"IL SIMBOLO DEGLI ELOHIM"
ANGELI E DEMONI IN UNA SECOLARE DUALITÀ ATTRAVERSO IL SIMBOLO DELLA STIRPE ALIENA DEGLI “ELOHIM”
A cura di Lucio Tarzariol
Disponibile a breve sui maggiori store internazionali
Dalla dualità alla ricerca della "verità"
In questo scritto, attraverso la ricerca del significato di un semplice simbolo quale il Giglio, in francese il “Fleur de Lis”, inizieremo un “volo pindarico” e "apparentemente fantastico", che ci porterà alla conoscenza profonda della duale “Creazione” voluta dagli “Archetipi divini” che un tempo discesero e ad oggi discendono per adempire ai loro fini creativi. Premetto che nessun potere o governo ha interesse a dirci la realtà sullo stato delle cose del nostro passato, per il semplice fatto che “Sapere è Potere”, e l’uomo, invece, per la maggior parte dei “Poteri”, deve semplicemente, solo obbedire. Un tempo il “sapere” era quello “sciamanico”: seguire il flusso della natura per il bene di un popolo; poi si innescò "l’egoico bene dell’individuo oscuro", e da li nasce il noto detto: "Divide et impera" (locuzione in lingua latina «dividi e domina»); così la parte oscura coi suoi “protettori”, molte volte, ottenne il potere. Se "Noi siamo fatti ad immagine degli Dèi” e gli “dèi” hanno le nostre stesse sembianze e debolezze, come ci dicono i testi sacri, c’è da chiedersi se non sia questa la “Grande guerra” che appare sotto l’ombra delle religioni. Non a caso il termine “diavolo” deriva dal tardo latino "diabŏlus": traduzione, fin dalla prima versione della Vulgata, (intorno V secolo d.C.), del termine greco Διάβολος, diábolos, ("dividere", "colui che divide", "calunniatore", "accusatore”). Per gli ebrei abbiamo il termine biblico ha-satan (שָׂטָן) che invece significa "l'avversario", o "l'ostacolo", e, anche in questo caso, "l'accusatore in giudizio”. Ed ecco che anche gli Esseni, i puri, “gli istruttori da cui, a quanto pare, apprese anche Gesù”, con l’aiuto divino, si ritirarono solitari volendo capire la vera natura delle cose e del passato della nostra Terra. Essi scorsero il mondo come una Terra di lotta tra “i figli della luce e i figli delle tenebre”. Nel Libro dei Giubilei appaiono addirittura le schiere angeliche, con i nomi di questi angeli a cui è riservato un ruolo importante nella guerra contro i figli delle tenebre, capeggiati, per l’appunto, da Belial, colui che è detto il "malvagio" (o anche Devy, Barons,'Belhor, Baalial, Beliar, Beliall, Beliel; dall'ebraico בליעל bəliyyáʻal, "senza valore", "niente di buono", o anche beli ya'al = "per non rialzarsi mai", o ancora baal 'ia'l, "falso dio", "idolo" o "dio superbo"). A detta di alcuni questo nome, nella tradizione mitologica ebraica, non è esattamente un nome proprio, bensì un nome comune, il cui significato sarebbe “colui che è privo di valori”, per delineare ancora una volta il concetto che implica il “mantenere una certa situazione, uno status stabile che necessita”, “utile a pochi umani e ai demoni”, magari gli stessi “Los voladores”, “gli oscuri predatori” che di noi si cibano, come ci fa sapere Castaneda nei suoi scritti. Ora, prima di iniziare a proporvi le mie ricerche sul simbolo degli Elohin, vorrei farvi presente di essere cosciente e di ammettere che le mie interpretazioni non possono essere certe, del resto non si può avere certezza dai testi antichi e nemmeno di ciò che affermano i contattisti. Inoltre non si può nemmeno sapere se una interpretazione è veramente giusta o sbagliata, per questo bisogna tenere conto delle molteplici possibilità, mettere i dati a confronto e poi scegliere quella che risulta essere la più ovvia, credibile e coerente con i testi da cui si parte e con la realtà del presente che ad ognuno di Noi appare, alla "luce della propria logica". Le Religioni guidate da grandi personaggi hanno sempre, bene o male, svolto il loro ruolo guida, altrimenti l’uomo probabilmente si sarebbe già estinto. Ma chiediamoci: a chi necessita questo “Ordine?" Lo scorsero, per l’appunto, anche gli esseni, al tempo di Gesù, i quali costituivano la rimanenza di quelle confraternite di profeti organizzate dalla Scuola dei Profeti, istituita primariamente da Elia e Samuele sul Monte Carmelo in Israele. Fu successivamente che divennero un gruppo il quale cercava l’avverarsi delle profezie sulla venuta del Messia. La loro attesa nacque da una sincera ricerca di un contatto diretto con il Divino. Infatti, gli esseni sembrano coesistere in vari periodi, con gli gnostici, terapeutici, i nazareni e con molte altre sette ed in vari luoghi, anche oltre Israele, ad esempio in Egitto, in India ed in Persia. Il nome “esseni”, che avevano preso, veniva dalla parola siriaca "asaya", medici, in greco terapeutici, poiché il loro ministero, per quella parte che era conosciuta dal pubblico, consisteva nel guarire le malattie fisiche e morali, come ci fa sapere Edoardo Shuré. Lo stesso ci dice che taluno possedeva il dono della profezia e che gli esseni professavano il dogma essenziale della dottrina di Orfeo e di Pitagora, quello della preesistenza dell'anima, conseguenza e ragione della sua immortalità. Infatti appaiono indizi che mi portano a pensare anche ad un'origine più antica che trae sapere dalla "tradizione misterica eleusina che ci riporta all'antica stirpe divina dei Phykkhe’sh Tau", da dove poi ha tratto sapere il giudaismo e il giudaismo cristiano con i convertiti al cristianesimo di nazionalità giudaica. Infatti, gli Eleusini credevano nell'immortalità dell'anima e come gli Egiziani; raggiungevano "l’Epopteia" quella conoscenza ottenuta durante "i Misteri" che non erano di tipo dottrinale, ma giungevano da un tipo di sapere che nasceva da una esperienza sacrale autentica, vissuta in prima persona come momento mistico attraverso il quale si veniva rassicurati sul senso della vita terrena e sulla continuità della vita dopo la morte. Lo storico Giuseppe ci fa sapere che gli "esseni" studiavano con grande cura certi scritti di medicina che trattavano delle verità occulte di piante e minerali. Lo stesso ci dice che essi credevano che l’anima discendesse dall'etere più sottile e fosse attirata nel corpo da una determinata attrattiva naturale e poi vi dimorasse come in una prigione; liberata dai legami del corpo, come dopo una lunga schiavitù, dopo la morte, “ella s'invola con gioia”. Mentre Filone ci fa sapere che essi servivano Dio con grande pietà non offrendogli vittime, ma santificando il loro spirito: “Essi fuggono le città e si applicano alle arti della pace, non hanno un solo schiavo presso di loro, sono tutti liberi e lavorano gli uni per gli altri”.
Sopra artefatto azteco in diaspro, risalente al periodo pre-classico e rappresentante il calendario azteco con gli archetipi di sole e la luna. Dimensioni - 25 mm.. Collezione privata.