Questa notizia dimostra ancora una volta, come la Nasa riesca a confondere l'opinione pubblica, Marte nasconde una realtà scomoda per la nostra epoca. Un lago di acqua salata c’è davvero su Marte e la scoperta è frutto
della tecnologia e della scienza di 22 ricercatori italiani, e
soprattutto della loro determinazione a indagare uno dei misteri più
intriganti del Pianeta Rosso. Il risultato pubblicato sulla rivista
americana Science ha fatto
subito il giro del mondo perché apre prospettive che cambieranno
l’esplorazione e la ricerca della possibile vita. Il bacino è
sotterraneo, nascosto a 1.500 metri di profondità. Esteso venti
chilometri quadrati, si trova nella regione Planum Australe, una pianura
nelle vicinanze del Polo sud dove una candida calotta di ghiaccio di
anidride carbonica luccica perennemente nei panorami rossi. La storia
inizia nel 2003 quando la sonda dell’Esa europea MarsExpress parte per
l’orbita marziana. L’agenzia spaziale Asi partecipa all’impresa
mobilitando i nostri specialisti dell’Istituto nazionale di astrofisica,
delle università La Sapienza, Roma Tre, D’Annunzio e del Cnr. Alla base
c’era un’innovazione di cui era padre il professor Giovanni Picardi,
illustre esperto di radar a La Sapienza. Lui proponeva la costruzione di
un tipo di radar a bassa frequenza, battezzato Marsis, da imbarcare
sulla sonda le cui onde sarebbero state capaci di penetrare nel
sottosuolo marziano fino a quattro chilometri rivelandone struttura e
natura. Purtroppo Picardi è stato testimone solo dei primi indizi della
futura scoperta perché nel 2005 è scomparso lasciando però un’eredità
preziosa. Il cuore dello strumento è stato realizzato in Italia nei
laboratori di Thales Alenia Space mentre in collaborazione con il Jet
Propulsion Laboratory della Nasa sono state costruite negli Stati Uniti
le due sottili antenne di kevlar che escono dalla sonda per venti metri.
Così si è scandagliato sotto la superficie con non poche difficoltà
perché i diversi materiali riflettevano i segnali in vari modi non
sempre decifrabili. Enrico Flamini dell’Asi, Elena Pettinelli di Roma
Tre e Roberto Orosei dell’Inaf (primo firmatario della ricerca) hanno
guidato il gruppo che ha accumulato indizi in-teressanti. Il software
dello strumento ha giocato però un brutto scherzo trasmettendo valori
che depistavano. Allora gli scienziati hanno cambiato il programma
tracciando finalmente con certezza i confini del lago dove l’acqua
rimaneva liquida grazie a una sorta di antigelo, cioè dei sali che erano
stati trovati anche in superficie dalla sonda Phoenix. «La scoperta
premia l’impegno dei nostri ricercatori impegnati da decenni su Marte
assieme alla Nasa e all’Esa — nota Roberto Battiston, presidente
dell’Asi —. E ora ci prepariamo allo sbarco del rover di Exomars nel
2020 quando andremo anche scavare nelle profondità con una trivella
robotizzata tutta italiana»