Laude) da S. Bernardo di Chiaravalle, appassionato cultore di scritti orientali. Gli islamici che si immolano per la loro patria credono al paradiso delle 72 Vergini. Nel mito di Osiride si narra che 72 uomini della sua corte capeggiati da Seth cospirarono contro di lui, mentre diffondeva la civiltà nelle regioni della terra.

49° GUERRE SUI CIELI D’ORIENTE

le guerre di cui parliamo sono combattute tra dei del mondo indo-iranico dello stesso ceto sociale, inizialmente vi era il dio del vento, il Cielo e Terra, il Dyaus-Pritivi, il Toro e la Vacca; due metà concepite nella dea madre Aditi, poi vi erano: Mitra, Aryaman, Bhaga, Varuna, Daksha, Ansa, Surya il Sole, che sono dei della creazione ai quali andarono ad aggiungersi altri seguaci della dea, altri “aditya”: Indra, Dhatri, Savitri, Ravi e Yama. Successivamente appaiono Brama con Visnù e Siva che formano la trinità indiana Trimurti e una lunga lista di altri dei minori. Abbiamo quindi sempre la solita saga tra i Deva denominazione dei geni del male nell'Avesta (libro sacro della religione zoroastriana), comandati dal capo Ahriman, i quali lottano contro gli spiriti del bene. Daeva che dal sanscrito “deiv” significa splendere, cioè gli splendenti dei immortali dell’uomo in quanto sottoposti ai grandi cicli Kalpa della manifestazione, avversari degli Assura termine che nei tempi pre-vedici significava Essere Spirituale, aggettivo applicato anche a Indra, a Rudra ecc.. Più tardi il termine diventò sinonimo di demone, nemico degli Dèi (Sura), fuso ai Daitya, Danava; titani autoctoni della penisola. Questi dei “ariano-hndù”, vengono suddivisi in tre cieli e tre terre: gli dei celesti Aditya, gli dei atmosferici Vasu, e gli dei terrestri Rudra. Soltanto Aditi è la primaria espressione della “Suprema Luce”, dice il Rig. Veda II. 27 dedicato agli Aditya: “Sostenendo ciò che si muove e ciò che sta fermo,
Gli Aditya sono gli Dei-Guardiani dell’Universo; custodendo con la loro potenza ogni cosa, essi riscuotono i debiti, puniscono le colpe, osservatori dell’ordine, “Ritam”… Essi sostengono i tre cieli e le tre terre; tre sono i comandamenti del sacrificio…”.
Come negli antichi testi nordici si parla di una guerra tra dei chiamati Asi e i Vani, ad Angkor Thom in Cambogia vi sono scolpite 54 Deva e 54 Asura. Nei Rig. Veda e nei testi Bramani (sacerdotali), si parla del conflitto tra questi Deva di Vishnu, chiamato anche “Vamana”, e questi demoniaci Asura, “figli del primo soffio”, alleati di Soma, tra i quali vi erano gli “Ushana” del pianeta Venere, identificati come la “Legione di Lucifero”, i Danava, i Daitya e i Naga sarapa, o serpenti, forse gli stessi re Cobra che ci ricordano i titani, i biblici giganti e le “Potenze”, in altre parole gli Elohim, come sarebbe stato lo stesso Yahweh, che poteva trasformarsi in serpente (Esodo 4,24). Alcuni di questi “dei”, a quanto pare, potevano solcare il cielo con “carri di fuoco” e “draghi volanti”, da dove dipartivano tuoni e fulmini, che ci ricordano oltre ai già citati “Vimana descritti nel Ramayana e nel trattato di Vaimanika Sastra”, anche “la barca del cielo”, il “Mu” di Ishtar, le “nubi di Yahweh”, le “ali delle aquile”, citati nel libro dell’Esodo, ecc. I Rg. Veda, riconosciuti tra gli scritti più antichi della storia, ne descrivono addirittura più modelli: vi era il Jalayan, un veicolo progettato per muoversi sia in aria che in acqua (Rig. Veda 6.58.3); vi era il Kaara, un veicolo progettato per muoversi sia sulla terra che in acqua (Rig. Veda 9.14.1); vi era il Tritala, un veicolo progettato per muoversi nei tre elementi (Rig. Veda 3.14.1); vi era il Trichakra Ratha, un veicolo a tre motori progettato per muoversi nell'aria (Rig. Veda 4.36.1); vi era il Vaayu Ratha, un veicolo sospinto da un motore ad aria (Rig. Veda 5.41.6); vi era il Vidyut Ratha, un veicolo sospinto da un motore potentissimo (Rig. Veda 3.14.1).
Gli antichissimi testi antichi del mondo orientale riportano addirittura numerose cronache di combattimenti che sembrano assurde. Il Ramayana, (Kamagam ratham asthaya... nadanadipatim…) riporta: “Egli Sali a bordo del Khara che era decorato con gioielli e visi oscuri e si allontanò con un rumore che assomiglia al tuono delle nubi durante un temporale”...” Lei potrà andare dove vuole, dopo che io e Sita attraverso un volo aereo avremo raggiunto l’isola di Lanka”… “Quindi Ravana e Maricha salirono a bordo del loro aereo (Vimana), grande quanto un palazzo e lasciarono quel luogo”… “Poi quegli esseri, fecero salire Sita sull’aereo e si diressero verso la foresta di Ashoka e dall’alto le fu mostrato il campo di battaglia”… “Quell’aereo, con grande frastuono si era innalzato nel cielo…”. Il Mahabharata non da meno riporta versi del tipo: ”Il re Salva aveva possedeva una aereo noto come Saubha-pura, con il quale bombardò Dwaraka con una pioggia di bombe e missili”…”Krishna l’inseguiva, Salva si diresse verso l’Oceano, poi con una virata raggiunse di nuovo la terra ferma. Fu una lotta difficile, una battaglia ad un Krosa (approssimativamente 12.000 metri) di altezza sopra del livello del mare”… “Krishna lanciò un potente missile che colpì l’aereo, il quale si frantumò e precipitò in mare…”. Nel Bhagavata Maha Purana si legge: “A bordo della sfolgorante astronave regalatagli da Vishnu, il Re Citraketu viaggiava tranquillo nello spazio, quando vide Siva”... “I fasci luminosi emessi da Siva sembravano raggi ardenti, simili a quelli emessi dal Sole, quando le luci colpirono le tre astronavi residenziali, queste sparirono…”. A quanto pare, migliaia di anni prima di Cristo, le battaglie tra fazioni diverse di civiltà avanzate allora erano comuni, addirittura è stato recentemente provato, come afferma Corrado Malanga, riportando studi e ricerche del sanscritista David Davemport, che ci sarebbe stata addirittura un’esplosione atomica proprio a Lanka o Moen Jo Daro, una delle sette grandi città di Rama in Pakistan, nel Mahabharata, non a caso, oltre che a parlare dei veicoli volanti chiamati vimana o “perle cadute dal cielo”, si parla del arma di Brahma che “splende come migliaia di soli” e gli eserciti soccombono sotto una vampata di calore provocando nei giorni successivi malattie con arrossamenti, caduta di pelle e capelli, proprio come è accaduto con le radiazioni nucleari dovute alle ultime esplosioni atomiche che ben ricordiamo. Nel Mahabharata si legge chiaramente: ”Il Saubha-vimana di Krishna sfrecciò in alto nel cielo”… “Salva cercò di colpirlo con razzi, raggi e fiamme”… “Il cielo sembrava illuminato da cento soli, cento lune e miriadi di stelle.  Il Vimana occupato da Salva era misterioso.  Era così straordinario, dotato di grande tecnologia, che permetteva al pilota di rendersi visibile o invisibile. Vedendo quella macchina tutti i soldati furono confusi. Poteva sfiorare il suolo, alzarsi in verticale, restare immobile nel cielo e galleggiare sull’acqua. Quel meraviglioso Vimana non rimaneva fermo nemmeno un istante, sfrecciava nel cielo come un tizzone ardente…”. Eminenti studiosi come il Dottor Pinotti, ci ricordano anche un altro scritto chiamato “Samaraanganasutraadhaara”, che descrive la storia dell’astronautica indiana, ed in esso molti versi sono dedicati ai dati tecnici dei Vimana ed al loro uso. Si parla per l’appunto anche di uno strumento di difesa chiamato “Astra”, che  include l’arma Soposamhara “la fiamma che erutta da un missile”, l’arma Prasvapna “che provoca il sonno” e quattro generi di Agni-Astra “lingue di fuoco che si muovono producendo tuoni”; inoltre si accenna al Naksatramandala,  “la macchina progettata per navigare attraverso il Suryamandal”, cioè il Sistema Solare. Sembrano proprio descrizioni di astronavi e armi atomiche, e fanno pensare che circa 15.000 anni fa ci fosse una rivalità tra l’impero di Rama e Atlantide, o un’altra civiltà; il Ramayana narra addirittura di una battaglia tra le parti combattuta sulla luna. Ma Brahma è definito anche il dio supremo degli Indú, universale e impersonale, da cui tutto emana e a cui tutto ritorna. Con Visnù e con Siva formano la trinità indiana, la “Trimurti”, nella quale si rappresenta il principio creatore, così si potrebbe ipotizzare solo una caduta di meteore, ma, come avete visto e vedrete, ciò non sembra dagli scritti. Sempre nel Mahabharata, si narra di una battaglia tra i Pandava e i Kuru avvenuta circa 3.000 a. C a Kurukshetra “campo dei Kuru”, una pianura nel nord dell’India di questa battaglia ne parlano anche i Purana, “libri storici”, così tradotti. Nel Bagavata Maha Purana libro primo 7:18 –7:32 si legge:“…Quando il prode Asvathama, l’assassino dei giovani principi, vede da lontano Arjuna che viene dritto su di lui a grande velocità, pazzo di paura fugge sul suo carro nella speranza di salvarsi”…”Quando vede… che nessun altro mezzo di protezione gli si offre, decide di ricorrere all’arma ultima, la potente arma nucleare detta Brahmastra”…”Vedendo la sua vita in pericolo… decide di usare l’arma nucleare… sebbene ignori come controllarla”…”Una luce abbagliante si diffuse allora in tutte le direzioni, così ardente che Arjuna crede che la sua vita sia in pericolo, quindi si rivolge a Krishna”…”Che cos’è questa radiosità temibile che si diffonde ovunque? Da dove viene? Non capisco. Krishna rispose: “Sappi che è opera di Asvathama. Egli si sta servendo del Brahmastra, ma ignora come controllare tale arma. Ha agito per disperazione, nella paura di una morte imminente. Soltanto un’altra arma simile potrà neutralizzarla. O Arjuna, tu sei esperto nell’arte militare, vinci con la tua potentissima arma questa potente radiazione”. Udite quelle parole, Arjuna si prepara, poi lancia il suo Brahmastra, per neutralizzare l’arma nucleare di Asvathama. Quando le radiazioni delle due armi nucleari si fondono, un grande cerchio di fuoco, simile al disco solare, avvolge tutti gli astri del firmamento e gli spazi intersiderali. Nei tre sistemi planetari, tutti cominciano a soffrire terribilmente per il calore prodotto dall’unione delle due armi. Gli abitanti di quei pianeti, spaventati, pensano al fuoco chiamato Samvartaka, il fuoco che distrugge l’universo intero al tempo dell’annientamento”…“Di fronte allo scompiglio in cui si trova immersa la popolazione di tutto l’universo e la distruzione imminente di tutti i pianeti, Arjuna neutralizza subito l’energia sprigionata dalle due armi nucleari…”
Ma a oltre a questa possibile guerra nucleare, quanto detto, denota un’analogia tradizionale degli eventi anticamente ricordati, tra oriente e occidente, che convergono in un’unica descrizione di fatti realmente accaduti nella notte dei tempi. Fatti, che a mio parere, oltre che ad evidenziare un contatto alieno con altre forme di vita altamente evolute anche tecnologicamente, come affermerebbero anche le piattaforme di pietra fusa rinvenute a Hark Karkom, rivelano un limite, “quell’antico antagonismo duale e ciclico dell’equilibrio, nell’esistenza del bene e del male, l’aspetto attivo e passivo”, diversità che solo in Dio, “Unica cosa”, sì “assolvono” pienamente, come ci ricorda anche Zoroastro, nel suo vedere riconciliarsi Ormazd e Ahriman, male e bene. Nel testo di Zoroastro si legge: “Gli uomini sono liberi di accettare la “virtù” o il “peccato”, inoltre, come risulta dalla traduzione in lingua siriana, si afferma che l’uomo è “Un Signore Incarnato”, è Zurvan il “Dio del fato” che dispensa la buona e cattiva sorte. Il male ed il bene si assolvono in Dio, in altre parole non esistono che da un nostro punto di vista, i sacerdoti etruschi di Veio insegnarono ai romani le “Sacre liti”, per superare le problematiche interne. Ammettere il contrario significa supporre l’esistenza di un Dio limitato nell’antagonismo con un rivale compagno; da ciò si comprende che il male ed il bene sono solo “l’Oruoboros”, il serpente che si divora la coda per esistere, come veniva rappresentato il “Dio Sole” dagli egizi o ciò che si identifica in Sanatana Dharma per gli induisti, “ciò che sostiene e nutre”; l’uomo è nato nelle tenebre ed ingannato nei sensi da Maya, “Illusione” di Brahman e quindi vive nell’Avydia, “’l’ignoranza”, compiendo spesso azioni disarmoniche. La dualità è il motore dell’esistenza che porta alla comprensione del Tutto, infatti, non a caso, per ogni angelo esiste l’opposto demone, ed entrambi interagiscono per un ignoto e ciclico “equilibrio cosmico”, un equilibrio riscontrabile ovunque in natura, e l’uomo parte di essa combatte le stesse battaglie che si combattono le “termiti e le formiche”; qui diventa  chiaro il  versetto biblico: “Colui che opera il bene e crea il male (Is. 45.7)”. Nelle Shankara: Isa Upanishad Bhaya 3, si legge chiaramente: “Paragonati alla condizione dello spirito supremo non differenziato, persino gli dei sono demoni. E i mondi che appartengono ad essi sono demoniaci”. Quegli antichi angeli e demoni, esseri evoluti, influirono sicuramente sull’umanità primitiva di allora, gettando le basi della nostra civiltà, ma non bisogna eccedere, e confonderli con il “Dio Assoluto”, meta “dell’ermetica Concidentia Oppositorum”, al di sopra del bene e del male. La versione originale della Genesi, concorde con le prime traduzioni della Mishnah, secondo i vangeli apocrifi dei pensatori gnostici Basilide e Valentino, non dice “in principio Dio fece il cielo e la terra”, ma “Elohim fece i cieli e la terra”, si parla addirittura di 365 cieli, uno per ogni giorno governati da arconti, di cui uno sarebbe governato da Lucifero, il cui nome ebraico è “Helel ben Shashar” che sta a indicare il ribelle pianeta Venere citato nel testo ebraico “Targun a Giobbe” dove Lucifero dice: ”Io voglio ascendere sopra le nubi e le stelle e farmi incoronare sul monte Saphon, il monte dell’assemblea e diventare così uguale a Dio”, quel Lucifero, appartenente a quella razza nemica e malvagia, caduto poi negli inferi per opera dell’arcangelo Michele, lo stesso San Michele che è divenuto poi il protettore dei Longobardi ad espressione del culto solare mitreo, raffigurato come il dominatore del Serpente. Nei rotoli di Qumram si legge: “I custodi del cielo caddero a causa della loro ribellione”, caddero perché non osservarono più le leggi di Dio, probabilmente distrussero anche il loro pianeta originario. Nell’Apocalisse gnostica di Paolo, scritta in greco, si accenna la presenza di altri cieli e di esseri simili a dei, “Potestà ed Arconti”, si legge: “Lo Spirito Santo afferrò Paolo e lo portò in alto, su fino al terzo cielo, e passò oltre fino al quarto cielo. Egli guardò giù e vide quelli che erano sulla terra…guardai nel quarto cielo e vidi gli angeli rassomiglianti a dei” (19-20,10). Se andiamo a paragonare altre “visioni profetiche”, descrizioni simili si riscontrano parecchie volte, vedi nei sacri versi che ho citato, tratti dai libri di Ezechiele, Isaia, Esodo, Levitino, o nel libro dei Re, o nei libri apocrifi di: Enoch, Baruk e nell’Apocalisse di Giovanni, ecc.. Una giusta ed evoluta interpretazione ci può portare soltanto a comprendere la verità, che bisogna cercare con una reale coscienza, nel susseguirsi delle nostre “Illuminazioni”. Quindi l’idea che altri esseri possano aver influito nella nostra realtà evolutiva non è affatto assurda, giacché nel creato ogni singola realtà, oltre ad agire su se stessa, agisce sulle altre, influenzandole; già noi oggi lo stiamo facendo nella “vita” che ci circonda con la discussa manipolazione genetica. Un pericolo sarà la stessa clonazione che in futuro creerà non poche problematiche, se tenderà ad uniformare la razza umana rendendola unica, mettendola così ad un rischio di estinzione dovuto all’annullamento stesso delle diversità che l’hanno fatta sopravvivere fin’ora. Tutte le religioni, tutti i fatti e personaggi sopra citati, hanno assegnato un nome, un’esistenza alle idee create, in funzione delle interpretazioni degli strani eventi accaduti, e alle necessità che il tempo e l’uomo stesso imponevano. Tutte le analogie che si riscontrano nei vari culti citati, ci comunicano che la “rivelazione” è in noi, in quanto, in parte creatori di noi stessi, per i quali Dio o gli dei per i politeisti, od altre “potenze”, hanno compiuto “l’atto creativo”, sospinti da bisogni egoistici di specie, o dal bisogno necessario dell’amore; e ciò fa capire quanto l’uomo, e probabilmente anche altri “esseri”, ingannino o abbiano ingannato nel tempo se stessi, approfittando dell’ignoranza popolana delle menti inferiori, magari con l’onorevole intento di allontanare il male dalla gente gretta, creando allegorie e figurazioni per rappresentarne i principi e i concetti astratti, in nome dell’amore, o contrariamente approfittandone, con gli stessi mezzi, seguendo il bisogno e il vantaggio personale. Le religioni sono tutte imperfette ed in continua evoluzione, come i cristiani un tempo diffondevano il loro credo con la forza, come avvenne con le crociate, e in un certo tempo, addirittura riuscirono a proporre e vendere l’assurda garanzia del Paradiso, ma solo a chi versava denaro, nella nota “vendita delle indulgenze”, anche in India, molto prima, alcuni monaci buddisti crearono, nella loro ricerca della perfezione per raggiungere il Nirvana, una tecnica d’esercizio fisico-mentale, che credendo fosse ispirata dagli dei, la chiamarono: Arhat Deva (Deva sono le divinità indù). Con questa tecnica i monaci riuscivano a fondersi con le forze naturali, sferrando colpi d’incredibile potenza. Questa tecnica poi fu insegnata ad un re, che lasciò il suo regno e si fece monaco, ma dopo aver imparato le suddette tecniche, fuggi e si proclamò, “Re Guardiano Rakan” (Rakan sarebbe Arhat in giapponese, vale a dire l’illuminato), creò un esercito ed iniziò le sue conquiste portate avanti poi dai suoi successori che imposero con forza malvagia e aura omicida il proprio volere. Sebbene in realtà non sono mai esistite “classi sociali”, o popoli, vincenti, in quanto; schiavi e nobili, vincitori e vinti, finiscono sempre con il mescolarsi; le guerre per aggiudicarsi potere e libertà hanno sempre attratto le genti nell’orda del malvagio, affinando sempre più quegli artifizi necessari a dare credibilità a quella figura divina inappellabile usata per gli svariati scopi. Tra gli artifizi, altre malvagità e inganni su basi religiose si possono riscontrare cercando, curiosamente, anche tra i primi automi, creati per ingannare il volgo, come la statua di “Anubi cupa, divinità egizia dei morti”, le statue parlanti che muovevano le braccia a Tebe, i simulacri di Heliopolis che scendevano dal loro piedestallo, o i draghi sputa fuoco cinesi, risalenti a 2000 a. C., o il gigante di bronzo Talos che difendeva Creta scagliando le pietre, forse nella mitica Atlantide, o ancora il cane artificiale del mito greco degli argonauti, o l’arciere che si muoveva da solo e il serpente che mordeva la mano ai spergiuri, nelle leggende di “Virgiglio il mago”. Sono infiniti gli artifizi serviti per assoggettare al proprio volere le genti del passato e tutt’ora ne esistono altri, giunti con la valanga di conoscenza che trasforma velocemente, come non è mai accaduto, la nostra civiltà. Questi artifizi somo: i nuovi mezzi di comunicazione TV, i cellulari, i Computers sono i nuovi automi, le partite di calcio, lo Schopping, il culto del denaro, gli stessi interessi politici modernizzati, ecc.; sono questi i nuovi cerimoniali che creano ancora danno, alimentando la mente di falsi idoli, creando persino Kamikaze che immolano la vita per strampalate ideologie volte a distruggere questi nuovi miti, provocando ancora danni e morte, come il caso del recente disastro americano della distruzione delle torri gemelle avvenuto l’undici Settembre 2001 a New York. Fanatici che credono o interpretano falsi insegnamenti propagati da potenti gruppi che usano la fede come arma, e che speculano su assurde interpretazioni rapportate alle promesse del  Corano, del tipo:  “Sì, i timorati dimoreranno nei Giardini, nella felicità, rallegrandosi per quel che il Signore avrà dato loro.  Il Signore li avrà preservati dal castigo del Jahìm: "Per ciò che avete operato, bevete e mangiate beatamente, sdraiati su troni allineati". E Noi daremo loro per mogli delle hurì dai grandi occhi. E per quelli che hanno creduto assieme ai loro figli, faremo in modo che i loro figli li raggiungano, e non diminuiremo in nulla il loro operato, e ognuno sarà retribuito per quanto avrà acquisito egli stesso” (52,l7-27). Tornando al tema della creazione, quando si afferma: che il creato, e quindi anche l’uomo, simboleggiano Dio, io ci credo, perché è rappresentato in modo visibile l’invisibile, ma quando si afferma che l’uomo è fatto a sua immagine e somiglianza, io lo interpreto nel senso che: essendo Dio “luce e amore”, spirito, “fiato in noi” e noi sua creazione, o essendo lui “macrocosmo e noi microcosmo”, in un ciclico equilibrio di “ordine-disordine”, ci assomigliamo in quanto entrambe creatori; altrimenti anche questa rivelazione diventerebbe antropocentrica e teocentrica, egoistica e fuori tempo. Quest’ultimo concetto può essere approfondito leggendo l’antico dialogo avvenuto sotto l’impero di Arcadio, nella Scizia ai piedi del Caucaso nelle fertili pianure alle frontiere della Colchide tra il teologo di Costantinopoli Logomaco e lo sciita Dondindac, dialogo la cui parte finale rivela la forma egoistica dell’uomo di dare a Dio l’immagine umana; infatti il dialogo concluso da Dondindac dice: “Prima di ricevere le vostre istruzioni, vi devo raccontare quel che mi è accaduto un giorno. Avevo appena fatto costruire un capanno in fondo al mio giardino; udii una talpa che ragionava con un maggiolino: «Ecco una bella costruzione,» diceva la talpa; «dev’essere stata una talpa molto potente a far questo lavoro.» «Voi scherzate,» disse il maggiolino, «l’architetto di questo edificio è stato un maggiolino pieno di genio.» Da quella volta, ho deciso di non discutere più”.

LUCE E MAGIA

50° “L’UNICA COSA”

Bisogna ricordare che Dio,”la Luce, la coscienza di Dio”, è il cosmo in noi e in tutto quello che ci circonda e condiziona; perciò come afferma un mio aforisma: “ciò che noi chiamiamo magia quando lo comprenderemmo sarà solo scienza”; sarà solo la ragione e l’immergersi in se stessi che aprirà le porte alla comprensione del “mondo magico”. La “Tavola Smeraldina”, che un’antica leggenda vuole sia stata trovata sotto la piramide di Gisah dai soldati di Alessandro Magno. La “Tavola” attribuita ad Ermete Trismegisto, figura di sintesi del dio greco Mercurio, e del dio egiziano Thoth, il “Civilizzatore”, probabilmente un grande filosofo egiziano contemporaneo o anteriore di Mosè, definito anche come “lo scriba del dio lunare Osiride”,  inizia con queste parole: “E vero senza menzogna, certo e verissimo. Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli della cosa una”, più avanti dice: “Il sole è suo padre la Luna sua madre, il Vento l’ha portata nel suo grembo, la Terra è la sua nutrice. Il padre di tutto, il fine di tutto il mondo è qui, ecc.”. Queste antichissime parole sono di una modernità impressionante. Basti leggere il libro “Un nuovo modello dell’universo” del ricercatore russo Ouspensky e il suo concetto di “Concatenazione”, un mondo di relazioni matematiche; o ricordare l’esperimento d’avanguardia che spiega il “miracolo della pioggia”, presentato a Milano in occasione del I° congresso internazionale di Medicina Ufficiale e Naturale, organizzato dalla R.A.U. e dalla casa editrice Atlantide. Nell’occasione lo scienziato Pierluigi Ighina, scopritore “dell’atomo magnetico” propose il suo esperimento di “neutralizzazione” di un fitto agglomerato nuvoloso, dimostrando di riprodurre, tramite un suo congegno, le due forze fondamentali esistenti in natura, in altre parole “l’energia positiva e l’energia negativa”, materializzate sul nostro pianeta dal “ritmo duale” Sole -Terra, ossia dall’energia solare che scende, avvolge ed alimenta il pianeta e poi risale, dando origine ad un moto perpetuo che è la fonte stessa di tutta la materia creata da questa “energetica luce duale”. Forse, non a caso nel libro di Ezechiele s’invoca lo spirito dai quattro venti, nel testo si legge testualmente: "Profetizza allo spirito, profetizza figlio dell'uomo e annunzia allo spirito: Dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano” (37:9). L’agire contrario, invece, è rappresentato dal concetto di “tenebra”, che probabilmente rappresenta ogni tentativo teso a portare l’annientamento di questo moto che avvia il miracolo della vita. Quanto detto, se poi lo andiamo a confrontare con alcuni versi dell’antichissimo libro tibetano, “Le Stanze di Dzyan” c’è veramente da stupirsi, infatti, nella VI stanza si legge: "Ecco il principio della Vita informe Senziente. Primo il Divino, l’Uno dallo Spirito-Madre; poi lo Spirituale; i Tre dall’Uno; i Quattro dall’Uno […]Sono essi che sono te, io, egli, o Lanoo […] L’Un Raggio moltiplica i Raggi minori. La Vita precede la Forma e la Vita sopravvive all’ultimo atomo. Attraverso gli innumerevoli Raggi, il Raggio della Vita, l’Uno, come un Filo attraverso molte perle. E’ la Radice che non muore mai […] i Raggi e le Scintille di una Luna riflessa nelle Acque correnti di tutti i Fiumi della Terra. La Scintilla è unita alla Fiamma da un sottilissimo filo di Fohat. Essa viaggia attraverso i Sette Mondi di Maya. Si ferma nel Primo ed è un Metallo, ed una Pietra; passa nel Secondo ed ecco: una Pianta; la Pianta passa attraverso sette mutamenti e diventa Animale Sacro. Dalla combinazione degli attributi di questi, Manu, il Pensatore è formato. Chi lo forma? Le Sette Vite e la Vita Una[…] La Luce del Sole mattutino è divenuta la Gloria del meriggio. “Questa è la tua Ruota attuale” disse la Fiamma alla Scintilla. “Tu sei me stessa, la mia immagine e la mia ombra. Mi son rivestita di te e tu sei il mio Vahan fino al Giorno "Sii Con Noi", quando tu ridiverrai me stessa ed altri, tu stessa e me”. Allora i Costruttori, indossate le loro prime vestimenta, discendono sulla Terra radiosa e regnano sugli Uomini che sono loro stessi…".
Anche le “reminiscenze” di un tempo ci comunicano che tutto va rivisto e letto sotto una chiave cosmica di “sommo bene”, un bene originato dal “gioco duale delle forze”, dove esiste la necessaria avversità del male, rappresentato esplicitamente nella “distruzione” che è nello stesso tempo anche “rinascita”, rivelandoci così l’erroneo giudizio negativo che abbiamo, a volte, su di esso, un erroneo giudizio che possiamo risolvere sempre, nel semplice tentativo di riequilibrare razionalmente e coscientemente le “forze”, e se ciò non avviene, l’istinto innato in noi provvede a farlo, sotto l’egida delle stesse “forze cosmiche senzienti” di rango superiore. Non a caso nella Divina Commedia, nel canto XXII del Paradiso, riferendosi alla sua nascita quando il Sole era nel segno dei Gemelli, il colto Dante Aglieri ammette: " O gloriose stelle o lume pregno di gran virtù, dal quale io riconosco tutto, qual che si sia, il mio ingegno...". Ciò può solo comunicarci che il cosmo agisce in noi, ed è in noi, la luna e il sole, i nostri due luminari principali, per esempio, scandiscono l’alternarsi del giorno e della notte e regolano i cicli stagionali influenzando così tutta la vita terrestre e così in altre forme anche i sistemi, le stelle più lontane; tutto avviene in un equilibrio di corrispondenze, ma non quelle “virtuali prospettiche” dello zodiaco che poco rispecchiano gli influssi cosmici, basti pensare che in realtà le costellazioni con l’Ofuco sono tredici non dodici e che i gemelli che nascono nello stesso segno quasi sempre hanno caratteri ben diversi che urtano le stesure degli stessi oroscopi, che hanno mete lucrose ben diverse. Una cosa è certa, gli influssi cosmici ci sono, già gli antichi cabalisti intuendo tali influssi, o rispolverando antichi saperi, divisero i 360 gradi dello zodiaco in 72 parti corrispondenti a 5 gradi, i cinque giorni corrispondenti ad uno dei 72 angeli portatore di particolari “doni spirituali” che beneficiavano i nati in quel dato periodo, in quelle corrispondenze, in circostanze cosmiche ben precise.

51°  GLI ARCONTI DELLA LUCE, COME NOI I “MESSAGGERI DELL’UNICO DIO”

Ricordiamo che siamo figli di un’evoluzione, “siamo noi stessi un universo che gestiamo inconsapevolmente,” e abbiamo una maturazione temporale da rispettare nei confronti di Dio, il grande essere che illumina la mente, ma risiede nella luce, nell’“Anima Mundi”, dalla luce astrale al Nirvana, nell’amore riscontrabile ovunque e nel cuore in noi; ce lo dice l’evangelista Giovanni, XII 46: “Io come luce sono venuto al mondo”. Origene (182-251) parla della beatitudine in termini di coscienza luminosa (Origine, Ad Mart, 47); e ben conosceva l’amore altrui; per favorire il dialogo con i rabbini ebrei scrisse “l'Esapla”, che conteneva su sei colonne, ben sei distinte versioni del Vecchio Testamento, circa 50 volumi che andarono interamente perduti dopo la distruzione della biblioteca di Cesarea, avvenuta nel 653 d. C. per opera degli invasori arabi.
Agohya è il Dio indiano del sole e della fecondità assieme, il culto zoroastriano di Mitra, si basa anch’esso su un Dio della luce e molti altri simili  ne esistono. “Ahura, Asura”, dallo Zend Avesta, significa colui che conferisce luce, alito, spirito. “Ahura Nazda”, significa il principio della luce. Zurvan è il Dio del fato, è l’intelletto di Zrvan Akarana, “il tempo infinito”, è il padre di Ohrmazd e di Ahirman, il primo creatore di tutte le cose, mentre il figlio rappresenta la parte materiale personificata nel macrocosmo, l’uomo simboleggia il microcosmo fatto a sua immagine, ed è per questo che ogni parte dell’uomo corrisponde all’Universo.
Il sacerdote cristiano quando dispensa l’eucaristia dice: questo è il corpo di Cristo, non dice questo è il simbolo di Cristo, quindi è “la sua manifestazione nel Creato, nel pane impastato dagli uomini, proveniente dagli elementi cresciuti nella terra, nella dualità degli elementi e delle energie Sole-Terra”. Il sole e la luce sono sempre stati simbolo di vita e giustizia, sia nella religione che nella magia. Surya, in sanscrito, è una divinità indiana che è identificata con il sole, in Egitto già il faraone egiziano Amenofy IV della XVIII dinastia, che regnò dal1385 al 1358 a. C., chiamato anche Ekhnaton, offrì al suo popolo un'unica divinità, il dio solare Aton, ma poi ritornò il culto del dio di Tebe Ammone e più tardi si affermò la “zoolatria”. Gli egizi erano grandi cultori del sole questa antica iscrizione Tratta da Naydler "Il Tempio Del Cosmo ne dimostra il grado di comprensione: “Tu sorgi splendido, o sole vivente, Signore eterno! Sei sfolgorante, magnifico, possente, Il tuo amore è grande, immenso. I tuoi raggi illuminano tutti i volti. Il tuo splendente calore dà vita ai cuori, Quando riempi del tuo amore le Due Terre. Possente Iddio che creasti te stesso, Che formasti ogni terra, che creasti tutto ciò che stà in esse,Tutti gli uomini, i greggi e le mandrie,Tutti gli alberi che nascono dal suolo; Essi vivono se tu sorgi per loro, Tu sei madre e padre di tutto ciò che creasti. Quando ti levi sull'orizzonte, i loro occhi ti contemplano, Perché i tuoi raggi illuminano tutta la terra;Tutti i cuori celebrano la tua visione, Quando tu sei sorto come loro signore”. Così celebravano il sole gli egizi, e i sumeri non erano da meno, il sumero Marduk, il Dio Sole, che fu sostituito dal Dio assiro Sin, per opera degli ammorrei. Sin, tra l’altro era un dio lunare che si univa in matrimonio con la figlia del re per assicurare la fertilità. Nel periodo del settimo re dei Sumeri, il re di Sippar doveva, secondo il “codice p”, essere venerato  Shamash, il Dio del sole sumerico, non a caso il termine sumerico che significa divinità “dingir” tradotto in accadico “ellu” sta per luminoso, brillante. Le forze della natura, invece, presso gli assiro-babilonesi, erano rappresentate da demoni, draghi e grifoni, inoltre vi erano altre divinità, quali Bal e il loro dio nazionale Assur che diede il nome alla capitale dell’Assiria, lo sposo di Ishtar, il “Marduk babilonese” nella versione assirra dell’Enuma Elish. Tutto accade nella stessa terra dove più tardi, per qualche motivo, si ebbe l’intuizione del dio degli Ebrei chiamato Jahvè, (colui che è), puro spirito, onnisciente e onnipotente, creatore di tutte le cose, è qui nel regno di Ramesse II dove si venerava  Amon – Ra figlio di Pthah, la triade: Amon (il principio nascosto), Rà (la coscienza vitale donata dagli alieni), Ptah (il corpo), che Mosè iniziò a mettere in ordine le tradizioni orali . Poiché in quel periodo gli israeliti, gli egiziani e altri popoli circostanti erano politeisti, infatti, si adorava oltre al dravidico Osiride “chiamato anche An come il dio sumero”, il dio semita delle oasi Seth, “signore delle terre rosse”, Baal, nelle rappresentazioni demonologiche, Bel zebub, il signore delle mosche di Accaron”, Astarte, il vitello d’oro o il dio Toro, “il Nandi hindù”, “forse lo stesso re degli atlantidei”, o il terribile Toro affrontato da Giosone e Teseo, adorato da molti popoli come i traci e che in Sedacia era addirittura la rappresentazione suprema di Dio (I Re 22,11); qui è interessante ricollegarsi a quelle figure angeliche il cui capo prima della caduta era Satana, in pratica quei Cherubini descritti nei versi di Ezechiele, quando disse: “Guardai, ed ecco sul firmamento, che era sopra le teste dei Cherubini, si vedeva qualcosa simile a pietra di zaffiro, che all'aspetto aveva forma di toro. Disse all'uomo vestito di lino: «Entra fra le ruote, sotto i Cherubini, e riempi il cavo delle mani di carboni ardenti in mezzo ai Cherubini e spargili sulla città». Sotto i miei occhi, quegli entrò. 10:1-2”. Si parlava, quindi, di “dei”, in ebraico “Elohim”, l’accrescitivo di “Eloha”, che significa, “Le Potenze”, il termine “Elohim” è ritenuto affine anche al vocabolo che identifica il dio sumero Enlil, “il serpente con gli occhi splendenti”, usato poi per le invocazioni a Jahvè, inoltre lo si è collegato anche al dio Thoil del popolo Vuh dei maya. Con la trasformazione monoteista si mantenne il plurale e il nome di Dio divenne “EI Elohim” e starebbe a indicare “Yahweh degli Elohim”, che nelle successive versioni latine si uniformò con tutti gli altri nomi, al termine Dio.

52° I MISTERI DELLA CREAZIONE NELL’INTERPRETAZIONE DELLA MAGIA

Andando a ricercare una “verità rivelatrice”, nella magia, scopriamo che la stessa origine etimologica del termine “magia”, equivale ai termini più espliciti: scienza, saggezza e deriva dal greco “magheia”. I Magi erano gli antichi sacerdoti persiani ricercatori dell’equilibrio duale, ritenuti per la loro ampiezza mentale, sostenitori della druj, “la menzogna”, facevano parte di quel popolo di etnia arya, vale a dire “della distesa Iraniana”, che tra il 2000 e il 1500 a. C. entrò nella valle dell’Indo. Erodoto ci ricorda i loro “riti della Magofobia”, celebrati in ricordo dell’usurpazione tentata ai tempi di Cambise, riti in cui era lecito anche uccidere. Nel Nuovo Testamento, i Magi erano, secondo il racconto di Matteo (cfr. Mt 2,1-12), quei re (forse legati per stirpe a Gesù), che si recarono alla ricerca del Bambino Gesù guidati dalla stella. Negli Atti degli Apostoli (cfr. At 8,9-24), si trova l’episodio di Simon Mago, mago della Samaria che, come altri, aderisce alla predicazione degli Apostoli per i prodigi da loro compiuti, offre del denaro per ottenere quel potere, ma Pietro risponde: “Il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai osato di acquistare con denaro il dono di Dio” (At 8,20). Da quest’episodio deriverebbe il termine “simonia” riferito al commercio di cose sacre.
Tralasciando ciò, è importante sapere che la magia si trova in tutti i popoli, alcuni sostengono che essa sia la madre della religione, ma i cristiani e gli ebrei, come dimostra la Bibbia, le distinguono; del resto in entrambe si usa “pentacoli”, in greco panta Klea, talismani preparati con incensi e rituali che li renderebbero catalizzatori di energie.
Volendo analizzare l’esistenza dell’uomo e del creato cercando risposte alle origini della magia, si riscontra che l’uomo è costantemente sottoposto ad una forza cosmica che condiziona le scelte di vita; questa “Astralità del mondo, Luce astrale o Mana, che gli antichi chiamavano: Azoto filosofico, Telesma”, ecc., essa era simboleggiata da un drago vomitante Fiamme o da un serpente detto Uroboros, che non a caso, fanno immaginare allegoricamente, ciò che potrebbe simboleggiare o rappresentare, una creatura che si auto-genera nutrendosi di se stessa, o quel vortice di polvere cosmica da cui deriverebbero i pianeti, il sistema solare e le galassie. In India gli è associabile il Purusha, o “Luce”, nelle prime tre strofe del Purusha Sukta si legge chiaramente: “Il Purusha ha mille teste, mille occhi, mille piedi. Coprendo la terra in ogni sua parte, egli la sorpassa ancora di dieci dita. Il Purusha altro non è che questo universo, tutto ciò che fu nel passato, tutto ciò che nel futuro sarà. Egli è il Signore del dominio immortale, poiché egli cresce al di la di ciò che nutre. Tale è la sua grandezza, e più vasto è ancora il Purusha. Tutti gli esseri sono un quarto di lui; i tre quarti: l’immortale nel cielo” Rig. Veda X. 90. Un’idea si può averla guardando una nebulosa qualunque mentre sta condensandosi, e che darà origine, in futuro, ad una stella.
Presso gli egizi la stella polare era la “Stella del Drago”, per loro il drago rappresentava la saggezza, infatti, sia i sacerdoti egizi, sia quelli babilonesi si consideravano come i druidi celti, figli del Dio serpente o figli del Drago, legati probabilmente ai Magi della Media, ai Naga dell’India, l’arcaica “Razza dei Serpenti”. Narra un'antica leggenda celtica che dall'inizio del mondo un grande serpente, con ali e corna, giace sepolto sotto il manto della terra. Narravano ciò, forse, proprio per ricordare quella densa nube che formò in un dato tempo il nostro pianeta. Anche per i vichinghi, che già distinguevano due tipi di deità, esisteva l’idea di un drago giù nel Niflheim, attorcigliato ai piedi del grande albero, l’asse del mondo, e ne rodeva le radici ogni qualvolta era stanco del suo pasto di cadaveri. Per i Sumeri, è Tehom o Tiamat, tradotto anche come “Abisso”, la regina degli Elohim che minacciò di sommergere il lavoro di Dio dal quale fu cacciata con lampi e saette scagliati contro il suo carro di fuoco, anch’essa era raffigurata come un serpente, in effetti, Tiamat è la dea acquatica Tehom che nelle versioni tedesche della Bibbia è descritta per l’appunto come un serpente. A proposito, il sumerologo Sitchin, suppone che Tiamat sia stato un pianeta fra marte e Giove, chiamato dal “contattista” Eugenio Siragusa “Mallona”, potrebbe essere anche il mitico “Leviatano” o il “mito di Rà” che ad una certa interpretazione, potrebbe racchiudere il ricordo di una catastrofe cosmica provocata da un astro, comunque un pianeta andato distrutto da un impatto con Nibiru, “il pianeta dubbio”, ne sarebbero prova la fascia di asteroidi. Sitchin ricorda i versi di Isaia che parlando dei “giorni primordiali”, racconta: “quando la potenza del Signore colpì il Superbo, fece roteare il mostro acquatico e prosciugò le acque di Tehom Raba”.  Un altro riscontro si può trovare nel testo di Giobbe dove si legge: “ Il signore celeste aveva colpito anche i servi del superbo. Il baldacchino martellato estese sul luogo di Tehom. La terra sospese nel vuoto, i suoi poteri arrestarono le acque, la sua energia squarciò il superbo, il suo vento misurò il braccialetto martellato, la sua mano estinse il drago guizzante”.
Questa storia, a mio parere, ci porta a ricordare un altro antico racconto della mitologia indiana, dove il drago Vritra viene ucciso dal dio vedico, re del cielo e della pioggia, Indra, perché proteso ad imprigionare le acque della terra, volendo renderla sterile; Indra è chiamato Dyaus “cielo”, è come Zeus o Yawe, è il dio che sconfisse gli Assura e i Titani, proprio come accade in tutti i miti e leggende. Infatti, Indra è il nemico del “demone serpente” Vritra, è colui che sedusse Ahalya moglie del rischi o veggente Gautama; sembrano narrazioni analoghe al dio degli ebrei, ad Adamo ed Eva e ad i vigilanti di Enoch. Il più antico scritto cosmogonico scritto dai sumeri su tavolette cuneiformi, riferisce: “Quando lassù i cieli non avevano ancora un nome, E in basso la terra non era chiamata con un nome, E il primordiale Apsu (l’oceano) che li generò, E Mummu e Tiamat (mostro marino, o abisso), madre di tutti loro, Confondevano le loro acque in un solo tutto. Una tavoletta sumera d’argilla, tradotta in italiano, riporta le parole di Tiamat la madre creatrice: “Sta attento, signore: sei sicuro che gli dei siano dalla tua parte? Guardati alle spalle, figlio mio!”. L'espressione della dea era benevola, ma Marduk reagì: “Perché di fuori mostri amicizia, mentre il tuo cuore brama lo scontro? I bambini si disperano quando i loro genitori li ingannano e tu che sei madre ti fai beffe dei sentimenti più naturali! Hai meditato il male contro gli Dei tuoi figli!”. Secondo alcuni studiosi e contattati come per l’appunto Eugenio Siragusa, proprio dal malvagio pianeta di Lucifero, Mallona, andato distrutto, a loro dire, da un’esplosione nucleare 75 milioni di anni fa, sarebbero giunti alcuni alieni superstiti, che avrebbero lasciato una tra le prime impronte genetiche su sauri, che allora trovarono evoluti sulla terra, forse quei mitici “Serpenti bisessuati acquatici” o “Serpenti Piumati dorati”, dando vita così “all’Homo Sapiens”, questo sarebbe accaduto prima che arrivassero altri esseri da: Orione, Procione, Alpha Centauri e dalle Pleiadi, rispettivamente di razza: bronzea, giallo-oliva, bianca e rosso mattone; che mescolandosi avrebbero originato le varie razze umane come ora le conosciamo, e anche prima di Atlantide e dei “Giganti”, originati dall’accoppiamento delle figlie degli uomini con quegli “Angeli Caduti”, forse anch’essi di Mallona o da qualche altro astro, che finirono sui vicini pianeti del sistema solare, per giungere successivamente sulla Terra. Del resto, come abbiamo visto ovunque vi è traccia di città sorte sotto l’egida degli dei, come accade in Messico a Tehotiuacán “dove gli uomini diventano dei,” la città di Quetzalcoatl, il mitico "Serpente Piumato", è quindi probabile un accoppiamento tra razze, o un intervento genetico di qualche tipo.
Si presuppone, infatti, che gli Aztèchi dell'antico Messico, migrarono a ondate da una mitica terra del nord, e secondo la tradizione sono gli “Ometecutli e Omecihuatl”, gli uomini originati da Tezcatlipoca “specchio fumante” e Quetzalcoatl, che erano in lotta tra di loro. Tezcatlipoca era originario del paese dei Mixtchi dove regnava sui quattro punti cardinali, con un colore diverso per ciascuno di essi. Gli Aztechi, sostengono che Tezcatlipoca, identificato anche con l’Orsa maggiore, si suddivise in quattro diverse divinità: il dio rosso dell'ovest prese il nome di Xipe Totec, il blu del sud si chiamò Huitzilopochtli, il bianco dell'est si chiamò Quetzalcoatl, il nero del nord mantenne il nome di Tezcatlipoca. Questa suddivisione mi ricorda i “Guardiani del Cielo indù, i Lokapala”,  Sono i guardiani dei punti cardinali. Essi sono: Vaisravana, il guardiano del nord e re delle fate e dei semidei; Viridhaka, il guardiano del sud e re degli gnomi; Dhritarastra, guardiano dell'est e re dei centauri; Vimpaksa, guardiano dell'ovest e re dei naga e delle nagini una sorta di sirene della giungla, uomini e donne dal corpo terminante in coda di serpente proprio come Coaticlue “quella dalla gonna di serpenti”. Le nagini avevano seni rotondi e prosperosi ed erano molto generose delle loro grazie. Inoltre queste suddivisioni possono essere state le matrici originarie del vangelo gnostico dei quattro angoli, o cardini del mondo, di cui abbiamo testimonianza dal vescovo arabo Maruta del IV secolo, che lo attribuisce ai perfidi seguaci di Simon il mago.
Nella X stanza delle “Stamze di Dzyan” si legge in merito alle razze: “La Prima, in ogni Zona era color della luna; la seconda gialla come l’oro; la Terza rossa; la Quarta marrone, e divenne nera dal peccato”. Le” Stanze di dzyan” riferiscono che le razze sono legate agli astri: la prima fu eterea, ombre nate da sé, prive di favella e legate al Sole, “è il Paradiso terrestre degli esoterici”; la seconda priva di intelligenza e legata a Giove, “ qui compaiono quelli che gli esoterici chiamano i Nati dal Sudore come Adamo ed Eva”; la terza, lemuriana, androgina e legata a Marte e a Venere, quindi alla caduta degli angeli che qui si separarono in maschi e femmine, “qui dai nati dal sudore nacquero quelli che gli esoterici chiamano i nati dall’uovo”; la quarta, Atlantidea, legata alla Luna e a Saturno, e per gli esoterici si divise in sette sottorazze che raggiunsero saggezza e intelligenza, “il frutto del bene e del male”; la quinta, Maya, l’attuale razza legata a Mercurio, qui la civiltà greca e maya dominanti, si ricostituirono, e con gli extraterrestri ricrearono la razza bianca precedentemente distrutta dal Diluvio Universale. Nelle “Stanze di Dzyan” si legge: “ I Serpenti che ridiscesero, che fecero pace con la Quinta, l’ammaestrarono e l’istruirono”… (Stanza XII).

53° IL SERPENTE E LE DIVINITA’

Ritornando alle simbologie attribuite al drago e al serpente, nell’Apocalisse Il grande drago, è associabile al Rà egizio, per l’appunto il Raab ebraico, il serpente antico, colui che noi chiamiamo il diavolo, l’arconte del sole nero, o satana, che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra dagli arcangeli, “i messaggeri dell’arca”, e con lui furono precipitati anche i suoi angeli, “intendendo probabilmente i Cherubini”, Apocalisse (12, 9, 10); proprio quelle entità chiamate Gherubim (i violenti), Raphaim, (i Vili), Nephilim, (i voluttuosi), e Anacim ( gli Anarchici). Come ho già citato, non bisogna dimenticare, che anche lo stesso Dio Yahweh poteva trasformarsi in rettile (Esodo 4,24), inoltre c’è da tener conto che all’inizio lo stesso Dio è rappresentato in maniera crudele, forse per questo il movimento cataro, cioè dei “puri”, del XIII secolo considerava Yahweh il diavolo, ricordo che anche gli esseni erano i “puri” e nel “testamento di Amran”, trovato a Qumram, si parla una figura con volto di serpente a cui era attribuito il potere di un Dio. Ferecide riporta una favola caldea che narra di una lite tra Dio e il serpente, Origine la cita nel suo sesto libro contro Celso. Per capire quella che può essere la “crudeltà di Dio, o di altri esseri”, a mio parere, bisogna ragionare su una logica: “noi ci uccidiamo e ci nutriamo di animali, siamo cacciatori, noi vediamo naturale l’innocenza in un bimbo che pesca e uccide; ma pensate ad un essere evolutivamente superiore che si nutre di noi, o ci usa per il suo scopo, come facciamo noi con gli animali, certamente lo considereremmo crudele, infernale e malvagio, anche se realmente agisce come noi”. Ecco perché occorre tendere alla “luce della coscienza” ed avere rispetto della vita se vogliamo che “il Creato” l’abbia per noi, i cambiamenti vanno fatti dentro di noi, le dinamiche interagenti sono in noi più vicine di quello che pensiamo. Nel libro di Giobbe, Satana è uno degli Elohim, come Yahweh che fa parte della corte divina, è uno dei figli di Dio che regolarmente si presentano davanti a Dio, in esso si legge: “Un giorno avvenne che i figli di Dio andarono a presentarsi a Yahweh. E in mezzo a loro apparve anche l’Avversario”; più esplicitamente un’altra traduzione dice: Un giorno i figli di Dio erano venuti per presentarsi a Lui, fra essi era anche Satana; a lui disse il Signore: Di dove vieni? Ho fatto - rispose - il giro della terra e l’ho percorsa”. In uno dei papiri di Qumran, il “Rotolo della Guerra” si legge. “ Ei Elyon mi diede un seggio tra coloro che sono perfetti in eterno, un trono potente nell’assemblea degli dei. Sarò ascritto nel novero degli dei e riconosciuto nella santa assemblea”. Probabilmente gli Elohim, prima Yahweh, dopo aver creato l’uomo, e dopo il suo Avversario Lucifero, vennero scacciati da altri “ Bene-Elohim” in terra, e in una delle varie visite o meglio, “cadute”, ci furono coloro che si accoppiarono con le figlie degli uomini generando i noti Nephilim quelle “irruenti gigantesche potenze” che i testi antichi rievocano. Il Salmo 89,7 riporta: “Chi sulle nubi è simile a Yahweh, o chi è uguale a Yahweh fra i figli di Dio”; in Giobbe 38,7 si legge: “O chi pose la sua pietra angolare, mentre giubilavamo insieme gli ”astri del mattino (i luciferi)” e applaudivano tutti i figli di Dio?”. Questi Elohim, ricordano analogamente quelle battaglie tra “razze aliene” citati nei sigilli sumeri, nei purana, nella Cronaca di Akakor ecc.; inoltre spesso, come abbiamo visto e vedremmo, sono correlate alla figura del rettile. Analizzando altri culti si giunge sempre allo stesso fine; nella mitologia greca per esempio, è Giove che gettò Nettuno sulla terra con il compito di governarla, Nettuno è riconosciuto come sovrano di Atlantide che fu distrutta da una catastrofe, il suo simbolo è il tridente, il forcone che è anche simbolo di lucifero.
Il biblista Franz Delizsch ricorda che Zoroastro, il profeta che Giustino afferma essere l’inventore della magia, giunto sulla terra, fece a pezzi i corpi degli angeli perché si erano uniti con le donne mortali; il culto di Zarathustra, fatto risalire dallo storico bizantino Gregorius Cedremus all’eroe greco Perseo per custodire il fuoco immortale sceso dal cielo, è nato probabilmente in Persia nel 588 a. C., per l’appunto dal culto più antico dei Magi, che mete a capo del pantheon Ahura Mazda,“la Luce”, il figlio Mitra, che nei veda assume il significato di: “Amico per mezzo del Patto” e Ardvi Sura Anahita, dea delle acque. Anche qui c’è la solita saga combattuta da una schiera di esseri splendenti chiamati Ahura e oscuri chiamati Daeva, e proprio qui che i “Guardiani del Cielo indù, i Lokapala”, “come gli angeli di Dio” e i “Vigilanti di Enoch”, disobbediscono, influenzati da Angra Maynu, il “Principio Oscuro”, definito anche come: “Il Vecchio Serpente con due piedi”; colui che nel settimo secolo a. C. assunse il nome di Eblis o Iblis assumendo le connotazioni del Vigilante Azazel, o Belial; infatti anche nei racconti arabi Ebilis era il padre dei malefici e bellissimi “Peri” e dei “div o djinn”, quei maghi, stregoni, demoni, che a quanto pare potevano cambiare aspetto trasformandosi in animali o altro. Ma non è ancora finita, secondo I Testi egizi delle Piramidi, Rà che diede vita a “Gli Inerti”, plasmò in un primo momento un universo popolato da individui che si allearono contro di lui, divenuto successivamente vecchio decide di sterminarli con l’aiuto del suo occhio, poi stanco e deluso salì nel cielo e così nacque il mondo odierno che dall’alto sorveglia navigando la volta della Galassia sulla barca “Dei Milioni di Anni”, Combattendo costantemente l’antico serpente Apep, l’avversario del Dio Sole.
Come abbiamo visto anche per gli egizi il serpente non fu considerato positivamente, ma era Isefet, “colui che ha carattere o aspetto maligno”; Apope, o Aphophis, infatti, era un dio somigliante ad un serpente e incarnava il caos primordiale e la tenebra. Eusebio nella sua Preparatio Evangelica, libro 1, capitolo X., afferma che gli egizi attribuivano al serpente un carattere divino, vedi Mertserger la dea.serpente e avvoltoio. Stessa cosa, come abbiamo visto, in Mesopotamia con la dea dragone Tiamat, citata nel poema ”Enuma Elish” del 1.125 - 2000 a. C.. Enuma Elish, ossia “Quando in Alto”, similarmente alla Genesi, è un “poema della Creazione” scritto intorno al 2.000 a. C., è dal sangue di Kingu, braccio destro della dea, che verranno creati gli uomini; risalente al tempo della prima dinastia di Babele, l’Urigallu cioè il gran sacerdote come rito propiziatorio, lo recitava verso sera il quarto giorno del compleanno di Babele in onore di Bel, cioè Marduk il dio divenuto nazionale dopo il perfido Enlil, “il serpente con gli occhi splendenti”, definito nel “Epopea di Gilgamesh” il “Signore del Destino”, colui che scatenò quel Diluvio dove sopravisse solo Zusundra, “il Noè sumero”, avvisato dal dio Enki. Enuma Elish, giuntoci i quattro versioni: neobabilonese, neoassira, assira e frammentariamente da reperti prebabilonesi rinvenuti negli scavi di Kish è composto di sette tavole e sembra proporre il concetto della Creazione dall’acqua primordiale, “l’Apsu primiero”; per i sumeri, infatti, all’inizio dei tempi la Terra non aveva un padrone e due dei ne reclamavano il possesso:per l’appunto Baal, signore dell’Aria e della Pioggia e Yam, il drago che regnava sulle Acque Inferiori.
La tradizione araba, invece, afferma che sotto l’abisso d’aria nera c’è fuoco e sotto il fuoco, un serpente chiamato Falak che ha in bocca gli inferni.


       

rende serpentiforme, figure simili si ritrovano a Carnac in Francia. Collezione Museo delle Origini dell’Uomo.


       

          
        

La prima figura in alto a sinistra è una scultura in avorio rappresentante una donna neanderthaliana con acconciatura alla "nubiana", ritrovata a Brassempouy, Francia. Civiltà artistico-religiosa perthesiana. Cultura materiale: Aurignaziano-Perigordiano. Le due figure successive rappresentano statuette di sembianze femminili e maschili, con testa serpentiforme e corpo umano risalenti all'epoca di Obed, 4° millennio a. C. (museo irakeno di Baghdad). la quarta figura da sinistra rappresenta una testa in argilla della cultura Vinca Plocnik, Pristina e risale al periodo Neolitico Balcanico, le uprime due foto sotto a sinistra mostrano artefatti hindù risalenti alla cultura veda, le ultime due rappresentano il dio Baal. Si può notare una similitudine dei tratti somatici che lega le figure al serpente nonché all’uomo, cosa che sembra contribuire ad avvallare l’ipotesi di un’evoluzione legata al rettile.

54° IL SOPRAVVISUTO MALVAGIO RICORDO DEL SERPENTE

Il rumeno Dracula, in realtà l’impalatore di Valacchia, il principe Vlad Tepes decapitato nel 1477, colui che fece impallare più di centomila persone sotto il proprio peso, facendo conficcare su pali piantati a terra, rispettivamente uomini e donne, attraverso l’ano e la vagina; immortalato fantasticamente nel 1897 da Bram Stoker nel suo “Conte Dracula”, divenne il Dracula che tutti conosciamo. Dracula ovvero “il Figlio del dragone” che è un adattamento di Draculea giocherebbe sul sostantivo Drac che sta per dragone o diavolo, quindi indica negativamente il drago assimilandolo alla malvagità imputata agli antichi serpenti. Nella mitologia indiana, come abbiamo visto, abbiamo la lotta tra il dio vedico Indra e il malvagio drago Vritra.
Probabilmente queste considerazioni più o meno negative su draghi e serpenti rappresentano allegoricamente eventi dannosi e fati catastrofici realmente accaduti, che hanno dato origine al nostro pianeta e all’uomo com’è nel suo stato odierno, altre considerazioni negative avranno avuto radice nell’antagonismo con quei popoli, come i Celti, i Vichinghi, i Cinesi, i Giapponesi, ecc., che consideravano il serpente simbolo fecondo e di potere, altre ancora, nella volontà di assoggettare con un simbolo temibile, il proprio popolo, o meglio con la paura di ciò che poteva essere riconosciuto socialmente temibile. Si potrebbe supporre anche che ciò fosse solo un artifizio d’alcuni, come sembrerebbero alcuni eventi delle sacre scritture, come: il diluvio, il divieto di mangiare all’Albero della Sapienza del Bene e del Male, l’ira di Dio per la Torre di Babele, la distruzione di Sodoma e Gomorra, in cui si potrebbe sospettare una volontà tesa a limitare l’uomo nella sua ignoranza.
Per questo gli antichi druidi celti che si consideravano “serpenti” non avevano alcun alfabeto a parte quello ogamico usato nei rituali; è lo stesso Giulio Cesare a dirlo nei suoi “Commentari”: “Mi sembra che due siano le ragioni per cui essi (i druidi) evitano la scrittura: prima di tutto perché non vogliono che le norme che regolano la loro organizzazione siano risapute dal volgo, poi perché i loro discepoli non le studino con minore diligenza”. Il potere è sempre protetto da chi lo detiene, anche da un “Dio”, non a caso il profeta Malacchia verso la fine dell’esilio babilonese, preannunziando la chiesa del Cristo, come il contemporaneo Zaccaria, portando la parola di Dio scrisse: “Essi diverranno, dice il Signore onnipotente, mia proprietà nel giorno che io preparo e li prediligerò come un padre predilige il figlio che gli è sottomesso; e vi convertirete e distinguerete l’uomo giusto dall’ingiusto e colui che serve Dio da colui che non lo serve. Perché ecco viene il giorno ardente come il forno e li brucerà; e tutti i superbi e gli operatori d’iniquità saranno come paglia e quel giorno venendo li incendierà, dice il Signore onnipotente, e non rimarrà di loro né radice né tralcio. E sorgerà per voi che temete il mio nome, il sole di giustizia con raggi benefici e voi uscirete e saltellerete come vitelli liberati dal giogo; e calpesterete gli empi ridotti in cenere sotto i vostri piedi nel giorno in cui opero, dice il Signore onnipotente”. Ritornando al nostro rettile, una storiella fuori tempo, ma che ci fa capire quanto il serpente possa assumere importanza simbolica tra la gente, ci viene da Albogno, paese ossolano. In questo paese sopravvive una leggenda che affonda le sue radici nei sabba, “la festa della luna piena”. La storia di Albogno, come molte altre, è un’antica traccia della presenza di “strani esseri” rimasti nella nostra società; infatti questa storia ci narra l’esistenza di una strega che si nasconderebbe sotto le sembianze del “sarpen gatt”, serpente-gatto, che si aggirerebbe ancora oggi nelle notti di luna piena tra i boschi del luogo.

55° GRANDI MADRI E POI MAGICHE STREGHE

I sabba, l’ebraico “shabat”, o tregenda delle streghe; era originariamente la festa della luna piena, con le sue danze e girotondi ipnotici anche a sfondi sessuali, e presentano affinità con le tradizioni sciamaniche, cerimonie in cui presiedeva un’entità cornuta come Pan, Lucifero, Dionisio, il celtico Cernuanos, Mender, ecc.; cerimonie evocative che raggiunsero l’apogeo del periodo inquisitorio tra il 1.275 e il 1.692, tempo in cui numerose donne venivano trucidate, o arse vive solo perché ritenute colpevoli di stregoneria, quei poteri “druidi” uguali a quei dei Magi persiani, ritenuti, per l’appunto, i sostenitori della druj, “la menzogna”, termine che deriva probabilmente dall’irlandese “druid” derivato dal sanscrito “veda”, cioè conoscere e vedere, poteri che ritenevano rafforzati dal plenilunio, quei poteri di guaritrici attribuiti alle seguaci delle “vie della Dea”, le antiche condottiere di popoli, chiamate “signore degli animali o dee della salute, come la paleoveneta Vesuta o Vetusta, dee civilizzatrici come Minerva, Vegonia la dea ninfa che insegnò interpretare i fulmini, donne primeve che alcuni ipotizzano provenire dallo spazio e legate alle grandi dee, “la Grande Madre”, la triplice dea celtica dei “Thuata De Danann", Dana o Danu, la gallese Liys Don, termine che indicava anche la costellazione di Cassiopea, la dea triforme Diana, dall’etrusco “Tana”, chiamata per la sua triplice natura anche Artemide, Diana e Ecate, cioè vergine, madre e anziana, la dea Lunare crescente, piena e calante, la signora della notte, della caccia e degli animali. La dea che si trasformò in gatta per sedurre il fratello Sole, “Lucifero”, signore del giorno; fu proprio dal loro incestuoso amore che sarebbe nata la prima strega, Aradia, identificabile anche nell’ebrea Lilith, nelle celtiche Morrigan e Cailleach, nella romana Strige e Dione, nella “Khecari” dell’India, Pùtanà, e nella libica Lamia, quest’ultima narrata da Duride di Samo e riportata da Diodoro, di cui si dice fu resa madre da Zeus e poi impazzita per vendetta di Era. “Entità” chiamate ancora in chissà quanti altri modi: la greca Selene, la romana Diana, la strega di Endor nella Bibbia, in Messico la dea della Terra Tlazolteotl che come accadeva alle streghe europee presiedeva anch’essa i “saba”.
Nel 1926 fu pubblicato un libro dal titolo “The History of Withcraft and Demonology”, scritto dal reverendo inglese Montague Sumers, dove si esprimevano valutazioni critiche sul tempo inquisitorio, infatti l’autore sosteneva che, se i maghi umbanda del Brasile potevano usare gli spiriti per recare danni, probabilmente anche qualche strega del medioevo poteva essere colpevole per ciò che gli era imputato, vedi per esempio il complesso caso della rossa Isobel Gowdie e le streghe di Auldearne in Scozia nel 1662, imputate di partecipare ai sabba e di avere rapporti sessuali con il diavolo. Del resto per farsi un idea di cosa arieggiasse a quei tempi, basta leggere il libro “Maleus Maleficarum, o Martello delle Streghe” pubblicato nel 1486 da Jacob Sprenger e Heinrich Kramer che evidenzia le stravaganze erotiche attribuite allora alle streghe. Ricordo che originariamente il termine strega, deriva dai greci e romani strix o stryx, e identificava uccelli notturni, strilli sciamanici che portavano ad estasi evocative di demoni notturni temuti perché capaci persino di succhiare il sangue ai bambini.


56° “GESU’ IL MAGO” E LA MAGIA DEI CRISTIANI

Morton Smith (docente di storia antica alla Columbia University) ha scritto un libro intitolato “Gesù il Mago”, mettendo in risalto le incongruenze scritte nel vangelo dagli apostoli, giungendo alla conclusione che Gesù potrebbe essere stato un gran mago. Nel Talmud di Babilonia (sec.II-V) si legge: “Alla vigilia di Pasqua fu crocifisso Gesù di Nazaret… Egli aveva esercitato la magia e sedotto Israele, trascinandolo nella rivolta…Non si trovò nessuno che lo difendesse” (TB Sanhedrin 43a). Ario un prete della chiesa d’Alessandria, nel quarto secolo riteneva che Gesù era un grande e nobile uomo ritenendolo un adepto che conosceva tutti i misteri divini e vedeva in lui la prova tangibile del fatto che la Parola non sarebbe eterna come il Padre. Ciò che Ario non capì allora è che la generazione poteva essere sia sessuata che asessuata e quindi non opulò la possibilità che vi fosse una generazione per divisione, per talea, per propagazione, o per gemmazione, o per divisione, come si può osservare realmente in natura; del resto Giovanni scrive: “Non vi fu un tempo durante il quale il Figlio non fosse, perché il Logos, prima di essere generato, esisteva nel seno del Padre” (Giovanni 1,1; Giovanni 1,18; 1 Giovanni 1,1-2). I grandi Padri della Chiesa intuirono questa concezione asessuata in una generazione del Cristo vista come un’emanazione del “Logos”.  Giustino paragona la generazione della Parola alla separazione di una fiamma in due lingue di fuoco (Giustino, Dialogo con Trifone, 128), Taziano al fuoco di una torcia che procede dal fuoco di un'altra torcia, senza impoverirla (Taziano, Discorso contro i Greci, V),Tertulliano la paragona ai raggi di luce partiti dal sole ma ancora legati al sole (Tertulliano, Apologia del Cristianesimo, XXI, 12; Tertulliano, Contro Praxeas, VIII). Quindi anche oggi alla luce delle nuove conoscenze, come Taziano, paragonerei la Parola di Dio alla parola di un uomo che manifesta il suo pensiero, senza impoverirlo. Quindi il manifestarsi della Creazione stessa che con manifestazioni superiori influisce e veglia con l’immagine più idonea e ragione evoluta l’operato dell’uomo; un uomo che interpreta a piacimento, secondo la propria evoluzione le manifestazioni superiori chiamate “divine” di questi esseri illuminati che appaiono più o meno con sembianze umane. Il teologo alessandrino Teognosto (247-280), evidenziò magnificamente questo concetto quando scrisse: “La sostanza del Figlio non è qualcosa di apparsa dall’esterno, né fatta uscire dal nulla, ma è nata dalla sostanza del Padre, come lo splendore dalla luce e come il vapore dall’acqua”. In effetti lo stesso messaggio ci giunge anche dal vangelo gnostico di Maria, Maria Maddalena conforta i discepoli con una rivelazione datagli da Gesù, e riferisce che: “Alla visione di Dio non si giunge con l’anima, né con lo spirito, ma con l’intelletto”.
Ricercando testimonianze storiche, infatti, affiorano alcune curiose definizioni del Cristo, per esempio un accenno forse ritoccato dai copisti cristiani, dello storico dei fatti della Palestina Giuseppe Flavio 37-102 d. C., parla di Gesù in questi termini: “Verso questo tempo visse Gesù, uomo saggio, se pur conviene chiamarlo uomo; egli infatti compiva prodigi, ammaestrava gli uomini che con gioia accolgono la verità, e convinse molti giudei e greci. Egli era il Cristo, E dopo che Pilato, dietro denuncia dei nostri primi cittadini, lo condannò alla crocifissione non vennero meno coloro che fin dall’inizio lo amavano. Infatti apparve ai suoi discepoli il terzo giorno di nuovo vivo, avendo i divini profeti detto queste cose su di lui e moltissime altre meraviglie. Il gruppo che porta il nome di cristiani non è ancora scomparso”( Ant. 18,63-48). Un altro testo riferisce: “Il sommo sacerdote Anna fece comparire davanti al sinedrio Giacomo, fratello di Gesù detto il Cristo, insieme con alcuni altri, e li condannò a morire lapidati” (nel 62 d. C.). Plinio il Giovane 62-114 d. C. governatore della Bitinia alla fine di della lettera del 112 d. C. indirizzata all’imperatore Traiano per chiedere istruzioni sul procedimento giudiziario da assumere verso i cristiani, che ostinati nelle loro convinzioni fece uccidere, scrive: “I cristiani si riuniscono in un giorno prefissato e cantano un inno in onore di Cristo come a un Dio. Tale superstizione s’è sparsa dappertutto, non solo nelle città e nei paesi ma anche nelle campagne”. (Epist.10,96). S. Paolo, in un brano interpretato esotericamente dice: “Io lavoro di nuovo per aiutarvi a creare il Cristo dentro di voi” (Gal, IV. 19). Dio spogliò se stesso divenendo uomo umiliando se stesso fino alla morte in croce, questo ci dicono le scritture (Filippesi 2,6-8).
Nel commento al testo “Argomentazioni sulle Religioni”, del dott. Chiaramonti Nazareno, l’autore fa notare che solo nel IV secolo, Gesù fu considerato entità divina e canonizzato nel concetto di trinità. In effetti, nel vangelo non vi sono indicazioni che Gesù abbia detto d’essere Dio, anzi egli afferma di essere il figlio di Dio, anzi figlio dell’uomo come ad affermare la sua natura umana; infatti, Remo Cacitti, docente di storia cristiana antica all’università di Milano, evidenzia che i documenti non cristiani lo ritengono solo uno tra i tanti predicatori di quella provincia romana che era la Palestina, forse quello che per l’appunto Giuseppe Flavio, lo storico ebreo dell’epoca, indica con il nome di Teuda, capo di un movimento pacifista, che fu da lui radunato presso il Giordano, fiume dove separò le acque, proprio come Mosè, quel Mosè che giunse dall’Oriente, di cui lo stesso Giovanni Crisostomo si domanda: "Ma ditemi, non giacciono i resti di Mosè in qualche lontano luogo dell'est?" Infatti a Mosè, in Kashmir, è collegata nella città di Bijbihara, a 43 chilometri a sud di Srinagar, la Saing - i - Musa, "la pietra di Mosè" nota anche come Ka Ka Pal, inoltre sembra che Gesù stesso sia fuggito in Kasnhir dopo la crocifissione, forse originariamente legato alle dinastie orientali degli Yadu e Krsna. Giuseppe Flavio parla anche di un certo personaggio chiamato l’Egiziano, che guidò i suoi seguaci in una marcia su Gerusalemme, con la promessa che all’arrivo sarebbero cadute le mura per opera di Dio, inoltre cita un raduno di più profeti che si ritirarono nel deserto nell’attesa di un intervento divino, ma che finirono sterminati dai romani. Molto più recentemente anche il grande Mahatma Gandhi ad un’intervista fatta da un missionario cristiano, affermò che considerava Gesù un gran maestro vicino alla perfezione, ma non l’unico figlio di Dio; forse pensava al supremo Krsna nella sua manifestazione sulla Terra 5.000 anni prima, o a Rama, o Budha; e parlando sulla perfezione di Gesù, aggiunse: affermare che Gesù fosse perfetto voleva dire negare la superiorità di Dio sull’uomo che è vincolato dalla carne e non può raggiungere la perfezione; e qui sicuramente intendeva quel mondo spirituale origine degli eventi profetici e meta di persone “illuminate” che celano il loro avvento sotto magici e sconosciuti posizionamenti stellari e riti mistici legati a presenze intellettive di vario grado che chiamiamo in migliaia di modi. Non c’è da stupirsi, già gli Ebioniti, chiamati anche “asceti mendicanti”, la più antica setta d’ebrei cristiani, che facevano uso solo del vangelo ebraico di Matteo in comune con i Nazareni, consideravano anch’essi sorprendentemente Gesù come un uomo (cfr. Epifanio: “Contra Ebionites”), anche se bisogna ammettere che fatti come la risurrezione di Gesù, la trasfigurazione sul monte Tabor, la risurrezione di Lazzaro, e la capacità di svanire improvvisamente, come quando gli furono lanciate le pietre, o come quando Giuda che tra l’altro significa “lode di Dio”, gli mise la corona per incoronarlo re d’Israele, fatti, se veri, celano misteriosi segreti, o un sapere evoluto, ricollegabile alle visioni degli “Angeli caduti” degli scritti biblici e apocrifi citati, del resto bisogna ricordare che lo stesso Gesù disse a Giuda: ” Il mio regno, Giuda non è di questo mondo”; inoltre fu sempre Gesù che profetizzando la sua Crocifissione e Resurrezione davanti a Giuda disse: “Posso distruggere il Tempio e ricostruirlo in tre giorni”. Qui è facile capire perché, Gesù Cristo, come successe con Krsna in India millenni prima, sia ritenuto una manifestazione del Logos, io direi una manifestazione superiore del Logos, cioè “un “Essere evoluto naturalmente e coscientemente superiore”, dato che anche noi uomini per un certo verso  siamo manifestazione del logos, si dice: “Che Cristo abita in noi”, avendo Cristo in noi, o meglio una coscienza in evoluzione che ci apre sempre più la “visione interiore”. Qui è facile capire il concetto, prima espresso, del teologo alessandrino Teognosto, e anche lo storico Giuseppe Flavio che ci parla ambiguamente di Gesù dicendoci: “Verso questo tempo visse Gesù, uomo saggio, se pur conviene chiamarlo uomo; egli infatti compiva prodigi…….”. Giustino ci dice chiaramente che secondo il racconto degli apostoli; Gesù Cristo scendendo nel Giordano, ne fece ribollire le acque e le infiammò, cosa che però non si trova in nessun scritto degli apostoli. Come abbiamo visto Gesù stesso ha affermato di non essere di questo mondo, aveva la stessa missione di Krsna migliaia di anni prima, infatti nel Baagavad Purana 11, XXXI, 5, 6, XXXVIII, 10,  si legge:“Krsna è venuto sulla terra per cancellare i peccati del Kali Yuga,” l’era nera del ferro” per prendere su di se i peccati che opprimono l’umanità. Compiuta la sua missione egli è tornato in cielo indicando la via a coloro che gli sono fedeli”. Quindi Gesù può essere stato un essere sotto l’egida aliena, e se è venuto in terra, probabilmente lo siamo anche noi, ma non un Dio assoluto, magari una manifestazione superiore di Dio inteso come “Padre del Creato”, del resto i grandi padri della chiesa come Giustino, Tertuliano, l’avrebbero  pensata così se allora fosse stato coniato il termine “alieni”; Eusebio vescovo di Cesarea nella sua Storia Ecclesiastica, libro i cap XI, afferma chiaramente l’assurdità che la natura incerata, immutabile di Dio onnipotente, assuma la forma di uomo. Questa idea maturò sicuramente con le idee di Platone, prima tutti padri della chiesa erano limitati nel credere a un dio corporeo, ma è solo l’evoluzione in atto che ha fatto comprendere e ci fa tutt’ora comprendere in modo univoco, ma differente per l’uomo apprendista che ha le sue peculiarità individuali. La volontà di cercare la ragione delle cose, il giusto porsi, il continuo evolvere e “illuminarsi”, danno la sapienza delle cose; e  Gesù Cristo fu infatti esplicitamente chiamato "Sapienza di Dio" in molti punti del Nuovo Testamento (Matteo 11,19, Luca 11,49, 1 Corinzi 1,24-30); e la sapienza esisteva in Dio prima della creazione del mondo (Giovanni 1,1; Giovanni 1,18; 1 Giovanni 1,1-2). Fu quindi generata, emanata, manifestata, esternata, espressa, tradotta in Logos o Parola di Dio (Proverbi 8,22; Sapienza 7,25; Siracide 24,3). Sedette in trono accanto al Padre (Giovanni 17,5; Sapienza 9, 4 e Sapienza 9,10) e si manifestò per l’appunto, in Gesù Cristo, come Figlia di Dio (Giovanni 1,1). Nella Clavicola di Salomone, testo che deriva dalla Kabbalah pratica, si accenna ad un “Sacro Tempio Divinatorio” costruito in onore della Sapienza,  Salomone, rivolgendo la sua preghiera a Dio, nel ottavo versetto del nono capitolo del suo trattato magico scrive ”Mi hai detto di costruirti un Tempio sul tuo Santo Monte, un altare nella città della tua dimora, un imitazione della Tenda santa che ti eri preparata fin dal principio; all’ottavo versetto dell’ottavo capitolo, ancora a proposito della sapienza scrive:” Se uno desidera anche un’esperienza molteplice, essa conosce le cose passate e intravede le future, conosce le sottigliezze dei discorsi e le soluzioni degli enigmi, pronostica segni e portenti, come anche le vicende dei tempi e delle epoche”. Qui è chiaro che la sapienza matrice della veggenza si manifesta in una cerchia ristretta, in quei pochi cultori iniziati. Ma c’è da chiedersi, chi risvegliò quelle sole poche menti? Da dove giunse quel sapere? Quali erano, chi erano e da dove venivano i primi sapienti? I primi sapienti evoluti erano tali per natura o intervento? In ogni caso la mutazione, la trasformazione allora è avvenuta e sta avvenendo ancora. Nel 53 capitolo del libro di Krsna, a pag. 418 alcuni principi sconfitti, incoraggiando Sisupala  per la sconfitta e per la perdita della bella Rukmini rapita da Krsna, dissero: “Noi danziamo la danza che vuole l’Essere Supremo, ed è solo per la Sua grazia che conosciamo la sofferenza o la gioia, che sempre si equilibrano”. Ermete Trismegisto nel “Corpus Hermeticum, libro 1, Pimandro”, afferma che l’uomo sorge dal “Nous”, la consapevolezza suprema, ed il suo fine è quello di ritornarvici sotto l’egida d’un Maestro che lo conduce “all’iniziazione, verso la sua rigenerazione” per l’appunto con l’aiuto di quelle “Potenze” del Nous stesso che innescate dalla ricerca interiore lo portano a superare la dimensione materiale e sensoriale fino a quando : “Vita e luce sono unite, quindi si è generato il numero dell’unità, del soffio vitale, pag.139”. A pag.136 ci dice chiaramente: “Libera te stesso dagli irrazionali tormenti della materia”, a pag. 137 ci dice: “La conoscenza di Dio  è giunta fino a noi, e come essa è venuta, è stata cacciata l’ignoranza”; dice esplicitamente al figlio Tat: “Figlio mio si è formata in noi l’essenza intelleggibile, essa scaccia la dodecade (i tormenti) e noi siamo resi divini da questa rigenerazione”, pag. 137-138; questi insegnamenti sono la base dell’iniziazione e li ritroviamo negli scritti di tutti i tempi, vedi Epicuro, Seneca nella sua “Gioia di vivere”, ecc.

57° “L’ANTICO SAPERE”, UN RICORDO DIVINIZZATO

Certo l’impronta maggiore di un “nume divino” c’è, ed è in quelle “Potenze”, in quei “Messaggeri di Dio che vigilano le dinamiche cosmiche” per uno scopo a noi ignoto., ma che sicuramente è legato alla nostra evoluzione interiore, alla nostra “illuminazione”, così almeno è meglio pensare, piuttosto che credere solo ad un loro egoistico “scopo”. Gesù fu l’ebreo che rovesciò il dramma del distacco ereditato dalla leggendarie origini “dell’Ebreo errante”, simbolo del discepolo ribelle che divenne inevitabilmente vittima della “legge della Luce”. Non può che essere così anche per noi, in Isaia si legge esplicitamente: "come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata" (Isaia 55,10-11).
L’antichissima leggendaria storia tratta dal Vecchio Commentario, racconta di ciò che avvenne a quel gruppo di discepoli fondatori della razza ebraica, e raccoglie in sé, quello che si può definire: l’originario segreto massonico. Infatti, bisogna tener conto che persino le razze orientali derivate dagli atlantidei, recano tracce di matrimoni misti con gli antenati degli Ebrei, in alcune rivelazioni esoteriche si racconta che la Massoneria, che secondo gli gnostici deriva dalla fusione della Cabala giudaica e il neoplatonismo, esisteva molto prima della legge ebraica; ed è legata, alla “Loggia Azzurra” che con i suoi tre gradi si collega ai tre gruppi principali di vite su Sirio, la stella più lucente della cintura di Orione, ove non vi sono regni di natura come li possediamo noi, ma gruppi che ricevono i seguaci del quarto Sentiero, l’evoluto tipo di vita  siriano. Gli esoterici affermano che fu l’antica Gran Loggia Bianca a divulgare la chiave del processo evolutivo celato poi nei numeri, nelle parole e nei riti. Si fa chiara quindi l’esistenza di una tradizione gnosi tramandata ai Kabbalisti, a Platone e ai neoplatonici, che attraverso i secoli è stata portata avanti dai Templari e dai Rosacroce da cui sarebbe sorta poi l’odierna Massoneria, tutt’ora in possesso dell’antica conoscenza. Conoscenza che rivela i molteplici livelli di realtà irradiati dall’Uno, “l’Unica Cosa”, di cui il più elevato è il Nous, cioè “l’intelletto Puro”, da cui deriva l’Anima del mondo, generatrice delle anime inferiori, compresa quella dell’uomo, create ad “Immagine del Nous”, che è anch’egli “Immagine dell’Uno”, “un’Unica Realtà” così estesa da comprenderne mille di parziali. La Creazione è come una continua emanazione di luce bianca che attraverso un prisma di cristallo assume mille fasci e colori diversi, cosi anche l’emanazione del Menoma cioè del “Vuoto” determina le varie creazioni più o meno tangibili.
La storia dei Commentari ebraici, ci narra che il gruppo interiore intellettivo che reggeva i destini umani emanò una legge che costringeva i figli di Dio che stavano per lasciare il mondo degli uomini ed entrare nella “Luce” attraverso i cancelli della pace a liberarsi da ogni avere o ricchezza, in loro possesso; ma fu difficile lasciare ogni cosa, e solo chi riuscì a liberarsi da ogni bene materiale entrò nella Luce. Dopo più tentativi della “Parola”,  tesa a consigliare l’abbandono di ogni bene, agli ultimi tre discepoli legati morbosamente ai loro averi la “Parola” disse: “Tenete quel che avete, e ammassate altro ancora, ma non abbiate pace. Cogliete i frutti della mente, e cercate potenza nei grandi possedimenti, ma non abbiate dimora. “Entro di voi, perché siete discepoli del Signore, non avrete diritto alla pace, non conoscerete vittoria certa e sicura, non potrete conservare ciò che acquistate. Sarà sempre fiocca in voi la conoscenza di Colui che veglia su ogni cosa. Sempre avrete l’impulso a cogliere e ammassare. Mai avrete tempo di trattenere e di godere. Andate dunque finche giunga l’ora, e siate di nuovo sulla soglia della Luce, questa volta a mani vuote, entrerete allora, liberi, accolti dai Servi di Dio, e avrete pace per sempre”; ma i tre non cedettero ed iniziarono a vagare carichi dei loro tesori, iniziò così la storia dell’Ebreo Errante fino a quando Gesù di Nazareth diretto discendente del discepolo più anziano, essendo divinamente “illuminato”, e non possedendo nulla rovesciò la situazione. Questo insegnamento corrisponde all’ultimo stadio della vita concepito dagli induisti, il “Samnyasin”, dove l’asceta rinunciatario raggiunge il Moksha, la “Liberazione”, e quindi la pace e la serenità. Ognuno con le sue azioni diventa artefice del proprio destino, lasciando nell’anima un karma positivo o negativo, che influenzerà la coscienza nelle rinascite future. Viene consigliato: Aram (fare carità, purificare l’anima, non fare del male agli altri), Porul (raggiungere prosperità), Mam (raggiungere contentezza e passione) e Vidu (liberare il destino nel Brahman); insegnamenti che si ottengono seguendo una devozione a Krsna, l’ottava incarnazione di Vishnu, la manifestazione del Brahman, la forza universale dell’amore che aiuta a staccarsi dai piaceri e dalle ricchezze della vita, proprio come insegna la “Parola”, ed il Cristo dei commentari ebraici.


58° LE FORZE MAGICHE TRA RELIGIONE E MITOLOGIA

Tornando alla magia, che tra l’altro le streghe ad essa sono molto legate, importante è ricordare che culturalmente gli scrittori medioevali concepivano la realtà come un “centro di luce primordiale irradiante”, nel Rinascimento, come testimonia Corneglio Agrippa, il mondo era diviso in tre parti: Elementale, Celeste e Intellettuale, in cui si operava esotericamente, più di recente la nostra “realtà cosmica” è stata concepita in un “Universo Oscillante”, o interpretata come una grande “Danza, idea ricollegabile anche al dio indù Shiva, o più di recente con la teoria delle “Stringhe”, dei “campi vibrazionali”, da cui si genererebbero anche altri universi, che credo, comunicanti tra loro da varchi o canali provocati da alterazioni energetiche al momento inspiegabili per la scienza, ma che in futuro, capiti gli schemi, saranno normali leggi fisiche; del resto tutto è energia, materia, corpo, mente e pensiero. Tutto questo può dirsi base della magia, che esiste fin dalla preistoria e può essere “nera” volta verso il male, che si manifesta con simbologie inverse, tipo il segno della croce al contrario ecc. o “bianca” volta verso il bene. Essa si esprime in due principi fondamentali: il simile agisce sul simile, la parte agisce sul tutto, motivo dell’importanza, della ricerca delle corrispondenze, il sapere antico del “Arca”, che trasporta il sapere delle civiltà, partendo dall’alfabeto, la “molecola della società”. Secondo E. De Martino la funzione della magia è salvare l’anima dell’uomo primitivo insidiata dagli spiriti. Secondo E. B. Tilor la magia è una pseudo scienza per controllare la natura.
Ritornando alla magia, essa è sempre stata legata alla religione, essendo anch’essa una manifestazione dell’uomo. Secondo J.G.Frazer la differenza tra magia e religione sta nel fatto che la prima avrebbe caratteristiche impersonali, la seconda invece avrebbe caratteristiche personali. Tommaso Campanella di profonda fede cristiana considerava la magia un mezzo per la conoscenza e l’elevazione di Dio. I greci invece non distinguevano la religione dalla magia, ne sono prova i “Misteri Eleusini” fatti risalire al 1800 a. C., insieme di riti magici e religiosi. Quelli che sono i nostri bacilli e batteri per loro erano “Keres”, piccoli demoni; i greci ammettevano l’esistenza di un’anima animale per gli organi del corpo e un anima più sottile per i pensieri. La loro stessa mitologia racchiudeva in una favola i fenomeni strani come: l’amore, l’odio, la passione, la morte, ecc., che essi personificavano perché fenomeni incompresi, così allo stesso modo oltre la “Teogonia”, l’origine degli dei, che tra l’altro erano per lo più vere persone fisiche di grande magnificenza che dopo la morte venivano considerati dei veri dei, vedi: Minerva “l’inventrice dell’olio”, la giovine del lago di Tritone ideatrice di molte attività, da cui deriverebbe anche il nome di Atene, tra l’altro si narra che Vulcano e Minerva siano i genitori di Erittonio dal greco “contrasto-terra” re di Atene, vedi Trismegistos, il “saggio scriba”, il conoscitore della tecnica, divenuto, per alcuni, dopo la morte il “Thot egizio” e il “Mercurio nipote di Atlante dalla figlia Maia”, vedi Il filosofo Prometeo figlio di Giapeto e Climene, il totano, nonno materno di Mercurio che forgiò l’uomo”, vedi il fratello astronomo Atlante “sostenitore del cielo”, vedi Saturno che nell’opera di Virgiglio viene definito il fondatore del Lazio in Italia, che alcuni collocano nel periodo dell’Età dell’Oro; presso gli egizi vedi Apis re di Argo, divenuto dopo la morte (Serapide), vedi Isis, e molti altri ancora. Assieme a questi dei come vedremmo nacque anche la “Cosmogonia”, l’origine del mondo e dell’universo. Nel VII secolo a. C. Esiodo nel suo poema narra che vi era il Caos, il Disordine, “l’Uovo cosmico del Mahabharata, il Mot fenicio, il Bereshit biblico “, dopo venne Gaia, la Terra, poi Tartaro, l’Abisso, ed Eros, l’Amore primordiale. Da questi, egli dà origine agli dei. Come accade al il dio del Cielo Anu nella lotta contro Alau, Kumarbi e il dio delle tempeste Giove, citati nell’antico testo ittita del XIII secolo a.C.  “il mito di Kumarbi”, probabile  trascrizione di origine turrita; Urano il dio del Cielo, è figlio e sposo di Gaia che pur ingravidandola non le lascia partorire. Crono, il Tempo, uno dei due figli in grembo di Gaia si vendica, evira il padre Urano mentre giace con Gaia e dall’urlo di dolore si ha la separazione di Terra e Cielo che dà inizio così al mondo. Successivamente Crono viene detronizzato da Zeus, la “Luce del fato e dio del vento”, e così poi iniziarono ad apparire tutti gli altri dei dell’Olimpo e del cielo. Il primo uomo, invece, per i greci è il Figlio della Grade Madre Terra” e appare con il nome di Pelasgo capostipite dei Pelasgi, i primordiali abitanti greci che vissero felici in un’epoca d’oro, dove senza fatica e dolore vivevano in una terra che produceva spontaneamente i suoi frutti; fino a quando conosciuto l’odio ed il male diventarono inperfetti e bisognosi d’aiuto. Per cui da qui si inserisce, come in tutte le altre storie antiche, una seconda nascita,il mto di Prometeo che forgiò l’uomo ex novo. Empedocle, il filosofo scienziato nel V secolo a.C. spiega l’origine del mondo operata dal dualismo Amore e Contesa con i quattro elementi: Aria, Acqua, Terra e Fuoco, portati avanti poi da Anassimandro ed Eraclito che elaborò il noto concetto del “Divenire”. Per i greci quindi in principio vi era il “Caos”, il disordine e l’abisso del nulla, e il “Cosmos”, l’ordine. In un certo senso una teoria che spogliata dalle allegorie trova riscontro con le conoscenze scientifiche odierne, infatti, una nube volgendosi lentamente su se stessa per l’attrazione di un campo gravitazionale darebbe origine ad una stella e le concentrazioni secondarie provocate dalla turbolenza formerebbero i pianeti, cioè tutto il sistema solare creato, ordine, (Cosmos) dal disordine, (Caos).
Tornando alla magia, ancora oggi è radicata nella società odierna attraverso superstizioni, malocchio, ecc., essendoci ancora molti fatti inspiegabili, non spiegati fisicamente, certo è che fatti come la moltiplicazione dei pani da parte di Gesù oggi potrebbero essere ridimensionati, non esistono forze oggi fotocopiatrici che riproducono milioni di volte la stessa immagine, in un futuro forse sarà possibile riprodurre anche la materia e allora interpreteremo l’evento sotto un’altra ottica, magari interpretandolo come un contatto alieno. Molti sono oggi, in effetti, i fatti inspiegabili che accadono in molte confessioni religiose del mondo e anche nelle società primitive. Molti studiosi confermano curiosità inspiegabili, come R.G.Trilles che conferma la facoltà di vedere in precedenza fatti futuri degli stregoni pigmei, S. M. Scirogoroff conferma la capacità di trasmissione dei pensieri dei Tungusi, dei Birarcen, i Nanciù ed i Dahur, D. Leslie conferma la capacità dei Negrilli e gli Zulù di osservare fatti a distanza, tra l’altro è curioso il fatto che quest’ultimi affermino di provenire dallo spazio; Robert Mauss afferma che le estasi, (essere oltre, fuori di sé), dei sciamani ( termine in lingua tungusa, di origine siberiana che significa eletto dagli spiriti) australiani sono reali, si è riscontrato che la popolazione yamana è in grado di prevedere il tempo. Ricordo che nel libro “The Secret Science at Work”, Max freedom Long riporta  informazioni sugli sciamani Kahunas, una popolazione ora estinta delle isole Hawaii noti per le loro conoscenze spirituali, essi suddividevano l’uomo, similarmente all’odierna psicanalisi, in tre esseri: Sé superiore, ( scintilla divina, l’Es), il sé intermedio, (la ragione, l’Io), e il sé inferiore, (sede delle emozioni e della memoria). Queste capacità ed esperienze, a quanto pare, si possono raggiungere ampliando la tradizionale sfera sensoriale con artifizi e droghe naturali quali: i suoni di tamburo, che pare entrino in  risonanza con le onde theta del cervello umano legate a loro volta con gli stati ipnotici, o con alcaloidi contenuti in alcune piante come il Cactus Pelote e il S. Pedro, l’Amanita Muscaria, i funghi Psilocybe, la Datura Stranomium, la Liana dei Morti, Anadenanthera, ecc.; piante private del succo usato per gli infusi o fumate, comunque espedienti naturali, che secondo alcuni studiosi, portano persino ad allucinazioni di esperienze extracorporali, vedi il testo “I Sciamani”, ne sono esempio gli Indios della Gujana che usano come allucinogeno una secrezione ricavata da una particolare specie di rana. Su tutti questi riscontri si può teorizzare di tutto: come riconoscere la capacità di catalizzare l’energia per i propri scopi, o di concentrarsi a tal punto da entrare in contatto con altre persone e dimensioni, “sempre ammettendo l’esistenza d’un inconscio collettivo, o una coscienza pura, il Cit in sanscrito, o una dimensione parallela meta delle nostre figure magiche”, o la possibilità di muovere inconsapevolmente energie sconosciute, o energie elementali, o forze della natura sottoforma di rito, che seguendo proprie leggi fisiche agiscono, producono un risultato, una manifestazione che se riscontrata con l’osservazione nel tempo diventa per l’appunto rito. I teosofi sostengono che i pensieri e i desideri degli individui sopravvivono alla morte in base al loro grado di materialità negli spiriti chiamati “Erranti”. Questa forma energetica è chiamata dai teosofi eidolon, guscio, larva, o scoria che può essere evocata pericolosamente, giacché può alimentarsi della vitalità dei loro evocatori medianici. Nel mondo antico già gli egiziani chiamavano questa energia locata nel Paese delle Ombre Silenziose, “l’Amenti”, per i greci questo paese era “l’Ade”, in sanscrito si chiama “Kamaloca, meta dei Kama-Rupa”, che in India sono chiamati Pisacha. Ma non c’è da stupirsi, del resto, non siamo forse parte del creato, del cosmo, di quello che Ermete Trismegisto chiama “Unica Cosa”, materia e spirito assieme. La fisica oggi ha appurato che materia ed energia sono parte di un’unica cosa, è attraverso gli elettroni, protoni e neutroni che l’energia diventa materia, le loro diverse proporzioni generano variamente gli atomi che a loro volta generano le caratteristiche fisiche della materia inerte e vivente. La vita anima dell’universo, individuabile nelle parole: Padre che significa il “Tutto”, “Atman o Atma” dal sanscrito, Scintilla, Eye, Monade, Sé, termine associato anche al dio egizio Aton, o sempre dal sanscrito “Brahman”, in origine la Forza Creativa, l’Assoluto, o Buddhi, Anima, Mente di Dio, Purusha universale “l’uomo delle stelle indhù”, il Demiurgo, o Isvara (il selezionatore delle energie mentali e le pulsioni), titolo questo conferito agli dei indù e al Dio della danza Shiva, che è la personificazione più alta dell’Assoluto, e ancora lo Spirito divino dell’uomo, pensiero, o il primo Logos anch’esso dal sanscrito Akasha, Etere universale. Secondo gli esoterici l’etere è quella divina, luminosa sostanza che circonda e tiene insieme l’uomo, esso è diviso in: atomico, subatomico, supereterico ed eterico. Posso concludere per quanto riguarda l’uomo essendo anch’egli “energia” è dotato di poteri che spesso ignora e che evolvono con lui muovendoli spesso inconsapevolmente nell’ignoranza delle azioni, facendosi e facendo agli altri spesso del male, egli deve rimanere sempre responsabile del suo agire, deve seguire il Dio: ”la Luce avvolgente amorevole della Creazione”, attento a non cadere nelle fauci di un’estrema razionalità, o d’un falso istinto cristallizzato per abitudine, attendendo ogni “illuminazione”, che amplia la nostra “visione interiore”, che è vera evoluzione e si
esprime come riflesso, in una scala di saggezza.

59° DALLA “LUCE DELLA MAGIA” ALLA SCIENZA

Gli epicurei greci affermavano che gli eventi umani non avevano niente a che fare con l’ordinamento degli dei, Aristippo predicava solo il piacere sensibile, Aristotele vedeva la via nella perfezione dello spirito, ed entrambi erano impregnati del sapere di Socrate che raccolse la reminiscenza da Pitagora, l’iniziato conoscitore ermetico. Da allora ad oggi, la metafisica teoretica è diventata logica, la dualità “manicheo-Kantiana dei principi”, l’esistenzialismo, il ripudio delle passioni che vedono “l’anima pura solo nel dolore”, io direi “resa pura dal dolore”, in quanto è dal dolore, “la Crocifissione dell’iniziato” che si apre la via alla esilarante “estasi della Pace”.  Ma non vi è differenza, dipende sempre dai diversi punti di vista che rendono un’unica verità apparentemente diversa. Per Anassagora il sole era una pietra infuocata, non un Dio, per lui gli atomi erano mossi dal “nous”, intelligenza universale, quello che gli indù chiamano” Mahat”, un’entità eterna e spirituale che non può essere provata strumentalmente. Del resto oggi anche per la scienza l’uomo è fatto di cellule come ogni altra forma di vita, fino ai batteri. Le molecole principali sono gli acidi nucleici e le proteine formati da quegli atomi complessi che provengono da corpi esplosi di stelle morte prima che il nostro sole, e la terra si creassero. La scienza moderna afferma che tutta la natura compresi noi sia l’insieme di sei tipi di quark, tre di leptoni e tre di neutrini, il materiale di base per costruire l’universo, tutto ciò che vediamo attorno è formato da una combinazione di queste particelle. L’hanno capito nel 1968, quando nell’acceleratore di Stanford i fisici scoprirono che i componenti del nucleo dell’atomo, protoni e neutroni, erano a loro volta formati da tre particelle chiamate quark, esistenti in due varianti su e giù. Inoltre erano stati identificati altri quattro quark: charm, strange, top, e botton (fascino, strano, alto e basso), un parente dell’elettrone chiamato tau e due particelle simili al neutrino etichettate neutrini denominati muonico e tau, l’esistenza del neutrino fu già teorizzata negli anni trenta da Wolfgan Pauli. L’insieme della materia è quindi formato da tre famiglie di particelle ognuna contiene due quark, un tau e un neutrino. Qui dopo aver scandagliato la materia fino a scale di un miliardesimo di miliardesimo di metro i fisici per il momento, non vedono più nulla. Già Einstein con la teoria della relatività scoprì che il tempo non è lineare e si confermò la teoria di Ouspenski, che ipotizzò un “eterno presente. L’universo è concepito come una sorta di “ pensiero enorme”, per altri studiosi vi sarebbero entità che dai mondi sottili comunicano telepaticamente i messaggi sul futuro; quindi noi, insieme agli angeli del destino, o rettori del Karma, (causa effetto), a grandi linee decidiamo le esperienze da affrontare in terra. Nella cosmografia di Abuzakariya si parla di angeli che mantengono l’ordine nell’universo, nel Corano esistono angeli guardiani detti Hafaza, il loro compito è di: ”produrre le forze irascibili e istintive destinate a premunire contro ciò che è cattivo e dannoso” (Dazwini, 57). In ogni caso raggiungere una consapevolezza del proprio agire aiuterà a capire da che parte si sta e a quanta distanza dalla “Luce” si è. Ricordando sempre che: “l’uomo è come l’acqua del mare, che è in terra e sale in cielo per ricadere con la pioggia in terra e rigenerare”, e il suo grado di evoluzione spirituale, a quanto pare, è solo una sua prerogativa e scelta. Come l’occhio umano per limitatezza materiale e fisica è sensibile solo a certe lunghezze d’onda che il cervello interpreta come luce, anche la luce di giustizia è percepita in base al grado di “illuminazione” e limitata dal grado di ignoranza, o meglio di non conoscenza.
Quindi Dio è in “tutto” si, ma il tutto ha realtà diverse in sé, necessarie diversità per l’esistere delle stesse realtà, “DIO”, che operano allo scopo del “Divenire”, l’esistenza del “collettivo essere” di Dio. Quindi tutte le bio-diversità lavorando per se stesse lavorano indirettamente per l’esistenza delle altre. “Nel lavorare, favorendo il “Divenire”, lavoriamo inconsapevolmente per le altre realtà che ci attraggono sempre più nel loro campo di specie, e questa è la parte spirituale delle altre realtà che favoriscono sempre lo stesso moto del “Divenire”. Detto questo, potrei dire con un esempio: che sebbene sentiamo atroce “la lotta per la sopravvivenza, la catena alimentare, la morte, ecc.” può essere che questo sia il prezzo da pagare per esistere, “contrasto d’essere per esistere”, in quanto concepito nella “Creazione” come “transizione di energia”, cioè carburante per l’esistere della stessa, che è unica, ecco rivelato uno dei perché di “Armaghedon”. In quanto alla nostra concezione di libertà, già da tempo conclusi che non esiste, in quanto la mente è dotata di una vita psichica preconcetta, quindi continuamente condizionata da tutto ciò che ci circonda e da noi stessi, il sapere che esige per sé Dio. A tale proposito, ho letto che Jiddu Krishnamurti dichiarò in un affermazione dedicata all’amica Mary Lutyens, tra l’altro autrice della sua stessa biografia nel 1929, che il nocciolo dell’insegnamento è che: “La verità è una terra priva di sentieri”. L’essere umano per suo bisogno e sicurezza ha edificato in sé immagini di ordine religioso, politico, sociale, personale, esse sono la prima causa dei nostri problemi, perché separano gli uomini tra loro. La grande libertà risiede nella libertà dai contenuti della propria coscienza, la pura libertà è osservazione priva di direzione, priva di cause, è nel primo passo dell’esistenza. L’uomo invece è costantemente schiavo del passato ed il pensiero vive costantemente nel conflitto e affanno. Solo quando l’uomo negherà l’essenza del reale, che il pensiero ha determinato, solo allora troverà l’amore, la compassione e l'intelligenza cercata. Quindi ciò ci porta a pensare che Dio si cela nella cosciente libertà assoluta, irraggiungibile in noi, se non nell’agire con coscienza d’amore secondo l’intuizione del proprio stadio evolutivo necessario per l’equilibrio del piano divino, cioè seguendo il volere di Dio, che è in noi nell’infinitesima parte essenziale al suo scopo, allo “Scopo del piano divino”, lo stesso essere di Dio. Tutte le azioni, i pensieri sono memorizzati nei geni del DNA, e sono inconsci, ciò rivela che ogni particella, atomo, molecola, cellula, organo, corpo, terra, acqua, fuoco, spazio ha i suoi campi “magnetici d’informazione esperenziali”, quindi tutto produce una reazione, un effetto e niente sfugge nemmeno ciò che avviene a livello mentale.



CONCLUSIONE FILOSOFICA D’INTERPRETAZIONE

60° NOI IL CORPO DI DIO
Sono convinto che noi siamo l’ombra di un’unica verità. “La comprensione di Dio, del “Verbo di Dio”, evolve con l’uomo”, anzi nell’uomo e ogni azione dell’uomo è “Verbo”, produce effetto sul creato; anche la Bibbia quindi, che si dice ispirata da Dio, deve essere tale in quanto Dio è in noi, che evolviamo, e perciò noi evolvendo riscriviamo e reinterpretiamo tale scritto sotto la luce delle nuove conquiste e “illuminazioni”, è errato dire: “la giustizia è di Dio e la legge è nell’uomo”, perché Dio è in noi che evolvendo agiamo nell’equilibrio delle forze per Lui, cui spetta, per natura, l’intera conoscenza. Nel Libro del Esodo (3, 10-16) si legge esplicitamente: Ora và! Io ti mando dal faraone. Fa uscire dall'Egitto il mio popolo, gli Israeliti!". Mosè disse a Dio: "Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall'Egitto gli Israeliti?". Rispose: "Io sarò con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall'Egitto, servirete Dio su questo monte". Mosè disse a Dio: "Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?". Dio disse a Mosè: "Io sono colui che sono!". Poi disse: "Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi". Dio aggiunse a Mosè: "Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione. Qui si rivela lo stesso tetagramma “Ihwh”, che è proprio lo stesso nome rivelato a Mosè nella visione del roveto: "Io sono Colui che sono", cioè il Yahweh Elohim, che significa: “Colui che verrà rivelato in un gruppo di potenti”, che si identifica con “l’Io, l’Essere dell’uomo”, creato geneticamente dal Dio Creatore, dal “Sapiente alieno” a sua immagine, con lo stesso sangue; donando all’uomo primitivo la genesi della sua “sapienza”, essendo gerarchicamente e evolutivamente superiore a lui. La stessa cosa viene rivelata con Isaia e Gesù; la profezia di Isaia (7,14), che si realizza in Gesù, il cui nome è "Emmanuele, significa per l’appunto "Dio-con-noi" (Mt 1,23). Lo stesso evangelista ama impostare la vita di comunità dei discepoli di Gesù contraddistinguendola dalla continua presenza del Maestro "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro", Mt 18,20, "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dei mondo", Mt 28,20. “Io sono la porta" ha detto di sé Gesù (Gv 10, 9): entrando nel tempio attraverso di Lui si incontra la vera vita. Nel vangelo di Giovanni, cap 17, così parlò Gesù, “Quindi, alzati gli occhi al cielo, disse: "Padre, è giunta l`ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l`unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l`opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi. Quand`ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch`io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch`essi consacrati nella verità. Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch`essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l`ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell`unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me. Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l`amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro". In questa preghiera è chiara la doppia verità dell’uomo parte di un Dio generatore, uomo che in se scopre la sua divinità, la via, la sua esistenza e che nello stesso tempo comprende di essere generato prima, e poi diviso nei principi maschile e femminile. Ed ecco chiare le parole di Giovanni quando disse: “Nessun uomo ha mai visto il padre eccetto colui che è Dio”. Qui si riscontrano ed appaiono chiari i concetti del cristianesimo gnostico, che vedono due principi: uno del bene (pleroma = perfezione), spirituale, divino e incomprensibile, l’altro materiale, tangibile legato al male (kenoma = vuoto) ed in continua lotta con il primo. Sarebbe dal bene che proviene il “Regno della Luce” costituito da Eoni, cioè: “Tempo, Durata ed Eternità”, Enti eterni emanati che manifestano vari aspetti divini: Potenza, Sapienza, Santità, ecc. che procedono per sizigie, o per coppie di sesso diverso. La “Gnosi Cristiana” sostiene che particelle dell’emanazione divina del Bene sono state imprigionate nel regno del Male per colpa del ultimo Eone, Sophia, che bramoso di conoscenza, creò il Demiurgo, il Dio creatore chiamato dai giudei “Jaldabaoth”, il Signore dei sette cieli, il Coordinatore dei sette angeli, o arconti creatori, animando così la materia. La successiva Redenzione, invece, fu voluta dallo stesso Dio che inviò un altro Eone a liberare la particella divina dal corpo materiale, in altre parole inviò Gesù Cristo, e altri come lui, che istituirono una dottrina che rendesse l’anima conscia della propria origine. Da qui la concezione del diverso grado di partecipazione espresso nel Vangelo delle tre nature: i Pneumatici cioè “spiritual”,  i Psichici cioè gente di fede come i cristiani, e gli Ilici gente materialista legata al potere e a tutte le cose materiali. Da qui la lotta tra gli Arconti, Signori delle Sette sfere, ostili alla liberazione della particella cioè l’anima, e gli Arcangeli che favoriscono la Redenzione, la liberazione dell’anima. Una lotta iniziata già dalla ribellione dell’angelo più eccelso, Lucifero, che trascinando con sé altri angeli, volle scindersi dalla Causa Prima e “Creare come un Dio”, scatenando malvagiamente le forze elementali contro l’avversario Mickael, “L’angelo del trionfo” e i suoi arcangeli, vigilanti dell’ordine cosmico, come Raphael, chiamato anche il rettificatore della via karmica, ossia della Ruota del Fato. Interessante a proposito citare il Compendium di Giustino, uno scrittore latino dell’inizio del II sec. a. C., dove afferma chiaramente: “La formazione dell’uomo avvenne in questa guisa: Una immagine risplendente o tipo fu dal Logos mostrata agli Angeli demiurgici; ma questi si trovarono incapaci di afferrarla, poiché era stata immediatamente ritirata; essi dissero l’un l’altro: Facciamo l’uomo secondo questa immagine e somiglianza; così tentarono di fare; ma i poteri della loro natura erano solo capaci di evolvere un involucro o plasma che, incapace di sostenersi diritto, giaceva al suolo impotente, strisciando a guisa di verme. Allora la Potenza Suprema, mossa a compassione, mandò una scintilla di Vita, ed il plasma si alzò e le sue membra si svilupparono e furono collegate insieme. Vale a dire, il plasma si indurì e divenne sempre più denso nel succedersi delle razze; così fu evoluto il corpo umano, e la Scintilla di Luce fu in esso racchiusa come in un tabernacolo. Questa Scintilla di Luce, dopo la morte, affrettasi a ritornare a quelle scintille della sua stessa natura, ed il resto degli elementi che formano il corpo umano viene dissolto”.
Giordano Bruno fu perseguitato per il suo affermare che esiste una parte divina in ogni uomo; e oggi questa è la versione più accreditata, il catarismo eretico del vescovo Bogomil nel XIII secolo, affermava che in ogni essere umano vi era una sorgente di luce divina, “un angelo della luce”, già gli Egizi lo pensavano, forse dopo aver ereditato quel “sapere” che apparteneva ad Atlantide, nel loro Libro dei Morti, redatto nel nuovo regno, alla fine de XLII capitolo si legge: “In verità non esiste un solo membro del mio corpo in cui non risieda una divinità!”, in effetti gli egizi attribuivano ad ogni organo o parte del corpo un  valore psichico.

61° “L’ILLUMINAZIONE” ATTRAVERSO GLI SCRITTI E LE FEDI

Gli avi di migliaia di anni fa erano sicuramente “illuminati”, ma le catastrofi abbattutesi nel nostro pianeta, ci hanno lasciato ben poco del loro sapere, e per questo, probabilmente, c’è stata una retrocessione culturale. La comprensione divina cresce in rapporto all’evoluzione dell’uomo e al suo status sociale e culturale, Gesù stesso nel sermone della Montagna completa e rinnova la Torah, (la legge), ricevuta da Mosè sul monte Sinai, nel sermone si legge: “Avete udito che fu detto dagli antichi, non……….Ma io vi dico: ……..” in questa maniera riconsegna al popolo la Torah arricchita delle sue “illuminazioni”. Al popolo liberato, Mosè consegnò la legge ricevuta da Dio sul monte Sinai e questa fu “l’Antica Alleanza”, poi per mezzo di Gesù Cristo si ebbe una Nuova Alleanza” che prometteva il regno dei cieli, l’apostolo dice. “Che prima non si ha ciò che è spirituale, ma animale, poi lo spirituale”, inoltre aggiunge: “il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo”. Non a caso alcuni antichi testi biblici un tempo canonici, come i due testi di Enoch, che secondo la lettera canonica dell’apostolo Giuda ha profetato, sono poi divenuti apocrifi, in realtà sembra che i testi enochiani siano una revisione biblica di un testo sumero che narra di “Enmeduranki” cioè maestro, colui ai quali, dai “Veglianti”, vennero impartite le scienze compresa l’astronomia. Oltre che in Palestina, Enoch, è stato considerato un grande profeta in Iraq, e così anche per gli arabi, dove era conosciuto con il nome Edris, o Idris. Curioso è il fatto che i mandei considerano Enoc, o Anush addirittura il loro primo sacerdote. Fu James Bruce di Kinnarid che nel 1768, con la sua sfrenata ricerca, riportò in luce il libro di Enoch, sopratutto leggendo e cercando libri sacri, come: l’etiopico Kebra Nagast, cioè “Gloria dei re”, il “libro dei Misteri del Cielo e la Terra” e soprattutto il “Chronographia” del 808-810 d. C. scritto dal monaco Giorgio Sincello e scoperto dallo studioso fiammingo di testi latini J. Scaliger all’inizio del diciassettesimo secolo; testo contenente per l’appunto alcuni versi del Libro di Enoch. Oltre alle tre versioni trovate da Bruce, esiste anche un seguito: “il Libro dei Segreti di Enoch”, scoperto in Russia e tradotto nel 1894, inoltre esisterebbe anche un “dubbioso linguaggio enochico” usato per comunicare con le gerarchie angeliche creato dalle doti medianiche e parapsichiche di un certo Edward kelley. Curioso è sapere che dei testi enochiani, esistono dei frammenti trovati anche a Qumran, che trattano largamente dei “Vigilanti figli di Dio”, versi tratti probabilmente da quel testo antichissimo perduto noto come “il Libro di Noe”, originato da quella “tradizione orale” trascritta nel II secolo a. C dagli esseni, o dai Magi, ritenuti per la loro ampiezza mentale, i sostenitori della druj, “la menzogna”, o dai preti zaddik, comunque saggi maestri della Quabalah. Anticamente queste scritture furono considerate apocrife, S. Girolamo (347-420), nel suo trattato sul Libro proibito di Enoch conferma, giustamente, che le affermazioni enochiane sono servite a Mani, o Manicheo a propagare la sua eresia, ma il problema è proprio individuare dov’è “l’eresia”. Se il testo enochico divenne apocrifo le motivazioni possono essere due, o celavano scomode verità antitetiche per la chiesa, o gli insegnamenti in essi erano fuori tempo e ciò confermerebbe solo una continua reinterpretazione; tra l’altro fu l’imperatore Costantino che nel IV secolo a. C. istituì un Concilio che decidesse la validità dei testi biblici, e almeno 45 allora divennero apocrifi, e oggi con le nuove testimonianze dei rotoli di Qumram e ritrovamenti vari, quelle decisioni sono messe necessariamente in dubbio. Tra l’altro anche l’Apocalisse di Giovanni ebbe tempi duri prima di essere riconosciuta dalla chiesa; è Giustino nell’anno 170, il primo ad attribuire l’Apocalisse a Giovanni, lui che riconosceva anche “gli oracoli delle Sibille”, dopo di lui Ireneo, Origene, Tertulliano, che narra di una “Gerusalemme fantasma”, che spariva all’alba, e San Dionigi d’Allessandria che ci fa sapere in uno dei suoi frammenti del III sec. conservati da Eusebio, che quasi tutti i dottori della chiesa rifiutavano l’Apocalisse, cosa che fece anche il consiglio di Laodicea nel 360, fino a quando Sulpicio Severo nella sua “Storia Sacra”, libro IX, iniziò a rovesciare la situazione, considerando empi e insensati coloro che non riconoscevano il testo della “Gerusalemme millenaria”, descritta nel XXI capitolo in un modo alquanto incredibile. Tengo a precisare che per illuminazione”, io intendo: l’individuare la verità, la giustizia o una legge fisica, con la lenta evoluzione della ragione, raggiunta con l’esperienza, o anche con l’aiuto di profeti, o altri esseri, o entità, qualsiasi esse siano; comunque qualsiasi entità che intervenga, ed aumenti la percezione del “Creato”. Più volte ho ribadito che “Dio agisce attraverso l’istinto”, la coscienza del microcosmo (ciò che ci compone), manifestandosi intimamente nella ragione cosciente che influisce nel macrocosmo (ciò di cui noi facciamo parte), e ci sono due modi di ragionare: uno convergente più razionale e uno divergente più creativo, e sono entrambe alla base attiva nell’evoluzione del “Creato”, è qui che si cela il più profondo segreto della Creazione e di Dio che in noi è coscienza, la presenza reale che assimila e unifica i contenuti nell’equilibrio armonico dell’amore. “Le illuminazioni coscienti” appartengono a Dio, ma anche al Diavolo, è la legge “del libero arbitrio”, l’ignoranza incosciente è anch’essa parte di Dio, quando agisce nell’istinto, ma è anche parte del Diavolo. La differenza delle “illuminazioni del sapere” sta nella razionale consapevolezza di agire per il bene, o per il male, in nome dell’amore o dell’odio, sperando che la ragione non segua un istinto malefico senza accorgersene, in tal caso solo con un’illuminazione benefica, si può riuscire a sospettare di essere una creatura del Diavolo e spostare la propria tendenza evolutiva; Daskalos, il mago di Strovolos affermava che: “L’ignoranza dipende da quanto la personalità presente sia diffusa in quella permanente”.
Fin da quando l’uomo è diventato essere pensante inizio a capire e interpretare ciò che lo circondava. Tuttora lo si sta facendo, in generale con la scienza e in particolare con la teosofia, l’ermeneutica, la filosofia, la Cabala, la chimica e tutte le altre scienze scisse, che aprono in continuo la via al sapere. Non a caso anche Gandhi affermò in un’intervista con i missionari cristiani, cercando di riportarli ad una giusta reinterpretazione della Bibbia, che persino i Veda, (testi sacri importati dagli Aria nel secondo millennio avanti Cristo), vecchi più di 13.000 anni, andrebbero interpretati alla luce della nostra esperienza, aggiungendo che ogni cultura religiosa non può dare senza prendere. A favore di ciò incuriosisce anche il fatto che i “saggi tibetani” abbiano assunto la parola “Dzyan o Dzyn”, che deriva dal sanscrito Dhilan e Jnana che significa: Saggezza, o Conoscenza Divina, il loro stesso verbo apprendere in tibetano si dice “dzin”, ed è noto per l’appunto il loro antico testo denominato “Le Stanze di Dzyan”.
Le sacre scritture hanno dato e danno ancora grandi insegnamenti, ma ormai, con il passare del tempo sono e si stanno sempre più inadeguando, almeno nella loro apparenza letteraria, del resto la versione delle sacre scritture non è chiara neanche sulle traduzioni, la chiesa si basa sulla traduzione tradotta in latino giuntaci dai 70 traduttori del pontefice Elezaro chiesti dal sovrano egizio Tolomeo Filadelfo per tradurre le scritture dall’ebraico al greco, dopo la conquista dell’Asia da parte di Alesandro il Macedone; ma ve ne sono altre come quella “dell'Esapla” di Origene (185-254) che conteneva ben sei versioni: il testo ebraico, la trascrizione del testo ebraico in caratteri greci, le versioni di Aquila, di Simmaco, dei Settanta e di Teodozione, un’opera completa di cui sono rimasti solo frammenti citati da alcuni Padri della Chiesa. Inoltre vi era per l’appunto, quella basata sul canone giudaico di Iamnia (90 dopo Cristo), del matematico e architetto Aquila del Ponto, probabile parente dell'imperatore romano Adriano, vissuto tra il I° ed il II° secolo, interessante per il fatto che nella trascrizione aveva sostituito la parola (χριστος) kristos con il sinonimo greco (ήλειμμένος) eleimmenos in vari punti chiave del Vecchio Testamento (Salmo 2,2; Salmo 44,8; Isaia 61,1), spesso citati dai cristiani per dimostrare che Gesù è il Cristo di Dio. Inoltre vi è quella, perduta, di Simaco, che secondo Eusebio e Gerolamo sarebbe stato un ebionita vissuto verso la fine del II° secolo dell'era cristiana, o come dice Epifanio di Salamina (315-403), un samaritano vissuto ai tempi dell’imperatore Severo e convertito al giudaismo. Poi vi è quella di Teodozione di Efeso, ebionita, o giudeo vissuto nel I° secolo, di cui è rimasto quasi integralmente conservato il libro del profeta Daniele; e ancora una di ignoto chiamata la “quinta versione”. Tutte le professioni religiose e La nostra Chiesa devono rielaborare e riequilibrare quegli insegnamenti che per millenni hanno dato un senso all’umanità, spogliandoli da quelle allegorie ormai fuori tempo che pregiudicano l’approccio di chi “uomo moderno”, sebbene limitato, si inizia ad essi, non a caso, anche il cristianesimo ha continuato a predicare il vangelo aumentando, sì il numero di cristiani nel mondo, ma soprattutto nei paesi poveri e meno evoluti culturalmente, perdendone altrettanti tra i paesi più civilizzati, illuminati da altre credenze, come nel secolo scorso fece la teoria evoluzionistica darwiniana. Se avessero voluto, già i cabalisti, o gli esoterici con le loro conoscenze, avrebbero potuto divulgare ai popoli una sorta di teoria evoluzionistica, arricchita d’altre probabili verità. Forse su queste due vie ci si incrocia con “un’ipotetica verità”, che annulli i dogmi e i limiti che ognuna ha di per sé con La scienza. Questa, credo, la verità, anche se alcuni cabalisti, o il convinto predicatore cristiano affermano che il loro compito è solo predicare; e all’uomo spetta solo la libertà del credere, facile affermazione priva del senso di giustizia se per giusto si intende servire l’amore di Dio, servendo bene l’uomo, informandolo senza appesantire i concetti con allegorie, “illuminando”, almeno quelli che possono comprendere; perché rendere ingannevole, o nascosta una verità a chi vuole e può capire? A chi non intende si può indicare la strada con la forza della sola autorità delle leggi, come in parte si è sempre fatto. Gesù disse di non dare le perle ai porci, ma questi dovranno pure capire che non sono da mangiare, dovranno farne l’esperienza, ma se qualcuno prova a dirglielo prima, non è forse meglio; ma è anche vero che il tempo è relativo e la fretta non ha nessun senso per l’evoluzione umana.
La religione è nata e nasce ogni qualvolta un uomo, con un lume di ragione, “illuminato” dal bene e dalla giustizia divina, crea un sistema, o un artificio che eviti, o per lo meno limiti gli intrighi, le dispute ed il male fra gli uomini meno “illuminati”, ossia evolutivamente inferiori. Non a caso lo stesso nome di “Aronne”, fratello maggiore di Mosè e della nota “alchimista” Maria Egiziaca, significa in ebraico “l’illuminato”, è con lui, infatti, che si diffuse la stessa legge israelita e iniziò la gerarchia degli iniziati Nabim, o Veggenti, è illuminato, colui che gettò a terra la verga, che trasformata in serpente, divorò i serpenti dei maghi egizi. Così anche “Buddha”, di etnia arya e tra l’altro l’unico ad ammettere la sua fallibilità, considerato da Gandhi un rinnovatore delle scritture Veda, dal sanscrito, significa “l’illuminato”, titolo attribuito a lui, il principe di Kapilavastu, 621 a. C., fondatore del noto Buddismo, una religione che lascia libera scelta della “Divinità”, in quanto vede solo nella “disciplina del comportamento” l’unica vera via per la maturità spirituale. Lo stesso Gesù nella lettera agli Efesini dice: “Lo Spirito Santo vi illuminerà”. Quanto detto sull’illuminazione ci fa capire perché gli occultisti chiamano questo mondo: “Il giardino d’infanzia dei figli di Dio, dove fumi, scoppi e tuoni, di continuo lacerano l’aria”; del resto non è un grande mistero, l’importanza dell’illuminazione era già conosciuta dagli egizi, che con il termine “Aks” indicavano uno status di coscienza così puro e illuminato che portava in stretto contatto con il mondo celeste di Rà, “la Sorgente Creatrice che si autogenera”, il Dio del sole, o spirito che si rinnova innanzi al Sole Creatore. Da ciò si deduce che il vero religioso, come sta nel significato della stessa parola religione, cioè “mettere insieme”, redigere, deve abbracciare tutto ciò che considera buono e giusto, in tutte le religioni, sia animiste, globali, o mitologiche, sapendo che tutte portano allo stesso tronco, come affermò anche Gandhi. I veri misteri delle religioni possono essere conosciuti solo da coloro che sono in grado di sperimentarli, quindi “illuminati”. Il vero religioso deve ricercare, valutando la maturazione culturale, la creatività che testimonia le altre realtà dimensionali non percepibili; e la morale di un individuo, o di un paese e accrescere con le proprie esperienze il grado delle sue “illuminazioni”. Semplicemente basti ricordare che lo stesso termine psiche da phisis sta a significare: “l’essere nel suo illuminarsi”, cioè scorgere l’estremo confine, varcarne la soglia attraverso l’esperienza o al contrario decidere di non esservi oltre di esso, quindi non raggiungere quella conoscenza, o gnosi liberatrice, chiamata in sanscrito Jnnana, raggiunta appunto, con il processo delle “illuminazioni”, chiamato in sanscrito anche Chandaspiù; quindi diventa fondamentale fare di più di quello che si capisce affinché si capisca di più ciò che si fa. Esotericamente, Choan significa anche “Maestro”, con tale termine gli esoterici indicano gli adepti che hanno raggiunto la sesta iniziazione, uno dei gradi più alti dell’evoluzione umana. Arrivati a tale livello evolutivo sarebbe possibile scegliere fra sette “Sentieri Evolutivi”, di cui uno solo riguarda la terra ed il servizio all’umanità. Forse per questo Hegel affermava che l’infinito non è altro che il compimento, l’identificazione del vero con l’intero, e l’intero, il complesso della realtà, è ciò che dura e può durare, all’infinito.

62° L’ILLUMINAZIONE E L’ANIMA DOPO LA MORTE

Comunque l’uomo “moderno”, risvegliato il sapere Antico, avendo appreso che l’uomo è Verbo di Dio, in pratica: Logos, Parola, o meglio “Manifestazione di Dio”, nell’era della clonazione, dove l’umanità si pone quesiti di biogenetica avendo gettato le basi della vita artificiale, ha il dovere più che mai di filtrare il raggiunto sapere cosmologico, biologico e psicologico, trasformandolo in una nuova e moderna concezione, sempre entro i limiti che l’evoluzione gli pone. Non farlo, non applicare le nostre “illuminazioni”, è procedere controcorrente, contro l’uomo stesso e contro Dio. Per gli esoterici, gli “illuminati di ieri” sono gli studiosi, i chiaroveggenti e i telepatici di oggi, e almeno su questo si potrebbe anche concordare, dato che la conoscenza nell’uomo, procede in modo interiore, cioè nello spirito, prerogativa degli antichi e degli orientali, che hanno capito che i cambiamenti vanno fatti in noi stessi; ed in modo esteriore, cioè con la scienza in ciò che ci circonda, prerogativa dell’uomo moderno e degli occidentali. “Illuminarsi quindi”, partendo dalle idee creative diventa prioritario. La scienza, a proposito, afferma che l’attività creativa dipende dagli impulsi elettrochimici del nostro cervello, che con i suoi cento miliardi di neuroni collegati con filamenti e sinapsi, formano una rete di cento milioni di interconnessioni diverse, nelle quali viaggiano stimoli e notizie; infatti, la depolarizzazione elettrica indotta dalla trasmissione nervosa provoca la fuoriuscita nelle terminazioni attive delle sinapsi, i neurotrasmettitori, che a loro volta inducono la propagazione del segnale nella cellula. Alcuni luminari della scienza, insistono sul fatto che l’’uomo ha un cervello superiore agli animali solo per l’incredibile numero di relazioni che i filamenti stabiliscono con la corteccia celebrale. Essi ritengono che questo sia solo il frutto dell’evoluzione resa dalle capacità dell’Homo Abilis, in quanto queste connessioni avvengono in continuazione e favorirebbero l’apprendimento, l’educazione, e quindi “l’illuminazione”; quanto detto concorderebbe in parte con ciò che disse San Tommaso nella sua questione LXXV, cioè che l’anima è una “forma subsistante per se, che è tutta in tutto”. Dobbiamo ricordare che il DNA umano è similare a quello animale, anzi ultimamente è comprovata un’incredibile somiglianza anche con il regno vegetale; la stessa mappatura del DNA ci ha confermato la limitatezza dell’uomo, che possiede solo 30.000 geni, contro i 20.000 del verme, e questo già ci dice molto, portandoci sempre, nonostante tutto, a quel concetto di un’unica “Essenza Creatrice Senziente”, che agisce ed interviene su se stessa, in una miriade di modi che nel tempo continuiamo a etichettare. Non a caso il termine “anima”, che è traduzione dal greco psiche e non dall’ebraico nephesh, è considerata comunemente come una sorta di essenza spirituale ospitata nel corpo per il breve periodo dell’esistenza, immessa dentro l’uomo dal suo concepimento fino alla morte. Questa concezione originariamente greca, però, non trova riscontro per la schiera di Materialisti discepoli di Aristotele, che invece contemplano la scienza ritenendo che la vita è solo una complessa organizzazione dell’organismo, che muta per cambiamenti fisici e chimici. Anche se d’altro canto ci sono affermazioni d’individui che per gravi casi clinici ritengono di aver vissuto esperienze di vita spirituale oltre morte che in genere conduce a sensazioni di pace eterna, di smarrimento della percezione fisica, che considerano prerogative inerenti all’ingresso di un altro mondo, come la nota visione di un “Tunnel Luminoso”, che nessun biologo però prende sul serio. Certo è che queste sensazioni sono state studiate da vari medici come nel caso di Peter Fenwick, neuropsichiatra di Londra e Sam Parnia che nell’intervista condotta al General Hospital di Southampton, dopo aver intervistato 63 pazienti sopravvissuti all’arresto cardiaco, (dei quali quattro addirittura, avrebbero superato la scala c.d. scala Grayson, “criterio medico per valutare le esperienze di quasi morte), hanno messo in evidenza la possibilità che la mente sia indipendente dal cervello e che l’anima continui a vivere dopo la morte cerebrale. Su questo circolo vizioso, possono venirci incontro molti studi che ci rivelano le suddivisioni concepite per la mente umana, come la psicanalisi introdotta da Freud, che suddivide la personalità psichica in tre parti: il Super Io, l’Io cosciente, (la parte della ragione) e l’Es, (la parte istintiva subconscia).
La struttura psichica umana, avanzando sincronicamente, comparazioni diverse, si può dividere in una componente spirituale, che l’esoterismo colloca nei tre mondi sottili, nella luminosa fonte del buono, armonioso e bello; una mente razionale situata nell’emisfero sinistro del cervello e legata alle funzioni mentali; e una componente subconscia, relativa agli istinti, passioni e memoria, che l’esoterismo colloca nel corpo astrale ed essa è prevalentemente situata nel emisfero destro del cervello. L’anima, che in sanscrito si chiama jiva e che si differenzia da ciò che è il nostro ego, è identificata come una manifestazione dell’Assoluto in noi, sottoposta alla dualità spazio-tempo. Lo Zand Avesta di Zoroastro vede quattro agenti fondamentali nell’uomo: l’anima e lo spirito vitale che formano la ragione; poi l’angelo custode e la coscienza. La Cabala, invece, rappresenta la manifestazione psicologica dell’uomo nel diagramma di flusso “dell’Albero della Vita” con le dieci Sefirot, ( da Safar, che significa: numero, racconto, luce), che rappresenterebbero i dieci stati della psiche, inoltre dividerebbero la conoscenza intellettuale in due parti: la prima artistica e intuitiva, la seconda logica e razionale, entrambe separate nei due emisferi cerebrali. Interessante è notare che simboli come “l’Albero della Vita” si possono ritrovare in tutto il globo, basti pensare al “Caduceo di Ermete”, al “Bastone Brahmanico hindù” e alla “Croce Celtica”, molto simile alla “Ruota di Medicina dei nativi americani”. Quest’ultimo confronto tra la “Croce Celtica” e la “Ruota di Medicina dei nativi americani”, farebbe supporre una comunicazione, o un'unica origine dei due popoli, basti pensare alla similitudine mitologica con riferimento a quegli “Esseri Risplendenti” venuti dalle stelle, inoltre anche i celti usavano tingersi il corpo proprio come i nativi americani, il termine Britanni, infatti, deriverebbe dalla parola Pretanni, cioè “il popolo che si tinge il corpo”; inoltre lo stesso termine celti deriverebbe da alcune popolazioni barbare dell’Asia minore che i greci chiamavano Keltoi dal greco “eroi, o gli uomini in alto”, un gruppo di 150 tribù legate per affinità di lingua, religione e costume distinte dai Galati più a settentrione, genti che i greci facevano discendere da Celto “un figlio di Ercole” e che successivamente con la conquista della Galia da parte di Giulio Cesare nel I sec. a. C. i romani chiamarono generalmente galli. Una leggenda narra che Alesando Magno dopo aver chiesto ad un guerriero celta, di che cosa avessero paura i celti? Si sentì rispondere: “Noi abbiamo paura solo che il cielo ci cada sulla testa, che la terra si apra e ci inghiotta, che il mare salga e ci travolga”, e queste sono ancora le paure dei nativi americani che ancora oggi credono che alla morte dell’ultimo sciamano il cielo cadrà. Generalmente una fine è sempre stata preconizzata in tutte le culture e da sempre si cerca e ricerca la più idonea e degna filosofia di vita, sempre alla luce d’ogni “illuminazione”.
Emmanuel Mounier diceva, nel suo testo “IL Personalismo pag.30”: “L’universo è pieno di uomini che compiono i medesimi gesti nei medesimi luoghi, ma che portano in sé e suscitano intorno a sé universi più distanti fra loro delle costellazioni”, ecco perché dovremmo avere una grande responsabilità “dell’agire”. Il principe filosofo Andrea Emo definisce il filosofo: “mezzo scienziato, mezzo artista, e interamente sacerdote”, poiché la filosofia come la religione è un sistema, un modo per sopportare l’atroce assurdità della vita; forze è per questo motivo le divinità solari come Osiride, Bacco, Dionisio, Shiva, Cristo, Adone, o Tamuz della Siria, nascono, appunto per sopportare i “peccati del mondo”. Nell’Epopea sumera di Gilgamesch, l’eroe per un terzo divinità, ottiene da Samas la possibilità di riabbracciare per l’ultima volta l’amico Enkidu e lo interroga sul senso ultimo della vita e sul mondo dei morti e riporta le paure di una verità che ancor oggi assilla le civiltà moderne: “Dimmi amico mio, dimmi amico mio! Dimmi il regolamento della terra cher tu conosci…Non te lo dirò, amico mio, non te lo dirò. Se ti dicessi il regolamento della terra che conosco tu ti sederesti e piangeresti, Ebbene io mi siederò e piangerò. L’uomo che… tu toccavi e del quale il tuo cuore si rallegrava, il suo corpo i vermi mangiano come un vestito vecchio,… il suo corpo è pieno di polvere. Quando gli dei hanno creato l’umanità, la morte hanno stabilito all’umanità, la vita hanno tenuto nelle loro mani. Tu Gilgamesh, riempi il tuo ventre! Giorno e notte rallegrati, ogni giorno fa festa, giorno e notte danza e canta! Sia pulito il tuo vestito, il tuo capo sia lavato, con acqua tu sia bagnato, rallegrati del piccino che afferra la tua mano, la moglie goda nel tuo grembo! Questo è il compito dell’umanità. Perché, dopo la vita, all’interno del monte fitta è l’oscurità, non vi è luce.

63° L’IMPORTANZA DEL DIVENIRE E LA MORTE

Ma per quanto mi riguarda, mi sento parte dell’Assoluto, credo di scrivere sospinto dalla luce delle mie “illuminazioni”, “ricercando e aspettando ogni illuminazione”, nell’analizzare le stesse cose, in mille modi diversi. Premetto sì, di teorizzare le mie logiche filosofiche, ma non di giurarle, consapevole dei miei limiti e dei limiti all’uomo imposti, ci sono leggi e per logica voleri superiori a noi. Sta scritto giustamente nei sacri testi: “non giurate affatto: né per il cielo; perché è il trono di Dio; (35) né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. (36). Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco, o nero un solo capello.” MtV, 34-36; scritto riportato anche a Qumram nel Documento di Damasco (XV, 1): “Non giurerà ne per “alef” e “lamed”, né per “alef” e dalet…”. Quando un sacerdote dichiara che la verità bisogna ricercarla dalla parte di Dio, io intendo dalla parte del bene, sapendo che, come dice Mounier: “che il mio pensiero spinge i sensi nel pensiero, la mia fede spinge la determinazione alla stessa maniera che l’azione spinge la mia volontà che l’ha posta e l’amore il mio desiderio che l’ha risvegliato”. Quindi ricercando una “verità”, non basandomi solo sulla fatalità delle cose, che giustificherebbe solo una mia rinuncia alla ricerca stessa e senza confondere la realtà umana con quella divina, ma tenendo conto del semplice insegnamento, “Dio è in terra, in cielo e in ogni luogo” e della citazione scritta: ”Siete dei e farete cose più grandi di me”. Da ciò posso ipotizzare che: “le realtà in sé, nel creato, sono infinite e contrastanti per il loro stesso esistere. L’uomo è parte del “Creato di Dio” e seguendo in se Dio, “la Luce e l’Amore”, nell’azione diviene suo “spirito creatore”, continua la sua opera alimentandosi con la forza del bene e del male, della ragione e dell’istinto, (antagonismo necessario perché esista il carburante dell’esistenza, quello che in Cabala è il “finito” che deve essere conosciuto da DIo), nella sfida del creato, Armaghedon, “la lotta per la sopravvivenza”, per lo scopo del “Divenire”, “l’esistenza del Dio stesso” che sì auto genera, necessario e conseguenza dell’esistenza dell’uomo; la cui direzione è l’evoluzione in Dio stesso, in “Luce”, all’apice della purezza, la pura “energia cosciente”. Ecco la necessità dell’informazione che viaggia, negli atomi, nei corpi, nella dualità creativa delle forze che provocano il ritmo, la vibrazione, il “Divenire” necessario”. “L’energia attiva e passiva è in tutto”, come esiste l’unione uomo donna, nelle cellule i cromosomi sono in coppia, tutto si basa su leggi di “attrazione e repulsione in continuo movimento”; è qui che si cela l’antico segreto alchemico dei quattro elementi Fuoco, Aria, Acqua e Terra che combinati formano l’esistenza dell’Universo; sono qui i tre principi alchemici fondamentali: il Solfo attivo, il Mercurio passivo e il Sale che neutro lega gli altri due, principi trasformati dall’Athanor, cioè la “fucina alchemica”, i quali piani equiparati ai livelli, o stati di coscienza dell’essere umano corrispondono alle sefiroth dell’albero della vita; è qui la dualità delle forse espressa dall’antica “numerologia e geometria ritmica”, che rivela l’opportuno senso “dell’Armonia Cosmica”. Ricordiamo, come ho detto, che per gli antichi l’evoluzione è il processo con cui Dio, che è sceso nella materia, ritorna al suo livello manifestando forme sempre più perfette ed una coscienza sempre maggiore, raggiungibile con il susseguirsi delle “illuminazioni”, che presuppongono il fatto cosciente di porsi le “grandi domande”, ecco il perché del “Divenire”; quindi “creare e lavorare”. Anche la tradizione indiana che più di altre riesce a scindere l’esperienza sacra interiore dai fatti mondani, insegna che non si deve subire passivamente la vita, bisogna sublimarla. Il noto Karma, (causa effetto), deriva dal verbo sanscrito Kri, che significa: fare, ed insegna che è attraverso il compiersi dell’azione senza attaccamento, che l’uomo raggiunge la perfezione, Baghavad Gita, III, 19. Sia nello Zand Avesta iranico, come nel Talmud e nel Vangelo, la salvezza o la dannazione si conquistano con l’azione e l’Universo ripaga ognuno secondo il suo operato, “forza cinetica in atto”. Nella mistica ebraica del Sepher Bahir, “Il Libro Fulgido”, apparso in Provenza verso il 1200, che riporta fonti di testi più antichi, è chiaramente rivelato il motivo delle differenti sorti dell’uomo, motivo che a Mosè non fu dato sapere, quando chiese il Nome glorioso e terribile: “Perché a un giusto tocca in sorte il bene e a un altro il male? Giacché a quel giusto, a cui tocca il male, era stato in precedenza un malvagio, e ora incorre nella punizione. E’ possibile che lo si punisca per quanto compiuto durante la giovinezza?…Gli rispose: Non parlo di questa vita, ma di quanto è già accaduto nel passato…”. Nella Cabala, “l’Azione” è fondamentale e compito dell’uomo. Nella Grande Sintesi Esoterica curata da Guido da Todi il sentiero è indicato nel movimento, energia eterna, definita l’unica vita. Il dott. Menard ricorda che in Greco la stessa parola nascere significa divenire, il filosofo tedesco Fiche affermava che si può conoscere l’essere (Sein), soltanto con l’esistenza (Dasein), In una mia opera artistica dedicata al mondo esoterico ho scritto: ”Divenire In Essere” che specchiatosi diventa “Essere In Divenire”, c’è più semplicemente anche una canzone, di cui non ricordo il titolo che dice: “Corri per qualcosa, o per qualcuno, corri per la libertà, o per un motivo, o anche solo per sentirti vivo”. Gesù si è detto, che l’esistere è un dono che non si verifica sfidando la fisicità del corpo, ma assecondando l’esistenza del corpo per vivere in assoluto l’esistenza senza il corpo, Quando in sogno la cornacchia gli disse: “Se tu fossi figlio di Dio, sarebbe tua la terra, avresti potere su tutti i regni della terra”, rispose: “Che stupida cornacchia i figli di Dio non cercano il potere sui corpi perché la loro vita è nei corpi è come la luce dell’aurora che s’arrossa un momento per potersi poi sciogliere nello splendore della luce del giorno. No, il mio regno non è di questo mondo”. Ma questa coscienza potremmo averla solo se scopriamo il senso dell’esistenza da trovare lì nel nostro cuore dove Dio pone la sua legge; scoprendo che esiste solo Dio nel suo divenire nell’Universo; Diavoli sono solo i coinvolgimenti con i sentimenti che ci legano alle cose del mondo. “L’Alchimista” di Paulo Coelho (1988), ci riferisce che l’uomo deve seguire la sua “Leggenda Personale”, apprendendo quel Linguaggio Universale che ci mette in contatto con l’Anima del Mondo, attraverso i “Segni” e le rapide immersioni che chiamiamo presentimenti.
Nella soglia della porta di Villa Palombara, considerata monumento ermetico, c’è scritto: “Si Sedes Non Is,” Se siedi non procedi, nel celebre “SE” di Rudyard Kipling si legge: “Se tu sai riempire il minuto implacabile con sessanta secondi di strada percorsa, tua allora è la terra, con ciò che la terra contiene, ma ciò che più vale, sei uomo, figlio mio”, S.Benedetto ne fa una regola “Ora et Labora”, nella Genesi XVII,1 si legge: “Quando Avraham ebbe novantanove anni, il Signore apparve ad Avrahm e disse a lui: “Io sono “EI Shadai (tradotto dai greci e latini, Iddio Onnipotente, ossia per il Midrash l’acrostico di “Shemar le Olamo: ‘Dai”, ossia che ha detto al suo mondo: ‘Basta’”) procedi dinanzi a Me e sii perfetto”; quindi Dio si pone un limite e lascia l’uomo dinanzi a sé ad eseguire il “ tikun”, l’aggiustamento; e allora come dice un mio aforisma: “Sii come l’acqua, traccia la tua via”. Il significato accadico della parola Shadai però, può derivare anche da Shaddu, "montagna", da cui "Dio delle Montagne"; montagne che sono locate nell’antica regione sumera di Adad, figlio di Enlil, nella terra di Ish.Kur, nome sumero per indicare ancora una volta "quello delle montagne". Tutto ciò ci comunica una deità comune che ci dice che bisogna favorire il moto del “Divenire”, per realizzare la nostra sempre mutevole “deità spirituale, o coscienza della luce” in nome dell’amore, lavorare, fare ricerca, innovare, sapendo che nella creazione non è tutto casuale e “quello che per noi è casuale in realtà è agire altrui”, “coscienza delle diverse realtà dimensionali” necessarie per la Vita, il “miracolo dell’equilibrio voluto”. Tutto ciò fino a quando si giungerà alla via della liberazione, la rinuncia a tutto ciò che è azione e anche ascetismo, capendo, come si legge nelle Katha Upanishad II - 3, che: “Saggio è chi capisce che desiderio e azione sono le radici del male e del dolore, e in tale convinzione uccide il desiderio e abolisce l’azione”, avendo raggiunto una tale supercoscienza dell’Io che si unifica al Divino, ciò che per gli induisti è l’Atman, lo spirito che si riconosce nel Brahman, nella sua Divinità. C’è chi ha detto che se da una torre gettiamo milioni di pietre mai si riuscirà a costruire un palazzo, e in effetti in parte e vero, perché esiste una “logica di adattamento”, non un “Caos”, perciò l’uomo stesso opera con il suo lavoro, ciò che io chiamo per l’appunto “Coscienza di materia”, l’evoluzione stessa del creato, che più o meno inconsapevolmente si auto-gestisce, da microcosmo a macrocosmo nei vari passaggi di stato della materia delle varie realtà, guidata sempre dalla “Luce”, Luce divina, Energia del tutto, quella che io chiamo, “attrazione gravitazionale”, che compone i corpi, il Verbo di Dio, ciò che nei Rig. Veda è descritto: “Vedi l’unità nella diversità, l’Uno divino appare nelle molte forme, immensa è la sua vastità, indescrivibile la sua gloria. Tutte le infinite terre, i soli , i pianeti che sono visti e quelli oltre la nostra percezione, esistono per suo comando. Accesa in varie forme,l’eterna fiamma è Una. Illuminando il mondo con i raggi dorati all’alba, dipingendo le nubi di sera con cangianti colori, il sole è uno”. Ciò che Ermete chiama nella tavola smeraldina: “Cosa una”, che muove la “logica di adattamento” nel moto “ordine disordine”, nel gioco karmico “causa effetto” delle “Corrispondenze cosmiche” in divenire, che regolano la vita nella terra; e quindi la “Vicenda umana”, che evolvendo in divenire, nello stesso gioco “causa effetto”, che per gli orientali è Karma, il raggiungere sempre più consapevolezza. Richiamando ancora una volta la tavola smeraldina in essa si legge anche: “Separerai la terra dal fuoco, il sottile dallo spesso dolcemente e con grande industria. Sale dalla terra al cielo e nuovamente discende in terra e riceve la forza dalle cose superiori e inferiori”, continuando dice: “Così è stato creato il mondo. Da ciò saranno e deriveranno meravigliosi adattamenti, il cui metodo è qui”. Anche se incredibile e fuori tempo, queste parole, a mio parere, portano in sé parte dei concetti che la scienza oggi teorizza, come la teoria evoluzionistica di Darwin che solo il secolo scorso fece risalire l’uomo, gli animali e le piante a poche specie stipiti primarie, quindi bisogna capire che la luce del sole non risplende solo per noi uomini ma anche per tutti gli esseri creati; e l’uomo per vivere con piacere il suo stato dovrebbe ignorare lo scopo divino della sua esistenza, lavorando per esso come suo creatore e conseguente creatore di se stesso nell’evoluzione mutevole della creazione, sapendo che alla fine entrerà in esso, nella luce come tutte le cose create, e solo allora comprenderà ciò che lo stato umano non permette. Qui in terra noi dobbiamo mirare a divenire, per merito, gli “Illuminati Potestà” del “Dio Creatore”. E. Mounier diceva: “l’atto supremo della persona è prendere coscienza di essere più che la nostra vita” , G.Marcel diceva che: “l’uomo non è inventariabile”, S. Agostino diceva: “Dio mi è più intimo della mia stessa intimità” e affermava, nella sua “Teoria dell’illuminazione”, che le verità superiori non le facciamo noi, ma le scopriamo in noi. Ma questo non occorre necessariamente capirlo, “bisogna sentirlo in noi, nella luce”, nell’amore per il creato, sta scritto infatti: “Se non diverrete come bambini non entrerete nel Regno dei Cieli”, non sarete felici, infatti, è nota a tutti la curiosità dei bambini, il voler conoscere, la loro visione animistica delle cose. Ciò non significa limitarsi, non conoscere, rimanere nell’ignoranza; In effetti la mente è molto legata alla coscienza definita: “presenza reale che assimila e unifica i contenuti”, quindi legata alla memoria che se viene a mancare porta ad una parziale perdita di coscienza che dona nello stesso tempo “libertà senza vincoli”, ci si libera del ricordo causa del preconcetto; così in un certo senso si muore ogni giorno in nome del “Divenire”, e chi non opererà per esso cercando in alternativa la stabilità, troverà solo la noia, la paura del cambiamento, cioè “il non essere” allontanandosi dalla luce e dal principio dinamico dell’esistenza che L. Ron Hubbad, autore del discusso “Dianetics” chiama appunto “Sopravvivere”. Diventa fondamentale quindi eliminare i nostri blocchi mentali, cioè gli “engrams“ del nostro ego, in pratica il “Satana, o il Diavolo” che ci priva della conoscenza unitaria della realtà unica delle cose. Nell’antico libro di Krsna affiora questo concetto, in esso si legge chiaramente: “Perché tanto terrore della morte ? La morte è già venuta insieme con la tua nascita; dal momento in cui sei nato hai cominciato a morire. Supponiamo che tu abbia 25 anni: dunque sei già morto da 25 anni. In realtà muori istante dopo istante, secondo dopo secondo. Perché allora tanta paura della morte ? La fine è inevitabile. Che tu muoia oggi o fra 100 anni non potrai sfuggirle. Perché rimanere tanto turbati ? La morte non è che l’annientamento del corpo materiale: appena il corpo smette di funzionare e torna a mischiarsi con i 5 elementi della natura materiale, l’esser vivente si riveste di un altro corpo determinata dagli atti della sua esistenza passata e dalle loro conseguenze. Così, i corpi cambiano l’uno dopo l’altro e l’anima trasmigra. Guarda con quale attenzione il bruco passa da un rametto all’altro ! Similmente l’esser vivente cambia corpo non appena gli agenti del deva della morte decidono del suo prossimo involucro mortale. Finché l’essere vivente resta condizionato dal mondo materiale deve rivestirsi di corpi di materia, uno dopo l’altro, determinati dalle leggi della natura secondo gli atti compiuti nella precedente vita”.
Il celebre libro tibetano dei morti, o “della liberazione”, o meglio del Bardo Thötröl (o Thodol cioè liberazione), dove Bardo sta per: “stato intermedio dopo la morte, o trapasso”, è un testo di istruzione sulla natura dell’impermanenza, inteso per l’uso sia da parte dei morenti che dei vivi e appartiene a una serie di “Istruzioni” sulla liberazione composte nei tempi prebuddisti della dinastia Bon, nell’VIII o nel IX secolo da Padma Sambhava, il fondatore del Buddhismo tibetano che le seppellì sui monti Gampo nel Tibet centrale, dove nel XIV Karma Lingua (reincarnazione di un discepolo di Padmasambhava) le rinvenne. In queste istruzioni si legge chiaramente: ”I Tantra descrivono tre modi di morire degli yogi: inferiore, medio e superiore. I praticanti di livello superiore non hanno bisogno di metodi e istruzioni particolari per il momento della morte. Il loro Stato di Coscienza si unifica direttamente con la condizione pura e originaria, il loro corpo fisico svanisce nell’essenza degli elementi e realizzano così il “Corpo d'Arcobaleno”. Attraverso una pratica di contemplazione estremamente diretta, il praticante giunge all’unificazione della propria energia interna con quella esterna, che non è altro che la manifestazione esteriore della sua stessa condizione; in questo modo gli atomi che costituiscono la sua personalità si trasformano in pura energia luminosa, e ciò fa si che non rimangano tracce tangibili del corpo”.  Sempre nel libro tibetano dei morti il “Tantra della grande Segreta Unione del Sole e della Luna” ci dice: ”Quando nel defunto, a causa del proprio ricordo o delle istituzioni del maestro sorge il riconoscimento, nasce una luce che diventa una guida che lo accompagna fino alla soglia, dove poi la Luce della Dharmata è pronta ad accoglierlo come un ospite, e l’incontro delle due luci fa si che non vi sia un solo attimo di buio. È come quando c'è la luna piena, e la luce del sole, subito dopo il tramonto, viene immediatamente sostituita da quella della luna; e così non c'è spazio per il buio”. Lavorare per la nostra “realtà”, interagendo consapevolmente, o inconsapevolmente con le altre “realtà”, significa lavorare per “la logica di adattamento” del Creato,“Dio”; l’istinto in questo è fondamentale, perché supplisce la nostra ignoranza nell’evoluzione della “logica di adattamento”, cioè il grado di “coscienza di materia”, mentre la ragione evolvendo la comprende sempre più con ogni “illuminazione” acquisita, seguendo Dio, la Luce”. Uno dei miei ultimi aforismi dice: “Dio agisce attraverso l’istinto (la coscienza del microcosmo), ma si manifesta intimamente nella ragione” (il nostro dovere verso il macrocosmo), ed è qui che realmente si frappone quello che viene chiamato “libero arbitrio dell’uomo”. Un'altra mia convinzione afferma che “il tempo di ogni vita è relativo all’esistenza che lo vive”, da qui la mia concezione che il tempo in realtà non esiste ma è relativo a chi lo percepisce, come del resto la stessa “realtà”, non a caso gli orientali definiscono la vita “riflesso , o illusione”. Riferendosi al testo tibetano dei morti, Wendy Doniger O'Flaherty scrive: “ Ahimè... il padre e la madre... tutti questi apparenti fenomeni sono illusori nella loro vera natura... Sono tutte proiezioni della mia mente, e poiché la mente è essa stessa illusoria e non-esistente da principio, da dove viene tutto questo?... Ora sì vedo, sono tutti come sogni, come illusioni, come echi, come miraggi... come la luna riflessa nell'acqua; non sono reali, neanche per un momento”. Gli eschimesi, percependo questa realtà, mitologicamente raccontano di una strega, la "vecchia delle foche" che seduta nella sua dimora senza luce, oltre le terre dei vivi e dei morti tiene sempre accesa dinanzi a sé una lampada di pietra che col suo gioco di ombre semoventi, dà vita agli esseri che popolano la terra. Probabilmente dopo la morte non ci saranno antagonismi tra bene e male, avremmo la capacità di comprendere un'unica polarità del bene, avendo le occulte conoscenze “dell’energia passiva e attiva”, probabilmente rimarrà solo uno stato di coscienza puro di “Luce e Amore” privo dei sensi, cioè “quello che si prova negli svenimenti, o quello che si può pensare cercando di ricordare “il prima della nascita”, quella vita psichica che alcuni “illuminati”, come il mago di Strovolos chiamano psico-noetica.“ Ricordate il mito arabo della fenice che rinasce dalle proprie ceneri”, o più in generale l’universo che riemerge dal caos. Lo stesso Gesù dice a Pietro “tu es petra”, forse per ricordargli che è materia e spirito insieme, l’evoluzione, la trasformazione della coscienza della materia stessa. San Gregorio Nisseno vissuto nel lV secolo a proposito della morte scrisse: "Vedrai questo involucro di carne, ora dissolto dalla morte, ricostituirsi di nuovo con i propri elementi, non secondo la costituzione attuale, densa e pesante, ma con trama più leggera ed eterea, in modo che il tuo corpo tanto amato ti rimarrà presente, ristabilito in una bellezza più perfetta e più piena di grazia". Si è detto anche che nella croce la parola I.N.R.I. significa “Igne Natura Renovatur Integra”, ossia rappresenti i quattro elementi: Iammin “Acqua”, Nour “Fuoco, Ruah “Aria e Jebeschah “Terra”. Si rinasce in una nuova trasformazione, ma la memoria alimento della coscienza e identificazione dell’Io che fine fa? Questa nostra forma pensiero sarà alterata? Forse sarà il prezzo da pagare per entrare nella consapevolezza della “Luce di Dio”, un'altra “realtà” in cui i ricordi primitivi terreni, la personalità contrastano, o più semplicemente non necessitano di esistere, dato che i nostri sensi sono ben poco rispetto alla “realtà del tutto” e la memoria li deve integrare per forza, ma raggiunta la totale percepibilità di “ogni cosa”, la memoria può diventare superflua. Perdendo la memoria forse si perderà “l’identità umana legata ad essa”, come se una cellula prendesse coscienza della nostra mente e perdesse il suo compito primario di lavorare per mantenerci in vita perché ha un altro compito superiore da svolgere. Un compito da svolgere in “Everos”, cioè in “quell’abisso psiconoetico”, in quell’oblio dove, pur sapendo di esistere, vengono cancellate le memorie, quell’oblio che gli antichi greci chiamavano “Il Fondo dell’Acqua”, quell’oblio dove la coscienza si rivela alla supercoscienza, forse qualcosa simile a quella percezione di unitarietà descritta dal ricercatore russo Ouspensky sotto estasi mistica sperimentale dovuta al protossido d’azoto. Teoria questa che contrasta con quella del matematico Laplace che ci dice: “Se un essere umano possedesse sufficiente conoscenza del presente stato di ogni particella della materia dell’universo, potrebbe cominciare a predire l’intero futuro dell’universo”. Ma non credo sia così, il corpo muore con i ricordi, come un’opera d’arte si distrugge in nome di una successiva opera nell’evoluzione d’Essere Dio”. Se “l’illuminazione” che cerchiamo avvenisse solo dopo la morte, non avrebbero senso le ”illuminazioni” in vita, se queste sono “illuminazioni”, altrimenti significherebbe che esiste un limite divino, o che siamo stati ingannati dall’odiata ignoranza scambiata per “illuminazione”, cioè il falso del nostro stesso limite, la non conoscenza, in altre parole, “si è inseguito la luce di Lucifero”, anch’essa parte della dualità divina, che solo in Dio si Assolve. La nostra realtà è legata non solo alle “dinamiche mentali”, ma anche ai nostri limitati meccanismi recettori, i cinque sensi, che sicuramente non sono gli unici in natura, esistono altre realtà, altri “sensori”. Ciò fa capire che esiste un nostro limite impostoci dalla materia e spesso l’uomo ne rimane schiavo non sapendo, o non volendo per debolezza elevarsi spiritualmente e così rimane attratto da un inferiore spirale spirituale legata al microcosmo che ci compone, lontana dall’elevatezza spirituale della coscienza. L’uomo è abituato a identificarsi nella sua forma corporale legata ad un nome che gli è dato nel suo status sociale, e all’esperienza che fa di sé giocando tra: materia, spirito, corpo e anima. Egli spesso non si rende conto, o dimentica, di poter considerarsi colui che ascolta e dirige il proprio corpo, egli oltre al corpo ha una mente e una coscienza con cui fare esperienze. Di estrema utilità è sapere che tutti i sentimenti sono legati a processi chimici, l’innamoramento, per esempio, è una risposta biochimica degli organi riproduttivi che bombardano il cervello di molecole messaggere perché costruiscano una “virtuale” necessaria alla procreazione, in altre parole, è il desiderio di ricongiungersi con l’anima gemella, in quanto l’uomo originariamente era un essere unisessuale. Non bisogna confondere mai una reazione emotiva, o un sogno con la realtà effettiva, perché questo diventerebbe poi nostra realtà per cui vivere, e nemmeno lasciarsi schiavizzare dal nostro lavoro, magari solo perché abitudine; la nostra mente deriva per lappunto dal termine “mentire” e quindi può creare circoli viziosi e distorcerci dalla realtà delle cose. Dobbiamo distinguere lo spirito dalla mente per non inciampare in questo errore, non a caso ogni persona è legata inevitabilmente alla cultura del proprio paese senza operare la sua scelta mentale, per esempio è risaputo che per diverse caratteristiche, ma con lo stesso imbarazzo, la donna araba si vergogna a mostrare il viso, (un costume già conosciuto in India 2.500 a.C. assieme al rogo delle vedove), l’europea a mostrare il seno e la cinese a mostrare i piedi. Questo atto di volontà è necessario per superare la virtuale dimensione mentale e raggiungere gradualmente così un piano spirituale che soddisfi le nostre necessità sviluppandosi nell’amore e nel silenzio di una libertà contemplativa naturale, ecco perché dico: “che la dualità delle energie in Dio si assolve”. L’esoterista francese Eliphas Levi nel suo libro “Le Gran Arcane” scrisse: “L’immagine di Dio ha due facce, una di luce e l’altra di tenebra e la sua armonia risulta dall’analogia dei contrari. La faccia di luce è la figura dolce e sorridente di Maria, la faccia di tenebra è la smorfia ghignante di un demone”. Qui non c’è solo la dualità del “Bene e del Male”, ma anche il concetto della “Creazione Stessa”; ritrovabile ovunque: nella Tavola Smeraldina attribuita a Ermete Trismegisto, in molti antichi sacri testi, nelle molteplici leggende mitologiche e soprattutto nel concetto di “Grande Madre” vecchio di 25.000 anni fa, l’assira Ishtar o la sumera Ningursag e Innana, sposa del vento Addad, la celtica Morrigan, la dea Kalì, Maka per i maya e gli aztechi, la dravidiana Aditi per gli hindù, la Miryam degli antichi saggi, la Vergine Maria e quante altre ancora; tutte testimoni di una dualità che è insita in noi; è “l’Acqua Divina, il Mare che è la Sorgente della Vita, il Ventre della Creazione”.

64° UN GIUSTO EQUILIBRIO

La religione, l’esoterismo, l’astrologia, la filosofia e in particolare la psicologia, evidenziano la diversità tra il corpo e l’essenza dell’Io, che in realtà sono uniti, ed esserne coscienti può portare solo ad una pace mentale che può trascendere soddisfando il nostro voler comprendere l’esistenza. Questo meccanicismo è così spiegato dal punto di vista umano, ma da un punto di vista universale, per quanto riguarda il “piano spirituale”, ciò va applicato, distintamente per ogni “realtà” evolutiva necessaria al piano esistenziale del “Creato”, in scala più ampia, a tutta “l’energia vitale esistente”, a ogni atomo, a ogni cellula“. Non è forse vero che anche le cellule, come noi, impazziscono intaccate da anonimi e mutevoli virus, perdendo così la guida, “la luce”, provocando degenerazioni neoplastiche, “tumori”, malattie, ecc. Ciò fa capire che oltre a perdere tempo a creare etichette diverse alle stesse leggi fisiche, naturali di Dio, o del Creato, dobbiamo osservare la natura attorno, il cui messaggio è più esplicito delle mille interpretazioni umane, e così possiamo seguendo il bene cosciente, “la Luce”, curare meglio ogni nostro male nelle sue molteplici espressioni, consapevoli della sola “Motivazione d’essere”; ne sono prova lampante le guarigioni miracolose che si realizzano nel mondo e nelle varie confessioni religiose, o quando gruppi di persone unendo le loro energie sotto la guida di sacerdoti, o padri spirituali, influiscono in qualche modo, agendo nella realtà singola del corpo malato, guarendolo. In questa linea per analogia si possono interpretare anche gli eventi come le “apparizioni”, che potrebbero essere l’aiuto interno del meccanicismo del “Creato di Dio”, che porta aiuto la dove serve per il continuarsi dello scopo, “del Divenire della creazione, l’essere di Dio”, proprio come fanno gli anticorpi in noi; Nietzscche in un passo dello “Zarathustra” scrive: “C’è più ragione nel tuo corpo che nella tua migliore sapienza”. Se siamo stati meta di un qualche intervento genetico, è sempre opera di Dio, o di esseri creati da Dio, parte del “Creato senziente”; la vera dimora di Dio è ovunque. Nei (Salmi11,4) nell’indicare la dimora di Dio si legge: “Il signore è nel suo santo tempio, il trono del signore è nel cielo”. Questa idea si trova soltanto nelle parti più tarde dell’Antico Testamento, prima si pensava generalmente che Dio abitasse sul monte Sinai, o nell’Arca dell’Alleanza menzionata nella Bibbia in Esodo e Levitino, che aveva la capacità di generare energia elettromagnetica, oggetto che alcuni associano ad altri artefatti come: il Santo Graal, il Velo d’Oro, l’occhio di Bhaga ucciso da Shiva, Smeraldo di Lucifero, la Coppa Amonga dei Sarmatian Caucaso, la Lampada di Aladino, ecc.; oggetto che era la rappresentazione della divinità nel suo formare “l’arco sacro”, (Sheekina), che indicava simbolicamente la coscienza che compariva nell’arca con i due cherubini con le ali incrociate rappresentanti i due emisferi cranici; su questo artefatto c’è chi sostiene che sia stato un marchingegno che la civiltà egiziana aveva ereditato dagli atlantidei e che Mosè poi portò con se nella fuga dall’Egitto, nella Bibbia, infatti, si legge che chi toccava l’arca ne rimaneva “fulminato”. Il ”Papiro di Torino” richiamando un artefatto simile, fa sapere che quando Geb il cielo” sali al trono ordinò fosse portata la scatola d’oro di Rà, all’apertura di questa i suoi compagni rimasero uccisi da una saetta di fuoco, “i lampi”.
Ai tempi del Nuovo Testamento, invece, l’idea del cielo quale dimora di dio al di sopra del firmamento era divenuta comune, tanto che il Pater Noster comincia: “Padre nostro che sei nei cieli” (Matteo 6,9). Anche i Greci pensavano all’inizio che Zeus, “l’Enlil sumero, il dio del cielo”, e gli altri dei vivessero sul monte Olimpo nel nord della Grecia, forse l’egizio Khoiak di Osiride, l’ebreo Sinai di Jawe, forse lo stesso monte Meru degli indù, l’Albory persiano, il Qàs arabo, la dimora degli dei, chiamata in chissà quanti altri modi, successivamente però, presero posto in un altro “mondo” non ben definito, un luogo nel cielo, identificabile nella tibetana “Sudarsuma”, o Gandharva citata nei sacri Veda, o la città che ospitava “la Casa della Fiamma”, con mura di cristallo, citata da Enoch. Sempre per i Greci, anche i loro defunti si trasferirono, all’inizio risiedevano nelle profonde oscurità nebbiose dell’Ade dove, come ci ricorda Omero, la ”Moira nera” e la tenebrosa “Chera”, come “erranti fantasmi senza mente ed ombre esangui”, conducevano le anime; oppure risiedevano nei Campi Elisi, nell’estremo Occidente, poi trasferiti anch’essi in un mistico inferno sotterraneo. Su queste terre la tradizione ellenica ci dice: “Né per terra né per mare si raggiunge la terra sacra”; mentre la tradizione orientale afferma: “Solo il volo dello spirito vi può condurre”, infatti molte tradizioni narrano per l’appunto di un monte magnetico nel quale scompaiono o vengono rapiti coloro che hanno raggiunto una certa “illuminazione spirituale”. Su questa linea di pensiero, anche quelli che chiamiamo oggi, “contatti alieni” sarebbero solo: “interazione, o controllo dell’evoluzione umana”, del “Logos Planetario”, da parte di altre gerarchie e tipologie di esseri del universo, del “Creato”, provenienti da altri mondi dello “spazio”, o da altre dimensioni parallele, o addirittura da noi stessi, dal nostro stesso futuro, come dimostrerebbe, se fosse vera? L’interessante traduzione geroglifica di un disco appartenente ai Wingmakers, nostri posteri di 750 anni, scoperto nelle caverne del Nuovo Messico, luogo dove sono stati ritrovati anche piccoli esseri umanoidi mummificati con una grande testa, corpo esile e braccia lunghe, ora esposti al museo di “Million Dollar” di White Cite. Gesù stesso disse, “diventerete dei, farete cose più grandi di me”, Importante è sperare che questi “esseri” siano, più vicini alla “Luce di Dio”, alla luce interiore dell’anima, rispetto a noi; raggiungibile forse con quella “trasfigurazione”, quello che per gli esoterici è la “terza iniziazione”. Contro logica della “Luce”, alla base di ogni specie, esistono istinti di “conservazione e procreazione” e sebbene necessari per il “Divenire”, gestiti malamente diventano i precursori del male in quanto realizzano il drammatico antagonismo tra il cacciatore e la preda, che servono la primitiva “Logica di adattamento e selezione naturale della specie”, che sebbene serva per l’evoluzione dell’“esistere” verso la luce, contrasta la via della “Luce stessa”, portando così l’uomo all’auto-negazione della propria vita per il rispetto altrui, all’auto-negazione della propria realtà per il ricongiungimento con la “Luce stessa di Dio”, comportamenti cari all’Jainismo che contempla una “ciclicità infinita”. Ogni domenica in chiesa sentiamo dire il parroco: “Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi in remissione dei peccati”, qui anche Gesù si sacrifica per il “divenire” degli uomini, nella “Santa Commemorazione dei Morti e dei Santi” un canto cristiano ricorda: “L’uomo è come l’erba, è come un fiore di campo”, quindi destinato a sacrificarsi e essere sacrificato per meritarsi il regno dei cieli. Nei Righ Veda, base del Pantheon dell’India, “Vishvakarman”, il Gerofante, il Logos creatore, il Demiurgo architetto dell’Universo, il settimo principio dell’uomo nella sua collettività, corrispondente all’Osiride, l’Attis, il Cristo, il Vithoba, l’Uomo-Dio Vittima, l’Avatara crocifisso nello spazio, colui che sacrifica se stesso al mondo. L’essenza di questo antagonismo viene superata, anzi fu superata brillantemente millenni or sono dalle antiche rivelazioni esoteriche. Bisogna ricordare che il male, come abbiamo visto prima, è allegoricamente rappresentato da “Satana”, letteralmente l’avversario di Dio, ma prima della caduta un suo angelo, capo di quella schiera di angeli Cherubini, o meglio “Tori alati”, e ciò rivela che il male è una parte creata da Dio per “l’esistere”, in quanto Dio stesso deve averne la conoscenza tramite “l’esperienza”, giacché il suo sapere è illimitato, e per essere il bene, in quanto egli è unica cosa e noi limitati a percepirla per suo volere. Nella Genesi (3,22) il Signore disse: “Ecco, l’uomo è divenuto come uno di noi, conoscendo il bene e il male; e adesso che non tenda la mano, e prenda anche dell’albero della vita, e viva per sempre”. Qui il Signore ci fa capire che non è solo, ma parte di una “razza superiore” che conosce evolutivamente ed esperenzialmente, il bene ed il male e anche l’immortalità, quindi non il Dio assoluto in cui si assolve la dualità stessa del bene e del male, ma una schiera di semidei che domina l’umanità per un volere “cosmico” di Dio, un bisogno del “Creato”. Ciò che ho detto, sintetizzando varie fonti di ricerca, ci fa capire che la natura che ci circonda è il vero testo della rivelazione di Dio, poiché è una sua opera e a noi non resta che continuare a leggerlo con la logica, la creatività e la scienza, cercando le più profonde verità, non sempre conformi ai nostri canoni di valutazione e “anche in quelle verità dimenticate”, che le civiltà di un tempo ci hanno lasciato in eredità, non a caso Goethe nella prima parte del Faust dice: “ Ogni teoria è grigia e solo è verde l’albero dei dorati frutti che è la vita”. Dobbiamo fare tutto questo consapevoli dei nostri limiti, sapendo, come affermò anche Gandhi, che solo un profeta può giudicare un profeta. Noi dobbiamo usare il nostro corpo come un mezzo per evolvere e capire. Seguiamo pure le rinunce dello jaina, o la via di mezzo buddista, o quella citata nel deuteronomico Libro della Sapienza, o libro dei Mutamenti dei King, o gli insegnamenti della Kabbalah, o lo Zand Avesta iranico, o la carità cristiana, ecc..Chiamiamo pure magia ciò che non capiamo del creato, ma già siamo evoluti per capire che quando conosceremmo quegli schemi fisici, ciò si chiamerà scienza, “illuminazione” e questa consapevolezza ci rende già degni di essere uomini di questo tempo, consapevoli che le vere “rivoluzioni” vanno fatte dentro di noi. Il nuovo regno di Dio annunciato più di 1.500 volte nel vecchio testamento e più di 300 volte nel nuovo testamento, auspicato e teorizzato dall’umanità, prima o poi arriverà e ci sarà la giustizia voluta, ma dalla nostra evoluzione fisica e spirituale legata al “Creato”, quindi a Dio. “L’Apocalisse ci dice che un Angelo verrà portando in una mano la chiave (della conoscenza) dell’abisso, e nell’altra le catene per legare i malvagi”, (per imprigionare Satana per mille anni), e gli esoterici affermano che questa chiave è la conoscenza dei misteri dell’iniquità e l’insegnamento e la comprensione della “Veste eterica dell’anima”, Hiranyagarbha, l’emanazione dal Raggio atmico nel suo triplice aspetto di Creatore, -Conservatore e Distruttore – Rigeneratore, e da Buddhi-Mans il cui settimo aspetto di quest’aura, è quello di assumere la forma del corpo divenendo il luminoso “augoide”. Questa avvolgente sfera luminosa è una sorta di “aura, uovo, o corpo causale” con specifiche particolarità magnetiche che se equilibrata e priva di “Vizio” o debolezza permette il buon funzionamento delle ruote dei chakras (ricetrasmettitori di energie di altri piani di coscienza) collegati al corpo fisico attraverso le ghiandole a secrezione interna; questa sarà la vera comprensione che proporrà la nuova religione, il vero senso, la giusta interpretazione dei riti. Questa linea di pensiero alcuni uomini la stanno già percorrendo, ognuno come può. Oggi alcuni film e perfino i vari “cartoni animati”, creati per la TV come i Cavalieri dello Zodiaco, Dragonbol con le sue “sfere del drago”, con la materializzazione e la smaterializzazione, Roboteck con il suo richiamo ai giganti e molti altri ancora”, rivelano ampiamente alcune verità, concetti esoterici nascosti da millenni, servono probabilmente a preparare la futura generazione ad un nuovo sapere. Se vogliamo capire, osserviamo pure gli schemi umani e sociali, oppure gli schemi atomici, molecolari e cellulari, o quelli cosmici dell’universo astronomico; ci accorgeremo che è la stessa cosa, un continuo ripetersi che era conosciuto dagli antichi più di 4.000-5.000 anni fa, che non erano ignoranti come la storia tende ad insegnare, proponendo solo le facili allegorie allora destinate al popolo gretto. Ma del resto è sempre stato così, anche oggi dietro gli schemi sociali ci sono i poteri politici e religiosi che dipendono e filtrano a volte malamente, in quanto umani, il volere superiore di altri esseri ed energie più vicine al “Logos Onnicreante”. Il nostro compito è seguire Dio nella “Ragione”, uscendo se necessario dagli imposti schemi sociali, che non sempre corrispondono al volere supremo, questa è la nostra responsabilità. La religione probabilmente l’ha inventata l’uomo, “Spirito, Siva, Isvaradeva, o parte del Deva Sovrano di Dio”, ispiratosi al divino in se, dove non l’ha imposta qualcuno, o qualcosa venuto nel nostro passato, sicuramente alieno, con uno spirito, e quindi sempre figlio di Dio, magari più a lui vicino. Il contatto alieno c’è sempre stato e sempre ci sarà e arriverà prima o poi il giorno in cui tutti ne avranno consapevolezza, le differenze sono solo “nell’interpretazione e nell’etichetta” di ogni uno, che di per sé cerca di comprendere le stesse cose. Detto tutto questo, penso che per quanto un uomo possa “illuminarsi in sé di Dio”, deve sempre continuare a riattingere dalla “profondità dell’anima” i valori della persona, creando e cercando, favorendo sempre e comunque il divenire verso l’ordine. A volte però lavorando per quello che sembra “ordine” lavoriamo inconsapevolmente per il disordine, cioè operiamo in modo errato pensando di fare bene. Ecco perché bisogna essere sempre più “illuminati”, seguire la ragione, evitando che l’umanità ritorni ad essere punita e nel caos per opera di Dio, come dimostrano gli eventi come: le carestie, il diluvio, la confusione delle lingue, la distruzione di Sodoma e Gomorra, che tra l’altro sembra provocata proprio da una meteora, o da un esplosione atomica, visto che vi è rimasto solo un cratere in quel luogo. In modo antitetico, per logica, si può affermare che simili eventi catastrofici sono avvenuti anche prima della comparsa dell’uomo sulla terra, quindi non bisogna sopravalutare l’umanità che è solo una parte della “Creazione”. La nostra realtà è solo un’evoluzione schematica di adattamenti cristallizzati, relativi alla nostra composizione fisica e ai nostri limiti cognitivi. Al confine della cognizione di tali limiti, la religione, la magia e la scienza portano costantemente soccorso. Esiste una realtà cosmica molto più grande, formata su basi fisiche diverse che comprenderemo gradualmente evolvendo. Quindi anche le nostre più grandi convinzioni e verità possono essere stravolte da ciò che non comprendiamo. Dovremmo sempre essere pronti a cambiare idea e ad adattarsi, quando nuove logiche si presentano nella loro espliticità, le nostre concezioni del male e del bene non sono assolute, se non lo facciamo poniamo solo un limite alla nostra evoluzione mentale e se l’uomo avesse proceduto in questa maniera sarebbe ancora un animale. Lasciare scorrere l’evoluzione significa crescere, impadronirsi del “cosmo” con il nostro ordinato divenire, comprendendo così sempre di più il tipo d’ordine fisico dell’evoluzione del cosmo. Gli esoterici, Pitagora, Aristotele e molti altri, ci hanno “illuminato” il Creato con il sapere del “Suono” e del “Numero”, ma penso che tutti i nostri sensi, la nostra parte cognitiva possa essere sempre più applicata per la rappresentazione e la ricerca. Bisogna trovare le “Corrispondenze”, ma non quelle virtuali prospettiche dell’antico tentativo che è lo “zodiaco”, quelle vere come i “cicli stagionali, fasi lunari, ecc.” che servono a creare e rappresentare la saga dell’Infinito “Essere”; questo è il nostro compito, che per quanto mi riguarda porto avanti con lo “Studio dell’Equiparazione Dei Sensi”, che presenterò brevemente più avanti. Noi e i nostri compagni extraterrestri, angeli, o deva, dhyan o Djnn e chohan, o signori della luce, esseri risplendenti pieni di energia, o come altro volete chiamarli, esseri che un tempo chiamammo anche dei. Siamo tutti “figli di un Vortice Galattico” largo circa 100.000 anni luce, uno tra i tanti che segue un suo ordine preciso, seguendo la forza, la “Gravità dello stesso Dio”, del “Grande Essere”, del “Pachiderma Pulsante” definito da Quixe Cardinale, del Dharma, del “Tutto Indiviso” di Paracelo, della Cosa Una” di Ermete Trismegisto, del “Sincronismo Cosmico” di Jung, della “Concatenazione” di Ouspensky, dello Spirito che “sostiene la “Creazione” con il nostro e altrui aiuto”; ciò che gli antichi scrittori vedici individuavano chiedendosi: “Chi veramente sa? Chi può affermare donde nacque, donde venne questa creazione? Gli dei stessi sono posteriori ad essa: chi dunque conosce da dov’è sorta? Donde sia Venuta questa creazione; se l’abbia prodotta o no Colui che questo mondo sorveglia dal cielo, egli solo lo sa, o forse neppure lui lo sa”, Rig. Veda X. 129.
Se dovessimo tentare di descrivere il corpo e la mente di Dio, dovremmo partire dalla fisica quantistica per giungere all’astrofisica extragalattica senza averne la cognizione del limite estremo ne il grado di consapevolezza. I Rig. Veda ce lo riferiscono: "Vedi l’unità nella diversità, l’Uno divino appare nelle molte forme, immensa è la sua vastità, indescrivibile la sua gloria. Tutte le infinite terre, i soli e i pianeti che sono visti e quelli oltre la nostra percezione, esistono per suo comando. Accesa in varie forme, l’eterna fiamma è Una. Illuminando il mondo con i raggi dorati all’alba, dipingendo le nubi della sera con cangianti colori, il sole è uno."
Il politeismo, la visione antica di un pluralismo di esseri creatori nasconde verità antiche e profonde confermate in parte oggi dalla scienza, il monoteismo al di sopra, può esserne la causa, è solo una questione d’interpretazione dei vari gradi e stadi di grandezza, o gerarchia della “Creazione”, parti di un’unica verità. La verità è in noi, scopriamola ognuno per se stesso, per essere degni degli adattamenti “dell’ordine galattico e exstra galattico” di Dio. Tendiamo quindi agli equilibri, alla coscienza, alla luce della ragione, del sole nostro luminare e non facciamoci attrarre dagli errati recidivi schemi corporei e del falso sociale cristallizzati nel nostro falso credere pensando che sia” l’Io interiore”, non dobbiamo diventare “Dirigenti” prototipi di una società imperfetta, ma anticipare gli eventi, ricercare “L’illuminazione, non la regola imposta da quel sistema che per l’appunto, continuamente muta. Dobbiamo vivere il bello, il buono dell’essere, della vita, lo possiamo intuire solo guardando il sole, l’amore cosciente e il piacere in divenire dell’atto creativo, nella verità, nella compassione, nella tolleranza, contribuendo all’insegnamento, evitando di rendere esoterico ciò che deve essere “illuminazione” di tutti coloro che vogliono iniziarsi al “umile sapere”. L’equilibrio e l’armonia si riflettono nella compassione, che è un punto di congiunzione degli opposti ritrovabile nell’antico sapere e in parecchie credenze ispirate fondamentalmente alla consapevolezza di un bene cosciente, la ritroviamo ad esempio nel pilastro centrale dell’albero cabalistico affiancata alla forza e all’amore, nell’antica disciplina “Falum Buddha” la ritroviamo assieme alla verità e alla tolleranza. Non esistono confini di cultura quando si cerca la verità nell’Io interiore. Un concetto in me radicato vuole, che nella dualità, l’equilibrio delle “forze”, favorisca la vita a qualsiasi livello cosmico, anche nell’uomo, più o meno istintivamente, o consapevolmente. Nella mistica ebraica del Sepher Bahir, “Il Libro Fulgido” si legge: “La voce del Signore intaglia lingue di fuoco (Sal 29.7): quando mette pace tra l’acqua e il fuoco, sprizza la forza del fuoco e le impedisce di annientare l’acqua, mentre impedisce a questa di spegnere il fuoco. Non vi furono forse le acque, e da esse usci il fuoco? Gli risposero: è quanto tutti dicono. Se è così le acque racchiudono il fuoco”. Questo concorda egregiamente con l’aforisma ermetico: “Chi sa bruciare con l’acqua e lavare col fuoco fa della terra il cielo e del cielo la terra preziosa”.
Rabbi Shimon bar Yochai, autore del noto testo cabalistico il “Sefer ha Zohar”, nel Parashà di Qedoshim af