LUCIO TARZARIOL CAVALIERE DELL'ARTE DEL MEDITERRANEO
La nomina avverrà sabato 9 maggio con suggestiva cerimonia con la spada presso il Castello Normanno Svevo di Mesagne
Una verità dimenticata, una verità
sconosciuta
IL DIO DEGLI DEI, “la vita, il miracolo
di un equilibrio voluto”
INDAGINE SULLE PROBLEMATICHE COSMOLOGICHE
E ANTROPOLOGICHE
“Punte di diamante”
Maggio 2001, Dicembre 2002, Novembre
2003, Luglio 2004 a cura di Lucio Tarzariol
Questo testo espone antiche reminiscenze,
cercando una “rivelazione dell’essere” in Dio: “Luce della Creazione”. Una
rivelazione dell’essere, ai confini con “l’essere” stesso, resa possibile
analizzando fatti e miti riguardanti i molteplici significati dati a Dio, agli
dei e all’uomo. La ricerca si esprime cercando “parallelismi religiosi”, una
sorta di “messaggio genetico” riscontrabile dal sincronismo di miti ed eventi
storici, che vedono l’uomo originato da interventi genetici apportati da altri
“esseri”, che tanto alieni poi non sono, in quanto parte di un
“archeo-alienismo” che avrebbe contribuito alla nostra evoluzione, come
naturale guida, in una “logica d’adattamento” in divenire, in un pianificato
“Sentiero divino”. Lo stesso termine “alieni”, spesso usato, sta ad indicare
“esseri extraterrestri”; e gli antichi dei, angeli o messaggeri lo erano,
provenendo dallo spazio; la differenza è che tale termine porta in se la consapevolezza
delle nuove conoscenze e scoperte, che ovviamente non tutti accettano perché
cristallizzati nei vecchi secolari insegnamenti. Queste idee sono accompagnate
da una riflessione escatologica, sopra le sacre scritture, sopra lo “spirito
creativo” in esse celato e sopra l’antico sapere delle prime civiltà comparse
sulla faccia della terra. Il tutto è visto e filtrato nelle varie discipline di
studio: scienza, religione, magia, filosofia, psicologia, teosofia, esoterismo
e cabala. Quello che andrete a leggere fra sbalzi temporali di civiltà umana,
scandagliando reminiscenze di un confuso sapere antico, non sono altro che
frammenti di una “conoscenza antica”, che sono giunti fino a noi, fra studi,
scritti, scoperte, miti e leggende. Questi sono stati messi a confronto tra
loro e rapportati con le odierne conoscenze scientifiche, pur rimanendo sempre
misteri che ancora oggi avvolgono la nostra realtà e ciò che ci circonda. In
noi c’è la vera “rivelazione”, se sapremmo cogliere con logica coscienza il “tutto”.
Quanto ho scritto e cercato non ha la pretesa d’essere verità, ma divulgazione
e considerazione di ciò che in parte ci è dato a sapere o è stato raccontato,
tramandato e a volte anche reinterpretato. Tutto perciò rimane e deve sempre
rimanere da interpretare secondo l’evolvere della ricerca in generale e del
nostro singolo “Io” più profondo in particolare, poiché ciò che ho voluto
cercare è una sorta di “cronistoria”, relativa alle ipotetiche origini
cosmologiche e antropologiche. Interessante sarà ragionare sui significati
spesso contraddittori delle allegorie, sulle evidenze confrontate che più si
accomunano, sulle “illuminazioni”, mie e d’altri studiosi e ricercatori. Su
quello che leggerete, aggiungete pure le vostre “illuminazioni” e troverete la
vostra verità, un punto di vista dell’unica “Grande Verità”.
“Giacché ogni notizia può essere dubbia,
in quanto si può dubitare d’ogni fonte o teoria. Rimane assurdo comprovare
l’origine e l’attendibilità degli scritti citati e degli autori. Per tanto una
sana ed individuale valutazione ragionevole, può dare ad ognuno una ragionevole
risposta, sempre relativa alla propria illuminazione”
“L’ORIGINE”
TRA SCIENZA, EXSTRATERRESTRI, TRA DEI,
MITI E RELIGIONI
1° LE PRIME TRACCE DELL’UOMO
Gli antropologi presuppongono che la
prima specie di “Ominidi” evoluti da forme comuni di scimmie antropodi,
comparvero in gruppo sulla terra circa venti milioni d’anni fa, mentre due
milioni or sono si sarebbe evoluta, con “un’evoluzione a cespuglio”, la prima
specie “Homo”, di cui l’Homo Abilis, con un cervello più grande di qualsiasi
scimmia. Pare che proprio dall’Africa iniziarono le grandi migrazioni di “genti
prim'eve” che lentamente conquistarono tutto il pianeta. Altri emeriti
scienziati orientalisti, come Richard Thompson e Michael A. sostengono che
dalla letteratura vedica si evidenzia l’ipotesi che la razza umana risalga a
tempi estremamente remoti in cui creature umane e scimmiesche hanno coesistito
per lunghi periodi di tempo. In effetti, come risulta da un articolo uscito nel
1979 i due ricercatori in un sito dell'Africa orientale, Laetoli, in Tanzania,
scoprirono impronte di piedi nei depositi di ceneri vulcaniche risalenti a più
di tre milioni e seicentomila anni fa. Mary Leakey, e non è l’unica, asserì che
tali impronte si sarebbero potute scambiare per quelle di esseri umani del
giorno d'oggi; infatti nel 1913, sempre in Tanzania a Olduvai Georgr, fu
trovato dal dottor Hans Reck, uno scheletro moderno di Homo Sapiens
fossilizzato in uno strato di 1-2 milioni di anni fa. Come risulta da un
articolo pubblicato nel 1990 sul numero di marzo della rivista “Natural
History”, altri scienziati quale il fisioantropologo R. H. Tuttle
dell'Università di Chicago, confrontando i fossili delle ossa di piedi degli
australopitecidi che si sapevano vissuti in quell'epoca, confessava la sua
sensazione di essere di fronte ad un vero mistero. Per questi studiosi ciò
significava soltanto che gli antenati umani vissuti tre milioni e seicentomila
anni prima avevano piedi notevolmente moderni. Non è tutto, in Nevada nel 1922
sono state ritrovate impronte fossili di scarpe risalenti al periodo triassico
circa 220 milioni d’anni fa. Nel 1862 in un bacino carbonifero presso Mascoupin
in Illinois fu scoperto uno scheletro di Homo Sapiens vecchio di 300 milioni
d’anni, in Texas a, Glen Rose assieme ad impronte di dinosauri è stata trovata
un’impronta fossile di una mano impressa in una roccia del periodo cretacico,
ancora più incredibile è il ritrovamento fatto da Wiliam J. Meister nel giugno del
1968 ad Antilope Spring, Utah, negli USA, che rinvenne un impronta fossile di
un calco di scarpa che schiacciava un tribolite datato dai 300 ai 600 milioni
d’anni, dato che il triboliti, invertebrati marini antenati dei granchi e i
gamberi, abitavano i mari di 320 milioni d’anni orsono; altri due ritrovamenti
nella stessa zona, uno avvenuto per merito del ricercatore Clifford Burdick che
scoprì un impronta fossile di un bambino e l’altro da un insegnante di Salt
Lake City che individuò altre due impronte fossili di scarpe, confermerebbero
l’esistenza di esseri in periodi inverosimili; ma la scienza rimane scettica
dato che non è detto che queste impronte siano umane, potrebbero essere
benissimo extraterrestri, certo è che le prove continuano a crescere.
Generalmente si crede che circa 1,7
milioni di anni fa sarebbero migrati dall’Africa i primati “Ergaster” che si
spostarono gradualmente verso l’Asia, evoluti poi in “Homo Erectus” e
successivamente in “Homo Neandertal” finirono per scontrarsi con le stesse radici
evolutive degli “Homo Sapiens” che centocinquantamila anni fa sempre
dall’Africa migrarono verso l’Asia, mentre solo cinquantamila anni fa comparve
l’uomo moderno, che anch’esso dall’Africa riuscì a diffondersi in tutto il
mondo, conquistando circa quindicimila anni fa anche le americhe, formando in
un continuo seguito di adattamenti, la diversità delle razze che ora
conosciamo; in effetti, alcune ricerche fatte sui mitocondri confermerebbero
tale ipotesi, inoltre, ancora oggi i nuovi flussi migratori sembrano riproporre
le stesse dinamiche migratorie dei prim’evi e degli “Anziani d’Egitto”.
Le religioni del mondo narrano varie
storie sulla “Creazione della terra e dell’uomo”. Gli scienziati e filosofi
invece elaborano e rielaborano complicate teorie, che tentano di spiegare la
comparsa della vita sulla terra. C’è chi, rispolverando antichi miti, parla di
meteore che dallo spazio portarono in seno al nostro pianeta “il seme della
vita”, infatti, in alcune meteore sarebbero state rinvenute alghe fossili e
sostanze come gli zuccheri, che si presuppone diedero inizio all’evoluzione
della vita primordiale, altri parlano d’interventi alieni, ecc.. La legge della
biogenesi di Pasteur, evidenzia che la vita può nascere soltanto dalla vita, un
processo di trasformazione da materia inorganica a materia organica non è mai
stato finora realmente osservato e questo pone dei limiti alle varie teorie
evoluzioniste anche se la fisiologia moderna ha raggiunto la convinzione che le
“attività vitali” procreazione, nutrizione, ecc., sono solo processi
fisico-chimici dipendenti dalla natura fisico-chimica della materia
dell’organismo e dall’ambiente esterno, cosa che accade anche per la “materia
inerte” come ad esempio per i cristalli anch’ essi in possesso di quell’elemento
fondamentale che è il carbonio; quell’elemento le cui combinazioni albuminoidi
originerebbero meccanicamente il miracolo della “Vita”, come accade anche per
alcuni generi di “monere” che vivono nell’acqua dolce e nel mare, quegli
organismi senz’organi che si presentano solo come un grumo amorfo albuminoide
del carbonio, che risvegliano giustamente il dubbio sulla tradizionale
separazione tra materia organica e inorganica. Un aiuto a comprendere il
miracolo della vita può giungerci dall’evoluzione organica dell’ortogenesi
individuale che può essere benissimo il riassunto della filogenesi relativa
alla stirpe; e infatti alcuni testi come quelli d’anatomia comparata di Goethe,
Cuvier e Meckel ci spiegano l’ascendenza dei vertebrati dai pesci per mezzo
degli anfibi fino ai mammiferi superiori. La teoria della “generazione
spontanea” che un tempo giustificò la vita sulla terra e che ora riempie la
lacuna fra la cosmogonia di Kant e la teoria della discendenza di Lamark,
iniziò a cadere già nel 1668, con il poeta e fisico Francesco Redi, poi riprese
vigore viste le scoperte di sostanze organiche artificiali quali i composti
organici del carbonio come: l’alcol, l’acido acetico, l’urea (composto di
cianogeno e ammoniaca scoperto da Wohler in Gottinga nel 1828) e i composti
albuminoidi del plasson, che indussero a teorizzare un’era primordiale con
un’atmosfera d’acido carbonico, con particolari condizioni elettriche e
fisico-chimiche ora impossibili, che avrebbero originato in tempi primordiali
la vita, partendo proprio da quel plasma primordiale (Urschlein) chiamato da
“sempre” in mille modi. Le teorie evoluzionistiche come quella darwiniana, in
voga il secolo scorso, assieme alla teoria degli “equilibri punteggiati” di
Gould e della “speciazione quantica” di Simpson non sono mai state realmente
convalidate, anzi oggi alcuni studiosi ritengono che le prove di transizione
fossili, delle specie animali, compresa quella umana, siano alquanto
inaffidabili, sia per qualità sia per numero. Quindi Non ci sarebbero transizioni
tra gli Australopithecus e i sapiens Stheinheimensis, né tra i Sapiens
Neanderthalensis e i più recenti Sapiens Sapiens; sembrano solo stadi diversi
di perfezionamento apportati da ignoti e non dovuti ad una naturale evoluzione.
Lo stesso naturalista Charles Dawin ammise che dovevano esserci numerosi
fossili di transizione da trovare, ma così non è stato, e in quelle specie
osservate, si è notato solo un cambiamento di carattere, ma all’interno della
stessa specie e questo può significare che in una specie non si producono nuove
informazioni genetiche, ma si riorganizzano le preesistenti, dando vita sì a
nuove combinazioni, ma limitate, come predicono le leggi di Mendel sulla
genetica. Quanto detto, rende difficile credere alla discendenza di tutte le
specie da un organismo progenitore che avrebbe origine a sua volta dagli
elementi chimici presenti nell’atmosfera primitiva. Zucherkerman mette in
dubbio anche l’origine umana dai fossili ritrovati, l’antropologo Richard
Leakey afferma che fino ad oggi non è stato scoperto niente che abbia senso
nella transizione verso l’uomo, compreso il noto ritrovamento
dell’Austrolopiteco Aferensis, chiamato “Lucy”, un ominide ritrovato nel 1974
in Etiopia, fatto risalire a 3.250.000 anni fa. I ricercatori e paleontologi David
Pilbeam, Leakey, Zilman, Lowenstein, mettono in dubbio addirittura il
“Ramapithecus”, che ritengono sia solo l’antenato dell’orangutan. L’uomo di
Neanderthal, ritenuto fino a poco tempo fa l’uomo scimmia, sembra avere, alla
luce dei nuovi studi, una capacità cerebrale superiore all’uomo moderno. Gli
evoluzionisti: Alan Feduccia, Rayner, Olson, Whetstone, Tordoff, Walker,
Martin, Chatterjee e Bentos mettono in dubbio anche la discendenza degli
uccelli dai dinosauri. Io stesso sotto il Monte Pelmo ho ritrovato impronte
fossili d’uccelli “Archeorniti”, risalenti al periodo triassico, circa 220
milioni d’anni fa, e non mi sembrano tanto diverse da quelle degli uccelli
d’oggi. Per quanto riguarda gli organi ritenuti residuali nel corpo umano, la
scienza moderna con Bergman e Howe, ne ha rivelato le funzioni, vedi per la
tiroide, l’appendice, le tonsille, ecc., Ma a parte questi riscontri, c’è chi
sostiene che le coincidenze che hanno reso possibile la vita sulla terra sono
così complesse da essere impossibile da considerarle casuali, basti osservare
la complessità delle molecole DNA, RNA, necessarie alla vita, così, l’unica
altra possibilità sarebbe proprio l’intervento di un essere intelligente. Ilya
Prigogine, premio Nobel per la fisica afferma l’incerta possibilità che da un
certo numero di molecole, a temperatura ordinaria, si sia assemblata una
struttura ordinata con funzioni che avrebbero caratterizzato la vita. Per
quanto riguarda l’origine della materia nell’universo, la prima legge della
termodinamica afferma, che massa ed energia non possono essere ne create, ne
distrutte, possono solo essere solo convertite, senza perdere la loro quantità
che si mantiene costante nell’universo e ciò contraddice l’avvenuta della
“Singolarità” del Big Bang, il quale lo stesso concepimento presuppone una
situazione primordiale di stabilità senza una possibilità di cambiamento, che
negherebbe il Big Bang stesso, se non per opera di un creatore, o di un “flusso
energetico extradimensionale” proveniente dai buchi neri. Tutto questo
rivelerebbe che l’universo e la vita non sono apparsi per caso, ma stati
creati. In base alla seconda legge della termodinamica, infatti, è possibile
affermare che ogni sistema naturale osservato, tenda al disordine, allo
sperpero d’energia, quindi per logica un microrganismo non si può riorganizzare
in stadi superiori; e anche ciò ci porta sempre a pensare ad un creatore. Il
noto evoluzionista Pratt, afferma che se dovesse spiegare le origini della
terra con le idee moderne, non si distaccherebbe tanto dal linguaggio usato
nella Genesi. More e Grene affermano che la teoria darwiniana è basata solo su
un’esagerata fede. Così anche questa teoria che ancora oggi tiene banco è
minacciata già alle sue fondamenta, ma ciò non toglie che in essa si celi qualche
verità da riorganizzare, utile per rispondere a quelle domande che da sempre ci
poniamo. In Oriente già nei Rig Veda, (1, 164, 4) ci si chiedeva: “Chi ha visto
il primo nato?” dice il poeta, “quando colui che non aveva ossa portò colui che
aveva ossa? Ove era la vita, il sangue, il Sé del mondo? Chi andò a chiederlo a
chi sapeva?”; partendo proprio da questo tipo di domande si ha ipotizzato
veramente di tutto nell’arco della nostra storia ed è a questo punto che è
apparsa la “Fratellanza Bianca”, come dice Daskalos, mago di Strovolos: “Nel
momento in cui l’uomo alzò gli occhi al cielo e si chiese “chi sono”.
A sinistra l'impronta di Burdick vecchia
di 100 milioni di anni, che apparterrebbe ad un essere umano alto oltre 2 metri
e 10 cm, che conviveva con i dinosauri. A fianco le impronte di scarpe
ritrovate ad Antilope Spring, 43 miglia da ovest di Delta, Utah, con il
trilobite, evidenziato all'interno del cerchio rosso. Per ultima l’impronta
della mano umana trovata in una roccia risalente al periodo Cretaceo, nello
stesso strato in cui sono rinvenute le impronte dei piedi dei dinosauri di Glen
Rose.
2° L’IPOTESI EXSTRATERRESTRE E LA RAZZA
DEI SERPENTI
La più antica ipotesi extraterrestre, c'è
stata trasmessa dalle tradizioni braminiche, la casta indiana dei discendenti
di Bramha, da un’interpretazione di queste tradizioni si ritiene che 18.617.837
a.C. un gruppo d’alieni chiamati Kumaras, legati in qualche modo a Sirio, la
stella luminosa di Orione, forse quegli stessi “Esseri Serpente” che i Dogon
del Mali ricordano, o quei “Vigilanti” che gli esoterici chiamano “Spiriti
Planetari” o custodi dei pianeti, comunque esseri evolutivamente superiori
giunti un tempo nel nostro pianeta.
Provenienti da Venere, i Kumaras
sarebbero sbarcati su un’isola nell’attuale deserto del Gobbi, allora un
oceano; c’è chi suppone che proprio loro, sarebbero intervenuti geneticamente
sugli esseri terrestri viventi di quel tempo, creando le prime dinastie e
proclamandosi loro dei. Il Teosofo David Childress, afferma che i russi di
recente avrebbero rinvenuto proprio nel deserto del Gobbi degli strani oggetti
semisferici che loro chiamano “vecchi strumenti per la navigazione spaziale”,
questi sarebbero costruiti di vetro e porcellana, e conterebbero alcune gocce
di mercurio. Curioso è collegare il fatto con un poema di tremila anni fa dove
si afferma che: “Le macchine volanti, Vimanas, erano a forma sferica e
navigavano nell’aria per mezzo del Mercurio che produceva un forte getto
propulsore”. Se la notizia fosse vera, spiegherebbe, il senso e la funzione
delle piramidi Maya delle mastaba egizie, delle ziggurat babilonesi e delle
linee e figure Nazca. Personalmente, credo ipotizzabile pensare che questi
esseri siano i “Creatori” da relazionare alla “razza dei serpenti”, i primi
iniziati al sapere e i loro diretti discendenti, vedi: i Naga, i Nacaal, i
Druidi celti, “la Città dei Dodici Serpenti” per i cinesi con la dinastia dei
re Draghi, i “Vishap” di Media per gli Armeni, che una leggenda ricorda come
“divoratori di cervelli umani”, ricollegabili ai taumaturghi ebrei che usavano
forare il cranio ai defunti, genti conosciute dagli iraniani come “màr”, cioè
serpenti, e discendenti da “Azhi Dahàka”, in armeno, serpente, discendenti da
Hayk, figlio di Togom, discendente da Yapheth figlio di Noè; quindi
relazionabili ancora una volta ai figli di Noè, come con i camiti, i canaaniti,
notoriamente ritenuti i discendenti della “razza dei serpenti”, come lo sono i
djinn e i Vigilanti,” descritti da Enoch e dai redattori dei frammenti di
Quram, e ancora come il serpente antropomorfo adorato nella metropoli di
Tigranavand in Kurdistan ecc.. Ricordo, che per “l’evoluzionista”, l’uomo è un
mammifero e secondo i paleontologi i primi mammiferi comparvero nel periodo
Triassico, circa 215 milioni d’anni fa, discendendo dai sinaspidi, rettili
mammifero, circa 250 milioni d’anni or sono, che a loro volta discesero dagli
anfibi e così via fino ai primi esseri unicellulari comparsi sul pianeta;
addirittura secondo D Russel e R. Seguin il bipedismo degli ominidi deriverebbe
dal bipedismo rettiliano del stenonicosauro. Per questo motivo, probabilmente,
gli antichi sacerdoti egizi, babilonesi, celti e cinesi, consideravano sacri
draghi e serpenti, anzi a volte si consideravano figli del serpente o del drago,
addirittura i druidi, (coloro che sanno), detentori del segreti del “shark”, il
potere del “Graal” e il potere sacro del “Nah-om”, l’odierna “wicca”, cioè le
umane potenzialità ancestrali base della fede nel contatto divino, affermavano
chiaramente: “Io sono un serpente” e rappresentare dei con fattezze umane per
loro era un’offesa. Forse relazionavano il serpente a quell’energia del nostro
corpo che gli esoterici e i massoni chiamano “Kundalini”, il seme giunto a
fecondare “l”Uovo, la Veste” dell’uomo, che risveglia l’iniziato rendendolo
“Drago di Saggezza”, probabilmente lo stesso “Spirito Santo”, cioè la
“Supercoscienza” che scende a “illuminare”, in altre parole un probabile
“intervento genetico”. Il drago, non a caso per gli antichi, oltre a simboleggiare
la saggezza e l’immortalità rappresentava, anche la rinascita; del resto il
serpente era connesso ai quattro elementi alchemici (acqua, fuoco, aria,
terra), anzi è il quinto elemento nascosto degli iniziati pagani detto
“Akasha”, la Luce Astrale, l’agente magico che li lega, rendendosi veicolo per
l’energia spirituale divina permettendo la Vita, l’esistenza fisica, il cerchio
infinito che racchiude l’universo manifesto, legato alla Dea “Madre Terra”,
alla fecondità, all’Eva primordiale, alle luminose essenze intellettive come
gli angeli, alieni, ecc, legato simbolicamente allo spermatozoo nella sua corsa
verso l’uovo per originare una nuova Vita. Questo profondo legame con il
serpente mi richiama un’invocazione popolare ricordatami da mio padre, che si
faceva un tempo prima di bere l’acqua sorgiva: “Acqua corrente, che beve il
serpente, che beve Dio, che bevo anch’io”. Già al tempo degli antichi egizi
alla fine del simbolico viaggio di dodici ore dell'anima verso gli astri del
Duat, per la rinascita siderale, rappresentata dal globo solare sul loro capo
esclamavano: “Io prendo possesso del cielo, dei suoi pilastri e delle sue
stelle. Io sono un serpente pieno di spire”; infatti, per gli egizi lo scarabeo
era Il sigillo che veniva posto sulla mummia e simboleggiava il proposito
dell’anima del corpo fisico di “ritornare a Casa”, ritornare all’origine per
poi rinascere. Il rettile era rappresentato ovunque, nel secondo santuario e
nella corona di Tutankhamen, vi esistevano addirittura dei, come la dea cobra
egizia Edjo, Osiride stesso divenne serpente nel Duat, il disco solare alato in
effige sui templi egizi era vigilato da cobra e altre strutture sacre erano
effigiate da cobra, come quelle a Saqquara vicino la piramide a gradoni di
Zoser, la stele del re serpente della tomba di Djet Abydos risalente al 3.100
a.C. propone per l’appumto un’identificazione dell’uomo con il serpente. In
Cabala Baal è rappresentato in un loto stilizzato con un serpente a due teste e
nello stesso modo viene rappresentato a Mohenjo Daro. Gli Hopi in onore del
rettili, praticano tutt’ora una suggestiva danza dei serpenti, in Sardegna e in
altre parti del mondo, nei periodi di luglio Agosto, sempre in onore dei
serpenti, si pratica ancora oggi il “Nagapanchami”. Nel Yucatan, come raccontano
i sedici libri di Chilam Balaam, sembra che in tempi remoti siano giunti a
bordo di zattere che scintillavano come le squame di un rettile, uomini biondi
dalla carnagione chiara e occhi azzurri, gli stessi sacerdoti discendenti di
questo popolo si facevano chiamare come i druidi celti, Chanes, “Serpenti”, o
Ahtzai, “Popolo del Serpente a Sonagli”, suggestivo è il tempio di Kukulkan a
Chichen Itza, dove la luce solare ai due equinozi crea sulla scalinata nord un
serpente formato da sette triangoli splendenti, “il dorso del Crotalo”. In
Grecia nel V sec. a. C. esisteva la setta degli Ofiti dal greco “Ojiv”,
Serpente, essi affermavano che l’uomo era nato da un uovo primordiale generato
dall’unione dell’oscurità con il vento nelle sembianze di un serpente “Ofione”,
e la somiglianza con l’intestino li portò a leggere le viscere per scopi
divinatori. Ai misteri orfici fa parte il culto della triplice Ecate, che dal
greco significa “che opera da lontano” rappresentata con tre teste o tre corpi,
suoi attributi erano i serpenti, era sposa di Tritone il “grandemente potente”
figlio di Poseidone e di Anfitrite, mezzo uomo e mezzo pesce che viveva nella
reggia sottomarina con il padre. I Sethiani invece chiamavano “Serpente” il
potere creatore, che plasmava con il sibillare armonico e ritmico del Logos,
quindi della ragione. Gli Ofiogeni del antica popolazione dell’Ellesponto,
facevano risalire la loro discendenza ad un rettile unitosi con la regina Alia,
mentre gli Ateniesi attribuiscono la nascita della stessa polis al fondatore
serpente Cecrope e al figlio Erittonio, lo stesso dio della medicina Asclepio
riportò in vita il figlio di Minosse con un’erba medicamentosa rivelatagli da
un rettile; per i romani era il serpente “Genius Loci” a rendere puro in vita l’uomo.
Probabilmente è sulla consapevolezza della loro origine evolutiva che alcuni
antichi popoli hanno fondato le loro credenze, esaltando infine a “Dei”, coloro
che probabilmente intervenendo geneticamente favorirono questa loro
“consapevolezza”, come alcuni strani reperti archeologici dimostrerebbero, vedi
le rappresentazioni anacronistiche delle pietre di Ica, che oltre a confermare
una coesistenza tra uomini e dinosauri, concezioni supportate anche dalle
rappresentazioni delle divinità orientali spesso accompagnate da ambigui
animali come Makara il “serpente-squalo” del dio Veruna, “l’Urano greco”,
sembrano comunicarci addirittura interventi genetici. Ricordo che non è tanto
chiara l’origine delle rappresentazioni degli dei vedici, quindi prima che queste
rappresentazioni diventassero simbologie filosofiche “dell’Essere Universale”
come per esempio “Viratarupa”, probabilmente erano rappresentazioni
antichissime di un tempo in cui animali e dinosauri coesistevano, proprio come
quelle effigiate nelle pietre di Ica. Tutto questo senza tener conto dei molti
arcaici reperti, ritrovati, e ritenuti d’impossibile fattura antica per
l’eccezionale esecuzione e sapienza di realizzo. Non a caso il 23 aprile 1982,
il dottor Javier Cabrera Darquea scrisse: ”Non avrei mai immaginato che le
strane pietre in cui ho avuto la fortuna di imbattermi avrebbero stimolato il
mio interesse tanto da farmi proseguire gli studi di micro-biofisica intrapresi
all'Università di Lima. Grazie a questi studi ho ultimato un nuovo ordinamento
molecolare, vale a dire una tavola nella quale ho ordinato le molecole in
funzione dei valori crescenti dei raggi atomici degli atomi che le
costituiscono. La funzione di questa tavola è di prevedere molecole
sconosciute. Con questa base, e sapendo che nei processi di concepimento e
gestazione partecipano ormoni esteroidi quali la follicolina, il testosterone e
il progesterone - perfettamente conosciuti - ho ipotizzato la formula
dell'ormone "anti-rigetto" : C20 H30 O2 , e dell'ormone "anti-cancro"
: C22 H32 O5 .
Se riuscissimo a sintetizzare questi
ormoni, potremmo evitare il rigetto di organi trapiantati, e scomparirebbe il
flagello del cancro. Ho saputo, con profonda soddisfazione, che i dottori
Ronald Finn e Charles St: Hill, del Royal Hospital di Liverpool, hanno
realizzato ricerche sperimentali su animali, nel febbraio del 1980, che
confermano la presenza di un ormone anti-rigetto nel plasma di femmine gravide.
E due anni più tardi, nel febbraio del 1982, il dottor Covey, ricercatore
nordamericano, ha impiegato la chimica computerizzata per modellare una
molecola capace di distruggere tessuti cancerosi, partendo da esteroidi quali
la follicolina, il testosterone e il progesterone. Queste ricerche coincidono
perfettamente con le conoscenze dell'Endocrinologia Glittolitica”.
Sulle pietre peruviane di Ica, animali
scomparsi, operazioni in corso e uomini che scrutano i cieli usando un
cannocchiale. Nella prima immagine una rappresentazione grafica viene descritta
come un'astronave o "uccello d'acciaio" con dei cosmonauti intenti a
praticare un intervento sul coccige e sull'ipofisi al fine di diminuire la mole
dei dinosauri sopravvissuti alla catastrofe geologica dello spostamento
dell'asse polare.
La piramide di Itza Mexico; a fianco
Teocalli della “Guerra Sacra” che rappresenta una piramide maya con la scala
centrale che porta in cima allo spiazzo dove vi è, tra Quetzalcoatl e
Tezcatlipoca, una “pietra calendario”, o un disco volante, rappresentato
prospetticamente in senso verticale, per una più informata raffigurazione,
“come quando i bambini rappresentano il pesce con la lisca o il corpo dei
genitori attraverso i vestiti, perche ne hanno l’informazione, e in quella
primitiva fase evolutiva sentono il bisogno di comunicarlo. Noterete infatti
che a fianco un particolare di un disegno idiano dove viene rappresentato un
sacrificio, “Un astronave in sosta sopra la piramide maya”, al centro il 4 OLIN
identificato da Quix Cardinale nel suo “il Ritorno delle Civiltà Perdute” come
l’ideogramma del movimento.
3° ANGELI E SERPENTI NELL’EDEN
Ricordo che nella Genesi è “l’Elohim
ribelle”, il Serpente, l’avversario di Dio dell’eden a tentare Eva, volendo
farle mangiare il frutto dell’albero della sapienza del bene e del male, che le
avrebbe fatto aprire gli occhi. La parabola evangelica in (Gi.12, 24), afferma
che il grano di frumento non può germogliare, se prima non putrefà, questo può
alludere alla possibilità di raggiungere evolutivamente il potere dei creatori,
del serpente, cioè degli Elohim, causa del peccato creativo Adamitico, oppure
vuole far capire, che il peccato è necessario ed entra attraverso il cibo di
cui uno si nutre, Ipocrate diceva: “Fai del cibo la tua medicina, e della
medicina il tuo cibo”, del resto l’uomo è fatto per forza di ciò che si nutre,
e quindi può diventare per le altre creature più o meno velenoso, come del
resto lo erano le stesse Potenze, gli Elohim ribelli che si accoppiarono con le
figlie degli uomini, quelle figlie di Eva, contaminando quel puro popolo di
uomini voluto da Yahweh per la terra; come si apprende dalla Tanhuma Buber
Genesi, la Genesi Rabba e il Bereshit Erubin. Una favola caldea conservata da
Ferecide e citata da Origene nel suo libro “Contro Celso”, narra di una lite
tra Dio e il Serpente, forse lo stesso rappresentato nelle processioni in onore
di Baco, o nei petti degli imperatori cinesi. Una leggenda vuole che i
Merovingi siano dicendenti da Meroveo, il “dubbio figlio” di Faramondo, re
pescatore e nipote di Boaz discendente di Giosuè; e figlio di Argotta che fu
violentata da un dio Serpente. I Merovingi erano iniziati alla magia e alle
scienze, perciò venivano chiamati anche re taumaturghi, che s’identificavano in
quella setta d’ebrei guaritori, come i Giudei d’Alessandria, che operavano con
erbe, muffe, radici e minerali polverizzati, ed avevano, per l’appunto, come
simbolo un bastone con attorcigliato un serpente, che probabilmente
rappresentava il potere degli Elohim e la conoscenza attribuiti al rettile; una
cosa curiosa avveniva quando uno di loro moriva, infatti, pare che si
praticasse uno strano rito nel quale veniva forato il cranio del defunto.
Secondo il Midrash, lo stesso Dio, o Elohim, Yahweh, assumeva forma di serpente
per compiere le sue vendette, In Esodo (4, 24) è Yahweh ad assalire, in forma
di rettile, Mosè, nella sua dimora deserta, di notte, ingoiandolo fino ai
lombi. Del resto i Medianiti e i Canaaniti sono ricordati anche come i
discendenti dei Serpenti, forse per questo motivo godevano la protezione di
Yahweh, forse per questo Mosè si umiliò innanzi a Hobab figlio di Raguel, “uno
degli angeli santi”, come lo chiama Enoch.
Il movimento Cataro, di matrice
cristiana, in voga nel XIII secolo, sosteneva che Yahweh fosse il diavolo e la
terra un pianeta punitivo, fu per questo che la chiesa reagì con le crociate, che
portarono solo massacri come quello francese di Simone di Monfort ad Albi nel
1229. Nel testo apocrifo, tardo medievale, di Giovanni evangelista, si parla
degli uomini creati dal diavolo e delle anime, gli angeli decaduti, che entrano
nella materia a corrompere, riferendosi forse a quei angeli Cherubini caduti
con Satana. La tradizionale storiella del “Peccato originale” della Genesi 3.1,
dove si racconta che Sama’el trovò il serpente in sembianza di cammello e lo
montò andandosene poi a tentare la donna, viene stravolta; qui Il diavolo
sarebbe entrato nel serpente del Giardino dell’Eden per sedurre l’angelo del
corpo di Eva, versando la lussuria su Adamo, Eva poi avrebbe generato “i figli
del serpente”, in pratica i figli del diavolo, l’Elohim ribelle, “forse per
questo gli dei hanno preteso dagli uomini sempre tanta malvagità”. In effetti
nel folklore ebraico, Eva è anche la generatrice dei Nefilim, o awwim, i
“Serpenti distruttori”, nel testo di Enoch, cap. 69, è l’angelo Gabriel, uno
degli angeli caduti, che fa errare Eva. I kurdi yarezan riferiscono che Azazel,
trasformato in un bellissimo angelo, con l’aiuto del “Serpente e del Pavone”,
entrò nel Paradiso Terrestre per tentare Adamo ed Eva, facendogli mangiare il
grano proibito; una variante della stessa, giuntaci dagli ebrei kurdi del
Kurdistan, afferma che Azazel avrebbe tentato Adamo non Eva, e che già da prima
egli abitava il Paradiso Terrestre. Un testo kurdo degli yaresan del
tredicesimo secolo “Ajaveb ol-makhluqat”, narra che i djinn sono una specie di
animali che hanno il potere di cambiare forma, proprio come accade nei
pleniluni dei miti indiani delle americhe spesso legati al lupo, e agli
spiriti; questi sarebbero stati creati duemila anni prima di Adamo, si afferma,
che erano esseri affini agli angeli ed erano capeggiati da Ebilis; questi per
aver rifiutato di inchinarsi dinanzi ad Adamo sarebbero stati scacciati dal
cielo e condannati a vagabondare in terra come demoni, proprio come accade a
Lilith, la prima moglie di Adamo che a lui non voleva sottomettersi. Sono
esseri associabili ai vampiri “Edimmu” degli antichi assiro-babilonesi, giganti
violenti che divorano le carni degli uomini svuotandone le vene, demoni
piumati, umanoidi, che abitavano un regno sotterraneo, “la Casa delle Tenebre” del
dio Irkalla, visitato anche da Ishtar. Forse era il regno della regina della
magia nera e degli inferi mesopotamici “Erekigal”, “colei che registra e
giudica coloro che giungono tra le ombre” nel Regno delle Tenebre,
“dell’Arallù”. Quel mondo sotteraneo identificato da alcuni studiosi nella
Capadocia nella Frigia terra d’origine dei cabiri, come afferma Plutarco e
Stradone, in prossimità dei camini dei Peri, anzi degli “djinn”. Quei luoghi
sotterranei ricovero di alcuni esseri sopravissuti all’ultima Era Glaciale
avvenuta all’incirca, tra il 9.500 e il 9.000 anni a. C.; quegli stessi esseri
che nell’antico Giappone dimoravano nelle buche, chiamati Emisi, Kuzu, Kappas,
o meglio “uomini dei canneti”. Forse quegli stessi esseri dell’antica leggenda
egizia, nella quale, la Dea leonessa egizia, Sekhmet, o Hattor era incaricata a
distruggere l’umanità per suoi peccati, con il suo terribile “occhio”, per
ordine dello stesso dio Rà, che pentendosi, la fermò, incaricando nello stesso
tempo Geb, il dio della terra, a sorvegliare i serpenti che lo hanno indotto a
colpire e che si trovano nel suo territorio, e che la “luce” di Geb dovrà
trovare nelle loro buche e caverne sotterranee; forse gli stessi Naga, i
serpenti velenosi che Krsna volle distruggere, bruciando la foresta di
Kandhava, come descritto nel Mahabharata, quei serpenti tanto odiati, che amati
dagli stessi dei vedici, vedi Arjuna sposa di Ulupi figlia di re Naga. Una
leggenda degli Ofiti, da “Ojiv”, Serpente, una setta greca risalente al V sec.
a. C., ricordata dai gnostici “Maestri della Libera Muratoria”, racconta: “Che
camminando sulle fluttuazioni del Chaos, la Grande Luce fece discendere nella
profondità la goccia irradiante di Sofia. Lo spazio fu percorso dal fremito
della vita e scorsero le acque, mentre in alto prendeva il Settenario delle
Potenze. Ma per necessità di mistero, quell'unico Potere si lacerò
indefinitivamente e dalla oscillazione delle “Forze” emerse il “Nous, ossia il
Serpente”. Egli raccolse, riscaldò ed alimentò nelle sue spire le forme
visibili, la prima fu lo Spirito, la seconda l'anima e la terza l’irrefrenabile
sequela dei corpi. Quando Jadalbaoth si nominò Dio e richiese obbedienza
all'uomo terrestre, nel cui corpo stesso sulla terra aveva soffiato l'alito
vitale, questi si chiamò Adamo, e restò chiuso nell'illusione della solitudine.
Le Potenze allora diedero vita alla Donna terrestre, Eva, ed ambedue erano nel
giardino di Jadalbaoth, ignari della loro origine. Essi furono quindi
illuminati, per volontà di Sofia, da Nous, mostratosi ancora serpente. Banditi
dall'ira del loro Padre illusorio, essi presero su di sé le immagini fisiche, e
l'Uomo cinse il primo grembiule di pelle per assolvere al “Lavoro” che lo
rendeva egualmente schiavo e libero. Fino a quando la sapienza di Sofia invocò
dalla Grande madre il prodigio, e questo fu il Cristo. Egli attraversò il cielo
per raccogliere le Sette Luci e le portò sulla terra, in congiunzione alla
Sapienza. Gesù il Cristo rivelò il Padre ignoto ai discendenti di Adamo,
consacrò il grembiule del Lavoro dalla schiavitù alla Libertà, portò egli
stesso la veste da carpentiere fino a trenta anni e compì le più alte opere
della trasmutazione. Infine, quando le potenze terrene lo crocifissero, egli
diede l'esempio di essere il primo ritornato dai Morti, e questa fu la massima
opera della “Trasmutazione”. “Siate candidi come colombe e saggi come
serpenti…”. Alcuni antichi versi gaelici affermano chiaramente: “Non del seme
di Adamo siamo, né è Abramo nostro padre. Ma del seme dell’angelo fiero cacciato
dal cielo”, e così la pensava anche il profeta zoastriano Mani che, informato
del sapere di Enoch, vedeva il mondo e i prim’evi adamitici, un’opera del
Potere delle Tenebre; del resto c’è veramente da chiederci quale dio può volere
che la vita sia una sanguinosa lotta per la sopravivenza tra esseri viventi;
inoltre la fisica moderna ha spesso rivelato che esiste più “luce
nell’oscurità” che nella materia percepita; più conoscenza, più interazioni
meccanicistiche, in altre parole proprio quel sapere “del bene e del male” o
meglio del Serpente. Del resto anche Gesù non ha mai detto di essere venuto a
salvare l’uomo dal peccato di Adamo, l’idea è nata con S. Paolo, anzi
l’apocrifo di Tommaso ci riferisce,“Gesù disse: gli Uomini probabilmente
pensano che io sia venuto per gettare pace sul mondo ed essi non sanno che sono
venuto per gettare divisione sulla terra, fuoco, spada e guerra. Perché saranno
cinque in una casa: tre saranno contro due e due contro tre, il padre contro il
figlio e il figlio contro il padre, ed essi staranno come solitari”. Nel
Physiologus II-IV sec. si legge:” La scimmia è un immagine del demonio: essa ha
infatti un principio, ma non fine, cioè una coda, così come il demonio in
principio era uno degli arcangeli, ma la sua fine non si è trovata.” Mosé
forgiò un serpente di rame nel deserto per guarire l’epidemia di serpenti
dannosa agli israeliti, nel Vangelo, Giovanni fa dire a Gesù: “E come Mosè
inalzò il serpente nel deserto, così deve essere innalzato il figlio dell’uomo,
affinché chi crede in lui avrà la vita eterna”. Sempre sull’importanza dei
rettili e dei serpenti, una leggenda orientale narra che una delle opere
mistiche più antiche, “Paramartha”, fu data al grande Arhat (illuminato, degno)
dai Naga Sarpa, la “razza dei serpenti”, nome dato allora, agli antichi
iniziati, che si potrebbero identificare con i “Serafini Sarapa”, in sanscrito
Sarpa sta per serpentiforme, per cui il resto del termine può derivare da Sera,
“il nome del serpente citato nel poema sumero di Gilgamesh, da cui Noè,
probabilmente, trasse la sua storia”, e saraph “ardere”, e quindi aggiungendo
il significato etimologico del termine Serafini, vale a dire il mesopotamico
“Seraphim”, che sta per “serpente alato del deserto”, ossia Sera+ Elohim cioè
“Serpenti-Dei”, si deduce la descrizione seguente: “Serpenti alati ardenti”,
gli Elohim, i nati dal fuoco, non dall’argilla come Adamo; quegli “Esseri
caduti” come Nahash, il “Serpente biblico”, o i Naga orientali. Probabilmente
gli stessi Kumaras di Venere, che nella “classificazione angelica” si possono
individuare al grado più alto, assieme a quegli angeli fatti d’amore, luce e
fuoco. Quegli angeli che sono stati descritti con sei ali e si potrebbero
benissimo identificare con quegli angeli che per gli esoterici e i massoni sono
portatori di quel seme che favorisce l’unione tra l’energia materiale e
spirituale, cioè “le Nozze Alchemiche”, risvegliando il “serpente che dorme in
noi”, il Vril, probabilmente la “Supercoscienza”, lo stesso “Spirito Santo” che
scende a illuminare nel momento evolutivo di rottura, come quando l”’acqua
naturalmente gela”, cambiando così forma, nel nostro caso lo stato cosciente.
Ciò ci porta a ricordare il mito greco di Trittolemo, che per ordine di Cerere
fu condotto da serpenti alati a portare i frumenti sulle terre incolte. Da
Seraph deriva anche Seraphel che però, al contrario, è parte di quella schiera
di demoni chiamati “Corvi della morte” diretti da Baal. Originalmente questa
tipologia d’esseri è descritta da Sanconiatone di Berito nella sua “Storia
Fenicia”, che li descrive come veicoli spaziali “lucescenti”, che emettono
fiamme e brillano velocissimi nella notte.
4° ANGELI E SERPENTE NELLE AMERCHE
Gli angeli Serafini ricordano anche
Quetzalcoatl, per l’appunto il “Serpente Piumato” degli Olmechi, poi passato ai
Toltechi e Aztechi che personificava il leggendario dio barbuto dalla pelle
chiara (come Jawe), della creazione e del sapere. Quetzalcoatl, giunto
anch’esso sulla terra da Venere, “la stella dell’alba”, assieme a Tezcatlipoca,
“la stella della sera”; fu colui che insegnò i rudimenti basilari della civiltà
all’uomo, che aveva creato spruzzando il suo sangue sulle ossa prese nella
“terra dei morti”. Qetzalcoatl, il “serpente piumato”, si sarebbe poi opposto
al feroce Tezcatlipoca chiamato anche “scudo giacente, o specchio fumante” e lo
costrinze ad andarsene promettendo però, che sarebbe tornato a instaurare una
nuova era. Sembra proprio di parlare della solita biblica caduta angelica. Il
significato di Qetzalcoatl, nome di questo dio, che è descritto esteticamente
come una sorta di “Gesù”, significa “serpente ornato di belle piume”, o
“serpente delle nubi”, egli sarebbe nato come tutti gli Avatar o Avatara, “il
soffio vitale divino di coloro che discendono”, dal dio del cielo “Mixcoatl” e
dalla madre Chipalaian detta anch’essa “scudo giacente”, dopo che aveva
ingerito uno smeraldo. Qui ci si può ricollegare ad una grossolana descrizione
dello stesso intervento genetico che ha fatto emergere l’uomo dalla bestialità
scimmiesca, intervento apportato da alieni, citato anche si presentano solo
come un grumo amorfo albuminoide del carbonio; quindi quegli esseri sarebbero
sempre i nostri vigilanti “Costruttori”. Se si collega quanto detto alla
recente scoperta del “Diamante Cosmico” distante circa 50 anni luce dalla
terra, il quale sarebbe soltanto il “fine” di una stella simile al nostro Sole
che da sempre è ritenuto creatore della “Vita”, diventa facile credere alla
leggendaria origine dell’Avatar, e anche al significato di leggende come quella
egizia che racconta di dodici camere sotterranee rappresentanti lo zodiaco che
nasconderebbero “il Cristallo Creatore”, o meglio “l’Uovo Cosnico”, o la camera
sotterranea che sarebbe locata a livello del Nilo, citata da Erodoto nelle
“Storie”, in cui si accenna anche all’esistenza di un sarcofago nella Grande
Piramide posto sopra un “isola artificiale”. Il “Serpente Piumato” è stato
interpretato, dal “contattista” Eugenio Siragusa, come “l’Avatar Adoniesis”, il
nostro “spirituale progenitore” voluto dagli “Elohim”, coordinatori dei “Geni
Solari,” fautori dei “corpi astrali intellettivi”, coloro che diedero “l’Ego
Sum”, la scintilla della mente all’uomo, l’animale primitivo. Questi esseri,
“serpenti o archeorniti infuocati”, ricordano “Jarapiri”, il serpente primordiale
degli aborigeni australiani, che ricordano l’antica “era del sogno” in cui i
coccodrilli si unirono con i serpenti dalla testa nera, che li resero uomini;
ed ricordando questa origine praticano un rito nel quale si fanno incidere la
pelle a scaglie, a forma di squame, rito che li rende “uomini coccodrillo”.
Curioso è il fatto che proprio in Australia, oltre al ritrovamento di impronte
fossili di scarpe e piedi giganti, vi sono pitture rupestri che mostrano esseri
con scafandri, tuniche, caschi, guanti e scarpe nere.
“Questi serpenti ardenti” ricordano anche
“l’Araba Fenice”, anch’esso simbolo alchemico della trasformazione e della
creazione, che per gli egizi procurava il soffio che animava il dio Shu o sahu
(anima corporale), in effetti Atum – Rà simbolo di vita e salvezza assume le
sembianze dell’uccello “Bennu”, che volò sul Benhen. Inoltre si possono
ricollegare ai sopra citati miti anche alcune delle “visioni ardenti” narrate
nel libro di Enoch e “nell’ Odissea spaziale” di Baruk.
Il Dio del Sole Quetzalcoatl, il
“Serpente Piumato” delle civiltà precolombiane, a fianco figure rupestri
Australiane e la foto di un’ Impronta di scarpa, completa di cuciture, impressa
in una roccia del Triassico. ritrovamento di W.H. Ballou in Nevada; 1922
5° ANGELI E SERPENTE NELL’INDIA
Lo stesso Rama, sarebbe arrivato sulla
terra da Venere con la “Razza dei Serpenti”, a bordo dei vimana, quei mitici
“dischi volanti”, descritti nel “Ramayana”, nel Mahabharata collocato intorno
al settimo millennio a. C., nel trattato scientifico “Samara Sutradhara” e in
particolare nel documento “Vaimanika Sastra”, scritto in sanscrito, “la lingua
degli dei”, (una lingua artificiale di origine dravidica, vedi il bahui del
Beluchistan, documento che la tradizione orale fa risalire intorno al III-VI
sec a. C.) dall’illuminato Bharadvajy e rinvenuto in un antico tempio indiano
nel 1875. Rama, giunto sulla Terra, avrebbe fondato le sette grandi città a
nord dell’India, nel Pakistan, ove ancora oggi affiorano rovine di antiche
città sconosciute risalenti a circa 15.000 anni fa. Quindi anche la tradizione
dell’India ci dimostra che il sapere e la creazione, un tempo erano molto
legati ai rettili, specie al serpente, quindi una motivazione ci dovrà pur
essere e a noi il compito di intuirla fra le mille possibili. Tralasciano al
momento l’importanza dei rettili, ricordo che nel mondo antico, tra gli scritti
indù, di fondamentale importanza, tra quelli citati, vi troviamo i Sacri Veda,
“testi sacri Veda, cioè della Conoscenza, o della sapienza”, che contengono le
antiche e famose “Uphanishad” e il poema epico indù “Mahabharata” contenente la
famosa “Bhagavad Gita”, la disciplina dell’azione, o meglio il “Canto del
Signore,” che insegna ancor oggi saggi comportamenti ai suoi seguaci, ad
esempio che per ogni azione compiuta non bisogna esigerne il frutto, in essa
c’è scritto: “ Come le acque entrano nell’oceano che se ne riempie eppure resta
fermo e immobile, così l’uomo che si domina ottiene la pace sebbene in lui
penetrino tutti gli oggetti dei desideri”. Alcuni studiosi fanno risalire
alcuni di questi scritti addirittura a più di cinquemila anni fa, e per quanto
se ne sa, fu la fratellanza Jainista, da Jaina, “vittorioso sul corpo”, una
delle più antiche scuole dei misteri, che insegnò ad amare, a “vivere e lasciar
vivere”, sempre nel rispetto dell’infinito ripetersi ciclico naturale. Fu lo
Jainismo, la religione Brahamana e la
Buddista di Siddhartha Gautama contemporaneo dello Jainista Mahavira, che
insieme soddisfarono gli antichi indù nella loro via delle “illuminazioni”.
6° LE ENTITA’ CREATRICI DI DIO DISCESE
SULLA TERRA
Secondo le concezioni esoteriche, tratte
da molti antichi scritti, la creazione dell’uomo dipende dai sette pianeti che
regolarono il benefico flusso cosciente del fuoco d’amore, che è il nostro “Logos,
Verbo o Parola, la ragione”, che in un certo tempo formò l’insieme delle
coscienze umane. Il nostro pianeta sotto l’egida cosmica, secondo gli
esoterici, cominciò a condensarsi lentamente e nel tempo tentò con gerarchie
creatrici impreparate spiritualmente alla creazione dei primi esseri, e ci
furono i primi risultati creativi, che l’uomo ricorda come “mostri e chimere”,
io credo s’intendano quegli ectoplasmi, draghi e mostri mitologici delle varie
leggende sulla creazione: sumere, egizie, celtiche, vichinghe, maya, ecc., oggi
rapportabili ai famigliari dinosauri, riportati virtualmente in vita, con i
nuovi mezzi tecnici messi a disposizione dalla scienza. Ma questo non so quanto
possa essere tenuto in considerazione, in quanto esistono tuttora varie specie
animali veramente strane e la criptozologia ogni tanto ne riscopre ancora
qualcuna. I cabalisti, invece, raccontano che Dio ha creato il mondo
gradualmente, la luce divina della creazione sarebbe scesa dalla trascendenza
eterea di Dio, verso una materialità tangibile, occultando inevitabilmente
l’infinito e rivelandone il finito, che doveva essere anch’esso rivelato a Dio,
in un processo graduale chiamato “Seder hishtalshelùt”. L’uomo, a quanto pare,
diventa “l’occhio di Dio” sulla terra, con il compito di svilupparsi sempre più
interiormente, rivelando i vari gradi di finito, necessari alla conoscenza di
Dio, questo fino a diventare l’uomo stesso un Dio; ecco perché più volte, il
Signore e Gesù Cristo rivelano nelle sacre scritture che noi stessi procedendo
in divenire, diverremmo degli dei. Quanto detto, però, potrebbe far sospettare
un Dio limitato come l’uomo, inconsapevole del “micro-mondo” che lo compone,
che lo fa sussistere, in quanto non necessario “all’essere senziente superiore”
che riflette per natura il “meccanicismo creativo” in uno stadio superiore,
verso il macrocosmo”. Ma se fosse così, anche i nostri compagni animali sono da
considerarsi, “l’occhio di Dio”, per logica non potrebbe essere altrimenti, del
resto lo confermano anche gli antichi testi, nella Genesi fu sempre Dio a
creare gli animali, sono loro i primi ad’essere divisi sessualmente, nel testo
di Ezechiele, il profeta vede tre volti d’animali assieme ad un volto d’uomo, e
questo dovrà pur significare qualcosa? Questa concezione cabalica
sull’occultamento dell’infinito, rievoca la teoria sui buchi neri, di Roger
Penrose, che suggerisce l’ipotesi da lui chiamata “Censura Cosmica”; teoria in
cui le singolarità prodotte dal collasso gravitazionale si verificherebbero
solo in luoghi nascosti da osservatori esterni ai buchi neri, chiamati anche
azzardatamene e non a caso: “tunnel Spazio-temporali”, che probabilmente
generano quelle strabilianti forze di “controrotazione stellare” di recente
osservate. Quanto detto sembra legare perfettamente, ma c’è di più, ora voglio
proporre alcuni sconcertanti versi dell’apocrifo “Libro dei Vigilanti”
anteriore di 150 anni del libro apocrifo dei Giubilei, dove, a mio parere,
Enoch sembra essere davanti a un buco nero, nel testo (XXI,7) si legge: “E di
colà io andai in un altro luogo più tremendo di questo e vidi una cosa
tremenda: un grosso fuoco colà ardente e fiammeggiante e, in esso, una
spaccatura la cui fine era fino in fondo, pieno di grandi colonne di fuoco che
vi si facevano discendere ed io non potetti osservarne n, le misure n, la
grandezza e fui incapace di vederne l’origine”……. Più avanti del capitolo
(XXI,10) si legge: “E mi disse: “questo luogo E’ la prigione degli angeli e
qui, essi saranno tenuti in eterno”. Nel capitolo (XXXVI,2-3) si legge: “E di
là andai verso est, ai confini della terra e lì vidi tre porte del cielo,
aperte verso oriente e, su di esse, porte più piccole. Da ognuna di quelle
piccole porte passavano le stelle de cielo e andavano a occidente, per la via
che ad esse appariva innanzi”. Nel capitolo (XXIII,1-3) si legge: “ E di là
andai in un altro luogo, verso occidente, fino ai confini della terra e vidi un
fuoco ardente che correva senza nè, fermarsi nè, rallentare, notte e giorno,
proprio così. E Chiesi: “che è questo, che non ha riposo? Allora Raguel, uno
degli angeli santi che stava con me, mi rispose: “Questo fuoco ardente, di cui
tu vedi la corsa verso occidente, E’ tutte le luci del cielo”. Raguel, secondo
gli scritti ufficiali, era uno dei Medianiti, era padre di Hobab, colui che
vide umiliarsi innanzi a sé persino Mosè, il profeta di Yaheweh. Non a caso i
Medianiti e i Canaaniti erano conosciuti anche come i discendenti dei Serpenti.
Qui Enoch sembra essere trasportato da Raguel e i compagni “Vigilanti” nello
spazio, fino ad oltrepassare la “singolarità”, e vedere di là dal buco nero,
perfino la sorgente delle stelle, o sembra allegoricamente descrivere una
scorribanda di oggetti luminosi. Oltre ad Enoch anche nell’odissea spaziale del
profeta Baruk vi si possono trovare descrizioni che ci ricordano, ad una certa
interpretazione, i buchi neri, le potete trovare, dettagliatamente, alla fine
del testo. D’altro canto già gli egizi nel Libro dei Morti cap. XCIX riportano:
“Man mano che io mi approssimo verso la zona maledetta, nella quale sono
cadute, precipitate verso l’Abisso, le stelle…”. Non a caso, come alcune
antiche credenze orientali narrano, la scienza oggi teorizza, che l’universo
sia nato da una “Singolarità”, un’esplosione, il “Big Bang”; quindi anche per
gli scienziati, come i cabalisti, l’energia è comparsa prima della materia che
successivamente condensandosi ha dato origine al “Creato”. Lo scrittore Paolo
Bergamo nel libro “Gli Occhi di Dio” ricorda che nel 1985 alcuni studiosi con
Harold Kroto scoprirono una struttura sferoide basata sul carbonio che viene
prodotta dalle stelle Giganti rosse, come Aldebaran nella costellazione del
Toro e Beltegeuse in quella di Orione, questa struttura attirerebbe altri atomi
divenendo così il “Mattone Cosmico” che nel 1990 fu artificialmente riprodotto
dagli studiosi W. Kretscemer e D. Uffman. Da questa scoperta che l’autore
collega ai tentativi per la costruzione dei cyborg giunge a confermare il fatto
che l’uomo è un Entità elettrobiologica sotto l’egida dei fullereni che sono
delle molecole a gabbia uniche nella loro specie per la loro molteplicità
legata alla dimensione, forma, peso molecolare e per la forma simmetria
icosaedrica cioè come una gabbia sferica a facciate triangolari. Ciò mi ricorda il pensiero che oggi alcuni
studiosi alimentano, cioè l’idea che nel rapporto sessuale uomo-donna, gli
“atomi pensanti” che vivono nei livelli di energia plasmica hanno la
possibilità di scendere nella materia densa e fissarsi in un corpo fisico per
accumulare esperienze. Per “atomo pensante” intendo la base delle informazioni
possedute che regolano il “gene” e l’agire stesso, in altre parole, un
movimento energetico analogo o similare al singolo essere umano nei confronti
del divenire della collettività, cioè che è una rielaborazione del “pensiero”
di Epicureo e Democrito.
In alcune credenze e mitologie si parla
della creazione dell’uomo dall’argilla, dal fango o dalla polvere, per i Greci
popolo di origine preceltica molto simile agli Arya, cioè “della distesa
Iraniana”, è Prometeo, prima del tempo, per gli Egiziani era il dio ariete
Khnum, venerato ad Elefantina, per i maya furono gli dei che mischiarono il
loro sangue con il mais dopo due tentativi falliti con il fango ed il legno,
per i babilonesi furono degli dei che usarono il fango, in una leggenda
vichinga, sulla creazione si racconta che Audumla cibandosi, leccando le pietre
salate coperte di brina, in tre giorni modellò l’uomo, Buri il generante, nonno
del leggendario Odino, nel culto di Zarathustra, Mithra nasce dalla roccia che
in persiano significa anche cielo. Per le genti del Titicaca fu Viracocha che
plasmo l’uomo con l’argilla e vi soffiò la vita, come per gli ebrei fece il Dio
di Abramo; la stessa parola Adamo, anzi Adama, significherebbe: “colui che
viene dalla terra”, in Cabala significa sia unigenito che terra rossa cioè “adamah”, percui in ebraico Adamo significa
sia “rosso che vivente”, infatti si attribuisce ad Adamo una pelle rossa e
questo rende difficoltosa la credenza che sia anche il progenitore dei neri dai
capelli lanati. L’origine di Adamo nel libro della Genesi rievoca probabilmente
le antiche reminiscenze fenice ed egiziane di Mosè, non a caso un papiro
egiziano di tarda epoca diviso in tre sezioni, rappresenta il mondo degli dei
in alto, il mondo degli uomini capovolto in basso e nel mezzo un gruppo di
babbuini che adorano il sole nascente,
nella forma del capro Knun, il Vasaio dei Vasai, colui che creò l’uomo proprio
con l’argilla. In India, la stessa storiella brahmana di Adimo e Procriti, che
molto prima della stesura della Genesi, assumono lo stesso significato
dell’Adamo ed Eva fenici, cioè rispettivamente “il generatore figlio della
terra” e “la vita”, come evidenziato nel Ezour-Veidam degli indiani, uno dei
libri sapienziali più antichi del mondo, citato nel dizionario filosofico di
Voltarie e ritenuto però, da alcuni anche un apocrifo realizzato dalle missioni
gesuite. In Cabala l’ebraico Adam composto dalle lettere Alef, Dalet, Mem,
significa “uomo”; il valore di tale termine è 45, valore numerico che equivale
alla parola Mah, “Cosa?”, e al tetagramma di Dio Y.H.V.H. con i suoi
riempimenti di Alef, che rappresenterebbe la forza operativa del “Mondo della
Rettificazione”, l’Olam ha tikkun, dove Olam significa per l’appunto il
“misteriosamente nascosto” che ci riporta al concetto della “Creazione” e
ancora all’unico elemento atomico essenziale. Gli esoterici affermano che fu
solo il quinto raggio, “una forma o entità di intelligenza cosmica”, che
stabilizzandosi, creò le condizioni per il manifestarsi dell’umanità e così la
gerarchia planetaria prese posto sulla terra.
Un’antica rappresentazione della
costruzione dell’uomo con l’argilla, notare i profili delle divinità
7° I RICORDI CATASTROFICI
Bisogna ricordare che la terra, circa 200
milioni di anni fa, come si denota dall'odierna conformità, era un unico
continente che viene chiamato Pangea. Questo continente avrebbe subito molte
trasformazioni e catastrofi dovute a scorrimento della crosta terrestre sotto
il peso dei ghiacciai, o al magnetismo solare su quello terrestre, o alla
caduta di lune, o di asteroidi, di cui, a quanto pare, sono rimaste tracce
anche nella mitologia, vedi per esempio l’interpretazione data al mito di
“Orfeo”; di questi ultimi ne sarebbero prova alcuni enormi crateri individuati
di recente con la nuova ricerca fotografica satellitare, vedi il cratere
formato dalle isole Aleutine e quello a nord dello Yucatan. Il geologo Charles
Hapgood già nel 1955, studiando le rocce che registrano i poli magnetici al
momento della solidificazione, dimostrò che i poli geografici avrebbero
modificato la loro posizione almeno duecento volte, dall’inizio della storia
geologica. Oltre ai diluvi provocati da questi particolari eventi sembra, che
si sia spostata addirittura la rotazione dell’asse terrestre di 23° - 30°, che
avrebbe provocato repentini spostamenti climatici distruggendo la vita dove
prima era vegeta e rigogliosa; ne sarebbero prova alcuni mammut congelati di
12.000 anni fa ritrovati ancora con l’erba in bocca. A parte l’argomentazione
sul diluvio che commenterò in seguito, prove di questi cataclismi si possono
trovare in numerosi scritti ed eventi ormai persi nella notte dei tempi, in un
antico papiro egiziano, per esempio, noto con il nome di "Papiro di
Harris", si legge: "Il Sud divenne Nord, e la Terra si rigirò".
Nell’Apocalisse di Giovanni si legge: ”Non c’è più mare: io vidi un nuovo cielo
ed una nuova terra, poiché dal cielo era scomparsa l’immensa minacciosa luna”.
Nell’antico libro apocrifo di Enoch si accenna ancora alla scomparsa della luna
non più attratta magneticamente dalla Terra, egli dice:
"... e ogni volta che gli uomini
peccheranno, gli anni sembreranno più corti. I semi daranno frutti tardivi
sulle terre e i campi e tutte le cose cambieranno sulla Terra e non appariranno
al loro tempo giusto e la pioggia sarà trattenuta su in cielo. Allora i
prodotti della terra saranno tardivi e non matureranno in tempo. E i frutti
degli alberi saranno acerbi. E la Luna muterà il suo corso e non apparirà
puntualmente. E in quei giorni il Sole sorgerà al tramonto in Occidente,
invertendo il suo corso e brillerà di una luce più intensa di quella normale… i
pilastri della Terra vengono smontati in un solo giorno…".
Una leggenda Inca, riferita all'etnologo
americano L.Taylor Hansen, racconta di una catastrofe avvenuta nel tempo
dell’oscurità, quando si adorava “Ka-Ata-Killa”, la Luna Calante, sarebbe
allora che l’oceano si ritirò e gli abitanti, “forse quei bianchi venuti dalle
stelle”, furono costretti ad andarsene. Tale racconto e i seguenti studi
stratigrafici rivelarono il mistero della costruzione delle città morte sulla
cordigliera delle Ande, a 3.500 metri di altitudine. Città queste, citate anche
da Peter Kolosimo nel suo libro: “Non è Terrestre”, dove affronta il mistero di
Marcahuasi, con le sue mistiche sculture, che appaiono nella loro magnificenza
solo con il solstizio d’estate e dove menziona anche le impresse raffigurazioni
d’animali preistorici, risalenti da 185 a 130 milioni d’anni or sono. Sono
molti i ricordi arcaici che conducono ad una catastrofe, ma l’uomo nonostante
tutti questi cataclismi sarebbe sempre riuscito a sopravvivere agli eventi,
lasciandocene le tracce come allora poteva; è probabilmente per tali motivi,
che esistono antichissime similitudini tra le antiche civiltà, lecita opinione
solo facendo retrocedere l’evoluzione umana, confermata tra l’altro da parecchi
strani reperti come il “dito fossile del cretaceo”, le raffigurazioni delle
pietre di Ica, ecc. che fanno presupporre l’esistenza di una primordiale razza
prim'Eva ormai dimenticata. Sarebbe logico ammettere anche una comunicazione
prediluviana tra i continenti, che spiegherebbe anch’essa, in ugual modo le
similitudini tra le civiltà antiche conosciute. Su quest’ultima ipotesi,
esisterebbero delle prove, come le tracce di cocaina e tabacco trovate nei
corpi mummificati dei sacerdoti e faraoni egizi, che insieme alle costruzioni
piramidali, fanno pensare ad un contatto della civiltà egizia con le civiltà
precolombiane; del resto alcuni studiosi hanno riscontrato anche una reciproca
somiglianza di alcuni geroglifici.
8° LA NASCOSTA VERITA’ SULLA CREAZIONE
DELL’UOMO E LE CINQUE ERE
Tornando alla creazione dell’uomo, per
gli esoterici i primi esseri popolarono la terra sotto la guida dei Signori di Venere,
insediati in un posto polarizzato magneticamente, dove tuttora convergerebbe
tutta la coscienza, un posto chiamato Shamballah. Sempre secondo gli esoterici,
la prima razza umana sarebbe stata astrale, dal corpo fluido dei Pitri, o
Signori Lunari; i Mani, o i vates di Agni il “fuoco”, coloro che divennero gli
Angirasa e i Rishi fondatori della civiltà indo-ariana; “probabilmente quegli
stessi esseri, o demoni pre-adamici di cui faceva parte anche la leggendaria
Lilith”, e divisa in sette branche che si aprivano a fiore nella terra partendo
da Shamballah, proliferando con la scissione dell’entità diafana, che più tardi
diventerà l’uomo; in altre parole quei “grandi fantasmi” descritti da W. Scott
Elliot nella “Storia della Lemuria Sommersa”. La seconda razza fu eterica, la
terza fu la Lemuriana, che 21 milioni di anni fa iniziò a solidificare la
propria forma ectoplasmica di gas liquidi e materia, fino a sviluppare la
coscienza del corpo fisico, ora mosso dal sistema neuro-vegetativo, con loro
convivevano i leggendari giganti e gli angeli, che allora comunicavano con
l’uomo, gli iniziati di allora erano aiutati da esseri giunti da altre realtà,
da altre sfere e praticavano l’hatha yoga, sostituito poi dal laya yoga che
attivò alcuni centri del corpo eterico eccetto quelli della testa e della gola.
Fu nel periodo lemurico che si scontrarono la Loggia Nera e la Loggia Bianca,
secondo la cosmologia steineriana, si ebbe la separazione di Terra e Luna, e
l’evento Lucifero, che oltre a separare i sessi, portò l’uomo alla malattia e
alla morte. “La razza delle scimmie”, che probabilmente era di etnia munda
chiamata dai dravidi “Vanara” perché inferiore, è chiamata esotericamente “il
peccato dei senza mentale”, perché si sarebbe unita fisicamente con il regno animale,
essendo fragile il confine e la differenza tra loro, peccato questo, che il
fuoco purificatore tolse necessariamente ed inevitabilmente uscendo dai
vulcani. In merito a questo tipo di eventi purificatori interessante ricordare
uno scritto de Grandi Maestri sconosciuti che riporta queste parole: “La terra
si impose e, inquinata e impura, tornò alla terra; così una vita cattiva
insozzò e quindi il male penetrò nella primitiva purezza dell’antica madre. Il
male sta sepolto nel suolo, e di tempo in tempo emerge nella forma; e solo il
dolore ed il fuoco restituiranno alla madre la purità che i figli le hanno
tolta”. Successivamente apparve la razza Atlantidea, che sviluppò il corpo
emotivo portandosi in stretto contatto con le pratiche magiche, che usò per scopi
egoistici. La quinta razza, l’attuale razza Ariana, starebbe sviluppando il
corpo mentale o “Manas”. Noi ora, secondo gli esoterici, saremmo la quinta
“sotto razza, delle sette sotto razze”, facenti parte della quinta razza Madre,
in altre parole la razza Ariana, che Steiner divide in sette epoche culturali,
dal 747 a.C. al 1413 d.C. e sono: antico-indiana, antico-persiana,
egiziano-caldaico-babilonese e greco-latina. Dal 1413 sarebbe iniziata l’era
del razionalismo. La sesta razza Madre, svilupperà l’amorevole corpo buddico,
mentre la settima razza svilupperà la volontà, sarà la razza di Atma. Tale
termine per lo Jaina diventa, “Atman”, il respiro, lo spirito, il Sé, ed indica
l’anima individuale, mentre “Anatman” sarebbe, invece, la concezione buddista
“dell’Io Tutto”. Ma a parte questa curiosità, è interessante sapere che anche
per i Maya ci furono cinque Ere cosmiche, corrispondenti ad altrettante
civiltà; le precedenti quattro Ere sarebbero state: dell’Acqua, dell’Aria, del
Fuoco, della Terra e sarebbero tutte terminate con catastrofi ambientali,
mentre ora anche per loro saremmo ancora nella quinta era, “l’Età dell’Oro”,
che finirà nel 2012. Gli Aztechi suddividono così le cinque Ere: la prima Era
nel segno della Terra e del dioTezcatlipoca che divenuto Sole creò una razza
vegetariana di giganti terminata nel giorno “4Ocelot, giaguaro”, la seconda Era
nel segno dell’Aria e della Scintilla divina di Quetzalcoatl che insegnò le
arti e ebbe termine nel giorno “4Ehecatl, vento”, le odierne scimmie sarebbero
gli uomini di allora, la terza Era nel segno del fuoco del dio della pioggia
Tlaloc che creò una crudele razza di uomini acquatici e in quell’epoca
scomparse la Lemuria nel giorno “4piuoggia di fuoco”, la quarta Era nel segno
dell’acqua e della dea Chalchiuhtlicue sorella di Tlaloc, in quest’epoca la
materia si raffinò e apparvero i primi uccelli fino al diluvio che distrusse
Atlantide il giorno “4Ahau, pioggia”; la quinta Era è nata sotto il segno di
Tonatiuh “l’aquila che vola in alto” e finirà con terremoti il giorno “4Ollin,
movimento”, ogni 52 anni solari, un secolo indigeno, 52x365=18.980 giorni per
la Terra, 292x65=18.980 giorni per Venere, cioè i 260 anni del Katun Ahu che
porterà lotte e cambiamenti che apriranno la via all’Era dei pianeti e della
comunicazione universale. Gli indiani, come i Maya, dividono l'età della Terra
in cicli, anche per loro, infatti, questo sarebbe il quinto ciclo terrestre,
stessa cosa la suddivisione ciclica separata da eventi catastrofici rilevabile
nel Bhagavata Purana. Esiodo, poeta greco del VIII sec. A. C., nella sua opera
“Le Opere e i Giorni” narrando il mito delle razze, afferma che gli dei
dell’olimpo crearono una prima razza di uomini perituri, vissuti in un’epoca
d’oro; poi, nell’età dell’argento né crearono una seconda inferiore di spirito
e di corpo, una razza che Zeus trasformò successivamente in dei degli inferi;
nell’età del bronzo crearono una razza crudele di uomini perituri terribile e
potente; poi crearono una quarta razza di semidei ed eroi, giusta e divina;
della quinta razza Esiodo dice: “Prego il cielo che io non abbia a mio turno a
vivere a mezzo degli uomini della Quinta Razza; o che io fossi morto prima, o
nato più tardi, poiché questa è la razza di ferro. Essi non cesseranno di
soffrire di giorno fatiche e miserie, né la notte di essere consumati dalle
anossie che loro invieranno gli dei. L’ora verrà in cui Zeus annienterà a suo
turno questa razza di uomini perituri: questo sarà il momento in cui gli uomini
nasceranno con le tempie bianche. Il padre allora non assomiglierà ai suoi
figli, ed i figli non somiglieranno più ai loro padri. L’ospite non sarà più
caro all’ospitante, né l’amico all’amico, il fratello al fratello…”, e questo
ci ricorda gli strani concepimenti di Noè, Melchisedec, ecc. . Gli yezidi
concepiscono il nostro tempo come l’ultimo dei “settantadue Adami” vissuti
diecimila anni ciascuno con un intervallo di assenza di altri diecimila anni
tra l’uno e l’altro, curioso il fatto che queste cifre non sono “campate in
aria”, ma corrispondono a cicli astronomici e precessionali. Ritornando alle
origini di Shamballah, l’occultista Helena Blavatsky, una dei fondatori della
società teosofica di New York, sorta nel 1875, afferma che Agharti, che lei
chiama la “Loggia Bianca” è sorta sull’isola del Mar dei Gobbi, dove in tempi
remotissimi sarebbero atterrati i “Signori della Fiamma”, semidei provenienti
da Venere, essi avrebbero donato all’uomo, che aveva allora una mente animale,
una mente razionale. Secondo le Upanishad, Sanat Kumara, “il sempre giovane”,
chiamato anche Melquisedek che ricorda per certi versi il clemente “Signore
delle milizie celesti”, che in Cabala si chiama “Metatron”, per i cristiani
l’arcangelo Michele, sarebbe il signore del mondo, il Dio del nostro sistema, o
uomo celeste che tiene in vita il nostro pianeta, è chiamato anche “L’Amico dei
giorni” e vivrebbe in un corpo di energia che non invecchia; con lui sarebbero
arrivati Sanadana, Sanaka e Sanatana ed insieme esprimono la triplice natura
del Logos planetario, in altre parole il Verbo o la Parola, la ragione,
”l’Azione”, il Logos, la Manifestazione di Dio, l’espressione della Vita
Cosmica. Esotericamente Il primo Logos incarna l’aspetto Vita e l’energia della
Volontà o Potere, il secondo Logos incarna l’aspetto Coscienza e l’energia
dell’Amore-Saggezza, il terzo Logos incarna l’aspetto Apparenza e l’energia
dell’intelligenza e dell’adattamento. Il ricercatore Richard L.Thompson,
afferma, che a quei tempi il cielo era navigato da dischi volanti chiamati
“vimana”, quindi vi si poteva viaggiare da un mondo all’altro, come
testimonierebbero anche i dischi di Bayan Kara Ula, pubblicati su riviste russe
da Vinceslav Zaytsev; del resto il fatto che aeronavi rimangano sospese nella
nostra atmosfera sembra possibile, infatti, gli scienziati del centro ricerche
“dell’Avco Everet” negli U.S.A., A.N. Pirri e R.F.Weiss affermano che un fascio
laser, basato su di un campo di tremila megawatt che pulsa a duecentocinquanta
Hertz, può sostenere in cielo un veicolo. Inoltre tra le altre cose in loro
potere, questi esseri semidivini potevano leggere il pensiero, spostare oggetti
con la sola forza della mente e addirittura rendersi invisibili. Thompson
inoltre afferma, che gli scritti vedici, “Purana”, raccontano di
quattrocentomila razze simili all’uomo che risiederebbero in altri mondi.
Alfredo Dissoni, insegnante di religione e scrittore di testi ufologici, fa
notare che più volte, nelle sacre scritture, si accenna ad altri mondi, in
(Cfr. Isaia, 66,22) si legge: “Quando Dio fece i nostri cieli e la nostra terra
di oggi furono inoltre plasmati i nuovi cieli e la nuova terra e i
centonovantaseimila mondi che Dio creò per la sua gloria”. L’antico scritto
orientale, “Idra Sutra”, afferma l’esistenza di “trecentosessanta miriadi di
mondi” e nella Mishnah, vi è un passo apocrifo che dice che Dio concederà ad
ogni giusto trecentodieci mondi, affermazione confermata nei commentari Petirat
Mosheh e nel Qetoret ha-Samim, e ciò può solo rivelare la possibilità che
esistano altri esseri. Nel terzo capitolo del libro di Krsna si narra che sotto
particolari corrispondenze cosmiche, circa 5.000 anni fa, nacque per l’appunto
Krsna, si dice che gli abitanti dei pianeti Gandharva e Kimara si misero a
cantare, e gli esseri di Siddhaloka e i Carapa, dai loro pianeti celesti gli
angeli e le loro compagne, a cui erano unite le Aspara, aprirono le danze; al
cap. 50 a pag. 391 si legge testualmente: “Mucukunda sapeva che ogni sistema
planetario superiore è governato da un deva sovrano. Egli non era dunque
nell’ignoranza come l’uomo d’oggi. Infatti l’uomo d’oggi crede che fra tutti i
pianeti soltanto la Terra sia abitata”. Oltre ai fatti similari descritti nelle
varie culture che questa mia opera mette a confronto, si noterà le somiglianze
di alcuni termini che sembrano indicare la stessa manifestazione, o una
manifestazione ciclica dello stesso Dio, degli stessi Dei, si noti ad esempio:
Krsna - Cristo, Sidhe – Siddhaloka - Sidharta, An – Anu - Danu, Bel – Belial -
Baal, Araham – Abrham, e molti altri ancora. A volte, invece, come avrete
notato anche in questo testo, sono le storie stesse che si assomigliano, come
per esempio nella mitologia greca la conquista del toson d’oro, spece
all’inizio è paragonabile, per certi versi, ai primi capitoli del Libro di
Krsna. Ammettere che le analogie siano solo delle casualità, a mio parere è
improbabile dato il fatto che si ripetono troppo frequentemente; a mio parere,
o sono gli stessi racconti rimaneggiati più volte nel tempo, o sono eventi che
subiscono ripetizioni cicliche, magari proprio sotto l’egida di quel “orologio
cosmico” che è il fenomeno precessionale degli equinozi causato dalle
millenarie forze cosmiche che avvolgono il nostro pianeta. Quanto detto mi
rievoca alcuni versi del cap. CX "Libro dei Morti" egizio in cui una descrizione
conclude: “Io approdo al momento (...) sulla Terra, all'epoca stabilita,
secondo tutti gli scritti della Terra, da quando la Terra è esistita e secondo
quanto ordinato da (...) venerabile”.
9° GIUNSERO “I FIGLI DI DIO” E VOLARONO I
CIELI DELLA TERRA
Esseri provenienti dal cielo, come
vedremmo anche più avanti, li ritroviamo in vari culti e miti antichi e come
disse G.B.Vico, “i miti nascondono sempre qualche verità”. Ad esempio, tra i
testi Manusa dell’India antica, che descrivono fatti realmente accaduti,
abbiamo il "Mahavira", nel quale fra le innumerevoli descrizioni, è
possibile leggere: "Un carro volante trasporta molte persone verso la
capitale Ahyodhya.
Il cielo è pieno di macchine volanti
sorprendenti; nere come l'oscurità, su cui spiccano gialli bagliori". Nel
libro di Krsna al capitolo 49 si legge: “Deciso ad attaccare Mathura, il re
predispose ampie misure. Mobilitò migliaia di carri, elefanti, cavalli e
soldati di fanteria; e con tredici legioni scese in campo e circondò Mathura,
la capitale dei re Yadu, per vendicare la morte di Kamsa. Sri Krishna, nella
parte di un uomo comune, vide la formidabile potenza di Jarasandha, un oceano
di armi e di guerrieri, un oceano sul punto d’inondare tutta una spiaggia, vide
il terrore degli abitanti di Mathura e rifletté sulla Sua missione di avatara
come affrontare questa nuova situazione? Lo scopo della Sua missione era quello
di ridurre il fardello dei popoli, ed ecco giunta l’occasione di affrontare in
una sola volta tanti uomini, carri, elefanti e cavalli. La potenza militare di
Jarasandha si schierava di fronte a Lui in tutta la sua imponenza ed Egli
l’avrebbe annientata senza lasciare ai nemici il tempo di battere in ritirata e
riorganizzarsi.
Mentre Sri Krishna era assorto in questi
pensieri, due carri da guerra, perfettamente equipaggiati di auriga armi
stendardi e altri oggetti bellici, apparvero in cielo e scesero davanti a Lui.
(in realtà quali carri potevano allora discendere dal cielo?) Krishna Si
rivolse allora a Suo fratello Balarama, chiamato anche Sankarsana: “Mio caro
fratello maggiore, Tu sei il migliore degli arya, il Signore dell’universo, e
in particolare degli Yadu che sono ora terrorizzati di fronte all’esercito di
Jarasandha. Prendi posto sul Tuo carro, che è là, ben armato, e proteggili; vai
ad affrontare tutti quei guerrieri nemici e distruggi la loro potenza. Noi
siamo scesi sulla Terra al fine di eliminare questi inutili spiegamenti di
forze militari e proteggere i virtuosi bhakta. Ecco l’occasione di adempiere la
Nostra missione. Andiamo dunque!” Così, Krishna e Balarama, discendenti di
Dasarha, il re di Gadadha, decisero di annientare le tredici legioni di
Jarasandha.
Krishna salì sul carro condotto da
Daruka, e al suono delle conchiglie (in realtà cosa si intendeva per suono
delle conchiglie?) uscì dalla città seguito da un piccolo esercito.
Stranamente, benché il nemico fosse di molto superiore per numero e armamenti,
quando il suono della conchiglia di Krishna giunse alle orecchie dei guerrieri
di Jarasandha, il loro cuore tremò. Scorgendo Krishna e Balarama, Jarasandha fu
preso da un sentimento di compassione perché quei due fratelli, in fondo, erano
suoi nipoti; poi, rivolgendosi a Krishna, Lo chiamò Purusadhama, il più vile
tra gli uomini, mentre le scritture vediche glorificano Krishna come
Purusottama, il più elevato tra gli uomini: Jarasandha non intendeva certo
chiamare Krishna Purusottama, ma grandi eruditi hanno messo in luce il vero
significato del termine Purusadhama: “Colui che con la sua presenza fa
scomparire ogni altra personalità”. In realtà, nessuno può uguagliare o
superare Dio, la Persona Suprema” più avanti si legge: “ Gli abitanti dei
pianeti celesti, al colmo della gioia, offrirono i loro rispetti al Signore
cantando le Sue glorie e lasciando cadere su di Lui piogge di fiori; mostrarono
così la loro ammirazione per la Sua vittoria” e ancora: “Krishna impugnò il Suo
arco, Sarnga. Sfilando una dopo l’altra le frecce dalla faretra, Egli tendeva
l’arco e le scoccava contro il nemico con una mira così precisa che gli
elefanti, i cavalli e i soldati di Jarasandha passarono ben presto al regno
della morte. Quell’incessante pioggia di frecce pareva un turbine di fuoco che
distruggeva tutte le armate di Jarasandha. Gli elefanti stramazzavano al suolo
decapitati dalle frecce di Krishna, i cavalli crollavano travolgendo carri,
stendardi e guerrieri, mentre la
fanteria giaceva a terra, testa mani e
gambe mozzate…“. Un antico testo tibetano narra: “Bhima volò via con il suo
carro radioso come il sole e fragoroso come il tuono…..il carro volante
splendeva come una fiamma nel cielo di una notte d’estate….avanzava
maestosamente come una cometa…..era come se brillassero due soli. Quindi il
carro saliva e tutto il cielo si illuminava”. Anche l’Odissea di Omero ci
propone alcune curiosità, Omero nacque a Chio o a Smirne e visse nell'VIII sec.
a. C.; sulla vita di Omero le antiche fonti ci hanno lasciato numerose leggende
che gli attribuiscono, oltre i due grandi poemi, anche una serie di poemi detti
"Ciclici". Nel V sec. a. C venne scritta una biografia, attribuita ad
Erodoto. Nell’Odissea di Omero, lungi da essere fantasia, come si sosteneva,
dato che l’opera si è rivelata essere una realtà, con la scoperta archeologica
dei resti di Troia, Ulisse viene più volte soccorso dagli dei attraverso Atena
e l’alato Ermete che lo aiutano a neutralizzare gli incantesimi come quello
della ninfa Calipso: il dio alato annuncia infatti alla ninfa la decisione
degli dei di ridare la libertà a Ulisse. Giunto presso i Feaci e poi nel paese
dei Ciclopi, tocca finalmente le rive di Itaca e teme di non riuscire a vincere
i numerosi avversari, è ancora una volta aiutato da Atena. Nell’Odissea
tradotta da Ippolito Pindemonte si leggono ambigui versi che possono essere
interpretati sotto un’altra ottica: “ Gli sorse incontro co' suoi monti ombrosi
L'isola de' Feaci, a cui la strada Conducealo più corta, e che apparìa Quasi
uno scudo alle fosche onde sopra. Sin dai monti di Solima lo scôrse Veleggiar
per le salse onde tranquille Il possente Nettun, che ritornava Dall'Etïopia…”,
più avanti si legge “Molte allor de' Feaci in mar famosi Fur le alterne parole.
“Ahi! chi nel mare Legò la nave che vêr noi solcava L'acque di volo, che
apparìa già tutta”? Così, gli occhi volgendo al suo vicino, Favellava talun: ma
rimanea La cagion del portento a tutti ignota…”:altri versi narramo: “Dimmi il tuo suol, le genti e la cittade, Sì
che la nave d'intelletto piena Prenda la mira, e vi ti porti. I legni Della
Feacia di nocchier mestieri Non han, né di timon: mente hanno, e tutti Sanno i
disegni di chi stavvi sopra. Conoscon le cittadi e i pingui campi, E senza tema
di ruina o storpio, Rapidissimi varcano, e di folta Nebbia coverti, le marine
spume”, atri ancora raccontano: “Ma la fanciulla il piede alla secreta Movea
sua stanza: e raccendeale il foco Eurimedusa, una sua vecchia fante, Nata in
Epiro, e su le negre navi Condotta, e al prode Alcinoo offerta in dono Perché
ai Feaci ei comandava, e lui, Qual se un dio favellasse, udìan le genti. Costei
Nausica dal braccio di neve Rallevò nel palagio, ed ora il foco Raccendeale, e
mettea la cena in punto.” i Feaci erano in grado di trasportare Ulisse dalla
loro terra fino a Itaca, in Grecia e fare ritorno a Corfù nello stesso giorno,
e ciò come potevano farlo? Fatti simili si riscontrano anche nel testo di
Krsna, cap. 52 pag.410, dove il dio per rapire Rukmini, parte dal regno di
Dvaraka nell’India occidentale per raggiungere a nord il regno di Vidarbha,
percorrendo 1.600 chilometri in 12 ore, e lo fa con un carro trainato da 4
cavalli: uno di colore verde chiamato “Saivya”, uno con il riflesso del
ghiaccio chiamato “Sorgiva”, uno con il color di una nuvola nuova chiamato
“Meghapuspa” e uno color cenere chiamato “Balahaka”. Gli stessi viaggi li
faceva il carro di Horo sapaenshu dall’egitto a Saba. Nel papiro di Ani, una
versione del Libro egizio dei morti di Hunefer custodito nel Britisch Museum
che racconta di strani avvenimenti, al capitolo LXXVII si legge: "io volo
via e poi atterro (stando) dentro il falco; il suo dorso misura sette cubiti
(3,7 metri), le sue due ali sono come di feldspato verde. lo esco dalla
nave-sektet, il mio cuore va sulla montagna orientale. Probabilmente sono
sempre le stesse interpretazioni date ad “areonavi” simili, citate anche nel
Libro dei Re (Cap.2:11,12), dove si legge: “Ora, mentre essi camminavano
discorrendo, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra di
loro ed Elia salì in cielo nel turbine”, i probabili nostri argentei ufo degli
avvistamenti . I sacerdoti delle antiche civiltà mesopotamiche affermarono che
la loro conoscenza, fu insegnata agli uomini da angeli discesi dal cielo. Nella
Bibbia si accenna più volte ad esseri semi divini chiamati angeli, che oggi si
potrebbero chiamare in tutt’altro modo, già nel 1950 l’astronomo Morris Jessup
lo fece notare, scrisse addirittura un libro: “La Bibbia e gli UFO”, quest’idea
poi fu ripresa da altri studiosi e ricercatori. Nella mia ricerca personale, ho
notato varie, e interessanti descrizioni sulla figura degli ’”Angeli”.
Nell’Apocalisse, Giovanni descrive gli angeli simili agli uomini, vestiti con
lunghi abiti di lino puro, splendente e cinti al petto di cinture d’oro,
Apocalisse (15, 6), descrive l’angelo messaggero, Apocalisse (1, 13, 14,16),
con i capelli della testa candidi, simili a lana candida come la neve, gli
occhi fiammeggianti come fuoco, i piedi con l’aspetto del bronzo splendente
purificato nel crogiuolo, e il suo volto paragonato al sole quando splende in
tutta la sua forza. Una cosa interessante è che nell’Apocalisse questi si
ritengono solo servitori di Dio, nell’Apocalisse (22, 8, 9) si legge: Sono io
Giovanni, che ho visto e udito queste cose. Udite e vedute che le ebbi, mi
prostrai in adorazione ai piedi dell’Angelo che me le aveva mostrate. Ma egli
mi disse:” Guardati dal farlo! Io sono un servo di Dio come te e i tuoi
fratelli, i profeti, e come coloro che custodiscono le parole di questo libro.
E Dio che devi adorare”. Nel Nuovo Testamento (Matteo 28: 3,4), anche l’angelo
che apparve sulla tomba di Gesù aveva l’aspetto come folgore e la veste bianca
come la neve; se andiamo poi a reinterpretare altri scritti come le visioni di
Daniele ed Ezechiele, 584 a. C., vissuti durante la cattività babilonese,
diventa facile supporre molteplici e possibili contatti con questi esseri,
Daniele guardando nella visione notturna “Vede venire sulle nubi del cielo uno,
simile a un figlio d’uomo” e scrive: “E il ventiquattresimo giorno del primo
mese…alzavo gli occhi e vedevo…un certo uomo vestito di lino, con i fianchi
cinti di oro di Ufaz. E il suo corpo era simile al crisolito e la sua faccia
simile all’aspetto del lampo e i suoi occhi simili a torce infuocate, e le sue
braccia e il luogo dei piedi erano simili alla visione del rame
forbito…”(Daniele10-6). In Ezechiele si legge: “Nel trentesimo anno, al quinto
giorno del quarto mese, mentre mi trovavo tra gli Esiliati sulle rive del fiume
Kebar, il cielo si aprì e vidi quindi levarsi un possente vento proveniente da
Nord, accompagnato da una grande nube e da una grande massa di fuoco: un
abbacinante bagliore la circondava, in mezzo alla massa di fuoco pareva di
intravedere del rame” , poi Ezechiele parla di quattro corpi, ognuno con
quattro volti e quattro ali e dei piedi come il "rame lucido",
(notare qui la somiglianza con la visione di Giovanni nell’Apocalisse), di
ruote che si muovevano e di una figura, e scrive: “E al di sopra della volta
posta sulle loro teste, si scorgeva una specie di trono brillante come uno zaffiro,
sul quale sedeva un essere simile ad un uomo: la sua figura emanava una grande
luminosità, simile all'arcobaleno dopo il temporale; sentivo di trovarmi al
cospetto della gloria del Signore, mi buttai quindi al suolo; e qualcuno prese
a rivolgermi le seguenti parole: "Alzati, figlio dell'Uomo, perché io
possa parlarti". Come sentii questa voce, la vita ritornò in me”.
Ezechiele scrisse anche inequivocabilmente nel suo testo: "Essi
sfavillavano come un globo di rame terso" 1: 7)…( "le loro ali erano
unite l'una all'altra" 1: 9)…(
"Sopra le teste degli animali c'era come una volta celeste con lo
splendore del cristallo" 1:22)…( "Quando si muovevano io udivo il
rumore delle loro ali simile al rumore di acque impetuose ... quando si
fermavano le ali si abbassavano" 1: 24). "C'era un rumore sopra la
cupola che era sopra le loro teste" 1:25)… (“Tra quegli esseri si vedevano
come carboni ardenti simili a torce che si muovevano in mezzo a loro. Il fuoco
risplendeva e dal fuoco si sprigionavano bagliori” 1:13)…(“Gli esseri andavano
e venivano come un baleno”1:14)…(“Io guardavo quegli esseri ed ecco sul terreno
una ruota a loro fianco, di tutti e quattro”1:15)...("Le ruote avevano
l’aspetto e la struttura come topazio e tutt'e quattro la medesima forma, il
loro aspetto e la loro struttura era come di ruota in mezzo ad un’altra ruota”
1:16)…(“La loro circonferenza era assai grande e i cerchi di tutt’e quattro
erano pieni d’occhi tutt’intorno" 1:18)...(“Guardai, ed ecco sul
firmamento, che era sopra le teste dei Cherubini, si vedeva qualcosa simile a
pietra di zaffiro, che all'aspetto aveva forma di toro. Disse all'uomo vestito di lino: «Entra fra le
ruote, sotto i Cherubini, e riempi il cavo delle mani di carboni ardenti in
mezzo ai Cherubini e spargili sulla città». Sotto i miei occhi, quegli entrò”
10:1-2)…(“lo sentii che le ruote venivano chiamate “Turbine” 10:13). Già nel libro di Giobbe, più antico dei testi
giudaici al capitolo XXXVIII Dio parlava dal centro di un “turbine”, cosa che
più tardi imitata dalla Genesi. In merito al termine “Turbine” ho letto che è
la traduzione incerta del termine “Galgal” che potrebbe significare anche
Carro. Del termine Ghilgal, nel libro dei Giudici 2,1 si legge: “Ora l’angelo di Yawe salì da
Ghilgal a Bochin”, e qui Ghilgal assume anche il significato di esilio,
allontanamento, passaggio da una dimensione all’altra. R. Steiner nel “I
profeti di Dio” pag. 49, dice che è il rotare, il passare e vivere dell’anima
entro un corpo fisico, il suo passare da un corpo fisico all’altro, infatti, non
a caso quando si parla di alfabeto ebraico, c'è un termine ebraico similare
“ghilgul” che significa reincarnazione e ha lo stesso contenuto di ghilgal, “il
passare da una parte all’altra”. Galgal identifica anche la ruota celeste con i
suoi 12 dei 36 Preposti del Drago “Teli”, che nel Corpus Hermeticum, si
identificano nei “Vigili Custodi” dell’universo, identificabili nei 36 decani
egizi e nei decani zodiacali greci. Le ruote sono state identificate nella
“classificazione angelica moderna”, degli esoterici come Alice Baley, con i
Troni, “Il Verbo Manifesto”, quegli Angeli che portano la giustizia di Dio e
che in Kabbalah vengono chiamati Merkabah, Trono di Dio, o Carri trionfali.
Notate adesso, il confronto che ho riscontrato con alcuni versi dell’antichissimo
testo tibetano (Le Stanze di Dzyan, § V, vers.1-7), così tradotte: (“I primi
Sette Aliti del Drago di Sapienza producono a loro volta, dai Santi Aliti
Roteanti, l’Igneo Turbine. Essi fanno di lui il Messaggero della loro
Volontà”)…(“ il Rapido Figlio dei Figli Divini, i cui figli sono i Lipika,
corre incombenze circolari” )…(“ egli passa come un fulmine attraverso le ignee
nubi; egli fa tre e cinque e sette passi attraverso le sette Regioni di sopra e
le sette di sotto. Egli alza la sua Voce e chiama le innumerevoli scintille e
le unisce insieme. Egli è lo Spirito che le guida e le dirige. Quando comincia
a lavorare ei separa le Scintille del Regno Inferiore che ondeggiano e fremono
di gioia nelle loro dimore raggianti, e ne forma i Germi delle Ruote. Egli
colloca nelle Sei Direzioni dello Spazio ed Una nel mezzo – la Ruota centrale.
Fohat traccia linee spirali per unire la Sesta alla Settima – la Corona. Un
Esercito di Figli della Luce sta ad ogni angolo; i Lipika nella Ruota Mediana.
Essi dicono: << Questo è buono>>. Il Primo Mondo Divino è pronto;
il Primo, il Secondo”)…(“ Le ruote invigilano il Cerchio”). I versi di questo
testo, presentano stupefacenti analogie con molti altri testi, vedi i viaggi di
Enoch e Baruk, con leggende celtiche, maya, ecc. Ad esempio nel cantico
messianico di Abacuc che parla del Cristo che doveva venire si trovano
frammenti che potrebbero essere interpretati sotto una diversa ottica, egli
dice: “Innalzati sopra i cieli, o Dio, e su tutta la terra con la tua gloria”…”
Il suo splendore è come la luce”…”Vi sono bagliori nelle sue mani”…”Salirai sui
tuoi cavalli e la tua cavalcata è salvezza”…” Tu che effondi le acque nel tuo
cammino”…”Nel balenare dello splendore delle tue armi”…”Hai lanciato nel mare i
tuoi cavalli che agitavano molte acque”. Diviene facile pensare agli
avvistamenti ufo, alla luce di questi versi, che con un’arcaica terminologia
descrivono, apparizioni allucinanti di “esseri cosmici, figli della luce”,
angeli con i loro compiti ben definiti. Nelle ricerche e rappresentazioni
demonologiche ci si possono ricollegare le apparizioni, di Belial per esempio,
che come si legge in uno dei rotoli di Qumram, 11QMelc, portò all’assassinio
del sacerdote Melchisedec, si manifesterebbe come un angelo bellissimo sopra un
carro di fuoco. Lo stesso Satana, il Drago Rosso, simile al demone pagano Pan,
“il dio caprino dei Satiri cioè i “pieni” legati nel VI a. C. con Dionisio”, o
meglio il suo nome da serafino, Lucifero, dal latino Lux infer “portatore di
luce”, si manifesterebbe come un uomo bellissimo, capelli neri e tunica bianca,
inoltre, come affermano i testi sacri, avrebbe la facoltà di apparire come uno
lo immagina, in realtà sarebbe un essere putrido simile a un caprone, una
concezione allegorica legata forse a qualche antico rituale di sacrificio
risalente all’epoca precessionale dell’Ariete, probabilmente al mito greco di
Pan che era così rappresentato nella sua qualità androgina di “Satiros” o
meglio “Seth Aries” da cui deriverebbe per l’appunto la forma caprina. Nel Libro
dei Re (Cap.2:11,12) come abbiamo visto prima si legge: “Ora, mentre essi
camminavano discorrendo, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si
interposero fra di loro ed Elia salì in cielo nel turbine. Eliseo osservava e
gridava: «Padre mio, padre mio; carro di Israele e suoi cavalli!». Quando non
lo vide più, afferrò le proprie vesti e le stracciò in due pezzi”. In
(Esodo,19,9) Yahweh afferma: “Ecco, io sto per venire verso di te in una densa
nube”, poi si legge: “Al terzo giorno, sul far del mattino, ci furono tuoni,
lampi, una nube densa sul monte Sinai ed un suono fortissimo di tromba. Tutto
il popolo fu scosso dal terrore. Il monte Sinai era tutto fumante” (Esodo, 19,
16-17). Come gli antichi irlandesi “I Thuata Dè Danann arrivarono in Irlanda
dal cielo avvolti in una nebbia”, come Enoch viaggiava su una “nube” attraverso
i sette cieli, portato dagli angeli, o come il dio celtico Taranis, simile a
Giove per l’analogia del tuono il cui simbolo era la ruota, o Teutates analogo
a Marte, divinità che guidavano e proteggevano le tribù in guerra, anche Yahweh
viaggiava spesso in una nube sopra gli ebrei per proteggerli e guidarli nelle
loro battaglie (Esodo 13, 21, 10-34-14). Sull’intraprendente personaggio
“alchemico” di Maria Egiziaca, sorella di Mosè, contro la quale “divampò l’ira
di Yahweh; la nuvola si ritirò di sopra la sua tenda ed ecco, Maria coperta di
lebbra come neve” (Nu. 12, 9), “forse la bambagia degli odierni avvistamenti”.
In un’antica moneta Cananea del IV secolo a. C., appare la scritta Yahu cioè
Yahweh, ed è rappresentato in effige un vecchio dio barbuto su di un trono
simile ad una ruota volante. In questi fatti, come si può notare, la
somiglianza con gli “effetti” degli odierni avvistamenti UFO è alquanto
sconcertante. L’effige rappresentativa di Yahweh sulla moneta citata, può
ricordarci anche la descrizione di quella razza bianca di uomini barbuti che
appare straordinariamente, anche nei miti delle civiltà precolombiane vedi: il
tolteco Quetzalecoatl, “il Serpente Piumato”, il maya Cuculcan, Gucumatz, il
dio lucertola Itzamana, Viracocha, Pacal Votan, “cioè colui che appartiene alla
stirpe dei serpenti”; in altre parole i famosi “bianchi venuti dalle stelle”.
Raffigurazioni simili alle rappresentazioni
di Aura Mazda, come si evince anche dalle affermazioni dello storico
Erodoto di Alicarnasso, che lo assimila alle raffigurazioni degli dei vedici,
vedi Veruna “l’Urano greco”, una delle tante divinità, assieme a Mithra (il
sole), Mah (la luna), Atar (il fuoco), Apam Napat (l’acqua), Vaju (il vento),
Ardvi Sura Anahita (la pioggia), a quanto pare “uno degli Elohim simile a
Yahweh”. Infatti, nei Rig. Veda X 168 leggiamo di Vayu o Vata: “Correndo sulle
vie d’aria, egli non riposa alcun giorno. Amico delle Acque, del primo nato,
del beato (Agni) in cui la preghiera nacque, d’onde venne egli al mondo? Animo
degli dei, germe del mondo, dio che girovaga come gli pare. Si fa sentire col
suono, ma la sua forma non è vista. A questo Vata noi dedicheremo la nostra
devota oblazione”. Per comprendere meglio su cosa volava Vata, un altro verso
dei Rig. Veda dice chiaramente: “L’aereo di Vata era enorme! Creando mulinelli
di polvere, si alzava nell’aria emettendo un fragoroso rumore. Volando nel
cielo emetteva una scia di fumo e un accecante sfolgorio rossastro”. Si
manifestava proprio ciò che accadeva con le nuvole di Yahweh. Descrizioni
similari le ritroviamo, come vedremmo, anche in altri antichi testi, per
esempio nel Libro etiopico di Enoch scritto in ge’ez, abbiamo queste
descrizioni degli antichi esseri, nella piena manifestazione dei loro poteri:
"Essi camminano su lingue di fuoco, sono vestiti di bianco e il loro volto
brilla come il cristallo”, e ancora: "Io Enoch stavo benedicendo il
Signore, quando gli angeli mi chiamarono e mi presero. E mi portarono in un
mondo i cui abitanti erano come fuoco fiammeggiante e, quando lo desideravano,
apparivano come uomini". Nel Libro dei Vigilanti (XVII,1), si legge la
stessa versione: “Mi portarono in un luogo dove (quelli che c’erano) erano come
fiamma ardente e quando volevano, apparivano sotto sembianze umane”. Nel primo
capitolo del libro dei segreti, così Enoch descrive chiaramente questi esseri: “In quel tempo,
disse Enoc, quando ebbi compiuto 365 anni, nel primo mese, nel giorno solenne
del primo mese, ero solo nella mia casa: piangevo e mi affliggevo con i miei
occhi. Mentre riposavo nel mio letto dormendo, mi apparvero due uomini
grandissimi come mai ne avevo visti sulla terra. Il loro viso (era) come sole
che luce, i loro occhi come lampade ardenti, dalle loro bocche usciva un fuoco,
i loro vestiti una diffusione di piume, e le loro braccia come ali d'oro, al
capezzale del mio letto. Mi chiamarono col mio nome. Io mi levai dal mio sonno
e gli uomini stavano presso di me realmente. Io mi affrettai, mi alzai e mi
inchinai loro ; il mio viso si coprì di brina per il terrore. Gli uomini mi
dissero: "Coraggio, Enoc, non avere paura. Il Signore eterno ci ha mandati
da te ed ecco, tu oggi sali con noi al cielo. Dì ai tuoi figli e alle genti
della tua casa tutto quello che faranno sulla terra e che nella tua casa
nessuno ti cerchi, finché il Signore ti abbia fatto ritornare da
loro". Obbedii loro e andai.
Chiamai i miei figli Matusalemme e Rigim e raccontai loro tutto ciò che i due
uomini mi avevano detto”.
Nel misticismo ebraico della Merkabah,
del “Carro Celeste”, o “Trono di Dio”, descritto da Ezechiele, questi esseri
vengono chiamati le: “Hayot ésc memallelòd”, cioè le “Creature di fuoco
parlanti”, o gli “Ittim hashoth ve-“ittim memallelòd”, cioè “Coloro che a volte
tacevano e a volte parlavano”, la “classificazione angelica moderna li
definisce Troni, o ruote” e sarebbero i portatori della giustizia di Dio,
“forse coloro che risvegliano il nostro inattivo campo magnetico,
“illuminandoci”, risvegliando quell’energia che gli orientali chiamano Vril,
“il serpente addormentato” che è in noi; del resto è risaputo che usiamo solo
il 10% della nostra potenzialità mentale. Questi Esseri possono solo essere
identificati come coloro che sono una superiore manifestazione del Logos”, o
meglio “di ragione”; quei Serafini, cioè “ardenti”, oggi rietichettati “Alieni
parafisici”. Oggi si sa che esiste “vita microbica” anche a 130° centigradi,
quindi è provato che la vita esiste anche ad alta temperatura, anzi si potrebbe
pensare ad un suo manifestarsi come energia pura, per l’appunto quei stessi
“Corpi di Luce” che sono anche noti come i “Corpi di Gloria cristiani”. Tutto
ciò motiverebbe anche le molte apparizioni di alcune tipologie aliene, o
“fantasmi”, etimologicamente quelle “entità che si mostrano, o quelle presenze
che si manifestano”, lungi da essere materici, ossia, al contrario dotati di
una duplice natura, o capacità di movimento ultra dimensionali. Nello Zand
Avesta Zoorastriano sta scritto: “L’incarnazione distingue l’uomo dagli Dei
spirituali, poiché questi sono Signori, ma non incarnati”; nell’Avesta l’uomo
simboleggia il microcosmo fatto a immagine del dio figlio di Zurvan, “Dio del
Fato”, il primo Creatore di tutte le
cose, ed è per questo che ogni parte dell’uomo corrisponde alla conformità
dell’universo. Zoroastriani e zurvaniti credono alla razza dei daeva ossia i
“Vigilanti” giunti intorno al 9.600 a. C. ad Airyana Vajah, “il Paradiso”.
Chissà se è vero, come teorizzano alcuni, che sono questi gli esseri, con il
potere della “trasfigurazione” e servi di Dio, che ci fecero a loro
somiglianza, come si legge nella Genesi, in plurale (1,26): Poi Iddio disse
"Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra
somiglianza...". Nel libro apocrifo dei Giubilei dettato “dall’Angelo
della Faccia” a Mosè se ne parla espressamente, affermando che tra le opere di
Dio del primo giorno della creazione ci furono anche gli Spiriti e gli Angeli.
Leggiamo, per l’appunto, dell’“Angelus Faciei”, cioè l’Angelo che era sempre
accanto al Signore, che spiegò a Mosè il patriarca nato in Egitto, il processo
della creazione, infatti nel testo apocrifo dei Giubilei o “Piccola genesi” si
legge:” Nel primo giorno creò i cieli che sono in alto, la terra, le acque e
ogni spirito che serviva al Suo cospetto, gli "angeli faciei", gli
angeli della santità, gli angeli dello spirito del fuoco e quelli dello spirito
del vento, delle nuvole per la tenebra, la grandine e la neve; gli angeli degli
abissi, dei tuoni e dei fulmini; gli angeli degli spiriti del gelo, del forte
calore, della stagione delle piogge, della primavera, dell’estate e
dell’autunno, e gli angeli di tutti gli spiriti riuniti che sono in cielo, in
terra e in tutti gli abissi, nella tenebra, nella luce, nell’alba e nella sera,
i quali Egli preparò con la sapienza del Suo cuore”. Anche nel testo di Giobbe
38:7, un testo più antico di qualsiasi libro giudaico, si afferma che gli
angeli esistevano prima della creazione dell’uomo, perché quando furono gettate
le fondamenta della terra: “Le stelle del mattino cantavan…. e tutti i figli di
Dio davan in gridi di giubilo”, probabilmente sono quegli stessi angeli che la
dottrina esoterica segreta vede portatori del seme che risveglia, portatori
dello “Spirito Santo”, della supercoscienza che illumina lungo il percorso che
gli esoterici chiamato “Omeopatia Karmica”, ossia illuminare l’individuo
attraverso l’esperienza con piccole dosi di quello che chiamiamo “male”.
Ritornando ad Agarthi, secondo la tradizione braminica del Mahabarata,
“Paradesha”, (in sanscrito Paese supremo, da cui Paradiso, l’ebraico Pardès, la
terra estrema, Il “Giardino di Giustizia” di Enoch, l’iperborea greca o
Paràdeisos, la terra del nord cioè lo “spazio recintato”, dalla radice
persiana, pairi, “attorno” e daeza, “muro”) è denominata dai miti, il regno
dell’”Età dell’Oro”, “probabilmente lo
stesso regno che gli egizi chiamavano “Tep zepi”, regno in cui avrebbe
governato Atum Rà, o Osiride e che secondo I Testi delle Piramidi rinvenuti nella
tomba dei faraoni Unas, Teti, Pepi I, Merenre, Pepi II, Kakare, Ibi ecc. fu
colui che avrebbe inizialmente dato vita a “Gli Inerti” nel Oceano Primordiale;
fu sempre Atum-Rà figlio di Ptah “il corpo”, che apparse al re di Menfi sul suo
carro celeste e gli impose di annoverare l’anniversario del suo regno per “sei
volte centomila anni”, la stessa figura divina che in Grecia prende il nome di
Hephaistos colui che si fuse con Sokaris il dio dei morti rappresentato con la
testa di falco. L’Età dell’Oro assieme alle Età dell’Argento, del Bronzo e del
Ferro, l’attuale era, sono paragonabili, sempre nella tradizione indiana, al
ciclo completo di Maha Yuga 12000 anni, cioè l’insieme del Krita Yuga di 4800
anni, il Treta Yuga di 3600 anni, il Dvapara Yuga di 2400 anni e l’attuale Kali
Yuga di 1200 anni. Invece Secondo il calendario Maya, l’Età dell’Oro è
l’attuale ed è la quinta dopo le ere dell’Acqua, dell’Aria, del Fuoco e della
Terra, essa sarebbe governata dal dio Quetzalcoatl e terminerebbe, come ho già
detto, nel 2012. L’antica Età dell’oro probabilmente era l’Atlantide primitiva,
impregnata di sapienza, purezza e benessere, forse quella terra dove regnava la
“Primavera Eterna” dei longevi “Iperborei”, Protoari o “Uomini Trasparenti”,
dove la terra produceva da sé, citata da Ovidio, Virgiglio, Esiodo, Erodoto e
Diodoro Siculo, quest’ultimo tra l’altro racconta una strana storia che vede
una regina delle Amazzoni alleata con Horus e in lotta contro gli Atlantidi.
Sono probabilmente quegli stessi abitanti di Agarthi, chiamati anche “Maestri
Sconosciuti”, che avrebbero avuto origine dall’antichissimo continente di
Gondwana che secondo i Geologi includeva un tempo anche Africa, Arabia, India,
Ceylon, Australia, Nuova Zelanda e Sud America. Alla fine del Giurassico questo
continente che non conosceva stagioni iniziò a smembrarsi, e durante il
Terziario (circa 20 milioni di anni fa), circa l’era dell’arrivo dei Kumaras,
I'Antartide si sarebbe distaccata completamente dall'America Meridionale.
Questa catastrofe per alcuni avrebbe origine dallo spostamento dell’asse
terrestre dovuto alla caduta di una luna, o di un corpo celeste sulla terra,
che nel suo percorso orbitale avrebbe disegnato una spirale, che l’avrebbe
portata a disintegrarsi in prossimità della terra. A prova di ciò, ci sarebbero
i disegni a spirale trovati in modo sparso nelle più antiche costruzioni e
sulle rocce delle caverne, che potrebbero simboleggiare altri concetti, ma che
a dire di alcuni studiosi, trasmetterebbero quest’antico monito di pericolo,
riscontrabile, come abbiamo visto, anche negli antichi testi sacri come
l’Apocalisse, un monito che anticiperebbe una catastrofe che potrebbe ancora
ripetersi, dato che abbiamo ancora un satellite lunare e numerose comete che
circolano in prossimità del nostro pianeta. Dopo che Gondwana scomparì, a causa
di questa catastrofe da loro prevista misurando le maree attraverso il
“Candelabro delle Ande”, questi per salvarsi si sarebbero ritirati in vaste
gallerie sotterranee che illuminarono con una “luce” che farebbe perfino
germogliare i semi. Una similare e antica tradizione persiana parla di Rustam
simile al greco Eracle, o Senmurv, il catastrofico uccello primordiale che
provocò una glaciazione che costrinse l’umanità s a ripararsi in una caverna
sigillata, miti che nella tradizione araba vennero raccolti in un testo di
favole noto con il nome “Mille e una notte”. Molte culture citano l’esistenza
di una civiltà sotterranea meta di un “Paradiso Terrestre”, relazionato oltre
che agli umani, a dei e a semidei: per i mesopotamici era la Terra di Asar, per
i tibetani era Erdemi, per i celti era la Terra dei Misteri di Dananda, per i
cinesi era la Terra di Chivin “Città dei Dodici Serpenti”, per i germani era il
Valhalla, per i persiani Aryana Vaejah, “la distesa Iraniana” e Alberdi, per
gli egizi era l’Amenti, per i parsi Eranvej. Era la Città dei Sette Re di Edom,
era l’Eden, la Colchide, Avalon, Asgard, che nella mitologia vichinga è il
“recinto dei celesti”, quegli dei che sconfissero la razza dei giganti. Era la
Città dei Sette Petali di Visnu, per l’appunto Shamballah, l’inviolabile
capitale di Agarthi che esisterebbe simultaneamente sia sul piano fisico che
mistico, i cui inaccessibili ingressi si troverebbero in India, Nepal, Borneo e
nella Comunità degli Stati Indipendenti. A provare l’esistenza di queste città,
oltre alle antiche città di: Marajiò, Ugarit, Tiahunaco, i ritrovamenti del
Cigeo, Bimini, Yonaguni ed altri ancora, che forse un tempo fecero parte di
questo regno, ci sarebbero le misteriose e numerose gallerie ritrovate in Asia,
Africa, Malta, America meridionale, Haway, le grotte in Azerbaigyan di “Son et
Lumières”, le grotte di Quinghai in Cina, ai piedi del monte Baigong con i
misteriosi tubi che escono in superficie, chiamati dalla gente locale “i
relitti degli extraterrestri”, i chilometri di grotte sotterranee in Kurdistan,
e il tunnel Lima Cuzco, dove si racconta, che nel tunnel, già conosciuto dagli
Inca, ci sarebbe una tomba reale inaccessibile per la pericolosità dei
trabocchetti. Il ricercatore e studioso polacco Ferdinand Ossendowski, in
“Bestie, Uomini, Dei”, 1923, riguardo ad Agarthi, riporta le parole di un lama
mongolo secondo il quale il regno fu fondato dal primo Guru intorno al 380.000
a.C., e divenne sotterraneo per sfuggire al male, con il nome di Agharti,
“l’inaccessibile”, più di seimila anni fa, all’inizio del Kali Yuga della
tradizione indù, cioè “l’Età Nera”, il periodo in cui viviamo. Questo regno che
si ramificherebbe in tutto il mondo sarebbe introvabile per coloro che non sono
Arhat, “Illuminati”; forse consapevole di tutto ciò S. Paolo scrisse: “Nel nome
di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra”
(Filippesi 2, 10-11).. La capitale Shamballah, sarebbe la mitica “Città di
Smeraldo” nominata dai viaggiatori medioevali e ricercata invano da Sven Hedin
i cui viaggi sono descritti in “Im Herzen von Asien”, 1902. Il cuore del regno
risiederebbe sotto l’Asia e sarebbe centro spirituale e meta di forze di
energia che dallo Zed centrale, (un’antenna), condizionerebbero tutta la
superficie del pianeta, esso sarebbe governato come ho già detto, da una
potente triade, il Brahatma, (colui che ha il potere di parlare con Dio) ovvero
il Chakravarti, (il re del mondo), che regnerebbe assieme al Mahatma, (colui
che conosce il futuro) e al Mahanga, (colui che procura le cause per gli
eventi), per il periodo di un Manvatara, una delle quattordici ere da cui è
composto un ciclo cosmico. Ora saremmo nell’era del “Cinghiale Bianco” e
Vaivaswata, figura analoga al “Khidr”, l’uomo verde dei nomadi, al egizio Mina
o Menes, al Menw celtico, al Minos greco, al Metraton cabalico e al cristiano
Arcangelo Michele; sarebbe il settimo e attuale re del mondo e farebbe sì che
la storia segua un preciso andamento secondo un piano divino. Egli, infatti,
potrebbe mettersi in comunione di pensiero con i precedenti re e con tutte le
menti degli uomini, controllandone l’agire, favorendo o fermando ogni
iniziativa, che non coincide sempre e necessariamente con i nostri canoni di
valutazione; su questo punto voglio ricordare che secondo gli studiosi Gilbert
e Cotterell esistono connessioni tra il campo magnetico astrale e il carattere
umano che ne verrebbe per l’appunto condizionato. L’ultima apparizione del
Vaivaswata sulla terra sarebbe avvenuta nel 1923 in India e in Siam, dove sarebbe
apparso benedicendo la folla, assiso in un trono sopra un carro d’oro, trainato
da elefanti bianchi. Sarebbe apparso reggendo in mano una mela d’oro sormontata
da un anello con inciso l’emblema ariano della svastica, che si ritiene
rappresenti il sole rotante. Vi si dice, che il Re del Mondo si serva di “Goro
e Pandita”, gerarchie celesti provenienti dalle stelle, per alcuni versi simili
alle creature della mitologia indhù e greca. Gli studiosi Saint Yves d’Alveydre
e Jaques Weiss sostengono che oltre al sovrano vi sarebbero per l’appunto:
5.000 Pundit (sapienti), 365 Bagwanda (ministri del culto) e 12 Membri Supremi
che sovrintendono alla vita pubblica. Le biblioteche, che si trovano nelle
gallerie più profonde, sarebbero inaccessibili ai profani, e custodiscono tutte
le verità delle arti e delle scienze. Ad Agarthi sarebbero conservati anche
studi sulle energie della natura, sulla matematica e sulla chimica, studi ai
quali si erano già dedicati gli antichi abitanti di Gondwana, forse gli stessi
atlantidei di Nettuno che sfuggiti al Diluvio s’inoltrarono nelle terre di
Wotan, fino stabilirsi nel mondo sotterraneo del deserto del Gobbi e nelle
americhe dove realizzarono il noto “Candelabro delle Ande”, forse per prevenire
le catastrofi diluviane future. Un altro ricercatore, l’ufficiale brittanico
James Curchward che fu in India nel 1868, venne a contatto con un Rishi del
monastero di Brahmaputra in Tibet che, a quanto pare, gli mostrò delle
iscrizioni su tavolette d’argilla che apparterebbero alla civiltà Mu comparsa
50.000 prima nell’Oceano Pacifico e inabissata 13.000 anni fa per una
catastrofe, qualche millennio prima di Atlantide cui toccò la stessa sorte.
Queste tavolette sarebbero state effigiate dalla stirpe dei Nacaal, “I Santi
Fratelli”, le cui colonie avrebbero originato il popolo Mayax in America, il
popolo Uighur in Asia centrale ed est Europa, e il regno Naga in Asia
meridionale. Curchward che dedicò la sua vita a tradurre le iscrizioni e a
ricercare prove su questa civiltà afferma: che la genesi dei Nacaal tramanda
che la potenza auto-esistente “Il Serpente dalla Sette Teste”, modulò sette
ordini per creare i mondi. I gas plasmarono la Terra nello spazio, l’atmosfera
e le acque; infine la luce solare dardeggiò nelle liquide profondità e il fango
partorì le uova cosmiche, il glifo corrispondente mostra, infatti, il disco del
Sole percorso da un piccolo e sinuoso serpente piumato; quel serpente piumato,
la cui leggenda narrerebbe l’influenza del sole, da esso rappresentato, sulla
vita terrestre, un simbolo diventato centro focale per la civiltà Maya.
Probabilmente sono questi i racconti alla base del concepimento della teoria
della “Panspermia”, che afferma che la vita nel nostro pianeta si sarebbe
formata a seguito di materiale cosmico giuntoci da una collisione con una
cometa; Chandra Wickramasinghe, il primo scienziato a dimostrare l’origine
organica della polvere cosmica ne ha fatto un libro intitolato “I Draghi
dell’Universo”. Nella cosmogonia indiana, è la stessa cosa, Vishnu riposa sul
serpente sesha, “Durata” o Ananda “l’Infinito”, sogna la creazione
dell’Universo e con un gesto di volontà, o “desiderio”, sparge il suo seme
nelle acque cosmiche che muta in un uovo d’oro splendente come il sole e germe
di ogni creatura vivente.
Seme in sanscrito e in egiziano è bja e
richiama il ferro meteorico della Fenice che torna ciclicamente sulla Terra per
inumare il padre dentro un uovo, proprio come Sesha che con un suo sbadiglio
provoca un fuoco rigeneratore che si abbatte sulla Terra; storie simili alla
greca lotta tra Zeus e i Titani, o alla leggenda di Fetonte che pare raccontare
la caduta d’una meteora sulla foresta, che divenuta poi il deserto del Sahara,
forse la stessa “Pietra Nera” degli arabi, o il dio meteorico giapponese
Susanò, o la celtica pietra sonora del destino, “la Pietra di Fal, o di L’a
Fàil”, tra l’altro proprio i celti coniavano monete con impresse delle stelle
comete, o meteore, come lo statere d’oro di Tincomminus coniato tra il 20 e il
5 d. C, che rappresenta in effige un cavallo con cavaliere con sopra un corpo
celeste con la coda, o un'altra moneta ritrovata in Bretagna che in effige
mostra una cometa, o una meteora posta tra due stelle, chissà cosa
rappresentano realmente? Forse ciò che in Giudea si affermava, cioè che il diluvio
fu causato dallo spostamento di due stelle, cosa che pare confermata anche nei
testi caldei, o ciò che affermavano gli astrologhi Maya, cioè che anticamente
era Venere a illuminare il pianeta Terra e che successivamente un asteroide fu
catturato e attratto dalla stessa, o al contrario sia stata la terra a
“partorire” un asteroide. Pensando alle grandi scomparse di specie animali che
raggiunsero un elevata densità nel nostro ‘pianeta, vedi per le ammoniti, i
dinosauri, scomparse probabilmente avvenute per catastrofi operate da meteore,
si può per logica meditare ad una ciclica rigenerazione di specie, anche se c’è
sempre un’autodecimazione di controllo all’interno della specie per la
sopravvivenza della stessa, causata da guerre e dalle pandemie provocate da
quei virus che intaccano le nostre cellule, come fu “la Peste Nera, la
“Spagnola nel 1918, l’Ebola, la Sars ecc.”, ma queste decimazioni non
allontanano gli eventi catastrofici cosmici dei grandi cicli vitali, ma
controllate da chissà quale mente equilibrano le forse della terra mantenendola
in vita; sia essa per essa o chi per essa. Basti pensare alle cinque ere
ricordate nelle varie culture antiche tutte terminate con mitiche catastrofi,
del resto l’uomo non impara mai dagli errori degli altri e sembra che ci voglia
10 -15.000 anni di rielaborazioni per raggiungere uva meta evolutiva più
elevata. A mio parere, sembra quasi di parlare della fecondazione della donna,
ma non si parla di spermatozoi, portatori del “concepimento”, sono forse
meteoriti o distruzioni provocate dai serpenti giunti dalle profondità siderali
che incendiano con il solo respiro, come Takasaka, uno dei Naga. Forse sono
questi concetti che reinterpretati, nel Vangelo apocrifo di Tommaso verso 10,
fecero dire a Gesù: “Ho appiccato il fuoco sul mondo, ed ecco, lo custodisco
finché esso arda”. I Naga sarebbero divinità serpentiformi, molto simili nelle
rappresentazioni, alle antiche deità egizie di Iside ed Osiride, non che
correlati ai riti sciamanici in cui si adorava anche Shiva Pasupati, il
"Signore degli esseri", ossia pastore di animali e di esseri umani,
che rappresenta il principio di astrazione-soluzione, quindi l’atto di
"consapevolezza" che lo esprime e in cui si verifica e la coscienza
pura onnipervadente senza modificazioni. I Naga sono ricordati come esseri
superiori, dimoranti a Nagaloka, o Nagadvipa, in altre parole un luogo
identificato dai Purana nel Patala, “gli Inferi”, ma non nel senso
dispregiativo, infatti, le loro capitali Bhogavati, Matura, Padmavati, furono
ricche, denominate le “città dei piaceri”, il folclore pre ariano ricorda gli
Yaksha Yakshini; i Guhyaka, “esseri segreti”; i Kinnara Mayu, “metà uomini e
metà cavallo”, come gli asvin che sono ricordati anche come cavalieri di Surya
e nello stesso tempo medici degli dei; i Rakshashi, “giganti cattivi”, come i
Nefilim ebraici; i Gandharva, “musici
celesti”, i Siddha e le sensuali Nagin, Nagini o “Maya”, cioè con la facoltà di
poter cambiare aspetto, proprio come quei Djinn, o “Vigilanti Elohim”, quali
Jawe, o la Nagini tentatrice e multiforme di Buddha, Devi Shahti. Infatti, nel
Mahabharata, dove si racconta l’origine della razza dalla Dea Madre Kadru,
madre di tutti i Serpenti, si afferma che questi esseri avessero la
potenzialità di assumere sembianze sia di rettile, che umane, proprio secondo
la loro volontà. Inoltre pare che i primi re dell’India pre Maurya, iniziarono
proprio con le dinastie Naga e Shishnunaga, Serpenti medici e guaritori che si
celavano assieme ai primi sciiti locati nel cuore del Decan in città come
Nagpur, certo è che la loro origine è sicuramente preistorica e avvolta nel
mistero. Si parla per l’appunto dei “Nove Re Cobra di Brahma”, il Ramayana li
fa risalire a 870.000 anni fa, il libro tibetano “Le Stanze di Dzyan” racconta
di loro come “i Serpenti che ridiscesero, che fecero pace con la quinta razza,
che l’ammaestrarono, che l’istruirono, esseri che ricordano molto quei mitici
Dei, “Serafini, Serpenti Piumati”, adorati dalle civiltà precolombiane, dalla
civiltà sumera, egizia e celtica, esseri che intervenirono geneticamente
sull’uomo evoluto precedentemente dagli “Elementi primari” che probabilmente
loro stessi avevano seminato sulla terra favorendo l’inizio della vita, che poi
evolse nei primordiali animali costretti a divenire lentamente sempre più
senzienti. Le antiche cronache del Mahabharata elencano addirittura alcuni nomi
dei re Serpenti: “O Sauti, non hai ancora rivelato i nomi dei primi Naga che
abitavano Terra. Sono ansioso di conoscere i loro nomi. Sauti disse rispose:
ora ti rivelerò i nomi dei loro Re: Il primo fu Sesha, a lui seguì Vasuki, poi
Airavata, Takshaka, Karkotaka, Dhananjaya, Kalakeya, il serpente Mani, Purana,
Pinjaraka, Elapatra, Vamana, Nila, Anila, Kalmasha, Savala, Aryaka, Ugra,
Kalasapotaka, Suramukha, Dadhimukha, Vimalapindaka, Apta, Karotaka, samka,
valisikha, Nisthanaka, Hemaguha, nahusha, Pingala, Vahyakarna, Hastipada,
Mudgarapindaka, Kamvala, Aswatara, Kalyaka, Vritta, Samvartaka, Padma,
Mahapadma, Sankhamukha, Kushmandaka, Kshemaka, Pindaraka, Karavira, Pushpadanshtraka,
Vilwaka, Vilwapandara, Mushikada. sankhasiras, Purnabhadra, Haridraka,
Aparajita, Jyotika, Srivaha, Kauravya, Dhritarashtra, Sankhapinda, Virajas,
Suvahu, Salipinda, Prabhakara, Hastipinda, Pitharaka, Sumuksha, kaunapashana,
Kuthara, Kunjara, Kumunda, Kumudaksha, Tittri, Halika, Kardama, Vahumulaka,
Karkara, Akarkara, Kundodara e Mahodara. Ti ho rivelato i nomi dei più
importanti tra i Re Serpenti. Per non essere noioso, non rivelerò i nomi di
tutti gli altri. I figli di questi Naga, insieme con i loro nipoti, sono senza
numero. Rifletti sopra questa cosa (…) sappi o migliore tra gli asceti, che in
questo mondo, esistono migliaia di milioni di uomo-serpente". Addirittura
è descritta la loro dimora in alcuni versi: “Utanka camminava lungo una strada,
quando accaldato decise di fermarsi per bagnarsi in un fiume. Quando vide uno
strano essere che privo di vestiti gli si avvicinava. Questo, come fosse fatto
di vapore, appariva e spariva in continuazione. All’improvviso quell’essere
rubò degli oggetti preziosi che Utanka portava con sé. Uscito dall’acqua,
inseguì il ladro. Lo raggiunse, lo afferrò, ma improvvisamente, questo lasciò
il corpo umano ed assunse la sua vera forma, egli era un uomo-serpente. Senza
perdere tempo quell’essere entro in una grotta e si diresse verso la propria
dimora. Utanka, deciso ad afferrare il ladro, lo seguì e nel sottosuolo, scorse
l’estesa regione dei Naga, vide centinaia di palazzi, torri, case con il tetto
a cupola, portali, archi, strade e luoghi di ritrovo e divertimento”. Sembra
assurdo ma lo stesso James Churchard, uno studioso di antichi continenti
scomparsi, afferma che alcune tavolette da lui trovate in un monastero indiano
rivelano che esseri serpentiformi, “i Naga”, vissero realmente in Tibet e in
Asia, ed è per questo probabilmente che anche la storia cinese attribuisce alla
Dea Nu Kua, meta drago, meta donna, forse la stessa madre dei Naga, Kadru, la
creazione dei primi uomini. Lo stesso antichissimo testo cinese dell’I King,
rivela che draghi e uomini un tempo vivevano in armonia fino ad accoppiarsi tra
loro. Michael Mott in un suo libro riporta, a proposito, questo strano
racconto: “Mimoto non vide mai più il suo amante-drago ma diede alla luce un
bimbo ibrido che chiamò Akagire Taro, o Figlio Screpolato. Questo nome era
dovuto al fatto che la sua pelle era spaccata, rugosa e squamosa come quella di
un rettile. Da qui l'antica leggenda si fonde con la storia poiché un diretto
discendente di Akagire Yataro, nome con il quale il figlio divenne noto in età adulta,
era un membro del clan Genji chiamato Saburo Ogata, che si vantava di avere
squame sul corpo, come ce le avevano avute i suoi antenati prima di lui”.
La prima foto a sinistra rappresenta il
dio Vishnu in un’opera del tempio induista del Nepal chiamato “Pashtupatinath”,
vicino Katmandu. Vishnu era una delle tre parti supreme dell’esistenza, le
altre erano Shiva dio di distruzione, foto centrale (Нагешвара Махадева) e
Brahama, dio di creazione, pnultima foto a destra (interno del tempio di Brama).
Sembrano deità raffiguranti quei Elohim o Vigilanti citati da Enoch, coloro che
peccarono e si accoppiarono con le figlie degli uomoni.
LOCAZIONE IPOTIZZATA DI AGARTHI, E IL
MISTERUISO CANDELABRO DELLE ANDE COLLEGATO AL DIO NETTUNO E AL DIO SHIVA
10° VISITATORI DALLO SPAZIO TRACCE E
RACCONTI
Un contatto di entità minore, con altri
esseri, che si sarebbero congiunti con umani, quindi intervenendo
geneticamente, ci viene da una scoperta interessante che fu fatta nel 1938, tra
la Cina e il Tibet. In una caverna delle montagne di Bayan kara Ula, da una
spedizione archeologica cinese capeggiata da Chi Pu - Tei, furono trovati 716
dischi di litio di granito, con un’alta concentrazione di cobalto e di altri
metalli, datati 10.000 a.C., nei quali sono incisi dei simboli lungo una
spirale che racconterebbero la storia di un popolo a noi ignoto e loro
artefice. Assieme ai dischi furono trovate 716 tombe e degli strani piccoli
scheletri con una testa sproporzionata. L’archeologo Karil Robin Evans che
recatosi nel sito, intervistò il capo della tribù locale dei Dzopa, si senti
riferire che il loro pianeta natale era Sirio, da dove sarebbero venuti 20.000
anni prima gli alieni loro progenitori e che nel 1014 a.C. un’altra spedizione
degli stessi rimase bloccata nel nostro pianeta, dopo che alcune astronavi
precipitarono. La cosa strana è che i Dzopa erano alti circa 1.30 m., non erano
né cinesi, né tibetani e gli esperti non riuscivano ad accertarne il loro ceppo
etnico. Nelle leggende locali si tramandava la tradizione che narrava di uomini
bassi, con teste nodose, senza capelli e di colorito giallo, che erano discesi
dalle nubi molto tempo prima. Un disco simile ai dischi sopra citati fu trovato
anche a Festo a Creta e fatto risalire a 2.000 a.C., anch’esso con enigmatici
simboli simili a quelli preistorici brasiliani, tra i quali sette protuberanze,
simbolo ripetuto più volte, che rappresenterebbe le Pleiadi. Su questo disco
alcuni ipotizzano, invece, che si tratti la narrazione di un corpo celeste caduto
sulla terra. Altri enigmatici ma grandi dischi con funzioni probabilmente di
mappatura astrale o di suddivisione sotterranea furono trovati a Marajò, un
isoletta del Rio delle Amazzoni, divisi in sei settori rappresenterebbero
chissà quale mistero. Per i Celti la ruota, o spirale, rappresentava la
creazione e la rotazione delle stelle che apparivano nel cielo notturno, queste
ruotavano attorno alla Stella Polare che indicava per loro il Paradiso, meta
delle anime che vi ascendevano lungo la spirale delineata dalle stesse stelle,
la spirale continua rappresentava una ciclicità, usata anche per misurare i
cicli stagionali, che rapresentava nello stesso tempo l’inizio e la fine,
inoltre rappresentava la strada da seguire per trovare la “luce interiore” come
rappresenterebbe la pietra d’ingresso del tumulo di Newgrange. Un altro
interessante racconto simile ad Agarthi che più avanti approfondiremo, ci viene
dalla mitologia celtica e accettato “cristanamente” dalla visione di S.
Patrizio nel suo dialogo con il fantasma di Caeilte del Fianna visto uscire
nella grotta di Cruachan. Si racconta degli immutabili e risplendenti “Thutha
Dè Danann”, che sconfitti dai figli di Mil, conquistatori dell’Erire nella
quinta invasione d’Irlanda, furono costretti ritirarsi nelle colline cave
presso i monti Sidhe situati sottoterra dove vivrebbero ancora tutt’oggi; di
questi semidei chiamati per l’appunto “Sidhe, o Sluagh Sidhe”, si dice che
siano guardiani dei laghi irlandesi e lì si vedrebbero camminare sul terreno
dopo il tramonto, a volte apparirebbero come bellissime donne che pare
s’accoppino con gli umani per generare stirpi di eroi, possiederebbero armate
magiche che viaggiano attraverso l’aria di notte, rapendo nei loro viaggi i
malcapitati mortali. Racconti questi legati a quegli antichi dei come il dio
del mare Manannan Mac Lir che a quanto pare poteva mutare e viaggiare su una
nave senza vele comandata solo con il pensiero e si aggirava nel antico popolo
aiutandolo nelle sue imprese, o il Re Bran sceso da un veicolo che non sfiorava
mai l’acqua, forse quella ruota o meglio “Roth Ramrach” che portava più di
mille persone. Nel terzo capitolo del libro di Krsna dove si racconta dei canti
rivolti al Dio dagli abitanti dei pianeti Gandharva e Kimara, si narra di
esseri chiamati, guarda caso, proprio con un nome similare ai Sdhe, cioè
Siddhaloka e i Carapa, che potrebbero essere benissimo gli Sarapa “Angeli
Serafini”, infatti, si narra che dai loro pianeti celesti gli angeli e le loro
compagne, a cui erano unite le Aspara, aprirono le danze in onore di Krsna
mentre altri saggi e deva versavano piogge di fiori. A questi racconti si
possono associare altre mitiche figure come “le fate, i ghoul, le ninfe greche,
o spiriti dei boschi”, che il professore di Cambridge,Tom Lethbridge, nel suo
libro, “Ghost and Divining Rod”, ipotizza siano solo fenomeni “riflessi” di
registrazione di immagini dovuti a “campi elettrostatici”, cioè “campi
elementali” provocati dai pensieri e dai desideri degli individui, campi che
suddivide in “campi delle naiadi”, relative alla registrazione dell’acqua, e
“campi delle driadi”, relative alle registrazioni dei boschi, una sorta di
allucinazione, una “proiezione mentale”, ricollegabile alla teoria psicometria
concepita per i poltergesit. Ma questo, come afferma anche lo stesso Lethbridge
per alcune sue strane esperienze, non risolve tutti i casi di avvistamento, o
di incontri con altri esseri definiti in qualche modo “fantasmi, demoni,
angeli”, ecc.. In effetti, se andiamo a leggere alcuni versi del “libro dei
Vigilanti”, anche Enoch, parla di esseri risplendenti e di “colline
sotterranee”, qui riservate per le punizioni inflitte da Dio ai Vigilanti
impuri di Semeyaza, che si accoppiarono con le figlie degli uomini generando i
malvagi giganti, in merito Enoch riferisce: “Il Signore disse a Michele:
Annunzia a Semeyaza ed agli altri che,
insieme con lui si unirono con le donne per corrompersi, con esse, in tutta la
loro impurità: quando tutti i loro figli si trafiggeranno a vicenda, e quando
vedranno la morte dei loro cari, legati per settanta generazioni sotto le
colline della terra fino al giorno del giudizio e della loro fine, fin quando
si compirà l’eterno giudizio. E allora li porteranno nell’inferno di fuoco e
saranno chiusi, per l’eternità, in tormenti e in carcere”. (X, 11-12-13); nel
capitolo (XXVI, 1-2-3) inizia il viaggio in questo mondo sotterraneo che porta
Enoch nel “Giardino di Giustizia” , o meglio nel Paradiso Terrestre ove vi
trova terreno fertile con alberi da frutta, tra i quali “l’Albero della
Conoscenza” descritto come un albero simile ad un carrubo e con frutta simile
all’uva. Questo viaggio inizia così: “E di là andai al centro della terra e
vidi un luogo benedetto e fertile con rami all’interno che continuavano a
germogliare dall’albero che era stato tagliato. E di colà vidi un monte santo
e, sotto di esso, verso il suo oriente, acqua il cui scorrere era verso nord, e
vidi verso oriente, un altro monte, alto come l’altro e fra essi un profondo
burrone…(XXVI, 1-2-3)”, nel capitolo (XXXII, 1-2-3-4-5-6) si legge: “E dopo
questi profumi, mentre guardavo a settentrione, sui monti, vidi sette monti
pieni di spighe bellissime ed alberi odoriferi, cinnamomo e pepe. E di colà
andai sulla cima di quei monti, lontano; a oriente, attraversai il mare di
Eritrea; mi allontanai da esso e passai sulle spalle dell'angelo Zutiele. E
giunsi nel giardino di giustizia e vidi la varietà di quegli alberi, molti e
grandi. Fiorivano colà, dal bel profumo, grandi, dalla molta bellezza,
magnifici e l'albero della conoscenza da cui, mangiando, si aveva grande
saggezza. E sembrava un carrubo e il suo frutto era come uva bellissima e il
profumo di quell'albero andava ed arrivava lontano. E dissi: "E' bello
quest'albero. E come É bello ed allegro il suo aspetto". E mi rispose
l'angelo santo, Raffaele che stava meco: "Questo É l'albero della
conoscenza da cui mangiarono tuo padre antico e tua madre antica che ti hanno
preceduto ed hanno appreso la sapienza, si aprirono i loro occhi, seppero che
erano nudi e furono scacciati dal giardino.
Altra storia ce la rivelano i Navaho
Paiate, essi raccontano che Tomescha è abitata nel sottosuolo dagli Hav-musuvs
che viaggiano a bordo di canoe volanti, essi sono vestiti di bianco e
possiedono armi a forma di tubo, capaci di stordire, armi simili, le troviamo
accennate anche in altri testi, vedi: “Nel regno di Saba, ultimo paese
archeologico” di G. Mandel, che riporta tradizioni leggendarie arabiche ed
islamiche in cui si parla di armi come laser, atomiche e battaglie combattute
con regni africani e asiatici come il Tibet, la stessa cosa nelle narrazioni
della mitica Atlantide. Il Candelabro delle Ande citato prima, ricorda Schiva e
il tridente simbolo di Nettuno, il sovrano di Atlantide, ed è una scultura alta
240 metri che si trova nella scogliera a Pancas in Perù, luogo dove sono state
ritrovate le famose “Pietre di Ica”, di andesite, risalenti a 80 milioni di
anni fa e incise millenni or sono da una civiltà ignota che rappresentò in esse
figure di dinosauri, scene di lotta con animali preistorici, ed elementi
anacronistici come: cannocchiali, macchine volanti, atlanti , ecc.; che gli
studiosi ritengono raffigurino l’evoluzione del genere Homo da forme di vita
diverse tra cui i rettili e anfibi modificati geneticamente da extraterrestri. Teoria
questa, avanzata anche per i Rapa Nui dell’isola di Pasqua, che attenderebbero
gli uomini dalla pelle bianca venuti dalle stelle, Il dio Make-Make viene
ricordato con: “uomini uccello simili alle sirene uccello di Ulisse
nell’Odissea di Omero, uomini lucertola simili al dio dei maya Itzamma, uomini
pesce simili all’Oanes babilonese, al greco mito di Tritone figlio di
Poseidone, alle sirene citate per la prima volta nel trattato irlandese De
monstris del VI secolo e addirittura uomini insetto”, sembra quasi il
repertorio di una serie di tipologie aliene avvistate e divulgate nei nostri
giorni da alcune riviste specializzate, vedi alieni: retiliani, insettoidi,
ecc..
A queste enigmatiche figure appartiene
anche la dea egizia Neith, personificazione del “caos”, considerata anteriore
agli dei, il suo culto risale a 7000 anni fa, ed è rappresentata anch’essa con
la testa di uccello. Mr. Bonwick, nel suo libro sulla fede egizia, scrive che
Nout è la Grande Madre, divinità femminile dalla quale procedono tutte le cose,
sempre per gli egizi lo è stata anche Isis, la regina venuta dall’Etiopia che
per il suo giusto agire e i suoi insegnamenti avrebbe ottenuto, dopo la morte
ossequio divino, quell’ossequio che per gli uomini divenuti dei non fu più
dimenticato ma travisato. “Uomini Uccello” portatori di fuoco, “che potrebbero
solo indicare esseri venuti dal cielo”, li ritroviamo anche in america dove ancora oggi esiste il “gioco del
Volador”, uomini legati con una corda a una caviglia che si lanciano da un
estremità di un palo e girano fino a toccare terra. Tra gli indiani Hopi, si
pratica in loro ricordo una danza del fuoco, dove si portano due dischi dietro
la schiena, come nelle misteriose rappresentazioni delle statue “dell’uomo
aquila”, di Tula e Tiahunaco in Messico. Un culto “stellare” questo, iniziato a
loro dire, con la razza Akhu, “Uomini Uccello” che portarono loro, la “Pietra
della profezia” che anticiperebbe una futura catastrofe, dopo aver predetto
fatti storici già accaduti. Ricordo che un futuro evento catastrofico è
profetizzato in molti testi e culture, ed è legato all’apparizione di una
stella, vedi il Sepher Zohar cabalico, (il libro dello splendore), gli Oracoli
Sibillini che profetizzarono il Cristo, le storie profetiche della cultura
Maya, ecc.. Questi “esseri”, sempre secondo gli Hopi, scesero “nel tempo della
creazione”, dove la “Donna Bisonte Bianco” comparve per istruire il loro
popolo, per qualche motivo cosmico. Mito questo, ricollegabile con ”La Dea
Bianca”, simbolo di fertilità per i popoli dell’Africa e degli aborigeni
australiani. Quest’ultimi, tra l’altro, credono che il terriccio rosso delle
loro terre, sia il sangue sparso della luna quando diede vita alla terra, e
“adamah” significa anche “argilla rossa“, ricordo, come ho già detto, che c’è
chi sostiene, che un tempo c’erano più lune orbitanti attorno alla terra”. Un
altro culto della Dea Bianca è tuttora praticato dalla società esoterica del
“Priorato di Sion”, anche i Celti adoravano anticamente una figura materna,
ancora prima che arrivassero i cristiani in Galia. “La Dea Terra o Grande Madre
che ci vigila, che ci dona e che ci toglie” da 25.000 anni fu sempre venerata
come madre degli esseri viventi e rappresentata svariatamente, vedi la venerata
Maka nella cultura maya, l’orribile rappresentazione dell’azteca Coatlicue,
rappresentata in una statuetta rinvenuta in Mexico con la testa formata da due
serpenti che si affrontano e una collana con teschi e mani mozzate, simile è la
dea dravidica hindu, Durga Le Kali, sorella di Visnu, vedi la sumera Ishtar e
l’ebrea Lilith, o la triplice dea greca della fertilità e regina degli
spetri, “Artemide, Diana, Ecate,” e la
figlia Aradia, la celtica Dana o “Danu” e Morrigan, immagini queste, tese forse
a rappresentare quella dualità sole-terra che originerebbe la “Vita”. Oggi le
si possono collegare le molteplici “apparizioni mariane”, legate spesso ad
entità con poteri telepatici, vedi il caso di “Fatima” ed altre “manifestazioni
eteree” che sembrano un “manifestarsi della natura” per la propria
sussistenza.“L’uomo uccello”, lo ritroviamo ancora tra i Chippewa e i Sioux;
narrano che il dio “Wakon” arrivò a capo di molti Uccelli del Tuono. Gli indios
Waikano invece, parlano di canoe rotonde come gusci di tartarughe. I Karibi
parlano di un uomo dai grandi poteri arrivato con la veste bianca a bordo di
vascelli volanti. Itzamma da itzmen cioè “lucertola”, il dio della cultura
degli Itza in Messico è raffigurato in un bassorilievo che lo mostra emergere
da un guscio di tartaruga, “forse una astronave”, il suo simbolo era la croce.
Ad Acanbaro, sempre in Messico furono trovate, in una zona abitata anticamente
dagli enigmatici Maraschi, delle statuette rappresentanti ancora dinosauri;
queste attraverso analisi con il metodo della termoluminescenza, nel 1972,
furono fatte risalire al 2.500 a.C. Alla civiltà precolombiana di Ica, fatta
risalire azzardatamene, da 60 a 100 milioni d’anni fa, sono associate, come
afferma il professor Javier Darma Cabrera, le famose raffigurazioni delle
“piste” Nazca, tra l’altro simili al celebre simbolo di salvezza hindu e
celtico, del “Cavallo Bianco” in Inghilterra; queste sono apprezzabili solo a
300 metri di altezza e raffiguranti animali e forme geometriche, interpretate
da alcuni anche come spazioporto per le Pleiadi servito per sfuggire all’evento
catastrofico terrestre avvenuto circa 60 milioni di anni fa. Se leggiamo le
interpretazioni date ai petroglifi delle civiltà precolombiane descritte da
Quixe Cardinale nel suo libro “il Ritorno delle Civiltà Perdite 1969”, non
sembrerebbe poi un ipotesi così assurda; basti pensare al monolite, o pietra
commemorativa: “Teocalli della Guerra Sacra”, raffigurante una piramide senza
punta con sopra un disco, interpretato non come calendario, ma descritto come
disco volante con tanto di propulsori; pare infatti che fosse una forza
centrifuga, una sorta di vortice artificiale a creare il campo elettromagnetico
sostenitore di questi fantomatici veicoli spaziali.
Cabrera afferma che la datazione relativa
all’Homo Sapiens andrebbe retrodatata di milioni di anni, ne sarebbero prova le
stesse raffigurazioni di Ica, è non è un caso che nel 1989 proprio in Perù
nello stesso luogo delle pietre di Ica fu ritrovata dal dott. F. Jimenez Del
Oso, una colonna vertebrale umana, fossilizzata accanto a dinosauri entrambe
vecchi di 100 milioni di anni. Alla stessa civiltà è stato attribuito il
Gigante Cileno di Cerro Unitas, simile ad un robot e L’uomo Civetta di Nazca,
rappresentato con un casco da cui dipartono raggi, e la “Porta del Sole “ di
Tiahunaco in Bolivia, che narrerebbe la mitica storia di “Orejona”. Orejona
sarebbe arrivata da Venere nell’isola del sole, sul lago Titicaca, circa cinque
milioni d’anni fa, a bordo di un’aeronave. Orejona è descritta con la testa
conica, grandi orecchie e mani palmate a quattro dita, essa avrebbe messo al
mondo al mondo 70 figli accoppiandosi con un tapiro, che avrebbero
successivamente dato origine alla razza terrestre. Gli “Uros” boliviani,
infatti, affermano di essere un popolo più antico degli Incas, esistente prima
di To.Ti.Tu., il padre del cielo che creò gli uomini bianchi; dicono di avere
il sangue nero e di provenire da un altro pianeta. Questa storia è associabile
alle leggende mesopotamiche degli “Oannes”, uomini pesce, dei Kappas giapponesi
e dei Dogon africani del Mali, ai quali si riconosce conoscenze astronomiche a
loro impossibili, come ad esempio, la conoscenza di Sirio B, visibile solo con
un telescopio. Il loro dio anfibio Nommo sarebbe giunto da Sirio sulla terra a
bordo di un’arca piena d’acqua, un vascello simile alla fiamma che si spegneva
quando toccava terra; i Dogon narrano che Nommo divise il suo corpo per nutrire
gli uomini, fu crocifisso su un albero per poi risuscitare “come Osiride e
Gesù”. Stessa cosa per gli egizi, che raccontano di Seiren, l’uomo pesce giunto
da Serios, “Sirio”, suo compagno era l’oscuro Anubis; per gli egizi era Sothis,
“Sirio” che regolava il Nilo, per questo si ritiene che conoscessero anche
loro, la binarietà di Sirio espressa mitologicamente per l’appunto nelle
leggende come quella di Iside e Nefty, anzi mi sembra che conoscessero
addirittura le forze che legano il nostro sistema a Sirio, che oggi gli
scienziati stanno rivelando. Nel nord della Siberia, assieme a resti di mammut,
furono ritrovati seicento scheletri con cranio macrocefalo, nove dita e piedi
palmati, che gli esperti hanno fatto risalire a 30.000 anni fa e ritenuti
visitatori provenienti da Venere.
La prima foto rappresenta un’antica stele
sumerica in cui è raffigurato il dio Oannes ricoperto dalla pelle di pesce, un
dio che proveniva dal mare del Golfo Persico e che insegnò le scienze ai popoli
di Sumer. Le successive sono foto di dettagli della stessa stele che mostrano
oggetti volanti associabili agli odierni ufo.
Mesoamerica, bassorilievo diTenochititlan
che raffigura “Uomini Aquila”. A fianco un panello scolpito nel tempio di
Palenque, i geroglifici narerebbero la discendenza mitica e storica del
governatore Chan Bahlum che regnò dal 684 al 702 d. C., (tratto da Incident of
Travel). Notare le somiglianze dei
bassorilievi oltre oceano con il particolare centrale della stele mesopotamica.
Le misteriose linee Nazca apprezzabili
solo dall’alto e un calendario azteco
11° RICORDI DI ATLANTIDE
Tihaunaco era chiamata anticamente
Chucara, che significa “dimora del sole” in essa si penetrava da gallerie
oscure che sbucavano all’interno dove vi risiedeva una razza dalla pelle
bianca, pare vi esistesse un padre di tutte le cose chiamato “Mut, o Mout”, un
dio considerato signore del tuono e del fulmine, rappresentato con quattro
dita, deità simili a quelle riscontrate in amazzonia. Raffigurazioni di un tipo
di animale proboscidato ormai estinto, analizzate dagli studiosi con il “metodo
del radiocarbonio”, hanno supportato la convinzione che la città di Tihaunaco
risalga a circa 12.000 anni fa. C’è chi sostiene addirittura che sia la mitica
Atlantide, dimora della quarta razza madre, narrata nel Timeo e nel Crizia di
Platone nel 430 a.C. circa, che trasse ispirazione da Solone e Dionisio di
Mileto, che a loro volta ne vennero a conoscenza attraverso delle tavole
conservate nel tempio di Sais in Egitto. Atlantide a quanto pare fu un luogo
dove si istituì un culto solare e che fu distrutto da una catastrofe circa
9.000 anni fa. Ecco alcuni estratti tratti dal Timeo di Platone, 1° estratto:
"Solone, Solone, voi Greci siete sempre bambini, e non esiste un Greco
vecchio". E Solone, dopo aver ascoltato, chiese: "Come? Che cos'è
questa cosa che dici?" "Siete tutti giovani", rispose il
sacerdote, "nelle anime: infatti, in esse non avete alcuna antica opinione
che provenga da una primitiva tradizione e neppure alcun insegnamento che sia
canuto per l'età. Allora uno dei sacerdoti assai vecchio disse: E questa è la
ragione. Molte sono e in molti modi sono avvenute e avverranno le perdite degli
uomini, le più grandi per mezzo del fuoco e dell'acqua, per moltissime altre
ragioni altre minori.
Quella storia che presso di voi si
racconta, vale a dire che un giorno Fetonte, figlio del Sole, dopo aver
aggiogato il carro del padre, poiché non era capace di guidarlo lungo la strada
del padre, incendiò tutto quel che c'era sulla terra, e lui stesso fu ucciso
colpito da un fulmine, viene raccontata sotto forma di mito, ma in realtà si
tratta della deviazione dei corpi celesti che girano intorno alla terra e che
determina in lunghi intervalli di tempo la distruzione, mediante una grande
quantità di fuoco, di tutto ciò che è sulla terra.
Allora quanti abitano sui monti e in
luoghi elevati e secchi muoiono più facilmente di quanti abitano presso i fiumi
e il mare: e il Nilo, che ci è salvatore nelle altre cose, anche in quel caso
ci salva da quella calamità mediante l'inondazione.
Dunque queste vostre genealogie che hai
ora esposto, Solone, sono poco diverse dalle favole dei bambini, perché in
primo luogo voi ricordate un solo diluvio della terra, mentre in precedenza ve
ne sono stati molti (in particolare, gli ultimi due), e in secondo luogo non
sapete che nella vostra regione, presso di voi, ha avuto origine la stirpe più
onorevole e più nobile di uomini, dai quali provenite tu e tutta la città che
adesso è vostra, essendo allora rimasto un piccolo seme; ma voi lo ignorate
perché i superstiti per molte generazioni morirono muti per non conoscere le
lettere.
In quel tempo, Solone, prima dell'immane
rovina causata dalle acque, la città degli Ateniesi era la migliore in guerra
e, soprattutto, sotto ogni punto di vista, era governata da ottime leggi: ad
essa si attribuiscono le imprese più belle e le costituzioni migliori fra
quelle di cui noi abbiamo accolto la tradizione sotto il cielo".
2° Estratto: Dopo aver ascoltato queste
parole, Solone disse di meravigliarsi e di pregare con fervore i sacerdoti di
esporgli con esattezza il seguito delle storie riguardanti i suoi antichi
concittadini.
Il sacerdote rispose: "Non vi è
nessun problema, Solone, ma parlerò per te e per la vostra città, e soprattutto
in onore alla dea che ebbe in sorte la vostra e questa città, e le allevò ed
educò, per prima la vostra mille anni fa, ricevendo il vostro seme da Gea ed
Efesto, e in seguito questa città qui.
Per quanto riguarda l'ordinamento di
questa nostra città, nelle sacre scritture, vi è scritto il numero di ottomila
anni.
Quindi riguardo ai cittadini vissuti
novemila anni fa ti mostrerò brevemente le leggi, e l'impresa più bella che
essi compirono: un'altra volta con maggior precisione te le spiegherò tutte con
maggior tranquillità, una dopo l'altra, ricavandole dagli scritti stessi.
3° Estratto: Allora infatti quel mare era
navigabile, e davanti a quell'imboccatura che, come dite, voi chiamate colonne
d'Ercole, aveva un'isola, e quest'isola era più grande della Libia e dell'Asia
messe insieme: partendo da quella era possibile raggiungere le altre isole per
coloro che allora compivano le traversate, e dalle isole a tutto il continente
opposto che si trovava intorno a quel vero mare.
Infatti tutto quanto è compreso nei
limiti dell'imboccatura di cui ho parlato appare come un porto caratterizzato
da una stretta entrata: quell'altro mare, invece, puoi effettivamente chiamarlo
mare e quella terra che interamente lo circonda puoi veramente e assai
giustamente chiamarla continente. In quest'isola di Atlantide vi era una grande
e meravigliosa dinastia regale che dominava tutta l'isola e molte altre isole e
parti del continente: inoltre governavano le regioni della Libia che sono al di
qua dello stretto sino all'Egitto, e l'Europa sino alla Tirrenia.
Tutta questa potenza, radunatasi insieme,
tentò allora di colonizzare con un solo assalto la vostra regione, la nostra, e
ogni luogo che si trovasse al di qua dell'imboccatura. Fu in quella occasione,
Solone, che la potenza della vostra città si distinse nettamente per virtù e
per forza dinanzi a tutti gli uomini: superando tutti per coraggio e per le
arti che adoperavano in guerra, ora guidando le truppe dei Greci, ora rimanendo
di necessità sola per l'abbandono da parte degli altri, sottoposta a rischi
estremi, vinti gli invasori, innalzò il trofeo della vittoria, e impedì a
coloro che non erano ancora schiavi di diventarlo, mentre liberò generosamente
tutti gli altri, quanti siamo che abitiamo entro i confini delle colonne
d'Ercole.
Dopo che in seguito, però, avvennero
terribili terremoti e diluvi, trascorsi un solo giorno e una sola notte
tremendi, tutto il vostro esercito sprofondò insieme nella terra e allo stesso
modo l'isola di Atlantide scomparve sprofondando nel mare: perciò anche adesso
quella parte di mare è impraticabile e inesplorata, poiché lo impedisce
l'enorme deposito di fango che vi è sul fondo formato dall'isola quando si
adagiò sul fondale".
Queste parole che hai ascoltato, Socrate,
riassunte per sommi capi, sono quelle pronunciate dal vecchio Crizia, secondo
la versione dì Solone: mentre ieri tu parlavi dello Stato e degli uomini che
delineavi, rimanevo meravigliato richiamando alla memoria proprio le cose che
ora ho raccontato e osservando che per una incredibile coincidenza avevi in
gran parte perfettamente aderito con quelle cose che disse Solone.
Tuttavia non volli parlare in quel
momento perché a causa del tempo trascorso non me le ricordavo abbastanza.
Pensai allora che, prima di parlare, sarebbe stato meglio riprendere con
esattezza tutto quanto dentro di me.
Per questo motivo accettai subito le cose
che mi erano state ordinate di dire, pensando che avremmo convenientemente
superato quella che è la più grande difficoltà in tutte le discussioni di
questo genere, vale a dire l'esposizione di un racconto che si adatti agli scopi
proposti.
Così , come costui diceva, ieri, non
appena uscii di qui, riportai a costoro le cose che mi ricordavo, poi,
congedantomì e riflettendo con attenzione durante la notte, ho richiamato quasi
tutto alla memoria. E proprio vero quel che si dice, e cioè che quanto si
apprende da bambini si ricorda in modo mirabile.
Infatti ciò che ho udito ieri, non so se
sarei in grado di richiamarlo di nuovo tutto alla memoria: quanto invece a
queste cose che ho ascoltato già da molto tempo, mi meraviglierei assai se
qualcosa di esse mi fosse sfuggita. Io in quel tempo le ascoltavo con molto
piacere e come un passatempo, e il vecchio volentieri mi insegnava mentre io lo
interrogavo di frequente, sicché mi sono rimaste impresse come pitture
indelebili a fuoco: a costoro subito dissi fin da questa mattina queste stesse
cose, perché avessero abbondanza di discorsi insieme a me.
Ora dunque, ed è la ragione per cui è
stato detto tutto ciò, sono pronto a riferire, Socrate, non soltanto per sommi
capi, ma ciascuna cosa proprio nel modo in cui l' ho ascoltata: quanto ai
cittadini e alla città che tu ieri ci hai delineato come in una favola, ora
trasferendoli nella realtà, li metteremo qui, come se quella città fosse
proprio questa, e diremo che i cittadini che hai mentalmente rappresentato sono
quei nostri reali progenitori di cui ha parlato il sacerdote.
Prima di Platone, di Atlantide, ne parla
Esiodo, che nacque nel 700 a. C., nella sua Teogonia, 938 dove designa con
l’aggettivo “atlantide Maia”, in quanto figlia del titano Atlante “dal cuore
violento”, Teogonia 509. Quasi contemporaneamente ne parla anche Omero (Odissea
I, 53 e VII, 245) dove dice che anche Calipso è figlia del “terribile Atlante”;
Erodoto nato nel 480 a.C. “Nelle Storie I, 203” scrive: “Il Caspio è un mare a
sé, che non comunica con l’altro, poiché nell’insieme, il mare che percorrono
con le loro navi i Greci, quello che è chiamato Atlantico oltre le Colonne
d’Ercole e quello Eritreo costituiscono un mare unico,” quindi probabilmente ci
si riferisce al mar Nero. Guarda caso proprio nel Mar Nero dove
recentissimamente, a 91 metri di profondità, sono stati individuati dal
ricercatore Robert Ballard, i resti di un insediamento risalente addirittura a
prima del Neolitico che confermerebbero anche il fantomatico Diluvio biblico,
almeno secondo gli studi sugli strati geologici riportati dall’ingegnere Hans
Joachim Zillmer nel suo libro ”L’Errore di Darwin”. Ciò che incuriosisce, sono
le ricerche effettuate da Walter Pitman e Bill Ryan sul fondo del Mare e che
nel 1999 portarono alla scoperta di strati argillosi di piante legnose ed erbe,
materiale organico per il quale è stato possibile applicare le tecniche di
datazione con il metodo del radiocarbonio, e dai vari carotaggi sembra indicare
un’unica datazione di 7.540 anni e ciò comproverebbe solo un rapidissimo
cataclisma, ed infatti anche gli scienziati della Birmingham University, dopo
aver ricostruito il paesaggio locale per mezzo dei computer, sono convinti che
circa 10,000 anni or sono, l’intero fondo del Mar Nero era una valle
rigogliosa, abitata dagli antenati degli europei. Inoltre, sempre sul fondo del
Mar Nero nella parte nord orientale del Caucaso russo, sono state rilevate
altissime concentrazioni di materiali radioattivi come cesio 147 e stronzio 90
che gli studiosi attribuiscono alla catastrofe nucleare di Cernobyl dell'aprile
1986, ma è da vedere quali sono le vere correlazioni, potrebbe essere il
residuo di un esplosione atomica avvenuta millenni fa. Erodoto “Nelle Storie
VI,184” descrivendo la regione desertica sahariana del Fezzan (Libbia sud
occidentale), ci ricorda che gli indigeni chiamano Atlante una montagna
altissima e si definiscono loro stessi atlanti, scrive: ”il ciglione sabbioso
si estende fino alle Colonne d’Ercole e anche oltre,” dove un tempo si credeva
che Atlante sostenesse la volta del cielo. Questo, a mio parere, avallerebbe la
teoria di studiosi e scrittori come Qiixe Cardinale, che nel suo libro “il
Ritorno delle Civiltà Perdute”, sostiene che l’Africa era parte dell’antica
Atlantide che esplosa, avrebbe originato l’odierno Sahara. Le sculture di
Tassili in Algeria, le misteriose piccole sfere metalliche ritrovate ad
Ottosdal in Sudafrica, le misteriose figure e i petroglifi rimasti,
rappresentano assieme alla sabbia, ciò che resta di città come Jabbaren e
Sefar, che in un tempo preistorico erano immerse in una lussureggiante terra
tra olivi e cipressi; infatti vi troviamo rappresentati grandi personaggi
stilizzati dalla testa rotonda, scene di vita quotidiana, pastori con mandrie
al pascolo, scene di caccia con guerrieri armati di arco e frecce e figure
enigmatiche che rievocano strani esseri mitologici, o ricordano gli odierni
corredi spaziali. Altri resti d’un antica civiltà, attribuiti ad Atlantide,
sono stati trovati sui rilievi sottomarini oltre lo stretto di Gibilterra,
(Azzorre). Sempre riguardo alla locazione della civiltà atlantidea, alcuni
studiosi sostengono che sia situata sul fondo del enigmatico “Triangolo delle
Bermuda”, meta di strane scompare, avvistamenti e di esperimenti su strane
energie di occultamento condotte da militari americani. Al largo dell’isola di
Bimini, infatti, esistono rovine di una sconosciuta città sommersa; di recente
una scoperta analoga è stata fatta anche dai giapponesi poco distante
dall’’isola di Yonaguni, alcuni credono siano i resti di Mu, il continente
scomparso. Altri esploratori ancora, invece, sostengono che sia sotto i ghiacci
del Polo Nord, o nell’Antartide, o nell’isola di Cantorini nell’Egeo ecc.;
comunque quello che si presuppone generalmente, è che questo regno
anti-diluviano, fosse un tempo retto da una confederazione, che governava non
solo l’isola, oltre le Colonne d’Ercole, ma anche l’Africa, l’Egitto, l’Europa,
compresa l’Italia. Non a caso sempre più, affiorano tracce di una o più civiltà
pre-diluviane; inoltre molti popoli ritengono Atlantide origine delle loro
vestigia, per esempio i maya e gli aztechi dicono di provenire da un continente
chiamato Aztlan, i vichinghi da Atli, i Baschi da Atlaintika, gli indiani da
Attala e così via. Atlantide probabilmente, era una civiltà avanzata, basti
ricordare gli enigmi e reperti come quelli già citati e altri rinvenuti oltre
oceano, come la stele Olmeca di Cerro de la Cantera, che rappresenterebbe
un'astronave, o il misterioso teschio di cristallo attribuito ai Maya,
realizzato con tecniche allora quasi impossibili e che sembra nascondere un
sapere arcaico, nonché addirittura energie curative, la pila di Baghdad vecchia
di 2000 anni, o gli oggetti definiti “non terrestri”, in una lega di dodici
metalli, trovati nel 1974 alla profondità di 10 metri sul sedimento d’un fiume,
ad est di Aiud in Romania, assieme ad ossa di mastodonte, vecchi di alcuni
milioni di anni, tra il miocenico ed il pliocenico, o il martello ritrovato a
Kingoodie, dentro l’arenaria fatta risalire a 360-460 milioni di anni fa, o la
collana d’oro trovata a Taylorville o Pana, a sud ell’Illinois dentro il
carbone risalente a 260- 320 milioni di anni fa, come afferma un articolo del
Morrisonville Times dell’undici giugno 1891, o ancora il muro di mattoni
levigati lungo 130 metri rinvenuto in una miniera di carbone di 286 milioni di
anni, scoperto a nord di Heavener in Oklahoma; e molti altri che sono tuttora
allo studio della Paleoastronautica.
Perù. Un altro teschio alieno riportato
alla luce. (Palenque) Il
martello di Londra esposto oggi nel Creation Evidence Museum a Glen Rose. Messico.
Scoperto un altro teschio alieno. Uno
degli oggetti
ritrovati ad Aiud
kythera
Una sfera di metallo striata, ritrovata
in un deposito minerale del Precambriano in una regione del Transvaal
occidentale, in Sudafrica Tubo
metallico trovato in Francia, in uno strato di gesso vecchio di 65 milioni di
anni
Il meccanismo di Antikythera costituisce
una delle più interessanti e affascinanti scoperte effettuate agli inizi del
secolo, per opera di alcuni pescatori di spugne, in un relitto affondato vicino
l'isoletta greca di Antikythera da cui prende il nome. E' costituito da un treno
di ingranaggi in bronzo a denti triangolari risalente al primo secolo a.C.
racchiuso in un contenitore in legno che serviva da telaio e su cui erano
fissati i quadranti anteriori e posteriori. Il meccanismo era azionato da una
manovella e poteva servire sia come strumento per la navigazione sia come
strumento per indagini astronomiche. Azionando la manovella il rotismo era in
grado di descrivere il moto del sole e della luna attraverso le costellazioni
dello zodiaco la durata del mese sinodico e la durata dell'anno lunare.
Il "mistero" consiste nel fatto
che nel primo secolo a. C., simili apparecchi "non avrebbero dovuto
esistere": gli studiosi di cose antiche concordano infatti nell'affermare
che in quel tempo la tecnologia non era in grado di produrre apparecchiature di
tale precisione. Del resto non ne avrebbe prodotte per altri sedici secoli: si
pensi che bisogna aspettare fino al 1575 per ritrovare un rotismo
differenziale! Nella figura 1 è rappresentato il layout basato sulle ipotesi
del prof. Derek De Solla Price [1], professore di Storia della scienza presso
la Yale University, mentre la figura 2 ne rappresenta la vista assonometrica.
Lo scopo del cinematismo non è ancora perfettamente noto; questi potrebbe
essere stato realizzato sia per ricostruire fenomeni astronomici relativi al
passato e al futuro, sia per descrivere l'evolvere del moto degli astri giorno
per giorno.
Foto di 2 frammenti del meccanismo >
Da sinistra le rovine al largo della
piccola isola giapponese di Yonaguni, a sud-ovest di Okinawa, a fianco quelle
nelle acque dell'Oceano Atlantico, al largo dell'isola di Lanzarote,
nell'arcipelago delle Canarie ad ovest dell'Africa .
Alcune strane immagini africane di
Tassili, Sefar, Jabbaren e Aouenrhet
12° LINEE ENERGETICHE DELLA TERRA E LE
LORO NATURALI MANIFESTAZIONI
Ritornando alle correnti di energia
sotterranee della mitica Agarthi citate nel capitolo precedente, chiamate anche
“vene della terra”, esse ricordano i luoghi sacri delle “Vergini nere”, sparsi
ovunque e ci fanno rievocare dalla mente, anche quelle linee di forze
magnetiche chiamate in Cina “ Sentieri dei draghi” e in Irlanda ”Sentieri delle
fate”; inoltre ricordano anche quelle antiche linee energetiche, inglesi, dette
anch’esse: “Vie del Drago”, sottostanti gli antichi luoghi di culto del
santuario di Avebury, del sito di Durrington Walls risalente a 4.500, a. C.,
del monte Tor, dove è eretta la cappella dedicata a S. Michele, ritenuta, “la
porta del cielo”, del monolito di Quiberon eretto nel 4.000 a. C. in Bretagna,
e del mistico complesso megalitico di Stonehenge. Il complesso di Stonehenge è
una costruzione megalitica che reca molti interrogativi, è un cromlech che
alcuni ritengono edificato dai mitici giganti, o da una razza altamente evoluta
tesa a trasmettere un messaggio che sopravvivesse nei millenni. Non è l’unica
costruzione esistente con le caratteristiche di un cromlech, altre costruzioni
simili le ritroviamo in Israele, dove si erge il “Gigal Refaim”, a Carnac in
Francia e a Karnak in Egitto, questo risalente, dal 3.500 al 2.800 a.C. Secondo
gli studiosi queste costruzioni rappresenterebbero lo zodiaco, o forse
sarebbero state destinate ad un culto solare. In Inghilterra queste costruzioni
sono legate alle leggende celtiche di re Artù, Avalon (l’isola delle mele), “il
re pescatore”, il “Santo Gral” e ai sacerdoti arcidruidi, che affermavano nei
loro comandamenti: l’obbedienza alla legge divina, solidarietà per il benessere
umano e la sopportazione con fermezza delle avversità della vita. Di loro, che
si consideravano “serpenti e draghi”, simboli di saggezza, immortalità e
rinascita, si dice che siano stati dotati di una soprannaturale memoria e
conoscenza che si trasmettevano solo oralmente, infatti, vi esisteva solo un
alfabeto divinatorio chiamato Ogham o Beth dal nome dei primi tre alberi che lo
compongono: Betulla, Sorbo, Frassino, inventato leggendariamente dal dio Ogma
“Viso di Sole”, che lo utilizzò per scrivere il primo messaggio Oghaman al dio
Lug, uno di quei dei luminosi irlandesi discesi a civilizzare i nativi del
posto, messaggio che il dio incise per l’appunto su un bastoncino di betulla.
L’ultimo discendente sarebbe stato il leggendario “Mago Merlino” che tutti
conosciamo. Le correnti energetiche sottostanti questi luoghi, probabilmente,
hanno qualcosa a che fare con Brahama Muhurt, che dal sanscrito indica “il
tempo del nettare della vita”, in pratica quando il flusso d’energia investe
tutti gli esseri viventi, 96 minuti prima del levar del sole, quando i sette
Chakra, dal sanscrito ruota, disposti lungo la spina dorsale favoriscono le
funzioni vitali, mentali e spirituali con l’ascesa di Kundalini, l’energia che
dorme alla base della colonna vertebrale. I sopraccitati siti mistici, invece,
possono essere interpretati anche come punti di incontro con altri esseri e
dimensioni, ipotesi avvallata nei nostri tempi recenti, poiché si manifestano
fenomeni enigmatici quali i pittogrammi, che seguirebbero una complessa
geometria detta “sezione aurea”, usata dagli antichi per la costruzione di
luoghi sacri, fenomeno che gli sciamani sioux, anticamente, già conoscevano e
interpretavano come alfabeto cosmico; comunque sempre di messaggi si tratta,
che spesso sono legati anche ad avvistamenti ufo, cosa verificata e studiata da
John Michell nei suoi libri “The Flyng Sancer Vision, 1967”, e “A View Over
Atlantis, 1969”; casi come quelli avvenuti in Città del messico il 15 Settembre
1994; chissà, forse questo alfabeto nasconde proprio i messaggi dei nostri avi
creatori, o è una manifestazione naturale che segue le sue geometrie come un
semplice fiocco di neve. A tale proposito c’è chi parla disconessioni
psichiche, c’è chi sostiene che questi pittogrammi siano solo artefatti umani,
altri li ritengono formati da sconosciuti globi di luce, o sfere luminose con
un diametro che va dai 10 ai 40 centimetri. Ma a parte queste affermazioni, un
fatto curioso e avvincente che mi ha colpito più di tutti, è avvenuto proprio
il 4 Luglio 2003, riportato anche dalla rivista Stargate Magazine n.13;
racconta di Arthur Rantala che nella sua fattoria sita nello stato del
Winsconsin avrebbe assistito al formarsi di un Crop Circles descrivendolo in
questi termini: “Sembrava un lago,, le onde, il vento che soffiava, e
improvvisamente apparve questo buco nero. Proprio come un buco nero, subito
dopo un altro a destra e poi al centro…..So quello che ho visto, so che è stata
madre natura, e nessun altro”.
Il pittogramma di Berwick Basset, nr
Avebury, Wiltshire scoperto il 9 giugno 2001, Milk Hill, nr Alton Barnes; a
fianco un altro pittogramma e particolare ravvicinato, scoperto il 13 agosto
2001 Wiltshire. Per ultimo il pittogramma con la testa di un alieno comparso
vicino all'osservatorio di Chilbolton il 19 agosto 2001.
13° L’ARRIVO DEGLI ARCONTI IN EGITTO E LE
GUERRE NELLE TERRE AFRICANE
Tornando alla “creazione”, gli enigmatici
egiziani la concepirono nel Dio solare Atum-Rà che per masturbazione o sputo,
generò Shub, dio dell’umidità e Tefinut, dea del vapore acqueo. Dall’unione di
questi due sarebbe nato Geb, dio della terra e Nut, dea del cielo, i quali a
loro volta generarono: Osiride spesso identificato con il sole o l’anima, Iside
identificata con la luna, Nephtys, Seth e Horus, figlio di Iside e Osiride suo
padre, colui che ascese in cielo sul carro di Rà lasciandogli i suoi poteri ed
il compito di vendetta contro Seth. Si dice anche che “il faraone in vita
portasse il titolo di Horus e dopo la morte diventasse un’Osiride”. In questa
“Concezione creativa” si evidenzia in ogni caso l’espressione allegorica del
sapere ermetico e alchemico degli egizi. Gli egizi, anzi i loro progenitori
furono un grande popolo e ci hanno lasciato in eredità grandi costruzioni che
testimoniano grandi conoscenze architettoniche, matematiche e astronomiche,
rilevabili nelle mitiche, grandi piramidi, simili nel concepimento a quelle
precolombiane oltre oceano; ma non c’è da meravigliarsi, del resto tredici
geroglifici egizi sono risultati simili a tredici geroglifici maya, ciò
significa che c’è stata una migrazione, o comunque un contatto di uno stesso
popolo, forse gli atlantidi. Erodoto afferma che fu il faraone Cheope a far
costruire dal popolo le Piramidi, terminate in 30 anni di duro lavoro; ma per
alcuni studiosi la loro costruzione risalirebbe ai re predinastici, addirittura
lo storico arabo Albu Zyad azzarda piazzarle tra il 72.000 e il 71.000 a. C.,
“il tempo delle battaglie tra dei”. Secondo alcuni studiosi, le Piramidi, nella
loro posizione, rappresenterebbero la costellazione di Orione, inoltre
rappresenterebbero fisicamente le tre dimensioni del “modello della quadratura
del cerchio”, più quella temporale, data l’antichità dell’artefatto, che
indicherebbe la dimensione cui la nostra tende, ed è indirizzata con i suoi
angoli verso i punti cardinali della terra, ed indicherebbe le “Pleiadi”,
“l’agglomerato stellare ritenuto guida dagli esoterici” e origine di altri
“esseri”, non a caso, in una piramide di queste fu trovato anche un
accumulatore con l’iscrizione “dono dei figli del cielo”, cosa che
confermerebbe le stupefacenti affermazioni degli archeologi Sir William M.
Flinders e Kinnaman, che nel suo libro “Digger For Facts”, racconta del
ritrovamento, nel 1924, di una camera segreta nella Grande Piramide, camera
piena di prismi in cristallo e sofisticati oggetti tecnologici, caso
riconfermato in un articolo sul “Rosicrucian Digest” dove si accenna anche al
rinvenimento, nello stesso sito, di una mostrina militare vecchia di 3.500
anni. Se ciò fosse vero sarebbe chiaro l’origine di quel “Sapere Ermetico”
sintetizzato nella leggendaria Tavola Smeraldina, attribuita ad Ermete, e
trovata da Allessandro Magno pare proprio sotto la Grande Piramide. Alcuni
sostengono che queste costruzioni servite agli egizi come tombe, prima erano
usate come contenitori di materiale radioattivo, “forse L’Arca”, ne sarebbero
prova le concentrazioni di gas “radon” rilevate da Jaime Bigu assieme ad
un‘equipe della Laurentian University, in collaborazione con l’Atomic Energy
Authorihy egiziana, e ciò risolverebbe anche il caso delle misteriose morti
addebitate alla “maledizione del faraone Tutankhamen”, che alcuni studiosi
ritennero causate da un fungo velenoso il “Aspergillus Niger”. Comunque basti
pensare alla stessa parola “Piramide” che pare derivare dal greco, ed è stata
tradotta come fuoco (pyr) nel mezzo. Certo è che le Piramidi più che tombe
sembrano costruzioni concepite per proteggere da qualcosa che sta all’interno,
o da qualcosa che sta all’esterno, pensate che Sir William Finders Petrie,
afferma che le sconnessioni tra una pietra e l’altra non superano il millimetro
e che il cemento usato per la costruzione, sebbene conosciuto chimicamente, non
è ancora riproducibile. Le radiazioni nelle piramidi mi ricordano le
affermazioni citate In un libro di Eric Von Daniken, dove si accenna di
radioattività riscontrata anche nel “Tempio dei giudei” locato nel Kashmir
assieme ad altri templi, in queste costruzioni sarebbero situate addirittura
delle pietre parallelepipede con un anima metallica interna che fanno pensare
ad un a sorta di “calcestruzzo”. Non è tutto, sempre in Kashmir, a Srinagar,
come afferma una notizia dell’agenzia di stampa Reuter del 27 settembre 1965,
sarebbe stata ritrovata una “pietra rosa” come la gomma, ora esposta nel museo
locale, che sembra avere la capacità di accumulare per l’appunto energia nucleare. Probabilmente
queste costruzioni devono la loro esistenza al volere degli “Anziani d’Egitto”,
poi a Mosè e a Gesù ed altri legati a quei posti; esseri evoluti che vollero
onorare quegli “dei venuti dal cielo” a civilizzare, a favorire l’evoluzione
umana. Negli scritti per Edicolaweb, Mauro Paletti ricorda che Auguste Mariette
ritrovò una stele vicino alla sfinge e alla grande piramide, ora conservata
adesso nel Museo del Cairo, nella quale è scritto che Cheope o Khufu, cioè “Re
di un forte sconosciuto potere”, pensò al restauro del tempio di Iside,
nominata signora della Piramide, la traduzione è chiara e fa retrocedere la
costruzione della piramide attribuita a Cheope: "Ankh Hor Mezdau Sten-bat
Khufu tu ankh". Vita ad Horus.....a Khufu sia la Vita. Egli rinvenne la
Casa di Iside, Signora della Piramide accanto alla dimora della Sfinge, la
misteriosa costruzione che porta ai piedi l’iscrizione “l’età del primo tempo”,
il tempo di Osiride stella di Orione, che alcuni fanno risalire a più 10.500
anni fa e che allora guardava, per l’appunto la costellazione del Leone, che
alcuni egittologi considerano origine degli antenati del popolo egizio, anche
se altri, li sostengono provenire da Marte, visto che il Cairo, loco di queste
mitiche costruzioni, starebbe a significare etimologicamente proprio il pianeta
Marte. Ma è altrettanto riscontrato che il termine “Ankh”, in egizio sembra
rappresentare Venere nella caduta fallica, da fallire, per l’appunto sempre il
pianeta d’origine dei Kumaras, Lucifero, ecc., del resto su Marte il pianeta di
recente alcune sonde hanno rinvenuto tracce comprovanti l’esistenza di un
arcaico tempo, non ben individuato, in cui vi era l’acqua, ed è logico pensare
che dove vi è acqua vi è vita. Sembrerebbe che in epoche arcaiche ci furono
vari i visitatori giunti dalle stelle, ma è anche vero che a volte i pianeti
assumevano vari significati come quello di Demoni, dato che il loro moto non
poteva essere spiegato, cosa che accade per esempio agli zoroastriani e a quei
popoli che non conoscevano l’astronomia come i babilonesi. Gli egizi
consideravano la costellazione di Orione dimora del dio Osiride, l’occhio
azzurro, “occultamente l’anima che resuscita dal regno dei morti, quando Horus
dona il proprio occhio”, ed la Luna ed il Sole sono gli occhi dell’antico dio del cielo Horus . Horus
figlio di Osiride e Iside, sorella del malvagio Seth, era considerato
tradizionalmente come l’ultimo re della stirpe divina, che fu scelto, secondo
lo storico Manetone, dal concilio degli dei del cielo per governare il paese
del Nilo dopo la morte di Osiride. Il termine Horus deriva da hrw o hr, che in
egiziano antico sta per “colui che vola alto nei cieli”, lo stesso termine che
indicava il cielo stellato era per gli egizi Hat Hor, ossia “la dimora di
Horus”. Horo era raffigurato anche come una scimmia bianca giunta dal cosmo con
la sua “camera celeste”, era il dio dell’energia, del sole e della scienza, e
il compagno di Thoth, l’inventore dell’alfabeto, che fu rappresentato dagli
egizi con la testa di Ibis. Nel Libro dei Morti al capitolo LXVI si legge: “Io
sono Horus che proviene dall’occhio di Horus”, quell’occhio che altri testi
antichi affermano sia stato rubato e poi restituito allo stesso dio, e molte
raffigurazioni lo rappresentano come un occhio alato. In oriente, per analogia,
abbiamo il dravidiano Shiva, il dio della danza, chiamato anche “Netrahan”, in
quanto uccisore dell’occhio di Bhaga. Qui si potrebbe pensare ad un eclissi
solare che ha occultato l’occhio di Horus, il Sole, oppure alla luce di un
oggetto luminoso, forse un astronave, creduta per analogia di luminosità un
Sole o proveniente dal Sole o dalle stelle. In Egitto, guarda caso, nel noto
papiro “Tulli” risalente al 1.500 a.C. si legge: “Guardate verso l’Orizzonte di
Khu-fu!…E’ proprio sopra la grande Mer, la Piramide…Ora si sta dirigendo verso
l’Amenti, verso Occidente… E’ più grande del Tekhen, dell’obelisco di
Rà!…Ritiriamoci nella Per-Ankh…la Casa della Vita”. Eusebio di Cesarea,
riportando ciò che scrisse lo storico Manetone ci fa sapere che in Egitto per
13.900 anni regnarono gli dei, dopo di loro i semidei per 1.255 anni, poi i
primi re umani per 1.817 anni e altri quaranta sovrani per 1.040 anni;
seguirono altri 5.813 anni governati dagli spiriti dei morti, prima della prima
dinastia egizia del 3.100 a. C., per un totale di 24.925 anni, che sembrano
combaciare con la cronaca riportata da Diodoro Siculo risalente al 23.100 a. C.
e ai 39.000 anni di Erodoto; che
incredibilmente, quasi corrispondono ai 36.620 anni citati nel “Papiro di
Torino”. Un documento scritto in ieratico sotto il regno di Ramesses II che
riporta i novanta nomi dei re che regnarono l’Egitto, dal “Primo Tempo” dei
dieci Neteru fino alla XIX dinastia.
14° GLI ULTIMI ARCONTI DELL’ATLANTIDE IN ESPANSIONE DALL’EGGITTO
Intorno al XI millennio a. C.
probabilmente alcune “colonie atlantidee” sopravvissute al diluvio e agli
eventi catastrofici si scontrarono tra loro come fu per Osiride e Seth. Pare
che il culto di Osiride inizi circa 4.000 anni fa, forse ad Abido, dove, guarda
caso, sono stati ritrovati crani dolicocefali, ovali come quelli rinvenuti ad
Ica e a Merida in Messico, in quel luogo di battaglie tra gli dei Horo e Seth,
dove sono stati ritrovati quei strani geroglifici che assomigliano ad aerei,
astronavi ed elicotteri; è opinione comune che il suo nome derivi dal dio
ariano Asar, in fenicio Asir e in scandinavo Aser, comunque abitante nella
terra degli Asar, quegli esseri che potevano volare in cielo nelle loro “fionde
d’oro” che riuscivano a frantumare le montagne dell’antica Asia, dove si
combatteva la solita battaglia, in questo caso contro il fratello Seth,
Identificato per l’appunto anche come Tifone e associato da alcuni anche ad
“una cometa distruttrice. In tema è la nota saga nordica tra Asi e Vani
avvenuta nella mitica Asgard che vede la bellissima e misteriosa maga Gullveig
“ebbrezza dell’oro”, corrompere la pace degli dei Asi capeggiati da Odino
contro i Vani, una guerra che si concluse con gli accordi per mantenere
quell’equilibrio che diede alla luce, “da un’otre divenuto utero di creta”,
Kvasir il più saggio dell’universo.
Come per i Romani Giove si scontra con
Typhon, il serpente sul monte Casio, forse il Sinai; come per gli Ittiti e i
Sumeri Teshub il dio del tuono combatte contro il serpente Yanka; come per i
fenici il gigantesco dio solare Baal; per i greci, pare che Zeus si contendesse
con il gigante Tifone le grandi terre del mondo. Infatti, si narra che Tifone
costrinse addirittura gli dei a fuggire in Egitto, si dice anche che costrinse
Zeus nell’antro Corico nella Cilicia, dove venne poi liberato da Ermes, Zeus
ancora libero lo sconfisse definitivamente seppellendolo vivo sotto l’Etna.
Tifone è rappresentato con cento teste di drago ed è lo sposo di Echidna che
significa “Serpente”, la dea per metà serpente uccisa nel sonno da Argo”, madre
di Chimera e dell’idra di Lerna il cui nome significa “Serpente d’acqua”. Ciò
avviene nello stesso tempo ricordato dal mito di Cadmo e Armonia, in cui
discesero gli dei sull’olimpo, quando Zeus che non era ancora signore tra gli
dei cadde vittima di Tifeo, il mostro che approfittando della sua disattenzione
rivolta ad una fanciulla, gli rubò le folgori e lo fece prigioniero in una
grotta, fino alla liberazione di Cadmo padre di Dionisio. Lo storico Diodoro
Siculo di Agirio, Enna (80 – 20 a. C.) nella sua “Biblioteca Storica” libro 1°,
descrive chiaramente l’opera civilizzatrice di Osiride e i suoi seguaci, che
sembrano essere proprio quei ”Vigilanti” o discendenti superstiti in possesso
del sapere della mitica Atlantide: "Narrano dunque che Osiride, dopo aver
sistemato l'Egitto e aver affidato a Iside, sua moglie, il potere supremo, le
abbia affiancato come consigliere Ermes, perché superiore in saggezza a tutti
gli altri amici del re, e abbia lasciato come comandante militare di tutta la
regione sotto il suo controllo Eracle, suo congiunto e personaggio eccezionale
per coraggio e forza fisica, mentre abbia posto Busiride a capo delle regioni
che si stendono verso la Fenicia e delle coste marittime e Anteo a capo delle
zone confinanti con l'Etiopia e con la Libia.". continua
"Successivamente si spinse attraverso l'Arabia, lungo le coste del Mar
Rosso fino all'India e ai confini del mondo abitato. In India, tra l'altro,
fondò non poche città, una delle quali volle chiamare Nisa in ricordo della
città dell'Egitto in cui era stato allevato."
Lasciò molti altri segni della sua
presenza in quella regione: basandosi su di essi gli Indiani delle generazioni
posteriori hanno aperto una controversia sul dio, rivendicandone l'origine
indiana. Stando alla tradizione, Osiride si dedicò anche alla caccia degli
elefanti; lasciò inoltre dappertutto stele commemorative della sua
spedizione. Visitò in seguito le altre
popolazioni dell'Asia e attraverso l'Ellesponto passò in Europa. In Tracia, mise a morte il re barbaro
Licurgo, che si opponeva alle sue imprese, e vi lasciò Marone, ormai in età
avanzata, col compito di sovrintendere alle coltivazioni introdotte nella
regione, spingendolo a fondare una città che dal suo nome si chiamò Maronea.
Lasciò Macedone, suo figlio, come re della regione che da lui prese il nome di
Macedonia, mentre a Trittolemo assegnò la cura dell'agricoltura in Attica.
Insomma, Osiride visitò tutto il mondo abitato e fece progredire la vita
associata diffondendo l'uso dei frutti di agevole coltivazione. E se qualche regione non era adatta alla
coltivazione della vite, insegnava l'uso della bevanda che si ricava dall'orzo,
di poco inferiore al vino per aroma e gradazione. Osiride ritornò in Egitto portando con sé i
doni migliori che ogni terra gli aveva offerto, e in virtù della grandezza dei
suoi benefici ottenne con consenso unanime il premio dell'immortalità e onori
pari a quelli tributati agli dèi del cielo.
Successivamente, passato dal consesso umano al consesso degli dèi, si
vide tributare sacrifici e onori altissimi da parte di Iside e di Ermes."
Qui si spiegano chiaramente le impressionanti somiglianze tra occidente e
oriente e si conviene anche sulle motivazioni del successivo sovrapporsi di
culti e miti.
Un panello locato nel Tempio di Abydos in
Egitto dove sono rappresentati strani oggetti assomiglianti ai nostri
elicotteri e aerei; a fianco i misteriosi dischi di litio di granito, con
incisi dei simboli, trovati nel 1938 a. Bayan kara Ula, Tra la Cina ed il
Tibet. E per ultimo il disco del professor Lolladoff ritrovato in Nepal e fatto
risalire a circa 4000 anni fa. Esso mostra delle anomalie di rilievo: oltre ad
avere la capacità di perdere peso e riguadagnarlo, senza alcuna spiegazione
scientificamente valida, percosso, genera un acuto suono vibrante. Inoltre
sulla sua superficie vi sono delle figure in basso-rilievo su cui si nota un
umanoide macrocefalo, che molti hanno accostato a quello del filmato
dell'autopsia reso noto da Santilli.
15° I GRANDI POTERI DEGLI ARCONTI GIUNTI
DALLO SPAZIO
Sconcertante è ciò che ci viene descritto
e confrontato dallo studioso Michele Manher che riporta alcuni strani scritti
come quelli del papiro di Ani, una versione del Libro dei morti di Hunefer
custodito nel Britisch Museum, che raccontano strani avvenimenti, al capitolo
LXXVII si legge: "io volo via e poi atterro (stando) dentro il falco; il
suo dorso misura sette cubiti (3,7 metri), le sue due ali sono come di
feldspato verde. lo esco dalla nave-sektet, il mio cuore va sulla montagna
orientale", al capitolo LXXVIII si legge: "io ti do il nemes di Ruty,
il mio, affinché tu possa andare e tornare per la strada celeste. Gli dei del
Duat, che sono all'estremità del cielo, ti vedranno, ti rispetteranno,
s'impegneranno davanti alle loro porte per te, lahwed sarà con loro. Essi si sono
dati da fare per me, gli dei padroni dei confini (del mondo), coloro che sono
legati alla dimora dell'unico Signore. lo infatti in alto (ero) presso lui che
galleggiava: dopodiché egli prende il mio nemes, come aveva detto Ruty. lahwed
apre per me un passaggio. lo sono in alto, Rury aveva preso il nemes per me,
l'aveva messo sulla mia testa, aveva allacciato per me il mio corpo nel suo
schienale, per la sua grande potenza io non posso cadere nel vuoto ... io ho
visto le sante cose segrete, io sono stato addestrato nelle operazioni
nascoste, io ho visto ciò che c'è in quel luogo, il mio pensiero è nella maestà
del signore dell'aria. ... io sono come Horo tra i suoi illuminati ... ho
attraversato le regioni più lontane del cielo. ... 'Un bel viaggio!' mi hanno
detto le divinità del Duat." Al capitolo CLXXV si legge: "cos'è
questo? lo vi ho viaggiato e, inoltre, non c'è acqua, non c'è aria, non c'è
vento, è buio, oscuro, senza limiti, senza confini." al capitolo LXXXVI:
"io ho passato un giorno nella base isolata dove c'è l'avvampamento vi ero
andato in missione, ne ritorno per rendere conto, aprimi affinché possa dire
ciò che ho visto. Horo è il comandante della nave divina, ... io vi sono
entrato stimato ed esco ingrandito attraverso la porta del Signore dell'Universo."
Nel resoconto di una battaglia avvenuta ai tempi di Ramosis II, scritta sulle
pareti dei templi di Karnak, Luxor e Abido nonché su papiri come il Sallier
III, leggiamo: "Uadjt abbatteva per me i miei avversari, il suo vento
infuocato da braci ardenti era di fronte ai miei nemici ... questi raggi
bruciavano le membra dei ribelli, e ognuno di loro gridava all'altro:
'attenti!'. La grande Sekhmet lo guidava ... chiunque provava ad avvicinarsi al
re il raggio ardente come fuoco ne bruciava le membra, mentre altri in
lontananza volavano via dal terreno, (ed altri si piegavano) con le loro mani
alla mia presenza ... essi erano a mucchi davanti al mio cavallo, erano stesi a
mucchi nel loro sangue." Stesse affermazioni nella Bibbia, David nel secondo
libro di Samuele, dopo il suo insediamento in Gerusalemme, quando ricorda
l'intervento "divino" in sua difesa durante le guerre contro i
Filistei ricorda: "Il fumo usciva dalle sue narici; dalla sua bocca uscì
un fuoco distruttore mentre braci ardenti schizzavano fuori da essa. una nube
caliginosa sorreggeva i suoi piedi. Salì sopra un cherubino e volò; egli si
spostò spinto da un vento mentre si formava una nube oscura tutto intorno; lo
circondavano come un abitacolo in un fragore d'acque e densissime nubi. Dallo
splendore che emanava tra le nubi
schizzavano pietre incandescenti. Il Signore tuonava dal cielo,
l'Altissimo produceva il suo suono. Scagliò i suoi bolidi e disperse i nemici,
vibrò le sue folgori e li mise in fuga." (2 Sa 22, 9-15). In questi scritti
diventa chiara l’immagine extraterrestre del dio degli ebrei, Jawe degli
elohim.
16° I RIVELATI SEGRETI DELLE STELLE
Ho
citato molti enigmi storici, dando più spazio ad Agarthi, perché si crede che
proprio ad Agharti sia nata la primordiale religione che per mezzo di pratiche
mistiche, mise per prima l’uomo in comunione con Dio. Esotericamente, tutte le
religioni attuali trarrebbero le loro origini dalla religione di Agharti, i
loro sacerdoti e iniziatori (Rama, Melchisedec, Budda, Mosè, i Re Magi, Cristo,
Maometto, ecc.), sarebbero definite dirette emanazioni del re del Mondo, mentre
la tradizione originale di Agharti sarebbe stata portata avanti dalle società
esoteriche. Gli stessi Aghartiani sarebbero un popolo di semidei, con un’alta
tecnologia per la quale alcuni, come Ossendiwski, li ritengono probabili
responsabili degli avvistamenti UFO, giacché solcherebbero i cieli con i loro
vimana (uccelli artificiali abitati), Il trattato Vaimanika, risalente al
quarto secolo avanti Cristo e rinvenuto nel 1875 in un antico tempio indiano,
descrive minuziosamente il funzionamento di svariati modelli di questi veicoli
ed anche le relative mappe spaziali; inoltre esisterebbe, forse a Lhasa in
Tibet, anche un misterioso testo sui “segreti della gravità e della forza
centrifuga”, un testo parte di nove libri, che sarebbero stati redatti dai nove
scienziati, reggenti l’impero di Ashoka, che migliaia d’anni prima di Cristo
riuscì a distruggere l’impero Rama, nello scenario del fiume Indo in Pakistan e
che contribuì anche a diffondere il Buddhismo. Ad una certa interpretazione, i
vimana possono essere stati mezzi simili al disco alato di Marduk, all’Ashvin o
Vailixi atlantidei, che Eklal Kueshana fa risalire a 20.000 anni fa, o ai
dischi del Serpente Piumato della mitologia precolombiana, o al biblico
cilindrico leviatano che aveva dentro di sé lampade sospese, al pesce di Giona
il quale viaggiò tre giorni al suo interno, alle canoe e tartarughe volanti
degli indios, all’occhio alato di Horus, agli scudi volanti dei romani, ai V7
tedeschi dell’ultima guerra mondiale, tedeschi che tra l’altro organizzarono
parecchie spedizioni in Tibet, ed infine agli ufo, o meglio dischi volanti
d’oggi. Oggi alcuni studiosi teorizzano che il fenomeno ufo sia creato in
realtà solo da esseri che esistono nel piano del tempo e che queste
fenomenologie sarebbero soltanto manifestazioni energetiche di forma-pensiero
verso il passato, che lascerebbero anche impronte tangibili, ma io credo che
quest’ipotesi possa risolvere solo alcuni dei milioni d’avvistamenti che
avvengono nel mondo.
L’uomo ha sempre cercato istintivamente
l’origine della sua creazione, sotto una certa logica razionale, si può pensare
che in principio, traendo spunto dal “Creato”, l'uomo abbia iniziato ad
inventare: religioni, mitologie e cominciò così, ad adorare le sue creazioni.
Alcuni studiosi hanno cercato instancabilmente il vero senso delle mitologie,
il professor De Santillana in collaborazione con la professoressa Herta von
Dechend, nella loro opera “Il Mulino di Amleto” del 1969, confrontando una
miriade di mitologie, raggiunsero l’evidente convinzione che le mitologie
racchiudessero elementi comuni di alta astronomia, come i dati per calcolare la
precessione degli equinozi, cioè quella lenta oscillazione dell’asse terrestre
dovuta dall’attrazione del sole e della luna sul rigonfiamento equatoriale che
determina un scivolamento ciclico della cintura dello zodiaco in modo che
all’equinozio di primavera ogni costellazione ospiti il sole per 2.160 anni
compiendo così il ciclo completo delle costellazioni in 25.920 anni; e ciò li
portò a pensare che qualcuno in arcaico tempo, abbia inserito nel D.N.A della
nostra civiltà queste informazioni, chiamate dallo studioso Giorgio Terzoli,
per l’appunto “Orologio Cosmico”, cioè, quelle che sono, a mio parere, le
“corrispondenze” che influiscono la vita sulla terra e tanto care agli
esoterici; ed è questo il primo linguaggio che potrebbe rivelare quei cicli
cosmici catastrofici che la scienza teorizza analizzando le variazioni climatiche
apportate dai movimenti millenari del pianeta (movimento conico, precessione,
ecc.) che a quanto pare assieme ai corpi celesti furono la causa primaria della
scomparsa delle antiche civiltà che ebbero le loro divinità strettamente legate
alle costellazioni corrispondenti come fu con l’era precessionale del Leone (
dal 10960 a.C. al 8800 a.C.) l’era del “leone alato”, in cui probabilmente si
costruì la sfinge egizia; l’era del Cancro ( dal 8800 a.C. al 6640 a.C.); l’era
dei Gemelli (dal 6640 a.C. al 4800 a.C.), dei “figli del tuono”, la probabile
Età dell’Oro in cui l’uomo riuscì a riprodurre il fuoco, i primi due bastoncini
di fuoco Aztechi: Castore e Polluce cioè: “Alfa e Beta Geminorum”; l’era del
Toro (dal 4800 a.C al 2320 a.C.) in cui si scrisse la “Torà” cioè la legge dopo
che scesero i primi “iniziatori” circa 10.000 fa e gli israeliti iniziarono ad
adorare il vitello d’oro e il bue api in Egitto, apparve il toro del dio Mitra,
il Toro Mneis o On, il Baal Adad “dio dell’atmosfera” dell Isola di Pasqua,
ecc.; l’era dell’Ariete (dal 2320 a.C. al 160 a.C.) in cui l’Ei dei canaaniti,
l’Osiride, e il dio Khnum egizi, il Giove Ammone e Mosè ne possiedono
iconograficamente le corna, l’era in cui gli accadi veneravano il capro Uz che
vegliava il disco solare, venerato anche dagli incas; e l’era precessionale dei
pesci (dal160 a.C. al 2000 d.C.) appena terminata, ed è in queto periodo che
nacque Gesù, infatti non a caso, fu rappresentato dai primi cristiani da un
pesce, inoltre lo stesso nome greco IXTHUS, o Ichthys, o Ictùs significa pesce
ed è acronimo di Iesùs Cristòs, indicava nascostamente “Lesus Xristos Theou
Uios Soter”, cioè Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore, inoltre la stessa sua
nascita da alcuni è stata fatta risalire all’equinozio di primavera sooto il
segno dei pesci, e questo ci fa capirre che ormai, giunta l’Era dell’Acquario,
In merito a quest’era Gesù disse In uno dei vangeli apocrifi attribuiti a
Tommaso: "Un giorno Gesù ci spiegò i segreti delle stelle. Era un mattino
di primavera. Dall’alto del colle vedevamo nella pianura lontana, sorgere il
Sole là dove all’orizzonte ancora brillava una luminosa costellazione".
"Passano le costellazioni” disse
Gesù“ dopo l’Ariete, i Pesci. E poi verrà l’Acquario. Allora l’uomo scoprirà
che i morti sono vivi e che la morte non esiste". A quanto pare l’era
dell’acquario, la “New Age”, “le Divinità o chi per esse” si stanno preparando
a camminare sulla Terra con noi, come fu in memore tempo e ci sveleranno, se
pronti e responsabili, i vari misteri occulti tra cui i fenomeni elettrici di
cui accenna l’occultista H. P. Blavatsky, facendoci così evolvere secondo
l’occulta dottrina impartita dall’antica Loggia Bianca ormai confusa; ma coloro
che comprenderanno saranno fuori dagli odierni schemi sociali, ed evoluti in
quelli che istintamente tendiamo e sappiamo essere giusti “nell’Amore”, solo
allora saremmo degni e capaci di controllare e comprendere quelle armi nucleari
che la scienza ci ha mostrato, come fanno gli Dei con le loro “super nove”.
Sarà il pianeta Terra che modificando il
suo asse magnetico, creerà la possibilità di accedere ad una nuova dimensione
di luce. "Non vi sarà più notte" dice l’Apocalisse di Giovanni, come
non vi sarà più morte perché la dimensione della luce è quella dell’amore”, o
come dice Enoch: "si è fatta luce come il giorno sopra la Terra e
l’oscurità è passata. E vi sarà una luce infinita". Il passaggio dall’era
dei pesci all’era dell’acquario a quanto pare porterà innovazioni dovute al
fenomeno precessionale degli equinozi che attiverà alcune forze magnetiche, una
nuova “porta dimensionale” con il creatore, “i nuovi cieli” dell’Apocalisse,
questo fino a quando “satana sarà liberato” e ritorneranno i ciclici cataclismi
dovuti allo stesso fenomeno. Galileo percependo intuitivamente tali concetti
scrisse: “Ma sopra tutte le invenzioni stupende, quale eminenza di mente,
quella di colui che s’immaginò di trovare modo di comunicare i reconditi
pensieri a qualsivoglia altra persona, benché distante lunghissimo intervallo
di luogo o di tempo? Parlare con quelli che sono nelle indie, parlare a quelli
che non ancora nati, ne saranno se non di qua a mille anni o diecimila”, in
queste parole Galileo evidenzia l’ipotesi di “Esseri” superiori, probabilmente
gli stessi nostri creatori che continuamente cerchiamo e rietichettiamo. Nel
Vecchio Commentario in merito all’umano, odierno ciclo evolutivo si legge: “Ciò
che è un mistero non lo sarà più e ciò che è stato velato sarà ora rivelato;
quello che è stato ritirato riemergerà alla luce e tutti gli uomini lo vedranno
e se ne rallegreranno. Questo momento verrà quando la desolazione avrà compiuto
il suo lavoro benefico, quando tutte le cose saranno state distrutte e quando
gli uomini avranno cercato, mediante la sofferenza, di essere impressionati da quello
che hanno scartato nel vano inseguire quanto era a portata di mano e facile da
raggiungere. Ciò, una volta posseduto, si dimostrò agente di morte: tuttavia
gli uomini cercavano la vita, non la morte”. Se prendiamo di nuovo in
considerazione la precessione equinoziale e leggiamo il 64° capitolo del Libro
egizio dei Morti attribuito a Thot, appare evidente la pericolosità del
passaggio dalla sesta era dei pesci alla settima era dell’acquario infatti si legge:
"… Calcolando e tenendo in debito
conto i giorni e le ore propizie delle stelle di Orione e delle dodici divinità
che le reggono, ecco che esse congiungono le mani palmo a palmo ma la sesta fra
esse pende sull’orlo dell’abisso nell’ora della disfatta del demonio ecco che
io giungo quale trionfatore innanzi ad un vasto spazio nel mondo
inferiore…quando cessati i massacri il sangue degli impuri si sarà raffreddato
e la Terra nuovamente composta dalla sua interezza si riammanterà di fiori e di
novelli frutti."
Sopra la scoperta di Hugo Obermaier che,
in una caverna della Valle Susfana, alle propaggini meridionali dei Monti
Atlanti, trovò un disegno, attribuito dall'illustre antropologo tedesco Leo
Frobenius, ad un'epoca non posteriore a 10.000 anni a.C.
È la più antica rappresentazione finora
conosciuta dello zodiaco. Il modo in cui sono "simbolizzate" alcune
delle dodici costellazioni della cintura zodiacale hanno dato luogo ad
interessanti ipotesi in base alla teoria della coscienza arcaica di Jung. Fra
l'altro la costellazione dei Pesci è rappresentata in forma di una croce. A
fianco il famoso vaso di Dorchester trovato nel 1851 da alcuni operai che
stavano facendo brillare delle cariche esplosive a Dorchester, Massachusetts,
quando, dall'interno di un pezzo di roccia venne estratto un vaso metallico
decorato, di una lega sconosciuta (ma contenente zinco e argento). L'altezza è
di circa 15 cm ed è ornato da intarsi floreali in puro argento, evidentemente
eseguiti da un abile artigiano. La roccia precambriana che racchiudeva il vaso
è stata datata 600 milioni di anni. Secondo l'opinione dell'editore della
rivista Scientific American il vaso sarebbe stato fabbricato da Tubal-cain, il
mitico padre della metallurgia citato nella Genesi, colui che visse nella
settima generazione della discendenza di Adamo.
17° LA NECESSARIA RELIGIONE E
L’ESPANSIONE DELLE RAZZE
La religione per l'uomo antico era
necessaria per dare un senso logico ai misteri della natura che lo circondava,
ed anche per propiziarsi quelle forze che erano per lui misteriose e
sconosciute, basti pensare il significato del “Grande spirito per gli indiani”,
o Mana per i Maori, Shang Ti per i cinesi, ecc.. Secondo la Genesi, il primo
libro dell’antico testamento, come vedremo più avanti dettagliatamente, fu Dio
a creare l’uomo, mentre i luminari della scienza sono più propensi a credere
alla teoria evoluzionistica darwiniana, che propone una discendenza da una
specie stipite, anche se pone molti interrogativi, dato che molti dei citologi
“studiosi dei cromosomi”, affermano che la figura umana aveva preceduto quella
scimmiesca. Ed è pur vero che l’uomo presenta un aspetto giovane, “fetale”
rispetto alle scimmie che presentano un aspetto senile, “specializzato”,
inoltre prove fossili ne retrodaterebbero l’origine di milioni di anni, dato
che i Pongidi cui discenderebbe l’uomo sono stati datati solo un milione di
anni fa. La tradizione esoterica, invece, vuole che i sette Re di Edom, “la
Giordania”, citati nella genesi (34, 31), simboleggino le sette grandi razze
dell’evoluzione umana, di cui quattro già passate, la quinta sta trascorrendo e
le altre due devono ancora venire. S. Giovanni nell’Apocalisse (17,10) scrive:
“Vi sono sette re quattro dei quali sono caduti, ed uno è ancora in piedi,
mentre l’altro (la sesta razza) deve ancora venire….”. Dal Blumenbach in poi il
genere umano si ritenne diviso in cinque razze: la razza etiopica o nera (Negri
africani), la razza malese o bruna (Malesi, Politesi o Australiani), la razza
mongolica o gialla (Asiatici, Eschimesi, nord-americani), la razza americana o
rossa (Aborigeni americani), la razza caucasica o bianca (Europei,
Nord-africani, ed Asiatici del sud-ovest). Generalmente gli studiosi
riconoscono tre etnie originarie, probabilmente rappresentate biblicamente dai
tre figli di Noè, o da altre analoghe suddivisioni come ad esempio lo
Shintoismo giapponese con i suoi tre figli di Izanagi e Izanami, rappresentanti
“la dualità delle forze”; esse sono: gli arya o indo-ariani di origine
nordasiatica (Persiani che intorno al 2000 a. C. si spostarono nella valle
dell’Indo): alti, biondi, pelo liscio e pelle chiara; i dravidi originariamente
stanziati nella valle dell’Indo a Mohenjodaro e Harrapa 9.000 a. C. : medio
bassi, pelle semiscura pelo liscio e scuro, occhi allungati; e i munda 80.000
a.C. di origini africane e austroasiatiche giunti in India, come i Naga del Bengala:
mesodolicocefali: bassa statura, pelle scura, pelo nero e riccio, (Boscimani.
Pigmei, Eschimesi, Aborigeni Australiani emigrati 30.000 a. C., Indios
dell’Amazonia, Pellirosse, Chimu, Incas, Cinesi predinastici, Semang). I culti
di queste tre etnie hanno sempre teso a fondere le loro matrici anche se sono
spesso state motivo di guerra, i luoghi sacri inizialmente venivano individuati
nei boschetti, nelle sorgive, nelle grotte, nelle colline e lentamente furono
sostituiti da recinti, megaliti, templi e colonnati. Gli arya erano in possesso
delle originarie concezioni vediche che successivamente si fusero al
Brahamanesimo, essi veneravano il dio del vento Dyaus Pitar o Dyaush Pitir,
“Cielo e Terra”, che in Grecia divenne Zeus il Padre di tutti gli dei dell’Olimpo,
e altri dei che risiedevano nelle montagne sacre come l’Himalaia, il Kailasa
del Tibet divenuto sacro ben a tre religioni: Buddismo, Hinduismo e Bompo; è da
qui che lentamente si affermò l’ideologia di un dio unico. Come Shiva scendeva
nel tempio della montagna manifestandosi in “il Linga”, a Sumer la dea Inanna o
Ishtar scendeva a sposare il su nuovo Ensi (il re), e il dio azteco Tonathiu
scendeva a mangiare i cuori offerti dai sacerdoti per rigenerarsi; come i
faraoni egizi “salivano alle stelle” attraverso le piramidi e i loro iniziati
accompagnati alla grande Piramide sparivano dalla vista, probabilmente
trasportati dalle astronavi parcheggiate nelle mastaba, anche i maya, gli
aztechi e prima di loro gli olmechi, facevano altrettanto con le loro piramidi
tagliate che fungevano da piattaforma per areonavi. I sumeri invece,
costruirono le loro mitiche ziggurats chiamate anche Etementacki o Etemenancki
“la casa delle fondamenta del cielo e della terra” con i suoi novanta metri di
lato e d’altezza, composta da sette terrazze, decorata d’oro e di mattoni
azzurri, chiamata anche la “la pietra angolare del cielo e la terra che sorgeva
al recinto chiamato Sachn”, la cui cima
era accessibile solo ad una donna prescelta che aveva il compito di soddisfare
i piaceri del dio Marduk, che di tanto in tanto vi scendeva, il figlio di Ea,
il signore dai quattro occhi, che tutto vedeva, il cui emblema era un
drago–serpente. Lo storico Erodoto nato ad Alicarnasso in Asia Minore nel V
sec. a. C. in merito scrive: “In cima alla torre un grande letto con accanto
una tavola d’oro. Non si vedono statue. Nessuno vi passa la notte a meno che
non si tratti di una donna scelta dal dio, come dicono i Caldei sacerdoti di
questo dio. Il dio in persona viene nella cella e riposa nel letto”. Nota a
proposito è la leggendaria Torre di Babele da cui Nimrod, o Bel, che Eupolemo
afferma essere il “gigante” re fondatore di Babilonia volle scagliare le sue
frecce verso il cielo per vendicare l‘uccisione dei suoi avi avvenuta con il
diluvio, causando così l’ira di Dio che con settanta angeli scese a confondere
le lingue nella terra. Il tempio di Nippur era descritto come “la casa per
ascendere al cielo” da li Enlil, “il serpente con gli occhi splendenti”, fratello di Enki “il creatore dell’uomo”,
innalzava i suoi raggi. Per molte popolazioni c’è sempre stato un andare e
venire dal cielo e dalle stelle. I dravidi veneravano nella loro concezione
antropomorfica e astrale l’impronunciabile dio Shiva chiamato anche come
Osiride, An , rappresentato dal fallo, simbolo di fecondità, e la “Madre Terra”
sua sposa, la dea Kalì; furono i dravidi fondatori dell’induismo nato dalla
fusione del brahamanesimo e il vedismo degli arya, con loro, la visione
animistica della reincarnazione venne trasformata nella dottrina della
resurrezione, vedi: Osiride, Adone, ecc., infatti la politica dell’induismo è
sempre stata quella di accogliere anche le nuove idee. Fino al VIII sec. a. C.
erano gli inni vedici a diffondere un panteismo che personificava la natura, dei
adorati con riti e sacrifici fino a che il culto religioso diventa magia e gli
dei vengono costretti ad operare; dal VIII al VI sec. a. C. con le Upanishad si
raggiunge l’alto grado della filosofia Vedanta ed i fenomeni sono considerati
solo apparenze del Brahman, “l’Essere Assoluto”, il mondo è solo illusione, “il
gioco creativo del genio di Brahman”. I munda nella loro visione animistica,
concepivano l’idea della reincarnazione, del “Grade spirito”, il Mana; i munda
del Bengala adorano Sing Bang (il sole) sposo della luna e autore del ”Creato”
avvenuto con l’aiuto di tre demiurghi che appaiono anche presso la cultura
Mochica e Chimu dei deserti dell’America meridionale: la Tartaruga, il granchio
e la mignatta. Tre comunque sono le concezioni antiche del divino: il “Grande
Spirito della Natura”, le “Divinità Astrali” e il “Dio del Vento”; attorno a
loro ruotavano entità fisico–spirituali benigne e maligne che si fronteggiavano
per qualche sconosciuto equilibrio cosmico per lo più identificate nel ruolo di
“Civilizzatori”.
18° I PRIMI SITI E LE PRIME COLONIE
Tra i primi siti, tralasciando
numerosissimi strani ritrovamenti come quelli in Africa risalenti a 80.000 a.
C., o come quelli degli antichi antenati degli Ainu in Giappone risalenti a
20.000 anni a. C., o altri ancora nel 1948 ad Iwajuku, addirittura risalenti a
200.000 anni fa, dove sono rinvenute alcune pietre lavorate da qualche
Sinyantropus; in Cina e Siberia l’archeologia ha riportato alla luce
testimonianze di una struttura sociale fatta risalire a 40.000 anni fa, e che
alcuni ritengono origine delle popolazioni delle Americhe, infatti, mentre a
sud si andavano a formare gli “Imperi del Sole”, c’è chi presume che attraverso
lo stretto di Bering alcune popolazioni riuscirono a raggiungere 30.000 anni fa
le americhe portando con se quel concetto di “Grande Spirito” vivo tuttora tra
i Navajo e popoli affini. Tutte queste etnie si mescolarono formando
continuamente nuove culture, dove i popoli aggressivi avevano sempre
fisicamente ragione sui più deboli che però influivano metamorficamente i
vittoriosi modificandone nel tempo l’originale radice.
Da quanto è dato a sapere,
tradizionalmente le prime colonie di genti si stabilirono sempre nelle pianure
lungo i fiumi navigabili del mondo. Come successe in Asia, dove alcune tribù si stanziarono presso il Fiume
Giallo, e presso il Fiume Azzurro dove nel 1920 è riemersa la città di
Sanxingdui con i suoi stupendi oggetti in giada, oro e avorio vecchi di 5.000
anni, assimilabili ai ritrovamenti archeologici del Kurdistan. Queste etnie,
provenienti dalle pianure fluviali del Nilo in Africa, probabilmente sono
quelle genti la cui casta più alta è nota come gli “Anziani d’Egitto”, quella
razza evoluta predinastica, associata ai “Vigilanti”, che si sostiene provenire
dallo spazio, o dall’Antartide, che prima dell’ultima glaciazione, circa 10.500
anni fa, era una zona fertile e prospera. Pare che queste etnie, probabili
colonie atlantidee superstiti, emigrarono prima in Africa, che era
probabilmente una parte fertile di Atlantide, come mostrano alcuni petroglifi
di Jabbaren e Sefar nel Sahara; e poi dopo l’ennesima catastrofe, si
stabilirono in India nella valle dell’Indo, e in Mesopotamia, nei quatto fiumi
“biblici”; Infatti Platone sosteneva che atlantide sprofondò 9.600 anni or sono
data che combacia con l’avvento dell’ultima glaciazione e l’avvento dei
“Vigilanti” citati nelle svariate e antiche culture. In queste zone, per
l’appunto nella caverna di Shanidar nelle alture del Kurdistan, alcuni
archeologi rinvennero, addirittura, sedici strati di insediamenti risalenti
fino a 10.870 anni fa, che testimoniano, dai ritrovamenti sacrificali organici,
la presenza del “culto dell’avvoltoio”, ossia quei riti sciamanici dediti alla
scarnificazione. L'archeologo inglese Leonard Woolley nel 1922, scoprì tra le
rovine di Tell al'Ubaid nel villaggio di Chemchemal insediamenti risalenti
6.750 a.C. che hanno riportato alla luce più di 5.500 statuine che oltre ad
rappresentare animali rappresentano volti allungati con labbra sottili e occhi
asiatici che ricordano i volti “degli uomini aquila” aztechi per l’appunto
molto simili a quelli serpentiformi del periodo Ubaid. Per alcuni studiosi,
come Vivian Broman Moralese, rappresentanti gli alati ”Vigilanti” dai volti di
vipera, dalla pelle chiara come l’avorio e dai capelli bianchi; giunti per
accoppiarsi con le “figlie degli uomini”, come ci ricordano il testo di Enoch,
e i rotoli del mar Morto; forse gli stessi Lokapala, i ”Guardiani del Cielo
hindù”. L’antico popolo Ubaid sostituì la cultura di Samarra, per l’appunto,
fondatrice di Eridu, la città mesopotamica nella quale si veneravano proprio
questi strani dei. Nei ruderi di alcuni suoi templi, fu trovata addirittura una
vasca rituale con i resti di una gran quantità di pesci, forse dedicati al
culto del dio pesce Dagan, o Enki, il dio sumerico che abitava nell'Abzu,
l'abisso marino, un dio simile al Oannes babilonese e al Nommos dei Dogon
africani del Mali che posseggono incredibili conoscenze astronomiche, pare
rivelate da strani esseri discesi sulle rive del Golfo Persico in prossimità di
Eridu, all’incirca il quarto millennio a. C., nell’Assiria, nel Elam unificato
da Sargon di Accad intorno al 2.500 a. C., oggi Iran. Curioso il fatto che
proprio in quella zona vi era la città stato di Sumer che era indicata anche
con il termine Kengir che in sumero si scrive “Ki En Gir”, che significa,
secondo alcuni studiosi, “Terra dei Signori dei razzi”, o “Terra dei
Guardiani”, per l’appunto “i Vigilanti”, dove Gir assume pittograficamente le
sembianze di una punta di freccia, infatti sono state ritrovate sculture, ora
visitabili al museo dell’Università di Filadelfia, con il dio rappresentato
proprio all’interno di una camera a forma di razzo.
Intorno al 4.000 a.C. appaiono due stili
artistici di cultura diversi tra questi popoli, volti a rappresentare
geometricamente forme della natura stilizzate, uno di Tell Hallaf con
rappresentazioni della doppia ascia, di teste di toro, rosette e “croci di
malta”, e un altro di Samara con rappresentazioni della “croce uncinata”
adornata da animali stilizzati; è da quest’ultima cultura, volta ad adorare
Enki il dio primordiale, che nacque la città di Eridu. Questi esseri: “Primati,
Vigilanti e Anziani d’Egitto”, diedero
origine alle genti che si stabilirono tra il Fiume Tigri e l’Eufrate, nella
terra di “Senaar” dove più tardi intorno al 2.300 a. C. Sargon, per l’appunto
colui che insegnò la civiltà e i segreti dell’universo, Naransin e il biblico
gigante Nimrod, o Bel, (l’adoratore degli idoli di legno e pietra che sfidò Dio
per vendicare gli avi uccisi dalla regrezione del diluvio), crearono il mitico
regno di Akkad, Calanne e Babilonia o Ba-Bili, in sumerico “Ka Dingir Ra”, cioè
“Porta di Dio” per alcuni confusione. In effetti un recente studio filologico
confermerebbe che lo stesso autore della Genesi spiegò con artifizio voluto il
termine babel come se derivasse da
balal o bilbel , mentre in realtà deriverebbe dall’accadico,
assiro-babilonese “bab-ilu” o “bab-ilani”
che significa per l’appunto ‘città del dio’ o ‘città degli dei’. Il
significato originario di ‘città degli dei’ sarebbe confermato anche dal fatto
che il termine assiro è un calco del sumerico (lingua ben più antica
dell’ebraico e dello stesso assiro) “ka-dingir-meš” ‘città degli dei’ in cui l’ideogramma
“dingir” ‘dio’ compare anche nella
grafia assira. Babilonia è la città scoperta nel 1899 da Koldeway, la città
dove fu eretta, dai giganti, la biblica “Torre di Babele”, come afferma
Eupolemo e descritta da Erodoto, le cui fondamenta ritrovate formano un
quadrilatero di circa m. 2.500 x 1.500, la stessa mitica ziggurat di Babilonia
che provocò l’ira di Dio che volle rendere incomprensibile l’unica lingua
“nostratica” allora parlata risalente a 15.000 anni fa e che avrebbe originato
da quell’evento tutte le odierne lingue moderne; cosa questa, a mio parere,
alquanto inverosimile, è più facile sospettare che già allora ci fossero più
genti di etnie diverse con più lingue e per questo vi fu una certa difficoltà
ad edificare. Il concetto di un’unica lingua universale è più razionale
concepirlo come un “linguaggio genetico” inserito nel nostro DNA dai, o dal
Demiurgo creatore, o concepirlo come un “linguaggio astronomico” di “sinboli”
rappresentanti stelle e costellazioni legate al quel fenomeno precessionale
degli equinozi utile a comprendere quegli eventi catastrofici che distrussero
le antiche civiltà, quegli eventi ormai persi nei ricordi della storia umana,
ma che ciclicamente accadono e atterrano ogni torre, ogni “ziggurat” innalzata
a sfidare i Creatori. Del resto il moto precessionale era conosciuto dai
sumeri, che già ai loro tempi avevano l’anno diviso in dodici mesi lunari
corrispondenti a 364 giorni, cui aggiungevano altri undici giorni per ricavarne
l’anno solare che combaciava con il lunare ogni diciannove anni. Ricercando
archeologicamente tra i primi ritrovamenti che fanno pensare a centri urbani
mai costruiti prima vi sono anche quelli dell’altopiano della Turchia a
Hacilar, Canhasan, Mesin, Alaca, Troia, Kultepe e a Chatal Huyuk, datati 7.000
a.C. e a Gerico datati 6.800 a. C.. Sempre intorno all’VIII millennio risalgono
anche i primi sassi numerati usati per i primi calcoli numerici e da qui che
probabilmente si svilupparono poi le prime forme di scrittura, anche se alcuni
strani ritrovamenti archeologici confermerebbero scritture molto precedenti:
come ad Artigas in Uruguay dove vi è una pietra con possibili scritte risalenti
a 130 milioni di anni fa, o a Chandar, nella regione degli Urali dove nel 1.999
fu trovata e studiata dai scienziati della Bashkir State University una mappa
di tre strati sovrapposti di dolomite, diopside e porcellana bianca, vecchia di
120 milioni di anni con incise sopra opere di ingegneria civile e geroglifici
sillabici sconosciuti.
Altre stranezze appaiono anche nelle
consuete e documentate prime forme di scrittura: il pittografico dravidico, il
geroglifico, il cuneiforme accadico, il cuneiforme ittita (indo-arya), trovati
anche in forma minuta da far sospettare l’uso di lenti d’ingrandimento che a
quanto pare, dati i vari ritrovamenti nel mondo sembra che allora esistessero,
basti pensare alla “perfetta” lente ritrovata in una tomba egizia di Elwan e conservata al British
Museum di Londra, ansi sembra che conoscessero anche il cannocchiale una sorta
di “tubo o bastone dorato”, strumenti che per l’epoca sembrano impossibili, ma
pare esistessero, basti ricordare il bastone donato dagli dei agli antichi
faraoni egizi Tutmosi III, per
sconfiggere gli Hyxos, ciò che sarà ricordato come “l’Armageddon”, o a
Ramnes II, per sterminare i suoi nemici, o a
Salomone per tagliare le pietre del tempio (vedi il 3° libro dei Re: VI,
7), o lo "Shamir" (il verme tagliente) di Mosè che fece sgorgare
l’acqua e alzare le acque, ecc..., del quale si dice fosse un “minerale”
potente che dopo l’uso, veniva avvolto in panni di lana e conservato in casse
di piombo, ricolme di semi di lino. Incredibili, infatti, come lo erano per gli
egizi, sono le conoscenze astronomiche, matematiche e tecniche di questo popolo
antico che già sapeva della sfericità della terra, che già conosceva il decimo
pianeta “Nibiru”, che solo ora la scienza ha accertato, che conosceva un
avanzato sistema matematico chiamato sessagesimale che già conosceva il bronzo
e la relativa fusione per ottenerlo, il rame e lo “stagno” che chiamavano,
curiosamente, “An na” cioè “pietra celeste”. Queste genti, provenienti dagli
altopiani iraniani, dai ritrovamenti di macine, mortai, pestelli, ossa animali
ecc. in Kurdistan (9.500 a.C.), Tel Abu Hureya, (8.000 – 6.000 a.C.),Chemchemal
(6.750 a.C.); intorno al 5.500 a. C, in
Mesopotamia fondarono la civiltà sumera per l’appunto da Shumer, o Sumer e
comparirono nel regno di Urartu, nell’Assiria e nel Elam, l’odierno Iram, le
prime “città stato” di Sippar, Akkad, kish, Ur, Nippur e Eridu, unificate poi
per l’appunto dal citato Sargon di Accad nel 2.500 a. C..
Il nome Eridu significa “casa costruita
lontano”, a edinu, che “significa pianura” della bassa Mesopotamia, (varie
teorie indicano Karduiyas in Babilonia, tra i quattro fiumi), da cui si
sostiene derivi il termine biblico di “Eden”, giardino e dimora dell’uomo. Eden
in ebraico significa “Delizia”, o “piacere”, ma l’origine accadica del termine
significa “gradone, o terrazza agricola”; per la Cabala, “Giardino di Delizie”
e luogo di iniziazione ai misteri. I sumeri chiamavano gli dei “Din Gir”, cioè
“puri dei razzi”, da cui “E Din”, la “casa dei puri”, o l’accadico “Edin”,
“l’altopiano” che divenne probabilmente “l’Eden”, il nostro “Paradiso”, cioè lo
“spazio recintato”, dalla radice persiana, pairi, “attorno” e daeza, “muro”; in
inglese il termine diventa heaven dall’ebraico, ha’shemim, cioè “cielo”. Quindi
intendendo sempre un altura, “la dimora degli dei”, dove, come vedremmo più
avanti, la dea delle nascite Ninti con il fratello Enki crearono l’uomo. I
sumeri divisero il cielo in tre parti, la via di Enlil a settentrione, la via
di Anu al centro e la via di Ea a meridione. Nella mitologia sumera, Anu o An,
“l’Oosiride egizio”, con i suoi Sukkali,"messaggeri"., era il dio del
cielo, Enlil il figlio maggiore di An, era il dio dell’aria, Enki era un dio
come il Narayan del Nepal, “Colui la cui casa è L’acqua”, il “neptus”, la
“sostanza umida”, fu quest’ultimo il creatore del genere umano, il “Buzur,
detentore dei segreti”, vocabolo che nella Bibbia diventa Nahash, “Serpente”,
nella Genesi 3:1: “E Nahash era il più astuto tra gli esseri creati da Dio”,
correlato ad Eva, tradotta come “Madre di tutti i viventi, Serpente femmina”,
che contrastato da Enlil,“il serpente con gli occhi splendenti”, (il dio del
cielo), “forse lo stesso Jahwe, l’Elohim che uccideva i figli di Lilith”,
avrebbe, aiutato l’uomo a evolvere, facendolo diventare senziente. In alcune
tavolette d’argilla sumere si parla infatti di una figura simile alla prima
strega Aradia, e all‘ebrea Lilith, “la luna nera”, si tratta di Nin hur sag, o
Nin Ti, (Signora della vita), Ti significa anche costola e ci porta a ricordare
Eva, era anche la signora della montagna e la sorella di Enki che dirigeva la
medicina; sarebbe proprio seguendo materialmente i procedimenti medici del
fratello che nel suo laboratorio riuscì a creare la razza umana, un merito che
gli altri dei le riconobbero. Oltre a questi dei vi era la triade astrale:
Nannar, Utu, e Inanna o Ishtar, quest’ultima una dea guerriera che secondo le
scritture sumere, “proprio come la greca Diana”, circuì Encki identificato
anche in “Lucifero”, che gli svelò tutte
le arti e salì sulla barca del cielo, il suo “Mu” e ritornò nella sua terra. In
una tavoletta d’argilla sumera si legge: “La Signora del cielo indossa la veste
del cielo e vola nel suo Mu nel più alto dei cieli”, una scultura murale
rinvenuta ad Ashur nel tempio della dea la mostra proprio in assetto di volo
con tanto di elmo, antenne, cinghie e occhialoni, riscontrabili anche nelle
statua russa “l’astronauta di Kiev”, e nelle statuine dello Yucatan, nei
petroglifi messicani della cultura Totonaca in Messico del 700 a. C. e in quei
giapponesi “Dogu” della cultura Jomon del 10.000 – 300 a. C.. La Dea sembra che
spesso apparisse alle tribù protette dicendo: “veglierò su di te da una camera
d’oro nei cieli”, e di lei si dice che viaggiasse su un carro d’oro trainato da
sette leoni. Pare che possedesse strani marchingegni, bacchette, o strani
cilindri; in testa portava la Shu.ga.ra, letteralmente dal sumero: “ciò che fa
andare lontano nell’universo”.
La misteriosa mappa tridimensionale
datata 120 milioni di anni fa e rinvenuta nella località di Chandar, negli
Urali, il 21 Luglio 1.999, che rappresenta, incredibilmente, prospezioni aeree
di dighe e canali. A fianco una locazione ipotizzata di Atlantide
19° LA CADUTA DEGLI IMMORTALI FIGLI DI
DIO E LA COMPARSA DEI GIGANTI
Nel codice sumero di Hammurabi “il
sovrano legislatore”, scritto intorno al XVIII se. a. C. Anu è invocato come
“re degli Anunnaki”, in altre parole, le divinità, coloro che sono venuti dal
cielo, che secondo le interpretazioni di Zecharia Sitchin (studioso ebraico di
origine russa), sarebbero i Gibborim, o i Refaim, figli dei biblici Nephilim, o
Nefilim, dall’ebraico Nafal, “caduti”, vale a dire i figli di Anak, coloro che
sono caduti o gettati sulla terra dal cielo; esseri vissuti al tempo di Abramo
2.000 a. C., esseri chiamati dai moabiti del deserto, Emim, le "cose
spaventose", o Zuzim ad Am. Esseri sconfitti dal re dell’Elam Chedorlaomer
nella città di Asterot Carnaim, forse l’odierna Sheikh Sa’ad, ad est del mar
Nero in Iran. Esseri legati per l’appunto ai leggendari re Og di Basan, figlio
di Semyaza, “di cui Mosè ci ricorda avere un letto di cinque metri”, e ad altri
quattro Refaim dalle sei dita, tra i quali Golia, che furono uccisi all'epoca
di Davide; esseri vissuti fino al tempo dell’Esodo. Esseri cui ci rimangono
numerosissime tracce fisiche, vedi il gigante fossilizzato di 3,70 metri
trovato da Mr Dyer nella Contea di Antrim in Irlanda con piedi a sei dita, o le
orme a sei dita lunghe 32 centimetri, trovate nel 1810 a Braystown in Tennesse,
o ancora lo scheletro gigante a sei dita trovato in California sempre nel 1810.
Del resto già Erodoto nelle “Storie 1-68” parla del ritrovamento di un gigante
di 3,10 metri. Durante il regno di Ottaviano Augusto, secondo quanto riportato
da Svetonio, durante gli scavi per le fondazioni della sua villa a Tragara,
furono rinvenute ossa gigantesche e armi in pietra che Augusto volle fossero
trasportati nella sua residenza principale di Palazzo Mare a Marina Grande.
Sono queste probabilmente le ossa degli esseri di quella razza che Giosuè ed i
suoi esploratori tornando dalla terra di Cannan affermarono di aver visto, per
l’appunto i “Nefilim, i figli di Anac…” Sono gli stessi esseri che nelle
ricerche e rappresentazioni demonologiche si potrebbero associare a quelle
figure parte delle tredici varietà di demoni dipendenti dai subordinati di
Satana, corrispondenti ai “Voluttuosi”, parte di quegli esseri che Sitchin
divise in due caste: gli spirituali ed evoluti Nephilim e gli Anunnaki
costretti a estrarre minerali per la tecnologia dei primi, forse quegli stessi
esseri rappresentati dalle statuette mesopotamiche delle “Divinità Occhio”,
ritrovate a Tell Brak in Siria, affini alle statuette Dogu giapponesi e alle
raffigurazioni delle pitture rupestri Africane e Australiane, associabili
ancora, all’Astronauta del deserto di Nazca, ecc.. Comunque esseri che si
scontrarono in antiche battaglie e secondo Sitchin, provenienti dal decimo
pianeta, il pianeta Nibiru che avrebbe una rotazione orbitale di 3.600 anni
attorno al nostro Sole, cioè “uno Shar”, un anno. Nibiru, nel suo ciclo
d’evoluzione verrebbe a contatto con qualche pianeta di una stella esterna
della costellazione, tanto cara agli egizi, di Orione, fungendo così da
navicella spaziale tra il nostro sistema e un altro similare. Sarebbe proprio
da qui che gli Anunnachi sarebbero giunti sulla terra con la loro aeromobile;
tra l’altro si dice anche che è questa nave la stella comparsa il 7 a.C.
(nascita reale di Gesù), che guidò i Magi nella mangiatoia dove nacque il
Messia, descritti nel Vangelo di S. Matteo. Del resto anche la sua morte e
resurrezione legati alla Sacra Sindone presentano non pochi interrogativi,
basti pensare alla traccia dell’immagine cristica rimasta nel lenzuolo di lino
che sarebbe stata causata da scariche protoniche lanciate dall’alto, come
afferma Thomas Philips e Jean Baptiste della Harward University; o comunque da
una radiazione elettronica, omogenea perpendicolare al corpo, come invece,
afferma il chimico tedesco E. Lindner.
Ammettendo che la dimensione tempo sia
relativa al moto, e ipotizzando un “legame metabolico” tra i pianeti e la loro
rotazione attorno al sole, si spiegherebbe la veloce evoluzione dei Kumaras di
Venere, “i Sempre Giovani”, che un tempo sbarcarono sulla Terra, e anche quella
degli Anunnachi di Nibiru, che apparirebbero all’uomo immortali. Infatti, se
paragoniamo un nostro anno solare di vita, vale a dire un’orbita di 360°
attorno al sole con l’orbita completa di Nibiru di 3.600 anni attorno al sole,
cioè uno “Shar”, appare evidente la diversa cognizione del tempo, tenendo
presente che la vita per gli umani secondo gli scritti antichi non supera i 120
anni, per gli Anunnachi sarebbe pari a 120 x 3600; ovviamente una volta discesi
sul nostro pianeta questi soccomberebbero lentamente alle leggi fisiche
riservate all’uomo. Non a caso Yahweh è chiamato anche il "Dio di
Olam" (Isaia 40,28 - Genesi 21,33), un nome che non è riportato nella
Bibbia italiana e significa "misteriosamente nascosto"; quindi Dio
giunge da un luogo che non può essere visto. Secondi gli Scritti, Olam dista
dalla Terra ben "sette cieli", per attraversare ogni cielo occorrono
500 anni, per l’appunto un totale di 3.500 anni. In Oriente oltre ad accennare
ai “Guardiani del Cielo indù, i Lokapala”, si è calcolato, secondo alcune
interpretazioni e calcoli fatti sulle età Yuga, che un Kalpa, un giorno di
Brahma sarebbe pari a 4.320.000.000 di anni terrestri. Ma a parte queste
interpretazioni e calcoli, chiaramente nella Taittirya Brahmana III. 9-22.I, si
legge: “Ciò che per gli uomini è un anno, è un solo giorno per gli dei”.
Nell’Odissea, tradotta da Ippolito
Pindemonte, Omero oltre a citare un popolo di giganti chiamati ciclopi,
riferisce l’immortalità di alcuni esseri, si legge infatti: “E i Feaci
l'accolgano, che quasi Degl'immortali al par vivon felici. Essi qual nume
onoreranlo, e al dolce Nativo loco il manderan per nave; Rame in copia
darangli, ed oro e vesti,
Quanto al fin seco dalla vinta Troia”.
Questi esseri che nelle traduzioni delle antiche e Sacre Scritture della
“Torah” la Legge, sono stati tradotti “figli di Dio” sarebbero in realtà, da
una più corretta traduzione dall’aramaico chiamati “Buona Compatibilità”, e
sarebbero identificati in coloro che si unirono alle figlie degli uomini dando
origine ai mitici giganti, come ci riferisce il Libro di Enoch, il Documento di
Damasco, ecc.. Quanto detto confermerebbe la longevità dei patriarchi
antidiluviani, le costruzioni ciclopiche e megalitiche tese ad anticipare
cronologicamente gli eventi cosmici e gli sbarchi alieni, nonché le tracce
effettive dei giganti trovate in Europa settentrionale, Asia, America, ecc..
L’incredibile teoria di Zecharia Sitchin è nata dalle interpretazioni di Gorge
Aron Barton che da alcune tavolette e cilindri rinvenuti nei sotterranei
dell’University Museum di Filadelfia, venne a conoscenza di “E Kur”, il tempio
del massimo dio sumero Enlil, “il serpente con gli occhi splendenti”, di Enki
il dio degli abissi e Sir la dea serpente che associò ai Vigilanti di Enoch. Le
tavolette raccontavano una strana storia della creazione che fu pubblicata in
un libro che venne successivamente tradotto dal geologo inglese Christian
O’Brien. La storia narrava dell’esistenza di esseri divini chiamati per
l’appunto Anunnage, o Anunnaki discendenti dai figli del cielo e della terra,
giunti da prima sulle alture, probabilmente del Kurdistan, si stabilirono poi
in una fertile valle chiamata “Edin”, che in accadico sta per altopiano e li
fondarono la loro comunità “Kharsag”. Le tavolette narrano che gli Annunage
crearono due campi, uno in cielo con trecento Annunnage con a capo Anu e uno in
terra con seicento di loro governati da Nergal che fondarono la città di Kish,
di cui i primi cinquanta separatamente fondarono Eridu, tra loro Enki, Sir, Utu
e guidati da Enlil signore della coltivazione e la moglie, “signora splendente”
Ninkharsag, chiamata anche Ninlil; il capo assoluto rimaneva Anu che elargiva
solo pareri ad un democratico “Consiglio, costituito da Sette Eletti”,
identificabili con i sette arcangeli giudeo-cristiani, con i sette Amesha
Spenta dello “Zand Avesta” zoroastriano e con i Vigilanti enochici. Interessante
ricordare che nel poema di Gilgamesh, l’eroe sumero ha caratteristiche
demoniache, è un “Illu”, un uomo per due terzi dio e per un terzo uomo, un
sovrano che rifiutò l’amore di Ishtar e cercando la pianta dell’immortalità si
imbatte in Ut Napishti il “Noè sumero”, un eroe che assieme al selvaggio
Enkindu andò a cacciare il mostro Humbaba, un gigante con artigli di leone
protetto da sette strati di vampe che viveva nella foresta di cedri situata nei
monti Zagros nel Kurdistan, curioso che in accadico cedro si dica “erin”,
termine che in ebraico indica proprio i vigilanti, inoltre la mistica ebraica
del Sepher Bahir, “il Libro Fulgido”, da al cedro il significato di femmina,
“l’albero dello splendore” del Cantico dei cantici: “Chi è costei che sorge
come l’aurora, bella come la luna, splendente come il sole, terribile come un
esercito schierato” (Cant, 6.10). Ecco questo è detto per la femmina, e per
essa è stata tratta la femmina da Adamo, giacché il mondo inferiore non può
esistere senza la femmina…”. Nel suo Dizionario Filosofico, Voltaire, l’amico
del misterioso Conte di Saint Germain, (vedi l’interessante lettera riportata a
fine testo), oltre ad affermare che la storia della caduta degli angeli, non si
trova nei libri di Mosè; afferma anche che la prima testimonianza che ne
abbiamo è quella del profeta Isaia, il quale, apostrofando il re di Babilonia,
esclamò: “Cosa è diventato l’esattore dei tributi? I pini e i cedri si
rallegrano della sua caduta; come sei caduto dal cielo, o Hellel, stella del
mattino?” (Isaia 14,12-15), e lo stesso “Helel ben Shashar”, il ribelle del
pianeta Venere citato nel testo ebraico “Targun a Giobbe”, è la stessa stella
del mattino che i Maya identificarono in Quetzalcoatl, il serpente piumato
giunto da Venere. Questo Hellel venne tradotto dall’ebraico con la parola
latina Lucifer, probabilmente per indicare, per l’appunto, i caduti dal pianeta
Venere, “il portatore di Luce”, il luminare della Terra d’allora; in seguito si
dette, in senso allegorico, il nome di Lucifero al principe degli angeli che
fecero la guerra in cielo; e finalmente questo nome, che significa anche
«fosforo» e «aurora», diventò il nome del diavolo che ricorda “devolo” scendere
in volo, o dal greco dia-bolein “lanciarsi attraverso”. Come vedete, si nomina
qualcuno giunto dalle stelle in devolo a separare, si nominano ancora i cedri,
forse quegli stessi cedri, in quella stessa zona meta dell’aterraggio alieno
narrato da Enoch. Sarebbero stati i diretti discendenti di questi Vigilanti,
Anunnachi, chiamati anche “serpenti dagli occhi splendenti” a fondare le famose
“città stato” sumere. Reali testimonianze le possiamo trovare in alcune
tavolette cuneiformi babilonesi, che raccontano di un sapere trasmesso da
giganti sfuggiti al diluvio. Alcune testimonianze sumere raccontano che dopo la
“fantomatica ribellione” fu deciso di creare una nuova razza sulla terra e i
Nefilim presero dell’argilla, del sangue del primate e lo sperma dai giovani
Nefilim e dopo aver mescolato il tutto, lo misero nel ventre di sette donne Nefilim
scelte appositamente e così nacquero i primi piccoli umani, che, a quanto pare,
furono portati successivamente nell’isola di Gondwanaland, il cui nome deriva
per l’appunto dai racconti della Creazione delle tribù dell’Africa occidentale,
dove narrano la loro provenienza dall’ovest, dall’’isola di Gondwana davanti
alle coste occidentali dell’Africa. Guarda caso proprio nella Sierra Leone, in
Africa occidentale, il geologo e archeologo Angelo Pitoni trovò strani minerali
di 12.000 anni, di pietra azzurra, la “Skistone”, ritenuti strutturalmente di
materiale artificiale e trovati assieme ai “Nomoli”, statuine di esseri satiri,
strani esseri deformi, considerati dagli indigeni locali Kiui, la
rappresentazione degli angeli caduti. Dai tempi di Adamo ed Eva, infatti,
secondo alcune interpretazioni, l’uomo si sviluppò in due ceppi, sorvegliati da
esseri evolutivamente superiori, di cui uno non poteva procreare e costretto in
schiavitù ad estrarre oro nella valle sumera fino a 20.000 anni fa, come
risulta dalle analisi di alcuni scheletri ritrovati in alcune miniere; questo
ceppo poi scomparì completamente con il Diluvio Universale circa 12.500 anni
fa. La scienza, comunque, non sa realmente e non ha prove certe di come siamo
giunti sulla terra, non a caso si parla “missing link”, o meglio dell’anello
mancante tra l’ultimo primate e noi; certo è che sembriamo venuti dal nulla e
viviamo nel pianeta da 150.000 – 250.000 anni, ma è altrettanto vero che un
evoluzione lenta e in parte inconsapevole, nel suo crearsi, non può portare la
prova certa dell’origine di se stessa, e gli antichi lo sapevano; l’inno Asya
Vanasya, “l’Enigma dell’Universo” del Rishi Dirghatamas, (Rig. Veda I. 164)
riporta: “Colui che questo ha creato, questo non conosce; da chi fu visto ciò,
davvero ciò gli rimane nascosto. Egli è invero occultato dentro l’utero della
madre; egli che provò molte nascite di progenie”.
Le divinità occhio ritrovate a Tell Brak,
situato sul fiume Khabur a Nordest della in Siria, uno dei centri della
Mesopotamia. A fianco l’Astronauta del deserto di Nazca, notare la
rassomiglianza dello stile interpretativo
Salvatore Poma ricorda che alcuni
scienziati americani che hanno studiato i casi di persone con sei dita nel
territorio degli Stati Uniti hanno scoperto che molti degli antenati di costoro
provenivano da una popolazione stanziata in una regione dell'attuale Turchia, e
in questa popolazione non è rara la nascita di persone con sei dita. Perché il
progetto genetico di questa popolazione comprendeva questa struttura di mani a
sei dita? Forse sono reminescenze di antiche ibridazioni con gli antichi dei.
Sopra una foto di comandi predisposti per mani a sei dita e foto di un Alieno
tratti dal materiale di repertorio divulgato del caso di Roswell.
20° I GIGANTI E GLI DEI LUMINOSI E LE
GRANDI MADRI NEL RICORDO CELTICO
Come in India la Dea Aditi guidava gli
Aditya, dei e titani, guardiani dell’universo, anche le leggende celtiche,
oltre che a narrare anch'esse dei giganti bellissimi dotati di poteri magici
abitanti, in altri tempi il nord Europa, raccontano così l’arrivo circa 5.000
anni fa dei loro semidei evolutivamente superiori: “I Thuata dè Danann
arrivarono in Irlanda dal cielo avvolti in una nebbia. Vennero in Eire, esseri
brillanti di luce, in nubi di fumo e lampi. Venivano dalle stelle gli Dei
d’Irlanda”. I Thuata De Danann, forse quei Tal-Ul-Don che nella fantasy dei I
regni dimenticati della terra senza tempo”, hanno delle fattezze umane e sono
dotati di grandi ali dalle piume multicolori poste dietro la schiena, erano la
Tribù della “Grande Madre Terra, progenitrice di tutte le tribù, chiamata nei
vari linguaggi: “Don, Dona, Dana, forse l’omofona “Diana”, Danu, o Anu proprio
come il dio sumero, “padre di tutti gli dei”, giungeva da una terra nordico
iperborea, dalla “Terra dei Tumuli” al di là della regione delle brume e del
fiume oceano, dall’Avallon, per l’appunto da “Danan” in gallese Don, cioè
“Corte di Don”, ossia “Liys Don”, nome con cui si designava anche la
costellazione di Cassiopea, dove Dana è il pianeta maggiore, ove si dice vi
fosse il suo trono. Questa “terra degli dei”, a mio avviso, forse era nel lago
etiope di Tana, zone legate alla regina di Saba, Salomone e l’Arca
dell’Alleanza, o meglio in corrispondenza delle acque del fiume Dan, affluente
del Giordano, poco distante dal monte della “maledizione”, Hermon; dove scesero
per l’appunto i Vigilanti descritti da Enoch. Non dimentichiamo che “dan” in
ebraico significa “giudicare”, e come fa notare R.H. Charles non è un caso dato,
come afferma il testo, che è in queste terre che furono relegati i Vigilanti
ribelli. A Dana vi si può associare il mito delle Danaidi, per l’appunto la
fenicia “Tanais” nome antico del Don e della grande Dea, sono le cinquanta
figlie di Danao fuggite da Argo per sfuggire al matrimonio con i cugini, che
uccisero la stessa notte di nozze, colpa che, per alcuni, le portò ad una
purificazione da parte di Atena ed Ermes nella palude di Lerna ed a un nuovo
matrimonio, per altri, alla morte per mano dell’unico superstite Linceo sposo
di Ipermetra, per altri ancora, costrette nell’Ade ad attingere acqua con vasi
forati. La costellazione di Cassiopea è legata simbolicamente anche alla
farfalla, simbolo di rigenerazione, e ritrovabile nelle tradizioni sciamaniche
neolitiche, anche in Italia, vedi la statuetta del villaggio neolitico di Passo
di Corvo a Foggia, che sembra rappresentare una donna in un estasi sciamanica
con il sangue che le esce dalle narici e sotto i seni porta proprio il simbolo
della costellazione di Cassiopea, a mio parere potrebbe essere benissimo quella
madre dea “Danu” chiamata in chissà quanti altri modi. In Liguria i ricercatori
Davide Gori e Enrico Calzolari hanno fatto notare che la disposizione di alcuni
siti megalitici formerebbero toponomasticamente la costellazione di Cassiopea;
inoltre in uno di questi siti un “Qudrilithon” sarebbe disposto appositamente,
in modo che l’evento solstiziale proietti l’immagine di una farfalla dorata su
una pietra fallica disposta frontalmente. Elementi questi che hanno fatto
pensare che presso la Valcamonica nel promontorio di Caprione un tempo si
praticasse una “liturgia della penetrazione della luce” come, tra l’altro, era
in uso anche presso i nativi americani, vedi il tempio di Kukulkan a Chichen
Itza. La dea Danu potrebbe essere associata anche al celtico “Dio Cervo”, che
in una sua antica scultorea rappresentazione, spogliata dalle decorazioni
rappresenterebbe, per alcuni, la specie aliena dei “grigi” identificati per
l’appunto con i Thuata De Danann; ma che forse è solo la dea rappresentata
così, per indicare la costellazione dell’Alce composta di molte altre
costellazioni, la cui parte superiore delle grandi corna è per l’appunto la
costellazione di Cassiopea, le corna e la parte anteriore del corpo sono Perseo
e un paio di stelle dell'Auriga formano la parte posteriore del corpo
dell'Alce. Se si legge il testo di Margareth Murray “Il Dio delle Streghe”, si
evidenzia l’esistenza di un antico culto sciamanico del “Dio Cervo” che si
immola e rinasce per garantire il nutrimento agli uomini, un culto risalente
addirittura alle caverne del paleolitico e successivamente legato, alle
streghe, che nelle loro pratiche di stregoneria adoravano per l’appunto un Dio
antropomorfo con le corna in testa, trasformato poi, dalla Chiesa nel “diavolo
che tutti conosciamo”. Se andiamo ancora a ricercare, troviamo che la dea Danu
è la “Casyapi” sanscrita, seduta con un fiore di loto, è la regina caucasica
“Chasiapati”, è la dea fenicia della prosperità “Kasseba” rappresentata seduta
con delle spighe tra le braccia e nei manoscritti arabi è similare alla dea
menzionata come la “Donna Seduta”, chiamata dai latini Sulium “trono”. La Tribù
della dea Danu, I Thuata De Danann, pare siano giunti a bordo della “Roth
Ramrach”, una grande ruota volante capace di portare più di mille persone;
arrivarono attratti dalle bellezze terrestri per insegnare ai figli della
terra, precisamente ai “Ard-ri”, re sacerdoti, l’amore e l’armonia, erano un
popolo magico i cui grandi guerrieri servivano a Tara, l’Ard Righ “il Grande
Re”, come fu Conn delle Cento Battaglie, il re che ricevette da Lugh in una
visita all’Altro Mondo la famosa coppa simbolo della regalità che rese grande
il suo regno fino a quando un’ignobile donna mise fine alla sua prosperità,
“una sorta di Pandora greca”, la bellissima prima donna mortale ritenuta causa
di tutti i mali e mandata da Zeus per punire gli uomini. Una coppa, questa,
chiamata “il Graal”, che una leggenda ritiene fosse affidata ad Adamo che la
perse nel Paradiso Terrestre, dal quale, alla sua caduta, fu cacciato; la coppa
poi fu ritrovata dal figlio Seth, che poté ritornare nel Paradiso Terrestre a
recuperarla. Da qui il Graal scomparve fino all’epoca di Cristo, ed è forse in
questo periodo che i druidi ne entrarono in possesso. Nel “Libro delle
Conquiste”, un antichissimo manoscritto irlandese, narra che "in un giorno
di maggio, dall'altra sponda dell'oceano arrivò la stirpe dei Tuatha dè
Danan". Giungendo dal nord, che è anche la radice del termine “Thuata”,
questi “semidei luminosi in carne ed ossa” fecero dono ai nativi d’Irlanda
oggetti e armi magiche delle loro patrie atti a favorirne lo sviluppo, fra cui
la spada Nuada del regno di Findias, la lancia di Lug del regno di Gorias, la
conca o calderone di Dagda del regno di Murias e la Pietra del Destino del
regno di Falias; armi simili proprio a quelle descritte nel “Mahabarata” indù,
o a quelle della mitologia greca, basti pensare ai calzari alati per volare, al
sacco che si adattava al contenuto e all’elmo che rendeva invisibile, oggetti
donati dagli iperborei a Perseo che già possedeva un’invincibile spada donata
da Hermes e uno scudo brunito di Atena, il tutto per distruggere le Gorgoni tra
cui la mitica Medusa dallo “sguardo pietrificante”. L’antica tradizione celtica,
guarda caso, prevedeva rituali di unione sessuale tra un sacerdote
rappresentante del dio e una sacerdotessa probabilmente scelta fra le
privilegiate assistenti maghe o profetesse a lui inferiori, forse come quelle
stesse ”figlie degli uomini” di cui ci parla il profeta Enoch, che vedremmo più
avanti, e usata come veicolo per manifestare sulla terra le energie creative
della nuova stagione. I cerimoniali sacri si consumavano durante la festa di
Beltane proprio a maggio, come per ricordare l’arrivo degli dei, nell’inizio
della metà luminosa dell’anno che portava a nascere i bambini all’inizio della
primavera, intorno alla festa di Imbolc, o Imbolic, l’Oimelc, o anche
Candlemas, da cui deriva la festa padana della Candelora consacrata allora
probabilmente alla dea della sapienza Birgit. Nella mitologa celta, nei testi
come il “Leabhar Gabhala”, il Libro delle Invasioni, tratto da testi del VI,
VII sec. a.C., oltre che ad accennare alle “mitiche armi” si afferma che furono
i Fomoriani o Fomori i primi abitanti d’Irlanda. I Fomoriani erano un “popolo
di giganti” che nel tempo condusse battaglie contro gli invasori Portholoni,
Nemed, Firbolg e i mitici Thuata De Danann, forse giunti a porre fine alle
guerre, tra questi ultimi vi erano: Dagda, Brigit, Ludd, Dian Cecht, Ogma e
Lir; quel “popolo divino” che permise alcuni matrimoni tra i due popoli. Alcune
leggende celtiche rassomigliano molto a quelle greche, basti pensare al
concepimento di re Artù ed al concepimento di Ercole, non a caso i greci
facevano risalire i keltoi, cioè i celti dal figlio di Eercole Celto. Tra i
giganti Fomoriani privilegiati, associati alle forze della natura, vi era:
Bres, Eriu, Tethra e Balor il dio della morte; la leggenda racconta che
quest’ultimo, descritto come il Polifemo greco, un gigante monocolo re dei
Fomoriani, figlio di Buarainech, volle rinchiudere in una torre la moglie
Ethlinn perché non partorisse il figlio, che una profezia riteneva diventasse
suo distruttore. Ethlinn partorì comunque, congiungendosi con Cian dei Thuatha
De Danann aiutato dalla druida Birog; Balor accortosi del fatto gettò nel mare
il bimbo che salvato dalla druida Birog fu allevato dal dio del mare Manannan
Mac Lir (che a quanto pare poteva trasformarsi ed era in suo potere viaggiare
su una nave senza vele comandata solo con il pensiero), prendendo il nome di
Lugh, l’eroe che portò i Thuatha De Danann alla vittoria di Mag Tuireadh;
vittoria nel quale Balar riuscì ad uccidere Ludd re del popolo divino perdendo
però la vita per mano del figlio maggiore, che lo colpì a morte con una fionda,
(come Davide e Golia), come aveva predetto la profezia, una profezia sul genere
di quelle indhù come quella dell’asura Kamsa che all’epoca dell’avvento di
Krsna circa 5.000 anni fa udì dal cielo una voce che gli profetizzò: “Come sei
scocco, Kamsa! Stai conducendo il carro di tuo cognato e di tua sorella senza
sapere che il loro ottavo figlio ti ucciderà”. Sugli “Dei Luminosi” della
tradizione nordica si narra che quando i Milesi li guidarono sotto terra i
Thuata De Danann presero il nome di Daoine Sidhe, il loro re era Finvarra,
grande giocatore di scacchi mai stato sconfitto e un donnaiolo che rapisce
donne umane; si narra anche che donne bellissime del Sidhe, le “Banshees”
appaiono avvolte nelle nebbia per accoppiarsi con uomini umani con l’intento di
generare nuove stirpi di eroi. Una leggenda confermata dall’antico manoscritto
trovato in un tempio celtico racconta la malefica saga distruttrice del dio
Lugh e i suoi potenti Nazgul, che alleatosi con gli altri demoniaci dei
infernali Valdemon, Agaliareth, Ogmios, Sagaxius e Bentrides, sconfissero con
un sortilegio, un misterioso e valoroso cavaliere di giustizia, loro
avversario, che per merito del suo agire, ebbe in dono dagli dei benigni
l’immortalità nell’eterna trasmigrazione dell’anima. Il celtico Lug, era
raffigurato con due teste come il romano Giano Bifronte, e rappresentava il
vecchio e il nuovo, affine al Mercurio greco, era definito anche “il
risplendente protettore delle arti”. Assieme a Mabon (il sole guaritore), Dagda
(il padre degli dei), Gabanon (il fabbro), vi era Dian Cecht (il dio della
medicina) che costruì un braccio d’argento al sovrano, braccio che aveva perso
in battaglia e che gli fruttò il nome di Nuada cioè “braccio d’argento”. La
leggenda vuole che Dian Cecht assieme alla figlia Airmed riuscisse a ridare
vita ai guerrieri uccisi purché non fossero stati decapitati. Altri dei erano:
Omios, Esus e una schiera di divinità femminili, tra le quali la triplice dea
oscura Morrigan che poteva trasformarsi in corvo e necessitava di trenta uomini
al giorno per soddisfare il suo bisogno sessuale; inoltre vi era la figlia di
Dagda e la Grande Madre, “Birgit”, il cui nome deriva dalla radice
"breo" (fuoco), il fuoco della fucina si unisce a quello dell'ispirazione,
poi la dea Caiellach e la dea Mabon, rappresentata come una ruota piena di
raggi, “vedi i “Miti Celti” e Arianod “ruota d’argento” unica figlia della Dea
Madre e madre di Lugh.
21° LA CADUTA DEGLI “ARCONTI”, GLI DEI
CIVILIZZATORI
Per i celti, Lugh, “l’Apollo celtico”,
sarebbe stato uno dei civilizzatori che operava tra le battaglie della trinità
femminile Morrigan, Macha, Boadb e quella maschile per l’appunto di Lugh, Ogma
e Dagda. Nel Pantheon hindù, invece, la madre degli dei era Adifi, la
sanguinaria dea Kalì, “l’Ishtar hindù”, che si era promessa sposa solo a chi
l’avesse sconfitta nelle battaglie contro gli eserciti dei demoni Sumbha di lei
innamorato e Munda che gli sferrò contro migliaia di dischi che la dea riuscì
ad annientare con un “Hum” (Suono supersonico); vi sono altre divinità quasi
tutte di origine arya, le più venerate erano Indra (re degli dei e dio della
pioggia), Ganesh (dalla testa di elefante e dio della cultura), Humanum (uomo
scimmia amico di Rama) legato forse ai humanum consiglieri sumeri degli antichi
re, Suria (il sole), Candra (la luna), Vaju (il vento), Agni (il fuoco), Yama
(il dio dei morti), Varuna (la sovranità che viene dal cielo e padrone del
destino umano), Kubera (il dio della ricchezza), Kama (dio dell’amore), Shandra
(dio della guerra), Shiva (il distruttore) e la sua giusta sposa Kalì, Vishnu
(il conservatore dio della saggezza) e una lunga lista di geni, ninfe e satiri
servitori di questi dei ritenuti fondamentalmente come la manifestazione di un
Dio unico, un concetto di Spirito della Natura di origine munda che prende
identità in Isvara e Braham (il creatore). Presso i Fenici vi era la triade EI,
Astarte e il terribile Ball Hammon (il Padre Senza Volto), la cui consorte era
Tanit “forse la sumera Tiamat”; al di sotto vi era Kusor (il mare), Reshef
(tuoni e fulmini), Alyan (fonti e acque), Dagon (il grano), Shadrapa (la
medicina), Hipon (l’artigianato), Sysys (giustizia), Misor (la lealtà). Altri
dei civilizzatori li troviamo anche presso gli aztechi del dio colibri
Huitzilopochtli, in lotta contro il fratello Quetzalcoatl, il mitico serpente
piumato. Gli aztechi oltre a venerare Quetzalcoatl e Tezcatlipoca, l’opposto
Ometeotl (il grande spirito della natura) e il loro padre Ehecal (il vento, o
respiro della natura); veneravano Tlaloc (la pioggia), Xipe Totec (dio dei
metalli), Cintetol (dio del mais), Hueheutetotl (il dio vecchio), Xiuhteotl
(dio del turchese). Presso i maya vi era il dio principale Itzamma, un vecchio
strabico con il corpo di lucertola definito il civilizzatore che insegnò i
mestieri e inventò la scrittura, poi vi era il mitico Kuculclan identificato
come (il serpente piumato), anche lui un civilizzatore come il dio inca Titi
Viracocha. Civilizzatori affini si riscontrano nel Libro etiopico e apocrifo di
Enoch, che nell’antico testamento è citato come colui che ha camminato con Dio,
risalente al II sec. a. C., derivante dal libro di Noè, e che fece parte, tra
l’altro, della bibbia fino al II sec. d. C. riporta fatti precedenti il diluvio,
che narrano addirittura d’un intervento alieno di natura genetica, in esso si
legge: “E ciò avvenne quando i figli degli uomini si moltiplicarono, quelli che
in quei giorni vennero alla luce. Fra di loro erano belle e seducenti figlie.
“E gli angeli, i figli del cielo, le videro e le desiderarono e dissero fra
loro "Andiamo, scegliamoci delle mogli fra le figlie degli uomini che ci
partoriranno dei figli". E Semyaza, che era il capo, disse loro "Io
temo che voi non siate concordi per compiere queste azioni ed io solo dovrò
pagare la pena di un grande peccato". E tutti gli risposero e dissero
"Facciamo un giuramento e leghiamoci tutti con imprecazioni comuni"
[…] E tutti gli altri [angeli], insieme a loro [il testo si riferisce agli
angeli capidecade], presero delle mogli e ciascuno ne scelse una e cominciarono
ad unirsi con loro e a sollazzarsi con loro e insegnarono loro vezzi ed incanti
e a tagliare radici e a conoscere e distinguere le piante. Ed esse vennero
fecondate e partorirono grandi giganti. Essi consumarono tutti i beni degli
uomini e quando gli uomini non poterono più sopportarli, i giganti si volsero
contro di loro e divorarono l’umanità […] Allora la terra mosse accusa contro i
senza legge. E Azazel [un angelo capodecade] insegnò agli uomini a far spade e
pugnali e scudi e corazze e fece loro conoscere i metalli e l’arte di lavorarli
[…] Semyaza insegnò loro incantesimi e il taglio delle radici, Arnaros a
sciogliere gli incantesimi, Barakiel l’astrologia, Kokariel l’astronomia,
Ezechiel la meteorologia, Arachiel i segni della terra, Sansiel i segni del
sole e Sariel i corsi della luna”. In un frammento di Qumran, 2° n.180 i
giganti vengono definiti: “Coloro che amano l’ingiustizia e trasmettono in
eredità la colpevolezza”. Nel “mito siciliano di Lentini”, raccontato da
Sebastiano Pisano Baudo, nella Storia di Lentini antica e moderna, si narra che
la città di Camesena fu fondata nei campi leontini, da Cam re dei saturni. I
primi abitanti dei campi Leontini furono i lestrigoni, un popolo di giganti
vicino ai ciclopi, che abitava sull’Etna. I lestrigoni vengono descritti come
un popolo pacifico, organizzato, dedito alla pastorizia e viene rinnegata la
loro la rappresentazione di esseri incivili e antropofagi, anche se nel mito di
Cerere figlia di Cam Saturno, si racconta come Orco re dei molossi rapì la
bellissima Prosepina nei pressi del bevaio di Lentini. Ovviamente noterete che
cosi facendo nello stesso tempo viene confermata anche la loro classica
reputazione. Nell’Odissea di Omero tradotta da Ippolito Pindemonte, il giudizio
sui giganti non distacca molto, si legge chiaramente: “Minerva al popol de'
Feaci e all'alta Lor città s'avvïò. Questi da prima Ne' vasti d'Iperèa fecondi
piani Far dimora solean, presso i Ciclopi, Gente di cuor superbo, e a' suoi
vicini Tanto molesta più quanto più forte. Quindi Nausitoo, somigliante a un
dio, Di tal sede levolli, e in una terra, Che dagli uomini industri il mar
divide, Gli allogò, nella Scheria; e qui condusse Alla cittade una muraglia
intorno”.
Nel Documento di Damasco CD II,14 –
III,1, in riferimento alla caduta si legge: “Ed ora, figli, ascoltatemi ed io
scoprirò i vostri occhi affinché possiate vedere e comprendere le opere di Dio,
scegliere quanto gli è gradito e respingere ciò che odia, camminare alla perfezione
in tutte le sue vie senza sgarrare secondo i desideri dell'istinto colpevole
(yeser 'ashmah) e degli occhi lussuriosi (be'ene zenut) [cfr. Ezechiele 6,9].
Poiché molti, a causa di essi si sono smarriti, e hanno vacillato, a causa di
essi, valenti eroi, dai tempi antichi ad oggi; avendo camminato
nell'ostinazione del loro cuore, caddero i vigilanti del cielo; furono presi, a
causa di essi, perché non avevano osservato gli ordini di Dio, e (a causa di
essi) caddero i loro figli la cui altezza uguagliava quella dei cedri e i cui
corpi erano come le montagne; ogni carne che era sulla terra esistiti,
essendosi comportati secondo la loro volontà e non avendo osservato gli ordini
del loro fattore, fino a quando arse contro di essi la sua ira. A causa di essi
si sono smarriti i figli di Noè e le loro famiglie, a causa di essi furono
recisi. Ma a causa di essi si sono smarriti i figli di Giacobbe e furono puniti
secondo il loro errore”.
Un testo siriano del VI secolo, “Il libro
della Caverna dei Tesori “ tenuto in gran considerazione dai Padri della Chiesa
e attribuito a Giulio Africano 200-245,
riafferma e reinterpreta i fatti sopra citati, narra delle figlie di Caino che
cadute nella lussuria si dirigono verso la montagna di Dio con lo scopo di far
scendere i 520 figli di Seth per unirsi con loro e dar così vita ai giganti,
gesto che costrinse i ribelli a non tornare nella “Caverna dei Tesori” sulla
montagna di Dio, quel Dio che successivamente provocò il Diluvio. Un’altra
leggenda degli Ebrei kurdi narra del re Salomone che ordinò ai djinn di
trovargli cinquecento mogli vergini, ma quando tornarono con le donne, Salomone
era già morto e allora decisero di
sposare le donne rapite, dando origine così alla nazione kurda; un’altra
versione della stessa, parla di cento geni e cento mogli. Sembra che le
somiglianze di tutti questi racconti nascano tutte dalla stessa fonte.
Il sacro libro etiopico “Kebra Nagast”,
oltre ad accennare alla “Caverna dei Tesori”,
descrive così la venuta al mondo di quei giganti Nefilim: “E le figlie di Caino con cui gli angeli si
erano accompagnati concepirono, ma non riuscivano a portare avanti la
gravidanza, e morivano. E dei piccoli che erano nel loro grembo alcuni
morivano, alcuni vennero alla luce vivi; avendo squarciato il ventre delle loro
madri, ne uscivano attraverso l’ombelico…”. Nella Yalqut Genesi e la Bereshit
Gabbati, si narra che gli angeli Shemhazai e Azael vollero mettere in guardia
il Signore dell’Universo affermando che l’uomo non era degno del suo mondo.
“Dio disse: “Ma se distruggo l’uomo, che ne sarà del mondo? Dissero gli angeli:
Potremmo abitarlo noi. Ma il Signore replicò: Forse che discesi sulla terra,
non pecchereste peggio degli uomini? In effetti poi avuto il benestare dal
Signore, discesero sulla terra e attratti dalle figlie degli uomini si
accoppiarono con loro, fino a quando, come si legge nel libro di Enoch,
l’arcangelo Gabriele riuscì a sterminarli provocando una guerra tra loro,
probabilmente quelle stesse battaglie tramandate anche dai testi sanscriti. In
“demonologia”, curiosamente, riappaiono alcuni nomi del testo enochiano come
Azazel e Bael, legati al concetto della voluttuosità lussuriosa di questi
angeli che hanno trasgredito la “legge del cielo”, altri sono Astar o meglio
Astaroth, Affa o Af l’angelo della morte, Apol o Apollion. Questi nomi a volte
combaciano anche con le odierne segnalazioni di incontri alieni, come ricorda
il ricercatore e studioso Mauro Paoletti, in un articolo per “Edicola Web”,
vedi per esempio, la femminile e pleidiana Semiase del caso Maier, che ricorda
il capo degli angeli Semyaza colui che pentendosi, sempre secondo la Yalqut
Genesi e la Bereshit Gabbati, tornò nel suo pianeta d’origine nella
costellazione di Orione, lasciando Azael a peccare con donne e donne demone provenienti
dallo spazio (Zohar Genesis), solo la vergine Ishatar per gli ufologi “Ithacar”
le resistette ottenendo di ritornare nel suo mondo nella costellazione della
Vergine, o meglio nelle Pleiadi (Liqqute Midrashim); Ishatar, “la Venere dei
sumeri” era chiamata anche Inanna di Uruk, Inni, Ir. Ni. Ni. la regina delle
terre di Aratta, sposa dello zio Ramanu, la dea che a quanto pare poteva volare
nei cieli grazie al suo “Me, o Mu”. Nella versione slava del testo enochiano,
il visionario vede apparire questi uomini giganteschi, con il volto
risplendente come il sole e gli occhi ardenti come lampade, che emettono fuoco
dalla bocca e hanno le braccia simili ad ali d’oro. Nel testo apocrifo di Amran
il padre di Mosè nel sogno, incontra creature con il volto di vipera
rappresentate anche nelle statuette mesopotamiche della cultura Ubaid, forse
una variante di quei serpenti creatori o Elophim come Jawe. Il popolo di Ubaid
pensava che le statuine dalla testa di vipera, “i Vigilanti”, sottraevano i
defunti per trasformarli in Funimu, vampiri capaci di confondersi tra gli
uomini, "spargendo il terrore e portando via uomini e donne per i loro
scopi". Probabilmente da qui è iniziata l’adorazione pagana della Vipera,
origine di quelle superstizioni rifiorite anche nella guerra greco-gotica,
quando la gente costretta alla fame, riesumava i morti per sfamarsi. Ad una
credenza funebre si associava la fertilità, in quanto gli esseri ultraterreni
rubavano corpi umani per produrre qualcosa di completamente nuovo. In particolare,
leggendo per l’appunto, il contenuto del Manoscritto detto "Il testamento
di Amran 4Q543, 545-548”, dal nome del padre di Mosè, un rotolo appartenente
agli scritti ritrovati in una grotta a Qumram nel 1954, conservato per un certo
tempo nel Rockefeller Museum, si può leggere un riferimento a questi strani
esseri chiamati "Vigilanti", nei 2 frammenti originali del
manoscritto B si legge:
1° ”Io vidi dei Vigilanti nella mia
visione, la visione del sogno. Due… stavano lottando al mio riguardo, dicendo
... e ingaggiando una grande disputa su
di me. Io domandai loro: "Chi siete voi, per avere su di me un tale
potere? " Essi mi risposero: "Noi abbiamo ricevuto potere e dominio
su tutta l'umanità". Essi mi dissero: "Quale di noi tu scegli perché
ti governi?". Io sollevai i miei occhi e osservai. Uno di loro era
d'aspetto terrificante, come un serpente, il suo manto era variopinto, ma molto
scuro …Ed io osservai di nuovo, e ... nel suo aspetto, il suo volto era come
una vipera, e indossava … molto, e tutti i suoi occhi…”
2° “Che ha potere su di te ...Gli
replicai: "Questo vigilante, chi è?" Eli mi rispose: "Questo
Vig]ilante … e i suoi tre nomi sono Belial e Principe delle Tenebre e Re del
Male". Io dissi: "Mio Signore, quale governo...?"ogni sua via è
oscura, ogni sua opera oscura. Nelle Tenebre egli ... Tu vedi, ed egli ha
potere su tutte le Tenebre, mentre io ho potere su tutta la luce… dalle regioni
superiori alle regioni inferiori io governo su tutta la luce, e su tutto quello
che è buono. Io governo su ogni uomo.”
Enoch nella sua visione, questi esseri li
descrive così: “Mi apparvero due uomini grandissimi, come non ne avevo mai
visti sulla terra. Il loro viso era come un sole abbagliante, i loro occhi come
lampade accese, dalle loro labbra uscivano fiamme. Le loro vesti erano come
piume;… le loro ali erano più splendenti dell’oro; le loro mani più bianche
della neve. Erano al capezzale del mio letto e mi chiamarono per nome”. Marco
Valerio Catullo nei suoi carmi ricorda dei penati: “la madre empia offrendosi
al figlio ignaro, empia non temette di disonorare gli dei penati”; pare tra
l’altro, che la radice “Penn” sia di origine celtica e sembra indicasse
originariamente proprio una divinità delle vette; lo stesso nome del dio azteco
Qetzalcoatl, significa “serpente ornato di belle piume”.
Nella Teogonia del greco Esiodo si parla
ancora dei Ciclopi, dal cuore violento con cento braccia, esseri simili alle
“Ombre Diafane” delle battaglie tra dei raccontate nei testi sanscriti
orientali; basti ricordare il dio Tvastr, il forgiatore di fulmini del dio
Indra, altri giganti li troviamo ancora nella mitologia greca, vedi il
“Polifemo” accecato da Ulisse, vedi Bronte, Sterope ed Arge, i fabbricatori di
fulmini di Zeus, uccisi da Apollo e figli di Gea ed Urano, o il mitico titano
Atlante sostenitore del cielo, o il fratello Prometeo, che oltre ad aver
forgiato l’uomo, gli donò il fuoco che non conosceva, dopo averlo nascosto in
una canna. Tra l’altro anche gli dei dell’Olimpo come gli angeli del cielo
citati da Enoch sceglievano le donne figlie degli uomini, Ercole o Eracle, era
figlio del tradimento di Zeus che con un artifizio prese le sembianze del
tebano principe di Tirinto, Anfitrione, e si unì con la moglie Alcmena, figlia
del re di Micene. Latona, anch’essa fu sedotta da Zeus e cercò di sfuggire la
gelosia di Hera partorendo su uno scoglio nell’isola di Delo”, Apollo, “il Lugh
greco”, (Omero chiama Apollo anche Febo cioè puro) che assieme ad Artemide,
periodicamente, soggiornavano nel mondo degli Iperborei, dove viveva un popolo
sacro che non conosceva ne vecchiaia, ne malattia, ne fatica. Stessa cosa vale
per il gigante mostruoso, dai cento occhi, Argo che per comando di Hera
custodiva Io, una bella sacerdotessa di cui si era invaghito Zeus e che era
stata dalla dea, per gelosia, mutata in giovenca; morì poi decapitata da
Hermes, inviato dall'Olimpo a liberare Io. Tutti questi dei, come i Vigilanti
di Enoch, avevano debolezze umane e proteggevano o insegnavano all’uomo i
rudimenti della civiltà, come fu con Demetra (identificabile nel’lside egizia)
e Persefone che insegnarono l’agricoltura a Trittolemo.
Anche la storia brahmana dei prim’evi
indiani, come evidenzia l’antico Veidam, richiamato dal dizionario filosofico
di Voltarie, racconta di un gigante figlio primogenito di Adimo e Procriti che
oltre a giacere con le due sorelle rese schiavo e servile il fratello minore,
fino a quando la sua discendenza divenuta debole fu soggiogata dal gruppo
familiare; così anche i siamesi che ricordando una storia analoga, narrano la
comparsa del gigante, ma solo dopo alcune generazioni. Nel nord America gli
indiani arikara, una tribù caddo, raccontano di un tempo quando regnava una
razza di forti giganti che scherniva perfino gli dei, e il dio Nesaru fu
costretto a distruggerla con un diluvio mantenendo integro il suo popolo. Gli
havasupai, analogamente dicono che il loro dio Hocomata fu costretto a
provocare un diluvio che distrusse l’umanità tranne la figlia di Tochopa,
Puckeheh, salvata in un tronco cavo siggillato. Nelle leggende messicane è il
dio Titlakahuan a preavvisare Norta del diluvio, e anch’egli costruì un arca e
trovò scampo con la sua famiglia.
22° I GIGANTI NEL MONDO E LE PROVE
FISICHE DELLA LORO ESISTENZA
A prova di questi racconti, nel 1870
l’indiano Frank La Fleche divulgò la notizia del ritrovamento di otto giganti
da parte degli indiani Omaha, gli stessi narrano antiche leggende di giganti
chiamati Mu a Luskha, giunti per primi dall’Oceano Pacifico sulle coste
americane a distruggere le tribù native e a stuprare le loro donne fondando poi
le loro città e guarda caso, proprio in quelle zone sono stati ritrovati
numerosi teschi di 60 cm. In Africa e nel Ciad si narrano leggende su giganti
chiamati, “Sao”. Nelle leggende irlandesi, oltre ai celtici Formoriani si
racconta di giganti valorosi, guerrieri e cacciatori chiamati Keniani, vedi
“Ossian e la principessa del mare”, erano anch’essi giganti che insegnarono
loro i rudimenti base della civiltà. Nel epica islandese, precisamente nei
canti germanici pagani dell’Edda del 375 d.C. raccolti nel Codex Regius di
Reykjavik si racconta dei Nephilim provenienti da “Niffhel”, dove “Hel” nella
traduzione starebbe per inferno che correlato con i Nephilim ebraici, figli dei
Veglianti Elohim ci riporta al concetto della caduta o scacciata dei malvagi;
nel canto di Vafthrunnir, (verso 43) si racconta che il gigante spiega al dio
Odino che l’universo è abitato da “dei giganti e dei tutti” e che esistono
almeno nove mondi abitati, un altro canto lo conferma, nella “Profezia della
Veggente” (2-3) si legge: “Ricordo i giganti nati in principio, quando un tempo
mi dettero cibo. Nove mondi ricordo. Al principio dei tempi Ymir dimorava sulla
terra, non c’era il mare, né spiaggia né onde gelide; la terra non si
distingueva, nel cielo in alto c’era solo un baratro informe; non c’era erba in
nessun luogo”, da qui poi “sull’onda” della Genesi si spiega tutta la
Creazione, in questi racconti, a quanto pare, si narrerebbe l’arrivo di tre
donne nel regno dei giganti che congiungendosi con loro avrebbero procreato dei
nani, ossia alcuni degli umani. Testimonianze antiche raccontano che dopo il
Diluvio Universale i superstiti di Atlantide si diressero nelle terre di Votan
o Wotan, in altre parole Odino, in Peru gli si può assimilare il dio Guatan
“vento e turbine”, inoltre non dimentichiamo Pacal Votan, “cioè colui che
appartiene alla stirpe dei serpenti”, sempre i “bianchi venuti dalle stelle”
come Yahweh degli Elohim. Wotan, era il dio germanico della guerra creatore del
mondo e della civiltà, era armato della lancia fatata di Gunanir avuta dal nano
Brok, un arma che non mancava mai il bersaglio. Nel pantheon germanico si
accenna anche alla dea Frigg che mandò la sua ancella Gna in diversi mondi con
un cavallo magico detto “scalpitante” che era in grado di viaggiare sopra la
terra ed il mare, “Gna incontro in aria
alcuni Wanen”….. (stranieri), Thor, “l’Ei germanico” con il suo “mantello
tonante il Miolnir”, era il signore dei Wanen; anche qui come in molti altri
testi, dopo che gli dei sconfissero i sovrannaturali giganti si ebbe la solita
lotta tra loro che erano divisi in Asi e Vani.
Il noto manoscritto messicano di “Pedro
de los Rios” narra che prima del diluvio, che avvenne 4008 anni dopo la
creazione del mondo, la terra di Anahuac era abitata da giganti Tzocuillexo.
Fra Andreas de Olmo, invece, riporta leggende indigene che narrano di altri
giganti creati da “quattro dei creatori”, giganti chiamati dagli indios:
Quinametzmin Huetlocame, in altre parole “uomini grandi e deformi”, tra i quali
il re Tlatlotl e Xelhuca, citati nei codici Nahuatl, che avrebbero eretto i
monumenti di Teotihuacan, la “città degli dei” Azteca, forse quegli stessi
esseri venuti dallo spazio che ci portano a ricordare i giganti degli
avvistamenti ufo in Argentina e in Brasile.
Sempre nella mitologia delle civiltà
precolombiane, come abbiamo già visto, un gigante era anche il dio
Quetzalcoatl, chiamato anche il “Serpente Piumato”, caduto con l’inganno anche
lui nella lussuria, accoppiandosi con la sorella, come accade con i vigilanti di
Enoch che si insozzarono con le figlie degli uomini. Nella mitologia araba sono
i giganti Ad, che secondo i Muqarribun, maghi arabi, avrebbero edificato
assieme ai semidei Jinn, la città di Irem nel deserto di Rub Ai-Kali. Il loro
dio Chthulu che ispiro il Necronomicon di Lovercraft, è presente nei testi
arabi anche con il nome di khadhulu ed è simile alla Tiamat sumera chiamata
Kutulu, inoltre in esso è presente anche l’Oannes, l’uomo pesce babilonese, Lat
e Manat le dee della pietra, Quzah il dio della folgore, Az-Zun, la venere
araba assieme agli dei della pietra Ash-Shasms, e ancora, Jarrith e i cinque
giusti, divinità preislamiche che assomigliano alle altre divinità del mondo,
presunte aliene. Nel Blanco Fossil Museum in USA, è possibile osservare un femore
di questi “fantomatici” giganti, che proverebbe proprio dalla Mesopotamia.
Nella rivista “Dossier Alieni n°15 del 1998 pag. 61, ho letto che in un
monastero tibetano, come affermerebbe il lama Lobsang Rampa (3), sarebbero
custoditi segretamente tre cadaveri d’esseri alti più di tre metri, che
sarebbero per l’appunto i leggendari giganti. In Messico pare che si ritrovino
spesso strane ossa giganti, così in Marocco, in Moravia e Siria, a Ceylon, a
Tura in Pakistan, a Gargayan nelle Filippine e in tutta la Cina. Proprio nella
Cina del sud e in Africa orientale negli anni 60 furono scoperti i due noti
esseri umanoidi fossili, chiamati gigantopiteco e megantropo, alti cinque
metri, che in vita avrebbero pesato all’incirca 500 Kg, nel 1577 In Svizzera a
Wiillisau, Lucerna, rinvennero ossa giganti appartenenti ad un essere alto 5,80
metri che l’anatomista Plater ricompose realizzandone in creta le parti
mancanti, mentre a Catanzaro, in Italia, da documentazione scritta appartenente
all’insegnante e medico bolognese Marcello Malpighi, pare che nel 1663 in
aperta campagna a Tiriolo sia stata ritrovata un’antica sepoltura con ossa
gigantesche appartenenti a un essere alto circa “quindici palmi”. Ciò rivela
che i giganti sono realmente esistiti, se non erano altre specie animali, cosa
alquanto difficile, secondo la struttura dinamica dei ritrovamenti, tra l’altro
in Marocco presso Agadir fu ritrovato addirittura un set di utensili vecchio di
30.000 anni, concepito proprio per essere usato da giganti di 4 metri e mezzo,
inoltre nel 1935, monili, ossa fuori misura, teschi grandi il doppio, sono
rinvenuti anche a Glozel in Francia e sono stati datati tra i 17.000 e i 15.000
anni. Nel Libro dei Giubilei (29:9) si afferma che questi giganti sono alti da
sette a dieci cubiti, tenendo conto che il cubito reale di Babilonia è uguale a
0,4687 m., i conti più o meno tornano, anche se in contraddizione con la
citazione del Libro dei Vigilanti (VII,2), che vede questi esseri alti tremila
cubiti. Nel Deuteronomio (3:2,20,21), nelle Cronache (20:6,9), nel Libro dei Re
(17: 4-51), nel Libro dei Numeri (13,21-29,32-33) e nella Genesi (6,1-7), il
fatto dei figli di Dio che presero come mogli le figlie degli uomini, si
ripete, menzionando sempre questi famigerati giganti. Nella Genesi, gli stessi
esploratori che raccolsero informazioni sui Cananei, tornati dissero: “E la
abbiamo visto i Giganti...e rispetto a loro ci sembrava di essere locuste”
(13,13).
La prima immagine a sinistra rappresenta
la Stele di Veracruz, dove è raffigurata la vestizione per il gioco della
palla, notare il gigante mesoamericano che ci ricorda i tanto citati nephilim
mesopotamici. A fianco “l’astronauta di Palenque”, in realtà la tomba di un re
Maya di nome Pacal, vissuto nel VII secolo d.C.nello Yucatan. Infine una
scultura monolitica in pietra che sembra
rappresentare un astronave, rinvenuta a Quriguà.
La prima foto a sinistra rappresenta un
bassorilievo e a fianco Monumenti Olmechi (La venta-Tabasco 1000 – 1400 a. C.)
Altre opere di arte olmeca, notare la
figura del serpente che in ogni rappresentazione sembra rappresentare
un’astronave che scende dal cielo e apre un boccaporto da dove esce la divinità
immersa iin una luce che è idealizzata e associata al “fuoco che usciva dalla
bocca del serpente” .
Sopra la "nave" spaziale di
Cerro de la Cantera, arte olmeca.
Sopra una ricostruzione di un Vimana in
base a testi sanscriti.
Vedute di: Machu Picchu, Mohenjo Daro, le
Grandi Piramidi d’Eggitto, l’Isola di Pasqua e Tiahuanaco: alcuni dei siti
ritenuti meta di civiltà avanzate.
Una copia di un femore gigante, trovato
nella regione mesopotamica, conservato nel Mt. Blanco Fossil Museum (USA). A
fianco le mura ciclopiche di Arpino, Casalucense di S.Elia e l’angolo Sud-Ovest
delle mura megalitiche di Circei, dove le mura raggiungono l’altezza di sei
metri, con uno spessore all'apice di 2,80 metri.
.
23° QUEGLI ALIENI ERANO “ANGELI” DOTATI
DI CORPO
erazione che voglio fare è questa: se noi
possiamo considerarci per certi versi, figli di Dio, e gli Angeli, anch’essi
sono stati definiti figli di Dio venuti dal cielo e a quanto pare, esseri
fisici, in quanto possono accoppiarsi con le donne umane, “gli angeli
incorporei”, se non erano multi dimensionali, allora non centrano con questi
“esseri”, angeli alieni, da ritenersi solo un’altra specie umanoide evoluta,
limitata alle dipendenze delle “leggi cosmiche del Dio creatore”, proprio come
noi. Essi sono solo una specie aliena che agli uomini della terra d’allora
appariva “divina” solo perché dotata tecnologicamente e di natura diversa; li
identificavano come: uomini uccello, serpenti, serpenti piumati ecc.; magari
anche con il dono della “trasfigurazione”. L’angelo che comparve agli israeliti
per guidarli al monte Horeb fuori dall’Egitto, apparve in una colonna di fuoco,
Abramo condusse tre angeli a visitare Sodomia e furono creduti dagli abitanti
uomini normali, S. Paolo disse agli ebrei che alcuni di loro avevano ospitato,
angeli senza saperlo, ecc.. Nel Libro dei Vigilanti (XI,1-4), le anime degli
uomini implorano i “Santi del cielo”: Michele, Gabriele, Suriele e Uriele, di
portare innanzi all’altissimo il loro caso, e questi “Santi del cielo” così si
rivolsero al loro Signore: “Poiché sei Signore dei signori, Re dei re, Dio
degli dei……”. Si può notare che questi angeli si rivolgono a Dio nel modo con
cui si rivolgerebbe anche l’uomo, quindi lungi da essere loro stessi dei. Gli
angeli incatenati, chiedono a Enoch di pregare per loro, ed Enoch risponde:
”Chi sono io semplice mortale per pregare per degli angeli?”. Come abbiamo, gli
stessi angeli sono “limitati” come l’uomo, nell’Apocalisse, questo concetto
viene ribadito, gli angeli sono solo servitori come i profeti. Il problema
della natura degli angeli, nella gnosi cristiana, si risolve chiaramente nel
Pistis Sophia, dove è lo stesso Gesù a tenere un discorso sulla natura degli
angeli e delle altre realtà divine intermedie: Allorché Andrea finì di parlare,
lo spirito del salvatore si agitò, ed egli esclamò: “Fino a quando vi debbo
sopportare? Fino a quando mi debbo intrattenere con voi? Tuttora non avete
compreso e siete ignoranti. Non sapete, dunque, e non capite che voi, tutti gli
angeli, tutti gli arcangeli, gli dèi, i signori, tutti gli arconti, tutti i
grandi invisibili, tutti quelli [del luogo] di mezzo, quelli dell’intero luogo
della destra, tutti i grandi delle emanazioni della luce e tutta la loro
gloria, [non capite] che tutti voi insieme provenite da un’unica e identica
pasta, che tutti voi provenite dalla stessa miscela?” (Pistis Sophia, Libro II,
100, 3). Qui si capisce chiaramente che “l’Angelo” in realtà è solo un uomo, od
una simile creatura, che raggiunge un alto grado di autocoscienza da
svincolarsi perfino dalla materia, ma non abbastanza da sciogliersi
nell’assoluta Unità del “Tutto”; è solo un “Eone”, uno spirito divino parte
della moltitudine. Una curiosa teoria su queste tematiche, ci viene dall’ormai
noto ricercatore Sitchin, che dalle sue ricerche elabora l’idea nel quale
vedrebbe l’uomo discendente da una manipolazione genetica apportata da alieni
che proverrebbero dal decimo pianeta del sistema solare, Nibiru. Un sigillo
cilindrico accadico risalente al 2.400 a. C., oggi conservato nel museo di
stato a Berlino, rappresenterebbe proporzionatamente il sistema solare e
Nibiru. C’è da chiedersi, anche tralasciando per un attimo le teorie di
Sitchin, come facessero allora i Sumeri, “il popolo della conoscenza accadica”
a conoscere l’intero sistema solare?. Non solo la civiltà sumera pone questi
interrogativi, anche alcune razze precolombiane della penisola del Yucatan e
del Mali in Africa, avevano conoscenze cosmiche allora scientificamente quasi
impossibili, del resto queste popolazioni sono legate da più elementi, gli
stessi sumeri nelle loro tavolette d’argilla raccontano di esseri arrivati dal
mare che insediatisi nelle loro terre praticarono le stesse tecniche
d’irrigazione usate a Mohenjodaro e Harrapa. Viceversa ci sarebbero prove che
antichi popoli, come i fenici abbiano potuto raggiungere le Americhe, ne
sarebbero prova alcuni reperti archeologici, come l’iscrizione trovata in
Brasile a Parahyba nel 1874, tra l’altro in questi territori sopravivono 592
lingue e 600 ormai scomparse, ciò testimonia un diversificato flusso di genti
avvenuto in tempi diversi. Ma se questa comunicazione tra società semi
primitive è stata incredibilmente possibile, non è così concertante quanto il
chiedersi: chi in quel tempo poteva avere insegnato loro certe moderne
conoscenze, se non sono solo frutto della casualità; poi si sa, che “quello che
per noi è casuale, in realtà si è sempre rivelato agire altrui”, “esistenziali
necessità delle diverse realtà del Creato”. Un’altra storia di esseri venuti
dal cielo che sarebbero intervenuti geneticamente sugli abitanti della terra,
ci viene dal circolo polare artico, gli Jucaghiri, siti tra i fiumi Jana e
Kolima, discenderebbero da progenitori extraterrestri, giunti con un aspetto
informe e successivamente trasformati in esseri umani. Tale racconto ricorda un
mito Babilonese, nel quale si narra che gli dei uscivano da un'informe palude,
(brodo primordiale), a coppia, inizialmente informi e successivamente sempre
più definiti nella loro immagine, i più giovani e meglio perfezionati
combattevano ed annientavano i vecchi, trasformando così il caos originario in
una creazione sempre più perfetta. Il sangue di un dio ucciso mescolandosi alla
polvere dava vita all'uomo, che fu pertanto inizialmente considerato simile al
dio anche se molto meno potente. Un mito babilonese racconta che il dio Marduck
creò in cielo il grande Dragone, alla testa vi pose il Nodo lunare nord “Rahu”,
ascendente, che in astrologia è la via che l’individuo deve seguire per evolvere,
e alla coda il Nodo lunare sud “Kethu”, discendente, facendogli portare sei
costellazioni sul dorso e sei sul ventre, questo drago è chiamato dagli egizi
Apopi, dagli indù per l’appunto Rahu e Kethu, in Cambogia ad Angkor ci sono
addirittura costruzioni datate ufficialmente 1.220 d.C, che riproducono la
Costellazione del Drago come appariva allo zenit 10.450 anni a.C.. Nell’Enuma
Elish si narra che “Nella camera dei fati” fu generato Marduk, il Dio Sole, che
vinse Tiamat la “Vergine della vita”, nella battaglia finale, separò il cielo
dalla terra e dette così inizio al mondo, si dice annientasse i nemici con
lampo abbagliante e facesse piovere fuoco; ed era raffigurato come un globo
alato rappresentato successivamente dai semiti con il “Tau”, la Croce, il
simbolo con il quale Horus risuscitava i morti. Le prime cerimonie religiose a
Babilonia (la porta di Dio), eseguite ogni anno con riti propiziatori ne
ricostruivano l'avvenuta battaglia. Si teorizza non a caso che l’umanità
prediluviana, un tempo fosse retta da altri esseri, alieni definiti dei e che
successivamente essendo evoluto l’uomo, ogni potere fu lasciato ai più
“illuminati”, rappresentanti della razza umana, come accadde in Egitto con i
faraoni, che costruirono le grandi piramidi disponendole come le stelle della
cinta di Orione probabilmente in onore dei loro dei da la provenienti. La
grande piramide che presenta due materiali diversi di costruzione ha convinto
alcuni studiosi dell’esistenza interna dello “Zed” una struttura granitica, di
strana manifattura e di anteriore costruzione rispetto alle piramidi, che
sembra essere una sorta di “catalizzatore di energia cosmica”, una torre
somigliante per l’appunto allo “zed”, l’amuleto sacro, per l’Egitto simbolo di
eternità e resurrezione in quanto rappresenterebbe l’erma di Osiride. Questa
torre racchiuderebbe la “Akkat Kufu”, in altre parole la ”Pietra Accadica”,
un’urna misteriosa di pietra racchiusa in questa torre montata e nascosta nelle
piramidi, prima in quella di Zolder poi in quella di keope. Una costruzione
divisa in terrazze, citata nel testo di Enoch, dove si dice che sia stata
ridotta in blocchi e dalla Mesopotamia trasferita in Egitto. Una costruzione
che alcuni studiosi ritengono legata in qualche modo con gli esseri venuti dal
cielo, gli “Anunnaki” e l’uomo geneticamente modificato e al serpente. Legata
al dio unico Osiride, Ausar, Sar, l’accadico Sargon colui che appare originato
da leggende, similari a quella “del saggio civilizzatore etrusco “Tages, Sages
o Tarcon e le sue Tavole Celesti”, un bambino prodigio dai capelli bianchi che
già parlava, trovato un giorno dell’equinozio di primavera in un cofano (Kufa)
di pietra sulla riva dell’Eufrate, come Mosè trovato sulla riva del Nilo”. La
leggenda vuole che Sargon, l’unificatore e fondatore di Akad, sia stato trovato
dal portatore d’acqua Akki, che lo trovò sulle sponde dell’Eufrate su una
mangiatoia di pietra ornata di rose, “la pietra di Kufa”, descritto con capelli
bianchi, occhi allungati esprimenti saggezza, con lunghe sopracciglia arcuate,
e carnagione abbronzata dai riflessi dorati e avvolto da un’aura luminosa.
Divenne tanto saggio da insegnare la civiltà e i segreti dell’universo al suo
popolo, del quale, con l’aiuto della dea Ishtar, divenne re. Questo
confermerebbe l’iscrizione delle parole “Akkat Kufu” trovate nella grande
piramide assieme alla famosa “mangiatoia di granito rosa”, ciò ci ricorda anche
l’apostolo Pietro quando viene chiamato da Gesù in ebraico antico “Kefa”, con
l’intenzione di definirlo “la pietra contenente le rivelazioni del messia”.
Sembra quasi di parlare della manifestazione di Krsna, ancora di più se poi
leggiamo il libro di Giobbe (38,4) dove dice: “Dove eri tu quando ho posto i
fondamenti della terra? Chi ha portato la pietra squadrata quando gli astri del
mattino cantavano tutti in coro?”. In Egitto una curiosa versione del diluvio
universale, riportata dallo storico copto Masudi, narra che Surid uno dei re
egizi predinastici vissuto prima del diluvio, sognò che una grande inondazione
e molti incendi sarebbero venuti dalla costellazione del leone durante il suo
apogeo; così fece ergere due piramidi, Khufu e Khafra “Cheope e Chefren”,
registrando sulle loro pareti, per i posteri che avrebbero compreso, tutto il
sapere scientifico segreto allora conosciuto. Infatti è confermato che le
grandi Piramidi fossero coperte da lastre calcaree iscritte che le ricoprivano,
e che precipitarono al suolo nel 1.301 a.C. a causa di un violento terremoto e
poi furono usate per ricostruire “El Kaherah”, il Cairo. Queste erano incise
con antichi caratteri e iscrizioni di scrittura, ora incomprensibili, così
numerosi, che se si dovessero copiare anche soltanto quelle che abbelliscono la
superficie delle due Piramidi, occorrerebbe riempire un libro di almeno 10.000
pagine" (Plinio, I sec. d.C.). Per quanto riguarda la catastrofe sognata
dal predinastico Surid, non bisogna dimenticare che presso gli egizi oltre che
alla dea Mut dalla testa di leone rivale di Athor, l’iside stella del mare
moglie del Toro Mneis, On, o Baal, si racconta che la dea felina Bast e la dea
dalla testa leonina Sekhmet, o Sachmet fosse stata mandata dal dio Rà per
punire l’umanità dai suoi peccati, e riuscì quasi a farlo se non fosse per
l’intervento dello stesso Rà che ne fermò la furia con un diluvio di birra,
sangue e mandragora, che fece dimenticare alle dee il loro compito. Anche i
frigi adoravano una dea simile che sarebbe scesa sulla terra proprio dalla
costellazione del leone. Rà il dio del sole di Eliopoli è chiamato anche “colui
che piange”, si dice che dalle sue lacrime sia nato il genere umano; nella
duplicità di Atum Rà diviene il “Creatore”. Secondo i sumeri Rà, “colui che
diede la coscienza vitale”, era figlio di Enlil, dio al quale fu assegnata la
terra del Nilo quando ci fu la spartizione del pianeta tra le dinastie di Ea o
EnKi ed Enlil, spesso è stato rappresentato da quattro arieti, da un falcone,
da un rospo come il dio nordico Cron e nelle Ande da un condor; nelle Hawai,
“Wai Ra” era il dio del sole, un inno
egizio a lui dedicato dice: “Tu ti agiti fra le stelle e la luna, conduci la
nave di Aton in cielo e sulla terra come le stelle girano instancabili e gli
astri presso il polo Nord che non tramonta mai”, in una piramide un’iscrizione
al lui dedicata riporta:”Tu sei colui che è, alla testa della nave del sole,
già da milioni di anni”. Allora era sicuramente facile associare al Sole
qualsiasi cosa luminosa provenisse dal cielo, anche quelle navi degli evoluti
“dei, o veglianti” che portarono il seme della civiltà sulla terra. La stessa immensità
del cielo per gli egizi era concepita come una distesa d’acqua e i corpi che vi
vedevano non potevano essere che associati alle imbarcazioni che loro stessi
costruivano per navigare il Nilo; nel antico regno, Rà era chiamato il “Grande
giunco galleggiante”, credevano che la barca solare fosse d’oro splendente e
modelli di queste barche venivano posti nelle tombe, credendo che i defunti
potessero partecipare alle traversate di Rà. Quei corpi celesti portarono i
“figli di Dio” sulla terra divenuti e creduti per la loro sapienza degli dei e
divenuti faraoni lasciarono i loro diretti discendenti a governare, loro i
prim’evi dell’Era precessionale del Leone, nell’Età “Tep zepi” dell’Oro, del
regno di Osiride, “del primo tempo”, come è stato scritto ai piedi della
sfinge, nel 10.450, quando per l’appunto fu eretta la sfinge a guardare il
Leone. Non poteva essere diversamente, qualsiasi “Essere” che appariva allora
con particolari “poteri o conoscenze”, non poteva che venire considerato un Dio
dai più, un Dio che mescolavano con il “sapere antico” lasciato dai loro avi.
Per questo successivamente nei vari popoli, s'instaurarono religioni e dei
dalla mitologia più disparata legati a quell’arcaico sapere cosmico allora
impartito agli “Illuminati” e successivamente dimenticato. I più importanti,
dei quali noi abbiamo notizie più dettagliate, sono gli Dei delle mitologie
greca ed egiziana, e EI il Dio di Canaan, che era il Dio d'Abramo, che condusse
il suo popolo dalla Mesopotamia al Mediterraneo alla fine del III a. C.. Nella
Genesi così è descritta la creazione dell’uomo: “Così Dio creò l’uomo a sua
immagine, a immagine di Dio; egli lo creò; e li fece maschio e femmina”
(Genesi, 1,27). Inoltre sempre nella (Genesi, 2,7) si legge: “E il Signore
Iddio formò l’uomo dalla polvere del suolo, e alito nelle sue narici l’alito
della vita”; l’uomo così diventò un‘anima vivente. Nelle prime versioni della
Genesi, come alcuni studiosi fanno notare, Eva appare ambigua quando pronuncia
la frase, da “Targun Genesi”: “Io ho avuto come marito l’Angelo del Signore”
Samma’el, che nel testo originale indica un angelo caduto, questa frase
successivamente ritoccata divenne “Ho avuto un uomo dal Signore”, in effetti
nei versi della Genesi (4,1), si legge: “E Adamo conobbe sua moglie Eva; ed
essa concepì, e partorì Caino, e disse, Ho avuto un uomo dal Signore”, chissà
cosa voleva dire? Nell’Apocalisse apocrifa, di Adamo, scritta in greco, c’è un
interessante revisione della Genesi. Nell’Apocalisse che Adamo avrebbe
insegnato “a suo figlio Seth nell’anno settecentesimo”, si parla di un’umanità
bisessuata che viveva nella Gloria del dio Eone, cioè l’eternità, che li aveva
generati e in seguito furono divisi dall’“Arconte Demiurgo” in maschi e
femmine, perdendo la “coscienza” spettante ai grandi “Angeli eterni”. Adamo, in
questa nuova forma avrebbe conosciuto e incontrato altri esseri celesti che non
“appartenevano alle forze del dio che lo aveva creato”. Descrive tre uomini di
cui non poteva riconoscere l’aspetto perché appartenenti ai “Grandi Angeli che
verranno su alte nubi”, dagli Eoni, gli spiriti divini, cioè gli dei, dagli
arconti dello spazio, gli Angeli vigilanti e gli Angeli caduti come “l’arconte
Saklà”. Il testo apocrifo sostiene che Yahweh “il Dio che ci aveva creato, creò
da sé un figlio e da Eva”, cioè Caino (66,24-25), inoltre profetizza la
liberazione dell’umanità in questi termini: “Scenderanno Abrasax, Sablo e
Gamaliel e libereranno gli uomini dal fuoco e dalla collera, li porteranno al
di sopra degli eoni e degli arconti delle forze, lì libereranno…”. Infatti
secondo il gnosticismo cristiano, sarebbe dal Bene che proviene il “Regno della
Luce”, costituito per l’appunto da Eoni, spiriti divini, cioè: “Tempo, Durata
ed Eternità”, Enti eterni emanati, che manifestano vari aspetti divini:
Potenza, Sapienza, Santità, e fu proprio per bramosia di sapere dell’ultimo
Eone Sophia che si animò la materia, in quanto era loro virtù, creando così
l’Arconte Demiurgo divenuto il Dio dei giudei. Un testo ebraico sostiene,
invece, che Eva generò Caino insieme ad Enki, “il dio delle acque”, che in
accadico diventa Ea e Ei in Ebraico, ed Abele sarebbe nato dall’unione con
Adamo; il segno regale della rosacroce posto su Caino sarebbe il simbolo della
“coppa delle acque” dell’utero materno. In effetti curiosa è la figura della
dea serpente Sir sposa di Enlil, o Ninlil, o Ninkharsag la sorella di Enki. Nel
racconto di Adapa, l’Adamo biblico, c’è scritto: “La conoscenza Enki gli diede,
ma non l’immortalità”; infatti Enlil, scoperto il stratagemma del fratello,
scaccia la copia dall’Eden, negandogli l’accesso all’Abero della Vita.
Ritornando ai Vigilanti, nella Genesi (6:2), si parla, come nel testo di Enoch
precedentemente citato, dei figli di Dio che si unirono alle figlie degli
uomini dando vita ai giganti, quindi non esseri incorporei cacciati dal
Paradiso dall’Arcangelo Gabriele, ma esseri corporei, forse con il potere della
“trasfigurazione”, del resto anche nel Salmo 8:5 si afferma che l’uomo è stato
fatto “Poco minor degli angeli”. Già gli antichi egizi erano convinti che anche
gli dei potessero estinguersi e morire. La mistica ebraica del Sepher Bahir,
“Il Libro Fulgido” ci dice: “Se non vi fossero le colpe non vi sarebbe
differenza tra voi e lui…L’uomo avrebbe un’anima superiore se non fosse per le
colpe”. Nel Libro dei Segreti di Enoch nel XXIII capitolo si legge:“ Il Signore
mi chiamò e mi mise alla sua sinistra più vicino di Gabriele e io adorai il
Signore. Il Signore mi disse: "Tutto ciò che hai visto, o Enoc, (ciò) che
sta (fermo) e che si muove e che é stato compiuto da me, io te lo spiegherò
prima che tutto (ciò) fosse all'inizio, tutto ciò che ho creato dal non essere
all'essere e dall'invisibile al visibile. Neppure ai miei angeli ho spiegato il
mio segreto, né ho raccontato loro la loro composizione né hanno conosciuto la
mia creazione infinita e in conoscibile e io a te la spiego oggi. Prima che
fossero tutte le cose visibili, si aprì la luce e io in mezzo alla luce passavo
come uno degli invisibili, come il sole (che) va dall'oriente all'occidente e
dall'occidente all'oriente. Il sole troverà riposo, ma io non trovai riposo,
perché tutte le cose erano senza formazione. Avendo meditato di porre un
fondamento per fare una creazione visibile”. Nel XVIII capitolo rievoca ancora
la fantomatica caduta di quei figli di Dio che si accoppiarono con le figlie
degli uomini, descrivendo fisicamente questi esseri, infatti si legge: “ Gli
uomini mi presero di là e mi innalzarono al quinto cielo. Là vidi una numerosa
milizia, gli Egrigori, il loro aspetto (era) come un aspetto umano, la loro
grandezza maggiore (di quella) di giganti grandi e i loro visi tristi e le loro
bocche silenziose. Non c'era servizio che avesse luogo al quinto cielo. Dissi
agli uomini che erano con me: "Perché questi sono tristissimi e i loro
visi sono afflitti e le loro bocche silenziose e non c'é servizio in questo
cielo?". Gli uomini mi risposero: "Questi sono gli Egrigori che da sè
si sono separati, due prìncipi e duecento hanno camminato al loro sèguito e
sono discesi sulla terra e hanno infranto la promessa sul dorso del monte
Hermon per insozzarsi con le donne degli uomini e dopo essersi insozzati il
Signore li ha condannati. Questi piangono sui loro fratelli e sull'oltraggio
(fatto) loro". Io dissi agli Egrigori: "Io ho visto i vostri fratelli
e ho conosciuto le loro azioni e so le loro preghiere e ho pregato per loro.
Ecco, il Signore li ha condannati (a stare) sotto la terra finché finiranno i
cieli e la terra; perché aspettate i vostri fratelli e non siete a servire (davanti)
al volto del Signore? Riprendete i servizi di prima, servite (davanti) al volto
del Signore per timore di irritare il Signore Dio vostro (così da) precipitarvi
da questo luogo". Ascoltarono il conforto del mio ammonimento e si
disposero in quattro ordini nel cielo. Ed ecco, mentre io stavo (là) quattro
trombe risuonarono insieme e gli Egrigori si misero a servire come con una sola
voce e la loro voce salì al volto del Signore.” Il significato di “Egregoro”,
dal greco egéiro=sveglio, egrégora=sono vigile, egrégoros=vigilante, e
vegliante, sta per risvegliato. Nel linguaggio massonico, indica un un’entità
collettiva di sommo bene; ma chi erano questi sapienti angeli civilizzatori,
figli di Dio? In ebraico i vigilanti sono gli “irin”, dall’accadico erenu, “cedro”,
per i mandei sono i “ntr-dei”, termine egizio che sta per dio e vigilare. Le
“Stanze di Dzyan” asseriscono che gli angeli erano privi di sesso e poi
divennero bisessuali e caddero il giorno che si diedero alle pratiche falliche.
Una moltitudine di testi, narrano univocamente che all’epoca di Iared, padre di
Enoch, siano caduti dal cielo, “scesero in Ardis”, sul monte della
“maledizione” ( il monte Herem, o Armon, o Hermon, a nord della Palestina, zona
della trasfigurazione di Cristo, fra Libia e Libano), duecento angeli, i
Vigilanti, con a capo Semyaza, a quanto pare, furono loro a impartire i primi
insegnamenti rudimentali che sono alla base d’ogni società civile, ma poi
congiungendosi con le “figlie degli uomini”, avrebbero dato vita a quei mostruosi
giganti che avrebbero mangiato tutte le risorse umane, e successivamente si
sarebbero ribellati contro gli uomini, addirittura mangiandoli e bevendone il
sangue, fino all’evento del diluvio, voluto dalle Divinità “lo sterminio di
tutti gli uomini e le donne, con i loro giganteschi corruttori” (Genesi 6,1
nella versione ebraica), la regrezione, la punizione che gli Elohim vollero per
porre fine a quell’orrenda saga. L’antico testo di Giobbe (15,7) cita a
proposito proprio un “consiglio degli Eloha” avvenuto a tale scopo, a quanto
pare solo Crono, Enki, Ea, Ei o meglio Yahweh tentò di salvaguardare qualcosa
della sua “Creazione”, tentando di portare in salvo Noè o chi per lui. Basti
leggere la cronaca dello storico prete babilonese del III secolo a.C., Berossus,
che nella sua opera greca, “Babyloniaka”, ripresa da un’altra opera
probabilmente sumera, parla di Crono che appare in sogno a Xisuthros, per
annunciargli l’imminente diluvio, ordinandogli di seppellire tutti gli scritti
in Seppur, “la città del Sole, cosa che Xisuthros, il “Noè biblico” fece, prima
di imbarcarsi e riapprodare sulle montagne gordiane dell’Armenia, intendendo
probabilmente l’Aj Judi del Kurdistan. Una tavoletta d’argilla risalente al
1.700 a. C. rinvenuta a Nippur sembra la fonte originaria dell’opera di
Berossus, in essa si legge : “ Il re Zusundra si prostrò davanti ad An e a
Enlil… che gli diedero la vita, come un dio. A quel tempo, il re Zusundra che
prese il seme dell’umanità al tempo della distruzione…Si insediarono in un
paese oltre il mare, a oriente in Dilmun…( il paradiso)”.
In India, oltre a Manu e altri superstiti
del diluvio, si narra che Bali, “associabile a Belial o Azazel”, il re degli
Asura ottenne il dominio del cielo, della terra e dell’inferno, riuscendo a
scacciare gli Dei dal Paradiso, che come al solito, ricorsero in aiuto alla
divinità, in questo caso Visnù, il dio che manifestatosi a Bali sotto le
spoglie d’un nano, chiese a Bali uno spazio di tre passi per potervi meditare
in pace. Acconsentita la richiesta, Visnù da nano si trasformò nel gigante
Trivikrama, e con due passi percorse la terra ed il cielo, facendosi così
riconoscere, allorché Bali, dopo averne capito l’identità si fece mettere il
piede sulla propria testa, ma Visnù lo perdonò e al posto di schiacciarlo lo
spinse negli inferi dove ne divenne il re, qui, come vi sarete accorti, si
evidenzia una forte similitudine narrativa con le battaglie tra dio Baal e il
drago Yam del mito cananeo di Baal e Anat e anche con quelle di Iside e Osiride
e di Jawe e il “serpente biblico”. L’inizio delle controversie è sempre il
dominio dei territori e la vendetta, ma al di la di questi concetti assume
importanza rilevante la caduta degli angeli dovuta all’accoppiamento con le
figlie degli uomini da parte dei figli di dio, descritta egregiamente da Enoch,
citata in molti testi antichi, nei frammenti di Qumram e consolidata anche
dalla motivazione chiarita nel Corano, dove l’Angelo Caduto, “nato dal fuoco”,
fu scacciato da Dio perché non voleva onorare Adamo, “una creatura fatta d’argilla”; quindi un problema di
genetica.
Sembra che ad un certo punto sulla terra
alcune autorità o razze celesti decidano di creare una nuova razza, “l’Adamo
biblico”, composto sempre di materia, ma creato da un Dio a sua immagine e somiglianza, esso non ha
compagna come gli altri animali che già da prima furono divisi in maschio e
femmina, ma ha un “clone” di se stesso chiamato dalle sacre scritture “Virago o
Virgo”, cioè “Aiuto o tratta dall’uomo”. Virago come il termine Virile deriva
dalla radice latina Vir; vediamo che infatti i latini hanno due termini per
definire uomo: homo (cioè essere umano) e vir (cioè tutto ciò che identifica
l'ideale di uomo, capiamo meglio se pensiamo al vocabolo virile e virtù che
spiegano che cosa intendevano i latini per vir). Se proviamo a vedere in
Celtico abbiamo il termine Viro, derivante dall'indoeuropeo wiro che ha proprio
un significato simile al Vir latino, ed in sanscrito, invece, troviamo Vi'ra
con lo stesso significato e Manu che significa più propriamente essere umano.
Si legge esplicitamente:“Poi, l’eterno Dio con la costola che aveva tolto
all’uomo ne formò un Virago e lo condusse all’uomo”. E l’uomo disse: “Questa
finalmente è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. Lei sarà chiamata
Donna perché è stata tratta dall’uomo”.
Qui Adamo non ha una femmina creata come
è stato fatto per gli altri animali, non è stato creato in coppia come gli
altri animali, non è un prodotto evolutivo della terra, è un prodotto che ha in
sé “l’immagine, la somiglianza” del Dio creatore extraterrestre che lo scisse,
rinnovandolo in una nuova ed evoluta razza, intendendo probabilmente rinnovare
la “coscienza, la ragione, l’illuminazione” datagli; è qui che si innesca il
peccato originale di Eva che ascoltando il Serpente e disobbedendo al Signore,
mangia dall’”Albero della Conoscenza”, e così si inserisce la nuova specie
umana nel pianeta terra, avviene per l’appunto, con “Adamo ed Eva”, mentre
prima Adamo era assieme con i “Figli di Dio, o meglio i Figli della Luce e delle
Tenebre, ai djinn, tra i quali la sua prima moglie Lilith”; era assieme alle
genti primordiali “inconsapevoli” e agli animali. Non a caso ad Eva gli fu
detto: “Io moltiplicherò le tue miserie e le tue gravidanze: partorirai nel
dolore; sarai sotto il potere dell’uomo ed egli ti dominerà”, significa che
prima il concepimento, se cera, era diverso e senza dolore, forse si concepiva
con la patogenesi come per l’appunto fanno i rettili, anzi dalla lettura,
sembra che la gravidanza sia addirittura una punizione per Eva, probabilmente
esisteva un concepimento per scissione o gemmazione, una sorta di
“uomo-falena”, tra l’altro un’idea contemplata nel mitico testo le “Stanze di
Dzyan” che vede gli angeli caduti in un primo tempo privi di sesso e poi
bisessuali. Del resto gli ebrei credevano in un dio corporeo; un rabbino di
nome Eliezer scrisse che Dio coprì Adamo ed Eva con la stessa pelle del
serpente che li aveva tentati, e Origene sostiene che questa veste di pelle era
una nuova carne e un nuovo corpo che Dio fece all’uomo, infatti, Il signore
disse: “Ecco Adamo che è divenuto come uno di noi”. In un commentario indiano
sta scritto che gli avi esalarono il primo uomo; cioè le divinità scissero da
se stessi l’ombra dei primi uomini, che erano: “Ombra delle Ombre”. Nei Rig.
Veda 90, “Purusha Sukta”, si legge il paradosso: “Dal Purusha (Luce) nacque
Viraj e da Viraj nacque Purusha”. Ancora nella sapienza orientale dell’India,
precisamente nelle Upanishad, a proposito della suddivisione maschile e
femminile si legge così del primo uomo:”Si guardò intorno e nulla vide di
diverso da se medesimo "Questo sono Io", furono le prime parole che
pronunciò. Egli ebbe paura. Perciò ha paura chi è solo. Ma poi pensò "Di
chi dunque ho paura, se nulla vi è all'infuori di me". Quindi gli passò la
paura. Egli non era contento. Perciò non è contento chi è solo. Egli sentì il
desiderio di un altro. La sua grossezza era allora quella di un uomo e di una
donna abbracciati. Egli si scisse in due parti. Così ebbero origine il
Principio Maschile ed il Principio Femminile”. Ecco che si capisce la
successiva importanza dell’antica unione tra un sacerdote ed una sacerdotessa
necessaria per accedere alle dimensioni superiori, il significato di miti come
quello di Cadmo e Armonia per la ricongiunzione degli opposti. Ma questi
prim’evi erano forse quell’essere che i greci identificarono in “ l’Artemis
Efesia” la dea sotto l’egida di Giove il cui culto “della Grande Dea” sarebbe
stato introdotto dalle amazzoni. Dell’Anatolia, ove erano fusi i sessi; erano
quei primi esseri asessuati a immagine di Dio, non duali, “l’antico Padre,
Madre e figlio? “Così Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio; egli
lo creò; e li fece maschio e femmina” (Genesi, 1,27). Nel Libro dei Segreti di
Enoch, al diciottesimo capitolo si legge chiaramente della divisione dei due
principi anche nelle alte gerarchie: "Questi sono gli Egrigori che da sè
si sono separati, due prìncipi e duecento hanno camminato al loro sèguito e
sono discesi sulla terra e hanno infranto la promessa sul dorso del monte
Hermon per insozzarsi con le donne degli uomini e dopo essersi insozzati il
Signore li ha condannati”. A pag. 479 del libro di Krsna si parla chiaramente
delle 16.108 mogli di Krsna, a cui lui non era attratto affatto, in quanto lui
per natura era “Soddisfatto in sé”, essendo un Dio. Nel vangelo di Giovanni cap
17 si legge esplicitamente: “E la gloria che tu hai dato a me, io l`ho data a
loro, perché siano come noi una cosa sola.
Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell`unità e il mondo
sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me”. In effetti,
Caino e Abele appaiono i figli di Adamo, ma non figli del primo “Homo Erectus”,
lo saranno magari stati “dell’Homo Sapiens”, sembrano loro i primi ad essere
agricoltori e pastori. Caino stesso, scacciato, vagò ramingo fra le genti, ma
viene da chiedersi quali altre genti c’erano, se sono loro i primi figli di
Adamo? C’erano esseri primitivi?, esseri alieni?, entrambe? Assieme al Signore
e al Serpente. Come nel Libro di Nod, citato prima, anche la Torah, parla della
cacciata di Caino che conosce altri esseri e sebbene li tema, si unisce con una
loro femmina è così che iniziano parallelamente le dinastie di Caiono, di Adamo
e di Seth che si contaminarono tra loro e con i “figli di Dio” dando origine ai
giganti, fino all’evento del Diluvio Universale. Interessante è notare che le
scritture parlano di esseri limitati a 120 anni di vita, ed esseri longevi, che
vivono molto di più, come lo stesso Noè; e già questo prova l’esistenza fisica
dei “figli di Dio”, o meglio i “Figli della Luce” del Signore e i “Figli delle
Tenebre” del Serpente. Nella Bibbia Caino unitosi con una donna del primo
genere (Lilith) generò Henoc che generò Mavial, che a sua volta generò
Matusael, padre di Lamec che unitosi con Ada generò Jabel, padre di Jubel da
cui discendono i musicanti, e “padre di quelli che abitano sotto le tende”,
mentre unitosi con Sella generò Noema e Tubalcain, “il lavoratore di martello”
artefice di ogni opera in metallo. Di Lilith, una delle demoni femmina chiamate
“le cacciatrici notturne” fuggita da Adamo, si racconta che rifugiatasi nel
deserto si sia accoppiata con i Djnns ”gli oscuri” generando quella stirpe di
demoni chiamati per l’appunto Lilim. Nel
Antico Testamento, è il profeta Isaia che vede camminare sopra le rovine di
Babilonia assieme a Lilith, “lo spettro notturno che abita nel deserto (Isaia
XXXIV)”, i “Sèdìm”, o “Se’irim “ sotto spoglie caprine; nel Levitico è lo
stesso Yahvè che comanda ad Aronne di sacrificare due capri, uno al Signore e
uno carico di colpe ad Azazel, per espiare le colpe dei figli d’Israele,
probabilmente quegli stessi Se’irim, erano i Seraphin, Eelophim, i Vigilanti,
gli Egrigori descritti da Enoch, tra cui: il dio greco Pan che diverrà il diavolo
cristiano, Jawe e molti altri ancora . Seth, il terzo genito di Adamo, invece,
riporta una progenie raccontata in modo diverso che finisce in ”epoca
diluviana” con il patriarca Noè. Nell’antropogenesi delle Stanze di Dzyan si
parla degli “Arcangeli del Fuoco”, cioè dei messaggeri di fuco a bordo di
un’arca, giunti da venere a bruciare le mostruose creature dalle quattro facce,
dalle quattro braccia, uomini capra, uomini cane, uomini pesce; identificabili
in tutte quelle mitiche figure: tritoni, centauri, ecc.; poi le entità lunari
produssero sulla terra delle entità simili agli arcangeli Signori della Fiamma,
che con loro non vollero procreare, allorché queste separarono da sé stesse un
uomo senza corpo, una sorta di ombra, fin quando lo spirito solare e gli
spiriti planetari provvedettero a donare il loro doppio eterico quale matrice
per il corpo umano, che formarono quel fantasma ed ectoplasma della “terza
razza” che successivamente prese corpo fisico, ed è qui che si ha la mitica
caduta biblica, quando i “Figli della Fiamma”, i Figli della sapienza di
“Mercurio”, scesero da Venere per incarnarsi e riprodursi. Sarebbero questi gli
Arhats, gli “illuminati” che non necessitano di atti sessuali per incarnarsi,
sono per l’appunto gli “Aria” esenti da reincarnazione, (termine che identifica
anche la distesa iraniana), coloro che ritorneranno nel giorno del Giudizio
Universale. Ed ecco che si spiega perché alcuni Arcangeli cioè “i messaggeri
dell’arca” in questo frangente caddero nel peccato del piacere fallico, e si
spiega anche l’assomiglianza simbolica tra il pianeta terra, “un cerchio con
sopra una croce”, e venere “un cerchio con sotto una croce”, che pare
rappresenti proprio la caduta; inoltre si chiarisce anche il perché, i Maya
concepirono tre calendari: uno sacro di 260 giorni (20 mesi di 13 giorni), uno
solare di 365 giorni e uno per l’appunto corrispondente alla rivoluzione
sinodica di Venere di 292 giorni, così potevano calcolarne il momento in cui si
trovava più vicino alla Terra. Ecco svelata l’esclamazione della Blavatsky,
fondatrice della Dottrina Segreta, quando affermava: “che noi siamo solo lo
specchio della vita manifesta su Venere”.
Qui Adamo è l’ermafrodita dalla cui
costola fu creata Eva, un imperfezione che originò la coppia perfetta: Caino
maschio, e l’Abele femmina, da qui la procreazione non si ha più per scissione
ma con atto carnale, gestazione e dolorosa espulsione; ecco rivelato il
significato del verso della genesi: “Io moltiplicherò le tue miserie e le tue
gravidanze: partorirai nel dolore; sarai sotto il potere dell’uomo ed egli ti
dominerà”. Da qui poi ci fu un susseguirsi di contatti con i nostri
“costruttori” extraterrestri che vigilarono continuamente, mentre altri
istituirono le prime grandi civiltà terrestri e tutt’ora, a quanto pare, la
saga continua.
Tavoletta babilonese in terrra cotta con
un immagine ritenuta la raffigurazione di Lilith, relief, c. 2000 BCE
(Collection of Colonel James Colville). Winged female
figures guarding a djed column Ivory plaque from the Palace of King Ahab. c.
870 BCE
24° STRANI CONCEPIMENTI, “NATI DALLE
TEMPIE BIANCHE”
Come abbiamo visto, sembra che ad
un’interpretazione odierna, questi scritti evidenzino un ennesimo intervento
pseudo genetico, da parte di un’evoluta specie di esseri semidivini, i Kumaras,
i tanto citati “Elohim”, dominatori forestieri, o meglio “potenze”, o ancora
gli immortali “Anunnachi” dei sumeri, interpretati da Sitchin. Quindi se gli
uomini, o altri esseri allora già c’erano, significa che anche l’umanità, prima
dei giganti, potrebbe essere stata meta, come alcuni dicono, di una più antica
manipolazione genetica apportata dagli stessi Elohim, “figli di Dio”, o dai
“Kumaras” di Marte, o dagli abitanti dello scomparso pianeta “Tiamat, forse
Leviatano o Mallona” o come altro si vuole chiamarli, o da altri esseri
provenienti dalle Pleiadi, Alpha Centauri, Procione, Orione, Nibiru ecc.;
comunque esseri che contagiarono il pianeta con la loro evoluta civiltà locata
nei pianeti a noi più vicini come marte, dove sarebbero evidenti, ancora oggi,
tracce di antichi siti altamente tecnologici, si parla di piramidi, tunnel e
addirittura di veicoli spaziali. Nel vecchio testamento la creazione di Adamo,
Eva e di Melchisedec, possono rientrare in quest’ottica contattistica; nel
nuovo testamento può esserlo lo stesso concepimento di Gesù, ritenuto tra
l’altro, da alcuni studiosi, solo un predicatore rivoluzionario nato a Betlemme
figlio di Ben Josef e Myriam. Leggendo il Vangelo apocrifo di Filippo, un
vangelo da attribuirsi, probabilmente ai seguaci di Valentino vissuto in
Allesandria d’Egitto nel II secolo e ritrovato sempre tra i scritti gnostici di
Nag Hammadi, sul concepimento di Gesù, si dice: (17) “Taluni hanno detto che
Maria ha concepito dallo Spirito Santo. Essi sono in errore. Essi non sanno
quello che dicono. Quando mai una donna ha concepito da una donna? Maria è la
vergine che nessuna forza ha violato, e questo è un grande anatema per gli
Ebrei, che sono gli apostoli e gli apostolici. Questa Vergine, che nessuna
forza ha violato [...], e le Potenze si contaminano. E il Signore non avrebbe
detto: "Mio Padre che è nei cieli," se non avesse avuto un altro
padre, ma avrebbe semplicemente detto: "Mio Padre”. In Filippo (91)
l'apostolo dice: " Giuseppe il falegname ha piantato un giardino, perché
aveva bisogno di legna per il suo mestiere. È lui che ha costruito la Croce con
gli alberi che ha piantato. Il suo seme è stato Gesù, la Croce la sua pianta.
Qui il concepimento di Gesù viene stravolto, si nega la “Supercoscienza”, lo
“Spirito Santo” incorporeo, che tra l’altro, scenderà anche più tardi nel rito
battesimale di Giovanni, e si fa di Giuseppe il vero padre di Gesù, ma cosa
significa: “E le Potenze si contaminano? Ermete Trismegisto nel “Corpus
Hermeticum”, più precisamente nell’inno alla rigenerazione parla di “Colui che
ha ordinato al fuoco di apparire per prestarsi a ogni attività, sia degli dei,
che degli uomini. Dedichiamo tutti insieme l’elogio a lui, a lui che si libra
sopra i cieli, a lui che è creatore di tutta la natura. Questo è l’occhio
dell’inteletto; accolga l’elogio delle potenze che sono in me”, nei suoi
dialoghi con il figlio Tat, rivela che le potenze sono per lui i doni del
“Nous”, l’Intelligenza Suprema, le forze, cioè: la conoscenza, la gioia, la
continenza, la fermezza, la giustizia, l’altruismo, la verità, il bene, la vita
e la luce che agiscono contro i “tormenti” della materia come: l’ignoranza, il
dolore, l’incontinenza, il desiderio, l’ingiustizia, la cupidigia, l’inganni,
l’invidia, la frode, l’ira, la temerarietà, la malvagità, ecc.; ma è
altrettanto vero, da come si deduce, che esistono si le potenze degli uomini,
ma anche potenze degli dei. Filippo così parla delle “Potenze”: (14.) “Vi sono
potenze che danno questo all'uomo non volendo che egli sia salvo, per poter
diventare suoi dominatori. Perché se l'uomo è loro schiavo vengono fatti
sacrifici e si offrono animali alle potenze. E ciò che essi hanno offerto è
bensì vivo, ma dopo che l'hanno offerto muore. Quanto all'uomo, fu offerto
morto a Dio, ed è vissuto…… (86.) Per la verità, le opere dell'uomo provengono
dalla sua potenza e per questo sono chiamate "potenze". Sue opere
sono anche i suoi figli, che provengono dal Riposo. In conseguenza di questo,
la sua potenza risiede nelle opere, mentre il Riposo si manifesta nei suoi
figli. E tu troverai che questo procede fino all'immagine, che compie le sue
opere secondo la propria potenza, ma nel riposo crea i suoi figli”. Quindi le
potenze, “per natura ed equilibrio contrapposte”, di cosa si contaminano? Si
contaminano perché vengono stravolte le gerarchie, tra le “potenze” degli
“angeli” e le “potenze” dell’uomo, proprio con un concepimento misto tra una
razza superiore e la razza umana, forse un intervento genetico? Forse “Lo
Spirito Santo”, la “”Supercoscienza” della versione canonica, è in realtà un
intervento sulla psiche umana “risvegliata” con qualche artifizio, o potrebbe
essere un’interpretazione di ciò che allora, poteva indicare un intervento di
qualche “potenza” extraterrestre, che in quei tempi poteva essere solo compresa
come un Dio, cioè uno “Spirito Santo” super cosciente, corporeo, multi
dimensionale, o meglio un “Vegliante”, come il caso del sospetto di Lamech sul
concepimento del figlio Noè da parte della moglie Bit Enosh, citato
nell’Apocrifo della Genesi, II,1: “Ecco, pensai allora in cuor mio, che la
concezione viene dai vigilanti e dal seme dei santi, e che questo bambino
assomiglierà forse ai giganti (nefilim)”, la giustificazione della moglie di
Lamech, giunta dal rotolo apocrifo della Genesi in possesso del generale
americano Yigael Yadin, tradotto dal prof. Biberkrant dell’università di
Gerusalemme e chiara al verso 16, in quanto si afferma: “Non è figlio di un
qualsiasi straniero è il figlio di un figlio del cielo…”. Sono dubbi e
affermazioni riportate anche nel testo slavo di Enoch, dove Lamech chiede
consiglio a suo padre Matusalemme che a sua volta cerca suo padre Enoch
ritiratosi “tra gli angeli”, un luogo chiamato dall’apocrifo della Genesi,
“Parwain” paradiso, e qui confermando il peccato degli angeli caduti che
violarono i comandamenti di Dio, unendosi con le donne figlie degli uomini, lo
assicura della paternità di suo figlio, avvisandolo che il nuovo nato si
chiamerà Noè, perché sarà superstite alla distruzione che accadrà sulla terra.
Quindi il dubbio dissolto da Enoch era precedentemente ricaduto su uno degli
Elohim che generarono i “Nephilim” tradotto svariatamente con: “irruenti,
giganti, forti, potenti o per l’appunto “le potenze”, i viventi, la volgata,
esseri caduti o Angeli di Dio”, chiamati: “Buona compatibilità”, figli delle
schiere celesti, figli dei Bene ha Elohim, cioè figli degli dei, anzi delle
dee, che peccarono unendosi con le figlie degli uomini, citati nei svariati
sacri testi: Genesi, Giubilei, Enoch, ecc., coloro che avrebbero dato vita ai
mitici giganti. Del resto questa storia si ritrova reinterpretata in molti
culti, vedi per esempio quello zoroastriano, e in molti altri testi, vedi i
“serpenti demoniaci” del poema persiano di “Fridusi”, o dell’iranico
“Shahameh”, “il Libro dei re” del 1010 d. C., dove in un paese della Persia
orientale, a Khorasan, nella provincia di Tus, Zal figlio di Sam assume il
ruolo di Noè con la sua dubbiosa nascita, cioè la somiglianza con i Daeva,
abbandonato per tale motivo fu cresciuto da una strana figura, simile all’uomo
aquila azteco e alla dea egizia piumata, Maat la figlia di Rà; questa figura è
Il “Simurgh” una sorta di sciamano mezzo uomo e mezzo uccello che conosceva
varie scienze e “l’haoma”, una sostanza misteriosa che donava l’immortalità;
una figura ricollegabile, per l’appunto anche all’avvoltoio grifone, ai riti
sciamanici, all’angelo della vittoria zoroastriano “Verethragna”, che poteva
cambiare forma come l’angelo della tradizione islamica “Sa’adya”, come
l’arcangelo della tradizione giudaica “Sadayel”, come i djinn. Associabile
quindi ai Vigilanti di Enoch, a”Varghna”, la Gloria di Dio, a Minerva con il
suo conico copricapo; somiglianze di cui ci rimangono piume, feluche, mitre
vescovili, ali e aureole nel paganesimo e nella cristianità di Santi e Angeli.
A quanto pare, questi “Angeli di Dio”
abbandonarono “il loro popolo eletto, sottomesso”, e se ne andarono trentasette
anni dopo la crocifissione di Gesù. Infatti è curioso che molte tracce di
attività per l’estrazione mineraria riscontrabili in varie grotte del pianeta,
come quella chiamata “del Mammut, cessino proprio poco tempo dopo la nascita di
Gesù, come a indicarci l’uso allora impossibile e insensato dei minerali come
forma di energia o carburante per chi sa quali veicoli. Prove che
comproverebbero questa teoria sarebbero riscontrabili già agli albori dei
tempi, basti ricordare i recenti studi e le interpretazioni date ai grafiti di
Lascaux in Francia vecchi di 13.000 anni, che racchiuderebbero piccole immagini
rappresentanti: civiltà aliene, indicazioni genetiche, e informazioni
cosmologiche sulla costellazione del Toro, su Orione e sulle Pleiadi.
Non a caso, come fece notare, anni fa,
l’ufologo di Ancona Franco Alfieri, si parla di “un astro somigliante a una
spada, di carri volanti e falangi armate sospesi in aria” sopra la regione e
dei sacerdoti del tempio, che sentirono una “forte scossa e una voce
collettiva” che diceva: “Noi ce ne partiamo da qua”, (Giuseppe Flavio, Guerra
Giudaica VI,5). Lo storico Tacito 55-120 d. C. nella sua opera scritta in
latino “Storie, Libro V,13, comprovando quanto detto, scrive: “Si videro in
cielo eserciti scontrarsi, armi risplendenti ed improvvisamente sortir dalle
nubi un lume e risplenderne il tempio”; d’altra parte anche di Gesù si legge:
“Si trattenne con i suoi discepoli per quaranta giorni, alla loro presenza salì
al cielo”, lasciando operare la
preparazione spirituale per il futuro “Regno di Dio”, i suoi discepoli e
apostoli, per lo più gente umile e senza cultura miracolata del suo sapere, del
suo carisma e dello “Spirito Santo” che discendendo disse loro: “Non temete
coloro che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima”, forse
riferendosi a quello che i cultori dell’odierna “Merkabah risuscitata dalle
antiche pratiche ermetiche egizie” chiamano, il risveglio del campo
elettromagnetico, la Veste, l’Aura, che circonda il corpo fisico, ora inattivo,
forse quel stesso risveglio che nell’antico Oriente Brahma procurò al saggio
Narada, quello che nel “Corpus Hermeticum” Ermete Trismegisto chiama, “Uomo
nuovo”, l’iniziazione che porta alla “rigenerazione”, al ricongiungimento
interno con il “Nous”, la “Supercoscienza e la Consapevolezza Suprema”,
comunque quel risveglio portato dai Maestri, dagli Dei, dagli “Esseri
illuminati venuti dal Cielo”, del resto Gesù stesso disse: “Chi accoglie colui
che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato,
e nei tempi paleocristiani la venuta di Gesù, come dice l’occultista H.P.
Blavatsky nel “Iside svelata”, Armenia, pag 236”, era attesa nel momento in cui
nella costellazione dei pesci, Giove e Saturno si sarebbero congiunti, pertanto
l’evento era simboleggiato dal pesce e da una nave, o navis chiamata anche
Argha. Non è una casualità, anche Krsna millenni prima si manifesto in
particolari corrispondenze cosmiche e così molte altre divinità.
Quanto detto fa sospettare un intervento
alieno di qualche tipo, forse genetico; anche sulla nascita, la morte e la
risurrezione di Gesù; lo rivelano chiaramente le parole sulla Chiesa di Isaia
quando profetizzando il Cristo dice: “Esulta o sterile che non partorisci,
prorompi in grida di gioia tu che non attendi il parto, poiché più numerosi
saranno i figli dell’abbandonata che della maritata”…“E la tua discendenza
erediterà i popoli e abiterai nelle città un tempo abbandonate”…”E non ti ricorderai
il disonore della vedovanza perché il Signore che ti sposerà è il Signore degli
eserciti e chi ti redime è il Dio d’Israele che sarà chiamato Dio di tutta la
terra”. Al tempo di Erode circolava anche una curiosa leggenda che narrava di
una vergine giudea, identificata in Maria, e si diceva che fosse stata visitata
da un serpente. Curiosità e casi di strani concepimenti obsoleti, sono
ritrovabili anche più di recente, per esempio l’ing. M. Pincherle, ricorda una
notizia stampata un secolo e mezzo fa sul giornale "Il Bornitore
Piceno", dove si parla di una certa Guidelma Picciafuochi, una ragazza
rimasta incinta, per opera divina, di un bimbo biondo, morto subito dopo la
nascita, bimbo che era nato da solo e sul petto recava un simbolo simile ad una
mano con tre dita, simbolo corrispondente alla lettera ebraica Scin, cioè
all'archetipo che corrisponde alla discesa del divino sulla Terra.
25° INTERVENTI GENETICI
Dopo tutto non credo così assurdo parlare
di razza umana, concependola come conseguenza di interventi genetici su razze
animali preesistenti un tempo sulla terra, più che concepirla solo come un
lento processo evolutivo, che se anche tale, deve essere lo stesso opera di un
creatore, che opera con l’aiuto di angeli, oggi alieni, o come altro volete
chiamarli, comunque esseri, a noi superiori, poiché questa ne è la descrizione
sui testi sacri. Se così non fosse, questi scritti rappresenterebbero solo in
modo allegorico una favola o una sorta di teoria evoluzionistica della specie
che ci vedrebbe discendenti da un primitivo organismo sotto l’egida delle
“forse cosmiche”, “le stesse potenze”, intese in senso esoterico, quindi sempre
entità superiori che potremmo egualmente chiamare aliene. A par mio, la teoria più ovvia risulta essere
quella di valutare anche la possibilità di un intervento genetico da parte
d’altri esseri cosmici che seguono o servono una loro esigenza individuale e
sociale di specie, o un’esigenza planetaria superiore alle nostre facoltà
percettive, e siccome l’universo appare infinito, numerosi possono essere
questi esseri e diverse le loro esigenze, tutti lavoranti e servi, sotto
“l’esoterica” egida cosmica del “Grande Essere oltre dimensione” in percepibile
nella sua completezza, il “Tutto Indiviso di Paracelo” a noi in percepibile per
diversità di stato, in quanto parte infinitesima dei suoi “microrganismi”.
Quanto affermato trova riscontro anche in uno strano files chiamato operazione
“Majiority” diffuso da Milton Wiliam Coper, nel quale si ravvisa l’intervento
alieno nella creazione del Homo sapiens, ne sarebbe prova il sangue RH, il
controllo tramite le religioni mondiali e la religione aliena che concepisce un
“Universo Creatore”. Tornando ai nostri
“Vigilanti”, il ricercatore e studioso Salvatore Poma suppone che Giova, o Jahveh,
apparso a Mosè nel 1513 a. C., che fu il generatore dell'attuale cristianesimo,
fossero in realtà più entità extraterrestri, io credo intenda riferirsi a
quegli esseri citati nelle sacre scritture chiamati Elohim o anche “Angeli di
Dio”, esseri comunque che secondo il ricercatore, usando la propria tecnologia
e il patriarca Mosè come intermediario inconsapevole, cioè lasciandogli credere
di essere il Dio dei suoi avi e accreditandosi antichi patti coi loro antenati,
rapirono l'intero popolo ebraico, pastore di pecore e bovini, strappandolo agli
egiziani, che erano invece contadini. Sembra, infatti, che Geova adorasse il
sangue animale e gli ebrei potevano fornirne in grande quantità, quando si fece
festa per la costruzione dei templi al Dio israelita furono sacrificate 22.000
capi di bestiame, che nell’analoga “storia messicana” diventano 22.000 uomini.
Per gli “Dei”, a quanto pare il sangue era un vero “elisir”; a tale proposito
leggete questi versi: “La ragazza-dea passava il resto della notte in un luogo
appartato sotto scorta e il popolo vegliava presso il cortile del tempio
attendendo l’alba, giunta la quale si portava di nuovo fastosamente in
processione la dea incarnata. Il corteo terminava nella sala in cui si era
svolta la precedente cerimonia: qui la ragazza, in piedi su mucchi di
granturco, riceveva le offerte del popolo consistenti in tazze di sangue
raggrumato che i fedeli si erano fatti spillare dalle orecchie durante i giorni
del digiuno: il sangue umano in cambio delle messi, il sangue in cambio della
vita”. Alcuni versi barbari tratti dal Libro di Ashor, Cap. 14 narrano:
"...e un altro villaggio ancora scomparve sotto l'impeto barbarico di
centinaia di sanguinari primitivi, quando finirà questa pazzia? quand'è che la
Dea Danu, venerata Dea dei barbari, avrà banchettato abbastanza con il sangue
degli uomini?". Il popolo maya non era da meno, infatti, celebrava riti
alquanto crudeli come l’incisione dei genitali, per le offerte di sangue umano
agli dei, e credeva che l’uomo stesso fosse stato creato dal sangue degli dei
mischiato al mais, dopo due precedenti tentativi falliti con il fango ed il
legno. Tracce di questi riti si possono trovare anche in Italia, basti pensare
alla statuetta sciamanica ritrovata nel villaggio neolitico di Passo di Corvo a
Foggia che presenta un’immagine femminile con gli occhi socchiusi, “come fosse
in estasi”, mentre sotto le narici presenta due piccoli fori e traccia di un
pigmento rosso, probabilmente teso a rappresentare il sangue che sgorga; questa
figura femminile inoltre è dotata di un berretto ”caucasico” e del simbolo
della costellazione di Cassiopea inciso sotto i seni. Entità superiori
probabilmente si manifestarono a quei tempi, già il profeta Abdia uno dei tre
profeti minori accennati nella Cronaca di Eusebio e Girolamo, alla fine della
sua profezia disse: “E risaliranno i rigenerati dal monte Sion (Giudea) per
difendere il nome di Esaù (il nipote di Abramo) e sarà il regno del Signore”,
la maggior parte degli scritti ci fa intendere un ritorno, o una manifestazione
degli “Esseri Creatori”, giunti a proporre una Nuova Alleanza per qualche loro
motivo, che per non sbagliare potremmo definire cosmico. Volendo annegare fra i
miti, nel mitologico “Libro di Nod”, (Nod è la terra ad est dell’Eden), si
narra la storia di Caino, che cadde in peccato per il suo rifiuto di
sacrificare ciò che chiedeva Dio, cioè non vegetali, ma probabilmente altro
bestiame come faceva il fratello Abele, fratello che uccise, cospargendo poi di
sangue l’altare dove solitamente si bruciava l’offerta. Per tale peccato Caino
fu confinato da Dio ad est dell’Eden dove si sarebbe poi accoppiato, nel suo
vagabondare, con la demoniaca maga Lilith, chiamata anche la “luna nera”, una
figura definita anche “Grande Madre”, simile alla egizia Iside, alla dea hindù
Durga le kali, o all’azteca Coaticlue “quella dalla gonna di serpenti”,
comunque un demone del tipo “incubus”, regina dei demoni succubi e secondo il
Talmud ebraico, la prima donna “vampira”, seduttrice e moglie di Adamo, demone
del tipo “succubus”, che lo avrebbe iniziato al suo sapere e con essa avrebbe
generato Enoch, Zillah e Irad, una progenie vampirica, “nosferatu”, (maghi o
stregoni i cui patriarchi sarebbero i Methuselahs), dotata di poteri, progenie
che Caino avrebbe portato con se nella città di Enoch, che prese, appunto, il
nome del figlio maggiore, città che divenne meta di “clan” vampiri e di umani,
loro servitori. In questa progenie a mio avviso rientrano anche gli spiriti
maligni islamici, i djiinn; nel testo di Enoch si legge chiaramente: “Perché
essi sono nati dagli uomini e dai santi Vigilanti nel loro inizio e prima
origine; saranno Spiriti malvagi sulla terra e Spiriti del Male saranno
chiamati… Egli spiriti dei giganti porteranno affezione, oppressione,
distruzione, attaccheranno, daranno battaglia, e semineranno rovina sulla terra
e causeranno dolore; non prenderanno cibo, ma ciononostante avranno fame e
sete. E questi spiriti si leveranno contro i Figli degli uomini e contro le
donne, perché da essi sono venuti”. In un frammento di questo libro si legge:
"Verrà un tempo nel quale un essere oscuro guiderà i quattro cavalieri
dell'apocalisse per tutte le terre per segnare l'alba di una nuova era. Egli
sarà sangue del mio sangue e di sangue si nutrirà.." Lilith. Verso questo,
forse riferito all’Armaghedon finale, definito non a caso, anche, come guerra
tra razze. Interessante confrontarlo con gli Inni di Ringraziamento del
manoscritto di Qumran 5 1QM, risalente tra il 150 a.C. ed il 50 d.C "Le
schiere celesti grideranno le fondamenta del mondo vacilleranno e ondeggeranno.
La guerra dei guerrieri celesti flagellerà la terra, ed essa avrà termine prima
della distruzione designata, che sarà eterna ed incomparabile". Lilith,
“la Luna nera”, è un demone che ricorda la leggendaria prima strega Aradia nata
dall’incestuoso amore fraterno tra Diana, “’l’etrusca Tana” dea della Luna e
Lucifero dio del Sole; Aradia sarebbe scesa sulla Terra ad insegnare la
stregoneria per liberare l’umanità oppressa, sarebbe lei la edificatrice della
prima originaria religione, ecco cosa dice alle discepole: "Quando io avrò
lasciato questo mondo, di qualsiasi cosa abbisognate, una volta al mese, quando
la Luna è piena, venite in luogo deserto, nella selva, tutte insieme, e adorate
lo spirito possente di mia madre Diana; e colei che voglia apprendere la
stregoneria e ancor non abbia penetrato d'essa i più profondi segreti, mia
madre gliel'insegnerà; i segreti di tutte le cose sconosciute. E cosi, dalla
schiavitù sarete liberi: liberi in ogni cosa voi sarete! E in segno di tale
libertà nudi vi mostrerete, uomini e donne. E questo fino a quando l'ultimo
degli oppressori non sia morto". Guarda caso, oltre a questi versi citati
proprio nel “Libro del Comando, il Vangelo delle Streghe”, “Aradia, Gospel off
he Witches,” opera del ricercatore, compagno idealista del celebre esoterista
Eliphas Levi, l’Italoamericano Charles Godfrey Leland (1824-1903), un testo
sacro ancora usato dalla moderna “wicca, cioè l’ancestrale potenzialità della
fede”, riproposto di recente dalla Ishtar Edizioni di Torino; vi si trova tra
le varie invocazioni raccolte per lo più dalla tradizione orale, rivelata da
una praticante allo stesso autore, una scongiurazione rivolta proprio a Caino,
colui che unendosi, come Belial a Lilith, “forse come i celtici Balor a
Ethlinn”, avrebbe originato quella malvagia e temuta progenie “lunare e
vampirica”, chiamata in mille modi diversi dalla notte dei tempi. Questa
scongiurazione dice: “Tu, o Caino, tu non possa aver Ne pace e ne bene finché
Dal Sole andato non sarai coi piedi Correndo, le mani battendo, E devi pregarlo per me che mi faccia sapere, Il mio
destino, se cattiva fosse, Allora dovrai
farglielo cambiare, Se questa grazia mi farete, L'acqua allo splendor
del Sol la guarderà: E tu Caïno con la tua bocca mi dirai Il mio destino quale
sarà: Se questa grazia o Caino non mi farai, Pace e bene non avrai!”. Nella
scongiurazione ad Aradia si chiarisce la genealogia di Aradia: “Farete dolci di
farina, sale, miele a forma di Luna (crescente o mezzaluna) metterli a cuocere
e dire: Non cuocio ne' il pane ne' il sale, non cuocio ne' il vino ne' il
miele; Cuocio il corpo, il sangue e l'anima l'anima di Diana. Che non possa
avere ne' pace ne' bene, possa essere sempre in mezzo alle pene finche la
grazia non mi farà. Che gliel'ho chiesta, e gliela chiedo di cuore! Se questa
grazia, o Diana mi farai, la cena in tua lode in molti faremo, mangeremo,
berremo, balleremo, salteremo, se questa grazia che ti ho chiesta, se questa
grazia tu mi farai, nel tempo che balliamo il lume spegnerai; così all'amore
liberamente faremo! Poi si dovrà fare questo: tutti si siederanno nudi, uomini
e donne, e quando la festa sarà finita, balleranno, canteranno suoneranno, e si
ameranno nell'oscurità, con tutte le luci spente, perché e' lo spirito di Diana
che le spegne e così essi danzeranno e suoneranno in suo onore. Accadde che
Diana, dopo che sua figlia ebbe compiuta la missione e passato il tempo sulla
terra tra i mortali, la chiamò e le diede il potere, quando fosse stata
invocata... dopo aver compiuto delle buone azioni... di gratificare coloro che
l'avevano chiamata, garantendo loro il successo in amore: <>
per interrogare gli spiriti; per trovare tesori nascosti in antiche rovine; per
scongiurare le anime dei preti che sono morti lasciando tesori; per capire la
voce del vento; per cambiare l'acqua in vino; per predire il futuro con le
carte; per conoscere i segreti della mano (chiromanzia); per curare le malattie;
per render belli o brutti; per domare bestie selvagge; Qualsiasi cosa sia stata
chiesta in nome dello spirito di Aradia, sarà concessa a coloro che ne hanno
meritato il suo favore. Perciò essi dovranno invocarla: Perciò io cerco,
Aradia! Aradia! Aradia !a mezzanotte, a mezzanotte vado in un campo, e con me
porto acqua, vino e sale, porto acqua, vino e sale, e il mio amuleto, il mio
amuleto, il mio amuleto, e una piccola borsa rossa che tengo sempre in mano,
con dentro, con dentro sale. Con l'acqua e il vino benedico me stesso, benedico
me stesso, con devozione, per implorare un favore da Aradia, Aradia! Poi la
scongiurazione: “Aradia, Aradia mia! Tu che sei figlia del Peggiore che si
trova nell'Inferno, che dal paradiso fu scacciato e con sua sorella ti ha
creata...Ma tua madre, pentita del suo fallo, ha voluto fare di te un spirito,
uno spirito benigno e non maligno! Aradia, Aradia, tanto ti prego, per l'amore
che porti a tua madre e all'amore tuo che tanto ami, ti prego di farmi la
grazia, la grazia che ti chiedo. Se questa grazia mi farai, tre cose mi farai
vedere: serpe strisciare, lucciola volare e rana cantare. Se questa grazia non
mi farai, desidero che tu non possa avere ne' pace e ne' bene. E che da lontano
tu debba scomodarti per cercarmi, finché tu venga a esaudire il mio desiderio
in fretta, e dopo che possa ritornar presto al tuo destino”.
Leland afferma di aver ricevuto il
misterioso manoscritto a Colle Val d’Elsa, (Siena), da una certa donna
soprannominata “Maddalena”, una praticante che nel 1888 lo avrebbe iniziato
alla stregoneria in un culto chiamato della “Toscana- Romagna”. Infatti, guarda
caso, uno dei più antichi culti di Diana era presente proprio in Italia a Nemi,
poco lontano da Ariccia, dove vi è ancora oggi un laghetto chiamato per
l’appunto “lo specchio di Diana”, in quanto su una riva, vicino ad un boschetto
sacro chiamato “nemus”, intorno al 500 a. C., vi sorgeva un tempio a lei
dedicato; ed ancora oggi, a quanto pare, nel centro Italia è operante una
congrega di streghe guidate da una certa “Maddalena Stradonna”.
Lilith, “la Luna Nera”, era anticamente
un demone assirobabilonese, definito anche “la parte femminile di satana”, e
anche questo riconduce alla leggenda di Aradia figlia della “triforme Diana”,
“la Luna” e Lucifero, il “Sole”. Il nome Lilith deriva probabilmente da Lilitu,
lilu e l’ardat-lili, tre demoni femminili associati al vento e alle tempeste,
demoni esorcizzati con le preghiere rivolte a Marduk, o Enki la creativa
divinità solare maschile, “legata teosoficamente all’anima,” sorta dalle acque
per illuminare il mondo, in opposizione, a Ishtar la divinità lunare femminile,
“legata teosoficamente alla personalità,” proprio come accade per Diana e
lucifero. Infatti nella demonologia babilonese, oltre alla triade: Ahhazu
“colei che sceglie” e Labasu “colei che abbatte,” vi erano anche, il demone
incubo Rabisu e i “Sette Spiriti malvagi” che si manifestavano per l’appunto
sottoforma di venti, tempeste, animali ecc. proprio come il misterioso dio
malvagio “Ilu Limnu”. Lilith, Lil per i sumeri, per i babilonesi Lilitu, era
dunque uno ”spirito nel vento,” quindi uno spirito libero che incarna come
“Aradia,” il piacere infecondo e la lussuria. Lilith detta anche Lilibet, da
cui i nomi Elizabeth ed Elisabetta, ribellatasi ad Adamo e al Signore si
sarebbe ritirata nel mondo sotterraneo dopo aver divorato il proprio figlio, e
qui divenne sposa del diavolo, cioè del male, e nelle rappresentazioni
demonologiche è rappresentata proprio come un vampiro dai lunghi capelli neri, generalmente
così descritto: “Una donna la cui bellezza affascina sia gli uomini che le
donne, il volto biancastro, due occhi come due fessure azzurro verdognole, le
labbra nero violacee, la bocca tagliente e sensuale. Luce e Tenebra, Lacrima e
Passione, sempre, eterna, viva”. Lilith - “la Luna Nera”. La tradizione narra che Lilith fuggita agli
occhi del signore che inutilmente mandò tre angeli per convincerla a ritornare
dallo sposo, partoriva ogni giorno sotto il monte Sinai i suoi Lilim, che il
Signore prontamente distruggeva già alla nascita. Gli si potrebbero associare
gli Ecantochiri della mitologia greca, figli di Gea e Urano che prontamente li
scagliava, appena nati, negli abissi della terra, dove venivano salvati da Zeus
con Ambrosia e Nettare, affinché lo aiutassero nella cosmica lotta contro i
titani. La leggenda vuole che Lilith per
vendicare la punizione di Dio, cioè la morte di parte della sua prole, gelosa
del seme umano di Eva, entri nelle dimore per succhiare ogni forza agli uomini
e sembra che alcuni casi si verifichino realmente anche nei giorni nostri, vedi
l’incredibile file n° 10 di Stefano Ballini, “mia moglie è un aliena”. Se un
bambino ride mentre dorme, si dice che sta giocando con Lilith, per salvarlo
occorrerebbe dire in Ebraico: “Adamo, Eva, fuori Lilith”.
Uno dei libri della Cabala ebraica
(Alphabetum Siracidis), a proposito di Lilith, la prima moglie di Adamo, narra
che la donna destinata a creare l’umanità con Adamo non era Eva, ma bensì
Lilith. Successe però che lei si ribellò ad Adamo e anche al Signore. Adamo e
Lilith non trovarono mai pace insieme, giacché lui desiderava mentire con lei e
lei sapendo di essere creata dalla polvere e considerandosi uguale a lui non
voleva essere da meno. Dato che Adamo tentò di costringerla all’obbedienza con
la forza, lei pronunciò il nome del Signore e si levò in cielo”, da qui divenne
simbolo della diversità e della libertà femminile. Lilith può essere
individuata tra quei demoni djinn che secondo la tradizione kurda sono stati
creati duemila anni prima di Adamo e condannati a vagabondare in terra per la
loro “ribellione”, non a caso i testi gnostici affermano che Lilith fu la prima
creazione dei Serpenti, poi seguì il compagno Adamo. Nel vangelo apocrifo di
Filippo (80.), così si parla della creazione di Adamo e del suo spirito
consorte: “L'anima di Adamo è venuta nell'esistenza per mezzo di un soffio. Suo
consorte è lo spirito. Chi glielo ha dato è sua Madre; e con l'anima gli è
stato dato uno spirito, al suo posto. Per questo, quando si è nascosto egli ha
pronunciato parole superiori alle Potenze. Esse lo invidiarono perché erano
separate dall'unione spirituale”. A quanto pare, qui sembra che Adamo sia
bisessuato e abbia in se sia il principio maschile che quello femminile,
separati per la prima volta, mentre le “Potenze” no. Nella genesi (5,1) si
legge: “Maschio e femmina egli li creò e li benedisse, e diede loro il nome di
Adamo, nel giorno in cui furono creati”. Nella Genesi (2,20) si legge: “E Adamo
diede nome a tutto il bestiame, e ai volatili dell’aria, e a ogni fiera
terrestre; ma per Adamo non si trovò un aiuto adatto a lui”, probabilmente ciò
accadde perché Adamo aveva in sé i due principi, fino a quando non furono
separati, altrimenti non avrebbe avuto senso creare Eva se già Adamo avesse
avuto una femmina. Infatti, una leggenda vuole che Adamo, quando era nel
Paradiso Terrestre fosse, senza saperlo, androgino, fino alla sua caduta nel
mondo della materia, che lo pose sotto l’influsso della “Ruota dello Zodiaco”,
cioè nella dualità del Karma che lo condusse a perdere la propria unicità, e ad
accettare di completarsi con Eva. Il Signore trasse una costola da Adamo e creò
Eva che divenne madre di tutti i viventi, inoltre pose inimicizia tra la donna
e il serpente della potenza avversaria che l’aveva tentata nel giardino
dell’Eden. Nella Genesi (3:14,15) si legge: "Sii maledetto…sul tuo ventre
camminerai e polvere mangerai…Io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la
tua progenie e la progenie di lei. Questa progenie ti schiaccerà il capo, e tu
le ferirai il calcagno”. Qui viene da chiedersi come camminasse prima il
Serpente e a quale razza appartenesse? Era forse l’Angra Mainyu? “il Serpente a
due piedi” zoroastriano. Inoltre il serpente con l’uomo andava d’accordo? Del
resto anche in India, Krsna schiacciò le teste del serpente Kalya. Il testo
ebraico delle tradizioni orali, l’Haggadah, parla di un serpente con due gambe
e alto come un cammello, il testo slavo dell’Apocalisse di Abramo parla
anch’esso di Nahash, “il Serpente” di Eva, e lo descrive dotato di piedi, mani
e ali. Questi versi testimoniano che sulla divisione del principio maschile e
femminile, tra le “Potenze” c’erano delle dispute che portarono per l’appunto a
quel accoppiamento degli angeli caduti, con le donne figlie degli uomini, come
ci riferisce Enoch. Quindi qui oltre ad identificare due progenie, ci si
riferisce chiaramente ad Eva come un corpo fisico-spirituale che il Signore ha
tratto da Adamo per creare la sua progenie, mentre la figura di Lilith, può
assumere inizialmente solo un ruolo spirituale, e dopo essersi ribellata a Dio
assunse un ruolo analogo ad Eva, separatasi anch’essa da Adamo ma per opera del
“serpente”, il Diavolo, lo stesso Lucifero che la leggenda, guarda caso, vuole
sia il padre di Aradia, la regina delle streghe identificabile per l’appunto
anche in Lilith, concepita dal suo amore incestuoso con la sorella Diana, quel
Lucifero che aveva poteri uguali al Signore e che gli commissionò il compito di
creare assieme a demoni come Belial una sua progenie, quei demoni succhiatori
di sangue chiamati Ghoùl, vampiri, strix, lilim, empuse, streghe, ecc, che il
Signore prontamente uccideva alla nascita; una storia questa, ricollegabile
alla sumera storia di Nin hur sag la, o Ninkharsag, la dea serpente Sir, o Enlil,
o Ninlil “Creatrice” sorella di Enki, (il Lucifero sumero) che creò l’umanità
nel suo “laboratorio”. Se analizziamo il mito greco del dio caprino Pan, figura
analoga al dio egizio Min e al Diavolo cristiano, si giunge alla stessa
conclusione sopra citata per Lilith, infatti Pan, En to Pan, “il tutto” è una
figura androgina come il primo Adamo, che ha in se la “dia”, la “diabolica”
dualità concepita dalla coscienza spirituale di Ermes, “il messaggero degli
dei,” e la impersonale entità fluida femminile della ninfa della quercia
“Driope”, in effetti ninfa deriva da nimpha, o limpha cioè quell’energia vitale
delle piante posta sotto il segno lunare come lo era L.ilith; Pan, infatti, era un satiro legato
ai Sileni quindi a Dionisio figlio di Selene dea lunare ed al contrapposto
Apollo, era un Satiros, da “Setk Arios” Seth, Sat il “se profondo” e iros, aries, ur jos
“forza in atto, attività”, il fuoco primordiale dell’essere che si
manifesta nel ‘era dell’ariete, in quelle terre egizie del “Primo tempo”. Di
Pan. Diodoro Siculo a proposito ci dice: “Alla spedizione Osiride aggiungo
anche Pan, che gli Egiziani tengono in onore particolare: infatti gli abitanti
della regione non soltanto hanno innalzato statue a lui dedicate in ogni
tempio, hanno addirittura dato il suo nome ad una città della Tebaide, chiamata
Chemmo dai locali ma che, tradotta in greco, suona “Città di Pan.” Qui si
identifica chiaramente un essere fisico divenuto un dio come altri suoi
compagni di quell’arcaica era.
Nella mitologia Greca il posto di Eva
spetta a Pandora la prima donna mortale plasmata da Efesto, la donna causa di
tutti i mali, Pandora mandata da Zeus sulla Terra divenne sposa di Epimeteo,
colui che per curiosità apri il vaso dei mali affidatogli da Zeus diffondendoli
sulla terra, colui il cui nome in greco significa “imparare dopo”, al contrario
del forgiatore dell’uomo Prometeo il cui termine significa “imparare prima”.
Alcuni di questi racconti antichissimi sebbene sembrino assurdi per i più,
trovano parecchie corrispondenze nei ritrovamenti archeologici e nei confronti
mitologici che portano ad un’unica verità “interventi genetici apportato su
esseri animali preesistenti sul pianeta terra”. Un antichissimo cenno ad esseri
succhiatori di sangue appare in una tavoletta babilonese conservata al British
Museum, in essa si legge una formula che servirebbe per proteggersi dagli
Etimmè, demoni notturni succhiatori di sangue, come il mesopotamico demone
Lamatsu. Una descrizione del potere demoniaco di questi esseri chiamati anche “Sèdìm”,
giuntaci sempre da un incisione su una tavoletta afferma: “La sua testa è
quella di un demonio, la sua forza è quella di un turbine, la sua apparenza
quella dei cieli ottenebrati, il suo volto è oscuro, come la profonda ombra
della foresta. Egli è scappato dagli Inferi”. Nella discesa di Ishtar, gli
inferi sonono così descritti: “La casa delle tenebre, sede di Irkalla, la casa
nella quale non esce colui che vi entra, la strada dalla quale non ha rirtorno
l’andata, la casa nella quale chi vi entra è privo di luce, là dove polvere è
il loro nutrimento, il loro cibo è fango, luce non vedono, nell’oscurità
siedono. Sono vestiti, come gli uccelli, coll’abito d’ali. Sopra i battenti e
il chiavistello è distesa la polvere”. Anche gli antichi popoli semitici temevano
demoni femmina chiamati Ghoùl e Djnn “gli oscuri”, cui era legata la pazzia e
la possessione demoniaca raccolta poi dal fantomatico diavolo dei cristiani;
inoltre, tra gli ebrei si accenna ad esseri succhiatori di sangue chiamati
Aluka che mietevano le loro vittime nel deserto. Erano empuse, lamie per gli
antichi greci; sanguisugae per i romani del XII secolo, come risulta dalle
cronache medievali di Guglielmo di Newburgh, autore della Historia Rerum
Anglicanum”. Originariamente greci e latini chiamavamo le streghe strix o
stryx, in riferimento agli uccelli notturni e ai loro strilli spesso associati
alle grida dei riti estatici sciamanici di profetesse che raggiungevano lo
stato di ”Volo” danzando vorticosamente attorno ad un fuoco e temute perché capaci
di invocare demoni o spiriti capaci persino di succhiare il sangue ai bambini.
A queste gli si possono associare anche alcuni di quei demoni che in India
venivano chiamati “asura”, nemici dei “deva” di Visnu, un demone identificabile
tra quelle streghe che potevano volare e che sempre in India venivano chiamate
per l’appunto “Khecari”, esseri amanti del sangue che uccidevano i bambini,
come Pùtanà, la strega che avvelenandosi i seni, tentò inutilmente di uccidere
“Krsna” incarnatosi 5.000 anni fa in un bambino e che da quei seni, assieme al
latte ed il veleno, aspirò il suo soffio vitale (Cap. 6 del Libro di Krsna). Il
sangue come linfa vitale ebbe sempre grande considerazione per gli antichi, Il
dio Quetzalcoatl, un Avatar, o meglio il Serpente Piumato, creò l’uomo con il
suo sangue, spruzzandolo sulle ossa prese nella terra dei morti. Le civiltà
precolombiane infatti praticavano riti di sangue nelle loro venerazioni ai loro
dei “venusiani”, cioè “al serpente piumato” e “all’uomo aquila”, riti e sacrifici
che avvenivano su sagrati di mezze piramidi raggiungibili per mezzo di grandi
gradinate. Nei miti iranici, invece, abbiamo l’ambigua figura del “Simurgh”, un
uomo-uccello piumato, vissuto in luoghi
dove 8.000 anni fa si praticava il culto dell’avvoltoio, quindi la
scarnificazione che avveniva nelle “dakhma”, o meglio “torri del silenzio”;
curioso il fatto che in alcuni affreschi dell’antica cultura indoiranica di
Catal Huyuk, questi avvoltoi sono raffigurati per l’appunto con articolazioni
umane, e potrebbero essere benissimo associati alle deità Maya e Aztehe:
Quetzalcoatl “il serpente piumato”, Tezcatlipoca, basti pensare al tempio di
Tula dove in un pilastro del tempio dedicato a Venere sono rappresentati “gli
uomini aquila” che sembrano dotati di propulsori”. Se poi cerchiamo sacrifici
di animali, come quelli chiesti da Dio ad Abramo, sono numerosi nella Bibbia e
anche in altri testi e reperti antichi, ve ne sono che risalgono addirittura al
Diluvio universale. Nella nota storia babilonese già citata, di Utnapishtim,
simile al diluvio della Genesi si legge: […] “Una volta sceso dalla nave […]
Versai una libagione sulla cima del monte […] Ammassai legno e canna e cedro e
mirto. Quando gli dei fiutarono il dolce profumo accorsero come mosche sopra il
sacrificio”. Se si leggono testi come: libro di Henry More “Antidote against
Atheim del 1653”, o il libro di Montagne Sommers “The Vampire in Europe”, è
difficile rimanere scettici, specie se si incappa su scritti ufficialmente
documentati come il rapporto denominato “Visum et repertum”, cioè “Visto e
assodato”, sottoscritto a Belgrado il 16 gennaio del 1714 da cinque ufficiali
di Carlo VI re d’Austria, di cui tre anche medici, che constatavano
personalmente, dopo la riesumazione di alcuni corpi, elementi di “vampirismo,
compreso ricrescita e non putrefazione dei tessuti”; stessa cosa per il
disseppellimento del serbo Peter Plogojowitz nel villaggio di Kisilova nel
1725, comprovato ufficialmente dal funzionario imperiale di Gradisk, casi
questi, che portavano generalmente a trafiggere il cuore con un paletto e al
incenerimento del cadavere riesumato. Se andassimo a confrontare tra loro
questi ed altri antichi scritti con le leggendarie storie di vampirismo, come
quella di Menippo, citata nel quarto libro della Vita del mago greco Apollonio
di Tiana di Filostrato, Aristofane, “le Rane”; o di letteratura “fantastica”,
come quella del famoso Necronomicon di Lovercraft e avvistamenti UFO con caduta
di animali, o con i più recenti casi di sfere vampiro luminose accaduti oltre
oceano, si potrebbero avanzare interessanti e alquanto fantastiche ipotesi, tra
l’altro anche dei vampiri, come in alcune visioni angeliche, si dice che
potevano essere veduti solo da alcuni; ma quello che ci interessa, sono solo
gli antichi riscontri sui possibili contatti alieni, con le loro varie
sfumature, che potrebbero aver influito sull’evoluzione della vita sul pianeta.
26° ANGELI, ARCONTI, VIGILANTI E IL NOME
DI DIO, “LA CREAZIONE STESSA”
Se andiamo a leggere alcuni scritti
apocrifi, come quello dell’Apocalisse del profeta Baruk risalente a 2.600 anni
fa, profeta al quale un angelo avrebbe mostrato i segreti di Dio e del cosmo,
troveremmo sconcertanti descrizioni di ambienti, cose e persone che oggi si
interpreterebbero ben sì in altra maniera, e che ci porterebbero a pensare ad
un contatto alieno.
La già citata, antica e sconvolgente
storia che l’umanità ricorda, tratta dalle antiche scritture, si esplica così,
in un’altra delle sue versioni: "Gli uomini frattanto si erano
moltiplicati sulla faccia della terra ed erano nate loro delle figlie. I figli
di Dio, vedendo che le figlie degli uomini erano adatte, si presero in moglie
tutte quelle che loro piacevano. Allora il signore disse:
Il mio spirito non rimanga per sempre
umiliato nell’uomo, perché è carne: la sua vita non sarà che di 120 anni.
In quel tempo vi erano i giganti sulla
terra e anche dopo, quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini,
le quali generavano loro dei figli. Sono essi quegli eroi famosi fin dai tempi
antichi.
Il Signore, vedendo che la malvagità
degli uomini era grande sulla terra e che tutti i pensieri concepiti nel loro
cuore erano soltanto malvagi, si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne
addolorò in cuor suo; e disse: “Sterminerò dalla faccia della terra l’uomo da
me formato: uomini e animali, rettili e uccelli dell’aria, poiché mi pento di
averli fatti”. Questi angeli, figli di Dio, nella versione enochiana furono
costretti a vedere sterminare i loro figli giganti generati con le figlie dell’uomo,
inoltre ne videro altri segregati in un luogo celeste, “un abisso di fiamme”.
Semyaza, il loro capo, fu costretto a rimanere per l’eternità sospeso a testa
in giù tra cielo e terra nella costellazione di Orione, solo per aver rivelato
alla bella mortale Ishtahar il nome di Dio in cambio del piacere carnale.
Analizzando gli antichi testi disponibili, interessante è notare che lo stesso
nome di Dio non si poté mai sapere. Il tetagramma ebraico יהךה, in greco πιπι: YHVH, in Cabala è l’abbreviazione
concentrata di HAYÀ = ERA, HOVÈ = È, YIHÈ = SARÀ, gli stessi ebrei chiamavano
Dio, Adonai Elohim, in pratica Signore Iddio, o come sembra intuirsi nella
storia di Daniele nei testi di Ras Samra “il signore tra gli dei”, dato che usa
il pronome “loro” in riferimento alla forma Elohim (Adonai o Adone che
nell’astronomia rappresenta anche il sole). YHVH o JHVH pronunciato
originariamente “Jaweh o Yahweh”, terza persona singolare dell’imperfetto del
verbo “Havah o hajah” che significa essere, per gli interpreti antichi “Io sono
colui che è” cioè il nostro “Assoluto”. Divento successivamente “Yehovah”, poi
Jehovah, “Geova” per influenza tedesca dato che così era scritto, e poiché il
nome vero di Dio come accadde anche per il dio hindù Shiva e l’egizio Osiride,
o Ammon, non si poteva pronunciare poiché solo il sacerdote nel tempio in
occasione dello Yom Kippur (il giorno dell’espiazione, in cui satana non aveva
potere), poteva pronunciare, si pensò che fosse Yahweh, nell’uso italiano
Iahvè, “il Dio Naturale della Vita”, o meglio il “Potere Creativo”. Egli era
considerato all’inizio inumano e anche crudele fino a quando l’influenza dei
miti dravidici del Dio buono e della Grande Madre iniziarono ad affermarsi, e
così dal 800 a.C. in poi, con le nuove idee, iniziò a modificarsi l’immagine di
un Dio più umano e vicino agli uomini. In quel periodo sorsero le nuove
religioni: Taoismo “che predica l’inattività e l’attesa degli eventi”,
Confucianesimo in Cina 551 a. C. che predica l’intervento attivo e mirato per
raggiungere la giusta via”, Buddismo con la sua reincarnazione che predica
l’equilibrio con la natura, Induismo in India e il metodo scientifico
Aristotelico, che gettò le basi del nuovo “credere scientifico”. Alcuni termini
per indicare il Dio supremo sembrano giungere dal Dio del cielo e del vento
venerato dagli Arya, “Dyhans Pitar” che potrebbe essere identificato con
l’Enlil sumero, il miceneo Diwe, il greco Zeus e Theos, il Jahwè ebreo, il
latino Diovem, il Dios spagnolo, il Tinia etrusco, il Tien cinese, il Dio
italiano, ecc.. Le deità anticamente in un dato tempo sembrano comunque essere
state molte, non a caso c’è chi sostiene che esistessero più figli di dei, più
“Elohim”, il Dio creatore del mondo non sarebbe lo stesso creatore di Adamo ed
Eva, che sarebbe, invece, un Elohim dissidente chiamato dagli gnostici dei
primi secoli dopo Cristo, “L’Arconte Demiurgo”, e questo può ricondurci sempre
a quelle ipotesi di interventi genetici alieni.
Tralasciando al momento, l’ipotesi
extraterrestre e questi suggestivi e affascinanti enigmi storici, inizierò ora
la mia ricerca partendo dalla presentazione delle filosofie esoteriche compresa
la Cabala, e della Bibbia, approdando poi, dopo aver analizzato, in breve,
altri culti, alla magia, alla psicologia e alla mia conclusione
d’interpretazione logica e filosofica; cercando di trarre i concetti che più si
accomunano alla “luce di un’unica verità”. Interessante sarà notare che “ogni
Cielo e ogni Pensiero”, ha un’energia o un “Dio
onnicreante” con un’infinita schiera di collaboratori, tutti figli della “Luce”
e con il potere di creare nelle varie dimensioni, all’uomo parte di questo
creato spetta il compito di concorrere ad una coscienza spirituale in divenire,
evolvendo e creando seguendo un ordine nella “Luce e nell’amore per l’amore
stesso” per un’unica coesistenza. L’uomo così riesce a comprendere, ed a
imparare che l’offesa può solo generare un’altra offesa, ma che la ribellione
se necessaria è d’obbligo, se rivelata dalla coscienza di Dio; del resto il
“primato della coscienza” è l’apice anche per la dottrina della chiesa moderna,
come disse nei giorni nostri, Don Andrea Gallo della Comunità di S. Benedetto
al Porto in occasione del “caso di Don Vitaliano”, il prete che prese parte
attiva assieme all’attuale movimento di “non globalizzazione”, che tanto fa
discutere, e che a mio parere, porterà solo un indebolimento sociale, dovuto
alla mancanza di individualità che, erroneamente, per molti è ancora unico
scopo di vita.
ESOTERISMO, CABALA, TEOSOFIA E DOTTRINA
SEGRETA
27° INSEGNAMENTI ESOTERICI ED EXOTERICI
In tutte le religioni esiste un
insegnamento pubblico chiamato "Exoterico" e uno segreto chiamato
"Esoterico", che dà più profondi significati all'essenza della vita e
all'evoluzione umana, ricercando e rappresentando l'antico sapere relativo alle
leggi fisiche e alle corrispondenze degli elementi, che regolano l'essenza del
creato e dell'uomo; distinzione questa conosciuta fin dal tempo predinastico,
dai sacerdoti egizi. L'occultismo occidentale comprende, principalmente, la
Cabala, mentre in quell’orientale, trovano posto la filosofia Vedanta e la
filosofia Yoga, anche se si può parlare di Cabala egizia, ebrea e orientale. Il
Teosofismo invece, è fondato sulle più antiche tradizioni sacre, comprendenti
testi anteriori ad ogni documento conosciuto, come le famose Stanze di Dzyan,
delle quali la Blavatsky, pare, ha potuto consultare presso i monaci tibetani e
nel quale in sette strofe, viene presentata l'evoluzione del cosmo,
sorprendentemente conforme alle odierne teorie fisico-scientifiche relative
all'origine dell'universo. Nello stesso libro, in dodici strofe viene redatta
anche l'evoluzione dell'uomo; questi scritti, successivamente, sono stati
commentati dalla Blavatsky nella sua nota "Dottrina Segreta".
L’esoterismo sembra essere nato nell’Islam nel tardo medioevo legato alla
dottrina esoterica dell’alchimia, della "Pietra Filosofale”, dono di Dio o
meglio ”donum dei”, inoltre comprende, ideologicamente, anche la dottrina
segreta basata su un principio onnipresente, eterno, invariabile e
sull'eternità del Cosmo, il campo delle "Stelle Manifestanti" o
"Scintille Dell'Eternità” che si susseguono periodicamente, e
sull'identità delle anime che seguono la “legge Karmica”, legate all'anima
superiore universale. La dottrina segreta abbraccia anche l'ermetica segreta
che si basa soprattutto sulla saggezza egiziana di Ermete Trismegisto, "il
Tre Volte Grande".
28° L’ORIGINE E LA RIVELAZIONE ERMETICA
Le rivelazioni di Ermete Trismegisto,
divinizzato probabilmente nel dio Thoth, abbracciano l’antropogonia, la
cosmologia, la filosofia religiosa e l’escatologia. Già ai tempi dei re egizi
Cheope e Ramesse II, i saggi e leggendari scritti di Thoth erano ricercati nei
luoghi più mistici, nel Tempio del Sole di Eliopoli, dove nel mitico racconto,
il mago Giedi innalzò le acque del Nilo per la vittoria dei figli di Cheope sui
figli di Rà, nella tomba di Neferkaptah, “forse le stanze segrete di Thoth”;
probabilmente matrice di quei insegnamenti celati nelle stesse “Stanze di
Dzian”, il noto testo Tibetano. I personaggi citati in queste ermetiche e
sapienti rivelazioni scritte, sono: Iside ed il figlio Horus, Aslepio
identificato anche in Imhotep, Amone e Agathos Daimon identificato in Ktieph,
oltre a questi vi sono i dialoghi ambientati per l’appunto in terra egizia tra
Trismegisto ed il figlio Tat, il sacerdote Bitys e Poimadres. I greci già ai
tempi di Erodoto identificarono Ermete Trismegisto con il Dio lunare della
scrittura Thoth, infatti quest’associazione è presente anche nel “Fedro di
Platone” con il mito di Theut e nel “Cratilo”. Probabilmente vi erano antiche
congreghe di custodi e seguaci del dio Thoth che ad un certo punto in periodo
di Ellenismo, (IV sec. a.C.), tradussero questi scritti in greco dagli
originali egizi, affinché non si perdesse l’antico sapere dei civilizzatori
atlantidei sopravvissuti alla catastrofica caduta meteorica di “Tifone” più di
10..000 a.C., ai tempi di Tep. Zepi, al tempo di Osiride quando inizio l’era
del “Primo Tempo”.
Lo storico Diodoro Siculo di Agirio, Enna
(80 – 20 a. C.) nella sua “Biblioteca Storica” libro 1, 15 -16 scrisse così di
Thoth o Ermes:
"Tra tutti - aggiungono -Osiride
teneva nel più alto grado di considerazione Ermes, perché fornito di naturale
sagacia nell'introdurre innovazioni capaci di migliorare la vita associata.
Secondo la tradizione, infatti sono opera di Ermes l'articolazione del
linguaggio comune, la denominazione di molti oggetti fino ad allora privi di
nome, la scoperta dell'alfabeto e l'organizzazione dei rituali pertinenti agli
onori e ai sacrifici divini. Egli fu il primo ad osservare l'ordinata
disposizione degli astri e l'armonia dei suoni musicali secondo la loro natura;
fu l'inventore della palestra e rivolse le sue cure allo sviluppo ritmico del
corpo umano. Inventò anche la lira con tre corde fatte di nervi, imitando le
stagioni dell'anno: adottò infatti tre toni, acuto, grave, medio, in sintonia
rispettivamente con estate, inverno, primavera. Anche i Greci furono da lui
educati nell'arte dell'esposizione e dell'interpretazione, vale a dire l'arte
dell'ermeneutica, e per questa ragione gli hanno dato appunto il nome di Ermes.
In generale Osiride ebbe in lui il suo scriba e sacerdote: a lui comunicava
ogni questione e ricorreva al suo consiglio nella stragrande maggioranza dei
casi. Invece di Atena, come credono i Greci, sarebbe stato Ermes a scoprire la
pianta dell'ulivo."
Anche se è stato appurato che i
fondamenti dell’arte ermetica erano già conosciuti in India e in Cina circa
25-30 secoli prima dell’era cristiana; è risaputo che il sapere ermetico di
Ermete Trismegisto, “Thoth”, ci sia giunto, generalmente, “dal Corpus
Hermeticum”, risalente al II sec. a.C. in epoca Tolemaica e Alessandrina; già
agli albori del IV secolo, una scuola di arte alchemica, definita ermetica o
sacra, fu fondata in Alessandria da Zosimo Panapolita, che trasmise ai posteri
varie opere, tra cui il "Trattato dei fornelli". Questo “sapere”
venne dichiarato eretico dai cristiani e scomparse intorno al V sec. d.C. per
poi riapparire nel XI sec. con il bizantino Michele Psello. Giunse in Occidente
dopo il medioevo, più precisamente consegnato dal monaco Leonardo di Macedonia
al conte Cosimo dei Medici nel 1460 che lo fece tradurre in latino da Marsilio
Ficino nel 1463; composto di 14 trattati chiamati logoi, più tre aggiunti da
Giovanni Stobeo nel V sec d.C. e ha come appendice l’Asclepio scomparso ai
tempi di S, Agostino e riemerso più tardi. L’insegnamento ermetico è teso a
reintegrare ogni iniziato al ”Principio Primo”, per l’appunto a quell’Unica
Cosa della Tavola Smeraldina di Ermete. Questo insegnamento si può riassumere
in breve da alcuni versi dello stesso "Corpus Hermeticum", in esso si
legge esplicitamente: ”Innalzati oltre ogni altezza, discendi oltre ogni
profondità, raccogli in te tutte le sensazioni delle cose create, dell'acqua,
del fuoco, del secco, dell'umido. Pensa di essere simultaneamente dappertutto,
in terra e mare e cielo: che tu non sia mai nato, che tu sia ancora embrione,
giovane e vecchio, morto e oltre la morte. Comprendi tutto insieme: i tempi, i
luoghi, le cose, le qualità e le quantità”. L’insegnamento ermetico è
similarmente conforme a quello indù dei Veda che ritiene l'universo una
manifestazione assoluta di una più che sostanza, una più che essenza, l'insieme
di spirito e materia (Parabrahman e Mulaprakriti), che si manifesta
dall'interno all'esterno da microcosmo a macrocosmo e perciò tutti i regni
dell'universo sarebbero dotati di un proprio stato di coscienza e un proprio
piano di percezione. Nel Pimandro di Ermete si legge: “ Con la materia che
aveva a sua disposizione, il Padre fece il corpo dell’universo e gli diede
forma sferica. Conferì poi a questo le qualità rendendolo immortale e perennemente
materiale. Inoltre il Padre chiuse i suoi atributi nella sfera, come in una
caverna, e ne adornò la sua creazione. Riempì quindi ogni corpo d’immortalità,
affinché la materia non tornasse nel disordine primitivo, giacché quando era
priva di corpo la materia stessa era caotica. Ed essa conserva quaggiù una
piccola traccia di tale disordine nella facoltà che ha la natura di crescere e
diminuire, ciò che gli uomini chiamano “morte”.
29° IDENTIFICAZIONI DEGLI ANGELI E LE
LORO GERARCHIE
I sumeri “Sukkali”, i Deva, Dei, Dhian,
Chohan, Angeli per i cristiani, Sephirot per i cabalisti, Yin per i Buddisti,
Chitkala per gli esoterici, Theoi per gli Ermetici, Kwan, Geni, Demoni, o
meglio dal lessico greco "Messaggeri"; questi sarebbero, come disse
anche Jung, che intuì le dinamiche “dell’Inconscio collettivo”: sono solo
"uomini di un genere superiore", agenti delle leggi Karmiche e
Cosmiche senza una loro personalità, dotati solo di un'individualità gerarchica
d'insieme. Anche nella Bibbia gli Angeli si rivelano solo messaggeri, servi di
Dio, Apocalisse (22.8,9). Ecco cosa ci dice a proposito dell’uomo e di queste
entità cosmiche il "Corpus Hermeticum”:”L'uomo non è sminuito dall'avere
una parte mortale, ma questa mortalità accresce la sua possibilità e la sua
potenza. Le sue doppie funzioni gli sono possibili per la sua doppia natura:
egli è costituito in modo da abbracciare ad un tempo il terrestre ed il divino.
Anzi non temiamo di affermare la verità. L'uomo vero è al di sopra degli dei
celesti o per lo meno uguale a loro. Poiché nessun dio lascia la sua sfera per
venire sulla terra, mentre l'uomo sale in cielo e lo misura. Onde osiamo
affermare che l'uomo è un dio mortale e che un dio celeste è un uomo
immortale”.
L’antica tradizione giudaica, secondo Ben
Maimon, ammette dieci gradi o ordini di angeli: 1) i caios acodesh, puri,
santi; 2) gli ofamin, rapidi; 3) gli oralim, forti; 4) i chasmalim, fiamme; 5)
i serafim, scintille; 6) i malakim, angeli, messi, deputati; 7) gli elohim,
iddii o giudici; 8) i ben elohim, figli degli iddii; 9) i cherubim, immagini;
10) gli ychim, gli animati. La classificazione classica, invece, ci giunge da
Dionigi, lo Pseudi Aeropagita siriano (500 circa d. C.), che nel suo “De
Hierarchia Celesti”, basandosi su una lista compilata da S. Paolo, raggruppò,
secondo una concezione medioevale, gli angeli in una rappresentazione simbolica
del firmamento, dividendoli in tre ordini: il primo composto da Serafini,
Cherubini e Troni, il secondo composto da Dominazioni, Virtù e Potestà, il terzo
composto da Principati, Arcangeli e Angeli. In seguito a ciò i Cherubini e i
Serafini sono stati ritenuti responsabili del primo movimento (Primum mobile) e
della sfera delle stelle fisse, i Troni di quella di Saturno, le Dominazioni
per Giove, i Principati per Marte, le Potestà per il Sole, le Virtù per Venere,
gli Arcangeli per Mercurio, e gli Angeli per la Luna. Sant’Agostino, più
concretamente, nella sua lettera C.IX, non ha nessuna difficoltà ad attribuire
ai buoni e ai cattivi angeli dei corpi sciolti ed agili, forse perché credeva
ai versi dell libro di Enoch, testo che riteneva più vecchio delle sacre
scritture “ob nimiam antiquitatem”. Papa Gregorio II li ridusse a nove cori, a
nove gerarchie, o ordini i dieci cori degli angeli riconosciuti dagli ebrei;
sono per l’appunto: i serafini, i cherubini, i troni, le dominazioni, le virtù,
le potenze, gli arcangeli e infine gli angeli che danno il nome alle altre otto
gerarchie. Secondo alcuni testi mediorientali, gli angeli sarebbero invece,
divisi in tre gerarchie ciascuna suddivisa in sette ordini, nove cori e tre
triadi; mentre una “classificazione moderna” tende a espandere la
classificazione classica e le interpretazioni date a questi “esseri”, e la
troverete alla fine di questo testo. Gli angeli, quelli decaduti dai Cabalisti,
invece, sono raggruppati in due decine; la prima comprende: Samaxas, Artakuf,
ArakieL, Ka Babjel, Oramamme', Ramiel, Siupsick, Zalkiel, Balkiel e Azazel; la
seconda comprende: Pharmarus, Amarlel, Than Zael, Anagnemas, Samael, Sarlnas,
Ehumiel, Tyriel, Jamiel e Sarjel.
Le leggende celtiche che ci giungono dai
poemi di Taliesin una sorta di “Omero Brittanico”, contengono una cosmogonia
raccolta dal monaco Isidoro di Siviglia che ci giunge in una sua traduzione
latina del VI, VII sec. d. C. nella
quale si suddivide il cielo in tre parti: il cielo stellare abitato da angeli,
un cielo aereo abitato da demoni posto al di sotto delle stelle e al di sopra
della luna, ed un cielo sublunare abitato da falsi demoni.
Nel Libro di Daniele vi si dice: ”Mille
migliaia servivano Iddio, miriadi di miriadi di miriadi erano ritti innanzi al
Signore”. Alcuni testi oltre a fare i nomi dei comandanti che concordano essere
Michael, Raphael e Gabriel, descrivono queste schiere angeliche in lotta con
loro ribelli, n’è esempio la “Cacciata dall’Eden”. Cosa interessante è che
Giustino, uno dei più importanti esperti di questi esseri, fra i padri della
Chiesa riteneva che oltre ad una natura spirituale non immune al peccato,
questi esseri possedessero un corpo simile a quello umano che non disdegnava
affatto i piaceri delle cose materiali. Infatti, una delle loro colpe più
grandi fu proprio quella di aver generato quella progenie di demoni loro figli,
i quali poi si rivolsero contro. Nel testo dello Pseudo Dionigi l’Aeropagita,
riguardo ai demoni si legge: “Se essi fossero naturalmente cattivi non
deriverebbero dal bene, che è Dio, non figurerebbero tra le creature di Dio”,
infatti la similarità tra angeli e demoni, o meglio tra i geni, è comune in
parecchi scritti antichi. Sempre nel testo dello Pseudo Dionigi vi è anche un
eccellente suddivisione degli Angeli “Messaggeri”, che hanno, non solo il
compito di ordinare le gerarchie sulla terra, ma elevare spiritualmente le
genti per mantenerne la convivenza e questo per l’appunto fu il compito di
Michael, l’arconte del popolo ebraico che con l’aiuto di altri arconti avrebbe
vinto l’infame drago; la stessa figura dell’Angelo Custode ce lo rivela, il
Libro di Enoch, infatti, è precisato che gli uomini giusti avrebbero dovuto
avere l’aiuto di un angelo. Anche i Romani, che consideravano demoni e geni le
anime dei defunti, sostenevano che ogni uomo avesse un genio o un demone con le
mansioni di consigliere. Gli aborigeni australiani chiamano gli spiriti “Quelli
di Prima”, mentre gli angeli, nella tradizione giudeo-cristiana, sono sì
spirituali, ma in contraddizione con alcuni testi sacri, antichi, che come
abbiamo visto e vedremmo, danno una consistenza fisica a queste creature. Per i
razionalisti come Mario Pincherle, ingegnere e archeologo di Pisa, gli angeli
sarebbero solo, "le regole dell'uomo" sublimate, quindi credo
intendesse dire simboli delle leggi fisiche, in altre parole quelle leggi, che
noi uomini evolvendo comprendiamo chiamandole tali, ma in questo caso c’è da
dire che alcune leggi fisiche non sono solo prerogativa dell'uomo, poiché esse
esistono già in sé nella natura. Gli antichi teologi aristotelici, invece,
vedevano negli angeli gli animatori degli astri, preposti ai movimenti delle
stelle e dei pianeti influendo così su tutto il “Creato” visibile e invisibile.
Secondo i teosofi l'uomo in questa vita terrestre invoca inutilmente il loro
aiuto, ma può, avendo in sé le "gerarchie celesti”, scacciare l'ignoranza,
immobilizzare la personalità inferiore e raggiungere con spirito di
solidarietà, un'armonia superiore, prerogativa comune di questi
"Messaggeri". La radice del nome Chitkala è Chit, la coscienza
selezionatrice interiore dell'uomo, per gli Yogi è sinonimo di Mahat, il primo
intelletto divino e radice di Chit che è una qualità di Manas cioè mentale,
quando è unita a Buddhi, una qualità astrale che se sviluppata nell'uomo,
attrae un Chit Kala per affinità spirituale; Chitti per ciò viene definita una
voce che acquista vita mistica e diventa Kwan Yin, pensiero di saggezza,
sapienza e comprensione. Per i seguaci della dottrina segreta quello che in
genere chiamiamo "spirito" è solo un uomo disincarnato, o un uomo
futuro, il Dio non è antropomorfo, è la ragione universale, il "Logos
collettivo creatore", i suoi sacerdoti e servi sono solo le giuste azioni,
la natura invece, giacché esiste in essa una lotta per la sopravvivenza, è
vista come un aggregato di forze semi-intelligenti, vale a dire gli
"elementali", che seguono un loro adattamento, guidate anche loro,
dagli spiriti elevati superiori, Chohan, Dhyan (ricordanno i babilonesi Djnn
chiamati anche gli oscuri), Angeli, ecc. che insieme formerebbero il Verbum, il
Manifestato del Logos (Ragione) Immanifesto e tutto questo insieme costituisce
la Mente Immutabile dell'Universo. Emeriti studiosi e le antiche scritture
confermano che la creazione del mondo è dovuta solo alla sapienza di Dio e allo
spirito di Dio che erano con Dio (Proverbi 8 e Genesi 1) ma la sapienza e lo
spirito erano Dio, come la sapienza e lo spirito di un uomo sono parte
dell'uomo stesso (1 Corinzi 2,11).
Secondo Steiner, la cui conoscenza da
alcuni, è ritenuta superiore ed espressa nelle "Akasha-Chronik",
stampato solo per gli appartenenti della libera università delle scienze di
Goetheanum, l'uomo evolverebbe dall'Era dei Minerali, attraverso vari livelli
angelici, fino ai livelli dei Serafini. L'uomo sarebbe costituito di sette
strati, ma al momento n’esisterebbero solo quattro: corpo fisico, corpo etereo,
corpo astrale e l'io. Il corpo astrale diventerà “Manas”, o spirito puro,
l'involucro etereo evolverà fino a diventare Spirito Vitale, o “Buddhi”, mentre
quello Fisico sarà trasformato finche diventerà uomo spirituale o Atma, (R.
Steiner, Das Johannes-Evangelum, 10 ed, Domaci, 1981, p. 129).
30° L’ORIGINARIA CONOSCENZA ESOTERICA E
LE VIE INIZIATICHE
La filosofia Esoterica, o “Arte Regale”,
che sembra fondare le sue radici tra le più antiche civiltà del pianeta, oltre
che postdiluviane, addirittura antidiluviane, presenta l'Universo in tre
aspetti: il Pre-Esistente, che evolve dall'Eternamente Esistente ed il
Fenomenico, il riflesso, ombra o mondo dell'illusione. Basti pensare che ognuno
di noi tende ad essere quello che vuole, quindi niente di tangibile per gli
altri, così tutti noi comprendiamo di non essere quello che mostriamo agli
altri, apparirà chiara dunque l’illusione e la nostra dimensione originaria di
“Creature”. I regni della natura per l'esoterismo sono sette: Minerale,
Vegetale, Animale, Umano, delle Anime, Planetario e Sistemico. Da sempre i
nostri grandi "Illuminati", come afferma Guido da Todi, nella sua
"Grande sintesi della Tradizione Esoterica" dedicata al Sacro Leone
dell'India, si limitarono a parlare dell'origine del nostro sistema solare.
Egli afferma che dopo eoni ed eoni di tempo umano, in un sistema di coordinate
vitali, armonizzate in mondi precedenti il nostro, il sistema superò lo stadio
umano, trascese quello spirituale e si inserì nel divino, inteso come
"l'autocoscienza", che portato a livelli inimmaginabili, sarebbe la
natura delle Stelle Madri, creatrici e guide del nostro sistema solare. Una
sostanza primordiale si trasforma condensandosi sempre più da spirito in
materia e anche l'uomo quindi, passa il piano materiale con il corpo fisico
attraverso i sensi, il piano astrale con le emozioni e le passioni, il piano
mentale con il pensiero. Pertanto il vero Sé si raggiunge nei piani superiori,
il mentale superiore e il casuale o “veste di Dio”, l'unico a restare
indistrutto, lungo le reincarnazioni, poiché raccoglie in sé gli atomi ultimi,
le esperienze fatte con i corpi nel tuffo sulla materia. Alla fine
dell'evoluzione anche il corpo casuale verrà distrutto, fatto necessario perché
l'io individuale si fonda con quello universale, in pratica, "il ritorno
in seno al padre" di cui parlava Gesù, prima di essere crocifisso. Vale a
dire la quarta iniziazione. Ricordo a proposito che il sentiero spirituale si
divide in sentiero della Prova, del Discepolato e dell'Iniziazione; scopo
d’ogni meditazione è la distruzione del corpo casuale, creando un attrito sui
chakras dei tre corpi da renderli statici, inerti risolverli in un unico fuoco:
la Monade, “Il Terzo Occhio di Dio”, l'unità immortale dell'uomo che evolve
reincarnandosi fino a raggiungere il Nirvana, la beatitudine, capendo che tutto
ciò che vediamo è illusione o Maya, "atomi", tutto è temporaneo, o
meglio, il corpo denso rifletterà il movimento ai chakras astrali e mentali
finche le onde inferiori della personalità si fonderanno con il ritmo pacato
dell'anima e si avrà l'unificazione della personalità con l'anima, poi la marea
inferiore si alzerà fino a schiantare il corpo casuale, proiettando lo spirito
liberato a contatto con il Padre nei cieli, in altre parole ci sarà
l’annullamento nel “Grande Spirito”. Quando l'uomo riesce a pronunciare
all'unisono i sette mantrams diventa Maestro di Saggezza. L'uomo perciò è visto
come una scintilla del fuoco divino che si veste di materia per sperimentare
una consapevolezza altrimenti impossibile, perdendo così l'identità divina, ma
io credo, come affermerò in seguito, nello stesso tempo alimentandola. Questo
concetto è espresso magnificamente nei versi della "Creazione", del
testo, "Le Stanze di Dzyan". Indagando specificatamente la tecnica
dei misteri raccolta in testi come "l’Insegnamento Iniziatico", della
Hermes edizioni, L’antica Scienza della Ressurezione, i Figli del Tuono e La
Quarta Via di Ouspenky dove si cita il sapere della famosa Scuola teosofica dei
Nove, ecc., si raccolgono brevemente le seguenti e occulte fasi principali
“dell’Omeopatia Karmika”: “inizialmente viene tolta una sorta di sabbia
cristallina giallognola eterica che occlude la ghiandola pineale che ha già
acquisito una leggera luminescenza, poi viene accostato il corpo casuale
sconnesso dalla punta dei piedi alla sommità del capo e si è raggiunto così lo
stadio spirituale più basso; si ha la sensazione di avere i piedi nell’acqua di
un torrente. Poi viene tolto una sorta di sacco eterico trasparente di colore
d’orato che avvolge il corpo fisico che rimanendo senza protezione viene
assalito da una serie di passioni o demoni, vinti uno ad uno sotto l’egida
dell’Anima che osserva, si odono brevi sibilli di approvazione. Raggiunto un
livello avanzato di purificazione l’iniziato in una posizione di “senza corpo”
vede il proprio corpo immerso in una specie di uovo trasparente con la sommità
del capo aperta e vede giungere da lontano un seme che immergendosi nell’uovo
inizia a sobbalzare come tutto stesse bruciando, e così inizia a svilupparsi
fino a quando il corpo casuale sarà lavato completamente, e tolti i detriti
Karmici le ruote o chacra inizieranno il loro naturale giro, così collegato
“dagli angeli” alla sommità del capo, fonderà l’energia della materia con
quella dello spirito, dando vita alle “Nozze Alchemiche”, provocando a seconda
degli stadi d’animo quegli influssi chiamati “amari o dolci”. Per comprendere
meglio quanto detto voglio ricordare che la ghiandola pineale è chiamata dagli
indù il “terzo occhio”, e sebbene la mitologia lo ponga in fronte, si dice che
originariamente fosse locato dietro la nuca dell’uomo “unisessuale primario”,
che suddiviso, rimase con tre occhi di cui uno s’infosso, trasformandosi nella
pineale, un organo che un tempo pare permettesse facoltà paranormali, ma con il
tempo andò con l’atroffizarsi. La pineale fu ritenuta da Cartesio la sede
dell’anima, ed è situata in profondità tra il cervello e connessa agli occhi,
da un canale diretto, la ghiandola pineale, controlla i nostri cicli di sonno e
veglia, che gli scienziati chiamano ritmo circadiano. Essa, secerne melatonina,
una molecola, un ormone antiossidante molto potente, soltanto in assenza di
luce, mentre in presenza di questa, tale secrezione viene soppressa. La
melatonina stabilisce il ritmo biologico di ogni cellula nel corpo riportando
indietro gli effetti devastanti del tempo. La presenza di quantità adeguate di
questa melatonina, induce sonno e può ridurre ansia, crisi di panico, ed
emicranie. Strapazzi abituali possono, invece, ridurre i livelli della melatonina
e disincronizzare l’orologio biologico, presente all’interno del nostro corpo.
31° LE VIE DELL’ANIMA E I PERCOSI KARMICI
Secondo l'Induismo, il signore naturato
di luce si manifesta in maniera cosciente e incosciente, l'uomo è un frammento
di eternità gettato nel samsara, il ciclo delle 777 incarnazioni, nascite,
morti e rinascite, fino al raggiungimento della perfezione, “la lunga notte
dell’anima” dove senza più brame materiali l’uomo diventa un occultista, un
ricercatore della vera liberazione che lo porterà a staccarsi dal pianeta.
Ricevendo la vita, l’uomo riceve la sua occasione, la vita e la morte sono
soltanto idee esenti allo stato di coscienza. L'uomo dunque, deve saper
dividere le esigenze inferiori dei corpi dal “Sé stesso”, così riesce a
potenzializare anche la personalità a scapito dell'egoismo, ma non
dell'individualità. Parlando in termini più consoni “all’iniziazione cristica”,
si può riassumere che quando l’angelo dell’anima avrà vinto il diavolo della
personalità l’uomo passerà al Purgatorio ed entrerà poi in Paradiso. Questo
tipo di iniziazione sottoforma di mito è stato diffuso ovunque, vedi in Grecia
con Ercole, a Roma con Attis, in Egitto con Iside e Osiride, in America con
Quetzacoatl; ma la centralità di questo sapere gerarchico sembra provenire
dall’India. Nel "Manavadharma Shatra" del Manu si legge: "Una
pietra diventa una pianta, una pianta diventa un animale, un animale diventa un
uomo, un uomo diviene uno spirito, uno spirito diviene un dio" Haeckel.
Queste gerarchie nel loro “essere”, sono sempre state ripescate, cambiate,
fissate in scale diverse, anche nell'ideologia cristiana, contro ciò, il romano
Lucrezio, nel suo "De Rerum Natura", propose una pari dignità delle
gerarchie manifestate in natura, per il semplice motivo che sono formate tutte
da atomi, nello stesso modo in cui le parole sono formate da lettere, e per
tale pensiero, fu anche perseguitato. Gli spiritualisti invece citano una
fantasiosa dimora dei disincarnati, Summerland, che si troverebbe in
determinati posti della via lattea. Ricordo che nella Cabala la via lattea è
considerata l'origine dell'anima, che proviene dal Creatore. Gli esoterici,
come abbiamo visto, concepiscono la realtà dividendola in due principi: il
mondo oggettivo, triadico inferiore delle personalità, quei “diavoli
dell’inferno”, che attraggono l’uomo per l’appunto nei piani inferiori della
mente, negli inferi ed il mondo soggettivo, triadico dell’anima, del “regno di
Dio” diviso in Fisico, Astrale e Mentale o più appropriatamente Atma, Buddhi e
Manas. Un aforisma esoterico dice: “Quando un uomo muore sul piano fisico, egli
nasce nel mondo delle anime, e quando muore nel mondo delle anime, egli nasce
nel mondo fisico”, e questo accade fino all’espletamento delle reincarnazioni
del samsara che porta l’uomo alla fine del suo viaggio iniziatico; non più
prigioniero del pianeta e pronto a ricongiungersi con la “Luce del Padre”. Gli
esoterici parlano di catastrofi ed eventi che coinvolgono l’uomo e dovuti per
l’appunto ad opera del Karma che pare contempli periodi di 25.868 anni solari
equivalenti a un anno siderale, cioè un giro della eclittica. Ecco perché
Ermete Trismegisto nel suo Pimandro, afferma: “che tutte le creature del nostro
mondo sono costrette a passare sotto un tabernacolo, o tenda, che sarebbe in
fondo il cerchio dello zodiaco, a sua volta suddiviso in 12 segni di una sola
natura e di svariate forme”.
32° GUIDATI DALLE STELLE
Secondo le credenze esoteriche,
l'evoluzione della terra è guidata dalle "Vite Cosmiche", dalle
costellazioni e dal nostro sistema solare, composto di sette pianeti sacri:
Vulcano, Giove, Saturno, Mercurio, Venere, Nettuno, Urano e cinque non sacri:
Plutone, Marte, la terra e altri due celati singolarmente dalla Luna e dal
Sole. Il numero sette, è il numero occulto ritmico del ripetersi creativo, in
effetti, si sa che nella materia atomica, meta della nostra sensibilità, gli
strati elettronici che circondano il nucleo dell’atomo si sovrappongono l'uno
sopra l'altro in numero di sette, tanto che la collocazione dei vari elementi,
secondo la loro valenza ed il loro peso atomico, si dispone in serie
settenarie, come si può osservare nella tabella di Mendelejev; e ciò potrebbe
essere applicato benissimo, in un certo senso, anche alla vita cosmica. Il
numero sette era meta d’interesse in varie culture antiche ed è ripetuto più
volte anche nella Bibbia, non a caso anticamente si è sempre ritenuto che il
settimo figlio fosse dotato di poteri magici, poi, oltre ai sette pianeti
sacri, sette sono anche le note musicali, i colori dell’arcobaleno, le
gerarchie angeliche espresse nelle orbite planetarie e che la bibbia chiama
schiere, 1°Samuele, 17,26 - 45 e Giobbe, 19,12 – 25,3; Salmi, 103,21 – 148,2.
Nel Per-Em-Ra, cioè “l’Uscita Verso la Luce”, o meglio nel Libro egizio dei
Morti, scolpito su tavole di bronzo ritrovate negli scavi archeologici durante
il regno del faraone Men-Kau-Ra (Micerino), si ritrova non solo il numero
sette, ma anche questa visione esoterica dell'universo, nel capitolo LXXI si
legge: "O voi, sette Giudici che portate sulle vostre spalle la Bilancia!
Quando nella Grande Notte del Giudizio, l'Occhio divino, al vostro ordine,
mozza le teste, recide le gole, svelle, spezza i cuori e massacra i Dannati nel
Lago di Fuoco. In verità io vi conosco e conosco i vostri Nomi, e come io
conosco i vostri Nomi, voi mi conoscete... Ecco che io mi dirigo verso di voi,
o dei, come voi vi dirigete verso me. Voi vivete in me, come io vivo in voi!
Rendetemi vigoroso mediante la forza dello Scettro magico che voi impugnate!
Concedetemi, il Verbo magico della vostra bocca, una lunga vita! Che alle
annate della mia vita si aggiungano altre annate, che ai mesi della mia vita si
aggiungano altri mesi, che alle giornate della mia vita si aggiungano altre
giornate, che alle notti della mia vita si aggiungano altre notti, affinché io
possa apparire innanzi alla mia statua funeraria ed illuminarla con i miei raggi...
Concedete l'alito di Vita alle mie narici! Possano i miei occhi vedere
nitidamente e distinguere ciascuno dio dell'Orizzonte, nel giorno atteso in cui
saranno pesate e giustificate le iniquità commesse sulla Terra!". Nel
LXXII "per praticarsi un cammino nel mondo inferiore" si legge:
“Salve, o Signori dell'Armonia dei Mondi, voi che, esenti dai Mali e dai
Peccati, dimorate nell'Eternità e nell'infinita Durata! Ecco che io inizio il
cammino sulla via che mi condurrà a voi divenuto Spirito santificato, io
percorro tutte le Forme del Divenire. Il mio magico Verbo mi dona la Potenza.
Io sono stato giudicato e santificato. Liberatemi dunque dai demoni dalla testa
di coccodrillo che si celano in queste Regioni e frequentano la Contrada della
Verità e della Giustizia! Concedete alla mia bocca le Parole della Potenza! Che
delle offerte siano poste nelle mie mani, davanti a voi! In quanto io vi
conosco e conosco il vostro Nome. Conosco il Nome di questo Grande Iddio.
Concedete un'offerta a questo Spirito che schiude la via nell'Orizzonte
Orientale del Cielo. E librandosi discende verso l'Orizzonte Occidentale. Ecco
che si dirige verso me per rendermi vigoroso, affinché i demoni non possano
impadronirsi di me. Fate che io non sia cacciato quando comparirò innanzi alla
vostra Porta, o dei! Che io non la trovi sprangata ed inchiavardata! In quanto
le mie offerte solide si trovano a Pè, e le mie offerte liquide si trovano a
Dep. Quello è il luogo nel quale congiungo le mie mani...Possa contemplare Tum,
mio Padre, stabilito nei suoi domini del Cielo e della Terra! In Verità, le mie
offerte sono senza limiti, poiché è mio figlio, generato dal mio Corpo, che mi
nutre... Concedetemi dunque dei pasti sepolcrali, dell'incenso, della cera ed
ogni altra cosa buona e pura, necessaria alla vita di un dio, realmente ed
eternamente! Possa, a mia volontà, compiere tutte le Metamorfosi, scendere e
risalire, nella mia Barca, i canali di Sekht-Janru! Poiché io sono un dio dalla
doppia testa Leonina". Esotericamente, più a grandi livelli, il sole è
allineato ad altri sei sistemi, tra cui Sirio, “l’Iside egizio”, meta di chi
sceglie la quarta via, che ci influisce maggiormente e riceve a sua volta
influssi da Alcione, stella grande dieci volte il sole, che si trova nel
sistema celeste occulto chiamato le Pleiadi, da dove ci giunge quindi, il
grande richiamo guida, è ammessa infatti da alcuni ricercatori, come Burnham
una relazione tra questo ammasso stellare e i corpi del nostro sistema solare.
Pare che la nostra terra navighi verso Vega, una stella della Costellazione
della Lira, anzi più di recente alcuni astronomi nel loro ricercare il corpo
celeste trainante il nostro sistema solare sono dell’avviso che siamo legati
gravitazionalmente proprio a Sirio A e B, muovendoci insieme attraverso lo
spazio, ruotando a spirale attorno ad un centro comune. Voglio ricordare che
Sirio, “per gli egizi Iside”, è al Nitak (Zeta Orions) la più lucente stella
della cinta di Orione e le Pleiadi, sono state anticamente meta di interesse
per varie culture, oltre agli indù e gli egizi, si interessarono a questi astri
anche la cultura dei Dogon del Mali in Africa, e la cultura Chinchorro, di
Moche e Chimu nei deserti dell’america meridionale, che prima degli Inca
venerava Fur (le pleiadi) e Pata (Orione), le costellazioni base dell’oro
calendario; ma furono sopratutto gli egizi, che innalzarono templi orientati
verso il loro sorgere e tramontare realizzando persino costruzioni loro
corrispondenti, addirittura presso i Maya, le pleiadi erano simboleggiate dal sonaglio
ritmico del serpente. Le Pleiadi sono state citate anche nella Bibbia da Amos e
Giacobbe, nel loro esaltare la volta celeste e l'onnipotenza di Dio. La stessa
parola Pleiadi, deriverebbe dal arabo o dal greco "plein", che
significa navigare. Nella mitologia greca le Pleiadi, sarebbero le sette
sorelle figlie di Atlante e Pleione. Gli indiani d'america Kioma del nord-est
di Wyoming, raccontano invece, che "Mateo Tepe", la torre del
Diavolo, che fu eretta dal Grande spirito per dare rifugio a sette fanciulle
indiane che erano inseguite da “orsi”, esseri giganteschi, queste sarebbero poi
state portate in cielo; e nella roccia della torre sarebbero ancora oggi
visibili i solchi lasciati dagli artigli di questi esseri. Ma a parte queste
leggende, gli esoterici affermano che questa "emanazione" delle
Pleiadi, questa musica emanata dalle "Volontà Superumane", raggiunge
ogni scopo evolutivo, e le note delle "Sette Sfere" così si
manifestano, quelle “Sette Sfere” che per i mitrei romani rappresentavano sette
gradi iniziatici che espressi in simboli, erano relazionati strettamente ai
pianeti e culminavano con il Pater, Mithra stesso. Queste sono le origini del
Mantram, (suono di un insieme di sillabe o parole). Questo è il potere della
parola occulta educata e adoperata secondo il potere innato del suono. Scopo
dell'evoluzione è il trionfo della ragione che conosce se stessa, l'uomo scopre
di essere "La musica delle Sfere", nasce "l'illuminata
osservazione della natura, l'udito interno si risveglia e percepisce il Mantram
Universale e inizia lo studio dell'occulto per ripetere in microcosmo ciò che
avviene nel macrocosmo e del resto, a mio parere, questo non si può negare, una
stella nasce, vive e muore proprio come noi. Risalendo i suoni della Gerarchia
Bianca, collegata ad altri suoni superiori, l'uomo affina i sensi e il potere
di riprodurli. Il suono è tutto irraggiungibile ma musicale, il verbo è un
tutto sintesi, coscienza e potere in atto. Nel libro di "Iniziazione umana
e solare" di A. Bailey, sì da alla parola le seguenti caratteristiche:
colore, forma, tono, e un grado di energia attiva. La natura che l'anima è:
autocosciente, cosciente o inconscia; Dio, uomo, o deva. Il triplice logos che
l'anima è amore intelligente ed attivo e l'iniziato quindi, dovrebbe allinearsi
a queste linee magnetiche, cosmiche, base dell'esistenza. La parola diventa
multiforme ed è pronunciata sia da chi ne conosce il valore, sia da chi ne è
schiavo. Ricordiamo che il suono è accompagnato dal colore e gli orientali da
questo concetto hanno creato la scienza dei mandala affiancata a quella dei
mantrams, del resto è risaputo che la tradizione mistica considera i colori
come le manifestazioni delle virtù dell’anima.
33° FOLLETTI, ELEMENTALI E ANGELI
Durante l'Atlantide, milioni di anni fa,
il mondo devico o angelico, sia in evoluzione nella materia, sia nello spirito,
era molto legato all'umanità che ne abusò con la magia nera, invocando il
potenziale dei deva, specie con gli elementali e questo probabilmente fu la
causa della sua fine. Il mondo angelico è presente ovunque, fuori e dentro di
noi, in svariate forme; ne fanno parte anche gli elementali come: le ondine
dell'elemento acqua, gli elfi dello spazio, i silfi, i silvani, i satiri, i
nani, i coboldi, i fauni, le dame bianche, le fate verdi, blu e le malefiche
bruno-rossicce, le salamandre del fuoco, gli gnomi, e tutti gli altri
“fairies”, esseri legati probabilmente alle religioni animistiche, alla
fantasia e a quei luoghi considerati sacri come i boschi, le sorgenti, i monti,
ecc.. Gli elfi sono identificati originariamente nei “Sidhe” un popolo fatato
delle leggende celtiche che affonda le sue radici nel mito degli dei
risplendenti irlandesi, i Tuatha dè Dannann “la tribù della dea Danu”, che con
la magia in tempi remoti, soggiogò il popolo dei Fir boug che allora risiedeva
nelle terre irlandesi; da allora la tradizione popolare trasformò questi esseri
nel nome di “Sidhe”, esseri di vario genere abitanti tra due mondi, che
avrebbero tutt’oggi la capacità di attrarre gli umani verso “Faerie”, un luogo
da cui non si può far ritorno. Fu Chaucer, Shakespeare a raccogliere e portare
il mito degli elfi nella letteratura popolare, mito che con W.B. Yeats
raggiunse l’epoca Vittoriana trasformandosi in un folletto che visita il nostro
mondo per divertirsi, da qui il premio Nobel irlandese Tolkien trasse la sua
moderna narrativa mitologica tesa a raccogliere il mito del “piccolo popolo”.
La leggenda tolkieniana vuole che prima dell’esistenza del sole e della luna
gli elfi si stabilirono presso i Valar in Aman “le terre imperiture” per
proteggersi dal malvagio Melkor, una sorta di Lucifero, o Melech, che portò gli
elfi ad una prima scissione, infatti, si parla di una terra di mezzo da loro
abitata che fu divisa in regno terreno e ultraterreno, racconti che traggono
origine per l’appunto dalle antiche credenze celtiche. Una curiosità su piccoli
esseri ci viene da Charles Fort, che ricorda il caso citato nel “Times” di
Londra il 18 luglio del 1836 che raccontava il ritrovamento presso la formazione
rocciosa chiamata “Seggio di Re Artù” ad Edmburgo, di diciassette minuscole
bare lunghe circa 16 centimetri che racchiudevano figure diverse per aspetto e
forma, lo stato delle bare riconduceva ad una sepoltura consequenziale avvenuta
in momenti temporali diversi, fino al più recente, è non è un singolo caso,
anche in Wyoming negli USA nel 1912 due ricercatori d’oro trovarono una piccola
mummia di adulto, alta 35 centimetri, seduta sopra un sasso e chiusa in una
cavità naturale all’interno della roccia chissà da quanti millenni. Questi
aneddoti, credo che poco abbiano a che fare con i nostri elementali, con i
quali, secondo gli esoterici, possiamo anche comunicare. Gli elementali sono in
tutta la natura del “Creato”, appartengono al mondo vegetale, animale e li
creiamo anche noi, li creiamo consciamente con una forma di
“pensiero-desiderio” e inconsciamente con una forma di “desiderio-pensiero”,
dove il pensiero e “condensazione di materia”; una volta creati tendono a
dominare, assumono vita propria e qualsiasi forma percepibile solo da pochi.
Queste cariche di energia psiconoetica possono essere attratte da altre della
stessa specificità, o respinte, dipende dalle peculiarità dei singoli
individui, che sempre saranno attratti e “verranno attaccati”, dallo stesso
tipo di energie che creano, una sorta di “nemesi”, che se compresa, porta ogni
essere alla consapevolezza che ogni giusto agire avrà la sua ricompensa. Sono
questi elementali “gli angeli e i demoni spirituali”, sono queste energie
emanate dalla forza arcangelica che gli emana, come afferma Daskalos, nel “Mago
di Strovolos”; lungi da essere quegli angeli fisici caduti che sono invece gli
antichi “arconti” che un tempo manipolarono la vita, quegli esseri
extraterrestri governati dalle stesse nostre leggi naturali. Comunque ciò non
toglie che vi siano anche alieni che vivono solo nel mondo noetico superiore,
esseri che non hanno forma ma sono puro spirito, oppure esseri che hanno
entrambe le facoltà come sembrano aver avuto quegli angeli caduti; del resto
come vi sono mondi di “forma immagine”, vi sono “mondi noetici”, delle idee,
dei sette cieli, cioè il nostro noto “Regno dei Cieli”. A quanto pare è provato
che possiamo comunicare e interagire con questi elementali e con alcuni di
questi superiori “esseri spirituali”, sempre secondo gli esoterici, con ogni
emozione ci mettiamo in contatto con deva che ci attraggono nel loro terreno;
solo gli iniziati trattano con deva maggiori, che si presentano sempre in
gruppo e appartenenti a gradi diversi, pari ad un saggio e fino ad un Logos
Planetario e di più. Solo i “Maestri “ aiutano a sopportare le “disgrazie
Karmiche altrui”. Ogni classe di Deva dipende da un raggio, ed ha i suoi suoni
e colori e profumi fino agli elementali; dei quali, chi ne abusa, deve sapere
che ognuno è protetto; e ciò che è perdonato ha solo delle motivazioni cosmiche
superiori. In svariati modi si manifestano i mantrams, quando l'uomo riesce a
coglierli e pronunciarli tutti, diventa Maestro di Saggezza, ve ne sono della
chiesa cattolica, orientali ecc.. La famosa Aum vedica, l’Iod ebreo, il Loa
gnostico, sarebbe la parola di potere di Alcione, da cui dipendono i sette
sistemi solari compreso il nostro. I 35 mantrams segreti portati ai tempi della
Lemuria (un continente ipotizzato per la prima volta da M. P. L. Sclater, tra
il 1850 - 1860, che nel periodo Permiano e Nummulitico era situato nell'oceano
pacifico tra l'Australia e gli Stati Uniti), dai Signori della fiamma, sono le
chiavi per aprire i sette sottopiani dei cinque piani in cui si svolge
l'evoluzione umana, che sono per l’appunto: il fisico, l’astrale, il mentale,
il buddico e l’atmico. Ogni razza madre ha un suo accordo, che dipende dai Tre
Signori di Raggio, che conoscono i sette mantram sacri che mettono in contatto
la gerarchia con i Sette Dei Planetari. I Sette Logoi dispongono di un mantram
che comunica ritmamente con il triplice Signore del Sistema Solare.
Collocazione ipotizzata della Lemuria e
lo gnomo del Wyoming trovato nell'ottobre 1932, in un burrone sui fianchi delle
montagne Pedro (a un centinaio di km da Casper, Wyoming, USA).
34° UN TEMPO PER OGNI RIVELAZIONE
Quanto detto, ci rivela cose che non
tutti possono capire, quindi appare evidente che c'è un giusto insegnamento per
ogni essere, gli stessi 18 Purana, scritti vedici, sono distinti e destinati
separatamente ai puri, ai passionali e agli ignoranti. Nel nuovo testamento
anche Gesù dichiarò ai suoi discepoli, a suo tempo: "Non date le cose
sante ai cani e non gettate le vostre perle dinanzi ai porci (Mt.7:6), e
ancora: “A voi è dato il mistero del regno di Dio, ma a coloro che sono di
fuori tutte queste cose si propongono in parabole" (Mc 4:10,11 - Lc
8:9,10). Gesù dice questo anche se in (Mc 4,22) si legge: "Non vi è
alcunché di nascosto che non sarà manifestato, niente di segreto che non verrà
alla luce. Chi ha orecchie per intendere, intenda!". Questo potrebbe
significare soltanto che tutti sì "illumineranno", ma in un luogo e
tempo dovuto, in cui ne avranno raggiunto le capacità, del resto il tempo è
solo una successione di stati di coscienza registrati. Lo stesso S. Paolo parla
di un insegnamento misterioso, una sapienza che afferma non essere di questo
mondo. Sta scritto infatti: “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì,
né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo
amano” (1Cor 2,6-9). In effetti, come ricorda il Daskalos, il mago di
Strovolos: “La mente non è “l’Assoluto”, è il mezzo attraverso il quale
“l’Assoluto” si manifesta”; e in Cristo, “il Logos”, si è manifestato più
perfettamente rispetto a noi. I misteri esoterici, che un tempo furono di pochi
sono andati perduti perché, come afferma Eliphas Levi, ideatore del termine
"Occultismo nel XIX sec.," il cristianesimo primitivo generato
dall’antropomorfismo dravidico allontanò la chiesa dalla Cabala, che contiene i
misteri della teologia trascendentale. Nascoste verità, come vedremmo, sono
rintracciabili non solo nel nuovo testamento, ma anche nella bibbia e in altri
testi religiosi di altre culture, per esempio nelle "Upanishad", che
in sanscrito significa letteralmente "dottrina esoterica" e indicano
generalmente, solo una parte di letteratura vedica ritenuta vecchia quanto il
pensiero filosofico dell'uomo, sono 108 scritti di cui 12 risalgono al IV
secolo a.C. La tradizione esoterica oltre Himalaya si basa proprio sulle
"Upanishad", scritti filosofici di probabile origine dravidica che
stanno ai scritti "Veda" come la "Cabala" sta alla nostra
"Bibbia", esse espongono il significato segreto dei scritti Vedici,
che è ritenuto segreto perché hanno smesso di diffonderlo fin dai tempi di
Buddha. Il Prof Cowel afferma che a differenza di altri scritti Brahmanici, le
Upanishad posseggono una libertà di pensiero sconosciuta. Le Upanishad erano
originariamente concesse solo alle caste dei "Brahmani" (sacerdoti),
che le usavano per iniziare e istruire i loro chela, finche l'illuminato
principe di Kapilvastu di etnia arya, (Buddha), appreso il sapere celato in
esse, simile al sapere dei maestri della catena nevosa Himalayana, decise di
salvare il mondo e divulgarne il contenuto. I Brahmani indignati riassunsero i
loro testi delle Upanishad, che conterebbero tre volte il contenuto dei
"Veda" e negarono l'insegnamento di Buddha. Oggi il più grande
iniziato vivente sarebbe Shri Shankaracharya, fondatore della setta Smarta
Bramani, ancora molto potente nell'India meridionale, loro soli avrebbero di
tanto in tanto veri iniziati come Shringa giri di Mysore, a capo dei matham.
35° ORIGINE E SUDDIVISIONI DELLA QUABALAH
Il termine Quabalah, dall'ebraico
significa: "tradizione orale", essa è fondata sull'interpretazione
del alfabeto ebraico, lettere e numeri sono scritti nello stesso modo e quindi
le sacre scritture possono essere interpretate anche come una successione di
numeri da cui trarre insegnamenti esoterici, cioè nascosti. La Cabala è divisa
in due parti: Mercabà, che tratta della perfezione di Dio e Bereshith, che
tratta dell'universo. Dio secondo i cabalisti, è la perfezione, egli è infinito
e abbraccia poteri dell'infinito e del finito, quindi, perché potesse creare il
"mondo finito", dovette nascondere l'infinito. Da ciò si capisce che
l'occultamento dell'infinito si chiama "mondo", esso si può dividere
gradualmente in ordine decrescente in: Atzilùt, (mondo dell'Emanazione), Brià,
(della Creazione), Yetzirà, (della Formazione), Assiyà, (dell'Azione). Il
compito dell'uomo sarebbe di trasformare la sua oscurità in luce seguendo i
sette precetti dei figli di Noè e i 613 precetti della Torà, la legge scritta
nel Pentateuco, i primi cinque libri della Bibbia. L'uomo osservando questi
precetti contribuirà alla costruzione della Casa di Dio sulla terra, che sarà
completata nei giorni del Messia. Le fonti della Cabala più importanti sono: il
primo testo Cabalistico che compare nel 1180 d. C., nel sud della Francia, la
critica storica lo fa risalire al 1270 come una compilazione di Mosè di Leon,
poi segue la scienza della combinazione delle lettere, la permutazione
dell’alfabeto ebraico dello spagnolo Avraham Abulafia, ed il Sepher Zohar (il
libro dello splendore), attribuito a Rabbi Simeone, figlio di Yochai sec. I d.
C. e il Sepher Yetzirà (il libro della creazione), scritto da Rabbi Akibà,
morto nel 120 d.C. . Lo Sepher Yetzirà insegna che attraverso la meditazione
contemplativa si può giungere all'esperienza dell'estasi, che mette in contatto
con Dio, mentre lo Sepher Zohar, (il libro dello splendore), afferma che esiste
un principio assoluto e segreto, l'En Soph, "infinito non percepito",
in conoscibile perché nascosto agli uomini, ma che interagisce con essi; e
l'uomo può accedervi solo dando un significato alla propria esistenza. Quindi
nella Cabala esiste un "mondo manifesto" che nel culto solare è
chiamato Nara e un mondo nascosto, chiamato dal culto solare Matchka, l'uomo si
frappone tra questi mondi risolvendo le sue problematiche esistenziali in
quanto parte dell'En Soph. Un altro curioso testo cabalico è il Sepher Bahir, o
“Libro Fulgido”, apparve in Provenza tra il 1150 e il 1200, probabilmente
giunto dall’oriente in Germania e riporta fonti più antiche di testi come il
Razà Rabbà, o “Grande Mistero” del V-VIII secolo, e dei Chassidim tedeschi del
XII e XIII secolo, che trattano il misticismo della Ma’asè Merkavah, e tutta la
gnosi ebraica. Alcuni passi del Sepher Bahir tradotto in italiano nella
“Mistica Ebraica”, Einaudi Torino 1995, esprimono chiaramente la concezione
cabalica, esprimendo una sconvolgente risoluzione equilibrata dei concetti:
“Male - Bene, Acqua - Fuoco, Albero - Giardino, Tohu-Bohu, o meglio “Caos e
informità, e Luce –Tenebra”; a proposito della Luce si legge: “Fu così creata
una grande luce, che nessuna creatura avrebbe potuto sopportare. Il Santo, sia
egli benedetto, vide che nessuno poteva tollerarla: ne prese allora la settima
parte, e la sostituì, per essi all’intero. Il resto lo ripose per i giusti a
venire”, poi riprendendo i versi della Genesi riferisce, “E’ scritto: E dio
disse: Sia la luce, e la luce fu. In verità, questo ci insegna che la luce era
assai grande, né alcuna creatura poteva fissarla”. I passi del Bahir affermano:
“Che i concetti di materia e forma si collegano a quelli di luce e tenebra. La
riconoscibilità del bene attraverso il male, come la luce attraverso la
tenebra. La terra era caos perché prodotta dalla condensazione della luce
originaria che si era ridotta per poter essere vita nella parte mancante della
luce originaria subentra la tenebra, la luce condensata o materia caotica. Dio
ha fatto una cosa contrapposta all’altra (Eccl.7.14) Creò l’informità “bohu” e
la collocò nella pace. Creò il caos “tohu” e lo collocò nel male, creò
l’informità e la collocò nella pace, nel bene”. Da dove si deduce che il caos è
male? Dal versetto: Colui che opera il bene e crea il male (Is. 45.7). La forma
o informità viene dunque creata per limitare o circoscrivere il male. E’ la
luce rimasta dopo la riduzione della luce originaria e che serve a rimettere
ordine nel caos della materia. E? il tohu dal quale proviene il male che
stupisce gli uomini”.
La Quabalah viene suddivisa generalmente
anche in: Quabalah pratica e tratta di talismani e magia cerimoniale, Quabalah
scritta divisa in, Ghematria (parole come numeri, Notarikon (lettere di una
parola che formano una frase) e Themurà (scambio di lettere), in Quabalah orale
e in Quabalah dogmatica che tratta delle regole codificate in testi come il già
citato "Sepher Yetzirah" il libro della formazione. Per i cabalisti,
Dio era celato "nell'abisso del nulla", chiamato anche Caos, Ideos o
Disordine, tracce di Dio si possono trovare in tutto l'universo. Esisteva un
tempo il libro delle chiavi, "Le Clavicole del mitico re Salomone",
un'antica opera cabalistica con il quale si poteva accedere al mondo
invisibile, il cui originale è andato perduto da molto tempo. La Cabala, che
secondo la tradizione storica, ci è arrivata attraverso i contatti con il
popolo latino (da Latino figlio di Fauno che fondò il regno dei latini dopo
quello di Laurento), con il popolo ebraico e quel che restava degli egiziani e
mesopotamici, secondo altri, è stata trasmessa da Adamo ad Abramo, a Mosè nato
in Egitto, a Giosuè di Nun, poi ai rabbini; ai greci come Pitagora, in
sanscrito “Iniziato nel tempio”, Platone termine che sta per “Dio invisibile
Baalaton”, attraverso i naturalisti e i sette sapienti (Talete, Pittaco,
Solone, Chilone, Periandro, Cleobulo e Biante) che si distinsero dopo i poeti
teologi. Anche i druidi celti a seguito di scambi commerciali dal VII, VI sec.
a. C. in poi furono invasi dal sapere pitagorico. Nella “Refutatio Omnium
Haeresium”, Ippolito padre e fondatore del cristianesimo, afferma: “I druidi
dei Celti hanno studiato assiduamente la filosofia pitagorica… e i Celti
ripongono fiducia nei loro druidi come veggenti e come profeti perché essi
possono predire certi avvenimenti grazie al calcolo e all’aritmetica dei
Pitagorici”. Per quanto riguarda “l'esistente” illustrato in termini numerici i
cabalisti e i pitagorici non sono gli unici, anche nel Taoismo cinese, il
Tao-te-King afferma che il Tao, (l'increato, lo zero) produce il principio
unico, (uno), che si scinde nel due, (la polarità yin-yang), che genera il 3,
che a sua volta produce tutte le cose per moltiplicazione e divisione (ed è
sulle variazioni di questo schema che si fonda l’I King o libro dei mutamenti),
e qui la somiglianza con il concetto rappresentato dalla simbologia celtica del
“triskele, o triskellion” dal greco tre gambe e soprattutto con la filosofia
pitagorica è indiscutibile. Del resto Pitagora viaggiò sicuramente in oriente,
il suo nome in sanscrito significa “ colui che è stato iniziato nel tempio”.
Pitagora è noto per il suo prodigarsi per la purificazione morale e religiosa
dei cittadini del suo tempo; egli costruì una filosofia del numero, giungendo
alla conclusione, che il numero è la chiave di lettura dell'universo e la base
dell'ordinamento cosmico, egli vedeva nei numeri il principio d'ogni cosa.
Originati dalla "monade", l’unità, e dalla "diade",
imperfetta e passiva, essi manifestavano nella loro unione la
"triade" perfetta, rappresentata anche dalla lettera pitagorica
"Y", che rappresenta il numero tre, numero sacro, fondamento della
trinità di molte religioni, come quella cristiana, che è un idea del
cristianesimo celtico. La filosofia del numero nasce dall'idea che tutto è
azione e produce una sua vibrazione, in altre parole una sequenza numerica,
così ogni numero diventa una forza, e da ciò è nata la scienza dei numeri:
l'aritmetica, ossia "l'etica del comportamento dei ritmi", che deriva
dal greco Artmos, che ha radice sanscrita Ritm, il quale significa
"movimento alternativamente concentrante ed espandente", cioè:
comportamento ritmico duale. I Maya, addirittura, concepivano anche il “tempo”
come un prodotto risultante da forze energetiche periodiche di diversa
vibrazione che ci giunge dal centro delle galassie. Il tempo per loro era
quindi una pulsazione ritmica che si espandeva in modo radiale e spiralico, non
rettilineo, forse la stessa spirale che i Celti identificavano come la strada
per l’ascensione delle anime verso il “Paradiso” o meglio la “Summerland degli
odierni spiritualisti”. Un rituale egizio prevedeva la pesatura del cuore che
apriva la via al regno di Osiride, dopo aver superato una serie di prove lungo
dodici porte. Nel Libro dei Morti, all’inizio del capitolo LXXII, “per
praticarsi un cammino nel mondo inferiore” si legge: “Salve, o Signori
dell’Armonia dei mondi, voi che, esenti dai Mali e dai Peccati, dimorate nell’Eternità
e nell’’infinita Durata! Ecco che io inizio il cammino sulla via che mi
condurrà a voi divenuto Spirito santificato, io percorrò tutte le Forme del
Divenire. Il mio magico Verbo mi dona la Potenza…….”. Fu sempre questa linea di
pensiero che portò Pitagora ad elaborare il suo concetto di “Armonia Cosmica”,
affermando che i pianeti producono una loro ”nota” in base alla distanza dal
centro dell’universo. Quanto detto serve a far capire che ogni cosa ha una sua
sequenza numerica e per essere perfetta deve essere armonica, per gli antichi
ogni lettera equivaleva ad un numero perché avevano compreso che parlare voleva
dire tradurre fisicamente dei numeri. Ecco spiegata l'importanza della Parola,
o del "Verbo", che se armonica diventa creatrice, o meglio "Verbo
Creatore". Per gli antichi, esisteva quindi una Geometria Sacra, e se
l'uomo s’inseriva nel sistema ritmico di questa Geometria, riusciva a trovare
la giusta armonia con la creazione stessa; ecco perché oggi si divulga
l’importanza dell’assunzione di un calendario che rispetti i ritmi biologici,
ecco il perché dell’antico, ottuplice “Calendario Sacro” che raccontava e
scandiva il viaggio del sole nel cielo e il ciclo stagionale in terra, che
continuamente interagisce anche sulla nostra vita psichica. I codici di questa
Geometria erano anticamente tenuti segreti e usati nelle costruzioni dei templi
e nei simboli geometrici dipinti dalle varie culture come quella egizia e negli
artefatti come il disco del sole degli aztechi, quel popolo giunto, secondo la tradizione,
dall’isola di Aztlan descritta come l’Atlantide di Platone.
Analizzando alcuni termini ci si trova
dinanzi a delle sorprese, per esempio, Incuriosisce il fatto, che il termine,
Cabala, anagrammato dia "Al-Kaba", nome Arabo che indica il
"cubo", che è l'antica rappresentazione di una forma base di Energia
neutra chiamata: "Movimento Spaziale dell'Atomo", che ogni sette fasi
inverte la polarità, si duplica nel cronotopo assumendo propria
"personalità", alla Mecca, infatti, i musulmani girano, in modo anti
orario, simbolicamente sette volte attorno ad una pietra sacra sita in una
tenda cubica di colore nero, per evidenziare il movimento del cubo, che
formerebbe una sfera virtuale, che rappresenterebbe la manifestazione
dell'energia eterea, che avviene per mezzo di due forze contrapposte che
creerebbero nell'insieme, alla materia pensante attivando l'energia dello
spazio-tempo. A queste concezioni è legata anche la “Geometria Sacra” la cui
matrice sarebbe lo schema della “Creazione” alla base del nostro essere, così
afferma nel suo libro “Fiore della Vita” Drunvalo Melchizedek. Questo sapere,
avrebbe origine dal mitico "quadrato sacro" che racchiuderebbe tutta
la conoscenza umana e che si crede ereditato dagli atlantidei, che lo
trasmisero agli egizi, che a loro volta lo passarono agli ebrei, con il simbolo
della stella o scudo di Davide, il Segno di Vishnu, per gli , “i puri”, il
sigillo di Salomone, che con al centro la svastica rappresenta anche il simbolo
iniziatico più potente della magia bianca, quel grande potere iniziatico
“dell’Esagono”, che nella settima chiave di Things Conceled, Cose Celate, si
intende i geroglifico del settenario sacro rappresentante la simbiosi attiva
che vede unite le due forze, care anche a Krsna, del grande agente magico
Akasha, la “Luce Astrale”, Jakin e Boaz., cioè Bellezza e Forza, unite per
l’appunto dalla potenza del sacerdozio, dalla volontà dell’iniziato. Tornando
al cubo, a quanto pare, lo ritroviamo simbolicamente “nell’I Khing", nei
"Vedanta" e nei megaliti Inglesi di Stonehenge.
Come abbiamo visto le origini della
Cabala sono state fatte risalire oltre ai patriarchi biblici e al Egitto, anche
alla civiltà caldea e alla civiltà atlantidea. Tra i maggiori cabalisti, oltre
ai già citati come antichi cultori, abbiamo il dottore di Basilea Paracelo,
l’amico di Lutero, che riporta il concetto di “Grande Mistero”, la materia
incerata ed eterna dello “Yliaster Magno”; parla di una protomateria
primordiale, l'Ideos, Caos, o Limbus Maior di natura monistica, cioè l'antico "Padre,
Madre", dal duplice aspetto: il “microcosmo, macrocosmo”, che avrebbe
sviluppato da se stesso il cosmo e ogni cosa prodotta che deriverebbe dalla
separazione dell'Ideos, così gli elementi prodotti sarebbero l'origine di tutte
le creature che avrebbero natura invisibile e spirituale, in quanto scaturite
dal "Mysterium Magnum"; la natura per Paracelo è Yliaster Magno,
“Tutto un Individuo”. Concetto che sviluppò quegli ideali di “contingentismo e
relativismo” che portarono alla comprensione che le stesse leggi scientifiche
sarebbero soltanto tappe di un lungo cammino; tutto è, nel fondamento: “Natura
unicuique suum tribune…nemi”. Oltre a Paracelo, interessante figura occulta fu
Corneglio Agrippa, che portò avanti la tradizione Salomonica con il suo famoso,
"De Occulta Philosophia" e numerosi altri, come il papa Sisto IV,
Bacone, che gettò le basi della scienza, Spinosa e il conte Picco della
Mirandola, noto per aver introdotto in campo umanista la Cabala. Nell'Apologia
del Conte Picco della Mirandola, nella nona tesi della serie delle Conclusioni
magiche, egli oltre ad affermare che: "Non vi è scienza che ci dia
maggiori certezze della divinità del Cristo della magia della Cabala",
egli sostiene, come innumerevoli saggi ebrei e illustri dottori e rabbini, che
Dio diede sulla montagna a Mosè, oltre alla legge che fu messa per iscritto nel
Pentateuco e diffusa al popolo, la vera spiegazione della legge, con la
manifestazione di tutti i misteri che sono contenuti sotto l'apparenza delle
parole. Curioso è il fatto che non è solo la Bibbia a citare l’evento, oltre
oceano, in Città del Messico, una storia simile, rivela che dopo il diluvio che
distrusse Aztlan, “forse Atlantide”, ricercando una nuova terra, gli aztechi si
stabilirono su un isolotto del lago Tetzcoco, dove secondo la leggenda, avevano
visto un’aquila con un serpente in bocca, posata su un fico d’India: il segno
del loro dio che li avvisava che erano finalmente arrivati nel luogo
annunciato, fu Mexi o Mexitl che ricevette il “Tenochtitlan”, i comandamenti
del dio Huitzilopochtli, chiamato anche Tenoch, forse il nostro Enoch dei
Vigilanti, o il Thoth egizio”, colui che sta nel seno della terra e appare
sulle ali di un uccello in cima una montagna vulcanica; Giovanni Battista nel
XVII sec. ricorda il timore dei colonizzatori spagnoli verso i Nahualli, gli
iniziati aztechi cui si riscontravano strani poteri, affermava: “Possono mutare
un bastone in un serpente, una pietra in uno scorpione ed a loro volta possono
assumere, allorché ingeriscono la pianta chiamata Peyotl, l’aspetto di animali
e riescono anche a levitarsi a volontà”.
Comunque la scienza che per ordine di Dio
doveva essere trasmessa oralmente ai settanta saggi, prende il nome di Cabala
"ricevimento". Picco della Mirandola aveva individuato cinque
testimoni: Esdra, Paolo, Origene, Ilario e il Vangelo il cui termine greco
significa “buon messaggio, o angelo messaggero”. Nel testo di Esdra il signore
si rivolse in questi termini: "Ho fatto la mia rivelazione nel roveto, ed
ho parlato a Mosè, quando………”e gli ho mostrato i segreti e la fine dei tempi. E
gli ho ordinato "queste parole dichiarale, quest'altre, celale".
Origene al capitolo III dell'Epistola ai romani, dichiara: "Quall'é dunque
la superiorità dei Giudei o qual è l'utilità della circoncisione? Anzitutto
perché a loro furono affidate le promesse divine"; sempre Origene: "è
da Mosè, dai profeti e da quelli che sono loro simili che bisogna ascoltare le
parole ai quali furono confidati gli oracoli di Dio". Qualcosa quindi fu trasmesso
ai Giudei chiamati da Paolo "oracoli di Dio", ai 70 anziani Snedrin
di Mosè, che il loro ruolo sia stato assunto nei giorni nostri dai 70
cardinali? Chi lo sa, certo è che ciò che gli Ebrei chiamano Cabala è il vero
senso della legge, infatti l'espressione" Torah scebealpe", significa
legge della bocca, che essendo ricevuta in eredità si chiama Cabala. Nel nuovo
testamento ciò è evidente nel vangelo di Matteo, nel sermone della montagna.
Nel salmo II, Ilario testimonia: Perché si sono mobilitate le genti…".Scrive"
C'erano già, dai tempi di Mosè, 70 dottori prima dell'istituzione della
Sinagoga. In quanto Mosè stesso, che aveva consegnato per iscritto le parole
dell'antico testamento, affidò a parte alcuni dei più segreti misteri dei
segreti della legge ai 70 anziani che ebbero dei successori. Il Signore stesso
ricorda questa dottrina quando dice: "Gli scribi ed i Farisei si sono
assisi sulla cattedra di Mosè. Fate dunque ed osservate tutto ciò che essi
dicono, ma non imitate le loro azioni". Quando gli Ebrei furono liberati
da Ciro dalla schiavitù di Babilonia, e il tempio restaurato sotto Zorobabele,
Esdras che presiedeva la Sinagoga riordinò gli scritti dell'antico testamento e
fece redigere i segreti degli oracoli di Dio in 70 libri, è lo stesso Esdras a
dirlo: " Dopo 40 giorni, l'altissimo parlò e disse: "Le prime cose
che hai scritto consegnale al pubblico; che le leggano i degni e gli indegni.
Ma conservati i 70 ultimi libri per affidarli ai saggi del tuo popolo, in
quanto in questi libri si trovano i fondamenti dell'intelligenza, la sorgente
della saggezza ed il fiume della scienza”. Picco della Mirandola affermava, che
non si poteva dubitare che S:Girolamo, (347 Dottore della chiesa, traduttore
dell'antico testamento dall’ebraico al latino e revisore del nuovo), parlasse
dei dottori della cabala, in quanto i Talmudisti e i filosofi erano più
recenti, Pico nell'Heptaplus e i suoi successori affermano, riprendendo da
Girolamo, che gli antichi ebrei non potevano trattare della creazione del
mondo, "il Ma'ase Bereshith", prima di aver raggiunto la maturità,
essi ricordano, che S. Girolamo nelle sue opere affermava: che ogni parola,
sillaba, punto e segno delle divine scritture sono pieni di sensi; inoltre
ricordano i dieci nomi di Dio: "El, Elohim, Tsevaoth, Elim, Eser, Ehie,
He, Vau, He, Shadai". Infatti, sulla Genesi gli ebrei affermano, che Dio
trasse dal suo nome di quattro lettere la "He", per aggiungerla a
quelli di Sara e Abram, "Padre elevato", che diventa Abraham,
tradotto "padre di molte nazioni", nella Lingua indù, invece Abrahm
significa non iniziato, il cambiamento in Abraham probabilmente è legato ad una
iniziazione, ad un evoluzione spirituale, proprio come descritto nel Ramayana,
Ram, la settima reincarnazione di Visnù che diventa Rama, rappresentando il
cambiamento dovuto alla congiunzione con le tribù celto-arie.; cambiamenti
questi che testimoniano il passaggio dall’era del Toro all’era del Ariete.
Eusebio d'Emesa (295-360), libro10, capitolo 2 e libro 11, capitolo 4 della sua
Prèparation e nella prefazione dei commentari, beffandosi dell’alfabeto greco
afferma, che se si chiede ai bambini ebrei cosa significa Aleph, rispondono che
è disciplina, Beth una casa, intendendo la casa di disciplina; Gimel pienezza
di voce, Daleth dei libri, He l'insieme che è stato detto precedentemente.
Beffarsi dell’alfabeto greco, in realtà è una cosa assurda dato che
probabilmente nasce dalla stessa matrice ebraica, che a sua volta ha origine
accadica ed egizia; infatti “Jonah” oltre a essere il personaggio del racconto biblico,
che esotericamente, secondo il libro dello Splendore, rappresenterebbe il
viaggio dell’anima, in ebraico significa colomba, l’emblema d’Israele, la
colomba del diluvio di Noè che portò l’ulivo simbolo di pace, che si potrebbe
interpretare come “lo spirito santo, che portò la pace”, o la comprensione tra
gli uomini attraverso la scrittura rivelata attraverso il senso alfabetico.
Questo termine Jonah ricorda per l’appunto anche il termine iavan che significa
“greco” e rappresentano la figura mitica del Kadmos, colui che portò l’alfabeto
ai greci, Kadmos deriva da Kedem che significa provenire da prima, dall’est, e
la Grecia era ad est della Terra Promessa, ecco perché ci sono somiglianze
alfabetiche tra l’ebraico ed il greco, per esempio: “alef e alfa, bet e beta,
iota e iod e ghimel che addirittura ha la radice “gm” simile alla sanscrita
“gam” e significano entrambe unire, ciò chiarisce anche il fatto che moglie in
greco sia tradotto “gamete” termine che indica, tra l’altro, anche una cellula
sessuale; del resto anche lo storico Erodoto scrisse che furono i Fenici a
portare in Grecia la conoscenza delle lettere, che a loro volta, come afferma
lo storico latino Tacito, la appresero dagli egizi, che ne furono gli inventori
(Annali XI, 58), probabilmente in contemporanea degli accadi, o sumeri a cui
spetta il primato della stampa a caratteri, in effetti, per quanto riguarda i
geroglifici, questi si attribuiscono al sacerdote egizio Imothep a lui rivelati
dal dio Thot, Thut, Dehuti, o quello di Dehut, colui che “controllava le
acque”, forse lo stesso Enoc, settimo patriarca ebreo, il Thot del quale il
noto Papiro di Torino fa sapere essere il sesto o settimo faraone d’Egitto,
“l’altissimo barbuto” successore di Osiride colui la cui dimora “poggiava
sull’acqua e aveva muri formati da serpenti vivi”, così si legge nel Libro dei
Morti. Di Thoth, affermano che i suoi scritti sono anteriori a quelli di
Sanchoniaton di ottocento anni, quello che si sa di lui realmente, ci giunge
solo da alcuni papiri e da iscrizioni come quella della “Stele di Metternich”
conservata nel museo del Cairo; certo è che visse tra i 40.000 e i 9.000 anni
fa. Erodoto assicura che il dio egizio Thoth giunse sulla terra 17.570 a. C.;
egli avrebbe inventato la scrittura annottando nei suoi rotoli, e nel “Libro
del Respiro”, andati perduti, i rituali da compiere per la trasformazione da
uomo a divinità cominciando a controllare per l’appunto il respiro, cosa che
fece di lui il simbolo della conoscenza umana. Infatti tali conoscenze si
riscontrano non solo nei luoghi del sapere ermetico egizio, ma anche in
oriente, dove gli yogi praticano il pranayama con lo scopo di dominare i
movimenti respiratori, come è affermato testualmente al cap. 50 pag. 397 del
libro di Krsna. I rotoli di Thoth sarebbero stati nascosti su due colonne
erette, prima del Diluvio, da un certo Set, uno dei “Figli del Drago, o del Dio
Serpente”, forse gli stessi “Ierofanti egizi e babilonesi”; situate a Eliopoli
e Tebe. Solone racconta che vi fosse incisa la storia di Atlantide; Erodoto
rammenta che da queste colonne arrivò il sapere d’Egitto e ricorda che una era
d’oro puro e l’altra di smeraldo, ed entrambe capaci di risplendere di notte.
Un’altra leggenda similare narra che saputo dell’imminente diluvio, non Thoth,
ma Enoch, cioè l’”Iniziato”, prima di salire al cielo, con il figlio
Matusalemme costruì nove stanze sotterranee nascondendovi in fondo una
tavoletta triangolare d’oro, o di pietra bianca con il nome
dell’impronunciabile Dio degli Ebrei, e sopra avrebbe eretto due colonne una di
marmo l’altra di mattoni con incise le sette scienze dell’umanità. Lo storico
Manetone, nel raccogliere le storie d’Egitto, ci riferisce di quattro periodi
dinastici prima dei faraoni, uno dei quali, nel 10.700, era il regno di Thoth,
definito anche “colui che calcola i cieli, e il misuratore della terra”. Era il
tempo di Imothep, l’architetto delle prime Piramidi, di cui si dice sia stato
allievo dei “Veglianti” scesi sulla terra a bordo di “navi celesti”. Dagli
scritti di Sanconiatone si viene a conoscenza che nell’”Età dell’Oro”, quando
gli uomini vivevano in armonia con gli dei, Taautus, il Thot egizio, fondò la
civiltà egizia, egli costruì un vascello, una “Camera Celeste”, che usò per
viaggiare nello spazio e quando lascio l’Egitto, salutando i sacerdoti disse
loro: “Adesso ritorno dal paese da dove venni”. Era il tempo in cui Urano fondò
la città di Biblo, “Betulla”, con pietre dotate di vita propria, quando
Anfiione figlio di Zeus cinse di mura Tebe con pietre che si muovevano al suono
della sua lira, nelle Stanze di Dziyan si accenna che l’uomo potesse
addirittura volare suonando i cimbali. Sembra che questi poteri siano ancora
usati in Tibet, secondo i resoconti dettagliati dell’ingegnere svedese Henry
Kjellson riportati in alcuni libri come: “Teknik Forntiden” e in “Forsvunden
Teknik; del resto è stato dimostrato che è possibile sollevare piccole pietre
utilizzando vibrazioni sonore. La gravità attira le cariche positive e respinge
quelle negative, mentre la frequenza esatta disintegra le particelle dure della
pietra provocando carica negativa e facendo sollevare la pietra; quindi
gestendo la carica negativa si può controllare velocità, direzione e durata.
Questi suoni tra l’altro influirebbero anche la psiche umana, esiste
addirittura un programma spaziale che studia gli “alfa ritmi sublimali”.
Tornando al alfabeto, il “Gaon di Vilna”, afferma che gli Elohim manifestarono
prima l’alfabeto, e poi i cieli e la terra e con l’alfabeto fu scritta la
Torah, la legge. Platone, in effetti, per bocca di Socrate fa risalire
l’invenzione dell’alfabeto al dio egizio Toth lo “scriba degli Dei” che divenne
poi il dio greco Hermes e il latino Mercurio, “il Messaggero degli Dei” per
l’appunto.
Tornando all’alfabeto ebraico, spiegato
da Girolamo ed Eusebio, prima citati, si aggiunge Ireneo (140-200) che riporta
anche un'esegesi del nome di Gesù: "Secondo la lingua degli Ebrei, il nome
di Gesù si compone di due lettere e mezzo, come dicono i loro dottori, e
significa il maestro che contiene il cielo e la terra". L'esegeta Drusius
spiegherà l'enigma: jsv ha tre lettere di cui la prima loth è chiamata
semilettera, in quanto non raggiunge che il centro delle altre lettere. Queste
lettere significano ihwh che traducono con maestro. Shcin e messa per Semaim,
il cielo, e Vau per Vearets, è la terra. L'interpretazione delle lettere
dell'alfabeto ebraico e l'assimilazione di alcune parole, rivelano per
l’appunto un'origine precedente, egiziana e mesopotamica, ed è logico che sia
così, dato che queste due civiltà sono state a stretto contatto con il popolo
ebreo; la stessa Bibbia ci conferma che Mosè è stato istruito secondo la
cultura dell’Egitto, quindi la cultura della civilizzatrice Iside, figlia di
Inarco primo re di Argo in Egitto, quando in vita e non ancora considerata una
dea, nel tempo in cui vissero i nipoti di Abramo, la dea che secondo lo
storiografo Varrone insegnò a leggere e a scrivere agli egizi qualche migliaio
di anni prima. Bisogna ricordare che furono i sacerdoti del Sud, della razza
nera per primi ad apprendere la scrittura producendo una loro simbologia che
procedeva da destra a sinistra, la loro mano partiva dalla luce d’Oriente; poi
i bianchi nordici di etnia arya, li imitarono fino a raggiungere una loro
identità mutando i segni che li portò a scrivere da sinistra a destra, in
direzione dell’Oriente e nacquero le rune, lo zendo, il sanscrito, il greco ed
il latino. L’ebraico quindi, ha in se messaggi codificati molto antichi, nelle
sacre scritture questi messaggi sono una certezza rivelata più volte.
Nell'Apocalisse se ne leggono molti, per esempio “il numero delle chiese e dei
candelabri che celano in se significati nascosti ben diversi in questo testo
rivelati”, tra i più semplici nei versi, “13,18”, si legge esplicitamente: “Qui
sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa
rappresenta un nome d'uomo. E tal cifra è seicentosessantasei”. Ma a parte
questo, ritornando al nome di Gesù, lo spirito creatore dell'uomo, non contiene
forse parte del cielo e la terra o meglio oggi si potrebbe dire il cosmo, non è
forse vero che oggi si teorizza che l'umanità, il cielo e la terra siano solo
una parte di un “Essere Universale”, che comprende anche quelle “intelligenze
cosmiche del Logos esoterico”, una "Creatura più Grande" che si espande
in un'altra dimensione di cui noi percepiamo solo la parte che coincide col
nostro presente. Immaginate un microrganismo nel nostro corpo, i suoi limiti,
le sue funzioni, il divenire: "macrocosmo - microcosmo". Sicuramente
esistono compiti che ci vengono impartiti da altri piani di esistenza cui
l'uomo non ha accesso. Non è forse lo spirito maestro della nostra coscienza in
noi, che ci dice cosa fare, non sono forse nel nostro codice genetico le
direttive del nostro compito. La molteplicità degli universi non è prerogativa
dell'uomo moderno, già gli antichi a loro maniera n’ebbero l'intuizione. Una
tradizione araba racconta: "Dio creò la terra, ma la terra non aveva
sostegno, e così sotto la terra creò un angelo. Ma l'angelo non aveva sostegno,
e così sotto i piedi dell'angelo creò una montagna fatta di rubino. Ma la
montagna non aveva sostegno, e così sotto la montagna creò un toro con
quattromila occhi, nasi, bocche, lingue e piedi. Ma il toro non aveva sostegno,
e così sotto il toro creò un pesce chiamato Bahamut, e sotto il pesce mise
acqua, e sotto l'acqua mise oscurità, e la scienza umana non vede più
oltre". Si aggiunge che sotto l'abisso d'aria nera c'è fuoco, e sotto il
fuoco un serpente chiamato Falak, che ha in bocca gli inferni. Gli indù narrano
dei tre loka: il regno terreno, dell'atmosfera e celeste, altre autorità
induiste parlano addirittura di ventuno inferni, gli indiani dividono gli
inferi in sette regioni sotterranee (patala) e sotto di queste sette inferni
(naraka), gli antichi mesopotamici divisero gli inferi in sette regni, Maometto
parla di sette cieli, gli ebrei di sette regni celesti, associati ai sette
pianeti noti a quel tempo.Tutto ciò collegato ad un certo periodo arcaico, in
cui questi vari universi erano più frequentemente in contatto fra loro,
infatti, una credenza comune a molte popolazioni antiche, era quella di credere
che La terra ed il cielo fossero un tempo unite da una liana. Oggi una teoria
ipotizzabile, anche se contraria alla prima legge della termodinamica, ma in
parte concorde alle moderne teorie scientifiche, è quella di ammettere
l'esistenza di un universo formato da palle esplodenti, (Big Bang), che
formerebbero altre palle, e questo a mio parere ricorda molto la scissione
cellulare, e ci porterebbe sempre a teorizzare l'esistenza di un'"Essere
Grandioso", ma a noi incomprensibile, la cui dimensione e realtà è a noi
inaccessibile per natura, del resto penso che anche il sapere che si cela nella
tradizione esoterica si possa interpretare come una descrizione di una parte di
universo che ci circonda, paragonabile ad una grande molecola, parte di un
grande "Essere", magari proprio ciò che noi chiamiamo Dio. Lo stesso
nome di Dio, il tetagramma YHVH, che in Cabala è l'abbreviazione concentrata di
HAYÀ = ERA, HOVÈ = È, YIHÈ = SARÀ, non si potrebbe interpretare come un
concetto della "Creazione stessa", scaturita da quell'unica cosa
della "Tavola Smeraldina di Ermete Trismegisto", ciò che fece dire a
Eraclito: “tutte le cose sono uno”, la stessa cosa che portò Anassimeandro a
concepire il termine “archè”, il principio da cui tutto si genera, quella
stessa cosa chiamata Scintilla nelle "Stanze Di Dzyan", o ciò che
scientificamente oggi è stato chiamato: "Elemento Energetico Atomico
Esenziale"; del resto è provato che la materia vivente è interagente con
qualsiasi altra materia a livello sub atomico. Sta infatti scritto che:
"dalla Parola di YHWH furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca
ogni loro schiera" (Salmo 33,6); "Egli parla e tutto è fatto, comanda
e tutto esiste" (Salmo 33,9). Infatti non a caso il trattato magico
derivante dalla Kabbalah pratica chiamato “La Clavicola di Salomone” è composto
da 36 talismani doppi che riportano i 72 nomi divini preposti allo
“Shemahamphorah”, in pratica quel tetagramma la cui quadratura: Y=10, YH=15,
YHV=21, YHVH=26; per l’appunto quei 72 nomi equivalenti a quel ciclo
precessionale di 72 x 360 che da quell’ormai noto ciclo cosmico esistenziale
delle costellazioni di 25.920 anni che già gli egizi conoscevano. Infatti anche
nel mito di Osiride, Rà, tentando di eludere Iside che gli impose un tremendo
dolore procuratogli da un morso d’aspide per indurlo a riferirgli il suo vero
nome il cui incantesimo aveva il potere “di dare la Vita”, riferì, da prima,
solo i suoi 72 nomi conosciuti, ma poi fu costretto dal dolore a rivelargli il
suo vero nome che nei geroglifici è rappresentato con l’immagine di un cuore.
Il tetagramma YHWH rivelato da Dio a Mosè
nella visione del roveto sta a significare esplicitamente: “Io sono colui che
sono” (Fs III 14) Dio disse chiaramente: “ Ehyeh Asher Ehyeh. Dirai loro Ehyeh
mi ha mandato” quindi il dio che era, che è e che sarà; il Dio di Olam
“misteriosamente nascosto” oltre i sette cieli; e qui viene da chiedersi se
sono i sette pianeti del sistema solare, o il "Movimento Spaziale
dell'Atomo", che ogni sette fasi inverte la polarità. “E Iddio parlò a Mosè dicendogli: Io sono
YHWH e mi rivelai a Abramo, a Isacco, a Giacobbe sotto gli appellativi di Dio
Onnipotente, ma con il nome YHWH non mi feci conoscere a loro” (Es VI,2-3).
L’intervento di Dio nella liberazione di Israele nei scritti dell’Esodo,
evidenzia chiaramente il significato del nome di Dio. I Padri, dice il Signore,
mi conoscevano anche sotto questo appellativo del mio nome che racchiude la mia
essenza, ma a loro non mi rivelai se non nelle forme universali della mia
verità, in quelle manifestazioni in cui Dio è EI Shaddaj, cioè Dio del mondo
naturale e Dio della vita, o dal sumero Shaddu, "montagna", da cui
"Dio delle Montagne"; montagne che sono locate nell’antica regione
sumera di Adad, figlio di Enlil, nella terra di Ish.Kur, nome sumero per
indicare ancora una volta "quello delle montagne". Ora però è venuto il tempo in cui io mi farò
conoscere sotto la mia più vera essenza, cioè sotto l’appellativo Jhwh, che non
risponde alla realtà visibile e conoscibile, ma a quell’in conoscibile, che
pure egualmente si manifesta. E sotto questa realtà mi farò conoscere ai figli
di Israele. Dopo la fine del secondo Tempio, la pronuncia ignota di YHWH fu
sostituita da “Adonai”, cioè “il mio Signore”, Adonai o Adone nell’astronomia
rappresenta anche il sole. Comunque, a quanto pare, il significato etimologico
del nome tetagrammato sta a significare l’Essere, per l’appunto quel “Io sono
colui che sono”. Del resto anche gli indù dicono che “Dio è negli atomi e anche
tra gli atomi”. Lo ritroviamo anche nell'Apocalisse di Giovanni (1, 4, 5, 8),
infatti, si legge: "Giovanni alle sette Chiese che sono in Asia: grazie a
voi e pace da Colui che è, che era, e che viene, dai sette spiriti che stanno
davanti al suo trono, e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei
morti e il principe dei re della terra”. Più avanti si legge: "Io sono
'l'alfa e l'Omega, dice il Signore Dio, Colui che è, che era e che viene
l'Onnipotente!".
I MAESTRI ERMETICI, UN PENSIERO SEMPRE
ATTUALE
36° “TRACCE DI UN SAPERE LASCIATO IN
EREDITA’”
Nella traduzione italiana di alcuni versi
dell'antico Libro egizio dei Morti, precisamente nel capitolo LXIV, che
racconta “dell’uscita dell'anima verso la luce del giorno" si ritrova
nell'essenza, lo stesso concetto dell’Apocalisse, che quello della
"rivelazione cabalica, sul tetagramma di Dio", in esso si legge:
"Io sono l'Oggi. Io sono l’Ieri. Io sono il Domani. Attraverso le mie numerose
Nascite io sussisto giovane e vigoroso. Io sono l'Anima divina e misteriosa
che, in altri tempi, creò gli dei e la cui celata essenza nutre le divinità del
Duat, dell'Amenti e del Cielo. Io sono il Governale dell'Oriente, Signore dei
Due Volti divini. Il mio splendore illumina tutti gli Esseri risorti i quali,
mentre compiono nel Reame della Morte, successive trasformazioni, penosamente
cercano il loro cammino brancolando nella Regione delle Tenebre". Nel
capitolo XVII, Che racconta come "entrare e uscire nel mondo
inferiore" si legge: "Io sono il dio Tum, solitario negli infiniti
Spazi Cosmici, io sono il dio Ra che sorge all'Alba dei Tempi Primordiali,
simile al dio Nu. Io sono la Grande Divinità che si genera da se stessa. I
misteriosi poteri dei miei Nomi creano le Celesti Gerarchie. Io avanzo e gli
dei non si oppongono; poiché io sono l'Ieri e io conosco il Domani. L'aspro
combattimento che coinvolge gli dei, opponendoli gli uni agli altri, si svolge
conformemente ai miei voleri. Io conosco il misterioso Nome della Grande
Divinità che è in Cielo; io sono la Grande Fenice di Eliopolis; io sono il
Custode del Libro del Destino ove è registrato tutto ciò che fu e tutto ciò che
sarà". Tenendo conto che gli antichi, specie gli egizi, non distinguevano
la spiritualità e la materialità come la concepiamo noi, ma erano molto più
profondi; noterete che non c'è gran differenza nel concepimento antico del
"Creato", quando tali concezioni vengono spogliate dai vincoli
culturali delle popolazioni e dagli artifizi allegorici elaborati allora per i
più svariati motivi, non a caso Giovanni disse” E il Verbo si è fatto carne, ed
ha abitato fra noi”, per affermare che la ragione, il Verbo, il Logos, la
Parola, e la Vita si sono manifestati in noi, forse proprio per opera di quel
grande “Essere che chiamiamo Dio. Un Dio oltre dimensione che gestisce, od è
l’unica cosa o elemento che è, era e sarà, l’antico Padre, Madre e figlio e che
ha mandato i suoi angeli, o alieni sulla terra. La mistica ebraica dello Zephir
Bahir riporta: “ Io sono colui che ha piantato questo albero, affinché tutto il
mondo ne tragga diletto; ho fissato tutto in esso, e l’ho chiamato tutto,
giacché da esso tutto dipende e da esso tutto deriva. Tutti ne hanno bisogno,
lo scrutano e lo attendono: da esso si propagano le anime superiori di
letizia”. Sulla Porta ermetica del Marchese Massimigliano Palombara,
all'interno del primo cerchio in alto appare l'epigrafe: “Tria sunt mirabilia
et omo mater et virgo trinus et unus”, Dio è Uomo, Madre e Vergine, Trino e
Uno. Scritta, questa, che rappresenta i tre elementi essenziali dell'opera
alchemica: il Padre, la Madre e il Figlio, o Solfo, Mercurio e Sale, o Iside
Osiride e Oro. Concetto che portò l’egiziano di Licopoli, Plotino, a concepire
sotto l’immagine matematica la figura di Dio, “il pitagorico Uno”, che chiamò
cristianamente “Padre”, racchiudendo in esso anche la “luminosa progenie del
fuoco, degli Elhoim” e la stessa essenza dell’uomo, che precedendo i Demoni
evolve seguendo gli Dei. Per capire meglio l’antica concezione “dell’opera
alchemica”, bisogna intendere che la mitica ricerca della “Pietra Filosofale”,
che trasforma il Piombo in Oro, non è altro che il simbolo del percorso
iniziatico che porta al raggiungimento della “Perfezione Esoterica”, poiché
tutto il “Creato” si esplica attraverso un’unica via, affinché il Piombo si
trasformi in Oro. La realtà è originata dalla “Cosa Una, il Telesma”, o meglio
dal “Caos”, rappresentato simbolicamente dal cerchio O. Il concetto di
separazione si esprime attraverso il principio Solare , e il principio Lunare ,
ed entrambi rappresentano la trasformazione infinita da cui si determinano gli
elementi Fuoco , Acqua , che interrotti nel loro naturale moto, originano gli
elementi Aria e Terra ; tutti gli
elementi sono rappresentati simbolicamente nella Croce + e sono sottoposti a
tre principi alchemici: il Solfo attivo, che identifica lo Spirito ed ha la
qualità dell’olio e del fuoco che unito al Sale sveglia il desiderio, con il
quale il Mercurio trattiene e produce i diversi corpi; il Mercurio passivo, la
parte gassosa e liquida dello spirito che identifica l’anima, la “Quinta
Essenza”, “Nostra Signora lo Spirito Santo”, il Cristo, lo Spirito Santo e il
Serpente, “colui che guida le anime dei trapassati identificandosi nell’eterno
fuoco rinnovatore, “nell’eterno ritorno di Eraclito”, la dove olio e fuoco
realizzano la vitalità e il desiderio della liberazione, cioè il “Zolfo
filosofico”; ed il Sale che fissa vita e forma, stabilizzando gli archetipi
impressi nel “Caos delle apparenze”, identificandosi così nel Corpo, ottenuto
legando gli altri due principi trasformati dall’Athanor, la fucina dove
avvengono le così con le cosiddette “operazioni a fuoco lento”, dove si
realizza “l’Opera alchemica”. Per “Opera al nero”, i maestri ermetici intendono
una sorta di liberazione del principio vitale, cioè del mercurio dal corpo, che
avverrà integralmente con la morte fisica, ma si parla anche di “morte
filosofale”, intendendo un distacco volitivo e solo momentaneo, con “Opera in
bianco”, si riferiscono alla fissazione del mercurio al corpo, per evitare che
svanisca, e con “Opera i rosso”, si riferiscono ad un intensificazione della
fiamma che risveglia i fuoco primordiale originario da dove estrarre il
simbolico “’Oro“. Si va dal Piombo all’Oro attraverso operazioni di
sublimazione, “Solve”, e di precipitazione “Coagula”, espresse in quella
simbolica e cosmica “Spirale concentrica” che dal Sole verso Saturno, compie
“l’Eterna Creazione”, così sapientemente rappresentata da quei maestri ermetici
che riportarono in vita il sapere antico che fu dato agli egizi e all’umanità
intera. Ogni individuale iniziazione muta la struttura “fisico–eterea”
dell’individuo, influendo nei così detti “corpi sottili”. Ogni tangibile meta
raggiunta nel mondo oggettivo deve la sua origine ai lontani “Cosmici Piani
Mentali”; ed è così che appare sempre più a ogni discepolo il suo Maestro che
lo accompagna lungo il sentiero iniziatici. Sentiero che secondo gli esoterici,
inizia inconsapevolmente già nel sonno, e accade solo nelle due prime
iniziazioni in cui si acquista il dominio dei corpi eterico-denso ed astrale,
mentre poi con la terza iniziazione si raggiungono grandi poteri mentali che
portano al risveglio della mente pronta a far germogliare i poteri occulti, o i
“siddhi”, fino all’avvento della quarta iniziazione, che distrugge ogni
limitatezza, portando l’individuo alla sofferenza, o “Crocifissione”, finche
con la quinta iniziazione si apre la beatitudine degli “eteri cosmici” dove si
riesce a padroneggiare, in senso assoluto, le energie visibili e invisibili dei
tre mondi, da dove si aprirà poi, la strada de “Sette Sentieri”, che sono: Il
Sentiero del servizio sulla terra (i sacerdoti custodi del sacro fuoco), il
Sentiero del lavoro magnetico (sul piano mentale, sono i manipolatori di
quell’energia planetaria chiamata Fohat), il Sentiero di preparazione per i
Logoi Planetari (i Logos Planetari, il Dio di un pianeta), il Sentiero di Sirio
(che con le Pleiadi è meta della maggior parte dell’umanità), il Sentiero dei
raggi (seguendo il proprio Raggio monodico, in direzione del sistema solare),
il Sentiero del Logos Solare ed il Sentiero dell’assoluta Finalità che prelude
il contatto con una Stella ancora superiore. L’Arte Regia rivela che non vi
sono doni di sopravvivenza ma conquiste di trasformazione. Questi insegnamenti
ancora oggi vengono impartiti, Arte Regia, Alchimia e Libera Muratoria
riportano gli antichi insegnamenti delle tradizioni ermetiche e neoplatoniche
dei Riti di Memphis e Misraim, che rinnovano il concetto di trasformazione
dell’individuo portandolo “dalle Tenebre alla Luce”, fino al leggendario
raggiungimento della “Trasmutazione della materia” interpretando le dinamiche
occulte della Natura stessa.
Quanto detto ci insegna che tutto ciò che
avviene ha un senso e produce una reazione nell'equilibrio universale. Molti
sono i movimenti attivi nel nostro pianeta e ognuno propone il suo sapere,
originato spesso da quel sapere che gli antichi già conoscevano. Basti pensare
alla diffusione esoterica, alla “ricerca d’intelligenza extraterrestre” (SETI),
al movimento raeliano, che pare abbia contribuito alla prima clonazione umana,
la “prima Eva clonata”, tesa a comprovare il loro “credo”. La stessa nuova e
libera interpretazione delle religioni propagata dalla New Age tende a unire
l’antico sapere, stessa cosa la nuova “Sacra Merkabah” dell’americano Drunvalo
Melchizedek ripresa a quanto pare, da antiche pratiche tramandate da Ermete
Trismegisto, tese anch’esse a risvegliare l’amore e l’Interiorità, portando
l’equilibrio delle energie mentali, cioè il contatto con il Sé Superiore e
l’Enegia Universale, in altre parole accelerare quell’umana evoluzione
spirituale individuale e collettiva. A quanto pare, anche i grandi geni, devono
le loro doti all’equilibrio tra la mente soggettiva, miope e passiva e la mente
oggettiva; questo secondo alcuni studiosi del genio umano come Hudson, che
concepiscono l’ego, che ha sede nella parte sinistra del cervello, come
un’entità che può assumere padronanza nell’individuo portandolo ad essere “più
grande di se stesso”.
A parte i “Figli di Jared” negli Stati
Unti che vogliono liberarsi da un potere ipotetico attribuito ai Vigilanti”; un
intento per la pace ci giunge dall’onda pacifista del movimento mondiale per la
pace, che si propaga con i progetti “Rinri e Omega” tesi a l'adozione del
"calendario delle tredici lune, un calendario che secondo lo scrittore e
poeta Robert Graves, già i celti irlandesi conoscevano, era il loro “calendario
ogamico arboreo”, infatti nel 1897 a Coligny, nel sud della Francia, dove tra
l’altro vi sono pitture rupestri vecchie di 15.000 anni fa che mostrano
variegate tipologie di astronavi ricollegabili agli avvistamenti ufo, furono
trovati frammenti di una tavola di bronzo risalente al II sec. d. C. parte di
un calendario che prendeva in considerazione proprio le fasi lunari; un
calendario probabilmente connesso a quei ritmi biologici, “ciclo mestruale,
maree, ecc.” che a quanto pare anche i maya conoscevano. Tutto questo
prepararsi al comune scopo evolutivo, forse è la “liberazione degli anelli
della terra, che secondo alcuni accomunerà la nostra percezione
sensoriale", o comunque “un’inversione di polo”, dovuta ai movimenti
ciclici terrestri che porterà ad un innalzamento spirituale, come affermano
altri studiosi del campo magnetico terrestre e delle macchie solari, o i
prosecutori della “Risonanza di Shumann” che nel già nel 1952 affermò
l’esistenza di un campo elettromagnetico pulsante fra i sette e otto Hz, in
continua crescita, che lo studioso Siegnot Lang ha dimostrato essere una specie
di orologio biologico che controlla le attività degli esseri viventi. Tutto
questo avrà una motivazione evolutiva se raccoglie adepti con teorie più o meno
vere che siano. Solo il semplice fatto di appartenere e vivere per un'altra
dimensione, (quarta dimensione), è suggestivo e non privo di fondamenta, ci fa
comprendere che ci potrebbero essere molti pianeti ospitanti altri esseri che
noi chiamiamo "alieni", che lavorano e vivono per il divenire di
questo, per noi, "Infinito Essere", dove il “Nostro sistema
planetario, quell’antica Spirale ermetica della Creazione”, è solo una
“Cellula”, e noi sicuramente ne siamo venuti a contatto con alcuni di loro,
interpretando gli eventi secondo la nostra maturazione evolutiva, apprendendo
insegnamenti ormai confusi con l'immaginario. Ne abbiamo le tracce nella così
detta “protoufologia”, tracce che io chiamo "archeo-aliene", negare
l'evidenza delle nostre illuminazioni e ricerche vuole dire solo auto limitarsi,
non progredire, non evolvere, i viaggi interstellari non sono poi così
irrealizzabili, la civiltà terrestre ne è all’inizio. Queste tracce si trovano,
come abbiamo visto e vedremmo, in tutte le culture antiche e moderne: negli
scritti, Egizi, Sumeri e Maya, nella Bibbia, negli antichi scritti ritenuti
apocrifi o pseudo epigrafi, negli scritti orientali come i Sacri Veda, Purana,
e nei diari e testi antichi come il Libro dei Prodigi dello storico Giulio
Ossequiente del terzo secolo d. C., che riporta brani originali di Cicerone,
Tito Livio, Seneca, Plinio, dove vengono descritti fenomeni naturali ma anche
strani oggetti volanti chiamati dai romani “Clypeus” scudi, e ancora
descrizioni di travi infuocate volanti denominate “Trabes Ignate.” Anche il
consigliere di Nerone, Seneca, descrisse nel suo testo di “scienze naturali,
gli stessi avvistamenti avvenuti intorno al primo secolo a. C.; del resto, è
documentato, a quanto pare, che gli imperatori romani, compreso Giulio Cesare,
discendano dalla nobile “Julia gens”, la nobile famiglia romana che la
tradizione vuole aver avuto origine da “Julius” Ascanio, figlio di Enea, a sua
volta figlio di Anchise proveniente dal pianeta Venere, sarà per questo che ai
tempi di Cesare gli avvistamenti di Clypeus, o meglio ufo, erano comuni. Per
farsi un’idea di cosa sapessero e pensassero i romani degli “abitatori del
cielo”, basta leggere uno dei carmi del giovane poeta veronese Marco Valerio
Catullo (84 a. C.) che frequentava la colta sociètà romana di Cesare che allora
ambiva alle espansione in Gallia. Catullo con viva ispirazione riporta
chiaramente un certo pensiero nel Liber dedicato allo storico Cornelio Nipote:
“Tranquilla è la madre della sposa / Non ci sarà
divorzio nel suo letto / Bei nipoti da lei potrà sperare / Coi vostri fili
fatali / Girate fusi girate / Fu questa la felice profezia / Che la bocca
divina della Parca (una delle 3 divinità figlie della notte, che
sovraintendevano alla vita umana)Cantò un giorno a Peleo (re di Ftìa in
Tessaglia) / Gli abitatori del cielo anticamente / Scendevano nelle case degli
eroi / Ai mortali adunati si rivelavano / Perché il senso del sacro non era
perduto Nei giorni delle sacre feste annuali / Più volte vide il padre gli Dei
/ Ecatombe di tori nel suo tempio / E Liber il vagabondo del Parnaso / Alla
testa delle sue Menadi (streghe, baccanti, sciamane, levatrici, indovine legate
al culto arcaico della Madre) che urlano / Coi capelli furiosi l’Euhoè (grido
bacchico di dolore: ei, hai; heu, heus, ahi, ohimè) Tra gli altari fumanti
adorato / Era in Delfo (città della Focide dov'era il tempio e l'oracolo
d'Apollo ritenuto il profeta di Giove, dove la Pizia, la sacerdotessa cadeva in
estasi. Prima di Apollo, l’oracolo era attribuito a Gèa, la dea della Terra; e,
in seguito, a Temi, dea della giustizia. fino al Diluvio di Deucaliòne. Quando
Apollo giunse sul Parnaso. si sarebbe impadronito a forza dell'oracolo,
uccidendo a colpi di freccia il serpente Pitòne che Gèa avrebbe messo a
custodire il sacro luogo, e l'avrebbe fatto suo, dando, poi, ad un figlio che
gli era nato dalla ninfa Tia, il nome di Dèlfo, fondatore della città omonima)
da una folla di felici / Che per prorompere dalle mura rissavano / Nei
daremorte guerrieri Mavors (il dio Mamerte, il Marte dei Romani) La dea del
Triton la virgo di Ramnunte (la signora del veloce Tritone o la vergine di
Ramnunte) Agli eserciti davano forza / Poi fu la terra abbeverata / Di crimini
indicibili / Dai cuori ingordi la giustizia fugge di fratello s’insaguinano le
mani / Il padre e la madre morti / I figli non piangono più / Un padre vuole il
suo primo nato / Muoia e violare libero /
La nuora farla matrigna / E una madre di legge nuda
Nel letto del figlio come un’ignota /
Entra e le ombre lorda / Degli antenati Da troppo male / È stato il bene
contaminato / E la divina mente che faceva
Giustizia si è allontanata / In mezzo a
folle umane / Non si avventurano più gli Dei
Gli è insopportabile che li tocchi / La
luce di un occhio”.
Del resto Catullo quando scrisse i suoi
versi, aveva cognizione di chi erano i “Vigilanti enochici”, alcuni dei sopra
citati versi in un'altra versione riportano: “Ma dopo che la terra fu riempita
di azione sacrilega e tutti allontanarono dalla mente bramosa la giustizia, le
mani cosparsero i fratelli di sangue fraterno, il figlio cessò di piangere i
genitori morti, il padre desiderò i funerali del figlio primogenito, per
impadronirsi da libero del fiore d'una matrigna giovane, la madre empia
offrendosi al figlio ignaro, empia non temette di disonorare gli dei penati.
Tutto il bene ed il male confusi da malvagia follia ci distolsero la mente
degli dei, che rende giusti. Perciò né si degnano di visitare tali società, né
sopportano di esser toccati dalla chiara luce”. Prima di questi versi si
accenna di un tempo in cui gli dei si accoppiarono con le figlie degli uomini,
si legge chiaramente: “Un tempo, si dice, pini nati dalla cima del Pelio han
navigato per le limpide onde di Nettuno fino ai flutti fasii ed ai territori
etei, quando giovani scelti, forza della gioventù argiva, desiderando strappare
il vello d'oro della Colchide osarono passare con veloce poppa i mari salati,
spazzando coi remi d'abete le azzurre acque. Le dea stessa, che conserva per
essi le rocche nelle sommità delle città, rese volteggiante un carro con soffio
leggero unendo l'ordito di pino della carena ricurva. Ella per prima insegnò la
rotta all'inesperta Anfitrite; Ma appena tagliò col rostro il mare ventoso e
l'onda arricciata dal remeggio imbiancò di spume, dal biancheggiante gorgo del
mare le Nereidi acquatiche emersero i volti ammirando il prodigio. In quel giorno ed in altro i mortali videro
cogli occhi le Ninfe marine col corpo denudato alzarsi dal bianco gorgo fino
alle mammelle. Allora, si dice, Peleo si incendiò per l'amore di Teti, allora
Teti non disprezzò gli umani imenei, allora il padre stesso capì che doveva
unire Peleo a Teti. Oh, eroi nati in un'epoca di secoli troppo desiderata
salute, stirpe di dei! O buona progenie (buona compatibilità, i giganti) di
matri, salute ancora . . . Spesso io invocherò voi col mio canto (LXIV. Un
tempo)”. A cosa alludeva Catullo si può ben immaginare; già da tempo le navi
solcavano i cieli della terra con i loro “dei penati”.
Prima ancora di Seneca e Catullo,
Alessandro Magno e le sue truppe, nel 329 a. C. furono sorpresi, da due scudi
volanti argentati, mentre stavano attraversando il fiume Jaxartes in India. Il
greco Senofonte 433 a. C., nel suo "Anabasi", ne fa addirittura una
classificazione degli oggetti volanti avvistati in base alla loro forma; li
descrive nelle forme a conchiglia, piatti, a campana e triangolari. Prima
ancora, i Rg Veda, gli scritti più antichi della storia descrivono numerosi
strani mezzi di trasporto chiamati generalmente Vimana, o Ratha. Nella moderna
ufologia, ai casi sopraccitati, possiamo associare il caso Roswell, o il caso
di Aztec in Messico nel 1949 e nei circa cinque milioni d’avvistamenti
registrati, anche collettivi, avvenuti nel mondo dal 1945 in poi. Charles Fort,
uno dei pionieri del “realismo fantastico” raccolse più di 25 mila strani
eventi, ormai caduti nel dimenticatoio. Gli stessi contattisti del mondo come:
Oberth, maestro del padre della missilistica moderna Von Braun, ed altri come:
Gorge Adamski, Maier, Daniel Fry, Gorge van Tassel con la sua apparecchiatura
per riattivare le cellule costruita con il sapere extraterrestre, Howard
Menger, Eugenio Siragusa, Carlos Diaz, Sixto Paz Wells, Jon Velez e molti altri
ne sono la prova, forse alcuni di loro saranno anche degli imbroglioni, che
rimaneggiano concetti fantasticando sopra gli scritti e i miti antichi, ma
anche se uno solo di loro avesse ragione comproverebbe l’esistenza aliena, ma
questo ormai è solo un problema degli irriducibili che non vogliono credere,
purtroppo si è abituati a considerare quello che non si conosce, non è reale. A
mio parere bisogna vedere vari punti di vista, non solo nella direzione verso
ciò che si è diffuso e cristallizzato come "vero sociale", che tra
l’altro è sola necessità di un gioco che conviene ai pochi che tirano le fila
delle società. La Cabala e l'Esoterismo possono considerarsi, a mio giudizio,
gli antichi mezzi senzienti precursori che favorirono e favoriscono ancora oggi
con le scienze la ricerca evolutiva in divenire", in pratica: “l’antica
Alchimia” è la nostra odierna chimica, l’astrologia è divenuta la nostra
astronomia, la magia e divenuta scienza; discipline creative in atto che devono
sempre essere filtrate dalla propria anima cosciente e razionale, che è parte
dell’essenza permessaci dal “Grande Essere”, da Dio e dal Dio che tanto
cerchiamo e che in lui siamo.
Una famosa foto di agenti della CIA che
catturano un Alieno di 80 cm sfuggito ad un incidente ufologico. A fianco un
ufo fotografato da Mrs Paul Trent a McMinniville, Oregon. 11 May, 1950
37° FANTASMI, POSSESSIONI, SPIRITISMO E
RIMEDI
Lo spiritismo è sempre esistito, ma da un
certo punto di vista, nasce intorno al periodo della Rivoluzione Francese,
quando alcuni discepoli di Anton Mesmer propagavano particolari idee,
affermando che nello stato sonnambulico, immersi in questo “sonno magnetico”,
sarebbero possibili fenomeni paranormali, cosa affermata anche da altri cultori
del campo, come il medico Deleuze nel 1831 e il dott. Billot che iniziò
l’Atanatofania, (apparizione degli spiriti) e il Raffaelismo, (medicina
angelica). Così con il favore del socialismo utopistico di Chandes Fourier,
cultore di un’universale solidarietà e della antica tesi sulla trasmigrazione
delle anime, si cimentò in una nuova concezione medica psicosomatica, volta a
non isolare l’anima individuale dallo psichismo collettivo. Già secoli prima un
altro medico, Paracelo, affermava nel XVI sec., che gli angeli possiedono una
forza che l’uomo ha perduto, ma che può ritrovare nella natura, poiché Dio
vuole essere conosciuto nelle sue opere, non a caso fu proprio Paracelo che
iniziò a studiare i primi fondamenti dell’omeopatia, forse ricordando i versi
di Salomone nell’Ecclesiaste, cap. 38: “L’ Onnipotente ha creato la Medicina
della Terra e l’uomo prudente non la disprezzerà”, ed è proprio così, d’altro
canto è naturale, persino gli scimpanzé, per curarsi, utilizzano più di 30 erbe
diverse. Nel 1775 il castello di Rohow in Slovacchia ospitò proprio Franz Anton
Mesmer, considerato un guaritore con misteriosi poteri, che spiegava nel suo
concetto di “fluido fisico” universale, che se distribuito male provocava le
malattie, teoria che favorì lo sviluppo della psicoterapia dinamica. Mesmer
curava i suoi pazienti con dei magneti, la sua teoria del “Fluido magnetico”,
vedeva le “onde” causate dai corpi celesti come interferenze sul nostro fluido
magnetico attuato dal nostro sistema nervoso. Questa teoria affascinò anche
Joseph Rhodes Buchanan che si convinse dell’esistenza di un “universo
registrato” in ogni cosa che lo portò ad elaborare la “Psicometria”, in altre
parole si è riscontrata la capacità di alcune persone, “vedi il caso del
pittore Pascal Fothuny”, di leggere la storia di una data persona attraverso
l’oggetto posseduto; in altri casi si riscontrata anche la capacità di alcune
persone di leggere con le dita, o con lo stomaco vedi il caso della veggente
Friederike Hauffe che sosteneva addirittura di vedere dentro il corpo umano.
Casi che riuscirono a intaccare anche lo scetticismo del prof. Cesare Lombroso,
fondatore della “criminologia scientifica”. Certi poteri, ormai erano
comprovati, ricordo che tutt'oggi esiste una medicina naturale che ammette
l’auto guarigione, purché il soggetto agisca con forza su se stesso, attraverso
la meditazione, la riflessione, la preghiera e l’amore per la verità,
diventando così soluzione dei propri problemi psicofisici; a dire di alcuni,
sarebbe la carenza o l’eccesso di “attività energetica”, l’abitudine e il
desiderio troppo appagato a provocare le malattie batteriche, e se è così, un
giusto agire ne diventerebbe la cura, riequilibrando le energie, addirittura
Daskalos, il mago di Strovolos, sosteneva che anche “l’exomatosi” è terapeutica
per realizzare il sé, come un “divertimento d’un Dio”, e mi ricorda tanto “I
Divertimenti di Krsna”. Del resto è provato che la mente soggettiva ha enormi
poteri curativi se attuati con la suggestione, l’ipnosi, ecc.; anche la scienza
ufficiale, oggi, ammette le interazioni mente-organo, sistema nervoso e sistema
immunitario, confermate dalle stesse scienze mediche. Quindi creare pensieri
armonici e ottimisti aiuta a guarire, un mio aforisma dice: “Vivendo la mia
illusione sono il giusto Dio del mio universo” e ciò dice molto, non a caso nel
vangelo il cui termine sta per “buon messaggio, o angelo messaggero”, si legge
riferito all’IO: “Io sono la Via, la Verità e la Vita”; sono solo gli elementi
chimici scoperti dall’uomo a restare pericolosi, in quanto non hanno superato
la lunga e naturale selezione che il tempo impone. Ritornando allo Spiritismo,
esso si basa sull’esistenza di Dio, sull’esistenza e immortalità dell’anima
unita al corpo fisico da un elemento intermedio chiamato perispirito o corpo
etereo, e infine sulla responsabilità collettiva e individuale secondo la legge
di causalità. Lo Spiritismo come fenomeno puramente filosofico e religioso
nacque invece dall’osservazione di alcuni fenomeni di carattere cinetico
considerati inspiegabili, come le così dette “tavole semoventi”, che si accompagnano
sempre da rumori vari e colpi di natura occulta; il primo caso reso pubblico,
fu quello delle sorelle Margaret e Kate Fox avvenuto a Hydesvile, New York, nel
1848. Le comunicazioni spiritiche si realizzerebbero: per via onirico
telepatica, per via di possessione, o per l’accentuazione della mente
soggettiva che esagera l’ego individuale, o per una sorta di assorbimento
energetico del medium e dei partecipanti, da
parte di entità comunicanti. Sir Ernest
Bennett scrisse addirittura un libro “Apparitions and Haunted Houses” che
raccoglie più di cento casi ben documentati di strane apparizioni. Il
“cacciatore di fantasmi” Harry Price indagò molto sui fenomeni di poltergeist,
cioè sugli spiriti e sui folletti, tentando di dare una spiegazione, interessante
e curioso il caso, di un contadino di Cashen’s nell’isola di Man, che sosteneva
di parlare con una mangusta che diceva di essere uno spirito legato alla terra.
La presenza dei poltergeist è documentata da più un millennio è potrebbe essere
anche associata ad alcuni demoni come i dijnn che esistevano sulla terra ancora
prima di Adamo. Studiosi come A.R.G. Owen, Alan Gauld e Tony Cornell sono
giunti alla conclusione che i poltergeist sono solo una manifestazione
dell’inconcsio, una “psicocinesi spontanea”, e se pensiamo a quanto è debole la
mente che si fa attrarre dall’ego di ciascuno di noi, l’idea non è del tutto
trascurabile. Altri come i seguaci ortodossi di Kardek e gli umbandistas, li
considerano esseri disincarnati inferiori, o senza dimora, comunque esseri
generalmente legati alla terra che sono attratti da chi manifesta le loro
simili caratteristiche, riuscendo a invaderli mentalmente, giungendo anche ad
una possessione più o meno inconsapevole che può portare alla distruzione
psico-fisica; basti pensare al caso, dei “Diavoli di Loudin”, che non può
risolversi con l’ipotesi di sola isteria collettiva, basti pensare alla
“tragica pazzia” a cui andarono incontro gli esperti che tentarono l’esorcismo
delle monache “indemoniate”, vedi: padre Lattanzio, padre Placido, padre Luca,
il dottor Mannouri, padre Jean Joseph Surin; finiti con l’essere invasi da
quegli strani spiriti, o poltergeist legati alla terra. Probabilmente, da
alcune letture, mi sono convinto che si potrebbe ipotizzare che queste entità,
che a volte assumono forma ectoplasmica, ossia una sorta di “gelatine,
filamentose o liquide” che nascono dai medium o dagli Orbs, siano solo le
antiche matrici sulle quali venne generato anche l’uomo. Infatti, sembra che le
allucinazioni dei posseduti rivelino spesso entità di ordine inferiore e rare
volte entità di ordine superiore, i soggetti preferiti dalle entità spirituali
sono spesso potenziali “schizofrenici”, cioè portati a distaccarsi dai piaceri
semplici e dalla comune realtà delle cose. Un attendibile descrizione del
fenomeno, pubblicata anche nella rivista Stargate Magazine n. 7 del 2003, ci
giunge dal dottor Galey, uno studioso che ebbe modo di assistere alle sedute
medianiche della nota medium, Eva Carriére, e così ne descrive l’avvenimento:
“Dalla bocca discende lentamente fino alle ginocchia di Eva un cordone di una
sostanza bianca, della larghezza di due dita. Questo nastro prende ai nostri
occhi le forme più varie: talora si mostra sotto la forma di un largo tessuto
membranoso perforato, con dei vuoti e dei rigonfiamenti, talora sia ammassa e
si restringe, poi si rigonfia e si distende di nuovo. Qua e là dalla massa
partono dei prolungamenti che per alcuni secondi prendono la forma di mani che
poi rientrano nella massa, poi la sua estremità si rialza, si stacca dalla
medium ed avanza verso di me. Vedo questa estremità ispessirsi sotto forma di
rigonfiamento e si sviluppa in una mano perfettamente modellata. Tocco questa
mano, essa provoca una sensazione normale. Sento le ossa, sento le dita munite
delle loro unghie, poi la mano si restringe, diminuisce e sparisce
all’estremità del cordone che si ritrae e rientra nella bocca della medium”.
Galey afferma inoltre: “Che da un esame svolto in laboratorio risulta che
l’ectoplasma è composto di cellule epiteliali, globuli rossi, cristalli di
acidi grassi e sali. Una struttura che confermando l’origine organica, spiega
anche la diminuzione di peso riscontrata dai medium dopo l’avvenuta
materializzazione”.
Nel libro dello psicologo Stan Gooch,
“The Paranormal”, l’autore sposa la convinzione, come Tony Cornell, che le
entità siano create dalla stessa mente umana, siano solo una sorta di
allucinazione ipnotica, o magari una “condensazione psichica”. I sostenitori
dello spiritismo come Allen Kardek, invece affermano, che la comunicazione con
queste entità proverebbe l’esistenza dell’anima e la sua sopravvivenza dopo la
morte, avalorando così anche l’ipotesi dell’esistenza di un “universo
parallelo”, ossia una “diversa e sconosciuta dimensione”. Infatti molti casi,
se veri, lo confermerebbero. In America il dottor Ian Stevenson dell’Università
della Virginia, pubblicò una ventina di casi ben documentati dal titolo
“Reincarnazione venti casi a sostegno” e tratta trame simili al noto caso di
Kumari Shanti Devi, una ragazza nata a Delhi nel 1996, che già a quattro anni
cominciò a sostenere di essere vissuta nella città di Mutra poco distante e di
essere sposata con un certo Kedar Nath, rivelando un’enorme quantità di
dettagli che successivamente, con grande stupore, vennero confutati. Qui è
facile capire l’ideologia buddista e lo stesso Budda quando disse: “che vita è
sinonimo di morte…, come un fiore, appena nasce comincia a morire”, intendendo
che solo nel mondo della forma il fenomeno è apparentemente così crudele. Nella
Bhagavadgita si legge: “Come un uomo smettendo i vestiti usati, ne prende altri
nuovi, così proprio l’anima incarnata, smettendo i corpi logori, viene ad
assumerne altri nuovi". A proposito, Thomas Beker, che afferma di essere
in contatto da anni con persone morte, e dice di averne le prove, parla di ciò
che sarebbe riuscito a sapere nelle sue comunicazioni con l’aldilà, racconta
della realtà divina di “Jonathan”, creatore di tutti gli universi, ma incapace
di modificare le leggi naturali, e ciò, se fosse verità, mi porta a pensare a
un Dio con i suoi limiti, molto simili ai nostri. Egli afferma che dopo il
trapasso dalla prima dimensione, l’anima, dopo qualche minuto d’incoscienza,
riprenderebbe coscienza solo nella seconda dimensione, dove tutto appare di
colore verde, come accade in alcune manifestazioni di poltergeist, e si prova
una sensazione bellissima, si comunica, si sogna ed esiste un “sistema” sociale
con scuole, concerti, ecc. che Jionathan cambia a sua discrezione, ciò fa
ricordare il mondo oltre morte dei celti, che concependo un “Ciclo Continuo
Infinito Presente” individuavano un oltretomba dove vi era anche chi doveva
ancora nascere, un mondo che veniva in contatto con il nostro solo il giorno,
di “Samain, Samhain, tra l’altro assomiglia anche al termine ”shamayim” (ovvero
sham-mayim: ‘là è acqua’; esh e mayim, ‘fuoco e acqua’, i simboli alchemici dei
due triangoli intrecciati) che significa anche Cielo, nella Bibbia tradotto
firmamento, forse qualcuno dal cielo vi giungeva? Samain termine che in gaelico
diventa Trinvxtion, Samoni, Sindivos” (da cui il nome del primo mese
dell’anno), nome che ricorda per assonanza anche Shamash, il Dio del sole
sumerico, in altre parole l’Halloween, il giorno in cui si aprivano le porte
del “Sidhe” l’aldilà; usanze che servivano a dare un significato alla vita
terrena e una vita ultraterrena al popolo guerriero, e agli eventi del tempo.
Infatti vi si distingueva un Mondo dell’Assoluto chiamato Gwynwydd, un Mondo
Spirituale dell’aldilà chiamato Abred e un Mondo Umano della Prova, dove moriva
solo chi si identificava con le forme e non lasciava scorrere altrove la
propria l’energia.
Casi e credenze simili non sono mai stati
presi in considerazione dalla Chiesa Cristiana, che tende a distaccarsi dal
punto di vista della ricerca, consona ai suoi antichi scritti; anzi proibisce
ogni forma di divinazione considerata per lo più pericolosa. Ciò però non tocca
la ricerca scientifica, che comunque può tranquillamente andare avanti. Una
cosa curiosa che ho letto riguarda le esperienze di Padre Pellegrino Emeti, che
negli anni 60-70 con altri collaboratori mise a punto un marchingegno
elettronico capace di leggere le informazioni che sono registrate nei campi
elettromagnetici, la cui frequenza del campo atmosferico è tra i 7 e i 10 Hz,
il che avrebbe reso possibile leggere gli avvenimenti del passato. Questa
apparecchiatura, pare sia poi andata in possesso al vaticano. Oggi con
l’avanzare della tecnica, i radiotecnici, consapevoli che ogni onda
elettromagnetica è modulata in frequenza, od in ampiezza dall’azione e dal
pensiero, potrebbero provare a farlo più agevolmente, ma personalmente non sono
a conoscenza di esperimenti simili. L’ipotesi che il pensiero sia sempre
presente e magari agisca sugli esseri viventi, non lo trovo così sconcertante,
ne ebbi l’idea anni fa, pensando all’origine delle idee creative e a quelle
immagini mentali di cui non si ha riscontro esperenziale, ne scrissi anche una
breve lirica dal titolo “Chiassoso Silenzio”, ve la propongo: vi era la pace,
ma non silenzio, non c’era nessuno, ma non ero solo. Voci di vite a sé
sussurrano, i pensieri parlano mentre la mente ascolta, freme natura e vita
attorno, freme sui tempi il pensiero.
Ciò avviene in quell’onda permanente,
scoperta da W. O. Schumann nella prima meta del secolo scorso, che posta tra la
superficie della terra e la ionosfera, consisterebbe in un campo magnetico
pulsante a bassa frequenza, e che lo studioso Siegnot Lang afferma essere quel
“orologio biologico” cui tutti gli esseri viventi sono “sintonizzati”;
quell’onda che pare stia aumentando la sua pulsazione, o per i ciclici
movimenti terrestri, o per l’industrializzazione che ha favorito sempre più
“l’inquinamento magnetico”, basti pensare che solo la corrente elettrica genera
una frequenza di 50 Hz e sicuramente influenza la stabilità del sistema
energetico dell’organismo umano che è sintonizzato per l’appunto fra i 7 e gli
8 Hz. A parte queste curiosità e parentesi, per quanto riguarda il reale
contatto con l’aldilà, Armando Pavese, ricercatore di psicologia delle
religioni e di parapsicologia, nella rivista “Religioni e Sette”, affermò, in
un articolo del 1995, (Comunicazioni con l’aldilà), che dopo 22 anni di studi a
contatto con gli ambienti spiritici, non è riuscito a trovare un caso autentico
di comunicazione con i defunti che non si potesse spiegare con fatti
paranormali naturali, creatività inconscia, integrazione psichica, suggestione
personale o di massa. Ma poi d'altro canto si sa, ciò che non è compreso
profondamente, apparizioni, viaggi astrali, exomatosi, ecc., lascia dietro di
sé migliaia di teorie e supposizioni che spesso vengono tralasciate, o date per
scontate solo perché propagate in dismisura. Dobbiamo renderci conto che tutto
ciò che compie l’uomo può essere solo e soltanto che imperfetto, quindi
cogliere il più ovvio per innalzarsi nel sapere espandendo sensi e coscienza è
l’unica via da intraprendere. Ecco perché il ricercatore russo, seguace di
Gurdieff, Ouspensky, nel suo libro “Tertium Organum”, afferma che la coscienza
umana è una forma di sonno e che il nostro problema è proprio svegliarci. Fu
per tale motivo che si interessò allo yoga la cui meditazione sarebbe il primo
passo per risvegliare l’energia addormentata in noi; inoltre si interessò alle
“estasi mistiche” e al Misticismo Sperimentale, osservati dal filosofo William
James, cioè quegli stati mentali raggiunti con narcotici come il protossido
d’azoto, scoperto casualmente nel 1795 dal chimico Humphri Davy scaldando una
miscela di limatura di ferro bagnata, con acido nitrico, o con LSD che a quanto
pare procurerebbe un effetto analogo. Basti ricordare il curioso esperimento
del dottor Groh, che dopo una serie di iniezioni su un ragno cavia, lo vide
realizzare ragnatele non più concentriche ma tendenti ad espandersi verso
l’esterno. Il protossido d’azoto è una sostanza che se ben miscelata con
l’aria, ed esalata, porterebbe a stati mistici straordinari. Ouspensky afferma
che sotto l’effetto di questa sostanza appare quella che lui chiama la
“Concatenazione” e scrive: “Ogni cosa è viva”, dissi a me stesso nel mezzo di
queste osservazioni; non vi è nulla di morto, siamo soltanto noi ad essere
morti. Se noi diventiamo vivi per un momento, sentiremo che ogni cosa è viva,
che tutte le cose vivono, pensano, sentono e possono parlarci”. E qui signori,
possiamo ritornare benissimo alla rivelazione della “Cosa Una della Tavola
Smeraldina” di Ermete Trismegisto, alla mia concezione di “Realtà Interattive”,
al Sanatana Dharma degli induisti, assicurando che questi concetti non li
abbiamo appresi né da Ouspensky, né dalle estasi mistiche osservate da William
James, ma da una individuale e razionale valutazione illuminante vecchia di
millenni. Già nelle Upanishad l’estasi era la via della liberazione, in quanto
il saggio poteva riconoscersi identico al Brahman dicendo: “Tat vam asi”, Tu
sei ciò. Con questo intento, lo Jnana Yoga insegnava la via della
contemplazione, il Karma Yoga l’azione e il Bhakti Yoga la devozione al
Brahman, in altre parole quei canali di contatto con il divino ereditati dal
atavico influsso con le entità extraterrestri.
La prima a sinistra è una fotografia che
riprende un grande quantità di Orbs energetici (Foto originale, aggiustata in
saturazione, luminosità e contrasto). A fianco due note foto di ”fantasmi” e
una foto di un bambino a letto con sopra un bastone in lievitazione, fenomeno
di poltergeist accaduto in Inghilterra.. L’ultima foto rappresenta una
manifestazione ectoplasmica in una seduta medianica.
38° LA NEW AGE E LE NUOVE SETTE
La New Age, filosofia religiosa
anglosassone che si sta diffondendo in tutto il mondo, si rifà per certi
aspetti alla mitologia celtica, basti pensare all’armonia che i celti avevano
con la natura stessa. Questa filosofia lascia libera interpretazione sulle religioni,
svuotando però l’attesa escatologica, accogliendo la reincarnazione karmica
come preludio di salvezza. Per molti contemporanei, Gesù è solo un iniziato o
il maestro dei maestri che conduce l’umanità verso la Nuova Era di pace, per
altri è un medium o un illuminato come Buddha, Krishna e Zoroastro, il profeta
dell’Iran di 2.600 anni fa, che vede il riconciliarsi Ormazd e Ahriman, male e
bene, alla fine dei tempi, altri ancora, per la maggior parte sempre seguaci
della New Age, Gesù fu un essere che divenne veicolo attraverso il quale il
Cristo cosmico manifestò se stesso. Le conoscenze moderne affidano l’Io alla
liberazione e allo sviluppo dell’autocoscienza raggiunto in modo intuitivo o
con l’aiuto delle facoltà paranormali, forse il residuo di una facoltà aliena
ereditata, come la telepatia, la psicocinesi e la veggenza, anche
nell’interpretazione dei testi sacri. Questa gnosi “salvifica”, si compirebbe
attraverso rituali esoterici, iniziatici ed altre tecniche come: yoga,
meditazione, channeling, ecc. Attraverso il channeling, (canale), si
manifesterebbero svariate entità: extraterrestri, angeli, il Cristo, o fate e
spiriti della natura. I fondatori delle nuove religioni, i mistici della
chiesa, sarebbero canali portatori dei messaggi di “Dio Padre. Shinrley Mac
Laine, afferma, che più siamo collegati alle nostre risorse superiori più
diventiamo infiniti, non a caso molte religioni sarebbero iniziate da questi
“canali”. Quindi con il channeling si può accedere al Grande Sé, all’essere
universale; Jon Kino sostiene, che “tutte le prospettive ci portano in un’unica
Mente, verso la verità delle verità: che noi siamo frammenti dello stesso
“Essere Universale”; o come affermano alcuni, che noi siamo Dio” (Ap. Cit. pag.
296). Così viene affermata una nuova personalità che si perde in un frapporsi
collettivo d’entità multipersonali, perdendo così il senso dell’individualità
personale. La società Torre di Guardia dei Testimoni di Geova fondata nel 1881
negli USA dal commerciante Charles Taze Russel, reinterpretando versi biblici,
vede una “concezione salvifica” per pochi, ma diffonde concezioni
antitrinitarie e apocalittiche, credendo sì ad un Gesù portavoce di Dio, ma
identificato con l’Arcangelo Michele. Altre sette come la scentologi, a mio
parere, impartiscono un’interessante crescita psicofisica partendo da una
precisa base scientifica, verso un’unica direzione, esaltando così il
potenziale umano, ma limitando nello stesso tempo i principi della religione
tradizionale, così, “giudicando” e portando in breve tempo coscienza altrui, il
soggetto perde il senso del proprio limite, portato ad una
deresponsabilizzazione che minaccia gli equilibri già precari formatesi
naturalmente nelle precarie società odierne. Spezzando quindi ogni armonia,
ogni equilibrio, qualsiasi esso sia, si favoriscono quei mali che
contribuiscono e attraggono i deboli con utopiche risoluzioni portandoli lungo
quelle spirali diaboliche, in cui luminosi margini estremi alimentano
quell’abisso profondo con eserciti di adepti e deviati creatori di sette e
movimenti che servono prettamente il male come: “La Chiesa del Carmelo” fondata
in Francia da Eugene Vintras dichiarato eretico dal Papa nel 1848, la “Chiesa
di Satana” fondata da Anton La Vey 1966, “il Tempio di Seth” fondata da Michael
A. Equino nel 1975, la “Chiesa della Liberazione di satana” fondata dal
paleontologo Paul Douglas Valentie nel 1986, i “Discepoli del Diavolo” di S.
Francisco legati all’esoterista Aleister Crowley, “al’Ordo Templi Orients, ” al
rok satanico, al satanismo moderno e a Charles Manson fondatore della setta
satanica “Final Church”. Movimenti che in Italia si esprimono in sette come
quella dei “Bambini di Satana” di Marco Dimitri e quella romana “Confraternita
luciferiana di Efrem del Gatto. Diventa quindi necessario seguire la propria
evoluzione nei tempi in cui ogni cambiamento si rivela naturale e illuminante
comprensione, che deve avvenire sotto la forza dell’istinto e l’egida della
ragione senza imposizione.
INDAGINI E ORIGINI NELLA BIBBIA
39° CONFRONTI CON LE MITOLOGIE
Per quanto riguarda l’Antico Testamento,
sintetizzando, si può affermare, che in un periodo lungo 1.600 anni a partire
dal 1513 a.E.V., mille anni prima di Buddha, una quarantina d’uomini
“illuminati”, scrissero una delle opere più conosciute al mondo, “la Bibbia”,
una serie di scritti composta di circa 66 libri, che ha inizio con la Genesi,
che tratta della “Creazione”, scritta da Mosè nato in Egitto, quando in Assiria
regnava il quattordicesimo re Safro e ad Argo il quinto re Criaso, per
concludersi con l’Apocalisse di Giovanni scritta
nell’isola di Patos, intorno al 97 dopo Cristo, che rappresenta la
“Rivelazione” di Gesù Cristo, che Dio gli diede per rendere noto ai suoi servi
le cose che devono presto accadere. Andrew Collins nel su testo “Gli ultimi Dei”
a pag 49, ricorda che a parte un amuleto d’argento con incisa una formula di
una benedizione sacerdotale che si trova nel “Libro dei Numeri” risalente al VI
secolo a. C. non esiste testimonianza concreta dell’esistenza della Bibbia
prima dell’Esilio, intendendo che i riferimenti oltre quella data sarebbero ben
altri. Infatti, fa notare che solo gli angeli Michele e Gabriele vengono
ricordati nel Vecchio Testamento, precisamente nel Libro di Daniele 165 a. C.
chiamato in Babilonia “Baltazar” ossia principe di Bal o Bal-Marduk, dove
vengono descritti fatti intorno al 606 a. C. quando Nabucadonosor e Baldassar
s’accinsero a conquistare la Giudea, e qui appaiono anche “ir” i “Vigilanti “
della letteratura edochiana. “Continuai a guardare: furono sistemati alcuni
troni e un anziano vi si sedette. Aveva abiti bianchi come la neve, e i suoi
capelli erano candidi come lana”. Fu nel 515 a. C. che circa cinquemila ebrei
con Esdra ricostruirono il Tempio di Gerusalemme e misero per iscritto le Sacre
Scritture. Questi scrittori affermano che i loro sacri scritti furono ispirati
da un potere superiore all’uomo. L’apostolo Paolo scrisse, che tutta la
scrittura è stata ispirata da Dio e utile per insegnare, rimproverare,
correggere e disciplinare la giustizia degli uomini. Su questi uomini,
“illuminarti” (II Timoteo 3:16), si dice che parlarono da parte di Dio mentre
erano sospinti dallo spirito santo (II Pietro 1:20,21 – Samuele 23:2 - Luca
1:70). La Bibbia è arrivata fino a noi attraversando i secoli con copie
trascritte, e fedelmente manoscritte, come afferma Sir Frederic Kenyon, un noto
esperto nel confrontare i manoscritti, che sono circa 16.000, di cui alcuni
risalenti addirittura al II secolo avanti Cristo, scritti nelle lingue
originarie: ebraico, aramaico e greco. Sulla stesura dei testi e sulle
traduzioni c’è chi ravvisa errori, degli imbrogli e delle assimilazioni, voluti
solo per le necessità dei tempi, del resto noi conosciamo la versione filtrata
dalla chiesa detta la “Vulgata”. La versione originale sembra che sia stata
tradotta dal greco o dall’ebraico, da Lutero nel XVI secolo e successivamente
dai protestanti. Ma già ciò che ci giunge dalla traduzione ufficiale della
chiesa pone degli interrogativi; ad esempio, alcuni hanno fatto notare che la
stessa longevità dei patriarchi, biblici sarebbe una contraddizione, giacché
negli stessi scritti si legge: “Il mio spirito non rimanga per sempre umiliato
nell’uomo, perché è carne: la sua vita non sarà che di 120 anni”. Ma a parte
questa contraddizione la cosa più logica da pensare, a mio parere, poiché
nell’era moderna la vita tende ad allungarsi, è pensare un periodo arcaico dove
l’alto livello di civiltà portò una longevità che successivamente con gli
eventi catastrofici fu costretta a regredire precocemente, basti pensare che
solo pochi secoli fa gli antichi romani vivevano una vita media di 45 anni,
mentre ora ha raggiunto già i 75 anni. Ritornando alle traduzioni, ho letto che
la parola ”Malakh, o Mal’akh Messaggero”, in greco “Angelos”, intermediario tra
Dio e gli uomini, come Hermes nella mitologia greca o Thot per gli egizi, si
sarebbe dovuta tradurre “Nuntius” e non con la traslitterazione “Angelos”, che
non significherebbe proprio nulla. Stessa cosa per le divinità minori
mesopotamiche: Kerub, che sembra stia a significare “bue armato di spada
fiammeggiante”, plurale Kerubin, che era un Baal = (Signore dell’aria) e
Seraphim = (Serpente alato del deserto), o sparviero, parole assimilate dal
popolo ebraico per indicare i servitori di Dio, provenienti da altri mondi e
rappresentati solitamente con quattro facce raffiguranti: l’uomo, l’aquila, il
leone ed il toro alato. Anche la parola demone o daimon, che nella chiesa
cristiana indica creature che procurano anime all’inferno, significava in greco
angelo o genio, vi esisteva, per l’appunto, quello volto al bene e quello volto
al male; per i greci l’angelo era un inviato e poteva essere per l’appunto uno
dei “daimonoi”; per i persiani questi esseri prendevano il nome di “peri”, per
gli ebrei “malakim”. Nel libro del profeta Enoch che significa “iniziato”, 110
a. C., i demoni hanno carattere simile a quello dei gentili; per i teosofi,
l’angelo, sarebbe lo stesso ego dell’uomo, ciò che Socrate indicava come la
parte incorruttibile dell’uomo; ricordo, che esotericamente anche il Paradiso e
l’inferno sarebbero in realtà due stati di coscienza. Lo stesso inferno non è
prerogativa solo della religione cattolica, esisteva già in Egitto nella 19a
dinastia e indicava un luogo di tormento, fuoco e punizione per le anime, Horus
fu rappresentato nella palude delle passioni umane, quello che è il Patala indù
dei Naga, o per l’appunto l’Inferno cristiano. Su questa derivazione non c’è da
stupirsi, d’altro canto, è risaputo che ogni cultura raccoglie in sé il sapere
delle precedenti. Secondo gli specialisti di studi biblici, lo stesso periodo
della storia primordiale si baserebbe su due documenti: il codice J o
sacerdotale, 700 a.C. circa (che sta per Yhaweh, nome di Dio, o Judah, regno di
Giuda che sta per “lode di Dio”); e il codice P, 600 a.C. circa, scritti
questi, che raccolsero concezioni Assiro-Babilonesi, basate a loro volta su
tremila anni di pensiero che risalirebbe ai Sumeri, apparsi in Mesopotamia
molti secoli prima. Intorno al 500 a. C, quando gli ebrei tornarono a Gerusalemme
dall’esilio babilonese, alcuni curatori, probabilmente impregnati della
concezione monoteistica del dio unico Atum e della sapienza dei sacerdoti
predinastici dei templi di Shmum e On, quest’ultimo un dio che nel tempio di
Eliopoli si celava in una pietra nera piramidale sotto l’aspetto di un uccello
“la Fenice”. Fu dal sapere celato in questi templi dedicati al dio sole Rà e al
dio lunare Thot, fondamentalmente legati alla concezione dell’Atum – Ra che per
masturbazione creò il dio dell’aria Shu e la dea dell’umidità Tefnut che
unendosi diedero via a Geb e nut, “il cielo e la terra” e successivamente Seth,
Nephtis e Iside, Osiride che generarono Horus, l’ultimo sovrano; fu da queste
ed altre antiche leggende e concezioni che i curatori misero assieme gli
scritti e nacquero i primi undici capitoli della Genesi, che apparvero nella
versione attuale. Il filosofo greco Porfirio (300 d.C. circa) sosteneva, invece
che la Genesi fu copiata dal libro "La storia fenicia" di
Sanchoniathon, vissuto tra il 1900 ed il 1800 a.C. Dell'opera di Sanconiatone
non sarebbe rimasta traccia alcuna, se nel III secolo, non fosse sorta una
disputa tra il Padre della Chiesa del III - VI secolo, nonché vescovo di
Cesarea, Eusebio e il filosofo greco di origine siriana Porfirio, che basandosi
sulla traduzione effettuata nel I secolo da Filone di Bilos, poi scomparsa
misteriosamente, ma allora ancora reperibile, sosteneva che Mosè aveva tratto
dalla Storia Fenicia gli avvenimenti essenziali narrati nella Genesi. Il
vescovo di Cesarea aveva implicitamente ammesso che alcuni passi della Genesi
erano identici al testo della Storia Fenicia. Denunziava però la malafede di
Filone di Biblos che egli definiva un falsario!, ma come credergli se un suo
stesso scritto a per titolo: “Sino a qual punto sia permesso di usare la
menzogna per beneficare chi, con il nostro metodo, possiamo convertire”. Lo
storico Ernesto Renan sosteneva che Porfirio non era un falsario, ma un
bibliofilo erudito, del resto si aggiungeva che il grammatico Suidas era anche riuscito
a trovare i titoli di tre altre opere dell'autore fenicio, frammenti delle
quali vennero poi riprodotti nel Fragmenta Historicorum Graecorum di C.
Miiller. Nella sua “Preparatio evangelica”.
Eusebio mantenne vivo ciò che attinse
dalla storia fenicia tradotta da Filone di Biblos e sebbene vi rimanga il
dubbio d’allora, dagli scavi di Uganit sono riemersi documenti che confermano
il racconto di Eusebio tramandato da Filone. Bisogna ricordare che la Fenicia
era un popolo potente prima del sopraggiungere degli Ebrei che sicuramente si
impregnarono della loro teogonia, inoltre alcuni studiosi sostengono, che gli
israeliti, semiti, del paese di Cannan provenivano da “Inca”, luogo da dove
provenivano anche i fenici, chiamati dai greci per l’appunto “phoeniken”, per
il loro colore rosso della pelle, il loro stesso capo era chiamato con
l’appellativo “Inca”, e ciò testimonia un’unica matrice culturale che si
diffuse fino in America, lo dimostrano le analogie delle varie divinità.
Di Sanchoniathon di Berico, Philo di
Biblo studioso nato nella seconda metà del I secolo d.C. e morto a Roma, dove
era ambasciatore delle città fenicie, durante l'impero di Adriano, sostiene di
aver tradotto “la Storia Fenicia in greco”, che sarebbe una traduzione di
un'opera ben più antica, prima della guerra di Troia, risalente per l’appunto
all'epoca di Mosè e di Semiramide, la regina del regno Assiro, la fondatrice di
Babilonia, figlia di Derceta la Dea Serpente, e sposa, prima di Onnes
governatore della Siria e poi di Nino, il re di Ninive; non a caso il dio
fenicio Baal, non era chiamato solo Baal, ma anche Baal Shamaim “Signore che è
nei cieli”, Ei, Melek, Ram, Elion, Adonai, associabile al capo dei Vigilanti
Azael, in arabo Azazel, il kurdo Azazil, per l’appunto il “Melek Taus”, ossia
l’Angelo Pavone kurdo, o il britannico Bal Hor, o lo stesso Bali che in India
era re degli Asura che ottenne i tre mondi (cielo, terra, e inferi). La
simbologia della croce era già usata allora e simboleggiava la stessa regina
Semiramide che era simboleggiata anche da una torcia accesa. Secondo
attestazioni dei testi di Uganit Baal era figlio di Dagon, una divinità cananea
diffusa nel 3.000 a. C. da Mari in Babilonia, Assiria, Cappadocia, Siria e
Palestina; un dio dell’atmosfera e della fertilità assimilato a Enlil, forse
era proprio uno di quegli Oannes acquatici provenienti da Sirio. I testi di
Uganit affermano che Ben Dagon era alleato a Baal contro EI; leggende
cosmogoniche fenice invece, raccontano di Baal Dagon rappresentandolo
ibridamene come un uomo-pesce. Secondo Filone di Biblos, Dagon sarebbe fratello
di Cronos e marito di Atargatis. Baal dimorava nella “grande pietra conica”,
forse la “Camera Celeste” dell’egizio Thoth, o la “ben-ben”, “l’omphalos”;
legata a Ur, Delo, Delfi, siti associabili ai luoghi sacri che prendono il nome
di Bellem “il luogo del regno del dio della luce” e la stessa Betlemme luogo di
nascita di Gesù. Baal aveva una controparte femminile che era chiamata Baalat,
Ashart, Elat e Tanit identificata anche come la compagna del dio Marduk. A Ras
Sham Ra sono state ritrovate delle tavolette in cui si narra che Baal era solo
un gigante che fu ucciso dagli invasori, solo più tardi assunse l’identità di
un dio crudele. Successivamente nel pantheon fenicio di Cartagine, appare l'egiziano
Ammone, o Hammon, a volte, identificato anch’esso con Baal, ed il persiano
Anaitis, Tanais, o Tannata, identificato per l’appunto con il nome di Tanit o
Tanith, che divenne quella che potremmo definire la più famosa divinità
femminile ricollegabile alla etrusca Tana, a Don, Dana e Danu la grande dea
celtica.
Nel mito cananeo di Baal e Anat, Baal con
l’aiuto delle sorelle, le dee della battaglia; Astante e per l’appunto Anat, è
colui che affronta il drago Yam che regnava sulle acque inferiori, divenendo
Signore della Terra; un canto d’ira di Anat afferma: “Quale nemico osa sfidare
Baal, il dio che guida nel cielo i suoi carri tonanti? Il potente signore del
mare, benché fosse eletto da Dio, io l’ho schiacciato e distrutto, il mostro
dalle sette teste, il Drago astuto, io l’ho abbattuto, ho legato le sue fauci.
Ho legato tutte le creature ribelli, il Vitello irrequieto, il Cane rabbioso,
l’immondo Serpente. Così distruggerò ogni nemico di Baal: chiunque levi mano
contro la sua legge, o sia sordo al suo comando.” Anat invitata alla pace dai
messaggeri mandati da Baal, si levò in volo verso la Montagna Sacra per
raggiungere il fratello, saputo che con l’aiuto della Dea del Sole, era
riuscito a riprendere il trono al giovane Asthar sconfiggendo anche Mot “la
morte”. Sembra ripercorrere la stessa dualità delle deità egizie, ebree e
cristiane. Infatti l’appellativo Ei, per i fenici “l’Alto” sarebbe poi divenuto
per l’appunto lo Jawe degli Ebrei. Ei, raffigurato con barba e corna dai
canaaniti, era figlio del dio solare Baal, Tvr era la sua città fenicia,
analoga a Eliopoli, città governata dal re Harachte dalla testa di falco, più
noto come Horo o Horus figlio di Iside e Osiride, “medico della casa del re”.
Ei, o Baal, era il “Toro Mneis”, o Mnevis chiamato dagli orientali Nandi e
dagli egizi On, sposo della “venere egizia” Athor di Atthis, l’Iside stella del
mare, la signora di Byblos”, rappresentata anch’essa con corna di mucca, come
Nut, Iside e Osiride, come l’orientale dravidiana Aditi la “Vacca Luce” degli hindù
citata nei Rig. Veda 1.153,VIII, 90; ricollegabile alla scoperta di Hugo
Obermaier, che in una caverna della Valle Susfana, rinvenne la raffigurazione
di una vacca ritenuta rappresentante uno zodiaco vecchio di 12.000 anni, forse
“la Grande Madre, o il Grande Essere” da sempre ipotizzato. Ei era chiamato
anche Ei Yom “il giorno, la luce”, ed era circondato da Balim “le forze della
natura” e per questo chiamato anche Baal; sembra corrispondere anche al Cronos
greco figlio di divinità che corrispondono a Gaia e Urano, dopo lunghi anni di
guerra avrebbe spodestato il padre evirandolo in un’imboscata; ma a differenza
della cosmogonia greca, qui la formazione del modo non viene fatta risalire a
questi dei, che lo stesso Filone di Biblos vede come uomini divinizzati per le
loro imprese, ma si rifà ad una mescolanza chimica originaria. Filone,
riportando probabilmente l’originario pensiero cosmogonico, ci narra che dal
“Caos originario”, il vento scuro senza limiti di tempo e spazio, sarebbe stata
generata una mescolanza chiamata “Desiderio” e da questa proverrebbero tutte le
cose, firmamento, acque, cielo, terra e esseri umani, cosa completamente
contrastante il pensiero biblico, anche se probabilmente ne è la radice, che
vede in Dio il non creato fuori dallo spazio e dal tempo, quello che in India
venne chiamato Aja, il “Non Nato”, appellativo dato ad alcuni dei come a Kama e
a Brahma. Del resto bisogna ricordare che per i fenici il biblico Adamo
significava “il generatore figlio della terra” ed Eva in ebraico “hawwah”
significava “colei che fa vivere”, in relazione con “hevia”, “serpente
femmina”, questa concessione che troviamo anche in arabo “hayya= serpente, e
hayat= vita”, fu ripresa e trasformata successivamente dagli ebrei,
probabilmente derivava originariamente dalla storiella brahmana di Adimo e
Procriti, che molto prima della stesura della Genesi, assumono lo stesso
significato dell’Adamo ed Eva fenici, come evidenziato nel Veidam, uno dei
libri più antichi del mondo, citato nel dizionario filosofico di Voltarie. L’
“Apocalisse di Mosè” inizia con il farci sapere che Adamo ed Eva si
trasferirono per lungo tempo a Oriente: “ Questa è la storia di Adamo ed Eva.
Una volta che furono usciti dal paradiso, Adamo prese sua moglie Eva e si recò
a oriente, e vi rimase diciotto anni e due mesi. Eva concepì e generò due
figli: Diafotos, chiamato Caino, e Amilabes, chiamato Abele”. Se leggiamo il
Nasadya Sukta, “l’Inno della Creazione dell’India”, diventa chiara l’uniformità
è l’unicità della concezione creativa, in esso si legge chiaramente:
“All’inizio il non esistente non era, né era l’esistente; la terra non era né
il firmamento, né ciò che è oltre; non vi era né morte né immortalità; non vi
era segno né della notte né del giorno. Quell’Uno respirava senza estraneo
respiro, con la propria natura, oltre a lui non vi era nulla. All’inizio sorse
la divina volontà,(cioè il desiderio fenicio) questo fu il primo seme della
mente del Creatore. Quelli che possono vedere oltre unendo la loro mente al
loro cuore, trovano il vincolo che lega l’esistente al non esistente, il non
esistente esistendo nell’esistente."
Nel culto zoroastriano oltre allo Zand
Avesta vi è il “Bundahishn”, un antico testo scritto in pahlavi, un antica
lingua persiana. Questo testo fa discendere la razza umana da uno stelo del
rabarbaro sacro che continuava a crescere fino a dividersi in due esseri umani:
Masya e Masyanag, padre e madre degli uomini, anche questi “premevi”, come
Adamo ed Eva, vengono tentati da Angra Mainyu “il Serpente a due piedi” e anche
qui si perde la “purezza” la cui salvezza è presieduta dal dio “Mitra”. Curioso
a questo punto ricordare che gli scienziati sovrapponendo alcuni elementi della
molecola del DNA nell’intento di individuare quale essere umano visse per prima
sulla terra, giunsero all’ipotesi che tra i 150.000 e i 250.000 anni fa proprio
nella valle dei sumeri sia comparso il primo uomo. Oltre ad una possibile
origine fenicia, un’ulteriore intreccio con l’origine sumerica, si riscontra
analizzando scritti tratti dal poema sumerico di Dazumi ed Enkimdu, una crudele
saga tra allevatori simile a quella biblica tra Caino e Abele. Inoltre altre
similitudini ci giungono anche dal poema dedicato a Gilgamesh re di Erech, o
Uruk, l’odierna Warka, che influì sulla leggenda greca di Ercole, basti pensare
alle dodici fatiche imposte ad Eracle per raggiungere l’immortalità, citate
dallo Pseudo Apollodoro di Atene, erudito ateniese (180 -110 a.C.) nella
“Biblioteca”, libro II 4,12-5: "La Pizia (sacerdotessa oracolare) gli
disse di stabilirsi a Tirinto, e di servire per dodici anni Euristeo compiendo
le dieci imprese che gli sarebbero state ordinate: disse che in questo modo,
dopo averle compiute, sarebbe diventato immortale. Udito ciò, Eracle si recò a
Tirinto e si mise a fare quello che gli ordinava Euristeo”. In particolare
all’undicesima fatica, cioè “l’appropriarsi delle mele d’oro del giardino delle
Esperidi custodite da un Serpente immortale con cento teste nato da Tifone”, il
gigante che rubò i fulmini a Giove; racconti che influirono probabilmente,
anche sull’albero della vita, “della conoscenza del bene e del male”, sulla
nota storiella del Giardino dell’Eden di Adamo, Eva ed il Serpente, e sul
Diluvio della Genesi; il fine è lo stesso “l’immortalità”. Nella Genesi (3,22)
si legge chiaramente: il Signore disse: “Ecco, l’uomo è divenuto come uno di
noi, conoscendo il bene e il male; e adesso che non tenda la mano, e prenda
anche dell’albero della vita, e viva per sempre”; fatto che ricorda anche il
nettare dei Dei, l’elisir della giovinezza estratto “dall’albero dell’haoma,
amrita o soma”, custodito dal “Simurgh”, la mitica figura piumata dei miti
iranici. Di questa ambrosia, o miele che pare sia stato un tempo raccolto
assieme alla sura dai Brahmani e dai Rishi “veggenti”, sui monti orientali
nelle notti di luna piena, il Rig. Veda X. 85 ci riferisce: “Si viene ad
immaginare che si beve il Soma, quando si pesta la pianta. Ma il Soma
conosciuto dai Brahmani, nessuno lo consuma. Custodito da quelli la cui
missione è occultarti, difeso dagli abitanti dell’alto cielo, o Soma, tu ti
conservi porgendo l’orecchio alle pietre: nessun essere terrestre ti consuma.
Quando gli dei cominciano a bere te, o divino, allora tu ti gonfi di nuovo.
Vayu è il giardino di Soma; Chandra è la norma degli anni”. Nei Rig. Veda VIII.
48 si legge:”Abbiamo bevuto il Soma; siamo diventati immortali; ci siamo
avviati verso la luce; abbiamo trovato gli dei: Quale offerta potrà più
provarci? E quale malvagità dei mortali? A noi, immortali!”
40° LE MOLTE “VERITA’” DEL DILUVIO
UNIVERSALE
Proprio per quanto riguarda il diluvio,
nel poema sumero si narra, che Enlil e gli altri dei decisero di scatenare un
diluvio universale. Ma Ea, forse l’ebraico EI (secondo nome di Enki, una
divinità simile al Narayan del Nepal), si rivolse a Ut-Napishti e gli disse di
costruire una barca dove avrebbe introdotto la sua famiglia e un esemplare di
ogni essere vivente. Così fece. Il Diluvio durò sette giorni. Quando cessò,
Ut-Napishti liberò una colomba, ma l’uccello ritornò; liberò una rondine che
ritornò anch’essa, infine liberò un corvo che non fece ritorno. Ma Enlil,
quando vide la barca, si arrabbiò, perché non voleva che nessuno si salvasse
dal diluvio. Quando ebbe capito che non era giusto “distruggere l’umanità”,
benedisse Ut-Napishti e sua moglie e li fece diventare simili agli dei, cioè
immortali. Nel testo sumero è Enki, probabile origine dal binomio an-ki cioè
“cielo e terra”, termine usato per indicare l’universo, in accadico diventa Ea,
o Ilu , in arabo Allah, per il samaritano Alah, in aramaico Elah, in Siriano
Eloha, e in Fenicio ed Ebraico Elohim o Ei, il dio che comanda “come a Noè”:
Uomo di Shunppak, figlio di Ubaratutu. “Abbatti la tua casa, costruisci una
nave, abbandona la ricchezza, salva la vita! Porta nella nave ogni sorta di
semi della vita. Della nave che costruirai siano ben calcolate le misure.
Fabbricati una tevah di legno di gopher; nell’arca farai delle camere e la
spalmerai dentro e fuori di pece. Nella Genesi (6,9) si afferma chiaramente che
questo dio è assieme con Noè; “Noè camminava con Elohim”, anzi parti con
Noè:“Yahweh chiuse la porta dietro di sé” si legge nella Genesi (7,16). Alcuni
testi ebraici come la Genesi Rabba, Hadar, Da’at Huqqat, Nidda e Zebahim
affermano addirittura che alcuni “spiriti erranti” si salvarono nell’arca, tra
cui i mostruosi Reem che nuotarono dietro l’arca, e il gigante Og, figlio di
Semyaza e di una donna divenuta poi la moglie di Cam, figlio di Noè, che
divenne per gratitudine, solo per un periodo, lo schiavo di Noè. Negli antichi
testi indiani che raccontano la storia del diluvio universale, la divinità è
sempre con Satyavrata “il Noè indiano”. Nel Bagavata Maha Purana (libro ottavo)
24:35 si legge: “Allora o grande re, raccoglierai tutte le specie di erbe e di
semi per caricarli sull’arca. Poi accompagnato dai sette Rishi (veggenti) e
attorniato da tutte le specie di esseri viventi, salirai a bordo dell’arca e
senza tristezza viaggerai con i tuoi compagni sulle acque del diluvio”. Sempre
nel Bagavata Maha Purana (libro ottavo) 24:36 si legge “Poi quando la nave sarà
squassata da venti sferzanti…Io sarò presente accanto a te”. C’è da chiedersi
chi erano questi sette Rischi che salirono nell’arca assieme a Satyavrata? A
quanto pare sono le “potenze veggenti” dei saggi, con sembianza umana, gli
stessi che dopo il diluvio scrissero il sapere dei Sacri Veda, “la legge
universale del Dharma che sostiene la “Totalità” manifestata nella rivelazione
dei Veda”; probabilmente i “sette Saggi d’inconcepibile natura, gli Esseri
Celesti, i figli della Dea dello Spazio” che nel Mahabharata sono usciti
dall’”uovo cosmico”, coloro che vedono la “legge cosmica”, coloro che hanno il
compito di plasmare, sorvegliare e intervenire nell’Universo poiché hanno
potere sugli elementi; nel Ishopanishad Vijnabhashya si legge: “I veggenti
rappresentano le energie fondamentali che si compongono per creare la vita”.
Probabilmente sono gli stessi Eloha, o Elohim, i “bianchi” figli di Dio che
erano con Noè nell’arca. Questi sette veggenti sono assimilabili per analogia
ai “sette saggi” citati nei geroglifici egizi, giunti dopo un diluvio a fondare
la civiltà egizia; associabili anche agli Amesha Spenta, creati dal Dio buono
Ahura Mazda, o ai sette eletti del “Consiglio degli Anunnage”, citati nelle
tavolette sumere, e ancora ai sette arcangeli, “i messaggeri dell’arca”, che
stavano davanti a Dio, citati nell’Apocalisse (8:2), influenzata probabilmente
dal libro apocrifo di Tobia. Infatti, anticamente venivano venerati sette
grandi Angeli identificati di solito con i sette pianeti e denominati in
diversi modi: "Sette Occhi del Signore", "Sette Troni",
"Sette Luci Ardenti", "Sette Reggitori del Mondo", furono
Sant’Agostino e San Gregorio che partendo dalle idee Platoniche e Aristoteliche
contribuirono all’idea che stelle e pianeti fossero esseri pensanti e creature
intellettive, dichiararono che "i corpi celesti si possono considerare
mossi da creature spirituali che si chiamano Angeli o Intelligenze, o
Intelletti separati". Fu l’arcangelo Raffaele il primo che parlò di sette
angeli nel rivelare la sua vera identità a Tobia. Raffaele gli si era
presentato con l’aspetto di un comune mortale, dicendo di chiamarsi Azaria,
figlio di Anania. Al momento di congedarsi così si rivelò al giovane: “Io sono
Raffaele, uno dei Sette Angeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza
della maestà del Signore “ (Tb 12, 15). L’Angelo non rivelò altri nomi, ma in
scritture non cristiane incontriamo i nomi dell’Angelo Azariel (aiuto di Dio) e
Ananael (grazia di Dio). La gnosi ci ricorda che i pianeti sarebbero in realtà
gli spazi degli Eoni presieduti dagli eterei celesti Arcangeli, quelle forze
intermediarie tra il Creatore e le cose esistenti così suddivise:
Sole: Mikael – Intelletto universale,
Potestà di Dio, Visione di Dio.
Luna: Gabriel – Nuncio, Verbo e Voce di
Dio.
Mercurio: Raphael – Medicina Dei,
Rettificazione (è il rettificatore delle vie Karmiche).
Marte: Kamael – Forza, Fuoco, Potenza.
Giove: Tsadkiel – Magnificenza e
Grandezza di Dio, Giustizia.
Venere: Haniel – Grazia e Luce, Amore e
Splendore divino.
Saturno: Zaphkiel – Scienza, Sapienza e
Luce.
Dei sette veggenti orientali si dice che
avessero moglie, e questo ci porta a pensare a esseri materiali come i
Veglianti di Enoch “l’iniziato”, che per i mistici ebrei divenne l’angelo
Metraton. Lo stesso Brama, il primo a uscire “dall’uovo cosmico,
Hiranyagarbha”, aveva per mogli Sarasvati, Savitri, e Gayatri che nel Matsya
Purana sono unificate in Sarasvati, la cui iconografia la rappresenta con vesti
bianche seduta su un bianco fiore di loto con in mano un rosario, un libro e la
vina. Di questi Veggenti il Markandeya Purana 79.9-10 ne riporta pure i nomi “
I sette veggenti salvati dal diluvio a bordo dell’arca, si chiamavano Atri il
divorante, Vasihta il possessore di ricchezze, Kashyapa visione, Gantama colui
che diverrà il Buddha, vishamitra l’amico di tutti, Bharadvaja colui che è nato
da due padri (forse Gesù) e Jamadagni il passionale”. Questi rappresenterebbero
i sette cicli della creazione, e per ogni ciclo chiamato Manvantara le acque
della devastazione sarebbero destinate a spazzare via cose e persone; ora
secondo le antiche fonti, siamo nell’era del “settimo Noè indiano”, “il figlio
della luce” chiamato Vaivasvata-Manu, il Primo Raggio che cura l’aspetto
politico dell’umanità, Cristo, il Secondo Raggio che cura l’aspetto spirituale
e religioso, e il Maha Cohan, il Terzo Raggio che rappresenta l’aspetto sociale
e finanziario; tutti Maestri che a loro volta si suddividono in gruppi chiamati
Ashram.
Nel “Mahabharata”, un’opera epica
composta di 20 volumi con circa centomila “cloka” strofe, fatta risalire dagli
studiosi al 7.000 a. C.; Baisbasbata fu l’unico superstite di un’inondazione
simile al diluvio, è Vishnu, rappresentato iconograficamente mezzo uomo, mezzo
pesce, in un suo “avatara”, che incarnatosi in un pesciolino di nome Matsya
salva dalle acque del diluvio universale il protetto Manu. Curioso è il fatto
che Vishnu senza il digamma è ish-nuh, che in caldeo significa “l’uomo Noè” o
“l’uomo di riposo” e l’iconografia lo rappresenta generalmente sopra le spire
del serpente Shesha che significa “rimanente”, come per indicare una
rinnovazione ciclica delle ere. Qui si noterà che mentre 4.000 anni fa, i
sumeri scrivevano la loro storia su tavolette d’argilla, qualche migliaio d’anni
prima gli indiani scrivevano la loro con inchiostro su foglie di palma
appositamente trattate, ed essendo più antica, è probabilmente è anche più
vicina alla realtà dei fatti che nel Bagavata Maha Purana assumono una
connotazione catastrofica universale, infatti, sempre nel libro ottavo 24-33,
24-34 Dio disse: ”O re….nel settimo giorno a partire da oggi, i tre sistemi
planetari, Burloka, Bhuvarloka e Svarloka, (superiore, medio e inferiore)
saranno sommersi dalle acque del diluvio”, “Quando i tre sistemi planetari
saranno sommersi dalle acque, apparirà davanti a te una grande nave, che io ti
avrò inviato”; inoltre nel Matsya Purana, dove sono espressi i particolari
della storia indiana del diluvio, la nave arena sulla catena dell’Himalaya,
proprio come accade all’arca di Noè, sul Ararat, luogo che lo storico Giuseppe
Flavio (I sec. A. C.) individua sul monte Judi presso il lago di Van, luogo
della discesa dei Vigilanti e meta del Eden ebraico, luogo dei miti assiri di
Akkad e le “corti celesti” di Kharsag Kurra e la”montagna d’argento”, cioè la
catena del Tauro del Kurdistan turco; probabilmente lo stesso regno etereo a
nord dove i mandei sostengono abitassero i “ntr”, (parola egizia che sta per
dio e vigilare) “gli esseri di luce che vigilavano dall’alto delle torri
celesti”, nell’era del primo tempo, “ntr-dei”; tra l’altro i mandei che si
considerano di origine egizia, adorano “Pthahil”, il dio dei morti,
ricollegabile al Pthah egizio dio della creazione. Curioso il fatto che i
Wigram del Kurdistan nel loro “The Cradle of Mankind”, La Culla del Genere
Umano, ricordino l’offerta di sacrifici proprio sul AI Judi, in ricordo di Noè,
quel luogo divenuto anche il Paradiso di Enoch e il Dilmun, o Tilmun, o
Dilàman, il Paradiso senza peccato di Enki e sua moglie, l’iranico regno degli
immortali, Airyana Vaejah, a sudovest del lago Van poco lontano da Bitlis, il
luogo individuato dallo studioso Andrew Collins, nel suo libro “Gli Ultimi
Dei”. Sembra quasi che la “Saga di Noè” sia un’reinterpretazione della creazione
adamitica, i cainiti come i cammiti sono il risultato nefasto della razza dei
Serpenti. Diventa curioso anche il fatto che nei commentari il termine “Gopher
o Gofer” indica l’arca, come una “tartaruga”, lo stesso termine Gopher per
alcuni studiosi sarebbe originato dal sumero Kupar che significa “rivestita di
materiale metallico lucente”. Infatti secondo l’epica sumerica di Gilgamesh e
l’apocalisse etiopica di Enoch, l’arca fu progettata dagli dei e costruita da
angeli sotto l’egida del dio Shamash. Stessa cosa vale per l’epopea di Atra
Hasis, il Noè mesopotamico, che invece afferma la costruzione di un arca
grandissima che poteva girarsi facilmente chiamata “Magurguru” e dai babilonesi
“Tzulili,” in ebreo “Tzolelet” che sta per “sommergibile”, realizzata dalle
istruzioni del dio Enki o Ea; il dio della conoscenza simboleggiato da due
serpenti intrecciati, che ordino. “…a bordo porterai il seme di tutte le cose
viventi,” cioè lo “Zeru” in ebraico “Zera” il sumero “Numun”; e qui
l’interpretazione di un seme geneticamente raccolto e appositamente conservato,
diventa più realistica, dato che tutti gli esseri, per logica, non potevano
essere ospitati in un arca.
Ritornando ai sumeri alcuni loro testi
raccontano: “Il rumore del diluvio fece tremare gli dei, che battendo in
ritirata, salirono ai cieli di Anu”, cioè il Padre degli dei. Testi assiri
narrano che gli dei scapparono con i rukub ilani, “il carro degli dei”; anche nelle tavolette assire di Ninive si accenna al
diluvio. Un prisma, d’argilla dall’inglese Weld-Blundel, sempre assiro,
classificato dalla sigla WB 444, oltre a citare cinque nomi di città
prediluviane e i due re di Shunruppak Ubar e Tutu, fa sapere che l’umanità
prima della catastrofe aveva vissuto sulla terra dalle origini, per 241.200
anni: “ Poi il diluvio si riversò. Dopo di che il diluvio si produsse,
l’Autorità discese dal cielo”. Testi rabbini e leggende ebraiche raccontano,
invece, di un “diluvio di fuoco” con meteoriti che fecero ribollire le acque,
Dio ordinò che ogni goccia d’acqua passasse per il Geghinnam prima di cadere e
bruciare la pelle dei malvagi, si racconta addirittura che, per arrestare il
diluvio, dovette spostare due stelle dalla costellazione dell’Orsa alle
Pleiadi. Questi diluvi infuocati provocati dagli svariati dei, sono
probabilmente legati all’antica concezione ciclica di una fine purificatoria,
rigenerativa delle Ere Cosmiche, cosa che appare fondamentale soprattutto nella
cultura orientale, ma anche nei testi biblici e nella Genesi, dove A-or, “la
Luce”, termine che deriva dalla parola fuoco, assume il significato di un
“nuovo chiaro ordine creativo”, cosa evidenziabile anche dal fatto che il sole,
il nostro luminare, viene creato dopo la luce che di per sé appare
indipendente, ed “esternata dagli Dei come i cieli e la terra” (Sepher Bereshit
1.1,5). Tornando al Diluvio biblico Il Poema di Gilgamesch, parlando degli dei
d’allora, narra: “Gli Anunnaki si sollevarono”…., “illuminarono con il loro
fulgore la Terra circostante”…., “Non si riusciva a vedere gli uomini nemmeno
dal cielo”…., “Gli dei si accucciarono come cani contro il muro. Ishtar gridava
come una donna in preda alle doglie: “Gli antichi giorni, ahimè, sono ormai
solo argilla. Gli Anunnaki piangevano con lei. Gli dei se ne stavano li, seduti
a piangere, le labbra strette, tutti quanti”. Questi dei Elohim sembrano essere
proprio uguali agli uomini, con le stesse debolezze umane, probabilmente a
salvare Noè, o chi per lui, fu solo la loro scienza che prevedeva una
catastrofe naturale o una catastrofe realmente scatenata dagli Elohim
avversari.
Una tavoletta di argilla sumerica
risalente al 3000 a.C. ci riconduce ad un’altra similare interpretazione; in
essa sono state tradotte queste parole: “ Colpi di vento e tempesta
precipitavano mentre il Diluvio inghiottiva la Capitale, e quando dopo sette
giorni e sette notti, il diluvio ebbe ricoperto il paese e la barca fu
sballottata in preda ai venti, sulle acque, Utu (il sole) riapparve illuminando
cielo e terra! – Ziusundra (vita di lunghi giorni) fece allora nella barca
un’apertura attraverso la quale Utu il prode illuminò tutto l’interno….”. Lo
storico fenicio Sanconiatone, sacerdote di Marduk a Babilonia in una “storia
della Creazione” del 275 a.C. sopravvissuta nelle citazioni di Alessandro
Pollistore, di Eusebio di Cesarea, e Sincello racconta di Xisusthros, il “Noah
ebraico” che salvato dal dio Crono giunge con l’arca su un monte, liberando
degli uccelli e costruisce un altare per sacrificare alcuni animali al dio
salvatore. Ciò fa pensare, che la storia del Diluvio narrata nella Bibbia
potrebbe essere benissimo un rifacimento di queste storie, o ipotizzare che al
momento del diluvio parecchie specie animali e uomini come Noè sopravvissero, o
probabilmente ci sono stati più diluvi, forse anche temporalmente e territorialmente
distanti tra loro; infatti oltre a varie tracce geologiche di inondazioni
riscontrate un po’ ovunque nel mondo, sono stati ritrovati in medio oriente
addirittura delle sagome di grandi vascelli pietrificati. A mio parere risulta
ovvio che ci siano state più catastrofi, in tempi e luoghi diversi; non a caso
storie similari al Diluvio biblico si possono ritrovare in molte culture. Nella
Mitologia greca, è Deucalione l’unico uomo a sopravvivere al diluvio voluto da
Zeus, “l’Enlil Sumero”, che volle punire il re Licaone per avergli sacrificato
uno dei suoi figli, poi ripopolò la terra gettando pietre al suolo che si
trasformavano in uomini. Il Noè cinese appare nella figura di Fa Lì o Nuwah,
per gli scandinavi è la regina Cesair. Il libro sacro dei Quiches, il popolo
Vuh che raccoglie le tradizioni orali tramandate dai maya, oltre a ricordare
una migrazione da oriente seguita da un ritorno volto a chiedere l’insegna del
potere al re Naxit, forse il Naransin re di Akkad vista la storia simile al
biblico racconto della Babele “la confusione delle lingue” avvenuta nella terra
di Senaar abitata da genti provenienti da est, parla anche di un diluvio
universale, con piogge di acqua e fuoco avvenuto durante il sole, l’era di
Chalchiultlicue (la dea della pioggia), diluvio voluto dagli dei per sterminare
la razza degli uomini di legno, lo confermerebbe, il fatto curioso, che alcuni
scienziati abbiano riscontrato che gli abitanti delle America latina abbiano il
gruppo sanguigno A, lo stesso degli europei, inoltre il linguaggio dei primi
abitatori dell’India e il linguaggio incas ha molte parole che rivelano una
stessa radice. In Messico, oltre a “Norta” preavvisato del diluvio dal dio
Titlakahuan, anche Coxcox, fu l’unico a sfuggire ad un’inondazione sopra una zattera
di cipressi. Tamandere nella regione sud orientale del continente americano, la
stessa cosa per la città morta chiamata Ma-noa, cioè “l’acqua di Noè”, nella
Sierra Parima tra Brasile e Venezuela, Nu-u, nelle Away e così per altri
personaggi di molte altre antiche culture terrestri. Comunque, la veridicità
dei fatti menzionati nella Genesi, trova riscontro nelle scoperte
archeologiche, riguardo ai siti citati, probabilmente perché in quei luoghi se
ne è avuta la prima ispirazione creativa che si è evoluta con i vari popoli; è
stato provato che sia avvenuto questo diluvio universale, circa 4000 anni fa,
come afferma anche il noto archeologo, il principe Mikasa, ma non tutte le date
concordano. Il ricercatore Sir Leonard Wolley tra il 1928 e il 1934 da alcuni
scavi eseguiti nell’antica città di Ur, su uno strato che pareva essere il
terreno vergine nel quale si ergeva la città, due metri più sotto, riportò alla
luce i resti di uno strato alluvionale e di un insediamento risalente al terzo
periodo Ubaid, datato tra il 4500 e il 4000 a. C.. Nello stesso periodo
l’archeologo Stephen Langdon, da scavi eseguiti presso Kish e Fara, l’antica
città di ShuruppaK (citata anche nel poema sumero di Gilgames dove si cita il
Diluvio), riportò alla luce tracce di un’inondazione datata tra il 2900 e il
2700 a. C.. A questi si aggiungono i ricercatori Walter Pitman e Bill Ryan che
nel 1999, da studi stratigrafici, carotaggi sul fondo del Mar Nero riportarono
alla luce tracce di un evento catastrofico che provoco un’inondazione fatta
risalire all’incirca nel 5500 a. C.. Per altri studiosi, questo diluvio avvenne
10.000 - 12.000 anni a.C. e per loro, probabilmente, sarebbe stato provocato
dallo scioglimento dei ghiacciai del pianeta, che avrebbe provocato
innalzamento delle acque. Altri ancora, come ho già detto, tengono a ricordare,
come molte leggende di vari popoli del mondo narrano, la probabile esistenza in
passato di tre lune nel nostro sistema solare e la conseguente caduta o
frantumazione di due di esse sul nostro pianeta, in vari periodi. Teoria
questa, considerata probabile da eminenti studiosi come: il francese Saurat,
l’inglese H.S. Bellamy e Sir Gorge Darwin, nipote del noto naturalista che
teorizza, anche per la nostra luna, un percorso lunare a spirale che porterà la
luna a disintegrarsi, formando poi un anello di frammenti attorno alla terra,
mentre le parti più grosse si scaglierebbero sul pianeta. Sempre sugli influssi
lunari, secondo un altro studioso, Horbiger, le tracce di gigantismo ritrovate
in alcuni scheletri umani, nonché della flora e della fauna, potrebbero essere
spiegate con la diminuzione della forza di gravità terrestre bilanciata
dall’attrazione di un’altra luna o più, che lui definisce Terziaria, esistente
allora, luna che finì col frantumarsi formando in seguito quel “serpente di
fuoco”, (cioè un’insieme di frammenti), tanto comune a molti miti.
Tavoletta del Diluvio dell'Epopea di
Gilgamesh. A fianco il reperto, lavorato in argilla, noto come la
"navicella" di Toprakkale e il monile aureo rissalente (1000 d.C.)
41° LA BIBBIA, PARALELLISMI SULLA
CREAZIONE E L’UOVO COSMICO
Tornando ai testi sacri, volendo trarre
un significato universale dalla Bibbia, bisogna innanzi tutto dire, che le
sacre scritture, (la Torah), o meglio la “Legge di Dio”, si devono estendere,
non solo al popolo ebraico di Eber e Abramo (gli Hapiru giunti dal Sinai e i
Chabiri, nomadi i primi fabbri, “geni del fuoco” probabilmente giunti dalla
Frigia e apparsi in Palestina nel XIV secolo prima di Cristo), come sta
scritto, ma a tutti gli uomini. Inoltre, non bisogna dimenticare che con il
passare delle generazioni il significato della “rivelazione” divenne sempre più
soggiogato dai vari passaggi del potere di turno per i propri interessi, lungi
dalla verità. Un’altra cosa che va detta, come dice Isac Asimov
nell’introduzione del suo libro “In Principio”, è che gli scrittori biblici se
avessero scritto quei primi capitoli della Genesi sapendo quello che sappiamo
noi oggi, li avrebbero scritti di sicuro diversamente, ciò fa comprendere che
la “Legge di Dio” evolve in continuazione e va sempre corretta, come ci fa
capire anche Gesù, nel suo Sermone della Montagna, del resto anche gli egizi
prima di Mosè avevano i loro comandamenti riportati nel famoso capitolo CXXV
del “Libro dei Morti”, dove si legge la cosiddetta "confessione
negativa", 42 confessioni che il defunto doveva affermare davanti a
Osiride e ai 42 Signori di verità e giustizia; curioso è il fatto che oltre al
ripetersi di alcuni comandamenti tradizionali dati anche a Mosè, ve se ne
leggono altri molto più raffinati del tipo: “Non ho fatto piangere nessuno, non
ho ostacolato la verità, non ho maltrattato gli animali, non ho agito con
arroganza, non ho agito con odio, ecc.”; e ciò fa sospettare l’esistenza di
un’antica civiltà evoluta, probabilmente la mitica Atlantide.
Il primo libro di Mosè comincia con
Bereshith, “In Principio”, e contiene la lettera “bet” che significa casa e
“resh” che significa testa; Bereshith tradotto in greco diventa Genesis,
“origine, principio”. Il testo dice: “In principio Dio creò il cielo e la
terra”. Alcuni studiosi affermano che gli ebrei copiarono questo versetto dallo
“Shautareb” dei fenici, popolo presso il quale furono schiavi. Infatti, Il
filosofo greco Porfirio 300 d. C. sosteneva che la Genesi fu copiata dal libro
"La storia fenicia" di Sanchoniathon, vissuto tra il 1900 ed il 1800
a. C.. I fenici, caldei, indiani e persiani parlano dell’avvenuta Creazione del
mondo in sei tempi, ma concependoli molto diversamente; i persiani divisero
addirittura l’anno solare in sei stagioni, tempi chiamati “gahanbar”, e alla
fine di ognuna di esse celebravano una festa; la più grande era riservata al
Now Ruz, momento in cui si celebrava la fine della Creazione, e in quel
frangente, come succedeva per i celti, si credeva che le anime dei viventi in
terra s’incontrassero con gli spiriti celesti e le anime dei defunti.
Comunque la Scienza e la Bibbia sono
concordi che ci sia un principio, ma i dati biblici correnti fanno risalire la
creazione da 5.700 a 7.500 anni circa, e qui, si potrebbe ipotizzare solo la
creazione genetica di una nuova razza adamica, dato che le moderne conoscenze
scientifiche fanno risalire la terra e il sistema solare a 4,6 miliardi di anni
fa e l’intero universo a circa 15 miliardi di anni. Qui il divario è enorme e
la scienza, partita da una lunga lista di ipotesi, di studiosi e astronomi, che
idearono le ormai vecchie e molteplici teorie catastrofiche, propone la teoria
del “Uovo Cosmico”. Già le antiche filosofie orientali narrarono di
un’esplosione, di un “Uovo Cosmico”, che formò in un dato tempo il cielo e la terra.
Nella Creazione narrata nel terzo capitolo dell’antichissimo Mahabharata,
raccontato nella foresta di Naimisha agli asceti d’un tempo, il saggio Sauti
narrò: “Dopo che quest’universo sarà privato della luce e avvolto nelle
tenebre, nuovamente tornerà ad esistere come causa primaria della creazione, il
mitico uovo cosmico. L’inesausto germe, l’unica origine di tutti gli esseri
viventi. Esso si forma all’inizio d’ogni era. Io affermo che questo è la vera
luce, l’eterno uno, il meraviglioso e incomprensibile Essere, presente in ogni
luogo, la cui natura è quella di essere e di non essere. Da quest’uovo uscì
Brama, il primo capostipite, seguito da Suraguru e Sthanu. Poi apparvero altri
ventuno patriarchi, fra i quali: Manu, Vasistha e Pameshthi, seguiti dai dieci
saggi tra cui, Daksha e i suoi sette figli. Poi i sette saggi d’inconcepibile
natura, gli Esseri Celesti, i figli della Dea dello Spazio, le Potenze
Atmosferiche e i due Medici Celesti. A questi seguirono i folletti, gli orchi,
gli spetri e gli antenati. Poi apparvero i sacerdoti, seguiti da numerosi re,
entrambi distinti da molteplici buone qualità. Quindi apparvero i cinque
elementi materiali, quali : l’etere, l’aria, il fuoco, l’acqua e la terra. Da
questi elementi prese forma l’universo con lo spazio, le sue direzioni, le
stelle, i pianeti e il tempo cominciò a scorrere, si contarono gli anni, le
stagioni, le quattordicine lunari, il giorno e la notte. Così si manifestò ogni
cosa conosciuta all’umanità”. Sauti continuò “Alla fine dell’era, ogni cosa di
quest’universo, visibile o invisibile si fonderà nel caos. All’inizio di una
nuova era, ogni cosa sarà rinnovata, come i frutti della terra sono rinnovati
in accordo al trascorrere delle stagioni, così il mondo continuerà le sue
eterne rivoluzioni, senza ne inizio né fine, questa ruota è la causa della
distruzione e del rinnovo di ogni cosa. Sono stati generati trentaseimila e
trecentotrentatrè Esseri Celesti. I figli di Dio, sono: Briadbhanu, Chakhu,
Atma, Vibhavasu, Savita, Richica, Arka, Bhanu, Asavaha, e Ravi. Tra i figli di
Deva-Vrata, Vivaswan è il maggiore mentre Maya è il minore. Quest’ultimo ebbe
in figlio Sovrata, che a sua volta generò Dasjyoti, Satajyoti e Saharajyoti, i
quali ebbero una prole numerosa. L’illustre Dasajyoti generò mille figli,
Satajyoti generò diecimila figli e Saharajyoti generò un milione di figli. Da
questi discendono le famiglie dei Kuru, degli Yadu, dei Bharata, degli Yayati,
degli Ikshwaku e tutti i saggi re. Queste generazioni d’Esseri Celesti e
uomini, si sparsero ovunque riempiendo l’intero universo”. Gli antichi persiani
di etnia arya “sull’uovo cosmico” ci hanno lasciato addirittura una leggenda
secondo la quale il mondo sarebbe nato dall’uovo del gigantesco uccello Roch,
(forse intendendo il Grande essere). Per i kurdi “l’uovo persiano” diventa la
“Bianca Perla” portata dall’uccello Anfar, per 40.000 anni sul dorso e
“Azazil”, l’Angelo Pavone” che diventa il primo angelo creato dal dio Khuda. I
kurdi yaresan, che si ritengono “adoratori della verità”, credono che lo
spirito universale “Haq” risiedesse in una pre-eternità, rappresentata
anch’essa da una perla che si manifestò attraverso l’Avatar “Khàwandagàr”, che
inizio la prima di sette epoche, dopo le quali avrebbe creato il mondo, e
successivamente sette angeli, gli “Haftan”. Qui è facile pensare alle battaglie
degli Elohim o di Baal contro le tenebre e le acque cosmiche, pensando al
diluvio universale in maniera diversa. La tradizione fenicia dell'origine del
mondo narra che all'inizio esistevano solamente un'Aria densa e il Caos. Da
questi elementi derivarono il vento e il desiderio che produssero Mot la cui
forma era quella di un uovo. In questo uovo erano riunite tutte le creature in
germe. Troviamo il nome “mot” nei Frammenti di Philo di Biblo, quando parla per
l’appunto, della creazione del mondo e si riferisce alla teoria concepita da
scrittori precedenti in merito alla formazione e allo sviluppo dell'universo.
Se la parola mot in ebreo significa "materia originaria" o, secondo
Philo, "melma", o "putrescenza di secrezione acquosa", il
termine potrebbe essere stato facilmente applicato a ciò che comunemente è noto
come "fanghiglia", o in senso lato, a qualunque riva depressa ricca
di vegetazione marina, e quindi ad un'isola come Mozia che si eleva tanto poco sul
livello del mare ed è posta nel mezzo di una secca coperta di alghe. Ecco
rivelato perché nel mito cananeo di Baal e Anat, Mot è identificata “la morte”;
mentre la dea egizia dell’ordine e dell’equilibrio, si chiama similarmente
“Maat”, la figlia del dio sole Rà, colei che rese possibile la vita, dove è
possibile, figura simile al “Simurgh”, l’uomo uccello iranico legato ai
sciamani e affine ai vigilanti enochici e all’uomo aquila venerato dalle
civiltà precolombiane.
A rielaborare per primo la teoria dell’uovo
cosmico, guarda caso, fu un astronomo, sacerdote cattolico, Georges Lemaitre
nel 1927, poi nel 1946 G. Gamow propose il Big Bang e successivamente la teoria
fu perfezionata da altri studiosi e dai Premi Nobel per la fisica nel 1978,
Penzias & Wilson. l’esplosione dell’Uovo Cosmico, “il Big Bang”, avrebbe
dato la vita alle prime particelle subatomiche e più tardi si sarebbero formati
gli atomi e una nube di radiazioni e gas ionizzato simile ad una nebbia
luminosa, come afferma: (B. Accordi & E. Lupia Calmieri in, “IL Globo
Terrestre e Sua Evoluzione” Cap. 1. pag.20), mentre solo un milione di anni
dopo, la materia giunse a predominare nell’universo. Teoria questa, anche se
non condivisa da tutti, riscontrata somigliante, come già detto, a quella citata
in alcuni testi antichissimi come il testo tibetano: “Le Stanze di Dzyan” e in
alcune allegorie sulla creazione, come quella del fuoco creativo di Abhimanim,
il nome di Agni il fuoco, figlio maggiore di Brama, la prima forza prodotta
dall’universo che con la moglie Swaha ebbe tre figli che ne ebbero a loro volta
quarantacinque, che formerebbero i quarantanove fuochi dell’occultismo. Agni,
nei Rig. Veda V. 11, è definito “Padre dei popoli, vigilante espertissimo…”.
“Gli uomini si accattivarono Agni nella sua triplice dimora. Scendi dallo
stesso carro con Indra e gli dei; Possa il più alto degli invocatori essere
presente nell’erba sacrificale del sacrificio! Impuro, tu sei nato luce, dai
tuoi due genitori”. Agni è identificato per l’appunto, come il figlio del dio
del vento, Dyaus-Pitrivi, cioè “Cielo-Terra” e generato, secondo un arcaico
mito, dallo sfregamento di due pezzi di legno; era colui che possedeva l’arma
agneya, per i latini il padre splendente Phoibos, il biondo Xantos Chrysocomes
dai capelli dorati, l’Osiride egizio, sposo di Belisama cioè “simile alla
fiamma”, la venusiana associata Minerva, Agni, Bala-Rama, si associa a Balan,
Belinus, Belinas, Belin, cioè Elinas padre di Melusina, Levisina, o Eleusina,
la fata serpente volante. Nei Rig. Veda V. 45-51si legge: Nel cielo è nato per
la prima volta Agni, tra noi, in terra, ebbe la sua seconda nascita lo
Jataveda”, infatti era conosciuto con più nomi: Abjahasta; Apam Napat « figlio
delle acque »; Chagaratha; Dhumaketu; Dvijanman; Grihaspati; Hutabhu; Jataveda;
Pavaka; Saptajihva; Tomaradhara; Vahni; Vaisvanara, col termine Agnistoma
veniva indicato un grande sacrificio al dio. L’arma agneya si potrebbe
associare a quell’energia descritta per l’appunto dagli egizi nel tempio di
Dendera: “La tua potente luce Mhn- Men – da questa regione alla regione di
Reret, eternamente in vita e in serenità”, cioè l’Arartu, l’Ararat la parte
settentrionale del Kurdistan, dove atterrarono i vigilanti, nella terra di
Tilmun dove s’innalzavano le navi celesti citate nell’epopea di Gilamesh. La
materia, dopo il “Big Bang”, si espanderebbe fino a un certo punto e poi si
contrarrebbe fino a riesplodere; e questa è la concezione teorica
“dell’Universo Oscillante”, “dall’ordine al disordine e dal disordine
all’ordine, per un equilibrio universale necessario per il moto in divenire”,
oggi più verosimile, con la scoperta del “neutrino”, che ne convaliderebbe
matematicamente la teoria, per la mancante materia necessaria perché ciò
avvenga. In altre parole, ci sarebbe in più, quella “materia plasmica” che i
potenti telescopi, a quanto pare, riescono a vedere; ma si sa, che già gli
antichi dicevano: “che non c’è un dito di spazio vuoto nell’universo”. Qui
comunque anche la scienza pone dei limiti, ma la differenza sta nel fatto, che
la scienza è in continua evoluzione e potrà sempre di più dare risposte, mentre
la Bibbia rimarrà sempre legata alle vecchie concezioni dell’universo e la sua
interpretazione potrà essere solo e sempre giustificata allegoricamente, senza
nulla togliere alle “verità assolute”, che ha impartito nel tempo e che ancora
impartisce. Una cosa curiosa è notare la veridicità di alcune conoscenze citate
nella Bibbia, che allora erano impossibili, infatti, confrontando vari versi se
ne trova una contraddizione di sapere per esempio nel libro di Giobbe (26,7) si
legge giustamente: “Egli sospende la terra nel vuoto”, ma poi dice anche,
sempre in Giobbe (26,11), “tremano le colonne del cielo”, a quel tempo,
infatti, si credeva che il cielo fosse sostenuto dalle colonne d’Ercole. ”Nel
libro di Isaia (40.22), si legge: Egli siede sopra il cerchio della terra”, ma
poi dice: “Egli ha teso il cielo come un velo”, e lo spiega come una tenda da
dimorare, mentre la scienza oggi lo concepisce come un’immensa estensione di
spazio-tempo, che scruta in profondità, più di dieci miliardi di anni luce, (un
anno luce è uguale a 9.463 miliardi di chilometri). Giacobbe sognò una scala
che poggiava sulla terra, e la sua cima raggiungeva il cielo, e gli angeli del
cielo salivano e scendevano su di essa, (Genesi 28,12), o c’era un’astronave, o
la cosa oggi risulta essere ridicola, o proprio solo un sogno. Nell’Apocalisse
si legge: “Il cielo si ritrasse come un rotolo che si avvolge”, (Apocalisse
6,14). In (Isaia, 34,4), il cielo è rappresentato con lo spessore di un foglio
di pergamena, si discute proprio come nei “discorsi infantili”. I. Asimov nel
suo libro, “In Principio”, fa riemergere un numero enorme di incongruenze
rilevabili nei versetti della genesi, come abbiamo visto analizzandone i primi
versi, ma però trascura il fatto, che alcune conoscenze ora fondate e citate,
più di duemila anni fa, allora erano impossibili. Nella contraddizione, ognuno
può scegliere la parte che vuole, ma per trovare una realtà più vicina alla
verità bisogna reinterpretare gli scritti alla luce delle nuove scoperte
scientifiche e alla luce del proprio ego. Un ‘altra cosa che ovviamente ho
notato e voglio far notare, è che le rivelazioni esoteriche riguardanti le
energie che governerebbero la terra: i sette sistemi, i sette pianeti, il
“Compagno dei giorni”, ecc.; si accomunano realmente, per certi versi alle
scritture del vecchio testamento, non sono poi così nascosti i messaggi, per
esempio sull’importanza del numero sette. Nell’Apocalisse
di Giovanni (1, 4, 5), si legge: “Giovanni alle sette Chiese che sono in Asia:
grazie a voi e pace da Colui che è, che era, e che viene, dai sette spiriti che
stanno davanti al suo trono, e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il
primogenito dei morti e il principe dei re della terra”. Se il trono di Dio sta
sopra la terra, come si dice in Isaia (40.22), i sette spiriti davanti non
potrebbero essere i sette pianeti sacri all’esoterismo, o i sette giudici
citati nel LXXI capitolo del libro egizio dei morti? Nell’Apocalisse (1, 20),
sì Legge: ”Questo è il senso recondito delle sette stelle che hai visto nella
mia destra e dei sette candelabri d’oro, eccolo: le sette stelle sono gli
angeli delle sette chiese e le sette lampade sono le sette chiese”.
Nell’Apocalisse (33, 21), si legge:”Il vincitore lo farò sedere presso di me,
sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il padre mio sul suo
trono”. Poi nell’Apocalisse (22, 16), si legge: “Io Gesù, ho mandato il mio
angelo, per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la
radice della stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino”. In questi versi
oltre a comparire il numero occulto caro agli esoterici, c’è di più, Gesù dice
di essere addirittura la “stella radiosa del mattino”, lui divenuto poi per l’appunto
“il logos incarnato”. Quanto detto ci fa capire che le stelle hanno una loro
coscienza e un loro pensiero, anche nel “Libro dei Vigilanti” (XXI, 6) l’angelo
Uriele dice ad Enoc: “ Quelle sono, di fra le stelle, quelle che trasgredirono
l’ordine di Dio altissimo e sono state legate qui fino a che si compiano
diecimila secoli, il numero (cioè) dei giorni (della pena) del loro peccato”.
Si possono trovare molte citazioni rivelatrici che non sono poi così
“esoteriche”, ma altre deduzioni riguardanti le interpretazioni e i confronti
con le rivelazioni fondamentali dell’esoterismo le lascio a voi. Il Rambam
nell’introduzione a Hilcot Avodà Zarà sostiene, basandosi su fonti Aggadiche,
che ai tempi di Enosh, figlio di Seth, il settimo da Adamo, che si dice scomparso,
perché preso da Dio, l’umanità abbia errato nel venerare gli elementi del
creato, pensando che se Dio ha dato tanto onore al sole e alla luna, era
evidente che l’uomo doveva fare altrettanto, perché così facendo oltre ad aver
gettato le basi dell’idolatria, a poco a poco il mondo dimenticò il Creatore
fino a che non è giunto Avraham, circa 2000 a. C., nostro padre, “il pilastro
del mondo”; e qui si cela proprio la differenza con l’esoterismo, che non è
idolatria ma concepisce il Creatore nella Coscienza Cosmica “del Logos”, del
Verbo o meglio la “Parola in atto della Creazione Stessa”, cioè il manifestarsi
della ragione; quel Logos che è ”Forza ritmica sequenziale creativa in atto”,
disciplinata da sempre in molteplici tecniche quali: la Musica, la Poesia, la
Pittura, la Geometria, i Mandala, i Mantra, le Sfere, l’Aritmetica, l’Esicasmo,
il Tao-Te-King, la Ghematria, e molte altre ancora. I sacerdoti affermano, che
ogni cosa che impedisce di amare Dio è un idolo, ma è altrettanto vero, che
ogni cosa che aiuta ad amare Dio non lo è; e lì nell’individuazione del divino,
l’antitesi che si assolve solo con l’illuminazione della gnosi. Così si
comprende che la ricerca deve essere volta Verso Noi Stessi, mantenendo la
consapevolezza dei propri limiti, è lì che vanno fatti i cambiamenti, non
esiste nessuna guerra che possa essere giustificata dai cambiamenti, dagli
ideali di giustizia e libertà, è solo l’ignoranza che può farla apparire tale,
la storia lo insegna. Sono quegli gli idoli da abbattere, che appaiono nel loro
doppio volto, ingannando l’uomo, approfittando della sua ignoranza, ecco qui
che sorge il necessario bisogno delle “Illuminazioni interiori” tanto care alle
religioni.
42° LO SPIRITO CREATORE
Volendo cogliere le analogie tra le più
antiche intuizioni religiose che hanno ispirato scritti basilari che sono i
fondamenti delle più antiche culture, è interessante notare l’idea dello
“spirito creatore, o il sanscrito lila, il gioco creativo della coscienza”,
scaturito dal principio, dalla luce, dal cuore degli uomini, che diventano così
anch’essi in parte, creatori di se stessi. Secondo i Maya la creazione del
mondo avvenne per opera di un Dio creatore, Hu Nab Ku, che significa “l’unico
Dio che è”, come quello degli ebrei, ecco come descrivono la creazione:
"Questo è il racconto di quando
tutto era fermo, tutto calmo, in silenzio; tutto senza movimento, tranquillo, e
la distesa del cielo era vuota.
Questo è il primo racconto, la prima
narrazione. Non v’era né uomo né animale, né uccelli, pesci, crostacei, alberi,
pietre, crepacci, erbe, foreste: v’era solo il cielo.
La superficie della terra non era ancora
apparsa. V’era solo il placido mare e la grande distesa del cielo.
Non v’erano cose messe insieme, non v’era
nulla che potesse far rumore, nulla che potesse muoversi o tremolare, o potesse
far rumore nel cielo.
Non v’era nulla in piedi; solo la calma
acqua, il placido mare, solitario e tranquillo. Nulla esisteva.
V’era solo immobilità e silenzio
nell’oscurità, nella notte. Soltanto la Creatrice, il Creatore, Tepeu,
Gucumatz, gli Antenati erano nell’acqua circondati dalla luce.
Essi erano nascosti sotto le piume verdi
e turchine e perciò erano chiamati Gucumatz. Per loro natura essi erano grandi
saggi e grandi pensatori. In tal modo esisteva il cielo, ed anche il Cuore del
Cielo, che è il nome di Dio, e così Egli è chiamato.
Poi venne la parola. Tepeu e Gucumatz
s’incontrarono nell’oscurità, nella notte e parlarono insieme. Essi parlarono,
discussero, deliberarono; si trovarono d’accordo, unirono le loro parole e i
loro pensieri".
In questo racconto si riscontra sia il
“Creatore” che “l’acqua primordiale” o “Desiderio” dei fenici, come si
riscontra anche nel testo biblico della Genesi, ciò che si manifesta è sempre
qualcosa con caratteristiche femminili e maschili che si divide nel cielo e la
terra. Nell’India antica i concetti non cambiano è dalle acque elementari, “il
Caos“ che nascono gli dei, ed è Surya “il Sole” la forma celeste di Agni, il
“fuoco” che è anche in terra tra gli uomini, è così che si illuminavano gli
indù, chiedendosi: “Il primo germe che le Acque ricevettero, quale fu dunque?
Il luogo dove divinità e uomini sono infissi, come raggi al mozzo, dove, per un
potere sovrumano, fu posto il loto delle Acque, ti domando qual è…” Atharvaveda
X. 8. Una risposta ci giunge dal Manu Samhita I. i. 5,8-9, dove leggiamo: “ Lo
Spirito Supremo desiderando creare esseri d’ogni specie dal suo proprio corpo,
dalla sua mente emanò per primo le acque e collocò in esse il seme. Questo seme
diventò un uovo d’oro splendente come il sole; e in esso Egli stesso nacque
come Brahma, il progenitore dell’intero mondo”.
Nel Poema sumero della Creazione “Emuna
Elis” 1.125 a.C. ritorna l’elemento acqueo, un’autorevole traduzione di
Giuseppe Furlario pubblicato dalla Zanichelli del 1934 così ne traduce alcuni
versi: “Quando di sopra non era ancora nominato il cielo di sotto la terra
ferma non aveva (ancora) nome, l’Apsu primiero, il loro generatore, Mummu e
Tiamat, la generatrice di tutti: loro, le loro acque insieme mescolavano, ed
essi non portavano (ancora) un nome, e i destini non erano ancora stati
destinati, furono procreati gli Dei in mezzo ad essi”.“Lahmu e Lahamu furono
creati e ricevettero il nome. I secoli divennero molti e crebbero. Anshar e
Kishar furono procreati molto tempo dopo di essi”. “Essi allungarono i giorni e
aggiunsero gli anni. Anu, il loro figlio, pari ai suoi padri, Anshar fece Anu,
il suo primo nato uguale a se stesso, e Anu procreò quale suo uguale Nudimmud
[Ea] Nudimmud che era il principe dei suoi padri, era di vasta sapienza,
saggio, potente di forza, molto più forte del suo procreatore, padre Anshar”.
“Si fece avanti Marduk, il saggio tra gli dei, vostro
figlio. Di andare avanti a Tiamat egli decise. Egli aprì la sua bocca e mi
disse: “se io, vostro vindice, lego Tiamat e vi libero raduna l’assemblea, fa
strapotente il mio destino e rendilo noto”. “Egli montò sul carro della
tempesta inoppugnabile, terribile. Egli attaccò ad esso quattro attacchi e li
legò al suo lato. Il Distruttore, l’Implacabile, l’Abbattitore, l’Alato. Acuti
erano i suoi denti e portavano veleno”. “Egli la spaccò in due parti come un’ostrica. Metà di essa egli rizzò e coprì con essa il cielo.
Egli tirò un chiavistello e stabilì guardiani. Egli ingiunse loro di non
lasciar uscire la sua acqua”. Per gli Egiziani invece, dal caos, Nun o Nout, le
acque primordiali, nasce l’idea di Atum-Ra (il disco solare animatore della
natura), colui che diede la “coscienza vitale”, il creatore che prende corpo
nel cuore divino identificato in Ptah (il corpo), e si esprime attraverso la
sua bocca. Per i greci è Prometeo, “prima del tempo”, nostro progenitore che
creò l’uomo con l’argilla, il termine greco “Aoyoo”, cioè logos, significa
unione tra spirito e materia, ecco perché la vita che prevale sul pianeta si è
tradotta con il nome di Logos Planetario, che nella terra, esotericamente si
identifica con Sanat Kumara, “la ragione dello spirito che sostiene il
pianeta”, mentre la vita che prevale il sistema solare è il Logos Solare, che
si può identificare con il Padre del Vangelo, il “buon messaggio”, o per
l’appunto angelo messaggero”, colui che interviene dal di fuori, “l’alieno
giunto a coordinare l’evoluzione terrestre”. Colui che è incaricato da Dio, ma
un dio che può essere descritto solo come nelle Kaivalya Upanishad 21, dove si
legge: “ Io sono senza mani e senza piedi e il mio potere è incomprensibile. Io
vedo senz’occhi, odo senza orecchi; io sono privo d’ogni forma; Io conosco ogni
cosa e nessuno c’è che conosca Me. Io sono l’eterna pura Conoscenza”. Lo
spirito creatore per la Bibbia è rivelato dallo stesso Giovanni che dice:
“All’inizio era il Verbo, e il Verbo era presso di Dio, e il Verbo era Dio….E
il Verbo si è fatto carne, ed ha abitato fra noi, e noi abbiamo contemplato la
sua gloria”. Il termine incarnazione, cristianamente significa: che il verbo di
Dio ha preso forma umana è diventato carne, si è “spogliato di se stesso” (Fil
2,7). Alla luce di quanto ho detto e dirò, si potrà sempre più convincersi
senza cadere nell’eresia, che “Esseri” esterni al nostro pianeta dopo aver
portato la vita sulla terra sono intervenuti e intervengono a controllarne le
dinamiche evolutive e gli scritti antichi sono sempre un buon terreno di
ricerca.
In alto a sinistra appresentazioni di
Marduk, a fianco Ishtar, sotto a sinistra; a fianc Enki o Ea e per ultima un’effige
di EI.
La prima foto sopra a sinistra
rappresenta un Elohim coltivatore. A fianco un bassorilievo del British Museum,
proveniente dalla Stanza Assira della reggia di Sargon II a Khorsabad, Ninive,
che rappresenta un altro Elohim che si preoccupa per la flora e la fauna
selvatica. L’ultima foto rappresenta la dea Ninkarsag nell'abito della Goddess
di Irrigation 18° Century BC da Mari, Middle Eufrate, Aleppo Museum. 'Mama' -
Progenitor di Modern Man di Earth Mother Goddess.
)
Le prime due foto rappresentano geni,
demoni o Elohim alati in due bassorilievi assiri di cui il secondo è in
alabastro gessoso, risalente al VIII sec a. C. ora al Luvre di Pariogi. A
fianco un Nephilim scolpito in un bassorilievo conservato nel museo Iracheno.
Sopra a sinistra bassorilievo
mesoamericano di “uomo aquila”, identificabile con un “Elohim stilizzato”. A
fianco statua della cultura Teotihuacàn, Messico I -II sec, notare le
decorazioni che sembrano astronavi stilizzate sul copricapo che pare essere una
sorta di casco. Per ultima una rappresentazione del dio Quetzacoatl in un
bassorilievo in pietra di Veracruz, che sembra praticare un’acrobazia in aria
con strani propulsori evidenziati meglio nelle fotto dei rilievi sotto che
sembrano rappresentare le stesse ali stilizzate dei geni assiri.
Una seririe di “Elohim” stilizzati
secondo l’arte mesoamericana, tratte da “Il Ritorno delle Civiltà Perdute” di
Quix Cardinale. Da sinistra “l’Uomo Aquila” e Quetzacoatl raffigurati,
separatamente, nel tempio dei Giaguari e nel tempio di Kukucan a Chichen Itza.
A fianco sempre a Itza una decorazione che rappresenta gli “Elohim americani”
con strane attrezzature nelle mani. A Tula un’altra decorazione su un pilastro
mostra le varie prospettivr di questi esseri;e per ultimo una riproduzione di
un bassorilievo di Veracruz, che sembra rappresentare una sorta di serpente che indossa un’armatura
dotata sempre di propulsori.
Demoni, o Elohim in un’affresco nella
tomba di Arinefer, Deir el Medina, Egitto, che rappresenta il Regno delle
Tenebre con il sole nero, uomini uccello li troviamo anche negli inferi
mesopotamici. A fianco i Colossi di Memnon.
Rappresentazioni della dea Iside
Scultura di Iside e Anubi, a fianco un
bassorilievo di Horus e Seth (rechts) schließen Frieden und vereinigen die
beiden Länder. Notare i profili delle figure che sembrano essere comuni,
probabilmente gli “uomini aquila” meso americani come Pacal erano gli stessi
dei egizi dal volto di falco, il Simurgh dei riti scamanici, gli Elohim, i Djnn
e i Naga orientali.
43° COMPARAZIONI RELIGIOSE SULL’ORIGINE
DEL CRISTANESIMO
Partendo dal nostro credo, importante è
analizzare il nostro Cristianesimo nato dall’antropomorfismo dravidico e
soprattutto dai quattro vangeli canonici scritti da Marco, Matteo, Luca e Giovanni
che da una conoscenza grossolana dell’aramaico si istruirono improvvisamente a
tal punto da iniziare a scrivere in greco dotto, traendo, il caso di Giovanni,
persino dalla teoria ellenistica del Logos, diventando improvvisamente biografi
d’eccellenza del Cristo. Questa improvvisa istruzione, per alcuni è
inattendibile, infatti nella natività di Luca e Matteo si possono trovare delle
incongruenze che mettono in dubbio l’attendibilità storica e per queste e altre
incongruenze ancora, altri studiosi sostengono che gli antichi scritti siano
solo opera dei “padri platonizzanti”. Nell’antica Roma, intorno al terzo secolo
dopo Cristo la religione ufficiale praticata era quella della Dea Madre Cibele
e Attis, simile o evoluzione dei culti di Inanna e Domuzi per i sumeri Isthar e
Tammuz per i babilonesi e Iside e Osiride per gli egizi, non a caso questo mito
proveniva dalla Frigia, l’odierna Turchia. Infatti, come affermano le analogie
con il popolo accadico, vedi le leggende dell’etrusco Tages o Sages e l’accadico
Sargon, e le loro “Tavolette Celesti” contenenti le “celesti verità divine”, fu
dall’Oriente, dall’Asia Minore che gli antenati degli etruschi giunsero in
Italia; ce lo dice Erodoto nel 500 a. C., nelle sue Storie:“Al tempo di Atys,
figlio del grande re Menes, ci fu in Lidia una tremenda carestia…..Quei lidi
che ebbero in sorte di partire scesero a Smirne, e costruirono navi e, posto su
di esse tutto ciò che loro serviva, si misero in mare alla ricerca delle
ricchezze perdute o di una nuova patria, finchè superati molti popoli, giunsero
al paese degli Umbri e li ancora vivono”, lo stesso nome del Mar Tirreno
deriverebbe, secondo Erodoto, dagli etruschi chiamati per l’appunto “tursenoi,
turrenoi”, cioè terreni, dal capo di questa spedizione chiamato Tirreno. Il
culto di Attis lascio le sue tracce nel nuovo culto cristiano; la castità dei
sacerdoti, che per non peccare arrivavano perfino ad evirarsi, il rito
dell’eucaristia erano praticanze del culto di Attis, ogni anno alla nascita del
dio addobbavano un pino, il supremo sacerdote “Gran Gallo” veniva chiamato
addirittura “Papas” e risiedeva in Vaticano, quando il vescovo di Roma divenne
re assunse il titolo di cesareo di Pontifex. I cristiani per radicare il loro
credo dovettero convertire anche le antiche divinità come successe per i S.S.
Cosima e Damiano che sostituirono Esculapio e Ippocrate, S. Maria Vergine
sostituì Iside la dea civilizzatrice egizia figlia del primo re di Argo, o
Diana festeggiata il giorno di ferragosto, un giorno in cui venivano liberati
anche i schiavi, poi dedicato dai cristiani all’Assunta. S. Brigida sostituì la
celtica Birgit, vedi bibl. Matthews, “I Celti”; la stessa storiella di S.
Antonio che scendendo negli inferi a riprendere l’insopportabile maiale, riuscì
a riportare il fuoco agli uomini facendo prendere fuoco un bastone mentre
risaliva, non sembra riproporre il Prometeo greco? C’è chi, incredibilmente,
pensa che perfino le cerimonie dionisiache del “Pasab” (zoppicare) e le feste
romane di Giano Bifronte, divinità di origine celtica, siano giunte a noi sotto
i nomi di Carnevale, Pasqua e Natale la festa nel quale gli antichi celti
appendevano agli alberi sacri i genitali dei nemici uccisi in battaglia; ma del
resto l’albero è un simbolo fallico; nel mito greco, Adone si toglie la vita
evirandosi sotto un pino per amore di Cibale che dolorante, fece risorgere dai
suoi sacerdoti, i “sacri dendrofori” e veniva portato in processione proprio un
pino avvolto da bende. Addirittura alcuni suppongono che per combaciare i riti
i cristiani con quelli pagani, i cristiani dovettero spostare la nascita di
Gesù Cristo dal 15 settembre al 25 Settembre, vedi “Il Segreto di Cristo” pag.
92. Certo è che la Chiesa Cristiana, raccogliendo il monoteismo giudaico, il
misticismo neoplatonico e il paganesimo della decadenza, dovette per forza
maggiore assumere i riti della religione politeista romana con i relativi
paramenti, reliquie e processioni, se voleva trovare adesione dai più, abituati
alle vecchie cerimonie, basti ricordare la castità delle vestali paragonabile a
quella delle nostre suore cristiane; ed è per lo stesso motivo che assorbi
anche tradizioni hindù, vedi: incensi, rosari, candele, fiori, ecc.. Del resto
la stessa cosa si ripeté molto tempo dopo anche nella colonizzazione delle
Americhe, basti pensare al convento di Santa Catalina a Santo Domingo che un
tempo ospitava le “Vergini del Sole” consacrate al culto Inca, poi sostituite
dalle suore di clausura di Santa Caterina.
I termini Cristo e Cristiani in origine
erano Crestos e Crestiani e derivano dal tempio dei pagani, in tale vocabolario
Crestos, significa un candidato che segue il sentiero del sacerdozio, che ha
superato prove e sofferenze e strofinato con olio, quindi il “sacerdozio di
Cristo secondo l’ordine di Melchisedec”. Alla domanda di Gesù, “Ma voi chi dite
che io sia?” (Lc 9, 20), Pietro, illuminato della fede (Mat.16,17) risponde:
“Il Cristo di Dio” (Lc 9,29) anzi meglio: ”Tu sei il Cristo, il figlio del Dio
vivente”. A mio parere, “tenendo conto che Dio è in noi e nel Creato”, si
potrebbe tradurre benissimo così: “Tu sei l’unto, il sacerdote, (dotto del
sacro) l’illuminato figlio del Creato”. La parola di Dio, dalla lettera agli
Ebrei (Eb 5,1-6) ci illumina con queste parole: Ogni sommo sacerdote, scelto
fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che
riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. In tal modo egli è
in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e
nell’errore, essendo anch’egli rivestito di debolezza, a motivo della quale
deve offrire anche per se stesso sacrifici per i peccati, come lo fa per il
popolo. Nessuno può attribuirsi questo onore, se non chi è chiamato da Dio,
come Aronne (l’Illuminato). Nello stesso modo Cristo non si attribuì la gloria
di sommo sacerdote, ma gliela conferì colui che gli disse; “Mio figlio sei tu,
oggi ti ho generato”. Come in un altro passo dice: “Tu sei sacerdote per
sempre, alla maniera di Melchisedek”.
Cristo, che per l’appunto in greco significa “l’unto, il consacrato al
Signore”, era allora, anche un titolo Messianico, infatti si riscontra da più
fonti la possibilità che Cristo fosse un’esponente dei movimenti del
messianismo tradizionale dei giudei, infatti oltre che ad essere citato negli
“Annali,(XV 44,2-5)” dello storico latino Tacito 55-120 d. C., è accennato
anche dallo storico Svetonio 75-150 d. C., che nella “Vita di Claudio” scrive:
”Claudio espulse i giudei da Roma, visto che sotto l’impulso d’un certo
Chrestus non cessavano di agitarsi”, (Claudio 25). La tradizione
antico-testamentaria ritiene che il nome di Gesù in ebraico Jhwh significa “ci
salva, o Dio è salvezza” e mette in evidenza la venerazione della Chiesa
primitiva verso il nome di Gesù, (Fil 2,9-10; At 4,10-12; Gv 16,23-2) che
riaccese quel “esicasmo” perduto il cui nome proviene dal greco hesychìa che
significa: calma, pace, tranquillità, assenza di preoccupazione. Infatti un
documento del monastero di Iviron del monte Athos, si legge questa definizione:
“L'esicasta è colui che solo parla a Dio solo e lo prega senza posa”. Il
significato etimologico di Jhwh ci ricorda anche le parole profetiche che
dicono: “Ecco una vergine concepirà e partorirà un figlio e lo chiameranno
Emanuele che significa Dio con noi”. Gesù a quanto pare è un nome che non nasconde
nessun mistero in quanto era d’uso comune nell’ebraismo, anche se c'è chi
sostiene, che questo nome sia per l’appunto d’origine greca, e così si
contraddice che l'espressione “Gesù di Nazareth”, significhi Gesù cittadino di
Nazareth. Infatti, la forma ebraica per Nazareth è NZRT, che è tarda ed è stata
indicata come Nazrat o Nazeret, invece la forma greca Iesous o Nazoraios
deriverebbe dall'aramaico Nazorai. I gnostici invece sostengono che nei vangeli
Gesù è chiamato anche il Nazireo, o Nazareno, perché iniziato al “Nazireato” o
Purificazione degli Hassidim, chiamati per l’appunto anche Nazorei, Nazirei, o
Nazareni, dal vocabolo Nazir, “puro”; ed infatti il Talmud identifica gli
Hassidim come gli Esseni Kabbalisti; e guarda caso, Ippolito, storico, nonché
uno dei padri fondatori del cristianesimo, afferma che i primi gnostici del
nord Africa erano noti con il nome di Naaseni e veneravano Nahustan il
“serpente aureo, o bronzeo”, la cui immagine era raffigurata proprio su croci
lignee; furono queste le genti chiamate successivamente dai greci ofiti, cioè
serpenti, proprio come succedeva in oriente con i Naga.
Per quanto concerne le credenze oltre
natura impartite dalla chiesa cristiana, esse diversificano da quelle degli
hindù e dei celti che credevano nella visione animistica della reincarnazione;
i celti addirittura credevano nella possibilità di entrare in contatto con
l’altro mondo nel giorno di “Samain”, trasformato poi in Halloween dal
Cristianesimo. La Chiesa odierna che, come abbiamo visto, fonda le sue radici
nel popolo ebreo, invece crede alla risurrezione della carne e ritiene che i
morti conservino nell’aldilà la loro personalità e il loro carattere,
aspettando “cieli nuovi e terra nuova”, citati da Giovanni nell’Apocalisse
(21,1). Non bisogna dimenticare, che non è sempre stato così per gli ebrei; ai
tempi della fondazione d’Alessandria, gli ebrei avevano una diversa teologia,
essi erano divisi in tre grandi sette: i farisei, i sadducei e gli esseni, cioè
“i puri”, gli hassidim, che il Talmud identifica negli Kabbalisti esseni, cioè
“i giusti, santi”, “i guaritori terapeuti” (dall’ebraico “asa” o terapeuta). Lo
storico fariseo Giuseppe, ci fa sapere, nel libro XIII delle sue Antichità, che
i farisei credevano nella metempsicosi; i sadducei credevano che l’anima
morisse con il corpo; e gli esseni, “i puri” invece, la consideravano
immortale: le anime, secondo loro, scendevano in forma aerea nei corpi, dalla
più alta regione dell’aria; esse vi sono riportate da una violenta attrazione
e, dopo la morte, quelle che sono appartenute ai buoni dimorano al di là
dell’oceano, in un paese dove non c’è né caldo né freddo, né vento né pioggia.
Le anime dei malvagi vanno invece in un paese dal clima completamente opposto.
Un fatto che incuriosisce, sono le importantissime corrispondenze che si
trovano tra gli scritti qumramiani e quelli evangelici, probabilmente
ritrattati nel periodo della Roma imperiale da idee anti essene, probabilmente
da Paolo di Tarso, (esempio ne è la teofagia allegorica della cena, mentre agli
ebrei non era concesso cibarsi di carni sacrificali). Ma Paolo fu anche un
dottore gnostico che come Filone credeva ad un’aldilà dei cieli dove esistevano
Potenze Celesti: Angeli e Arconti coordinati dal Cristo e per mezzo del quale
avveniva la liberazione karmica, “l’Uomo celeste conscio della Gnosi Divina”.
Un’altra interessante somiglianza con il cristianesimo si può riscontrare nel
culto zoroastriano di Mitra, definito come Cristo il Salvatore, il Verbo, il
Dio della luce, identificato anche in Helios. Il dio nasce da una vergine, il
25 Dicembre, (come Horus), in una grotta; la sua vita terrena dura trentatré
anni; i suoi dodici seguaci celebrano in suo ricordo un pasto seduti alla
stessa mensa; ma del resto, non c’è da stupirsi, alcuni studiosi ricollegano il
culto al mito greco di Perseo, portandone l’origine nel primo secolo a. C., a
Tarso in Cilicia, dove nacque proprio S.Paolo. Mitra come Gesù risorse dopo tre
giorni dalla sua sepoltura; in nome di Mitra si guarivano i malati, si
risuscitavano i morti, si praticava il battesimo e la comunione con tanto di
ostie e vino; sembra impossibile, ma viene da pensare che il Cristo dei
Cristiani sia proprio il Mitra dei pagani, e pensare che per secoli si sono
perseguitati a vicenda. Gesù, Buddha, Quetzacoatl, Marduk, Krsna; sono nati
tutti da una vergine dopo un “annunciazione”, tutti ricordano l’intervento di
uno “spirito santo”, di angeli accompagnatori e maghi. Non è ancora finita,
proprio la leggenda di Krsna, il Dio salvatore degli Indù, simile a quella di
Gesù, narra che Cansa di cui era nipote, fece uccidere migliaia di neonati per
riuscire a ucciderlo già da piccolo senza però riuscirci, ma questo accade
5.000 anni fa. Se non è un ripetersi di storie fasulle nate dalla stessa
matrice, sembra quasi che ci sia una ciclica manifestazione divina, una serie
di interventi sopranaturali che si ripetono costantemente lungo le ere
precessionali tesi a illuminare i popoli della Terra. Risalendo la genealogia
del Messia, un’antichissima figura simile a Gesù appare nella persona del
sacerdote Melchisedec, tradotto, “re di giustizia”, chiamato anche “Re di
Salem”, ossia, quel regno di “Pace”, che alcuni identificano con Gerulsalemme o
addirittura con la mitica Agarthi. Melchhisedec citato canonicamente nella Lettera
agli Ebrei, (5:8,6:19,7:1:11), nei Salmi,(110:4) e apocrificamente nel Libro
dei Segreti di Enoch, (71,1-10-19-22-24) e nei rotoli di Qumram, (11QMelch
2-9-12), fu concepito, molti secoli prima, come Gesù, per un intervento divino,
dalla madre Sofonim che però mori ancor prima che lui nascesse. Rimase quaranta
giorni nella dimora del padre Nir, fratello di Noè e figlio di Lamech, non nel
deserto come Gesù; (nella bibbia si parla anche di quaranta giorni, in cui
cavalieri in assetto di guerra sfilavano il cielo con le loro armature lucenti
sotto gli occhi degli abitanti di Gerusalemme), poi il Signore lo fece portare
dall’Arcangelo Michele sul Paradiso dell’Eden per salvarlo dal diluvio e farne
il sacerdote di una nuova stirpe post diluviana. Su questa genealogia, nel
libro slavo di Enoch si racconta che Lamech, figlio di Matusalemme, nel vedere
suo figlio, il piccolo Noè, sospetta che sia stato concepito dal seme di un
“Vegliante”, o meglio, dal testo ebraico, “Nephilim”, termine citato anche nel
sesto capitolo della Genesi, quindi anche Noè, come captò per Melchisedec e
risalendo la genealogia, come avvenne per Gesù, sembra essere nato per opera
d’un intervento divino, ma non da uno “Spirito Santo” incorporeo, ma dal seme
di un “Angelo fisico”, parte di quella legione di Dio che secondo gli scritti
della “Guerra Giudaica”, rimase sulla terra fin dopo la nascita di Gesù, e
comunque ciò non toglie che questo essere possa aver avuto uno “Spirito Santo”.
Ma a parte queste antichissime somiglianze, quello che si sa sul cristianesimo
ci viene dal più antico catechismo cristiano che ci è stato trasmesso in due
opere del II secolo, la Didachè e l’Epistola dello Pseudo Barnaba, esso
contrappone alla luce dell’angelo di giustizia, le tenebre dell’angelo dell’iniquità;
queste due vie sono similari ai noti rotoli qumramiani del mar morto, trovati
in Palestina , a trenta chilometri da Gerusalemme da un pastore nel 1947,
risalenti a oltre 2000 anni fa, terra nel periodo occupata da dissidenti
ebraici, esseni o zeloti. Questi manoscritti oltre a parlare di uomini giunti
dal cielo, contrappongono al principe della luce l’angelo delle tenebre,
(Regola della Comunità III, 13 e IV,26). La differenza sostanziale è che il
vangelo contrappone all’angelo delle tenebre, il Cristo, o lo Spirito santo,
invece dell’angelo di luce. In questi scritti c’è chi ha ravvisato l’esistenza
di due Messia, in effetti anche il codice Arundel 404, risalente forse al VI
secolo, che descrive la persecuzione di Erode rivolta a Giovanni Battista, supporta
questa teoria. Ma la cosa che stupisce di più sono le sorprendenti concordanze
tra gli usi e costumi della setta e i sacramenti cristiani, come il titolo di
“fratello”, il battesimo, ecc. Il battesimo è un rito di purificazione che
Giovanni Battista introdusse probabilmente attingendo dalle cerimonie notturne
egizie, un costume che è in uso anche nei sacri laghi dell’India per esempio
nel Gange. La stessa parola Amen, dall’ebraico, che secondo la corrispondenza
numerica significherebbe “Verità”, alla fine delle preghiere significa “così
sia”, parola anch’essa, che gli Egiziani usavano per invocare il loro Dio del
mistero, Ammone o Ammas, perché si manifestasse. La stessa croce del Calvario
era già conosciuta nei rituali egiziani, greci, cinesi e nelle civiltà
precolombiane, vedi Itzama, per gli indiani, i sumeri e gli assiro-babilonesi
dove simboleggiava Semiramide, il dio MarduK, o Bel; secondo Sitchin ed altri
rappresentava simbolicamente Nibiru, il decimo pianeta. Ritornando ai rotoli di
Qumram, nel famoso Rotolo dell’Angelo si parla di Yoshua ben Pediah, che venne
portato in cielo dall’Angelo Pnimea e questa storia si avvicina molto a quella
del sacerdote Melchisedec prima citata. Rammento che i rotoli Qumramiani non
sono gli unici ritrovati in quel periodo, poco tempo prima, nel 1945, a Nag
Hammadi nell’Alto Egitto, nei dintorni di Khenoboskhion vicino al monastero
cristiano di Pacomio risalente al IV secolo, furono trovati altri interessanti
rotoli in lingua copta, risalenti al II secolo, che contenevano:
centoquattordici o centoventisette detti segreti di Gesù il Nazareno, vale a
dire il misterioso Vangelo di San Tommaso, Filippo, Maria e altri scritti
gnostici che rappresentano, probabilmente, l’originaria tradizione essendo
cristiana, in quanto concepiscono gli uomini, gli angeli ed il Padre, tre gradi
di un’unica realtà divina dotata di proprie dinamiche. Tale scritto fu
anch’esso una di quelle opere messe al bando dalla chiesa, ma già nel IV secolo
d. C., e qualcuno chissà per quale motivo riuscì a salvarlo dalla distruzione
nascondendolo, visto che il gnosticismo era la massima eresia per la Chiesa
Cristiana del II e III sec d. C.. Tra gli scritti gnostici recuperati il noto
“Vangelo delle tre nature” è uno dei più curiosi, vista la suddivisione che fa
dell’umanità divisa, per l’appunto in tre nature: Pneumatici da neuma cioè
spirito,“sensibili per l’appunto allo spirito”, Psichici da psiche, cioè anima,
“uomini di fede bisognosi di aiuto”, e Ilici da hile cioè materia, “senza
sensibilità e legati per l’appunto alla materia”. A parte alcune incongruenze,
vi si possono trovare delle analogie tra gli scritti riportati alla luce e i
Vangeli canonici, per esempio notare questi confronti tra il Quarto Vangelo e
alcuni scritti di Qumran: “Camminate mentre avete la luce, perché non vi
sorprendano le Tenebre; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre avete
la Luce credete nella Luce, per diventare Figli della Luce.” (Gv XII,35-36)
“Io come Luce sono venuto al mondo, perché chi crede in
me non rimanga nelle Tenebre.” (Gv XII 46)
“Per il saggio affinché ammaestri tutti i Figli della
Luce…in una sorgente di Luce sono le origini della verità e da una fonte di
Tenebra le origini dell’ingiustizia…” Qumram, (Regola della Comunità)
“Allorché i Figli della Luce porranno mano all’attacco
contro il partito dei Figli delle Tenebre…” Qumram, (Regola della Guerra).
Tra gli scritti gnostici di Nag Hammadi è
interessante ricordare Sophia di Gesù, una dissertazione sulla vera struttura
dell’universo, sulla salvezza e sulla provvidenza divina. Rivelazioni a quanto
pare, date da Gesù apparso su di un monte della Gallilea dopo la resurrezione,
ai dodici apostoli e a sette donne, tra cui Filippo, Tommaso , Bartolomeo,
Mattia e Maria Maddalena, che ponevano per l’appunto le importanti domande.
Gesù il Messia è nato al tempo del
imperatore Augusto e fu crocifisso storicamente, sotto Tiberio, anche se alcuni
scritti come: il brano di Giuseppe Flavio Vita, IV,75 e il brano apocrifo
tratto dal “Secondo Trattato del Grande Seth”, affermano la sua mancata
crocifissione, altri parlano di una sostituzione con Simone di Cirene, padre
del noto Paolo di Tarso, addirittura la setta islamica Ahmadya, diffonde una
storia di Cristo predicatore in India dopo la mancata crocifissione. Infatti,
in uno scritto Purana del 115 d. C., attribuito a Sutta, si parlerebbe di un
certo Isa Masih, tradotto, “Gesù il Messia”, che nella terra di Hun, in
Himalaya avrebbe incontrato Shalivahan re dei Sackiyas che vide in lui, un uomo
portatore di buoni auspici. Fu intorno agli anni 80 dello scorso secolo che
l’esploratore russo Nikolai Notowich, sostando in un monastero tibetano, entrò
in amicizia con un Lama che gli avrebbe mostrato dei vecchi fogli in tibetano,
copia di originali in lingua pali, giunti dall’India a Lhasa; fogli che
raccontano la storia di un certo Buddha Isa, dove generalmente si ripetono le
stesse vicissitudini vissute da Gesù. I manoscritti orientali parlano di un
profeta dalla pelle bianca venuto dalla Palestina, raccontano di Yusu",
Yusuf", "Issa", "Issana", "Yusaasaf",
"Yuz-Asaph", "Yuz-zasaf", a seconda che la sua leggenda sia
narrata in kashmiro, arabo o urdu. In un Inchiesta sul mistero della cripta di
Rozabal, curata da Rosario Mascia su “Misteri della Terra”, si suppone che Yuz
Asaph, “Gesù”, dopo essere sopravvissuto alla crocifissione e curato da
Nicodemo con un particolare unguento, si inoltrò ad Oriente, verso le tribù
d’Israele disperse, verso i luoghi della sua fanciullezza, sembra che assieme a
Maria si ricongiunsero ad est dell'Afghanistan a Taxilia con Tommaso, che lo
accompagnerà nel Kashmir e dopo la sua morte proseguirà verso il sud dell'India
morendo a Milapore, nei pressi di Madras. Maria che non sopportò le fatiche del
viaggio morì a pochi chilometri da Rawalpindi. La tomba di Yuz Asaph si
troverebbe nella Cripta di Rozabal, a Srinagar, poco distante da un’altra tomba
sita a 58 chilometri a nord di Srinagar, sul monte Ablu, identificato da alcuni
col biblico Nebo, oggetto anch’essa di venerazione da 3500 anni è custodita da
900 anni dalla famiglia di Wali Resh, una delle 45 di una sperduta comunità
ebraica che vive isolata vicino al luogo conosciuto come "Il Santuario del
Profeta del Libro", la tomba di Hzrat Musa in arabo, cioè il Mosè biblico.
Gesù entrò nella valle di Srinagar da un prato che ancora oggi è noto come
Yusmarg, "prato di Gesù", abitato da Kashmiri della razza ebraica
degli Yadu, e pare che da lì iniziò la sua opera di profeta che Mulla Nadiri,
il primo storiografo musulmano del Kashmir, riporta nel suo Tarik-i-Kashmir:
"Yuza Asaf, lo Yuzu delle tribù di Israele, proclamò la sua natura
profetica nell'anno 54 durante il regno del re Shalewahin", che,
convertitosi, gli donò una donna di nome Mryan (Maria) per accudirlo e dalla
quale ebbe dei figli di cui un discendente, Sahibzada Bashrat Saleemun il cui
padre era noto perché dotato di poteri paranormali. La presenza di Maria sembra
certa, infatti, pare che un piccolo villaggio fino al 1875 si chiamasse Murree,
in onore di Maria. Il luogo della sepoltura è noto come Pindi Point, mentre il
tumulo è conosciuto come Mai Mari Asthan, "il luogo di riposo della madre
Maria". Quindi sopravvissuto alla crocifissione, Gesù divenne il salvatore
degli israeliti dispersi: gli afgani e gli abitanti del Kashmir, le cui tracce
portano fino ai piedi dell'Himalaya, al tempio dei giudei a Kaillash, per
l’appunto nella valle del Kashmir. Del resto ci sono molte analogie, oltre che
con Krsna, anche tra, Buddha e Gesù, io azzarderei dire legati forse per
stirpe; in quanto entrambi nati da una vergine in famiglie di stirpe guerriera,
Kashatrya e David; non c’è da stupirsi, i magi, venuti a conoscenza della
nascita del Salvatore, “Il nuovo Krsna”, alla sua nascita portarono
dall’oriente: oro, mirra e incenso, doni che dovevano rimanere a Israele, ai
discendenti dei Figli di Set, Jared, Enoch, Matusalemme, Lamech, ecc.; che li
custodivano nella “Caverna dei Tesori” fin dai tempi prediluviani.
Probabilmente da queste consapevolezze il “Priorato di Sion“, sostiene
l’esistenza di una progenie di Gesù originata con Maria. Gesù canonicamente
fondò, secondo i cattolici, la chiesa con i suoi discepoli e apostoli,
nominando Pietro primo papa e suo successore, ciò che non accettano i
protestanti della riforma di Lutero, tesi ad allontanare la corruzione che
dilagava nella chiesa, e gli anglicani della chiesa fondata da Enrico VIII.
Ricordo a proposito, che esiste anche una chiesa cristiana ortodossa, nata da
una scissione voluta dall’Imperatore d’Oriente che volle liberarsi
dall’influenza della Chiesa Romana. Del resto esistevano scissioni già nelle
religioni precedenti al cristianesimo, dato che sono sempre esistiti, come
nella religione greca, rituali resi pubblici, che oggi chiameremmo “exoterici”
e rituali misterici, nascosti, che oggi chiameremo “esoterici”; principi che
nel primo caso, hanno dato origine alla chiesa Romana, Ortodossa e Protestante;
e nel secondo caso, hanno dato origine alla Chiesa Gnostica, chiamata dai
Rosacroce “Chiesa Mistica”. In contrasto con la fede di Cristo esistono varie religioni,
il monoteismo Islamico con la sua tradizione coranica, basata su cinque
principi fondamentali, afferma che Gesù non fu crocifisso, infatti alcune
sette, come abbiamo visto, lo vedono predicatore in altri paesi. L’Islamismo
attribuisce ad Abramo la figura di padre spirituale, che con Ismaele suo
figlio, fondò la Caaba, il santuario della Mecca. Il suo Fondatore Muhammad,
nasce nel 570 d.C. alla Mecca, riuscì ad unire il popolo arabo, che adorava più
di 150.000 divinità, sotto un unico credo; gli esoterici lo considerano un
discepolo di Cristo, un’affermazione della sura 112 definisce così il loro Dio:
”Egli è l’unico Dio, il Dio eterno. Egli non genera e non è generato, e nessuno
è pari a lui, (quindi come il Dio degli Ebrei e molte altre divinità, si
potrebbe interpretarlo come la creazione stessa); il piacere delle fede qui si
chiama ”baraka” una condizione individuale benedetta e prediletta da Allah.
Anche nel Corano, come nel vangelo, si parla di una realtà parafisica, i Jinn;
inoltre, curioso è il fatto, divenuto anche un romanzo, che il profeta Mohammed
avrebbe eliminato alcuni “versi satanici” che avrebbero seguito in origine il
versetto 20 della sura 53, detta della “Stella”. L’Induismo composto da più
fedi culture e filosofie è la terza religione del mondo, nata nel primo
millennio a. C., considera il cosmo eterno e in continuo mutamento, Sanatana
Dharma è l’Eterna Fonte Universale, a Brahma spetta un ruolo fondamentale,
all’alba di ogni giorno, ricomincia una parziale creazione del mondo. Sanatana
Dharma è la ciclica religione che non è stata rivelata da nessun uomo. Nel
Pantheon indù l’originaria sintesi cosmologica è rappresentata da Shiva, il
greco Dionisio, il dio di Nysa, città sacra a Shiva, il dio del vino che danza,
simbolo rappresentante le funzioni di: creazione, mantenimento, dissoluzione,
riassorbimento e grazia, associato da Plutarco anche all’egizio Osiride, mentre
Iside è associata a Demetra. In Greca Dionisio il figlio della dea lunare
Selene, o Semele “il dio della vite,” sembra sia esistito fisicamente con il
nome di ”Libero Padre, colui che è come vuole essere”, considerato un Dio dopo
la morte; chiamato anche Bacco, nelle cui feste si portava in processione un
serpente. Infatti nelle mitiche nozze di Cadmo e Armonia che richiamarono tutte
le deità sull’Olimpo, si racconta di Cadmo che fondò Tebe dopo aver abbattuto
un serpente guardiano; proprio quel Cadmo sposo di Armonia, padre di quattro
figlie tra cui Semele generatrice di Dionisio “Colui che crede che avere regno
al mondo è avere potere”. I testi del Induismo sono i “metafisici” Veda
tramandati dai saggi rishi o meglio veggenti, i Samhita, i Brahamana e le
Upanishad; la sofferenza dell’uomo nasce dall’Avidya, “l’Ignoranza”, nascita e
morte sono solo mutamenti nell’eterno flusso vitale; scopo della vita sono: il
Dharma (ordine etico universale), l’Artha (benessere), Kama (desiderio) e
Moksha (la liberazione); infatti dopo la morte lo spirito, “l’Atman” torna alla
dimensione divina, la mente alla dimensione mentale ed il corpo alla terra. Il
Buddhismo nato in India nel VI sec, a. C., invece, si distingue per la natura
non divina del suo fondatore, che invita a seguire la sua dottrina, la via del
Dharma, dalla radice Dhri, “sostenere”, con i concetti di Karma, azione (causa -
effetto), che restituiscono all’uomo il ruolo di artefice del proprio destino.
Il Lamaismo rappresentato dal Bodhisattva, colui che pur raggiungendo
l’illuminazione, vi rinuncia per aiutare gli uomini a trovare il nirvana, la
via della perfezione. Lo Shintoismo giapponese invece, forse legato alla
tradizione munda, è legato alla figura dell’imperatore “Mikado o Tenno” 660 a.
C.: il primo, considerato discendente della dea del sole Amaterasu, una dei tre
figli di Izanagi e Izanami che ricevette il regno della Luce con il cielo e la
terra, i miti scintoisti, richiamando la dualità delle forze come molti altri
miti, fanno risalire l’origine dell’umanità ad una copia divina primigenia per
l’appunto Izanagi e Izanami (le forze contrapposte fratello e sorella, marito e
moglie).
Da sinistra raffigurazioni di Baal, Giove, Nettuno, Melchisedek e Dionisio.
44° IL DILEMMA BENE E MALE
Alla domanda: se Dio è veramente creatore
dell’uomo, o l’uomo, sospinto dalla speranza, ha creato Dio per un suo bisogno?
Ogni epoca ha dato la sua risposta e ogni uomo, in base alla sua maturazione
mentale, l’ha interpretata a modo suo. Certo è che nell’evoluzione dell’uomo,
fin dall’omo: “abilis, sapiens e religiosus in poi”, c’è sempre stato bisogno
di un’organizzazione, di una guida per motivare e regolare il vivere sociale,
“cosa che si riesce a fare solo finché ci sono gli alimenti per tutti”, quindi sono
sempre necessitati intermediari, “uomini illuminati”, più intelligenti,
sciamani, i derivanti sacerdoti, stregoni, aedi greci, druidi e i bardi celti,
alchimisti, cabalisti, teosofi. guru; oggi direi: telepatici, chiaroveggenti,
studiosi, letterati, mistici, ecc.; uomini che portavano a misura d’uomo il
divino per le più disparate necessità sociali, operando tra l’umano e il divino
per costruire e dirigere quella che chiamiamo comunità; è qui che la
“spiritualità” inavvertitamente, se gestita da malintenzionati o incapaci, si
allontana dalla religione per diventare politica, in quanto creatrice di una
virtuale entità inappellabile da usare a proprio volere. Questa è la religione,
da res=cosa e ligo=unire, quindi “mettere insieme, redigere una guida di persone,
che essendo “illuminate”, diventano veggenti e portatrici di giustizia, con il
loro esistenziale intento o compito di evitare i mali innati dell’uomo
sgretolando la paura delle incertezze che lo assilla. Non a caso anche la
parola sanscrita “yoga”, significa “unione”, e si propone per l’appunto, di
mettere insieme discipline e tecniche che mirano a unire lo spirito individuale
con l’anima universale. Del resto, Dio creò solo la “luce”, “E luce fu” (Genesi
3), rapportabile a quel “Uovo Cosmico, o Big Bang” che teoricamente avrebbe
originato la vita, ma che la maggior parte delle religioni riconduce anche alla
ragione, all’ordine; vuol dire che le tenebre e il male c’erano già da prima
nell’abisso del nulla, nell’abisso della perdizione, nell’Abbadon babilonese, o
nello Sheol ebraico, da dove deriverebbero gli antichi demoni, che un tempo
provocarono la “grande guerra contro il male”, riscontrabile in tutte le
culture, guerre come quella degli arcangeli “i messaggeri dell’arca”, contro
Lucifero, o come quella raccontata nel Mahabharata, o meglio la successione
greca del “Cosmos al Caos”, dell’ordine al disordine. Ma quando si parla di
“Luce”, non ci si riferisce solo in termini di luminescenza, ma anche alla
conoscenza di realtà fisiche che in fondo sono oscure “nelle tenebre”, quindi
esiste una luce delle oscurità che la fisica oggi, più che mai avverte
attraverso gli studi sulla materia. l Nella mitologia Greca è Pandora figlia di
Efesto la prima donna mortale causa di tutti i mali, Pandora mandata da Zeus
sulla Terra divenne sposa di Epimeteo, colui che per curiosità apri il vaso dei
mali affidatogli da Zeus diffondendoli sulla terra, colui il cui nome in greco
significa “imparare dopo”, al contrario del forgiatore dell’uomo Prometeo i cui
termine significa “imparare prima”. Contrariamente, non a caso, il termine
Diavolo è affine al termine “devolo” cioè scendere in volo e deriva dal latino
diabolus che significa il “calunniatore” e dal greco dia-bolein che significa
“lanciarsi attraverso per separare”, in pratica dividere; come il termine setta
solitamente compagno, che oltre a derivare dal latino secta, (verbo: sequor)
“seguire,” potrebbe invece derivare da seco, cioè “seccare separare”. Lanciarsi
attraverso separando può significare anche lanciarsi attraverso per fare
esperienza, superare una prova, “voler conoscere;” del resto il serpente oltre
che essere simbolo di separazione del diavolo è anche simbolo di sapere,
conoscenza, e qui si ritorna alla dualità, alla contraddizione, che appare
assolversi solo nella visione antica e unitaria del bene e del male, o meglio
il bene nel male ed il male nel bene, l’orientale Ynn e Yang: “luce e buio,
attivo e passivo, uomo e donna, bene e male”. Del resto, personalmente, sono
convinto, tenendo conto, come più volte ho affermato, se è vero che “Dio si
rivela nella ragione”, che il male fatto incoscientemente è necessario
all’evoluzione dell’uomo, mentre il male fatto coscientemente o
premeditatamente ne è la vera parte oscura, “demoniaca”, che blocca
l’evoluzione, cacciando l’uomo dall’Eden, dai piaceri dell’elevatezza
spirituale, ricacciandolo, facendolo regredire evolutivamente nell’ignoranza
con la forza della “Loggia Nera”, dell’oscura energia inversa; è bene e procura
piacere, favorire il moto creativo in divenire ed è male contrastarlo, e si
raggiunge la consapevolezza di questo solo attraverso l’esperienza e
“l’illuminazione”. Ecco perché la Chiesa afferma che Dio permette il male, “la
croce,” per ricavarne il bene e giungere al cielo, ecco perché gli esoterici
chiamano per l’appunto “Omeopatia Karmica” quel curare il male con piccole dosi
di male che serve, sempre secondo le dottrine esoteriche, far staccare lo
spirito dal nostro pianeta verso il “Cristo Padre, il Sole del Mattino”, dopo
aver percorso il Samsara cioè quelle esperienze assimilate nelle successioni
Karmiche, quel percorso conosciuto ed espresso magnificamente dagli antichi.
Basti ricordare il poema sumero di Ishtar, in cui la dea scendeva negli inferi
privata man mano delle sue prerogative fino a perdere la veste ed essere così
aggredita dalle “sessanta malattie”, impazzendo, fino a quando, aiutata a
recuperare la veste, risaliva gli inferi tornando alla luce con l’esperienza
appresa, ciò che nel antico testamento viene chiamato: “la conoscenza del Bene
e del Male”, un aiuto quello di Ishtar da interpretarsi come una purificazione
operata da santi e angeli tesi a insegnare “la Grande Lezione dell’Amore”. Del
resto nel vangelo di Giuda, nominato da Ireneo e Epifanio e attribuito alla
setta gnostica dei canniti, si giustificava perfino, sia il fratricidio di
Caino che il tradimento di Giuda, considerati previsti e necessari per la
caduta e la conseguente salvezza, per tale motivo veniva celebrato “il
mysterium proditionis”, non c’è da meravigliarsi i Cainiti, i Camiti e i
Canaaniti sono tutte razze dominanti chiamate “figli dei Serpenti”.
Fondamentale dunque la comprensione del mondo dell’anima, che rivela il fatto
che noi siamo i veri nemici di noi stessi, non capendo “che il male, si è
necessario, ma guai a chi lo fa”, non capendo i tre influssi dell’occulta e
“Antica Legge di Partecipazione al Male” che afferma:“La malattia è causata e
dipende da tre influssi Primo: il passato, e con ciò l’uomo sconta i suoi
vecchi errori. Secondo: l’eredità, per cui condivide con tutti gli uomini
energie infette che hanno natura collettiva. Terzo: ciò che il Signore della
Vita impone al Proprio corpo, a cui l’uomo partecipa con tutte le forme
naturali”; questa legge un giorno sarà sostituita dalla “Legge dell’Antico Bene
Dominante”, ma dovrà essere attivata dalla volontà degli uomini, solo allora
sarà: “come quando il sole appare e le ombre della notte, senza lotta,
svaniscono”. Il termine satana, invece, non a caso deriva dal Sanscrito, dal
Fenico e dall’Ebraico ha-satan, antico “shatan” che significa “l’avversario,
ciò che non si vuole conoscere, rimanendone così sempre separato”, infatti,
nella stessa radice della parola dal Fenicio STN: Scin+Tet+Nun, Scin ha la
funzione di trasferire le idee da una parte all’altra degli opposti, mentre
Scin e Tet indicano il tendere all’oscuro, il non capire, l’ignoranza del non
conoscere, che d’altro canto credo necessaria perché quello che noi chiamiamo
“male” si esprima quale motore dell’esistenza stessa, dove l’Equilibrio armonico
delle dualità diventa “l’unica vera giustizia, l’unica vera via“ il “necessario
d’essere per esistere”. Volendo rapportare quanto detto al concetto alchemico e
creativo della “Trinità”: Padre, madre e Figlio, a mio parere, diviene facile
capire il significato positivo di Shin che si può identificare con il Figlio,
in quanto è il risultato ritmico creativo avvenuto dall’unione dell’amore tra
il Padre e la Madre (l’uomo e la donna), mentre d’altro canto, invece, si
evidenzia l’oscurità dissonante dell’increato, che appare nella “separazione”
del Padre dalla Madre (dell’uomo dalla donna), la non partecipazione, la non
conoscenza dell’armonia universale, sempre “quell’’oscura energia inversa”, che
cosmicamente si manifesta estrema, anche nella “contro rotazione di alcune
galassie”. Qui, sempre a mio parere, appare evidente l’agire di Dio
nell’istinto, nello stato cosciente del microcosmo che ci compone, per lo scopo
della procreazione, ma il suo agire appare anche nell’amore della nostra
ragione cosciente che tende a conoscere, unire gli spiriti dell’uomo e della
donna, in questo caso nella consapevolezza creativa della prole, l’atto
creativo voluto da Dio per lo scopo del ritmico “Divenire”, l’esistenza dello
stesso Dio. Qui a mio parere, si può anche teorizzare l’evoluzione dell’uomo o
di un corpo verso le sfere superiori, che in un ciclo karmico, dimenticando la
sua natura, torna alle sfere inferiori; ciclo in cui il male è l’energia che
percorre lo stesso ciclo in modo inverso, portando il sapere raggiunto d’un “corpo evoluto” su sfere evolutive inferiori, utilizzando
appunto i corpi e gli elementali a proprio piacere, quel male che è stato
definito il “Sapere del Serpente”, che sempre, e comunque deve rendere conto
degli suoi errori alle sfere superiori. Quest’ultimo concetto sembra rivelare
un ‘altro tipo di “male, un’energia inversa”, ma in realtà se viene permesso
dalle sfere superiori probabilmente rientra nel “Grande Equilibrio della
Creazione”, del resto la personalità dell’uomo sebbene associata ai “diavoli”
dei piani inferiori convive con l’anima dei piani superiori del “regno di Dio”.
In questi concetti, quello che noi chiamiamo “il male”, appare solo nel “non
essere, la non conoscenza”, la “disarmonia del tutto” contraria
all’armonizzazione degli opposti che già i celti rappresentavano con la doppia
spirale, anche chi persegue il male consapevolmente, in nome d’un “libero
arbitrio” che la stessa mente limita, in realtà difetta come creatura e non
conosce, non vuol conoscere, o semplicemente non gli è permesso conoscere, per
far sì che esista il concetto opposto di armonia. I “demoni” sono la
rappresentazione del male, nel microcosmo agiscono attraverso quelle minuscole
entità che ci formano; e nel macrocosmo agiscono attraverso le stelle e quegli
esseri superiori che ci visitano; ma non dimentichiamo che agiamo anche noi,
nell’opporci o nel accondiscendere. Il male è l’estrema disarmonia, la parte
della dualità che chiude il cerchio congiungendosi con l’altra parte duale
“l”uccidere per amore”; l’agire necessario per l’esistenza dello stesso Dio che
si divora, che ci divora per Alimentarsi, Unirsi e Ricrearci, suggellare la
vita nelle diverse realtà. Un concetto simboleggiato magnificamente
dall’Oruoboros egizio, il semita “Napiriha”, che portano in se il concetto
dell’ebraica duplice anima dell’Elan, in altre parole quel “Serpente Cosmico”
già noto agli hindù e ai cinesi, quel “Drago fiammeggiante”, che da vita alla
creazione mangiandosi la coda, in altre parole nutrendosi di se stesso, non per
caso era simbolo di rinascita e le sue scaglie simboleggiavano gli stessi astri
dell’universo. Lo stesso concetto espresso recentemente dallo studioso russo
Ouspensky, quando in estasi mistica sperimentale, si chiese, che cos’è il
mondo?: “Immediatamente vidi la sembianza di un grande fiore, come una rosa, o
un loto, i cui petali si schiudevano continuamente dal centro, crescendo,
aumentando le dimensioni, raggiungendo la parte estrema del fiore e quindi in
qualche modo ritornavano dio nuovo al centro e cominciando di nuovo dal
principio”, Questo concetto porta ad un’alta consapevolezza di se stessi che
gli antichi egizi già conoscevano come dimostrano le conoscenze ermetiche e gli
affreschi del libro di ciò che è nel Duat, cioè quella zona celeste che
comprendeva Orione, il leone e l’Orsa Maggiore “simboleggiata dal dio Seth,
“l’ibis o il schaitan”, colui che si ribellò a Osiride” proprio come il Satana
cristiano, apprezzabili nelle tombe della Valle dei Re. Il Libro dei Morti
egizio, rievocando figure associabili ai demoni mesopotamicidi che potevano
mutare aspetto, di Seth afferma: “Che io possa trionfare di Seth e delle sue
spie notturne dalle sembianze di coccodrillo, come pure dalle spie dai volti
celati… (cap. LXV) Perché Seth, nelle sembianze di un Cinghiale nero, ha
inferto un duro colpo all’occhio di Horus… (cap. LXV) Che la mia anima non
rimanga soggiogata né trascinata in prigionia dei demoni… (cap. CXXV)”. Come il
papiro di Hunefer al cap. XVII, gli scritti di Maspero, i papiri di Ani “il
Libro dei Morti di Hunifer” e la piramide di UnasIn, ci parlano dei Figli delle
tenebre che vogliono disfarsi di Osiride, e del serpente Sata; un papiro
d'epoca tolemaica, copia di un papiro più antico d'epoca ramesside, chiamato
"Setne II", custodito al British Museum con la sigla D.C. IV, narra
alcune vicende legate al figlio di Ramosis Il Khaemuaset, chiamato anche
"Setem", cioè Sommo Sacerdote di “Ptah”, che ha per figlio, Sausir,
che è in realtà fu ritenuto l'incarnazione di un potentissimo mago vissuto in Egitto
150 anni prima, quando regnava Thotmosis III, ed il cui nome era Horus
sapaenshu, si narra che fu il dio Thot a dargli, in sogno, le istruzioni per
costruire un “carro magico”: "Le magie di Horo sapaenshu correvano in
mezzo alle nuvole del cielo e non perdevano tempo a muoversi nella notte
(andando) verso il paese degli Etiopi. (Arrivati lì) s'impadronirono del re e
lo portarono in Egitto ... poi lo riportarono a Saba il tutto in sei ore."
Il re degli etiopi, spaventato, dice allora al suo mago: "per Amen, il potente
di Saba, mio dio, se capiterà che tu non sappia salvarmi dal carro magico degli
egiziani, ti farò fare una brutta morte tra i tormenti." Così il mago
etiope va in Egitto e, di fronte al faraone Thotmosis III, inizia una gara di
magia con Horo sapaenshu. Ad un certo punto l'etiope "sospese una grande
lastra di pietra che misurava duecento cubiti di lunghezza e cinquanta di
larghezza (80 mt x 20 mt) sopra il faraone e i suoi nobili."
A parte le straordinarie affermazioni,
noterete tra l’altro l’incredibile somiglianza fonetica del termine “sat-ana”
che sembra formarsi dall’unione degli dei egizio-sumeri “Seth e Anat o Anu”,
quest’ultimo identificato per l’appunto con Osiride. Otterremmo la stessa
conclusione analizzando il mito originario di Pan “il tutto,” nato
probabilmente dalla “matrice” di Min, una divinità egizia della procreazione
sessuale, rappresentata consuetamente con il pene in erezione, un nastro cinto
sul capo e due lunghe piume sopra, associabile quindi, ai vigilanti di Enoch.
Pan è definito un satiros o meglio Seth+Aries, il fuoco primordiale
dell’essere, più precisamente degli arya giunti da Venere a distruggere quei
primi esseri “mostruosi citati anche nell’antropogenesi delle “Stanze di
Dzyan”. L’associazione del Capro, con l’impurità ne fece un simbolo per
l’espiazione dei peccati dei primi esseri “informi”, dei Vigilanti, e dei
popoli, basti ricordare, come afferma anche il Pentateuco, il capro offerto dal
popolo ebraico ad Azzazel, Belial, o “Seth” divenuto il nostro Satana; infatti
noterete la somiglianza del termine Satana con Sanatana che significa “Eterno”
e con il conseguente “Sanat Kumara”, il “Sempre Giovane” giunto da Venere con i
suoi Kumaras; da alcuni associato al sovrano di Atlantide Nettuno, il cui
simbolo è il tridente, il forcone del Satana cristiano e presente anche del dio
hindù della danza, Schiva. Azzazel sembra anche associabile al capo dei
Vigilanti Semeyaza, nome che potrebbe avere origine da, azza “il forte”, o Uz
in accadico “capra” e anche un dio, come sembra da un interpretazione di a una
tavoletta trovata a Sippara in Iraq, dove Uz è rappresentato su un trono con
pelli di capra mentre fa ruotare il disco solare, in ogni caso legato ai riti
sciamanici dei Vigilanti, djinn, edimmu e ai succhiatori di sangue come “l’hibla-bashi”,
un satiro mezzo uomo e mezzo capro ricordato dai Wigram del Kurdistan, uno di
quei esseri probabilmente trasformato da quelle entità giunte da Venere a
rinnovare la razza terrestre per i loro scopi. “Tutto ciò sembra dirci che per “l’Esistenza”, c’è
un’unica necessaria Energia di “contrapposti”: “maschile-femminile, male-bene,
ecc.,” che sotto molteplici forme, sale dalla terra e attraverso una “legge
Karmica” di trasformazioni e purificazione raggiunge sempre più sensienza,
sempre più “visione interiore” fino a diventare Divinità, raggiungendo la
comprensione dell’universo, “la Luce del Padre”, luce nel quale rientra anche
l’evoluta sensienza contrapposta di quei dignitari Elohim”. Fu il ragionare su
quest’ordine di concetti a portare grandi pensatori ad elaborare contrastanti,
ma efficaci aforismi. Fu forse per questo che Plutarco di Che romea, colui che
1600 anni prima di Copernico concepì l’Universo infinito con più mondi animati,
disse “nell’Arte di Ascoltare, De Rectaratione Audendi”: “Che seguire Dio e
obbedire alla ragione sono la stessa cosa”; forse sapeva, come afferma lo Zand
Avesta Zoroastriano, che l’uomo è destinato ad usare il “Libero Arbitrio”
secondo una giusta ragione, o meglio come disse S.Paolo: ”L’uomo è libero nella
legge”. Socrate di Platone disse: “E giunta l’ora di andare. Ciascuno di noi
vada per la propria strada: io a morire, voi a vivere. Che cosa sia meglio
Iddio solo lo sa”, Catullo ricordava che una volta che si è spenta la luce
della vita, c’è una notte eterna da dormire, forse per questo Orazio ci insegnò
a cogliere l’oggi e non a lasciarsi incantare dal domani. Ognuno ha avuto, ed
ha, le sue “illuminazioni”, in ogni tempo, sempre limitato “dall’ombra della
propria ignoranza evolutiva”.
La prima foto a sinistra rappresenta il
cunicolo di comunicazione fra i livelli, menzionato nel "Libro di ciò che
è nel Duat". A fianco: “Dinanzi a Osiride”, Libro dei Morti e infine
statutetta di Osiride e Oro.
45° LA DUALITA’ CREATIVA DELL’ESSERE DIO
Gli insegnamenti eccelsi sono infiniti,
la “Verità” va ricercata, per logica, su ciò che più si accomuna, sull’origine
etimologica degli stessi termini rivelatori. I termini come spirito, che noi
carichiamo di trascendenza, all’origine avevano un significato più esplicito. Spirito
per esempio è la traduzione dell’ebraico e femminile Ruakh, che significa
“fiato”, in latino spiritus, significa “fiato, respiro” e corrisponde al
termine esoterico Atman, “il Sé della
stessa Forza Creatrice sostenitrice del Tutto”; da ciò riesce facile capire
l’essenza di Dio e della Creazione, capire le parole di Geremia al tempo del
quarto e il quinto re di Roma, Anco Marzio e Tarquinio Prisco, quando dice: “Il
respiro della nostra bocca, il Cristo Signore, è stato fatto prigioniero per i
nostri peccati”…”Questi è il mio Dio e nessun altro può essergli paragonato.
Egli ha scrutato la via della sapienza e ne ha fatto dono a Giacobbe suo servo,
a Israele, suo diletto. E dopo è apparso sulla terra e ha vissuto tra gli
uomini”. Inoltre profetizzando Gesù aggiunge: “Ecco vengono giorni, dice il
Signore, nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero
re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra”. Da ciò è
facile capire perché S. Agostino diceva: “Dio mi è più intimo della mia stessa
intimità”, da ciò è facile capire perché gli indiani d’America chiamano
coerentemente, Dio “Grande spirito” considerandosi una sua porzione, o perché
nella stessa Genesi (1,2) si legge: “E la terra era informe (orig.”Tohu bohu”, nel
caos) e vuota; e la tenebra era sulla faccia dell’abisso. E lo spirito di Dio
si muoveva sulla faccia delle acque”, più esplicitamente questo stesso spirito
diventa “creatura viva” dal “neptus”, la sostanza umida originaria, nei versi
(1,20): “E Dio disse, le acque producano in abbondanza le creature che si
muovono e hanno vita; e volatili che possano volare sopra la terra nell’aperto
firmamento del cielo”, “ E Dio Li benedisse, dicendo, siate fecondi e
moltiplicatevi, e riempite le acque dei mari, e i volatili si moltiplichino
sulla terra” (1,22). Nel secondo capitolo della creazione si dice
esplicitamente: “Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo nessun
cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata,
perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla Terra e nessuno lavorava il
suolo e faceva salire dalla terra l’acqua dei canali per irrigare tutto il
suolo”, quindi l’acqua è la prima apparizione sulla terra. Scrutandone
l’analisi ritmica degli insegnamenti cabalici, si noterà che l’acqua
nell’alfabeto ebraico si riassume in “ed” formata dalle lettere alef e dalet,
cioè la prima e la quarta lettera dell’alfabeto ebraico (1-4), subito dopo si
parla di Adam che è composto da alef, dalet e mem, (1-4-40), il rapporto numerico
del piano decimale superiore; la struttura dell’alfabeto ebraico fa sì che
l’albero della vita e l’albero della conoscenza siano rappresentati proprio nel
rapporto numerico 1–4, il quattro ha assunto sempre molta importanza, è il
“tetraktis”, il dieci dato dal contenuto del quattro, il numero del giuramento
dei pitagorici: “Nascita, Vita, Morte e Vita ancora; cioè l’Immortalità”, è il
Tetagramma impronunciabile di Dio che rappresenta l’esistenza delle cose in sé,
è il numero dei quattro elementi: aria, acqua, terra e fuoco, l’esistenza
rivelata attraverso il “quaternario”, che in astronomia corrisponde al pianeta
Giove con le sue quattro lune. Tornando ad Adamo quindi “l’uomo”, appare nel
rapporto del piano decimale superiore 1-4-40 e nel rapporto con “ed” diventa
successivamente 1-4-40-400: “Un fiume usciva dall’Eden per irrigare il
giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi (Genesi cap 2 vers.
9)”. 1-4-40 sono valori numerici, guarda caso relativi alle lettere alef, mem e
taw che formano la parola “verità”; quindi “un evoluzione ritmica decimale”
rappresentante la Creazione stessa dove lo zero rappresenta la ciclicità,
“l’uovo cosmico”, se poi nelle parole uomo e verità tralasciamo l’uno si
avranno 4-40 e 40-400 equivalenti a “dam e met” che significano sangue e morte,
ossia “la tragedia umana”. Il peccato di Adamo, non seguire le regole divine,
significa morire e comprendere l’eternità del Creato, infatti, dover morire è
connesso con il prendere “l’Albero della Conoscenza” come afferma il cap.2,17
della Genesi, e la connessione numerica è perfetta. Qui si può capire, perché
la sete di logica e sapere in vita si rivela in tristezza nell’essere che vuol
sapere, trovandosi limitato dallo stesso stato di materia. “Scritto davvero
speciale la Bibbia”, ma solo con l’alfabeto ebraico si segue un senso numerico,
un filo logico rivelatore, ecco perché sta scritto che gli scritti originali
non devono mai essere ritoccati, e se tradotti diventano solo una fede da
credere, ma non provabile numericamente, se non in ebraico, ovviamente. Nello
Sepher Bereshit “il Libro del Principio”, o Genesi” al capitolo 1.1,2 tradotto
parola per parola appare evidente e chiaro “l’atto generativo di Dio” nella
dualità delle forse, infatti, si legge: ”Wa-aretz:: E la terra; haitahah: non
manifesta; thohoù: in potenza; wabohoù,: d’essere,; w’hosheèh: l’oscurità;
hal-phenei: avvolgeva; theom,: l’oceano primordiale,; w’roùah: il soffio
vitale; Elohim: Dei; Merahepheth: generativamente movente; hal-phenei: al di
sopra; ha-maim: acque”.
In questi versi, e ritmi numerici si
ravvisa l’antica relazione duale delle energie Terra – Sole, che avrebbero dato
vita al nostro pianeta, teoria che la scienza d’oggi ci propone, ma che come
abbiamo visto, fu già teorizzata nei frammentari versi fenici di Sanconiathon
ed egizi di Ermete Trismegito che nel suo concetto di “Unica Cosa”, evidente
nella nota Tavola Smeraldina, mette in luce una sintesi fondamentale
dell’antico sapere egizio, che poi fu ereditato dai romani, basti pensare che
nel culto di Attis si affermava: “Io e il Padre siamo un'unica cosa”; anche la
dualità “male e bene”, come abbiamo visto, fu superata egregiamente dagli
egizi, la stessa figura del “Caduceo” di Ermete o Thot, derivazione del bastone
brahmanico (sacerdotale), il bastone del potere lungo il quale sono
attorcigliati due serpenti di colore diverso che si affrontano, mette in
evidenza un’unica realtà spirituale, risultante dalla coesistenza del bene e
del male, infatti la cima sferica del bastone rappresenterebbe il cervello che
per i brahmani era la reincarnazione di Vishnu il deva maestro di ogni pianeta,
la cui “illuminazione” fu possibile solo quando il Re Cobra dalle sette teste
Mucalinda gli porse riparo durante una Tempesta, un gesto sommo d’amore e
compassione che fa capire che il male e il bene sono solo una misura di
adattamento al vivere le regole quotidiane dell’uomo; sta scritto infatti: “Dio
usa per il bene anche i malvagi e per coloro che lo amano Tutto concorre al
bene”. Una statuetta azteca trovata in Mexico che rappresenterebbe la grande
madre Coaticlue “quella dalla gonna di serpenti”, mostra la testa della dea
formata da due serpenti che si affrontano, forse proprio per rappresentare la
dualità delle forse necessaria alla “Creazione”. Per gli Egiziani, è dal Caos,
Nun o Nout, le acque primordiali, che nasce l’idea di Atum-Ra che per mezzo del
Verbo, o meglio, “dalle parole, suoni, combinazioni”, creò dal mare primordiale
la prima isola di terra, “Tep zepi”, l’Età dell’Oro egizia. Un verso tratto da
un testo fatto risalire a circa 2.400 a.C. rivelando l’antica cosmogonia egizia
dice: “O Atun, tu eri sulla collina primordiale, la prima terra sorta dalle
acque”, poi Atun attraverso l’intervento di Rà, “l’alieno che diede la
coscienza vitale” si manifesta in Ptah, “il corpo”, è Tah il dio egizio più
recente che prima pensa con il cuore e poi crea i suoi dei, qui il cuore
raggiunge finalmente il potere sulle membra. Un antico testo egiziano afferma:
“Io ero le Acque Primeve Colui che non aveva compagno quando ebbe origine il
mio Nome. La forma più antica in cui io fui era quella di un annegato. Fui
colui che cominciò, L’abitatore delle Acque Primeve. Prima Hehu emerse per me e
poi cominciai a muovermi, Io creai le mie membra per la mia gloria. Io fui
l’autore di me stesso in quanto formai me stesso secondo il mio desiderio e
secondo il miop cuore”. Nel Libro dei morti capitolo LXIV si legge chiaramente:
“ In verità Io trabocco di possibilità senza limiti e il mio Nome è “Il Grande
Tenebroso”. Ciò che in me è celato, conformemente al ritmo del tempo Io lo
manifesto attraverso il mutamento delle mie cangianti forme”. Fu in questa
“prim’epoca” che si apre la vicenda chiamata in greco Enneade e comparvero i
primi dieci dei che regnarono l’Egitto del “Primo Tempo” per l’appunto lo “Zep
Tep” degli “Urshu e i Neteru. Gli egizi antichi descrivevano i sovrani del Zep
Tepi, come esseri possenti e bellissimi e li chiamavano per l’appunto Neteru,
cioè “coloro che illuminano”, mentre gli Urshu che sta per Sorveglianti si
possono ricondurre ai Nephilim o i Veglianti e di conseguenza agli Annunage
sumeri.
Per gli esoterici la stessa parola
“spirito” indica l’essenza di Dio presente in ogni uomo, che non si deve
confondere con l’anima, o l’ego, (nella sua suddivisione d’individualità immortale,
che mortale della personalità o “maschera”), che dello spirito sono la
manifestazione. Allora se Dio “nel vento che agitava le acque”, creò l’uomo e
gli diede, “l’avatar”, il suo fiato o “soffio vitale”, come si legge nella
Genesi, io sono lo spirito di Dio mio creatore, ed ho la facoltà di seguirne
gli insegnamenti che portano alla sua “illuminata perfezione”, dove si assolve
la dualità del bene e del male; Gesù stesso ci dice: “Che Dio creò la Luce in
seno alle Tenebre”; in riferimento all’Anticristo sta scritto che lo ucciderà:
“Col soffio della sua bocca e lo annienterà con lo splendore della sua
presenza”, ma sta scritto anche, come abbiamo visto prima: “Dio usa per il bene
anche i malvagi e per coloro che lo amano Tutto concorre al bene”. Lo Spirito è
il “Soffio vitale”, “il vento che agitava le acque”, è anche l’ebraico, “nefis”, ciò che noi
chiamiamo anche “prana” e che i cabalistici adoperano per indicare le passioni
e l’anima degli animali. Il corpo allora ospita lo spirito di Dio in cui mi
riconosco, ecco perché Cristo disse: “... Colui che conosce tutto, ma ignora se
stesso, è privo di ogni cosa ... il Regno è dentro di voi ed è fuori di voi.
Quando conoscerete voi stessi, sarete conosciuti e saprete che siete figli del
Padre Vivente. Ma se non conoscerete voi stessi, allora sarete nella privazione
e sarete voi stessi privazione ... Colui che cerca non cessi dal cercare,
finché non trova e quando troverà sarà commosso, e allora contemplerà e regnerà
sul Tutto ... se esprimerete quanto avete dentro di voi, quello che avete vi
salverà. Se non lo avete dentro di voi, quello che non avete vi perderà...”. Se
nel vangelo gnostico di Tommaso si legge: “Colui che conosce il tutto, ma è
privo della conoscenza di se stesso, è privo del tutto”. Significa che la
conoscenza, qui è la “Gnosi”, la “Guptia Vidia” degli indù, che si dovrebbe
raggiungere con l’iniziazione ai “Misteri spirituali”, raggiungibile con uno
stato di coscienza superiore, originato, per l’appunto, dal susseguirsi delle
“Illuminazioni”, raggiungere quel titolo che gli hindù chiamano “dvja” (nati
due volte), o jvanmkta (liberati in vita), o i mahatman (i magnanimi), in
definitiva divenire guru.
46° L’EQUILIBRIO DELL’AMORE
In nome di quanto detto, bisogna tener
conto che la suddivisione comunitaria delle religioni e la lotta tra di esse,
non ha senso, se non per altri fini. Il Dio è universale e risiede solo in
un’ideale di unione, come dimostra esplicitamente l’origine etimologica del
termine “religione”, che abbiamo visto prima. La Teosofia, il Sufismo, la
Massoneria e la New Age, predicano il culto di una religione universale,
ultimamente nei paesi civilizzati esiste una grande tolleranza religiosa e una
disponibilità reciproca tra le fedi, anche la nostra chiesa cristiana si è aperta
a questa nuova concezione. Non a caso, tutte le religioni, anche se
fondamentalmente diverse, sono concordi in alcuni punti, riconoscendo una
“divinità”: della luce, della ragione, del sole creatore, della creazione, il
creare, l’azione, il non uccidere, il non rubare, il non mentire, il non
commettere adulterio, la compassione, la bontà, la verità, la tolleranza, la
pace e l’amore cosciente; soprattutto quest’ultimo sembra essere la vera
“rivelazione” di ogni religione, volta alla luce. Infatti il nome impronunciabile
del dio egizio Rà che dona l’immortalità e la vita, è rappresentato nei
geroglifici proprio da un cuore. Per i celti
il triskele “simbolo formato da tre gambe” rappresentava la triplice
manifestazione del Dio unico che era riscontrabile nella forza, nella saggezza
e nell’amore. Per gli indù il termine sanscrito, “Ananda”, significa suprema
beatitudine, così come “Abhaya”, che oltre a significare, libertà dalla paura,
significa serenità, che proviene dall’amore, come lo era per gli egizi la beatitudine
“del campo celestiale di Aanroo”, che in teosofia si chiama “Devachan”. Per i
greci, “Agape”, è la festa in cui si celebra l’amore, lo Jainismo dal
sanscrito, è un sistema filosofico-religioso nato prima del buddismo e si basa
“sull’ahimsa”, “il risultato della comprensione tra gli esseri”, cioè l’amore
universale raggiunto seguendo il bene, che in greco si identifica in Agaton, e
in teosofia l’Alaya. Infatti, come il Dio degli Ebrei ama il suo popolo, anche
l’induista segue il Kama, il dio dell’amore, il Corano islamico si apre
proclamando che Dio è “ clemente e misericordioso”, agisce quindi seguendo una
regola dell’amore. In Mesopotamia, oltre a Smamash, dio della guerra e
dell’amore, raffigurato nella Stele di Amurabi, Ishtar era la grande dea
dell’amore e delle unioni, il Cantico dei Cantici della Bibbia sembra un
rifacimento di un rituale a lei dedicato. Venere, la Luna, Astante, Afrodite,
Cibele, Iside, Inanna, Lakshmi, Radha, ecc., sono tutte dee dell’amore, nelle
varie religioni e mitologie. Inoltre alcune religioni affermano anche le stesse
trinità, come la religione cristiana e quella vedica. L’amore cosciente è
dunque parte della rivelazione, esso favorisce le unioni, la procreazione,
quindi il “Divenire”, il distacco dalle cose materiali divenendo un puro
“Bhakta” al di là dei tre guna cioè “virtù, passione e ignoranza”, divenuto
“servitore dei piedi di loto del Signore”; (Libro di Krsna pag. 397 cap. 50); e
concepire così il distacco dal pianeta terra per entrare nella Luce di Dio. Tutto
ciò può accadere purché l’uomo nella sua ignoranza non ecceda nel credere alle
imposizioni divine, non ecceda nel sacrificio altrui, come successe per gli
ebrei che sacrificavano il loro primogenito al dio fenicio Baal, o gli aztechi
che offrivano il cuore dei giovani al dio sole Tonathiu per rinnovare la sua
energia, “rito questo che ricorda il pasto di cuori degli egizi predinastici
divenuto poi un rito d’oltretomba, vedi i Testi delle Piramidi”, per lo stesso
motivo si scannavano anche 50.000 persone spesso prigionieri di guerra, gli
inca sfondavano il cranio ai giovinetti di entrambi i sessi, in onore del dio
Inti, presso i celti si bruciavano uomini in cesti intrecciati dedicandoli al
dio Esus, in Danimarca le persone di quarant’anni venivano strangolate e
gettate nelle torbiere, in India si sacrificava strangolando le vittime con
nastri di seta rossa in onore della dea Durga Le Kali; gli Inni Vedici, in
merito, rimandano l’origine di questi agghiaccianti sacrifici alle etnie
arya,”il sacrificio in genere” avveniva solitamente scavando una buca in terra
che veniva poi circondata da fuochi sacri. Certo che ogni popolo può
considerare negativamente quello che per altri è un bene, per l’indiano è bene
prendere lo scalpo al nemico altrimenti viene emarginato dal suo popolo, i
polinesiani praticano sesso disinibito rispetto a noi che lo associamo al
peccato, “Quindi forme di bene e male assumono valore in base al processo
evolutivo di un popolo condizionato dal potere non sempre conforme alla
maturità individuale o all’evoluzione dei singoli individui”. Gesù disse a
proposito “Non potete seguire Dio e Mamnona insieme”…”La dove è il vostro cuore
siete voi.”
47° UNA NECCESSARIA DUALITA’ CICLICA
Una comune idea “moderna”, concepita fra
le antiche religioni, oltre alla dualità delle energie, è la ciclicità degli
eventi che segnavano l’inizio e la fine di qualche evento fisico o metafisico
della terra o del cosmo. Già gli antichi egiziani, concepirono il Dio solare
Atum-Ra che generò Shub, dio dell’umidità e Tefinut, dea del vapore acqueo.
Dall’unione di questi due sarebbe nato Geb, dio della terra e Nut, dea del
cielo, i quali a loro volta generarono: Osiride (l’anima), Iside, Nephtys, Seth
e Horus. Prima che re Menes unificasse il regno d’Egitto, nel 2.850 a. C., a
quanto pare il primo “re uomo” dopo una dinastia divina, come afferma Erodoto
nel secondo libro dedicato ad Euterpe, gli egizi furono retti per 13.420 anni
dai seguaci di Horus, gli “Shensu Hor” discendenti dei Netjeru i governatori
del “Primo Tempo”, nell’era del Leone, come afferma la Stele di Torino. Essi
adoravano per l’appunto Oro una divinità solare rappresentata da un falco che
sollevandosi in cielo illuminava con i suoi raggi la città, e Seth,
assomigliante ad un animale con il muso lungo e orecchie rettangolari,
quest’ultimo un dio probabilmente di origine semita che diede forse origine
anche al nostro “diavolo” cristiano. Oltre ad essi, che erano in perenne lotta,
nella zona del delta del Nilo compare Osiride, un dio avente natura agraria,
che ucciso da Seth, scendeva nel regno dei morti per poi rinascere ad opera
della dea Iside, sorella del suo carnefice. Come nel mito egizio Iside immagina
di riassemblare, con la sua magia le 14 parti smembrate di Osiride ucciso da
Seth, nel mito cananeo di Baal e Anat, sono i resti di Mot, “la morte,”
seminati per terra da Anat a germogliare e a ricomporsi. Per i Sumeri lo stesso
concetto è espresso da Inanna e Dumuzi, mentre per i babilonesi, è la dea
Isthar e il compagno Tammuz, dove è la dea a rappresentare l’energia
riproduttrice della natura, per i frigi era Cibele e Attis, per i greci da
Adone e Afrodite, per i romani da Persefone e Plutone. Ciò probabilmente,
serviva proprio ad rappresentare simbolicamente il ciclo costante della
vegetazione, che si riproduce continuamente.
La ciclicità appare in molte forme, nei
sacri testi persiani di Avesta, il profeta Zarathustra sostiene due principi:
Il Bene, incarnato in “Ahura Mazda” e Il Male incarnato spiritualmente in
“Arimane”. Essi sono in continuo conflitto, finché non si affermerà il bene
dopo quattro cicli, ognuno di 3000 anni. Il grande ciclo Orfico che si
riferisce al mutamento delle razze, durava 120 anni e quello di Cassandro
136.000 anni. L’aspetto attivo e passivo per la ciclicità è sempre stato
rappresentato da culti fallici e simbologie raffiguranti i due sessi come Siva
e Durga in India. Come abbiamo prima visto per i persiani, una ciclicità
riscontrabile in parecchie, antiche culture, è quella relativa al bene e al
male, espressa anche nella Bibbia, S.Paolo nella lettera agli Efesini (6,12)
dice: ”la nostra battaglia non è contro creature fatte di carne e di sangue, ma
contro i principi, e contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo
oscuro, contro gli spiriti maligni delle regioni celesti”. Nella letteratura
misteriosa e fantastica, moderna, Lovercraft, ne esprime egregiamente il
concetto nel suo "L’orrore di Dunwich": "…né si deve pensare che
l’uomo sia stato il primo o che sarà l’ultimo dei padroni della terra.
Quelli-di-Prima erano, Quelli-di-Prima sono, Quelli-di-Prima saranno. Oggi non
sono negli spazi che conosciamo, ma tra gli spazi. Essi avanzano sereni e
prim’evi, senza dimensione e a noi invisibili. Yog-Sothoth conosce la porta.
Yog-Sothoth è la porta. Yog-Sothoth è la chiave e il guardiano della porta.
(…). Egli sa da dove Quelli-di-Prima uscirono allora, e da dove usciranno di
nuovo. (…) L’uomo regna dove Essi regnavano una volta; ma presto Essi
regneranno dove una volta regnava l’uomo. Dopo l’estate è inverno; e dopo
l’inverno l’estate. Essi attendono pazienti e possenti, poiché qui Essi
torneranno". Questo scritto deriva da un libro attribuito al "poeta
pazzo" Abdul Alhazred che nel 730 d. C. racconta della Terra dopo che
fosse stata creata. Si afferma che circa due miliardi di anni fa il popolo
delle Stelle arrivò sulla Terra, e stabilisce colonie in Antartide che
all’epoca non era ancora sepolta dai ghiacci ed era abitata da creature
immonde. Mentre un miliardo di anni fa, il popolo sotterraneo di k’n-yan porta
in superficie il culto di Cthulhu. Duecento milioni di anni fa il continente
primigenio di Pangea si frammenta; nasce R’lyeh arrivano richiamati dall’Abisso
i seguaci di Cthulhu, “la grande razza”, e combattono contro il popolo delle
Stelle costringendolo a rifugiarsi in fondo ai mari. Centocinquanta milioni di
anni fa ricomincia la guerra tra il popolo marino “delle stelle” e i seguaci di
Cthulhu. Cento milioni di anni fa altre grandi spaccature della crosta
terrestre dividono l’Africa dall’Europa e dall’Asia; mentre cinquanta milioni
di anni fa il popolo delle Stelle fonda in Antartide una nuova città per
rimpiazzare quella eretta quando arrivarono 2 miliardi di anni fa.
Cinquantamila anni fa nasce in sud africa una civiltà umanoide con la pelle
scura. Solo ventiquattromila anni fa si sviluppano le prime civiltà umane e il
30 a. C. scompare in una tempesta la
città di Irem citata nel Corano. Nel 730 d. C.
Abdul Alhhazred scrive Al Azif a damasco sostenendo di aver visitato
Irem dove si adoravano le divinità dimenticate: “Yog-Sothoth e Cthulhu”. Nel
738 d. C. pare che il "poeta
pazzo" scompaia divorato da un mostro invisibile sotto gli occhi di una
folla di persone, di cui ci sono anche testimonianze scritte. Dal 950 al 1865
si fanno copie in varie lingue di Al Azif tradotto in greco e ancora oggi, per
l’appunto con il Necronomicon. Poi il caso vuole che nel 1907 si abbia la prima
testimonianza ufficiale del culto di Cthulhu, mentre nel 1925 viene portata alla
luce la città maledetta di R’lieh citata nel Necronomicon; e nel 1996 viene,
addirittura riportato alla luce, un corpo mummificato attribuito ad Abdul
Alhazred con assieme una serie di tavolette di notevole importanza: “la seconda
parte del Necronomicon”.
In queste vicende, o fantasie, più o meno
vere, si cela sempre e comunque il sapere di un antagonismo necessario per
l’esistenza delle diverse realtà, che ritroviamo anche nell’antico testamento
dove prevale un ciclico equilibrio ritmico temporale.Tutta l’esistenza è basata
sulla dualità, questo concetto lo ritroviamo in tutte le culture. Una leggenda
vichinga che risale all’alba dei tempi divenuta un poema chiamato l’Edda,
raccolta dal poeta islandese del XIII secolo, Snorri Sturlusson, parla di “Ginnungagap”,
la voragine dell’abisso divisa in due regioni: una a settentrione chiamata
“Niflhaim”, dimora di nebbia e ghiaccio, l’altra a mezzogiorno chiamata
“Muspell”, dimora di distruttori e fiamme, da dove Surt il Nero che a Ragnarok
avrebbe mosso a devastare il mondo con la sua spada fiammeggiante. La leggenda
continua affermando che dalle gocce palpitanti fecondate dal caldo soffio del
mezzogiorno, sorse la vita, ed essa prese la forma di un gigante di ghiaccio,
il malvagio Ymir il mormorante che ucciso dai tre figli di Odino perse tanto
del suo sangue che annegò tutta la progenie di giganti eccetto Bergelmir che si
salvò su di un arca. I tre uccisori poi con il cadavere di Ymir crearono il
mondo, poi il sole, la luna e le stelle. Qui oltre ad essere rievocata la
storia del Diluvio Universale appare evidente il dualismo tra caldo e freddo, e
da questo dualismo la leggenda procede poi con tutta la “Creazione”.
48° LE RECONDITE TRACCE DEI MONDI “DEGLI
ANGELI DI PRIMA”
Prima che Dio creasse il mondo, c’erano
altri mondi, le sacre scritture ce lo confermano, in Giobbe (9, 8 -13) si
legge: “Quando Dio ampliò i cieli i seguaci di Rahab si inchinarono a lui”. Nel
ottantanovesimo Salmo di Galilea, Dio creò il cielo e la terra dopo aver
aggirato il mostro Rahab e disperso gli altri suoi nemici. In un curioso testo
intitolato “La Creazione del Mondo”, che racconta leggende ebree, è chiaramente
descritta l'esistenza di sette cieli: il secondo dei quali ospitante i pianeti,
il quarto l'angelo Michele, il quinto le schiere angeliche, il sesto l'angelo
caduto Metatron, che ci ricorda il Sanat Kumara dell’India, il settimo le
anime, i serafini, gli 'Ofannim o Osannini, le hayot e gli angeli officianti;
inoltre si parla di sette terre, ciascuna delle quali "separata dalla successiva
per mezzo di cinque strati". Nella quinta risiedono le anime dei malvagi,
sorvegliate dagli angeli della distruzione; nella seconda, chiamata Tevel,
vivrebbero 365 specie, tutte diverse da quelle della Terra e avrebbero teste
d'uomo su corpi di leone, di serpente o di bove, altre al contrario avrebbero
corpi umani e teste di uno di questi animali.Tevel sarebbe abitata anche da
esseri umani con due teste, quattro mani e quattro piedi, questi esseri si
distinguerebbero particolarmente, per la loro rettitudine. Dopo aver letto
testi mistici, religiosi, vedici, fantastici, di spiritismo, ipnotismo, e
occulti come il libro di S. Cipriano, le Clavicole di Salomone, il Gran
Grimorio o meglio il “Patto di Sangue”, il Dragone Infernale, i segreti di
Alberto il Grande nel libro Infernale, il Necronomicon di Lovercraft, solo per
citarne alcuni tra i più ambigui. Se si pensa alle varie leggende popolari,
alle varie mitologie, ai vari “Bus della Veca”, a quei racconti di streghe,
maranteghe, gianepe, donazze, di diavoli, demoni, spiriti, fantasmi, fate,
Sidhe, esseri come i “Cavazai” della Val di Fiemme che apparivano con piedi
equini biforcuti, e altre mille storie ancora, risulta difficile essere
totalmente scettici; d’altro canto migliaia sono gli angeli e migliaia sono i
demoni, questo è quanto ci fanno intendere le sacre scritture e le mitologie
che spesso, oltre a riportare un concetto di “equilibrio delle forze”, sembrano
riportare un sapere cosmologico antico che alcuni studiosi come Santillana e la
Von Dechend, vedi “Il Mulino di Amleto”, ricollegano al fenomeno della
precessione degli equinozi. Infatti un grado precessionale corrisponde a 72
anni, e settantadue sono i principi del diavolo nella tradizione medioevale,
nelle ricerche e rappresentazioni demonologiche si parla di settantadue demoni
principali e più, divisi in gerarchie, tutti esercitanti i loro compiti in bene
e in male, dipendenti dall’imperatore Lucifero, dal principe Belzebù e dal gran
duca Astaroth. Il Kemot, (il Libro dei Nomi), invece, contiene l’elenco di
settantadue angeli che dimorano insieme a Dio, settantadue sono gli angeli
della tradizione ebraica che i cabalisti fecero corrispondere ai 72 quinari del
cielo, cioè la suddivisione del cerchio zodiacale in cinque gradi, il numero strutturale
della molecola base della vita. Per la tradizione cristiana, settantadue sono
anche le cappelle del sacro Graal, le monete pagate a Giuda, i nomi di Dio, i
discepoli scelti da Gesù, gli anziani della sinagoga e le regole dei templari,
i cavalieri di Cristo, che le ricevettero verso 1.135 d.C. circa (De Laude) da
S. Bernardo di Chiaravalle, appassionato cultore di scritti orientali. Gli
islamici che si immolano per la loro patria credono al paradiso delle 72
Vergini. Nel mito di Osiride si narra che 72 uomini della sua corte capeggiati
da Seth cospirarono contro di lui, mentre diffondeva la civiltà nelle regioni
della terra.
49° GUERRE SUI CIELI D’ORIENTE
le guerre di cui parliamo sono combattute
tra dei del mondo indo-iranico dello stesso ceto sociale, inizialmente vi era
il dio del vento, il Cielo e Terra, il Dyaus-Pritivi, il Toro e la Vacca; due
metà concepite nella dea madre Aditi, poi vi erano: Mitra, Aryaman, Bhaga,
Varuna, Daksha, Ansa, Surya il Sole, che sono dei della creazione ai quali andarono
ad aggiungersi altri seguaci della dea, altri “aditya”: Indra, Dhatri, Savitri,
Ravi e Yama. Successivamente appaiono Brama con Visnù e Siva che formano la
trinità indiana Trimurti e una lunga lista di altri dei minori. Abbiamo quindi
sempre la solita saga tra i Deva denominazione dei geni del male nell'Avesta
(libro sacro della religione zoroastriana), comandati dal capo Ahriman, i quali
lottano contro gli spiriti del bene. Daeva che dal sanscrito “deiv” significa
splendere, cioè gli splendenti dei immortali dell’uomo in quanto sottoposti ai
grandi cicli Kalpa della manifestazione, avversari degli Assura termine che nei
tempi pre-vedici significava Essere Spirituale, aggettivo applicato anche a
Indra, a Rudra ecc.. Più tardi il termine diventò sinonimo di demone, nemico
degli Dèi (Sura), fuso ai Daitya, Danava; titani autoctoni della penisola.
Questi dei “ariano-hndù”, vengono suddivisi in tre cieli e tre terre: gli dei
celesti Aditya, gli dei atmosferici Vasu, e gli dei terrestri Rudra. Soltanto
Aditi è la primaria espressione della “Suprema Luce”, dice il Rig. Veda II. 27
dedicato agli Aditya: “Sostenendo ciò che si muove e ciò che sta fermo,
Gli Aditya sono gli Dei-Guardiani
dell’Universo; custodendo con la loro potenza ogni cosa, essi riscuotono i debiti,
puniscono le colpe, osservatori dell’ordine, “Ritam”… Essi sostengono i tre
cieli e le tre terre; tre sono i comandamenti del sacrificio…”.
Come negli antichi testi nordici si parla
di una guerra tra dei chiamati Asi e i Vani, ad Angkor Thom in Cambogia vi sono
scolpite 54 Deva e 54 Asura. Nei Rig. Veda e nei testi Bramani (sacerdotali),
si parla del conflitto tra questi Deva di Vishnu, chiamato anche “Vamana”, e
questi demoniaci Asura, “figli del primo soffio”, alleati di Soma, tra i quali
vi erano gli “Ushana” del pianeta Venere, identificati come la “Legione di
Lucifero”, i Danava, i Daitya e i Naga sarapa, o serpenti, forse gli stessi re
Cobra che ci ricordano i titani, i biblici giganti e le “Potenze”, in altre
parole gli Elohim, come sarebbe stato lo stesso Yahweh, che poteva trasformarsi
in serpente (Esodo 4,24). Alcuni di questi “dei”, a quanto pare, potevano
solcare il cielo con “carri di fuoco” e “draghi volanti”, da dove dipartivano
tuoni e fulmini, che ci ricordano oltre ai già citati “Vimana descritti nel
Ramayana e nel trattato di Vaimanika Sastra”, anche “la barca del cielo”, il
“Mu” di Ishtar, le “nubi di Yahweh”, le “ali delle aquile”, citati nel libro
dell’Esodo, ecc. I Rg. Veda, riconosciuti tra gli scritti più antichi della
storia, ne descrivono addirittura più modelli: vi era il Jalayan, un veicolo
progettato per muoversi sia in aria che in acqua (Rig. Veda 6.58.3); vi era il
Kaara, un veicolo progettato per muoversi sia sulla terra che in acqua (Rig.
Veda 9.14.1); vi era il Tritala, un veicolo progettato per muoversi nei tre
elementi (Rig. Veda 3.14.1); vi era il Trichakra Ratha, un veicolo a tre motori
progettato per muoversi nell'aria (Rig. Veda 4.36.1); vi era il Vaayu Ratha, un
veicolo sospinto da un motore ad aria (Rig. Veda 5.41.6); vi era il Vidyut
Ratha, un veicolo sospinto da un motore potentissimo (Rig. Veda 3.14.1).
Gli antichissimi testi antichi del mondo
orientale riportano addirittura numerose cronache di combattimenti che sembrano
assurde. Il Ramayana, (Kamagam ratham asthaya... nadanadipatim…) riporta: “Egli
Sali a bordo del Khara che era decorato con gioielli e visi oscuri e si
allontanò con un rumore che assomiglia al tuono delle nubi durante un
temporale”...” Lei potrà andare dove vuole, dopo che io e Sita attraverso un
volo aereo avremo raggiunto l’isola di Lanka”… “Quindi Ravana e Maricha
salirono a bordo del loro aereo (Vimana), grande quanto un palazzo e lasciarono
quel luogo”… “Poi quegli esseri, fecero salire Sita sull’aereo e si diressero
verso la foresta di Ashoka e dall’alto le fu mostrato il campo di battaglia”…
“Quell’aereo, con grande frastuono si era innalzato nel cielo…”. Il Mahabharata
non da meno riporta versi del tipo: ”Il re Salva aveva possedeva una aereo noto
come Saubha-pura, con il quale bombardò Dwaraka con una pioggia di bombe e
missili”…”Krishna l’inseguiva, Salva si diresse verso l’Oceano, poi con una
virata raggiunse di nuovo la terra ferma. Fu una lotta difficile, una battaglia
ad un Krosa (approssimativamente 12.000 metri) di altezza sopra del livello del
mare”… “Krishna lanciò un potente missile che colpì l’aereo, il quale si
frantumò e precipitò in mare…”. Nel Bhagavata Maha Purana si legge: “A bordo
della sfolgorante astronave regalatagli da Vishnu, il Re Citraketu viaggiava
tranquillo nello spazio, quando vide Siva”... “I fasci luminosi emessi da Siva
sembravano raggi ardenti, simili a quelli emessi dal Sole, quando le luci
colpirono le tre astronavi residenziali, queste sparirono…”. A quanto pare,
migliaia di anni prima di Cristo, le battaglie tra fazioni diverse di civiltà
avanzate allora erano comuni, addirittura è stato recentemente provato, come
afferma Corrado Malanga, riportando studi e ricerche del sanscritista David
Davemport, che ci sarebbe stata addirittura un’esplosione atomica proprio a
Lanka o Moen Jo Daro, una delle sette grandi città di Rama in Pakistan, nel
Mahabharata, non a caso, oltre che a parlare dei veicoli volanti chiamati
vimana o “perle cadute dal cielo”, si parla del arma di Brahma che “splende
come migliaia di soli” e gli eserciti soccombono sotto una vampata di calore
provocando nei giorni successivi malattie con arrossamenti, caduta di pelle e
capelli, proprio come è accaduto con le radiazioni nucleari dovute alle ultime
esplosioni atomiche che ben ricordiamo. Nel Mahabharata si legge chiaramente:
”Il Saubha-vimana di Krishna sfrecciò in alto nel cielo”… “Salva cercò di
colpirlo con razzi, raggi e fiamme”… “Il cielo sembrava illuminato da cento
soli, cento lune e miriadi di stelle. Il
Vimana occupato da Salva era misterioso.
Era così straordinario, dotato di grande tecnologia, che permetteva al
pilota di rendersi visibile o invisibile. Vedendo quella macchina tutti i
soldati furono confusi. Poteva sfiorare il suolo, alzarsi in verticale, restare
immobile nel cielo e galleggiare sull’acqua. Quel meraviglioso Vimana non
rimaneva fermo nemmeno un istante, sfrecciava nel cielo come un tizzone
ardente…”. Eminenti studiosi come il Dottor Pinotti, ci ricordano anche un
altro scritto chiamato “Samaraanganasutraadhaara”, che descrive la storia
dell’astronautica indiana, ed in esso molti versi sono dedicati ai dati tecnici
dei Vimana ed al loro uso. Si parla per l’appunto anche di uno strumento di
difesa chiamato “Astra”, che include l’arma
Soposamhara “la fiamma che erutta da un missile”, l’arma Prasvapna “che provoca
il sonno” e quattro generi di Agni-Astra “lingue di fuoco che si muovono
producendo tuoni”; inoltre si accenna al Naksatramandala, “la macchina progettata per navigare attraverso
il Suryamandal”, cioè il Sistema Solare. Sembrano proprio descrizioni di
astronavi e armi atomiche, e fanno pensare che circa 15.000 anni fa ci fosse
una rivalità tra l’impero di Rama e Atlantide, o un’altra civiltà; il Ramayana
narra addirittura di una battaglia tra le parti combattuta sulla luna. Ma
Brahma è definito anche il dio supremo degli Indú, universale e impersonale, da
cui tutto emana e a cui tutto ritorna. Con Visnù e con Siva formano la trinità
indiana, la “Trimurti”, nella quale si rappresenta il principio creatore, così si
potrebbe ipotizzare solo una caduta di meteore, ma, come avete visto e vedrete,
ciò non sembra dagli scritti. Sempre nel Mahabharata, si narra di una battaglia
tra i Pandava e i Kuru avvenuta circa 3.000 a. C a Kurukshetra “campo dei
Kuru”, una pianura nel nord dell’India di questa battaglia ne parlano anche i
Purana, “libri storici”, così tradotti. Nel Bagavata Maha Purana libro primo
7:18 –7:32 si legge:“…Quando il prode Asvathama, l’assassino dei giovani
principi, vede da lontano Arjuna che viene dritto su di lui a grande velocità,
pazzo di paura fugge sul suo carro nella speranza di salvarsi”…”Quando vede…
che nessun altro mezzo di protezione gli si offre, decide di ricorrere all’arma
ultima, la potente arma nucleare detta Brahmastra”…”Vedendo la sua vita in
pericolo… decide di usare l’arma nucleare… sebbene ignori come
controllarla”…”Una luce abbagliante si diffuse allora in tutte le direzioni,
così ardente che Arjuna crede che la sua vita sia in pericolo, quindi si
rivolge a Krishna”…”Che cos’è questa radiosità temibile che si diffonde
ovunque? Da dove viene? Non capisco. Krishna rispose: “Sappi che è opera di
Asvathama. Egli si sta servendo del Brahmastra, ma ignora come controllare tale
arma. Ha agito per disperazione, nella paura di una morte imminente. Soltanto
un’altra arma simile potrà neutralizzarla. O Arjuna, tu sei esperto nell’arte
militare, vinci con la tua potentissima arma questa potente radiazione”. Udite
quelle parole, Arjuna si prepara, poi lancia il suo Brahmastra, per
neutralizzare l’arma nucleare di Asvathama. Quando le radiazioni delle due armi
nucleari si fondono, un grande cerchio di fuoco, simile al disco solare,
avvolge tutti gli astri del firmamento e gli spazi intersiderali. Nei tre
sistemi planetari, tutti cominciano a soffrire terribilmente per il calore
prodotto dall’unione delle due armi. Gli abitanti di quei pianeti, spaventati,
pensano al fuoco chiamato Samvartaka, il fuoco che distrugge l’universo intero
al tempo dell’annientamento”…“Di fronte allo scompiglio in cui si trova immersa
la popolazione di tutto l’universo e la distruzione imminente di tutti i
pianeti, Arjuna neutralizza subito l’energia sprigionata dalle due armi
nucleari…”
Ma a oltre a questa possibile guerra
nucleare, quanto detto, denota un’analogia tradizionale degli eventi
anticamente ricordati, tra oriente e occidente, che convergono in un’unica
descrizione di fatti realmente accaduti nella notte dei tempi. Fatti, che a mio
parere, oltre che ad evidenziare un contatto alieno con altre forme di vita
altamente evolute anche tecnologicamente, come affermerebbero anche le
piattaforme di pietra fusa rinvenute a Hark Karkom, rivelano un limite,
“quell’antico antagonismo duale e ciclico dell’equilibrio, nell’esistenza del
bene e del male, l’aspetto attivo e passivo”, diversità che solo in Dio, “Unica
cosa”, sì “assolvono” pienamente, come ci ricorda anche Zoroastro, nel suo
vedere riconciliarsi Ormazd e Ahriman, male e bene. Nel testo di Zoroastro si
legge: “Gli uomini sono liberi di accettare la “virtù” o il “peccato”, inoltre,
come risulta dalla traduzione in lingua siriana, si afferma che l’uomo è “Un
Signore Incarnato”, è Zurvan il “Dio del fato” che dispensa la buona e cattiva
sorte. Il male ed il bene si assolvono in Dio, in altre parole non esistono che
da un nostro punto di vista, i sacerdoti etruschi di Veio insegnarono ai romani
le “Sacre liti”, per superare le problematiche interne. Ammettere il contrario
significa supporre l’esistenza di un Dio limitato nell’antagonismo con un
rivale compagno; da ciò si comprende che il male ed il bene sono solo
“l’Oruoboros”, il serpente che si divora la coda per esistere, come veniva
rappresentato il “Dio Sole” dagli egizi o ciò che si identifica in Sanatana
Dharma per gli induisti, “ciò che sostiene e nutre”; l’uomo è nato nelle
tenebre ed ingannato nei sensi da Maya, “Illusione” di Brahman e quindi vive
nell’Avydia, “’l’ignoranza”, compiendo spesso azioni disarmoniche. La dualità è
il motore dell’esistenza che porta alla comprensione del Tutto, infatti, non a
caso, per ogni angelo esiste l’opposto demone, ed entrambi interagiscono per un
ignoto e ciclico “equilibrio cosmico”, un equilibrio riscontrabile ovunque in
natura, e l’uomo parte di essa combatte le stesse battaglie che si combattono
le “termiti e le formiche”; qui diventa
chiaro il versetto biblico:
“Colui che opera il bene e crea il male (Is. 45.7)”. Nelle Shankara: Isa
Upanishad Bhaya 3, si legge chiaramente: “Paragonati alla condizione dello
spirito supremo non differenziato, persino gli dei sono demoni. E i mondi che
appartengono ad essi sono demoniaci”. Quegli antichi angeli e demoni, esseri
evoluti, influirono sicuramente sull’umanità primitiva di allora, gettando le
basi della nostra civiltà, ma non bisogna eccedere, e confonderli con il “Dio
Assoluto”, meta “dell’ermetica Concidentia Oppositorum”, al di sopra del bene e
del male. La versione originale della Genesi, concorde con le prime traduzioni
della Mishnah, secondo i vangeli apocrifi dei pensatori gnostici Basilide e
Valentino, non dice “in principio Dio fece il cielo e la terra”, ma “Elohim
fece i cieli e la terra”, si parla addirittura di 365 cieli, uno per ogni
giorno governati da arconti, di cui uno sarebbe governato da Lucifero, il cui
nome ebraico è “Helel ben Shashar” che sta a indicare il ribelle pianeta Venere
citato nel testo ebraico “Targun a Giobbe” dove Lucifero dice: ”Io voglio
ascendere sopra le nubi e le stelle e farmi incoronare sul monte Saphon, il
monte dell’assemblea e diventare così uguale a Dio”, quel Lucifero,
appartenente a quella razza nemica e malvagia, caduto poi negli inferi per
opera dell’arcangelo Michele, lo stesso San Michele che è divenuto poi il
protettore dei Longobardi ad espressione del culto solare mitreo, raffigurato
come il dominatore del Serpente. Nei rotoli di Qumram si legge: “I custodi del
cielo caddero a causa della loro ribellione”, caddero perché non osservarono
più le leggi di Dio, probabilmente distrussero anche il loro pianeta
originario. Nell’Apocalisse gnostica di Paolo, scritta in greco, si accenna la
presenza di altri cieli e di esseri simili a dei, “Potestà ed Arconti”, si
legge: “Lo Spirito Santo afferrò Paolo e lo portò in alto, su fino al terzo
cielo, e passò oltre fino al quarto cielo. Egli guardò giù e vide quelli che
erano sulla terra…guardai nel quarto cielo e vidi gli angeli rassomiglianti a
dei” (19-20,10). Se andiamo a paragonare altre “visioni profetiche”,
descrizioni simili si riscontrano parecchie volte, vedi nei sacri versi che ho
citato, tratti dai libri di Ezechiele, Isaia, Esodo, Levitino, o nel libro dei
Re, o nei libri apocrifi di: Enoch, Baruk e nell’Apocalisse di Giovanni, ecc..
Una giusta ed evoluta interpretazione ci può portare soltanto a comprendere la
verità, che bisogna cercare con una reale coscienza, nel susseguirsi delle nostre
“Illuminazioni”. Quindi l’idea che altri esseri possano aver influito nella
nostra realtà evolutiva non è affatto assurda, giacché nel creato ogni singola
realtà, oltre ad agire su se stessa, agisce sulle altre, influenzandole; già
noi oggi lo stiamo facendo nella “vita” che ci circonda con la discussa
manipolazione genetica. Un pericolo sarà la stessa clonazione che in futuro
creerà non poche problematiche, se tenderà ad uniformare la razza umana
rendendola unica, mettendola così ad un rischio di estinzione dovuto
all’annullamento stesso delle diversità che l’hanno fatta sopravvivere fin’ora.
Tutte le religioni, tutti i fatti e personaggi sopra citati, hanno assegnato un
nome, un’esistenza alle idee create, in funzione delle interpretazioni degli
strani eventi accaduti, e alle necessità che il tempo e l’uomo stesso
imponevano. Tutte le analogie che si riscontrano nei vari culti citati, ci
comunicano che la “rivelazione” è in noi, in quanto, in parte creatori di noi
stessi, per i quali Dio o gli dei per i politeisti, od altre “potenze”, hanno
compiuto “l’atto creativo”, sospinti da bisogni egoistici di specie, o dal
bisogno necessario dell’amore; e ciò fa capire quanto l’uomo, e probabilmente
anche altri “esseri”, ingannino o abbiano ingannato nel tempo se stessi,
approfittando dell’ignoranza popolana delle menti inferiori, magari con
l’onorevole intento di allontanare il male dalla gente gretta, creando
allegorie e figurazioni per rappresentarne i principi e i concetti astratti, in
nome dell’amore, o contrariamente approfittandone, con gli stessi mezzi,
seguendo il bisogno e il vantaggio personale. Le religioni sono tutte
imperfette ed in continua evoluzione, come i cristiani un tempo diffondevano il
loro credo con la forza, come avvenne con le crociate, e in un certo tempo,
addirittura riuscirono a proporre e vendere l’assurda garanzia del Paradiso, ma
solo a chi versava denaro, nella nota “vendita delle indulgenze”, anche in
India, molto prima, alcuni monaci buddisti crearono, nella loro ricerca della
perfezione per raggiungere il Nirvana, una tecnica d’esercizio fisico-mentale,
che credendo fosse ispirata dagli dei, la chiamarono: Arhat Deva (Deva sono le
divinità indù). Con questa tecnica i monaci riuscivano a fondersi con le forze
naturali, sferrando colpi d’incredibile potenza. Questa tecnica poi fu
insegnata ad un re, che lasciò il suo regno e si fece monaco, ma dopo aver
imparato le suddette tecniche, fuggi e si proclamò, “Re Guardiano Rakan” (Rakan
sarebbe Arhat in giapponese, vale a dire l’illuminato), creò un esercito ed
iniziò le sue conquiste portate avanti poi dai suoi successori che imposero con
forza malvagia e aura omicida il proprio volere. Sebbene in realtà non sono mai
esistite “classi sociali”, o popoli, vincenti, in quanto; schiavi e nobili,
vincitori e vinti, finiscono sempre con il mescolarsi; le guerre per
aggiudicarsi potere e libertà hanno sempre attratto le genti nell’orda del
malvagio, affinando sempre più quegli artifizi necessari a dare credibilità a
quella figura divina inappellabile usata per gli svariati scopi. Tra gli
artifizi, altre malvagità e inganni su basi religiose si possono riscontrare
cercando, curiosamente, anche tra i primi automi, creati per ingannare il
volgo, come la statua di “Anubi cupa, divinità egizia dei morti”, le statue
parlanti che muovevano le braccia a Tebe, i simulacri di Heliopolis che
scendevano dal loro piedestallo, o i draghi sputa fuoco cinesi, risalenti a
2000 a. C., o il gigante di bronzo Talos che difendeva Creta scagliando le
pietre, forse nella mitica Atlantide, o ancora il cane artificiale del mito
greco degli argonauti, o l’arciere che si muoveva da solo e il serpente che
mordeva la mano ai spergiuri, nelle leggende di “Virgiglio il mago”. Sono
infiniti gli artifizi serviti per assoggettare al proprio volere le genti del
passato e tutt’ora ne esistono altri, giunti con la valanga di conoscenza che
trasforma velocemente, come non è mai accaduto, la nostra civiltà. Questi
artifizi somo: i nuovi mezzi di comunicazione TV, i cellulari, i Computers sono
i nuovi automi, le partite di calcio, lo Schopping, il culto del denaro, gli
stessi interessi politici modernizzati, ecc.; sono questi i nuovi cerimoniali
che creano ancora danno, alimentando la mente di falsi idoli, creando persino
Kamikaze che immolano la vita per strampalate ideologie volte a distruggere
questi nuovi miti, provocando ancora danni e morte, come il caso del recente
disastro americano della distruzione delle torri gemelle avvenuto l’undici
Settembre 2001 a New York. Fanatici che credono o interpretano falsi
insegnamenti propagati da potenti gruppi che usano la fede come arma, e che
speculano su assurde interpretazioni rapportate alle promesse del Corano, del tipo: “Sì, i timorati dimoreranno nei Giardini,
nella felicità, rallegrandosi per quel che il Signore avrà dato loro. Il Signore li avrà preservati dal castigo del
Jahìm: "Per ciò che avete operato, bevete e mangiate beatamente, sdraiati
su troni allineati". E Noi daremo loro per mogli delle hurì dai grandi
occhi. E per quelli che hanno creduto assieme ai loro figli, faremo in modo che
i loro figli li raggiungano, e non diminuiremo in nulla il loro operato, e
ognuno sarà retribuito per quanto avrà acquisito egli stesso” (52,l7-27).
Tornando al tema della creazione, quando si afferma: che il creato, e quindi
anche l’uomo, simboleggiano Dio, io ci credo, perché è rappresentato in modo
visibile l’invisibile, ma quando si afferma che l’uomo è fatto a sua immagine e
somiglianza, io lo interpreto nel senso che: essendo Dio “luce e amore”, spirito,
“fiato in noi” e noi sua creazione, o essendo lui “macrocosmo e noi
microcosmo”, in un ciclico equilibrio di “ordine-disordine”, ci assomigliamo in
quanto entrambe creatori; altrimenti anche questa rivelazione diventerebbe
antropocentrica e teocentrica, egoistica e fuori tempo. Quest’ultimo concetto
può essere approfondito leggendo l’antico dialogo avvenuto sotto l’impero di
Arcadio, nella Scizia ai piedi del Caucaso nelle fertili pianure alle frontiere
della Colchide tra il teologo di Costantinopoli Logomaco e lo sciita Dondindac,
dialogo la cui parte finale rivela la forma egoistica dell’uomo di dare a Dio
l’immagine umana; infatti il dialogo concluso da Dondindac dice: “Prima di
ricevere le vostre istruzioni, vi devo raccontare quel che mi è accaduto un
giorno. Avevo appena fatto costruire un capanno in fondo al mio giardino; udii
una talpa che ragionava con un maggiolino: «Ecco una bella costruzione,» diceva
la talpa; «dev’essere stata una talpa molto potente a far questo lavoro.» «Voi
scherzate,» disse il maggiolino, «l’architetto di questo edificio è stato un
maggiolino pieno di genio.» Da quella volta, ho deciso di non discutere più”.
LUCE E MAGIA
50° “L’UNICA COSA”
Bisogna ricordare che Dio,”la Luce, la
coscienza di Dio”, è il cosmo in noi e in tutto quello che ci circonda e
condiziona; perciò come afferma un mio aforisma: “ciò che noi chiamiamo magia
quando lo comprenderemmo sarà solo scienza”; sarà solo la ragione e
l’immergersi in se stessi che aprirà le porte alla comprensione del “mondo
magico”. La “Tavola Smeraldina”, che un’antica leggenda vuole sia stata trovata
sotto la piramide di Gisah dai soldati di Alessandro Magno. La “Tavola”
attribuita ad Ermete Trismegisto, figura di sintesi del dio greco Mercurio, e
del dio egiziano Thoth, il “Civilizzatore”, probabilmente un grande filosofo
egiziano contemporaneo o anteriore di Mosè, definito anche come “lo scriba del
dio lunare Osiride”, inizia con queste
parole: “E vero senza menzogna, certo e verissimo. Ciò che è in basso è come
ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i
miracoli della cosa una”, più avanti dice: “Il sole è suo padre la Luna sua
madre, il Vento l’ha portata nel suo grembo, la Terra è la sua nutrice. Il
padre di tutto, il fine di tutto il mondo è qui, ecc.”. Queste antichissime
parole sono di una modernità impressionante. Basti leggere il libro “Un nuovo
modello dell’universo” del ricercatore russo Ouspensky e il suo concetto di
“Concatenazione”, un mondo di relazioni matematiche; o ricordare l’esperimento
d’avanguardia che spiega il “miracolo della pioggia”, presentato a Milano in
occasione del I° congresso internazionale di Medicina Ufficiale e Naturale,
organizzato dalla R.A.U. e dalla casa editrice Atlantide. Nell’occasione lo
scienziato Pierluigi Ighina, scopritore “dell’atomo magnetico” propose il suo
esperimento di “neutralizzazione” di un fitto agglomerato nuvoloso, dimostrando
di riprodurre, tramite un suo congegno, le due forze fondamentali esistenti in
natura, in altre parole “l’energia positiva e l’energia negativa”,
materializzate sul nostro pianeta dal “ritmo duale” Sole -Terra, ossia
dall’energia solare che scende, avvolge ed alimenta il pianeta e poi risale,
dando origine ad un moto perpetuo che è la fonte stessa di tutta la materia
creata da questa “energetica luce duale”. Forse, non a caso nel libro di
Ezechiele s’invoca lo spirito dai quattro venti, nel testo si legge
testualmente: "Profetizza allo spirito, profetizza figlio dell'uomo e
annunzia allo spirito: Dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e
soffia su questi morti, perché rivivano” (37:9). L’agire contrario, invece, è
rappresentato dal concetto di “tenebra”, che probabilmente rappresenta ogni
tentativo teso a portare l’annientamento di questo moto che avvia il miracolo
della vita. Quanto detto, se poi lo andiamo a confrontare con alcuni versi
dell’antichissimo libro tibetano, “Le Stanze di Dzyan” c’è veramente da
stupirsi, infatti, nella VI stanza si legge: "Ecco il principio della Vita
informe Senziente. Primo il Divino, l’Uno dallo Spirito-Madre; poi lo
Spirituale; i Tre dall’Uno; i Quattro dall’Uno […]Sono essi che sono te, io,
egli, o Lanoo […] L’Un Raggio moltiplica i Raggi minori. La Vita precede la
Forma e la Vita sopravvive all’ultimo atomo. Attraverso gli innumerevoli Raggi,
il Raggio della Vita, l’Uno, come un Filo attraverso molte perle. E’ la Radice
che non muore mai […] i Raggi e le Scintille di una Luna riflessa nelle Acque
correnti di tutti i Fiumi della Terra. La Scintilla è unita alla Fiamma da un
sottilissimo filo di Fohat. Essa viaggia attraverso i Sette Mondi di Maya. Si
ferma nel Primo ed è un Metallo, ed una Pietra; passa nel Secondo ed ecco: una
Pianta; la Pianta passa attraverso sette mutamenti e diventa Animale Sacro.
Dalla combinazione degli attributi di questi, Manu, il Pensatore è formato. Chi
lo forma? Le Sette Vite e la Vita Una[…] La Luce del Sole mattutino è divenuta
la Gloria del meriggio. “Questa è la tua Ruota attuale” disse la Fiamma alla
Scintilla. “Tu sei me stessa, la mia immagine e la mia ombra. Mi son rivestita
di te e tu sei il mio Vahan fino al Giorno "Sii Con Noi", quando tu
ridiverrai me stessa ed altri, tu stessa e me”. Allora i Costruttori, indossate
le loro prime vestimenta, discendono sulla Terra radiosa e regnano sugli Uomini
che sono loro stessi…".
Anche le “reminiscenze” di un tempo ci
comunicano che tutto va rivisto e letto sotto una chiave cosmica di “sommo
bene”, un bene originato dal “gioco duale delle forze”, dove esiste la
necessaria avversità del male, rappresentato esplicitamente nella “distruzione”
che è nello stesso tempo anche “rinascita”, rivelandoci così l’erroneo giudizio
negativo che abbiamo, a volte, su di esso, un erroneo giudizio che possiamo
risolvere sempre, nel semplice tentativo di riequilibrare razionalmente e
coscientemente le “forze”, e se ciò non avviene, l’istinto innato in noi
provvede a farlo, sotto l’egida delle stesse “forze cosmiche senzienti” di
rango superiore. Non a caso nella Divina Commedia, nel canto XXII del Paradiso,
riferendosi alla sua nascita quando il Sole era nel segno dei Gemelli, il colto
Dante Aglieri ammette: " O gloriose stelle o lume pregno di gran virtù,
dal quale io riconosco tutto, qual che si sia, il mio ingegno...". Ciò può
solo comunicarci che il cosmo agisce in noi, ed è in noi, la luna e il sole, i
nostri due luminari principali, per esempio, scandiscono l’alternarsi del
giorno e della notte e regolano i cicli stagionali influenzando così tutta la
vita terrestre e così in altre forme anche i sistemi, le stelle più lontane;
tutto avviene in un equilibrio di corrispondenze, ma non quelle “virtuali
prospettiche” dello zodiaco che poco rispecchiano gli influssi cosmici, basti
pensare che in realtà le costellazioni con l’Ofuco sono tredici non dodici e
che i gemelli che nascono nello stesso segno quasi sempre hanno caratteri ben
diversi che urtano le stesure degli stessi oroscopi, che hanno mete lucrose ben
diverse. Una cosa è certa, gli influssi cosmici ci sono, già gli antichi
cabalisti intuendo tali influssi, o rispolverando antichi saperi, divisero i
360 gradi dello zodiaco in 72 parti corrispondenti a 5 gradi, i cinque giorni
corrispondenti ad uno dei 72 angeli portatore di particolari “doni spirituali”
che beneficiavano i nati in quel dato periodo, in quelle corrispondenze, in
circostanze cosmiche ben precise.
51°
GLI ARCONTI DELLA LUCE, COME NOI I “MESSAGGERI DELL’UNICO DIO”
Ricordiamo che siamo figli di
un’evoluzione, “siamo noi stessi un universo che gestiamo inconsapevolmente,” e
abbiamo una maturazione temporale da rispettare nei confronti di Dio, il grande
essere che illumina la mente, ma risiede nella luce, nell’“Anima Mundi”, dalla
luce astrale al Nirvana, nell’amore riscontrabile ovunque e nel cuore in noi;
ce lo dice l’evangelista Giovanni, XII 46: “Io come luce sono venuto al mondo”.
Origene (182-251) parla della beatitudine in termini di coscienza luminosa
(Origine, Ad Mart, 47); e ben conosceva l’amore altrui; per favorire il dialogo
con i rabbini ebrei scrisse “l'Esapla”, che conteneva su sei colonne, ben sei
distinte versioni del Vecchio Testamento, circa 50 volumi che andarono
interamente perduti dopo la distruzione della biblioteca di Cesarea, avvenuta
nel 653 d. C. per opera degli invasori arabi.
Agohya è il Dio indiano del sole e della
fecondità assieme, il culto zoroastriano di Mitra, si basa anch’esso su un Dio
della luce e molti altri simili ne
esistono. “Ahura, Asura”, dallo Zend Avesta, significa colui che conferisce
luce, alito, spirito. “Ahura Nazda”, significa il principio della luce. Zurvan
è il Dio del fato, è l’intelletto di Zrvan Akarana, “il tempo infinito”, è il
padre di Ohrmazd e di Ahirman, il primo creatore di tutte le cose, mentre il
figlio rappresenta la parte materiale personificata nel macrocosmo, l’uomo
simboleggia il microcosmo fatto a sua immagine, ed è per questo che ogni parte
dell’uomo corrisponde all’Universo.
Il sacerdote cristiano quando dispensa
l’eucaristia dice: questo è il corpo di Cristo, non dice questo è il simbolo di
Cristo, quindi è “la sua manifestazione nel Creato, nel pane impastato dagli
uomini, proveniente dagli elementi cresciuti nella terra, nella dualità degli
elementi e delle energie Sole-Terra”. Il sole e la luce sono sempre stati
simbolo di vita e giustizia, sia nella religione che nella magia. Surya, in
sanscrito, è una divinità indiana che è identificata con il sole, in Egitto già
il faraone egiziano Amenofy IV della XVIII dinastia, che regnò dal1385 al 1358
a. C., chiamato anche Ekhnaton, offrì al suo popolo un'unica divinità, il dio
solare Aton, ma poi ritornò il culto del dio di Tebe Ammone e più tardi si
affermò la “zoolatria”. Gli egizi erano grandi cultori del sole questa antica
iscrizione Tratta da Naydler "Il Tempio Del Cosmo ne dimostra il grado di
comprensione: “Tu sorgi splendido, o sole vivente, Signore eterno! Sei
sfolgorante, magnifico, possente, Il tuo amore è grande, immenso. I tuoi raggi
illuminano tutti i volti. Il tuo splendente calore dà vita ai cuori, Quando
riempi del tuo amore le Due Terre. Possente Iddio che creasti te stesso, Che
formasti ogni terra, che creasti tutto ciò che stà in esse,Tutti gli uomini, i
greggi e le mandrie,Tutti gli alberi che nascono dal suolo; Essi vivono se tu
sorgi per loro, Tu sei madre e padre di tutto ciò che creasti. Quando ti levi
sull'orizzonte, i loro occhi ti contemplano, Perché i tuoi raggi illuminano
tutta la terra;Tutti i cuori celebrano la tua visione, Quando tu sei sorto come
loro signore”. Così celebravano il sole gli egizi, e i sumeri non erano da
meno, il sumero Marduk, il Dio Sole, che fu sostituito dal Dio assiro Sin, per
opera degli ammorrei. Sin, tra l’altro era un dio lunare che si univa in
matrimonio con la figlia del re per assicurare la fertilità. Nel periodo del
settimo re dei Sumeri, il re di Sippar doveva, secondo il “codice p”, essere
venerato Shamash, il Dio del sole
sumerico, non a caso il termine sumerico che significa divinità “dingir”
tradotto in accadico “ellu” sta per luminoso, brillante. Le forze della natura,
invece, presso gli assiro-babilonesi, erano rappresentate da demoni, draghi e
grifoni, inoltre vi erano altre divinità, quali Bal e il loro dio nazionale
Assur che diede il nome alla capitale dell’Assiria, lo sposo di Ishtar, il
“Marduk babilonese” nella versione assirra dell’Enuma Elish. Tutto accade nella
stessa terra dove più tardi, per qualche motivo, si ebbe l’intuizione del dio
degli Ebrei chiamato Jahvè, (colui che è), puro spirito, onnisciente e
onnipotente, creatore di tutte le cose, è qui nel regno di Ramesse II dove si
venerava Amon – Ra figlio di Pthah, la
triade: Amon (il principio nascosto), Rà (la coscienza vitale donata dagli
alieni), Ptah (il corpo), che Mosè iniziò a mettere in ordine le tradizioni
orali . Poiché in quel periodo gli israeliti, gli egiziani e altri popoli
circostanti erano politeisti, infatti, si adorava oltre al dravidico Osiride
“chiamato anche An come il dio sumero”, il dio semita delle oasi Seth, “signore
delle terre rosse”, Baal, nelle rappresentazioni demonologiche, Bel zebub, il
signore delle mosche di Accaron”, Astarte, il vitello d’oro o il dio Toro, “il
Nandi hindù”, “forse lo stesso re degli atlantidei”, o il terribile Toro
affrontato da Giosone e Teseo, adorato da molti popoli come i traci e che in
Sedacia era addirittura la rappresentazione suprema di Dio (I Re 22,11); qui è
interessante ricollegarsi a quelle figure angeliche il cui capo prima della
caduta era Satana, in pratica quei Cherubini descritti nei versi di Ezechiele,
quando disse: “Guardai, ed ecco sul firmamento, che era sopra le teste dei
Cherubini, si vedeva qualcosa simile a pietra di zaffiro, che all'aspetto aveva
forma di toro. Disse all'uomo vestito di lino: «Entra fra le ruote, sotto i
Cherubini, e riempi il cavo delle mani di carboni ardenti in mezzo ai Cherubini
e spargili sulla città». Sotto i miei occhi, quegli entrò. 10:1-2”. Si parlava,
quindi, di “dei”, in ebraico “Elohim”, l’accrescitivo di “Eloha”, che
significa, “Le Potenze”, il termine “Elohim” è ritenuto affine anche al
vocabolo che identifica il dio sumero Enlil, “il serpente con gli occhi
splendenti”, usato poi per le invocazioni a Jahvè, inoltre lo si è collegato
anche al dio Thoil del popolo Vuh dei maya. Con la trasformazione monoteista si
mantenne il plurale e il nome di Dio divenne “EI Elohim” e starebbe a indicare
“Yahweh degli Elohim”, che nelle successive versioni latine si uniformò con
tutti gli altri nomi, al termine Dio.
52° I MISTERI DELLA CREAZIONE
NELL’INTERPRETAZIONE DELLA MAGIA
Andando a ricercare una “verità
rivelatrice”, nella magia, scopriamo che la stessa origine etimologica del
termine “magia”, equivale ai termini più espliciti: scienza, saggezza e deriva
dal greco “magheia”. I Magi erano gli antichi sacerdoti persiani ricercatori
dell’equilibrio duale, ritenuti per la loro ampiezza mentale, sostenitori della
druj, “la menzogna”, facevano parte di quel popolo di etnia arya, vale a dire
“della distesa Iraniana”, che tra il 2000 e il 1500 a. C. entrò nella valle
dell’Indo. Erodoto ci ricorda i loro “riti della Magofobia”, celebrati in
ricordo dell’usurpazione tentata ai tempi di Cambise, riti in cui era lecito
anche uccidere. Nel Nuovo Testamento, i Magi erano, secondo il racconto di
Matteo (cfr. Mt 2,1-12), quei re (forse legati per stirpe a Gesù), che si
recarono alla ricerca del Bambino Gesù guidati dalla stella. Negli Atti degli
Apostoli (cfr. At 8,9-24), si trova l’episodio di Simon Mago, mago della
Samaria che, come altri, aderisce alla predicazione degli Apostoli per i
prodigi da loro compiuti, offre del denaro per ottenere quel potere, ma Pietro
risponde: “Il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai osato di
acquistare con denaro il dono di Dio” (At 8,20). Da quest’episodio deriverebbe
il termine “simonia” riferito al commercio di cose sacre.
Tralasciando ciò, è importante sapere che
la magia si trova in tutti i popoli, alcuni sostengono che essa sia la madre
della religione, ma i cristiani e gli ebrei, come dimostra la Bibbia, le
distinguono; del resto in entrambe si usa “pentacoli”, in greco panta Klea,
talismani preparati con incensi e rituali che li renderebbero catalizzatori di
energie.
Volendo analizzare l’esistenza dell’uomo
e del creato cercando risposte alle origini della magia, si riscontra che
l’uomo è costantemente sottoposto ad una forza cosmica che condiziona le scelte
di vita; questa “Astralità del mondo, Luce astrale o Mana, che gli antichi
chiamavano: Azoto filosofico, Telesma”, ecc., essa era simboleggiata da un
drago vomitante Fiamme o da un serpente detto Uroboros, che non a caso, fanno
immaginare allegoricamente, ciò che potrebbe simboleggiare o rappresentare, una
creatura che si auto-genera nutrendosi di se stessa, o quel vortice di polvere
cosmica da cui deriverebbero i pianeti, il sistema solare e le galassie. In
India gli è associabile il Purusha, o “Luce”, nelle prime tre strofe del
Purusha Sukta si legge chiaramente: “Il Purusha ha mille teste, mille occhi,
mille piedi. Coprendo la terra in ogni sua parte, egli la sorpassa ancora di
dieci dita. Il Purusha altro non è che questo universo, tutto ciò che fu nel
passato, tutto ciò che nel futuro sarà. Egli è il Signore del dominio
immortale, poiché egli cresce al di la di ciò che nutre. Tale è la sua
grandezza, e più vasto è ancora il Purusha. Tutti gli esseri sono un quarto di
lui; i tre quarti: l’immortale nel cielo” Rig. Veda X. 90. Un’idea si può
averla guardando una nebulosa qualunque mentre sta condensandosi, e che darà
origine, in futuro, ad una stella.
Presso gli egizi la stella polare era la
“Stella del Drago”, per loro il drago rappresentava la saggezza, infatti, sia i
sacerdoti egizi, sia quelli babilonesi si consideravano come i druidi celti,
figli del Dio serpente o figli del Drago, legati probabilmente ai Magi della
Media, ai Naga dell’India, l’arcaica “Razza dei Serpenti”. Narra un'antica
leggenda celtica che dall'inizio del mondo un grande serpente, con ali e corna,
giace sepolto sotto il manto della terra. Narravano ciò, forse, proprio per
ricordare quella densa nube che formò in un dato tempo il nostro pianeta. Anche
per i vichinghi, che già distinguevano due tipi di deità, esisteva l’idea di un
drago giù nel Niflheim, attorcigliato ai piedi del grande albero, l’asse del
mondo, e ne rodeva le radici ogni qualvolta era stanco del suo pasto di
cadaveri. Per i Sumeri, è Tehom o Tiamat, tradotto anche come “Abisso”, la
regina degli Elohim che minacciò di sommergere il lavoro di Dio dal quale fu
cacciata con lampi e saette scagliati contro il suo carro di fuoco, anch’essa
era raffigurata come un serpente, in effetti, Tiamat è la dea acquatica Tehom
che nelle versioni tedesche della Bibbia è descritta per l’appunto come un
serpente. A proposito, il sumerologo Sitchin, suppone che Tiamat sia stato un
pianeta fra marte e Giove, chiamato dal “contattista” Eugenio Siragusa
“Mallona”, potrebbe essere anche il mitico “Leviatano” o il “mito di Rà” che ad
una certa interpretazione, potrebbe racchiudere il ricordo di una catastrofe
cosmica provocata da un astro, comunque un pianeta andato distrutto da un
impatto con Nibiru, “il pianeta dubbio”, ne sarebbero prova la fascia di
asteroidi. Sitchin ricorda i versi di Isaia che parlando dei “giorni
primordiali”, racconta: “quando la potenza del Signore colpì il Superbo, fece
roteare il mostro acquatico e prosciugò le acque di Tehom Raba”. Un altro riscontro si può trovare nel testo
di Giobbe dove si legge: “ Il signore celeste aveva colpito anche i servi del
superbo. Il baldacchino martellato estese sul luogo di Tehom. La terra sospese
nel vuoto, i suoi poteri arrestarono le acque, la sua energia squarciò il
superbo, il suo vento misurò il braccialetto martellato, la sua mano estinse il
drago guizzante”.
Questa storia, a mio parere, ci porta a
ricordare un altro antico racconto della mitologia indiana, dove il drago
Vritra viene ucciso dal dio vedico, re del cielo e della pioggia, Indra, perché
proteso ad imprigionare le acque della terra, volendo renderla sterile; Indra è
chiamato Dyaus “cielo”, è come Zeus o Yawe, è il dio che sconfisse gli Assura e
i Titani, proprio come accade in tutti i miti e leggende. Infatti, Indra è il
nemico del “demone serpente” Vritra, è colui che sedusse Ahalya moglie del
rischi o veggente Gautama; sembrano narrazioni analoghe al dio degli ebrei, ad
Adamo ed Eva e ad i vigilanti di Enoch. Il più antico scritto cosmogonico
scritto dai sumeri su tavolette cuneiformi, riferisce: “Quando lassù i cieli
non avevano ancora un nome, E in basso la terra non era chiamata con un nome, E
il primordiale Apsu (l’oceano) che li generò, E Mummu e Tiamat (mostro marino,
o abisso), madre di tutti loro, Confondevano le loro acque in un solo tutto.
Una tavoletta sumera d’argilla, tradotta in italiano, riporta le parole di
Tiamat la madre creatrice: “Sta attento, signore: sei sicuro che gli dei siano
dalla tua parte? Guardati alle spalle, figlio mio!”. L'espressione della dea
era benevola, ma Marduk reagì: “Perché di fuori mostri amicizia, mentre il tuo
cuore brama lo scontro? I bambini si disperano quando i loro genitori li
ingannano e tu che sei madre ti fai beffe dei sentimenti più naturali! Hai meditato
il male contro gli Dei tuoi figli!”. Secondo alcuni studiosi e contattati come
per l’appunto Eugenio Siragusa, proprio dal malvagio pianeta di Lucifero,
Mallona, andato distrutto, a loro dire, da un’esplosione nucleare 75 milioni di
anni fa, sarebbero giunti alcuni alieni superstiti, che avrebbero lasciato una
tra le prime impronte genetiche su sauri, che allora trovarono evoluti sulla
terra, forse quei mitici “Serpenti bisessuati acquatici” o “Serpenti Piumati
dorati”, dando vita così “all’Homo Sapiens”, questo sarebbe accaduto prima che
arrivassero altri esseri da: Orione, Procione, Alpha Centauri e dalle Pleiadi,
rispettivamente di razza: bronzea, giallo-oliva, bianca e rosso mattone; che
mescolandosi avrebbero originato le varie razze umane come ora le conosciamo, e
anche prima di Atlantide e dei “Giganti”, originati dall’accoppiamento delle
figlie degli uomini con quegli “Angeli Caduti”, forse anch’essi di Mallona o da
qualche altro astro, che finirono sui vicini pianeti del sistema solare, per
giungere successivamente sulla Terra. Del resto, come abbiamo visto ovunque vi
è traccia di città sorte sotto l’egida degli dei, come accade in Messico a
Tehotiuacán “dove gli uomini diventano dei,” la città di Quetzalcoatl, il
mitico "Serpente Piumato", è quindi probabile un accoppiamento tra
razze, o un intervento genetico di qualche tipo.
Si presuppone, infatti, che gli Aztèchi
dell'antico Messico, migrarono a ondate da una mitica terra del nord, e secondo
la tradizione sono gli “Ometecutli e Omecihuatl”, gli uomini originati da
Tezcatlipoca “specchio fumante” e Quetzalcoatl, che erano in lotta tra di loro.
Tezcatlipoca era originario del paese dei Mixtchi dove regnava sui quattro
punti cardinali, con un colore diverso per ciascuno di essi. Gli Aztechi, sostengono
che Tezcatlipoca, identificato anche con l’Orsa maggiore, si suddivise in
quattro diverse divinità: il dio rosso dell'ovest prese il nome di Xipe Totec,
il blu del sud si chiamò Huitzilopochtli, il bianco dell'est si chiamò
Quetzalcoatl, il nero del nord mantenne il nome di Tezcatlipoca. Questa
suddivisione mi ricorda i “Guardiani del Cielo indù, i Lokapala”, Sono i guardiani dei punti cardinali. Essi
sono: Vaisravana, il guardiano del nord e re delle fate e dei semidei;
Viridhaka, il guardiano del sud e re degli gnomi; Dhritarastra, guardiano
dell'est e re dei centauri; Vimpaksa, guardiano dell'ovest e re dei naga e
delle nagini una sorta di sirene della giungla, uomini e donne dal corpo
terminante in coda di serpente proprio come Coaticlue “quella dalla gonna di
serpenti”. Le nagini avevano seni rotondi e prosperosi ed erano molto generose
delle loro grazie. Inoltre queste suddivisioni possono essere state le matrici
originarie del vangelo gnostico dei quattro angoli, o cardini del mondo, di cui
abbiamo testimonianza dal vescovo arabo Maruta del IV secolo, che lo
attribuisce ai perfidi seguaci di Simon il mago.
Nella X stanza delle “Stamze di Dzyan” si
legge in merito alle razze: “La Prima, in ogni Zona era color della luna; la
seconda gialla come l’oro; la Terza rossa; la Quarta marrone, e divenne nera
dal peccato”. Le” Stanze di dzyan” riferiscono che le razze sono legate agli
astri: la prima fu eterea, ombre nate da sé, prive di favella e legate al Sole,
“è il Paradiso terrestre degli esoterici”; la seconda priva di intelligenza e
legata a Giove, “ qui compaiono quelli che gli esoterici chiamano i Nati dal
Sudore come Adamo ed Eva”; la terza, lemuriana, androgina e legata a Marte e a
Venere, quindi alla caduta degli angeli che qui si separarono in maschi e
femmine, “qui dai nati dal sudore nacquero quelli che gli esoterici chiamano i
nati dall’uovo”; la quarta, Atlantidea, legata alla Luna e a Saturno, e per gli
esoterici si divise in sette sottorazze che raggiunsero saggezza e
intelligenza, “il frutto del bene e del male”; la quinta, Maya, l’attuale razza
legata a Mercurio, qui la civiltà greca e maya dominanti, si ricostituirono, e
con gli extraterrestri ricrearono la razza bianca precedentemente distrutta dal
Diluvio Universale. Nelle “Stanze di Dzyan” si legge: “ I Serpenti che
ridiscesero, che fecero pace con la Quinta, l’ammaestrarono e l’istruirono”…
(Stanza XII).
53° IL SERPENTE E LE DIVINITA’
Ritornando alle simbologie attribuite al
drago e al serpente, nell’Apocalisse Il grande drago, è associabile al Rà
egizio, per l’appunto il Raab ebraico, il serpente antico, colui che noi
chiamiamo il diavolo, l’arconte del sole nero, o satana, che seduce tutta la
terra, fu precipitato sulla terra dagli arcangeli, “i messaggeri dell’arca”, e
con lui furono precipitati anche i suoi angeli, “intendendo probabilmente i
Cherubini”, Apocalisse (12, 9, 10); proprio quelle entità chiamate Gherubim (i
violenti), Raphaim, (i Vili), Nephilim, (i voluttuosi), e Anacim ( gli
Anarchici). Come ho già citato, non bisogna dimenticare, che anche lo stesso
Dio Yahweh poteva trasformarsi in rettile (Esodo 4,24), inoltre c’è da tener
conto che all’inizio lo stesso Dio è rappresentato in maniera crudele, forse
per questo il movimento cataro, cioè dei “puri”, del XIII secolo considerava
Yahweh il diavolo, ricordo che anche gli esseni erano i “puri” e nel
“testamento di Amran”, trovato a Qumram, si parla una figura con volto di
serpente a cui era attribuito il potere di un Dio. Ferecide riporta una favola
caldea che narra di una lite tra Dio e il serpente, Origine la cita nel suo
sesto libro contro Celso. Per capire quella che può essere la “crudeltà di Dio,
o di altri esseri”, a mio parere, bisogna ragionare su una logica: “noi ci
uccidiamo e ci nutriamo di animali, siamo cacciatori, noi vediamo naturale
l’innocenza in un bimbo che pesca e uccide; ma pensate ad un essere
evolutivamente superiore che si nutre di noi, o ci usa per il suo scopo, come
facciamo noi con gli animali, certamente lo considereremmo crudele, infernale e
malvagio, anche se realmente agisce come noi”. Ecco perché occorre tendere alla
“luce della coscienza” ed avere rispetto della vita se vogliamo che “il Creato”
l’abbia per noi, i cambiamenti vanno fatti dentro di noi, le dinamiche
interagenti sono in noi più vicine di quello che pensiamo. Nel libro di Giobbe,
Satana è uno degli Elohim, come Yahweh che fa parte della corte divina, è uno
dei figli di Dio che regolarmente si presentano davanti a Dio, in esso si
legge: “Un giorno avvenne che i figli di Dio andarono a presentarsi a Yahweh. E
in mezzo a loro apparve anche l’Avversario”; più esplicitamente un’altra
traduzione dice: Un giorno i figli di Dio erano venuti per presentarsi a Lui,
fra essi era anche Satana; a lui disse il Signore: Di dove vieni? Ho fatto - rispose
- il giro della terra e l’ho percorsa”. In uno dei papiri di Qumran, il “Rotolo
della Guerra” si legge. “ Ei Elyon mi diede un seggio tra coloro che sono
perfetti in eterno, un trono potente nell’assemblea degli dei. Sarò ascritto
nel novero degli dei e riconosciuto nella santa assemblea”. Probabilmente gli
Elohim, prima Yahweh, dopo aver creato l’uomo, e dopo il suo Avversario
Lucifero, vennero scacciati da altri “ Bene-Elohim” in terra, e in una delle
varie visite o meglio, “cadute”, ci furono coloro che si accoppiarono con le
figlie degli uomini generando i noti Nephilim quelle “irruenti gigantesche
potenze” che i testi antichi rievocano. Il Salmo 89,7 riporta: “Chi sulle nubi
è simile a Yahweh, o chi è uguale a Yahweh fra i figli di Dio”; in Giobbe 38,7
si legge: “O chi pose la sua pietra angolare, mentre giubilavamo insieme gli
”astri del mattino (i luciferi)” e applaudivano tutti i figli di Dio?”. Questi
Elohim, ricordano analogamente quelle battaglie tra “razze aliene” citati nei
sigilli sumeri, nei purana, nella Cronaca di Akakor ecc.; inoltre spesso, come
abbiamo visto e vedremmo, sono correlate alla figura del rettile. Analizzando
altri culti si giunge sempre allo stesso fine; nella mitologia greca per
esempio, è Giove che gettò Nettuno sulla terra con il compito di governarla,
Nettuno è riconosciuto come sovrano di Atlantide che fu distrutta da una
catastrofe, il suo simbolo è il tridente, il forcone che è anche simbolo di
lucifero.
Il biblista Franz Delizsch ricorda che
Zoroastro, il profeta che Giustino afferma essere l’inventore della magia,
giunto sulla terra, fece a pezzi i corpi degli angeli perché si erano uniti con
le donne mortali; il culto di Zarathustra, fatto risalire dallo storico
bizantino Gregorius Cedremus all’eroe greco Perseo per custodire il fuoco
immortale sceso dal cielo, è nato probabilmente in Persia nel 588 a. C., per
l’appunto dal culto più antico dei Magi, che mete a capo del pantheon Ahura
Mazda,“la Luce”, il figlio Mitra, che nei veda assume il significato di: “Amico
per mezzo del Patto” e Ardvi Sura Anahita, dea delle acque. Anche qui c’è la
solita saga combattuta da una schiera di esseri splendenti chiamati Ahura e
oscuri chiamati Daeva, e proprio qui che i “Guardiani del Cielo indù, i
Lokapala”, “come gli angeli di Dio” e i “Vigilanti di Enoch”, disobbediscono,
influenzati da Angra Maynu, il “Principio Oscuro”, definito anche come: “Il
Vecchio Serpente con due piedi”; colui che nel settimo secolo a. C. assunse il
nome di Eblis o Iblis assumendo le connotazioni del Vigilante Azazel, o Belial;
infatti anche nei racconti arabi Ebilis era il padre dei malefici e bellissimi
“Peri” e dei “div o djinn”, quei maghi, stregoni, demoni, che a quanto pare
potevano cambiare aspetto trasformandosi in animali o altro. Ma non è ancora finita,
secondo I Testi egizi delle Piramidi, Rà che diede vita a “Gli Inerti”, plasmò
in un primo momento un universo popolato da individui che si allearono contro
di lui, divenuto successivamente vecchio decide di sterminarli con l’aiuto del
suo occhio, poi stanco e deluso salì nel cielo e così nacque il mondo odierno
che dall’alto sorveglia navigando la volta della Galassia sulla barca “Dei
Milioni di Anni”, Combattendo costantemente l’antico serpente Apep,
l’avversario del Dio Sole.
Come abbiamo visto anche per gli egizi il
serpente non fu considerato positivamente, ma era Isefet, “colui che ha
carattere o aspetto maligno”; Apope, o Aphophis, infatti, era un dio
somigliante ad un serpente e incarnava il caos primordiale e la tenebra.
Eusebio nella sua Preparatio Evangelica, libro 1, capitolo X., afferma che gli
egizi attribuivano al serpente un carattere divino, vedi Mertserger la
dea.serpente e avvoltoio. Stessa cosa, come abbiamo visto, in Mesopotamia con
la dea dragone Tiamat, citata nel poema ”Enuma Elish” del 1.125 - 2000 a. C..
Enuma Elish, ossia “Quando in Alto”, similarmente alla Genesi, è un “poema
della Creazione” scritto intorno al 2.000 a. C., è dal sangue di Kingu, braccio
destro della dea, che verranno creati gli uomini; risalente al tempo della
prima dinastia di Babele, l’Urigallu cioè il gran sacerdote come rito
propiziatorio, lo recitava verso sera il quarto giorno del compleanno di Babele
in onore di Bel, cioè Marduk il dio divenuto nazionale dopo il perfido Enlil,
“il serpente con gli occhi splendenti”, definito nel “Epopea di Gilgamesh” il
“Signore del Destino”, colui che scatenò quel Diluvio dove sopravisse solo
Zusundra, “il Noè sumero”, avvisato dal dio Enki. Enuma Elish, giuntoci i
quattro versioni: neobabilonese, neoassira, assira e frammentariamente da
reperti prebabilonesi rinvenuti negli scavi di Kish è composto di sette tavole
e sembra proporre il concetto della Creazione dall’acqua primordiale, “l’Apsu
primiero”; per i sumeri, infatti, all’inizio dei tempi la Terra non aveva un padrone
e due dei ne reclamavano il possesso:per l’appunto Baal, signore dell’Aria e
della Pioggia e Yam, il drago che regnava sulle Acque Inferiori.
La tradizione araba, invece, afferma che
sotto l’abisso d’aria nera c’è fuoco e sotto il fuoco, un serpente chiamato
Falak che ha in bocca gli inferni.
rende serpentiforme, figure simili si
ritrovano a Carnac in Francia. Collezione Museo delle Origini dell’Uomo.
La prima figura in alto a sinistra è una
scultura in avorio rappresentante una donna neanderthaliana con acconciatura
alla "nubiana", ritrovata a Brassempouy, Francia. Civiltà
artistico-religiosa perthesiana. Cultura materiale: Aurignaziano-Perigordiano.
Le due figure successive rappresentano statuette di sembianze femminili e
maschili, con testa serpentiforme e corpo umano risalenti all'epoca di Obed, 4°
millennio a. C. (museo irakeno di Baghdad). la quarta figura da sinistra
rappresenta una testa in argilla della cultura Vinca Plocnik, Pristina e risale
al periodo Neolitico Balcanico, le uprime due foto sotto a sinistra mostrano
artefatti hindù risalenti alla cultura veda, le ultime due rappresentano il dio
Baal. Si può notare una similitudine dei tratti somatici che lega le figure al
serpente nonché all’uomo, cosa che sembra contribuire ad avvallare l’ipotesi di
un’evoluzione legata al rettile.
54° IL SOPRAVVISUTO MALVAGIO RICORDO DEL
SERPENTE
Il rumeno Dracula, in realtà l’impalatore
di Valacchia, il principe Vlad Tepes decapitato nel 1477, colui che fece
impallare più di centomila persone sotto il proprio peso, facendo conficcare su
pali piantati a terra, rispettivamente uomini e donne, attraverso l’ano e la
vagina; immortalato fantasticamente nel 1897 da Bram Stoker nel suo “Conte
Dracula”, divenne il Dracula che tutti conosciamo. Dracula ovvero “il Figlio
del dragone” che è un adattamento di Draculea giocherebbe sul sostantivo Drac
che sta per dragone o diavolo, quindi indica negativamente il drago assimilandolo
alla malvagità imputata agli antichi serpenti. Nella mitologia indiana, come
abbiamo visto, abbiamo la lotta tra il dio vedico Indra e il malvagio drago
Vritra.
Probabilmente queste considerazioni più o
meno negative su draghi e serpenti rappresentano allegoricamente eventi dannosi
e fati catastrofici realmente accaduti, che hanno dato origine al nostro
pianeta e all’uomo com’è nel suo stato odierno, altre considerazioni negative
avranno avuto radice nell’antagonismo con quei popoli, come i Celti, i
Vichinghi, i Cinesi, i Giapponesi, ecc., che consideravano il serpente simbolo
fecondo e di potere, altre ancora, nella volontà di assoggettare con un simbolo
temibile, il proprio popolo, o meglio con la paura di ciò che poteva essere
riconosciuto socialmente temibile. Si potrebbe supporre anche che ciò fosse
solo un artifizio d’alcuni, come sembrerebbero alcuni eventi delle sacre
scritture, come: il diluvio, il divieto di mangiare all’Albero della Sapienza
del Bene e del Male, l’ira di Dio per la Torre di Babele, la distruzione di
Sodoma e Gomorra, in cui si potrebbe sospettare una volontà tesa a limitare
l’uomo nella sua ignoranza.
Per questo gli antichi druidi celti che
si consideravano “serpenti” non avevano alcun alfabeto a parte quello ogamico
usato nei rituali; è lo stesso Giulio Cesare a dirlo nei suoi “Commentari”: “Mi
sembra che due siano le ragioni per cui essi (i druidi) evitano la scrittura:
prima di tutto perché non vogliono che le norme che regolano la loro
organizzazione siano risapute dal volgo, poi perché i loro discepoli non le
studino con minore diligenza”. Il potere è sempre protetto da chi lo detiene,
anche da un “Dio”, non a caso il profeta Malacchia verso la fine dell’esilio
babilonese, preannunziando la chiesa del Cristo, come il contemporaneo
Zaccaria, portando la parola di Dio scrisse: “Essi diverranno, dice il Signore
onnipotente, mia proprietà nel giorno che io preparo e li prediligerò come un
padre predilige il figlio che gli è sottomesso; e vi convertirete e
distinguerete l’uomo giusto dall’ingiusto e colui che serve Dio da colui che
non lo serve. Perché ecco viene il giorno ardente come il forno e li brucerà; e
tutti i superbi e gli operatori d’iniquità saranno come paglia e quel giorno
venendo li incendierà, dice il Signore onnipotente, e non rimarrà di loro né
radice né tralcio. E sorgerà per voi che temete il mio nome, il sole di
giustizia con raggi benefici e voi uscirete e saltellerete come vitelli
liberati dal giogo; e calpesterete gli empi ridotti in cenere sotto i vostri
piedi nel giorno in cui opero, dice il Signore onnipotente”. Ritornando al
nostro rettile, una storiella fuori tempo, ma che ci fa capire quanto il
serpente possa assumere importanza simbolica tra la gente, ci viene da Albogno,
paese ossolano. In questo paese sopravvive una leggenda che affonda le sue
radici nei sabba, “la festa della luna piena”. La storia di Albogno, come molte
altre, è un’antica traccia della presenza di “strani esseri” rimasti nella
nostra società; infatti questa storia ci narra l’esistenza di una strega che si
nasconderebbe sotto le sembianze del “sarpen gatt”, serpente-gatto, che si
aggirerebbe ancora oggi nelle notti di luna piena tra i boschi del luogo.
55° GRANDI MADRI E POI MAGICHE STREGHE
I sabba, l’ebraico “shabat”, o tregenda
delle streghe; era originariamente la festa della luna piena, con le sue danze
e girotondi ipnotici anche a sfondi sessuali, e presentano affinità con le
tradizioni sciamaniche, cerimonie in cui presiedeva un’entità cornuta come Pan,
Lucifero, Dionisio, il celtico Cernuanos, Mender, ecc.; cerimonie evocative che
raggiunsero l’apogeo del periodo inquisitorio tra il 1.275 e il 1.692, tempo in
cui numerose donne venivano trucidate, o arse vive solo perché ritenute
colpevoli di stregoneria, quei poteri “druidi” uguali a quei dei Magi persiani,
ritenuti, per l’appunto, i sostenitori della druj, “la menzogna”, termine che
deriva probabilmente dall’irlandese “druid” derivato dal sanscrito “veda”, cioè
conoscere e vedere, poteri che ritenevano rafforzati dal plenilunio, quei
poteri di guaritrici attribuiti alle seguaci delle “vie della Dea”, le antiche
condottiere di popoli, chiamate “signore degli animali o dee della salute, come
la paleoveneta Vesuta o Vetusta, dee civilizzatrici come Minerva, Vegonia la
dea ninfa che insegnò interpretare i fulmini, donne primeve che alcuni
ipotizzano provenire dallo spazio e legate alle grandi dee, “la Grande Madre”,
la triplice dea celtica dei “Thuata De Danann", Dana o Danu, la gallese
Liys Don, termine che indicava anche la costellazione di Cassiopea, la dea
triforme Diana, dall’etrusco “Tana”, chiamata per la sua triplice natura anche
Artemide, Diana e Ecate, cioè vergine, madre e anziana, la dea Lunare
crescente, piena e calante, la signora della notte, della caccia e degli animali.
La dea che si trasformò in gatta per sedurre il fratello Sole, “Lucifero”,
signore del giorno; fu proprio dal loro incestuoso amore che sarebbe nata la
prima strega, Aradia, identificabile anche nell’ebrea Lilith, nelle celtiche
Morrigan e Cailleach, nella romana Strige e Dione, nella “Khecari” dell’India,
Pùtanà, e nella libica Lamia, quest’ultima narrata da Duride di Samo e
riportata da Diodoro, di cui si dice fu resa madre da Zeus e poi impazzita per
vendetta di Era. “Entità” chiamate ancora in chissà quanti altri modi: la greca
Selene, la romana Diana, la strega di Endor nella Bibbia, in Messico la dea
della Terra Tlazolteotl che come accadeva alle streghe europee presiedeva
anch’essa i “saba”.
Nel 1926 fu pubblicato un libro dal
titolo “The History of Withcraft and Demonology”, scritto dal reverendo inglese
Montague Sumers, dove si esprimevano valutazioni critiche sul tempo
inquisitorio, infatti l’autore sosteneva che, se i maghi umbanda del Brasile
potevano usare gli spiriti per recare danni, probabilmente anche qualche strega
del medioevo poteva essere colpevole per ciò che gli era imputato, vedi per
esempio il complesso caso della rossa Isobel Gowdie e le streghe di Auldearne
in Scozia nel 1662, imputate di partecipare ai sabba e di avere rapporti
sessuali con il diavolo. Del resto per farsi un idea di cosa arieggiasse a quei
tempi, basta leggere il libro “Maleus Maleficarum, o Martello delle Streghe”
pubblicato nel 1486 da Jacob Sprenger e Heinrich Kramer che evidenzia le
stravaganze erotiche attribuite allora alle streghe. Ricordo che
originariamente il termine strega, deriva dai greci e romani strix o stryx, e
identificava uccelli notturni, strilli sciamanici che portavano ad estasi
evocative di demoni notturni temuti perché capaci persino di succhiare il
sangue ai bambini.
56° “GESU’ IL MAGO” E LA MAGIA DEI
CRISTIANI
Morton Smith (docente di storia antica
alla Columbia University) ha scritto un libro intitolato “Gesù il Mago”,
mettendo in risalto le incongruenze scritte nel vangelo dagli apostoli,
giungendo alla conclusione che Gesù potrebbe essere stato un gran mago. Nel
Talmud di Babilonia (sec.II-V) si legge: “Alla vigilia di Pasqua fu crocifisso
Gesù di Nazaret… Egli aveva esercitato la magia e sedotto Israele,
trascinandolo nella rivolta…Non si trovò nessuno che lo difendesse” (TB
Sanhedrin 43a). Ario un prete della chiesa d’Alessandria, nel quarto secolo
riteneva che Gesù era un grande e nobile uomo ritenendolo un adepto che
conosceva tutti i misteri divini e vedeva in lui la prova tangibile del fatto
che la Parola non sarebbe eterna come il Padre. Ciò che Ario non capì allora è
che la generazione poteva essere sia sessuata che asessuata e quindi non opulò
la possibilità che vi fosse una generazione per divisione, per talea, per
propagazione, o per gemmazione, o per divisione, come si può osservare
realmente in natura; del resto Giovanni scrive: “Non vi fu un tempo durante il
quale il Figlio non fosse, perché il Logos, prima di essere generato, esisteva
nel seno del Padre” (Giovanni 1,1; Giovanni 1,18; 1 Giovanni 1,1-2). I grandi
Padri della Chiesa intuirono questa concezione asessuata in una generazione del
Cristo vista come un’emanazione del “Logos”.
Giustino paragona la generazione della Parola alla separazione di una
fiamma in due lingue di fuoco (Giustino, Dialogo con Trifone, 128), Taziano al
fuoco di una torcia che procede dal fuoco di un'altra torcia, senza impoverirla
(Taziano, Discorso contro i Greci, V),Tertulliano la paragona ai raggi di luce
partiti dal sole ma ancora legati al sole (Tertulliano, Apologia del
Cristianesimo, XXI, 12; Tertulliano, Contro Praxeas, VIII). Quindi anche oggi
alla luce delle nuove conoscenze, come Taziano, paragonerei la Parola di Dio
alla parola di un uomo che manifesta il suo pensiero, senza impoverirlo. Quindi
il manifestarsi della Creazione stessa che con manifestazioni superiori
influisce e veglia con l’immagine più idonea e ragione evoluta l’operato
dell’uomo; un uomo che interpreta a piacimento, secondo la propria evoluzione
le manifestazioni superiori chiamate “divine” di questi esseri illuminati che
appaiono più o meno con sembianze umane. Il teologo alessandrino Teognosto
(247-280), evidenziò magnificamente questo concetto quando scrisse: “La
sostanza del Figlio non è qualcosa di apparsa dall’esterno, né fatta uscire dal
nulla, ma è nata dalla sostanza del Padre, come lo splendore dalla luce e come
il vapore dall’acqua”. In effetti lo stesso messaggio ci giunge anche dal
vangelo gnostico di Maria, Maria Maddalena conforta i discepoli con una rivelazione
datagli da Gesù, e riferisce che: “Alla visione di Dio non si giunge con
l’anima, né con lo spirito, ma con l’intelletto”.
Ricercando testimonianze storiche,
infatti, affiorano alcune curiose definizioni del Cristo, per esempio un
accenno forse ritoccato dai copisti cristiani, dello storico dei fatti della
Palestina Giuseppe Flavio 37-102 d. C., parla di Gesù in questi termini: “Verso
questo tempo visse Gesù, uomo saggio, se pur conviene chiamarlo uomo; egli
infatti compiva prodigi, ammaestrava gli uomini che con gioia accolgono la
verità, e convinse molti giudei e greci. Egli era il Cristo, E dopo che Pilato,
dietro denuncia dei nostri primi cittadini, lo condannò alla crocifissione non
vennero meno coloro che fin dall’inizio lo amavano. Infatti apparve ai suoi
discepoli il terzo giorno di nuovo vivo, avendo i divini profeti detto queste
cose su di lui e moltissime altre meraviglie. Il gruppo che porta il nome di
cristiani non è ancora scomparso”( Ant. 18,63-48). Un altro testo riferisce:
“Il sommo sacerdote Anna fece comparire davanti al sinedrio Giacomo, fratello
di Gesù detto il Cristo, insieme con alcuni altri, e li condannò a morire
lapidati” (nel 62 d. C.). Plinio il Giovane 62-114 d. C. governatore della
Bitinia alla fine di della lettera del 112 d. C. indirizzata all’imperatore
Traiano per chiedere istruzioni sul procedimento giudiziario da assumere verso
i cristiani, che ostinati nelle loro convinzioni fece uccidere, scrive: “I
cristiani si riuniscono in un giorno prefissato e cantano un inno in onore di
Cristo come a un Dio. Tale superstizione s’è sparsa dappertutto, non solo nelle
città e nei paesi ma anche nelle campagne”. (Epist.10,96). S. Paolo, in un
brano interpretato esotericamente dice: “Io lavoro di nuovo per aiutarvi a
creare il Cristo dentro di voi” (Gal, IV. 19). Dio spogliò se stesso divenendo
uomo umiliando se stesso fino alla morte in croce, questo ci dicono le
scritture (Filippesi 2,6-8).
Nel commento al testo “Argomentazioni
sulle Religioni”, del dott. Chiaramonti Nazareno, l’autore fa notare che solo
nel IV secolo, Gesù fu considerato entità divina e canonizzato nel concetto di
trinità. In effetti, nel vangelo non vi sono indicazioni che Gesù abbia detto
d’essere Dio, anzi egli afferma di essere il figlio di Dio, anzi figlio dell’uomo
come ad affermare la sua natura umana; infatti, Remo Cacitti, docente di storia
cristiana antica all’università di Milano, evidenzia che i documenti non
cristiani lo ritengono solo uno tra i tanti predicatori di quella provincia
romana che era la Palestina, forse quello che per l’appunto Giuseppe Flavio, lo
storico ebreo dell’epoca, indica con il nome di Teuda, capo di un movimento
pacifista, che fu da lui radunato presso il Giordano, fiume dove separò le
acque, proprio come Mosè, quel Mosè che giunse dall’Oriente, di cui lo stesso
Giovanni Crisostomo si domanda: "Ma ditemi, non giacciono i resti di Mosè
in qualche lontano luogo dell'est?" Infatti a Mosè, in Kashmir, è
collegata nella città di Bijbihara, a 43 chilometri a sud di Srinagar, la Saing
- i - Musa, "la pietra di Mosè" nota anche come Ka Ka Pal, inoltre
sembra che Gesù stesso sia fuggito in Kasnhir dopo la crocifissione, forse
originariamente legato alle dinastie orientali degli Yadu e Krsna. Giuseppe
Flavio parla anche di un certo personaggio chiamato l’Egiziano, che guidò i
suoi seguaci in una marcia su Gerusalemme, con la promessa che all’arrivo
sarebbero cadute le mura per opera di Dio, inoltre cita un raduno di più
profeti che si ritirarono nel deserto nell’attesa di un intervento divino, ma
che finirono sterminati dai romani. Molto più recentemente anche il grande
Mahatma Gandhi ad un’intervista fatta da un missionario cristiano, affermò che
considerava Gesù un gran maestro vicino alla perfezione, ma non l’unico figlio
di Dio; forse pensava al supremo Krsna nella sua manifestazione sulla Terra
5.000 anni prima, o a Rama, o Budha; e parlando sulla perfezione di Gesù,
aggiunse: affermare che Gesù fosse perfetto voleva dire negare la superiorità
di Dio sull’uomo che è vincolato dalla carne e non può raggiungere la
perfezione; e qui sicuramente intendeva quel mondo spirituale origine degli
eventi profetici e meta di persone “illuminate” che celano il loro avvento
sotto magici e sconosciuti posizionamenti stellari e riti mistici legati a presenze
intellettive di vario grado che chiamiamo in migliaia di modi. Non c’è da
stupirsi, già gli Ebioniti, chiamati anche “asceti mendicanti”, la più antica
setta d’ebrei cristiani, che facevano uso solo del vangelo ebraico di Matteo in
comune con i Nazareni, consideravano anch’essi sorprendentemente Gesù come un
uomo (cfr. Epifanio: “Contra Ebionites”), anche se bisogna ammettere che fatti
come la risurrezione di Gesù, la trasfigurazione sul monte Tabor, la
risurrezione di Lazzaro, e la capacità di svanire improvvisamente, come quando
gli furono lanciate le pietre, o come quando Giuda che tra l’altro significa
“lode di Dio”, gli mise la corona per incoronarlo re d’Israele, fatti, se veri,
celano misteriosi segreti, o un sapere evoluto, ricollegabile alle visioni
degli “Angeli caduti” degli scritti biblici e apocrifi citati, del resto
bisogna ricordare che lo stesso Gesù disse a Giuda: ” Il mio regno, Giuda non è
di questo mondo”; inoltre fu sempre Gesù che profetizzando la sua Crocifissione
e Resurrezione davanti a Giuda disse: “Posso distruggere il Tempio e
ricostruirlo in tre giorni”. Qui è facile capire perché, Gesù Cristo, come
successe con Krsna in India millenni prima, sia ritenuto una manifestazione del
Logos, io direi una manifestazione superiore del Logos, cioè “un “Essere
evoluto naturalmente e coscientemente superiore”, dato che anche noi uomini per
un certo verso siamo manifestazione del
logos, si dice: “Che Cristo abita in noi”, avendo Cristo in noi, o meglio una
coscienza in evoluzione che ci apre sempre più la “visione interiore”. Qui è
facile capire il concetto, prima espresso, del teologo alessandrino Teognosto,
e anche lo storico Giuseppe Flavio che ci parla ambiguamente di Gesù dicendoci:
“Verso questo tempo visse Gesù, uomo saggio, se pur conviene chiamarlo uomo;
egli infatti compiva prodigi…….”. Giustino ci dice chiaramente che secondo il
racconto degli apostoli; Gesù Cristo scendendo nel Giordano, ne fece ribollire
le acque e le infiammò, cosa che però non si trova in nessun scritto degli apostoli.
Come abbiamo visto Gesù stesso ha affermato di non essere di questo mondo,
aveva la stessa missione di Krsna migliaia di anni prima, infatti nel Baagavad
Purana 11, XXXI, 5, 6, XXXVIII, 10, si
legge:“Krsna è venuto sulla terra per cancellare i peccati del Kali Yuga,”
l’era nera del ferro” per prendere su di se i peccati che opprimono l’umanità.
Compiuta la sua missione egli è tornato in cielo indicando la via a coloro che
gli sono fedeli”. Quindi Gesù può essere stato un essere sotto l’egida aliena,
e se è venuto in terra, probabilmente lo siamo anche noi, ma non un Dio
assoluto, magari una manifestazione superiore di Dio inteso come “Padre del
Creato”, del resto i grandi padri della chiesa come Giustino, Tertuliano,
l’avrebbero pensata così se allora fosse
stato coniato il termine “alieni”; Eusebio vescovo di Cesarea nella sua Storia
Ecclesiastica, libro i cap XI, afferma chiaramente l’assurdità che la natura
incerata, immutabile di Dio onnipotente, assuma la forma di uomo. Questa idea
maturò sicuramente con le idee di Platone, prima tutti padri della chiesa erano
limitati nel credere a un dio corporeo, ma è solo l’evoluzione in atto che ha
fatto comprendere e ci fa tutt’ora comprendere in modo univoco, ma differente
per l’uomo apprendista che ha le sue peculiarità individuali. La volontà di
cercare la ragione delle cose, il giusto porsi, il continuo evolvere e
“illuminarsi”, danno la sapienza delle cose; e
Gesù Cristo fu infatti esplicitamente chiamato "Sapienza di
Dio" in molti punti del Nuovo Testamento (Matteo 11,19, Luca 11,49, 1
Corinzi 1,24-30); e la sapienza esisteva in Dio prima della creazione del mondo
(Giovanni 1,1; Giovanni 1,18; 1 Giovanni 1,1-2). Fu quindi generata, emanata,
manifestata, esternata, espressa, tradotta in Logos o Parola di Dio (Proverbi
8,22; Sapienza 7,25; Siracide 24,3). Sedette in trono accanto al Padre
(Giovanni 17,5; Sapienza 9, 4 e Sapienza 9,10) e si manifestò per l’appunto, in
Gesù Cristo, come Figlia di Dio (Giovanni 1,1). Nella Clavicola di Salomone,
testo che deriva dalla Kabbalah pratica, si accenna ad un “Sacro Tempio
Divinatorio” costruito in onore della Sapienza,
Salomone, rivolgendo la sua preghiera a Dio, nel ottavo versetto del
nono capitolo del suo trattato magico scrive ”Mi hai detto di costruirti un
Tempio sul tuo Santo Monte, un altare nella città della tua dimora, un
imitazione della Tenda santa che ti eri preparata fin dal principio; all’ottavo
versetto dell’ottavo capitolo, ancora a proposito della sapienza scrive:” Se
uno desidera anche un’esperienza molteplice, essa conosce le cose passate e
intravede le future, conosce le sottigliezze dei discorsi e le soluzioni degli
enigmi, pronostica segni e portenti, come anche le vicende dei tempi e delle
epoche”. Qui è chiaro che la sapienza matrice della veggenza si manifesta in
una cerchia ristretta, in quei pochi cultori iniziati. Ma c’è da chiedersi, chi
risvegliò quelle sole poche menti? Da dove giunse quel sapere? Quali erano, chi
erano e da dove venivano i primi sapienti? I primi sapienti evoluti erano tali
per natura o intervento? In ogni caso la mutazione, la trasformazione allora è
avvenuta e sta avvenendo ancora. Nel 53 capitolo del libro di Krsna, a pag. 418
alcuni principi sconfitti, incoraggiando Sisupala per la sconfitta e per la perdita della bella
Rukmini rapita da Krsna, dissero: “Noi danziamo la danza che vuole l’Essere
Supremo, ed è solo per la Sua grazia che conosciamo la sofferenza o la gioia,
che sempre si equilibrano”. Ermete Trismegisto nel “Corpus Hermeticum, libro 1,
Pimandro”, afferma che l’uomo sorge dal “Nous”, la consapevolezza suprema, ed
il suo fine è quello di ritornarvici sotto l’egida d’un Maestro che lo conduce
“all’iniziazione, verso la sua rigenerazione” per l’appunto con l’aiuto di
quelle “Potenze” del Nous stesso che innescate dalla ricerca interiore lo
portano a superare la dimensione materiale e sensoriale fino a quando : “Vita e
luce sono unite, quindi si è generato il numero dell’unità, del soffio vitale,
pag.139”. A pag.136 ci dice chiaramente: “Libera te stesso dagli irrazionali
tormenti della materia”, a pag. 137 ci dice: “La conoscenza di Dio è giunta fino a noi, e come essa è venuta, è
stata cacciata l’ignoranza”; dice esplicitamente al figlio Tat: “Figlio mio si
è formata in noi l’essenza intelleggibile, essa scaccia la dodecade (i
tormenti) e noi siamo resi divini da questa rigenerazione”, pag. 137-138;
questi insegnamenti sono la base dell’iniziazione e li ritroviamo negli scritti
di tutti i tempi, vedi Epicuro, Seneca nella sua “Gioia di vivere”, ecc.
57° “L’ANTICO SAPERE”, UN RICORDO
DIVINIZZATO
Certo l’impronta maggiore di un “nume
divino” c’è, ed è in quelle “Potenze”, in quei “Messaggeri di Dio che vigilano
le dinamiche cosmiche” per uno scopo a noi ignoto., ma che sicuramente è legato
alla nostra evoluzione interiore, alla nostra “illuminazione”, così almeno è
meglio pensare, piuttosto che credere solo ad un loro egoistico “scopo”. Gesù
fu l’ebreo che rovesciò il dramma del distacco ereditato dalla leggendarie
origini “dell’Ebreo errante”, simbolo del discepolo ribelle che divenne
inevitabilmente vittima della “legge della Luce”. Non può che essere così anche
per noi, in Isaia si legge esplicitamente: "come infatti la pioggia e la
neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza
averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane
da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me
senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò
per cui l'ho mandata" (Isaia 55,10-11).
L’antichissima leggendaria storia tratta
dal Vecchio Commentario, racconta di ciò che avvenne a quel gruppo di discepoli
fondatori della razza ebraica, e raccoglie in sé, quello che si può definire:
l’originario segreto massonico. Infatti, bisogna tener conto che persino le
razze orientali derivate dagli atlantidei, recano tracce di matrimoni misti con
gli antenati degli Ebrei, in alcune rivelazioni esoteriche si racconta che la
Massoneria, che secondo gli gnostici deriva dalla fusione della Cabala giudaica
e il neoplatonismo, esisteva molto prima della legge ebraica; ed è legata, alla
“Loggia Azzurra” che con i suoi tre gradi si collega ai tre gruppi principali
di vite su Sirio, la stella più lucente della cintura di Orione, ove non vi
sono regni di natura come li possediamo noi, ma gruppi che ricevono i seguaci
del quarto Sentiero, l’evoluto tipo di vita
siriano. Gli esoterici affermano che fu l’antica Gran Loggia Bianca a
divulgare la chiave del processo evolutivo celato poi nei numeri, nelle parole
e nei riti. Si fa chiara quindi l’esistenza di una tradizione gnosi tramandata
ai Kabbalisti, a Platone e ai neoplatonici, che attraverso i secoli è stata
portata avanti dai Templari e dai Rosacroce da cui sarebbe sorta poi l’odierna
Massoneria, tutt’ora in possesso dell’antica conoscenza. Conoscenza che rivela
i molteplici livelli di realtà irradiati dall’Uno, “l’Unica Cosa”, di cui il
più elevato è il Nous, cioè “l’intelletto Puro”, da cui deriva l’Anima del
mondo, generatrice delle anime inferiori, compresa quella dell’uomo, create ad
“Immagine del Nous”, che è anch’egli “Immagine dell’Uno”, “un’Unica Realtà”
così estesa da comprenderne mille di parziali. La Creazione è come una continua
emanazione di luce bianca che attraverso un prisma di cristallo assume mille
fasci e colori diversi, cosi anche l’emanazione del Menoma cioè del “Vuoto”
determina le varie creazioni più o meno tangibili.
La storia dei Commentari ebraici, ci
narra che il gruppo interiore intellettivo che reggeva i destini umani emanò
una legge che costringeva i figli di Dio che stavano per lasciare il mondo
degli uomini ed entrare nella “Luce” attraverso i cancelli della pace a
liberarsi da ogni avere o ricchezza, in loro possesso; ma fu difficile lasciare
ogni cosa, e solo chi riuscì a liberarsi da ogni bene materiale entrò nella
Luce. Dopo più tentativi della “Parola”,
tesa a consigliare l’abbandono di ogni bene, agli ultimi tre discepoli
legati morbosamente ai loro averi la “Parola” disse: “Tenete quel che avete, e
ammassate altro ancora, ma non abbiate pace. Cogliete i frutti della mente, e
cercate potenza nei grandi possedimenti, ma non abbiate dimora. “Entro di voi,
perché siete discepoli del Signore, non avrete diritto alla pace, non
conoscerete vittoria certa e sicura, non potrete conservare ciò che acquistate.
Sarà sempre fiocca in voi la conoscenza di Colui che veglia su ogni cosa.
Sempre avrete l’impulso a cogliere e ammassare. Mai avrete tempo di trattenere
e di godere. Andate dunque finche giunga l’ora, e siate di nuovo sulla soglia
della Luce, questa volta a mani vuote, entrerete allora, liberi, accolti dai
Servi di Dio, e avrete pace per sempre”; ma i tre non cedettero ed iniziarono a
vagare carichi dei loro tesori, iniziò così la storia dell’Ebreo Errante fino a
quando Gesù di Nazareth diretto discendente del discepolo più anziano, essendo
divinamente “illuminato”, e non possedendo nulla rovesciò la situazione. Questo
insegnamento corrisponde all’ultimo stadio della vita concepito dagli induisti,
il “Samnyasin”, dove l’asceta rinunciatario raggiunge il Moksha, la
“Liberazione”, e quindi la pace e la serenità. Ognuno con le sue azioni diventa
artefice del proprio destino, lasciando nell’anima un karma positivo o
negativo, che influenzerà la coscienza nelle rinascite future. Viene
consigliato: Aram (fare carità, purificare l’anima, non fare del male agli
altri), Porul (raggiungere prosperità), Mam (raggiungere contentezza e
passione) e Vidu (liberare il destino nel Brahman); insegnamenti che si
ottengono seguendo una devozione a Krsna, l’ottava incarnazione di Vishnu, la
manifestazione del Brahman, la forza universale dell’amore che aiuta a
staccarsi dai piaceri e dalle ricchezze della vita, proprio come insegna la
“Parola”, ed il Cristo dei commentari ebraici.
58° LE FORZE MAGICHE TRA RELIGIONE E
MITOLOGIA
Tornando alla magia, che tra l’altro le
streghe ad essa sono molto legate, importante è ricordare che culturalmente gli
scrittori medioevali concepivano la realtà come un “centro di luce primordiale
irradiante”, nel Rinascimento, come testimonia Corneglio Agrippa, il mondo era
diviso in tre parti: Elementale, Celeste e Intellettuale, in cui si operava
esotericamente, più di recente la nostra “realtà cosmica” è stata concepita in
un “Universo Oscillante”, o interpretata come una grande “Danza, idea
ricollegabile anche al dio indù Shiva, o più di recente con la teoria delle
“Stringhe”, dei “campi vibrazionali”, da cui si genererebbero anche altri
universi, che credo, comunicanti tra loro da varchi o canali provocati da
alterazioni energetiche al momento inspiegabili per la scienza, ma che in
futuro, capiti gli schemi, saranno normali leggi fisiche; del resto tutto è
energia, materia, corpo, mente e pensiero. Tutto questo può dirsi base della
magia, che esiste fin dalla preistoria e può essere “nera” volta verso il male,
che si manifesta con simbologie inverse, tipo il segno della croce al contrario
ecc. o “bianca” volta verso il bene. Essa si esprime in due principi
fondamentali: il simile agisce sul simile, la parte agisce sul tutto, motivo
dell’importanza, della ricerca delle corrispondenze, il sapere antico del
“Arca”, che trasporta il sapere delle civiltà, partendo dall’alfabeto, la
“molecola della società”. Secondo E. De Martino la funzione della magia è salvare
l’anima dell’uomo primitivo insidiata dagli spiriti. Secondo E. B. Tilor la
magia è una pseudo scienza per controllare la natura.
Ritornando alla magia, essa è sempre
stata legata alla religione, essendo anch’essa una manifestazione dell’uomo.
Secondo J.G.Frazer la differenza tra magia e religione sta nel fatto che la
prima avrebbe caratteristiche impersonali, la seconda invece avrebbe
caratteristiche personali. Tommaso Campanella di profonda fede cristiana
considerava la magia un mezzo per la conoscenza e l’elevazione di Dio. I greci
invece non distinguevano la religione dalla magia, ne sono prova i “Misteri
Eleusini” fatti risalire al 1800 a. C., insieme di riti magici e religiosi.
Quelli che sono i nostri bacilli e batteri per loro erano “Keres”, piccoli
demoni; i greci ammettevano l’esistenza di un’anima animale per gli organi del
corpo e un anima più sottile per i pensieri. La loro stessa mitologia
racchiudeva in una favola i fenomeni strani come: l’amore, l’odio, la passione,
la morte, ecc., che essi personificavano perché fenomeni incompresi, così allo
stesso modo oltre la “Teogonia”, l’origine degli dei, che tra l’altro erano per
lo più vere persone fisiche di grande magnificenza che dopo la morte venivano
considerati dei veri dei, vedi: Minerva “l’inventrice dell’olio”, la giovine
del lago di Tritone ideatrice di molte attività, da cui deriverebbe anche il
nome di Atene, tra l’altro si narra che Vulcano e Minerva siano i genitori di
Erittonio dal greco “contrasto-terra” re di Atene, vedi Trismegistos, il
“saggio scriba”, il conoscitore della tecnica, divenuto, per alcuni, dopo la
morte il “Thot egizio” e il “Mercurio nipote di Atlante dalla figlia Maia”,
vedi Il filosofo Prometeo figlio di Giapeto e Climene, il totano, nonno materno
di Mercurio che forgiò l’uomo”, vedi il fratello astronomo Atlante “sostenitore
del cielo”, vedi Saturno che nell’opera di Virgiglio viene definito il
fondatore del Lazio in Italia, che alcuni collocano nel periodo dell’Età
dell’Oro; presso gli egizi vedi Apis re di Argo, divenuto dopo la morte
(Serapide), vedi Isis, e molti altri ancora. Assieme a questi dei come vedremmo
nacque anche la “Cosmogonia”, l’origine del mondo e dell’universo. Nel VII
secolo a. C. Esiodo nel suo poema narra che vi era il Caos, il Disordine, “l’Uovo
cosmico del Mahabharata, il Mot fenicio, il Bereshit biblico “, dopo venne
Gaia, la Terra, poi Tartaro, l’Abisso, ed Eros, l’Amore primordiale. Da questi,
egli dà origine agli dei. Come accade al il dio del Cielo Anu nella lotta
contro Alau, Kumarbi e il dio delle tempeste Giove, citati nell’antico testo
ittita del XIII secolo a.C. “il mito di
Kumarbi”, probabile trascrizione di
origine turrita; Urano il dio del Cielo, è figlio e sposo di Gaia che pur
ingravidandola non le lascia partorire. Crono, il Tempo, uno dei due figli in
grembo di Gaia si vendica, evira il padre Urano mentre giace con Gaia e
dall’urlo di dolore si ha la separazione di Terra e Cielo che dà inizio così al
mondo. Successivamente Crono viene detronizzato da Zeus, la “Luce del fato e dio
del vento”, e così poi iniziarono ad apparire tutti gli altri dei dell’Olimpo e
del cielo. Il primo uomo, invece, per i greci è “il
Figlio della Grade Madre Terra” e appare con il nome di Pelasgo capostipite dei
Pelasgi, i primordiali abitanti greci che vissero felici in un’epoca d’oro,
dove senza fatica e dolore vivevano in una terra che produceva spontaneamente i
suoi frutti; fino a quando conosciuto l’odio ed il male diventarono inperfetti
e bisognosi d’aiuto. Per cui da qui si inserisce, come in tutte le altre storie
antiche, una seconda nascita,il mto di Prometeo che forgiò l’uomo ex novo.
Empedocle, il filosofo scienziato nel V secolo a.C. spiega l’origine del mondo
operata dal dualismo Amore e Contesa con i quattro elementi: Aria, Acqua, Terra
e Fuoco, portati avanti poi da Anassimandro ed Eraclito che elaborò il noto
concetto del “Divenire”. Per i greci quindi in principio vi era il “Caos”, il
disordine e l’abisso del nulla, e il “Cosmos”, l’ordine. In un certo senso una
teoria che spogliata dalle allegorie trova riscontro con le conoscenze
scientifiche odierne, infatti, una nube volgendosi lentamente su se stessa per
l’attrazione di un campo gravitazionale darebbe origine ad una stella e le
concentrazioni secondarie provocate dalla turbolenza formerebbero i pianeti,
cioè tutto il sistema solare creato, ordine, (Cosmos) dal disordine, (Caos).
Tornando alla magia, ancora oggi è
radicata nella società odierna attraverso superstizioni, malocchio, ecc.,
essendoci ancora molti fatti inspiegabili, non spiegati fisicamente, certo è
che fatti come la moltiplicazione dei pani da parte di Gesù oggi potrebbero
essere ridimensionati, non esistono forze oggi fotocopiatrici che riproducono
milioni di volte la stessa immagine, in un futuro forse sarà possibile riprodurre
anche la materia e allora interpreteremo l’evento sotto un’altra ottica, magari
interpretandolo come un contatto alieno. Molti sono oggi, in effetti, i fatti
inspiegabili che accadono in molte confessioni religiose del mondo e anche
nelle società primitive. Molti studiosi confermano curiosità inspiegabili, come
R.G.Trilles che conferma la facoltà di vedere in precedenza fatti futuri degli
stregoni pigmei, S. M. Scirogoroff conferma la capacità di trasmissione dei
pensieri dei Tungusi, dei Birarcen, i Nanciù ed i Dahur, D. Leslie conferma la
capacità dei Negrilli e gli Zulù di osservare fatti a distanza, tra l’altro è
curioso il fatto che quest’ultimi affermino di provenire dallo spazio; Robert
Mauss afferma che le estasi, (essere oltre, fuori di sé), dei sciamani (
termine in lingua tungusa, di origine siberiana che significa eletto dagli
spiriti) australiani sono reali, si è riscontrato che la popolazione yamana è
in grado di prevedere il tempo. Ricordo che nel libro “The Secret Science at
Work”, Max freedom Long riporta
informazioni sugli sciamani Kahunas, una popolazione ora estinta delle
isole Hawaii noti per le loro conoscenze spirituali, essi suddividevano l’uomo,
similarmente all’odierna psicanalisi, in tre esseri: Sé superiore, ( scintilla
divina, l’Es), il sé intermedio, (la ragione, l’Io), e il sé inferiore, (sede
delle emozioni e della memoria). Queste capacità ed esperienze, a quanto pare,
si possono raggiungere ampliando la tradizionale sfera sensoriale con artifizi
e droghe naturali quali: i suoni di tamburo, che pare entrino in risonanza con le onde theta del cervello
umano legate a loro volta con gli stati ipnotici, o con alcaloidi contenuti in
alcune piante come il Cactus Pelote e il S. Pedro, l’Amanita Muscaria, i funghi
Psilocybe, la Datura Stranomium, la Liana dei Morti, Anadenanthera, ecc.;
piante private del succo usato per gli infusi o fumate, comunque espedienti
naturali, che secondo alcuni studiosi, portano persino ad allucinazioni di
esperienze extracorporali, vedi il testo “I Sciamani”, ne sono esempio gli
Indios della Gujana che usano come allucinogeno una secrezione ricavata da una
particolare specie di rana. Su tutti questi riscontri si può teorizzare di
tutto: come riconoscere la capacità di catalizzare l’energia per i propri
scopi, o di concentrarsi a tal punto da entrare in contatto con altre persone e
dimensioni, “sempre ammettendo l’esistenza d’un inconscio collettivo, o una
coscienza pura, il Cit in sanscrito, o una dimensione parallela meta delle
nostre figure magiche”, o la possibilità di muovere inconsapevolmente energie
sconosciute, o energie elementali, o forze della natura sottoforma di rito, che
seguendo proprie leggi fisiche agiscono, producono un risultato, una
manifestazione che se riscontrata con l’osservazione nel tempo diventa per
l’appunto rito. I teosofi sostengono che i pensieri e i desideri degli
individui sopravvivono alla morte in base al loro grado di materialità negli
spiriti chiamati “Erranti”. Questa forma energetica è chiamata dai teosofi
eidolon, guscio, larva, o scoria che può essere evocata pericolosamente,
giacché può alimentarsi della vitalità dei loro evocatori medianici. Nel mondo
antico già gli egiziani chiamavano questa energia locata nel Paese delle Ombre
Silenziose, “l’Amenti”, per i greci questo paese era “l’Ade”, in sanscrito si
chiama “Kamaloca, meta dei Kama-Rupa”, che in India sono chiamati Pisacha. Ma
non c’è da stupirsi, del resto, non siamo forse parte del creato, del cosmo, di
quello che Ermete Trismegisto chiama “Unica Cosa”, materia e spirito assieme.
La fisica oggi ha appurato che materia ed energia sono parte di un’unica cosa,
è attraverso gli elettroni, protoni e neutroni che l’energia diventa materia,
le loro diverse proporzioni generano variamente gli atomi che a loro volta generano
le caratteristiche fisiche della materia inerte e vivente. La vita anima
dell’universo, individuabile nelle parole: Padre che significa il “Tutto”,
“Atman o Atma” dal sanscrito, Scintilla, Eye, Monade, Sé, termine associato
anche al dio egizio Aton, o sempre dal sanscrito “Brahman”, in origine la Forza
Creativa, l’Assoluto, o Buddhi, Anima, Mente di Dio, Purusha universale “l’uomo
delle stelle indhù”, il Demiurgo, o Isvara (il selezionatore delle energie
mentali e le pulsioni), titolo questo conferito agli dei indù e al Dio della
danza Shiva, che è la personificazione più alta dell’Assoluto, e ancora lo
Spirito divino dell’uomo, pensiero, o il primo Logos anch’esso dal sanscrito
Akasha, Etere universale. Secondo gli esoterici l’etere è quella divina,
luminosa sostanza che circonda e tiene insieme l’uomo, esso è diviso in:
atomico, subatomico, supereterico ed eterico. Posso concludere per quanto
riguarda l’uomo essendo anch’egli “energia” è dotato di poteri che spesso
ignora e che evolvono con lui muovendoli spesso inconsapevolmente
nell’ignoranza delle azioni, facendosi e facendo agli altri spesso del male,
egli deve rimanere sempre responsabile del suo agire, deve seguire il Dio: ”la
Luce avvolgente amorevole della Creazione”, attento a non cadere nelle fauci di
un’estrema razionalità, o d’un falso istinto cristallizzato per abitudine,
attendendo ogni “illuminazione”, che amplia la nostra “visione interiore”, che
è vera evoluzione e si
esprime come riflesso, in una scala di
saggezza.
59° DALLA “LUCE DELLA MAGIA” ALLA SCIENZA
Gli epicurei greci affermavano che gli
eventi umani non avevano niente a che fare con l’ordinamento degli dei,
Aristippo predicava solo il piacere sensibile, Aristotele vedeva la via nella
perfezione dello spirito, ed entrambi erano impregnati del sapere di Socrate
che raccolse la reminiscenza da Pitagora, l’iniziato conoscitore ermetico. Da
allora ad oggi, la metafisica teoretica è diventata logica, la dualità
“manicheo-Kantiana dei principi”, l’esistenzialismo, il ripudio delle passioni
che vedono “l’anima pura solo nel dolore”, io direi “resa pura dal dolore”, in
quanto è dal dolore, “la Crocifissione dell’iniziato” che si apre la via alla
esilarante “estasi della Pace”. Ma non
vi è differenza, dipende sempre dai diversi punti di vista che rendono un’unica
verità apparentemente diversa. Per Anassagora il sole era una pietra infuocata,
non un Dio, per lui gli atomi erano mossi dal “nous”, intelligenza universale,
quello che gli indù chiamano” Mahat”, un’entità eterna e spirituale che non può
essere provata strumentalmente. Del resto oggi anche per la scienza l’uomo è
fatto di cellule come ogni altra forma di vita, fino ai batteri. Le molecole
principali sono gli acidi nucleici e le proteine formati da quegli atomi
complessi che provengono da corpi esplosi di stelle morte prima che il nostro
sole, e la terra si creassero. La scienza moderna afferma che tutta la natura
compresi noi sia l’insieme di sei tipi di quark, tre di leptoni e tre di
neutrini, il materiale di base per costruire l’universo, tutto ciò che vediamo
attorno è formato da una combinazione di queste particelle. L’hanno capito nel
1968, quando nell’acceleratore di Stanford i fisici scoprirono che i componenti
del nucleo dell’atomo, protoni e neutroni, erano a loro volta formati da tre
particelle chiamate quark, esistenti in due varianti su e giù. Inoltre erano
stati identificati altri quattro quark: charm, strange, top, e botton (fascino,
strano, alto e basso), un parente dell’elettrone chiamato tau e due particelle
simili al neutrino etichettate neutrini denominati muonico e tau, l’esistenza
del neutrino fu già teorizzata negli anni trenta da Wolfgan Pauli. L’insieme
della materia è quindi formato da tre famiglie di particelle ognuna contiene
due quark, un tau e un neutrino. Qui dopo aver scandagliato la materia fino a
scale di un miliardesimo di miliardesimo di metro i fisici per il momento, non
vedono più nulla. Già Einstein con la teoria della relatività scoprì che il
tempo non è lineare e si confermò la teoria di Ouspenski, che ipotizzò un
“eterno presente. L’universo è concepito come una sorta di “ pensiero enorme”,
per altri studiosi vi sarebbero entità che dai mondi sottili comunicano
telepaticamente i messaggi sul futuro; quindi noi, insieme agli angeli del
destino, o rettori del Karma, (causa effetto), a grandi linee decidiamo le
esperienze da affrontare in terra. Nella cosmografia di Abuzakariya si parla di
angeli che mantengono l’ordine nell’universo, nel Corano esistono angeli
guardiani detti Hafaza, il loro compito è di: ”produrre le forze irascibili e
istintive destinate a premunire contro ciò che è cattivo e dannoso” (Dazwini,
57). In ogni caso raggiungere una consapevolezza del proprio agire aiuterà a
capire da che parte si sta e a quanta distanza dalla “Luce” si è. Ricordando
sempre che: “l’uomo è come l’acqua del mare, che è in terra e sale in cielo per
ricadere con la pioggia in terra e rigenerare”, e il suo grado di evoluzione
spirituale, a quanto pare, è solo una sua prerogativa e scelta. Come l’occhio umano
per limitatezza materiale e fisica è sensibile solo a certe lunghezze d’onda
che il cervello interpreta come luce, anche la luce di giustizia è percepita in
base al grado di “illuminazione” e limitata dal grado di ignoranza, o meglio di
non conoscenza.
Quindi Dio è in “tutto” si, ma il tutto
ha realtà diverse in sé, necessarie diversità per l’esistere delle stesse
realtà, “DIO”, che operano allo scopo del “Divenire”, l’esistenza del
“collettivo essere” di Dio. Quindi tutte le bio-diversità lavorando per se
stesse lavorano indirettamente per l’esistenza delle altre. “Nel lavorare,
favorendo il “Divenire”, lavoriamo inconsapevolmente per le altre realtà che ci
attraggono sempre più nel loro campo di specie, e questa è la parte spirituale
delle altre realtà che favoriscono sempre lo stesso moto del “Divenire”. Detto
questo, potrei dire con un esempio: che sebbene sentiamo atroce “la lotta per
la sopravvivenza, la catena alimentare, la morte, ecc.” può essere che questo
sia il prezzo da pagare per esistere, “contrasto d’essere per esistere”, in
quanto concepito nella “Creazione” come “transizione di energia”, cioè
carburante per l’esistere della stessa, che è unica, ecco rivelato uno dei
perché di “Armaghedon”. In quanto alla nostra concezione di libertà, già da
tempo conclusi che non esiste, in quanto la mente è dotata di una vita psichica
preconcetta, quindi continuamente condizionata da tutto ciò che ci circonda e
da noi stessi, il sapere che esige per sé Dio. A tale proposito, ho letto che
Jiddu Krishnamurti dichiarò in un affermazione dedicata all’amica Mary Lutyens,
tra l’altro autrice della sua stessa biografia nel 1929, che il nocciolo
dell’insegnamento è che: “La verità è una terra priva di sentieri”. L’essere
umano per suo bisogno e sicurezza ha edificato in sé immagini di ordine
religioso, politico, sociale, personale, esse sono la prima causa dei nostri
problemi, perché separano gli uomini tra loro. La grande libertà risiede nella
libertà dai contenuti della propria coscienza, la pura libertà è osservazione
priva di direzione, priva di cause, è nel primo passo dell’esistenza. L’uomo
invece è costantemente schiavo del passato ed il pensiero vive costantemente
nel conflitto e affanno. Solo quando l’uomo negherà l’essenza del reale, che il
pensiero ha determinato, solo allora troverà l’amore, la compassione e
l'intelligenza cercata. Quindi ciò ci porta a pensare che Dio si cela nella
cosciente libertà assoluta, irraggiungibile in noi, se non nell’agire con
coscienza d’amore secondo l’intuizione del proprio stadio evolutivo necessario
per l’equilibrio del piano divino, cioè seguendo il volere di Dio, che è in noi
nell’infinitesima parte essenziale al suo scopo, allo “Scopo del piano divino”,
lo stesso essere di Dio. Tutte le azioni, i pensieri sono memorizzati nei geni
del DNA, e sono inconsci, ciò rivela che ogni particella, atomo, molecola,
cellula, organo, corpo, terra, acqua, fuoco, spazio ha i suoi campi “magnetici
d’informazione esperenziali”, quindi tutto produce una reazione, un effetto e
niente sfugge nemmeno ciò che avviene a livello mentale.
CONCLUSIONE FILOSOFICA D’INTERPRETAZIONE
60° NOI IL CORPO DI DIO
Sono convinto che noi siamo l’ombra di
un’unica verità. “La comprensione di Dio, del “Verbo di Dio”, evolve con
l’uomo”, anzi nell’uomo e ogni azione dell’uomo è “Verbo”, produce effetto sul
creato; anche la Bibbia quindi, che si dice ispirata da Dio, deve essere tale
in quanto Dio è in noi, che evolviamo, e perciò noi evolvendo riscriviamo e
reinterpretiamo tale scritto sotto la luce delle nuove conquiste e
“illuminazioni”, è errato dire: “la giustizia è di Dio e la legge è nell’uomo”,
perché Dio è in noi che evolvendo agiamo nell’equilibrio delle forze per Lui,
cui spetta, per natura, l’intera conoscenza. Nel Libro del Esodo (3, 10-16) si
legge esplicitamente: Ora và! Io ti mando dal faraone. Fa uscire dall'Egitto il
mio popolo, gli Israeliti!". Mosè disse a Dio: "Chi sono io per
andare dal faraone e per far uscire dall'Egitto gli Israeliti?". Rispose:
"Io sarò con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai
fatto uscire il popolo dall'Egitto, servirete Dio su questo monte". Mosè
disse a Dio: "Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei
vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa
risponderò loro?". Dio disse a Mosè: "Io sono colui che sono!".
Poi disse: "Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi". Dio
aggiunse a Mosè: "Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri
padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a
voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato
di generazione in generazione. Qui si rivela lo stesso tetagramma “Ihwh”, che è
proprio lo stesso nome rivelato a Mosè nella visione del roveto: "Io sono
Colui che sono", cioè il Yahweh Elohim, che significa: “Colui che verrà
rivelato in un gruppo di potenti”, che si identifica con “l’Io, l’Essere
dell’uomo”, creato geneticamente dal Dio Creatore, dal “Sapiente alieno” a sua
immagine, con lo stesso sangue; donando all’uomo primitivo la genesi della sua
“sapienza”, essendo gerarchicamente e evolutivamente superiore a lui. La stessa
cosa viene rivelata con Isaia e Gesù; la profezia di Isaia (7,14), che si
realizza in Gesù, il cui nome è "Emmanuele, significa per l’appunto
"Dio-con-noi" (Mt 1,23). Lo stesso evangelista ama impostare la vita
di comunità dei discepoli di Gesù contraddistinguendola dalla continua presenza
del Maestro "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a
loro", Mt 18,20, "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla
fine dei mondo", Mt 28,20. “Io sono la porta" ha detto di sé Gesù (Gv
10, 9): entrando nel tempio attraverso di Lui si incontra la vera vita. Nel
vangelo di Giovanni, cap 17, così parlò Gesù, “Quindi, alzati gli occhi al
cielo, disse: "Padre, è giunta l`ora, glorifica il Figlio tuo, perché il
Figlio glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano,
perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la
vita eterna: che conoscano te, l`unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù
Cristo. Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l`opera che mi hai dato
da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo
presso di te prima che il mondo fosse. Ho fatto conoscere il tuo nome agli
uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno
osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato
vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le
hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi
hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi
hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono
mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono
nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi
hai dato, perché siano una cosa sola, come noi. Quand`ero con loro, io
conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di
loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse
la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel
mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato a
loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come
io non sono del mondo. Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li
custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel
mondo, anch`io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché
siano anch`essi consacrati nella verità. Non prego solo per questi, ma anche
per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola
cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch`essi in noi una cosa
sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato
a me, io l`ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu
in me, perché siano perfetti nell`unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato
e li hai amati come hai amato me. Padre, voglio che anche quelli che mi hai
dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi
hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo. Padre giusto,
il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mi
hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere,
perché l`amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro". In
questa preghiera è chiara la doppia verità dell’uomo parte di un Dio
generatore, uomo che in se scopre la sua divinità, la via, la sua esistenza e
che nello stesso tempo comprende di essere generato prima, e poi diviso nei
principi maschile e femminile. Ed ecco chiare le parole di Giovanni quando
disse: “Nessun uomo ha mai visto il padre eccetto colui che è Dio”. Qui si
riscontrano ed appaiono chiari i concetti del cristianesimo gnostico, che
vedono due principi: uno del bene (pleroma = perfezione), spirituale, divino e
incomprensibile, l’altro materiale, tangibile legato al male (kenoma = vuoto)
ed in continua lotta con il primo. Sarebbe dal bene che proviene il “Regno
della Luce” costituito da Eoni, cioè: “Tempo, Durata ed Eternità”, Enti eterni
emanati che manifestano vari aspetti divini: Potenza, Sapienza, Santità, ecc.
che procedono per sizigie, o per coppie di sesso diverso. La “Gnosi Cristiana”
sostiene che particelle dell’emanazione divina del Bene sono state imprigionate
nel regno del Male per colpa del ultimo Eone, Sophia, che bramoso di
conoscenza, creò il Demiurgo, il Dio creatore chiamato dai giudei “Jaldabaoth”,
il Signore dei sette cieli, il Coordinatore dei sette angeli, o arconti
creatori, animando così la materia. La successiva Redenzione, invece, fu voluta
dallo stesso Dio che inviò un altro Eone a liberare la particella divina dal
corpo materiale, in altre parole inviò Gesù Cristo, e altri come lui, che
istituirono una dottrina che rendesse l’anima conscia della propria origine. Da
qui la concezione del diverso grado di partecipazione espresso nel Vangelo
delle tre nature: i Pneumatici cioè “spiritual”, i Psichici cioè gente di fede come i
cristiani, e gli Ilici gente materialista legata al potere e a tutte le cose
materiali. Da qui la lotta tra gli Arconti, Signori delle Sette sfere, ostili
alla liberazione della particella cioè l’anima, e gli Arcangeli che favoriscono
la Redenzione, la liberazione dell’anima. Una lotta iniziata già dalla ribellione
dell’angelo più eccelso, Lucifero, che trascinando con sé altri angeli, volle
scindersi dalla Causa Prima e “Creare come un Dio”, scatenando malvagiamente le
forze elementali contro l’avversario Mickael, “L’angelo del trionfo” e i suoi
arcangeli, vigilanti dell’ordine cosmico, come Raphael, chiamato anche il
rettificatore della via karmica, ossia della Ruota del Fato. Interessante a
proposito citare il Compendium di Giustino, uno scrittore latino dell’inizio
del II sec. a. C., dove afferma chiaramente: “La formazione dell’uomo avvenne
in questa guisa: Una immagine risplendente o tipo fu dal Logos mostrata agli
Angeli demiurgici; ma questi si trovarono incapaci di afferrarla, poiché era
stata immediatamente ritirata; essi dissero l’un l’altro: Facciamo l’uomo
secondo questa immagine e somiglianza; così tentarono di fare; ma i poteri
della loro natura erano solo capaci di evolvere un involucro o plasma che,
incapace di sostenersi diritto, giaceva al suolo impotente, strisciando a guisa
di verme. Allora la Potenza Suprema, mossa a compassione, mandò una scintilla
di Vita, ed il plasma si alzò e le sue membra si svilupparono e furono
collegate insieme. Vale a dire, il plasma si indurì e divenne sempre più denso
nel succedersi delle razze; così fu evoluto il corpo umano, e la Scintilla di
Luce fu in esso racchiusa come in un tabernacolo. Questa Scintilla di Luce,
dopo la morte, affrettasi a ritornare a quelle scintille della sua stessa
natura, ed il resto degli elementi che formano il corpo umano viene dissolto”.
Giordano Bruno fu perseguitato per il suo
affermare che esiste una parte divina in ogni uomo; e oggi questa è la versione
più accreditata, il catarismo eretico del vescovo Bogomil nel XIII secolo,
affermava che in ogni essere umano vi era una sorgente di luce divina, “un
angelo della luce”, già gli Egizi lo pensavano, forse dopo aver ereditato quel
“sapere” che apparteneva ad Atlantide, nel loro Libro dei Morti, redatto nel
nuovo regno, alla fine de XLII capitolo si legge: “In verità non esiste un solo
membro del mio corpo in cui non risieda una divinità!”, in effetti gli egizi
attribuivano ad ogni organo o parte del corpo un valore psichico.
61° “L’ILLUMINAZIONE” ATTRAVERSO GLI
SCRITTI E LE FEDI
Gli avi di migliaia di anni fa erano
sicuramente “illuminati”, ma le catastrofi abbattutesi nel nostro pianeta, ci
hanno lasciato ben poco del loro sapere, e per questo, probabilmente, c’è stata
una retrocessione culturale. La comprensione divina cresce in rapporto
all’evoluzione dell’uomo e al suo status sociale e culturale, Gesù stesso nel
sermone della Montagna completa e rinnova la Torah, (la legge), ricevuta da
Mosè sul monte Sinai, nel sermone si legge: “Avete udito che fu detto dagli
antichi, non……….Ma io vi dico: ……..” in questa maniera riconsegna al popolo la
Torah arricchita delle sue “illuminazioni”. Al popolo liberato, Mosè consegnò
la legge ricevuta da Dio sul monte Sinai e questa fu “l’Antica Alleanza”, poi
per mezzo di Gesù Cristo si ebbe una “Nuova Alleanza”
che prometteva il regno dei cieli, l’apostolo dice. “Che prima non si ha ciò
che è spirituale, ma animale, poi lo spirituale”, inoltre aggiunge: “il primo
uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo”. Non a
caso alcuni antichi testi biblici un tempo canonici, come i due testi di Enoch,
che secondo la lettera canonica dell’apostolo Giuda ha profetato, sono poi
divenuti apocrifi, in realtà sembra che i testi enochiani siano una revisione
biblica di un testo sumero che narra di “Enmeduranki” cioè maestro, colui ai
quali, dai “Veglianti”, vennero impartite le scienze compresa l’astronomia.
Oltre che in Palestina, Enoch, è stato considerato un grande profeta in Iraq, e
così anche per gli arabi, dove era conosciuto con il nome Edris, o Idris.
Curioso è il fatto che i mandei considerano Enoc, o Anush addirittura il loro
primo sacerdote. Fu James Bruce di Kinnarid che nel 1768, con la sua sfrenata
ricerca, riportò in luce il libro di Enoch, sopratutto leggendo e cercando
libri sacri, come: l’etiopico Kebra Nagast, cioè “Gloria dei re”, il “libro dei
Misteri del Cielo e la Terra” e soprattutto il “Chronographia” del 808-810 d.
C. scritto dal monaco Giorgio Sincello e scoperto dallo studioso fiammingo di
testi latini J. Scaliger all’inizio del diciassettesimo secolo; testo contenente
per l’appunto alcuni versi del Libro di Enoch. Oltre alle tre versioni trovate
da Bruce, esiste anche un seguito: “il Libro dei Segreti di Enoch”, scoperto in
Russia e tradotto nel 1894, inoltre esisterebbe anche un “dubbioso linguaggio
enochico” usato per comunicare con le gerarchie angeliche creato dalle doti
medianiche e parapsichiche di un certo Edward kelley. Curioso è sapere che dei
testi enochiani, esistono dei frammenti trovati anche a Qumran, che trattano
largamente dei “Vigilanti figli di Dio”, versi tratti probabilmente da quel
testo antichissimo perduto noto come “il Libro di Noe”, originato da quella
“tradizione orale” trascritta nel II secolo a. C dagli esseni, o dai Magi,
ritenuti per la loro ampiezza mentale, i sostenitori della druj, “la menzogna”,
o dai preti zaddik, comunque saggi maestri della Quabalah. Anticamente queste
scritture furono considerate apocrife, S. Girolamo (347-420), nel suo trattato
sul Libro proibito di Enoch conferma, giustamente, che le affermazioni
enochiane sono servite a Mani, o Manicheo a propagare la sua eresia, ma il
problema è proprio individuare dov’è “l’eresia”. Se il testo enochico divenne
apocrifo le motivazioni possono essere due, o celavano scomode verità
antitetiche per la chiesa, o gli insegnamenti in essi erano fuori tempo e ciò
confermerebbe solo una continua reinterpretazione; tra l’altro fu l’imperatore
Costantino che nel IV secolo a. C. istituì un Concilio che decidesse la
validità dei testi biblici, e almeno 45 allora divennero apocrifi, e oggi con
le nuove testimonianze dei rotoli di Qumram e ritrovamenti vari, quelle
decisioni sono messe necessariamente in dubbio. Tra l’altro anche l’Apocalisse
di Giovanni ebbe tempi duri prima di essere riconosciuta dalla chiesa; è
Giustino nell’anno 170, il primo ad attribuire l’Apocalisse a Giovanni, lui che
riconosceva anche “gli oracoli delle Sibille”, dopo di lui Ireneo, Origene,
Tertulliano, che narra di una “Gerusalemme fantasma”, che spariva all’alba, e
San Dionigi d’Allessandria che ci fa sapere in uno dei suoi frammenti del III
sec. conservati da Eusebio, che quasi tutti i dottori della chiesa rifiutavano
l’Apocalisse, cosa che fece anche il consiglio di Laodicea nel 360, fino a
quando Sulpicio Severo nella sua “Storia Sacra”, libro IX, iniziò a rovesciare
la situazione, considerando empi e insensati coloro che non riconoscevano il
testo della “Gerusalemme millenaria”, descritta nel XXI capitolo in un modo
alquanto incredibile. Tengo a precisare che per “illuminazione”,
io intendo: l’individuare la verità, la giustizia o una legge fisica, con la
lenta evoluzione della ragione, raggiunta con l’esperienza, o anche con l’aiuto
di profeti, o altri esseri, o entità, qualsiasi esse siano; comunque qualsiasi
entità che intervenga, ed aumenti la percezione del “Creato”. Più volte ho
ribadito che “Dio agisce attraverso l’istinto”, la coscienza del microcosmo
(ciò che ci compone), manifestandosi intimamente nella ragione cosciente che
influisce nel macrocosmo (ciò di cui noi facciamo parte), e ci sono due modi di
ragionare: uno convergente più razionale e uno divergente più creativo, e sono
entrambe alla base attiva nell’evoluzione del “Creato”, è qui che si cela il
più profondo segreto della Creazione e di Dio che in noi è coscienza, la
presenza reale che assimila e unifica i contenuti nell’equilibrio armonico
dell’amore. “Le illuminazioni coscienti” appartengono a Dio, ma anche al
Diavolo, è la legge “del libero arbitrio”, l’ignoranza incosciente è anch’essa
parte di Dio, quando agisce nell’istinto, ma è anche parte del Diavolo. La
differenza delle “illuminazioni del sapere” sta nella razionale consapevolezza
di agire per il bene, o per il male, in nome dell’amore o dell’odio, sperando
che la ragione non segua un istinto malefico senza accorgersene, in tal caso
solo con un’illuminazione benefica, si può riuscire a sospettare di essere una
creatura del Diavolo e spostare la propria tendenza evolutiva; Daskalos, il
mago di Strovolos affermava che: “L’ignoranza dipende da quanto la personalità
presente sia diffusa in quella permanente”.
Fin da quando l’uomo è diventato essere
pensante inizio a capire e interpretare ciò che lo circondava. Tuttora lo si
sta facendo, in generale con la scienza e in particolare con la teosofia,
l’ermeneutica, la filosofia, la Cabala, la chimica e tutte le altre scienze
scisse, che aprono in continuo la via al sapere. Non a caso anche Gandhi
affermò in un’intervista con i missionari cristiani, cercando di riportarli ad
una giusta reinterpretazione della Bibbia, che persino i Veda, (testi sacri importati
dagli Aria nel secondo millennio avanti Cristo), vecchi più di 13.000 anni,
andrebbero interpretati alla luce della nostra esperienza, aggiungendo che ogni
cultura religiosa non può dare senza prendere. A favore di ciò incuriosisce
anche il fatto che i “saggi tibetani” abbiano assunto la parola “Dzyan o Dzyn”,
che deriva dal sanscrito Dhilan e Jnana che significa: Saggezza, o Conoscenza
Divina, il loro stesso verbo apprendere in tibetano si dice “dzin”, ed è noto
per l’appunto il loro antico testo denominato “Le Stanze di Dzyan”.
Le sacre scritture hanno dato e danno
ancora grandi insegnamenti, ma ormai, con il passare del tempo sono e si stanno
sempre più inadeguando, almeno nella loro apparenza letteraria, del resto la
versione delle sacre scritture non è chiara neanche sulle traduzioni, la chiesa
si basa sulla traduzione tradotta in latino giuntaci dai 70 traduttori del
pontefice Elezaro chiesti dal sovrano egizio Tolomeo Filadelfo per tradurre le
scritture dall’ebraico al greco, dopo la conquista dell’Asia da parte di
Alesandro il Macedone; ma ve ne sono altre come quella “dell'Esapla” di Origene
(185-254) che conteneva ben sei versioni: il testo ebraico, la trascrizione del
testo ebraico in caratteri greci, le versioni di Aquila, di Simmaco, dei Settanta
e di Teodozione, un’opera completa di cui sono rimasti solo frammenti citati da
alcuni Padri della Chiesa. Inoltre vi era per l’appunto, quella basata sul
canone giudaico di Iamnia (90 dopo Cristo), del matematico e architetto Aquila
del Ponto, probabile parente dell'imperatore romano Adriano, vissuto tra il I°
ed il II° secolo, interessante per il fatto che nella trascrizione aveva
sostituito la parola (χριστος) kristos con il sinonimo greco (ήλειμμένος)
eleimmenos in vari punti chiave del Vecchio Testamento (Salmo 2,2; Salmo 44,8;
Isaia 61,1), spesso citati dai cristiani per dimostrare che Gesù è il Cristo di
Dio. Inoltre vi è quella, perduta, di Simaco, che secondo Eusebio e Gerolamo
sarebbe stato un ebionita vissuto verso la fine del II° secolo dell'era
cristiana, o come dice Epifanio di Salamina (315-403), un samaritano vissuto ai
tempi dell’imperatore Severo e convertito al giudaismo. Poi vi è quella di
Teodozione di Efeso, ebionita, o giudeo vissuto nel I° secolo, di cui è rimasto
quasi integralmente conservato il libro del profeta Daniele; e ancora una di
ignoto chiamata la “quinta versione”. Tutte le professioni religiose e La
nostra Chiesa devono rielaborare e riequilibrare quegli insegnamenti che per
millenni hanno dato un senso all’umanità, spogliandoli da quelle allegorie
ormai fuori tempo che pregiudicano l’approccio di chi “uomo moderno”, sebbene
limitato, si inizia ad essi, non a caso, anche il cristianesimo ha continuato a
predicare il vangelo aumentando, sì il numero di cristiani nel mondo, ma
soprattutto nei paesi poveri e meno evoluti culturalmente, perdendone
altrettanti tra i paesi più civilizzati, illuminati da altre credenze, come nel
secolo scorso fece la teoria evoluzionistica darwiniana. Se avessero voluto,
già i cabalisti, o gli esoterici con le loro conoscenze, avrebbero potuto
divulgare ai popoli una sorta di teoria evoluzionistica, arricchita d’altre
probabili verità. Forse su queste due vie ci si incrocia con “un’ipotetica
verità”, che annulli i dogmi e i limiti che ognuna ha di per sé con La scienza.
Questa, credo, la verità, anche se alcuni cabalisti, o il convinto predicatore
cristiano affermano che il loro compito è solo predicare; e all’uomo spetta
solo la libertà del credere, facile affermazione priva del senso di giustizia
se per giusto si intende servire l’amore di Dio, servendo bene l’uomo,
informandolo senza appesantire i concetti con allegorie, “illuminando”, almeno
quelli che possono comprendere; perché rendere ingannevole, o nascosta una
verità a chi vuole e può capire? A chi non intende si può indicare la strada
con la forza della sola autorità delle leggi, come in parte si è sempre fatto.
Gesù disse di non dare le perle ai porci, ma questi dovranno pure capire che
non sono da mangiare, dovranno farne l’esperienza, ma se qualcuno prova a
dirglielo prima, non è forse meglio; ma è anche vero che il tempo è relativo e
la fretta non ha nessun senso per l’evoluzione umana.
La religione è nata e nasce ogni
qualvolta un uomo, con un lume di ragione, “illuminato” dal bene e dalla
giustizia divina, crea un sistema, o un artificio che eviti, o per lo meno
limiti gli intrighi, le dispute ed il male fra gli uomini meno “illuminati”,
ossia evolutivamente inferiori. Non a caso lo stesso nome di “Aronne”, fratello
maggiore di Mosè e della nota “alchimista” Maria Egiziaca, significa in ebraico
“l’illuminato”, è con lui, infatti, che si diffuse la stessa legge israelita e
iniziò la gerarchia degli iniziati Nabim, o Veggenti, è illuminato, colui che
gettò a terra la verga, che trasformata in serpente, divorò i serpenti dei
maghi egizi. Così anche “Buddha”, di etnia arya e tra l’altro l’unico ad
ammettere la sua fallibilità, considerato da Gandhi un rinnovatore delle
scritture Veda, dal sanscrito, significa “l’illuminato”, titolo attribuito a
lui, il principe di Kapilavastu, 621 a. C., fondatore del noto Buddismo, una
religione che lascia libera scelta della “Divinità”, in quanto vede solo nella
“disciplina del comportamento” l’unica vera via per la maturità spirituale. Lo
stesso Gesù nella lettera agli Efesini dice: “Lo Spirito Santo vi illuminerà”.
Quanto detto sull’illuminazione ci fa capire perché gli occultisti chiamano
questo mondo: “Il giardino d’infanzia dei figli di Dio, dove fumi, scoppi e
tuoni, di continuo lacerano l’aria”; del resto non è un grande mistero,
l’importanza dell’illuminazione era già conosciuta dagli egizi, che con il
termine “Aks” indicavano uno status di coscienza così puro e illuminato che
portava in stretto contatto con il mondo celeste di Rà, “la Sorgente Creatrice
che si autogenera”, il Dio del sole, o spirito che si rinnova innanzi al Sole
Creatore. Da ciò si deduce che il vero religioso, come sta nel significato
della stessa parola religione, cioè “mettere insieme”, redigere, deve
abbracciare tutto ciò che considera buono e giusto, in tutte le religioni, sia
animiste, globali, o mitologiche, sapendo che tutte portano allo stesso tronco,
come affermò anche Gandhi. I veri misteri delle religioni possono essere
conosciuti solo da coloro che sono in grado di sperimentarli, quindi
“illuminati”. Il vero religioso deve ricercare, valutando la maturazione
culturale, la creatività che testimonia le altre realtà dimensionali non
percepibili; e la morale di un individuo, o di un paese e accrescere con le
proprie esperienze il grado delle sue “illuminazioni”. Semplicemente basti
ricordare che lo stesso termine psiche da phisis sta a significare: “l’essere
nel suo illuminarsi”, cioè scorgere l’estremo confine, varcarne la soglia
attraverso l’esperienza o al contrario decidere di non esservi oltre di esso,
quindi non raggiungere quella conoscenza, o gnosi liberatrice, chiamata in
sanscrito Jnnana, raggiunta appunto, con il processo delle “illuminazioni”,
chiamato in sanscrito anche Chandaspiù; quindi diventa fondamentale fare di più
di quello che si capisce affinché si capisca di più ciò che si fa.
Esotericamente, Choan significa anche “Maestro”, con tale termine gli esoterici
indicano gli adepti che hanno raggiunto la sesta iniziazione, uno dei gradi più
alti dell’evoluzione umana. Arrivati a tale livello evolutivo sarebbe possibile
scegliere fra sette “Sentieri Evolutivi”, di cui uno solo riguarda la terra ed
il servizio all’umanità. Forse per questo Hegel affermava che l’infinito non è
altro che il compimento, l’identificazione del vero con l’intero, e l’intero,
il complesso della realtà, è ciò che dura e può durare, all’infinito.
62° L’ILLUMINAZIONE E L’ANIMA DOPO LA
MORTE
Comunque l’uomo “moderno”, risvegliato il
sapere Antico, avendo appreso che l’uomo è Verbo di Dio, in pratica: Logos,
Parola, o meglio “Manifestazione di Dio”, nell’era della clonazione, dove
l’umanità si pone quesiti di biogenetica avendo gettato le basi della vita
artificiale, ha il dovere più che mai di filtrare il raggiunto sapere
cosmologico, biologico e psicologico, trasformandolo in una nuova e moderna
concezione, sempre entro i limiti che l’evoluzione gli pone. Non farlo, non
applicare le nostre “illuminazioni”, è procedere controcorrente, contro l’uomo
stesso e contro Dio. Per gli esoterici, gli “illuminati di ieri” sono gli
studiosi, i chiaroveggenti e i telepatici di oggi, e almeno su questo si
potrebbe anche concordare, dato che la conoscenza nell’uomo, procede in modo
interiore, cioè nello spirito, prerogativa degli antichi e degli orientali, che
hanno capito che i cambiamenti vanno fatti in noi stessi; ed in modo esteriore,
cioè con la scienza in ciò che ci circonda, prerogativa dell’uomo moderno e
degli occidentali. “Illuminarsi quindi”, partendo dalle idee creative diventa
prioritario. La scienza, a proposito, afferma che l’attività creativa dipende
dagli impulsi elettrochimici del nostro cervello, che con i suoi cento miliardi
di neuroni collegati con filamenti e sinapsi, formano una rete di cento milioni
di interconnessioni diverse, nelle quali viaggiano stimoli e notizie; infatti,
la depolarizzazione elettrica indotta dalla trasmissione nervosa provoca la
fuoriuscita nelle terminazioni attive delle sinapsi, i neurotrasmettitori, che
a loro volta inducono la propagazione del segnale nella cellula. Alcuni
luminari della scienza, insistono sul fatto che l’’uomo ha un cervello
superiore agli animali solo per l’incredibile numero di relazioni che i
filamenti stabiliscono con la corteccia celebrale. Essi ritengono che questo
sia solo il frutto dell’evoluzione resa dalle capacità dell’Homo Abilis, in
quanto queste connessioni avvengono in continuazione e favorirebbero
l’apprendimento, l’educazione, e quindi “l’illuminazione”; quanto detto
concorderebbe in parte con ciò che disse San Tommaso nella sua questione LXXV,
cioè che l’anima è una “forma subsistante per se, che è tutta in tutto”.
Dobbiamo ricordare che il DNA umano è similare a quello animale, anzi
ultimamente è comprovata un’incredibile somiglianza anche con il regno
vegetale; la stessa mappatura del DNA ci ha confermato la limitatezza
dell’uomo, che possiede solo 30.000 geni, contro i 20.000 del verme, e questo
già ci dice molto, portandoci sempre, nonostante tutto, a quel concetto di
un’unica “Essenza Creatrice Senziente”, che agisce ed interviene su se stessa,
in una miriade di modi che nel tempo continuiamo a etichettare. Non a caso il
termine “anima”, che è traduzione dal greco psiche e non dall’ebraico nephesh,
è considerata comunemente come una sorta di essenza spirituale ospitata nel
corpo per il breve periodo dell’esistenza, immessa dentro l’uomo dal suo
concepimento fino alla morte. Questa concezione originariamente greca, però,
non trova riscontro per la schiera di Materialisti discepoli di Aristotele, che
invece contemplano la scienza ritenendo che la vita è solo una complessa
organizzazione dell’organismo, che muta per cambiamenti fisici e chimici. Anche
se d’altro canto ci sono affermazioni d’individui che per gravi casi clinici
ritengono di aver vissuto esperienze di vita spirituale oltre morte che in
genere conduce a sensazioni di pace eterna, di smarrimento della percezione
fisica, che considerano prerogative inerenti all’ingresso di un altro mondo,
come la nota visione di un “Tunnel Luminoso”, che nessun biologo però prende
sul serio. Certo è che queste sensazioni sono state studiate da vari medici
come nel caso di Peter Fenwick, neuropsichiatra di Londra e Sam Parnia che
nell’intervista condotta al General Hospital di Southampton, dopo aver
intervistato 63 pazienti sopravvissuti all’arresto cardiaco, (dei quali quattro
addirittura, avrebbero superato la scala c.d. scala Grayson, “criterio medico
per valutare le esperienze di quasi morte), hanno messo in evidenza la
possibilità che la mente sia indipendente dal cervello e che l’anima continui a
vivere dopo la morte cerebrale. Su questo circolo vizioso, possono venirci
incontro molti studi che ci rivelano le suddivisioni concepite per la mente
umana, come la psicanalisi introdotta da Freud, che suddivide la personalità
psichica in tre parti: il Super Io, l’Io cosciente, (la parte della ragione) e
l’Es, (la parte istintiva subconscia).
La struttura psichica umana, avanzando
sincronicamente, comparazioni diverse, si può dividere in una componente
spirituale, che l’esoterismo colloca nei tre mondi sottili, nella luminosa
fonte del buono, armonioso e bello; una mente razionale situata nell’emisfero
sinistro del cervello e legata alle funzioni mentali; e una componente
subconscia, relativa agli istinti, passioni e memoria, che l’esoterismo colloca
nel corpo astrale ed essa è prevalentemente situata nel emisfero destro del
cervello. L’anima, che in sanscrito si chiama jiva e che si differenzia da ciò
che è il nostro ego, è identificata come una manifestazione dell’Assoluto in
noi, sottoposta alla dualità spazio-tempo. Lo Zand Avesta di Zoroastro vede
quattro agenti fondamentali nell’uomo: l’anima e lo spirito vitale che formano
la ragione; poi l’angelo custode e la coscienza. La Cabala, invece, rappresenta
la manifestazione psicologica dell’uomo nel diagramma di flusso “dell’Albero
della Vita” con le dieci Sefirot, ( da Safar, che significa: numero, racconto,
luce), che rappresenterebbero i dieci stati della psiche, inoltre dividerebbero
la conoscenza intellettuale in due parti: la prima artistica e intuitiva, la
seconda logica e razionale, entrambe separate nei due emisferi cerebrali.
Interessante è notare che simboli come “l’Albero della Vita” si possono
ritrovare in tutto il globo, basti pensare al “Caduceo di Ermete”, al “Bastone
Brahmanico hindù” e alla “Croce Celtica”, molto simile alla “Ruota di Medicina
dei nativi americani”. Quest’ultimo confronto tra la “Croce Celtica” e la
“Ruota di Medicina dei nativi americani”, farebbe supporre una comunicazione, o
un'unica origine dei due popoli, basti pensare alla similitudine mitologica con
riferimento a quegli “Esseri Risplendenti” venuti dalle stelle, inoltre anche i
celti usavano tingersi il corpo proprio come i nativi americani, il termine
Britanni, infatti, deriverebbe dalla parola Pretanni, cioè “il popolo che si
tinge il corpo”; inoltre lo stesso termine celti deriverebbe da alcune
popolazioni barbare dell’Asia minore che i greci chiamavano Keltoi dal greco
“eroi, o gli uomini in alto”, un gruppo di 150 tribù legate per affinità di
lingua, religione e costume distinte dai Galati più a settentrione, genti che i
greci facevano discendere da Celto “un figlio di Ercole” e che successivamente
con la conquista della Galia da parte di Giulio Cesare nel I sec. a. C. i
romani chiamarono generalmente galli. Una leggenda narra che Alesando Magno
dopo aver chiesto ad un guerriero celta, di che cosa avessero paura i celti? Si
sentì rispondere: “Noi abbiamo paura solo che il cielo ci cada sulla testa, che
la terra si apra e ci inghiotta, che il mare salga e ci travolga”, e queste
sono ancora le paure dei nativi americani che ancora oggi credono che alla
morte dell’ultimo sciamano il cielo cadrà. Generalmente una fine è sempre stata
preconizzata in tutte le culture e da sempre si cerca e ricerca la più idonea e
degna filosofia di vita, sempre alla luce d’ogni “illuminazione”.
Emmanuel Mounier diceva, nel suo testo
“IL Personalismo pag.30”: “L’universo è pieno di uomini che compiono i medesimi
gesti nei medesimi luoghi, ma che portano in sé e suscitano intorno a sé
universi più distanti fra loro delle costellazioni”, ecco perché dovremmo avere
una grande responsabilità “dell’agire”. Il principe filosofo Andrea Emo
definisce il filosofo: “mezzo scienziato, mezzo artista, e interamente
sacerdote”, poiché la filosofia come la religione è un sistema, un modo per
sopportare l’atroce assurdità della vita; forze è per questo motivo le divinità
solari come Osiride, Bacco, Dionisio, Shiva, Cristo, Adone, o Tamuz della
Siria, nascono, appunto per sopportare i “peccati del mondo”. Nell’Epopea
sumera di Gilgamesch, l’eroe per un terzo divinità, ottiene da Samas la
possibilità di riabbracciare per l’ultima volta l’amico Enkidu e lo interroga
sul senso ultimo della vita e sul mondo dei morti e riporta le paure di una
verità che ancor oggi assilla le civiltà moderne: “Dimmi amico mio, dimmi amico
mio! Dimmi il regolamento della terra cher tu conosci…Non te lo dirò, amico
mio, non te lo dirò. Se ti dicessi il regolamento della terra che conosco tu ti
sederesti e piangeresti, Ebbene io mi siederò e piangerò. L’uomo che… tu
toccavi e del quale il tuo cuore si rallegrava, il suo corpo i vermi mangiano
come un vestito vecchio,… il suo corpo è pieno di polvere. Quando gli dei hanno
creato l’umanità, la morte hanno stabilito all’umanità, la vita hanno tenuto
nelle loro mani. Tu Gilgamesh, riempi il tuo ventre! Giorno e notte rallegrati,
ogni giorno fa festa, giorno e notte danza e canta! Sia pulito il tuo vestito,
il tuo capo sia lavato, con acqua tu sia bagnato, rallegrati del piccino che
afferra la tua mano, la moglie goda nel tuo grembo! Questo è il compito
dell’umanità. Perché, dopo la vita, all’interno del monte fitta è l’oscurità, non
vi è luce.
63° L’IMPORTANZA DEL DIVENIRE E LA MORTE
Ma per quanto mi riguarda, mi sento parte
dell’Assoluto, credo di scrivere sospinto dalla luce delle mie “illuminazioni”,
“ricercando e aspettando ogni illuminazione”, nell’analizzare le stesse cose, in
mille modi diversi. Premetto sì, di teorizzare le mie logiche filosofiche, ma
non di giurarle, consapevole dei miei limiti e dei limiti all’uomo imposti, ci
sono leggi e per logica voleri superiori a noi. Sta scritto giustamente nei
sacri testi: “non giurate affatto: né per il cielo; perché è il trono di Dio;
(35) né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per
Gerusalemme, perché è la città del gran re. (36). Non giurare neppure per la
tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco, o nero un solo capello.”
MtV, 34-36; scritto riportato anche a Qumram nel Documento di Damasco (XV, 1):
“Non giurerà ne per “alef” e “lamed”, né per “alef” e dalet…”. Quando un
sacerdote dichiara che la verità bisogna ricercarla dalla parte di Dio, io intendo
dalla parte del bene, sapendo che, come dice Mounier: “che il mio pensiero
spinge i sensi nel pensiero, la mia fede spinge la determinazione alla stessa
maniera che l’azione spinge la mia volontà che l’ha posta e l’amore il mio
desiderio che l’ha risvegliato”. Quindi ricercando una “verità”, non basandomi
solo sulla fatalità delle cose, che giustificherebbe solo una mia rinuncia alla
ricerca stessa e senza confondere la realtà umana con quella divina, ma tenendo
conto del semplice insegnamento, “Dio è in terra, in cielo e in ogni luogo” e
della citazione scritta: ”Siete dei e farete cose più grandi di me”. Da ciò
posso ipotizzare che: “le realtà in sé, nel creato, sono infinite e
contrastanti per il loro stesso esistere. L’uomo è parte del “Creato di Dio” e
seguendo in se Dio, “la Luce e l’Amore”, nell’azione diviene suo “spirito
creatore”, continua la sua opera alimentandosi con la forza del bene e del
male, della ragione e dell’istinto, (antagonismo necessario perché esista il
carburante dell’esistenza, quello che in Cabala è il “finito” che deve essere
conosciuto da DIo), nella sfida del creato, Armaghedon, “la lotta per la
sopravvivenza”, per lo scopo del “Divenire”, “l’esistenza del Dio stesso” che
sì auto genera, necessario e conseguenza dell’esistenza dell’uomo; la cui
direzione è l’evoluzione in Dio stesso, in “Luce”, all’apice della purezza, la
pura “energia cosciente”. Ecco la necessità dell’informazione che viaggia,
negli atomi, nei corpi, nella dualità creativa delle forze che provocano il ritmo,
la vibrazione, il “Divenire” necessario”. “L’energia attiva e passiva è in
tutto”, come esiste l’unione uomo donna, nelle cellule i cromosomi sono in
coppia, tutto si basa su leggi di “attrazione e repulsione in continuo
movimento”; è qui che si cela l’antico segreto alchemico dei quattro elementi
Fuoco, Aria, Acqua e Terra che combinati formano l’esistenza dell’Universo;
sono qui i tre principi alchemici fondamentali: il Solfo attivo, il Mercurio
passivo e il Sale che neutro lega gli altri due, principi trasformati
dall’Athanor, cioè la “fucina alchemica”, i quali piani equiparati ai livelli,
o stati di coscienza dell’essere umano corrispondono alle sefiroth dell’albero
della vita; è qui la dualità delle forse espressa dall’antica “numerologia e
geometria ritmica”, che rivela l’opportuno senso “dell’Armonia Cosmica”.
Ricordiamo, come ho detto, che per gli antichi l’evoluzione è il processo con
cui Dio, che è sceso nella materia, ritorna al suo livello manifestando forme
sempre più perfette ed una coscienza sempre maggiore, raggiungibile con il
susseguirsi delle “illuminazioni”, che presuppongono il fatto cosciente di
porsi le “grandi domande”, ecco il perché del “Divenire”; quindi “creare e
lavorare”. Anche la tradizione indiana che più di altre riesce a scindere
l’esperienza sacra interiore dai fatti mondani, insegna che non si deve subire
passivamente la vita, bisogna sublimarla. Il noto Karma, (causa effetto),
deriva dal verbo sanscrito Kri, che significa: fare, ed insegna che è
attraverso il compiersi dell’azione senza attaccamento, che l’uomo raggiunge la
perfezione, Baghavad Gita, III, 19. Sia nello Zand Avesta iranico, come nel
Talmud e nel Vangelo, la salvezza o la dannazione si conquistano con l’azione e
l’Universo ripaga ognuno secondo il suo operato, “forza cinetica in atto”.
Nella mistica ebraica del Sepher Bahir, “Il Libro Fulgido”, apparso in Provenza
verso il 1200, che riporta fonti di testi più antichi, è chiaramente rivelato
il motivo delle differenti sorti dell’uomo, motivo che a Mosè non fu dato
sapere, quando chiese il Nome glorioso e terribile: “Perché a un giusto tocca
in sorte il bene e a un altro il male? Giacché a quel giusto, a cui tocca il
male, era stato in precedenza un malvagio, e ora incorre nella punizione. E’
possibile che lo si punisca per quanto compiuto durante la giovinezza?…Gli
rispose: Non parlo di questa vita, ma di quanto è già accaduto nel passato…”.
Nella Cabala, “l’Azione” è fondamentale e compito dell’uomo. Nella Grande
Sintesi Esoterica curata da Guido da Todi il sentiero è indicato nel movimento,
energia eterna, definita l’unica vita. Il dott. Menard ricorda che in Greco la
stessa parola nascere significa divenire, il filosofo tedesco Fiche affermava
che si può conoscere l’essere (Sein), soltanto con l’esistenza (Dasein), In una
mia opera artistica dedicata al mondo esoterico ho scritto: ”Divenire In
Essere” che specchiatosi diventa “Essere In Divenire”, c’è più semplicemente
anche una canzone, di cui non ricordo il titolo che dice: “Corri per qualcosa,
o per qualcuno, corri per la libertà, o per un motivo, o anche solo per
sentirti vivo”. Gesù si è detto, che l’esistere è un dono che non si verifica
sfidando la fisicità del corpo, ma assecondando l’esistenza del corpo per
vivere in assoluto l’esistenza senza il corpo, Quando in sogno la cornacchia
gli disse: “Se tu fossi figlio di Dio, sarebbe tua la terra, avresti potere su
tutti i regni della terra”, rispose: “Che stupida cornacchia i figli di Dio non
cercano il potere sui corpi perché la loro vita è nei corpi è come la luce
dell’aurora che s’arrossa un momento per potersi poi sciogliere nello splendore
della luce del giorno. No, il mio regno non è di questo mondo”. Ma questa
coscienza potremmo averla solo se scopriamo il senso dell’esistenza da trovare
lì nel nostro cuore dove Dio pone la sua legge; scoprendo che esiste solo Dio
nel suo divenire nell’Universo; Diavoli sono solo i coinvolgimenti con i
sentimenti che ci legano alle cose del mondo. “L’Alchimista” di Paulo Coelho
(1988), ci riferisce che l’uomo deve seguire la sua “Leggenda Personale”,
apprendendo quel Linguaggio Universale che ci mette in contatto con l’Anima del
Mondo, attraverso i “Segni” e le rapide immersioni che chiamiamo presentimenti.
Nella soglia della porta di Villa
Palombara, considerata monumento ermetico, c’è scritto: “Si Sedes Non Is,” Se
siedi non procedi, nel celebre “SE” di Rudyard Kipling si legge: “Se tu sai
riempire il minuto implacabile con sessanta secondi di strada percorsa, tua
allora è la terra, con ciò che la terra contiene, ma ciò che più vale, sei
uomo, figlio mio”, S.Benedetto ne fa una regola “Ora et Labora”, nella Genesi
XVII,1 si legge: “Quando Avraham ebbe novantanove anni, il Signore apparve ad
Avrahm e disse a lui: “Io sono “EI Shadai (tradotto dai greci e latini, Iddio Onnipotente,
ossia per il Midrash l’acrostico di “Shemar le Olamo: ‘Dai”, ossia che ha detto
al suo mondo: ‘Basta’”) procedi dinanzi a Me e sii perfetto”; quindi Dio si
pone un limite e lascia l’uomo dinanzi a sé ad eseguire il “ tikun”,
l’aggiustamento; e allora come dice un mio aforisma: “Sii come l’acqua, traccia
la tua via”. Il significato accadico della parola Shadai però, può derivare
anche da Shaddu, "montagna", da cui "Dio delle Montagne";
montagne che sono locate nell’antica regione sumera di Adad, figlio di Enlil,
nella terra di Ish.Kur, nome sumero per indicare ancora una volta "quello
delle montagne". Tutto ciò ci comunica una deità comune che ci dice che
bisogna favorire il moto del “Divenire”, per realizzare la nostra sempre
mutevole “deità spirituale, o coscienza della luce” in nome dell’amore,
lavorare, fare ricerca, innovare, sapendo che nella creazione non è tutto
casuale e “quello che per noi è casuale in realtà è agire altrui”, “coscienza
delle diverse realtà dimensionali” necessarie per la Vita, il “miracolo
dell’equilibrio voluto”. Tutto ciò fino a quando si giungerà alla via della
liberazione, la rinuncia a tutto ciò che è azione e anche ascetismo, capendo,
come si legge nelle Katha Upanishad II - 3, che: “Saggio è chi capisce che
desiderio e azione sono le radici del male e del dolore, e in tale convinzione
uccide il desiderio e abolisce l’azione”, avendo raggiunto una tale
supercoscienza dell’Io che si unifica al Divino, ciò che per gli induisti è
l’Atman, lo spirito che si riconosce nel Brahman, nella sua Divinità. C’è chi
ha detto che se da una torre gettiamo milioni di pietre mai si riuscirà a
costruire un palazzo, e in effetti in parte e vero, perché esiste una “logica
di adattamento”, non un “Caos”, perciò l’uomo stesso opera con il suo lavoro,
ciò che io chiamo per l’appunto “Coscienza di materia”, l’evoluzione stessa del
creato, che più o meno inconsapevolmente si auto-gestisce, da microcosmo a
macrocosmo nei vari passaggi di stato della materia delle varie realtà, guidata
sempre dalla “Luce”, Luce divina, Energia del tutto, quella che io chiamo,
“attrazione gravitazionale”, che compone i corpi, il Verbo di Dio, ciò che nei
Rig. Veda è descritto: “Vedi l’unità nella diversità, l’Uno divino appare nelle
molte forme, immensa è la sua vastità, indescrivibile la sua gloria. Tutte le
infinite terre, i soli , i pianeti che sono visti e quelli oltre la nostra
percezione, esistono per suo comando. Accesa in varie forme,l’eterna fiamma è
Una. Illuminando il mondo con i raggi dorati all’alba, dipingendo le nubi di
sera con cangianti colori, il sole è uno”. Ciò che Ermete chiama nella tavola
smeraldina: “Cosa una”, che muove la “logica di adattamento” nel moto “ordine
disordine”, nel gioco karmico “causa effetto” delle “Corrispondenze cosmiche” in
divenire, che regolano la vita nella terra; e quindi la “Vicenda umana”, che
evolvendo in divenire, nello stesso gioco “causa effetto”, che per gli
orientali è Karma, il raggiungere sempre più consapevolezza. Richiamando ancora
una volta la tavola smeraldina in essa si legge anche: “Separerai la terra dal
fuoco, il sottile dallo spesso dolcemente e con grande industria. Sale dalla
terra al cielo e nuovamente discende in terra e riceve la forza dalle cose
superiori e inferiori”, continuando dice: “Così è stato creato il mondo. Da ciò
saranno e deriveranno meravigliosi adattamenti, il cui metodo è qui”. Anche se
incredibile e fuori tempo, queste parole, a mio parere, portano in sé parte dei
concetti che la scienza oggi teorizza, come la teoria evoluzionistica di Darwin
che solo il secolo scorso fece risalire l’uomo, gli animali e le piante a poche
specie stipiti primarie, quindi bisogna capire che la luce del sole non
risplende solo per noi uomini ma anche per tutti gli esseri creati; e l’uomo
per vivere con piacere il suo stato dovrebbe ignorare lo scopo divino della sua
esistenza, lavorando per esso come suo creatore e conseguente creatore di se
stesso nell’evoluzione mutevole della creazione, sapendo che alla fine entrerà
in esso, nella luce come tutte le cose create, e solo allora comprenderà ciò
che lo stato umano non permette. Qui in terra noi dobbiamo mirare a divenire,
per merito, gli “Illuminati Potestà” del “Dio Creatore”. E. Mounier diceva:
“l’atto supremo della persona è prendere coscienza di essere più che la nostra
vita” , G.Marcel diceva che: “l’uomo non è inventariabile”, S. Agostino diceva:
“Dio mi è più intimo della mia stessa intimità” e affermava, nella sua “Teoria
dell’illuminazione”, che le verità superiori non le facciamo noi, ma le scopriamo
in noi. Ma questo non occorre necessariamente capirlo, “bisogna sentirlo in
noi, nella luce”, nell’amore per il creato, sta scritto infatti: “Se non
diverrete come bambini non entrerete nel Regno dei Cieli”, non sarete felici,
infatti, è nota a tutti la curiosità dei bambini, il voler conoscere, la loro
visione animistica delle cose. Ciò non significa limitarsi, non conoscere,
rimanere nell’ignoranza; In effetti la mente è molto legata alla coscienza
definita: “presenza reale che assimila e unifica i contenuti”, quindi legata
alla memoria che se viene a mancare porta ad una parziale perdita di coscienza
che dona nello stesso tempo “libertà senza vincoli”, ci si libera del ricordo
causa del preconcetto; così in un certo senso si muore ogni giorno in nome del
“Divenire”, e chi non opererà per esso cercando in alternativa la stabilità,
troverà solo la noia, la paura del cambiamento, cioè “il non essere”
allontanandosi dalla luce e dal principio dinamico dell’esistenza che L. Ron
Hubbad, autore del discusso “Dianetics” chiama appunto “Sopravvivere”. Diventa
fondamentale quindi eliminare i nostri blocchi mentali, cioè gli “engrams“ del
nostro ego, in pratica il “Satana, o il Diavolo” che ci priva della conoscenza
unitaria della realtà unica delle cose. Nell’antico libro di Krsna affiora
questo concetto, in esso si legge chiaramente: “Perché tanto terrore della
morte ? La morte è già venuta insieme con la tua nascita; dal momento in cui
sei nato hai cominciato a morire. Supponiamo che tu abbia 25 anni: dunque sei
già morto da 25 anni. In realtà muori istante dopo istante, secondo dopo
secondo. Perché allora tanta paura della morte ? La fine è inevitabile. Che tu
muoia oggi o fra 100 anni non potrai sfuggirle. Perché rimanere tanto turbati ?
La morte non è che l’annientamento del corpo materiale: appena il corpo smette
di funzionare e torna a mischiarsi con i 5 elementi della natura materiale,
l’esser vivente si riveste di un altro corpo determinata dagli atti della sua
esistenza passata e dalle loro conseguenze. Così, i corpi cambiano l’uno dopo
l’altro e l’anima trasmigra. Guarda con quale attenzione il bruco passa da un
rametto all’altro ! Similmente l’esser vivente cambia corpo non appena gli
agenti del deva della morte decidono del suo prossimo involucro mortale. Finché
l’essere vivente resta condizionato dal mondo materiale deve rivestirsi di
corpi di materia, uno dopo l’altro, determinati dalle leggi della natura
secondo gli atti compiuti nella precedente vita”.
Il celebre libro tibetano dei morti, o
“della liberazione”, o meglio del Bardo Thötröl (o Thodol cioè liberazione),
dove Bardo sta per: “stato intermedio dopo la morte, o trapasso”, è un testo di
istruzione sulla natura dell’impermanenza, inteso per l’uso sia da parte dei
morenti che dei vivi e appartiene a una serie di “Istruzioni” sulla liberazione
composte nei tempi prebuddisti della dinastia Bon, nell’VIII o nel IX secolo da
Padma Sambhava, il fondatore del Buddhismo tibetano che le seppellì sui monti
Gampo nel Tibet centrale, dove nel XIV Karma Lingua (reincarnazione di un
discepolo di Padmasambhava) le rinvenne. In queste istruzioni si legge
chiaramente: ”I Tantra descrivono tre modi di morire degli yogi: inferiore,
medio e superiore. I praticanti di livello superiore non hanno bisogno di
metodi e istruzioni particolari per il momento della morte. Il loro Stato di
Coscienza si unifica direttamente con la condizione pura e originaria, il loro
corpo fisico svanisce nell’essenza degli elementi e realizzano così il “Corpo
d'Arcobaleno”. Attraverso una pratica di contemplazione estremamente diretta,
il praticante giunge all’unificazione della propria energia interna con quella
esterna, che non è altro che la manifestazione esteriore della sua stessa
condizione; in questo modo gli atomi che costituiscono la sua personalità si
trasformano in pura energia luminosa, e ciò fa si che non rimangano tracce
tangibili del corpo”. Sempre nel libro
tibetano dei morti il “Tantra della grande Segreta Unione del Sole e della
Luna” ci dice: ”Quando nel defunto, a causa del proprio ricordo o delle
istituzioni del maestro sorge il riconoscimento, nasce una luce che diventa una
guida che lo accompagna fino alla soglia, dove poi la Luce della Dharmata è
pronta ad accoglierlo come un ospite, e l’incontro delle due luci fa si che non
vi sia un solo attimo di buio. È come quando c'è la luna piena, e la luce del
sole, subito dopo il tramonto, viene immediatamente sostituita da quella della
luna; e così non c'è spazio per il buio”. Lavorare per la nostra “realtà”,
interagendo consapevolmente, o inconsapevolmente con le altre “realtà”,
significa lavorare per “la logica di adattamento” del Creato,“Dio”; l’istinto
in questo è fondamentale, perché supplisce la nostra ignoranza nell’evoluzione
della “logica di adattamento”, cioè il grado di “coscienza di materia”, mentre
la ragione evolvendo la comprende sempre più con ogni “illuminazione”
acquisita, seguendo Dio, la Luce”. Uno dei miei ultimi aforismi dice: “Dio
agisce attraverso l’istinto (la coscienza del microcosmo), ma si manifesta intimamente
nella ragione” (il nostro dovere verso il macrocosmo), ed è qui che realmente
si frappone quello che viene chiamato “libero arbitrio dell’uomo”. Un'altra mia
convinzione afferma che “il tempo di ogni vita è relativo all’esistenza che lo
vive”, da qui la mia concezione che il tempo in realtà non esiste ma è relativo
a chi lo percepisce, come del resto la stessa “realtà”, non a caso gli
orientali definiscono la vita “riflesso , o illusione”. Riferendosi al testo
tibetano dei morti, Wendy Doniger O'Flaherty scrive: “ Ahimè... il padre e la
madre... tutti questi apparenti fenomeni sono illusori nella loro vera
natura... Sono tutte proiezioni della mia mente, e poiché la mente è essa
stessa illusoria e non-esistente da principio, da dove viene tutto questo?...
Ora sì vedo, sono tutti come sogni, come illusioni, come echi, come miraggi...
come la luna riflessa nell'acqua; non sono reali, neanche per un momento”. Gli
eschimesi, percependo questa realtà, mitologicamente raccontano di una strega,
la "vecchia delle foche" che seduta nella sua dimora senza luce,
oltre le terre dei vivi e dei morti tiene sempre accesa dinanzi a sé una
lampada di pietra che col suo gioco di ombre semoventi, dà vita agli esseri che
popolano la terra. Probabilmente dopo la morte non ci saranno antagonismi tra
bene e male, avremmo la capacità di comprendere un'unica polarità del bene,
avendo le occulte conoscenze “dell’energia passiva e attiva”, probabilmente
rimarrà solo uno stato di coscienza puro di “Luce e Amore” privo dei sensi, cioè
“quello che si prova negli svenimenti, o quello che si può pensare cercando di
ricordare “il prima della nascita”, quella vita psichica che alcuni
“illuminati”, come il mago di Strovolos chiamano psico-noetica.“ Ricordate il
mito arabo della fenice che rinasce dalle proprie ceneri”, o più in generale
l’universo che riemerge dal caos. Lo stesso Gesù dice a Pietro “tu es petra”,
forse per ricordargli che è materia e spirito insieme, l’evoluzione, la
trasformazione della coscienza della materia stessa. San Gregorio Nisseno
vissuto nel lV secolo a proposito della morte scrisse: "Vedrai questo
involucro di carne, ora dissolto dalla morte, ricostituirsi di nuovo con i
propri elementi, non secondo la costituzione attuale, densa e pesante, ma con
trama più leggera ed eterea, in modo che il tuo corpo tanto amato ti rimarrà
presente, ristabilito in una bellezza più perfetta e più piena di grazia".
Si è detto anche che nella croce la parola I.N.R.I. significa “Igne Natura
Renovatur Integra”, ossia rappresenti i quattro elementi: Iammin “Acqua”, Nour
“Fuoco, Ruah “Aria e Jebeschah “Terra”. Si rinasce in una nuova trasformazione,
ma la memoria alimento della coscienza e identificazione dell’Io che fine fa?
Questa nostra forma pensiero sarà alterata? Forse sarà il prezzo da pagare per
entrare nella consapevolezza della “Luce di Dio”, un'altra “realtà” in cui i
ricordi primitivi terreni, la personalità contrastano, o più semplicemente non
necessitano di esistere, dato che i nostri sensi sono ben poco rispetto alla
“realtà del tutto” e la memoria li deve integrare per forza, ma raggiunta la
totale percepibilità di “ogni cosa”, la memoria può diventare superflua.
Perdendo la memoria forse si perderà “l’identità umana legata ad essa”, come se
una cellula prendesse coscienza della nostra mente e perdesse il suo compito
primario di lavorare per mantenerci in vita perché ha un altro compito
superiore da svolgere. Un compito da svolgere in “Everos”, cioè in
“quell’abisso psiconoetico”, in quell’oblio dove, pur sapendo di esistere,
vengono cancellate le memorie, quell’oblio che gli antichi greci chiamavano “Il
Fondo dell’Acqua”, quell’oblio dove la coscienza si rivela alla supercoscienza,
forse qualcosa simile a quella percezione di unitarietà descritta dal
ricercatore russo Ouspensky sotto estasi mistica sperimentale dovuta al
protossido d’azoto. Teoria questa che contrasta con quella del matematico
Laplace che ci dice: “Se un essere umano possedesse sufficiente conoscenza del
presente stato di ogni particella della materia dell’universo, potrebbe
cominciare a predire l’intero futuro dell’universo”. Ma non credo sia così, il
corpo muore con i ricordi, come un’opera d’arte si distrugge in nome di una
successiva opera nell’evoluzione d’“Essere Dio”. Se
“l’illuminazione” che cerchiamo avvenisse solo dopo la morte, non avrebbero
senso le ”illuminazioni” in vita, se queste sono “illuminazioni”, altrimenti
significherebbe che esiste un limite divino, o che siamo stati ingannati
dall’odiata ignoranza scambiata per “illuminazione”, cioè il falso del nostro
stesso limite, la non conoscenza, in altre parole, “si è inseguito la luce di
Lucifero”, anch’essa parte della dualità divina, che solo in Dio si Assolve. La
nostra realtà è legata non solo alle “dinamiche mentali”, ma anche ai nostri
limitati meccanismi recettori, i cinque sensi, che sicuramente non sono gli
unici in natura, esistono altre realtà, altri “sensori”. Ciò fa capire che
esiste un nostro limite impostoci dalla materia e spesso l’uomo ne rimane
schiavo non sapendo, o non volendo per debolezza elevarsi spiritualmente e così
rimane attratto da un inferiore spirale spirituale legata al microcosmo che ci
compone, lontana dall’elevatezza spirituale della coscienza. L’uomo è abituato
a identificarsi nella sua forma corporale legata ad un nome che gli è dato nel
suo status sociale, e all’esperienza che fa di sé giocando tra: materia,
spirito, corpo e anima. Egli spesso non si rende conto, o dimentica, di poter
considerarsi colui che ascolta e dirige il proprio corpo, egli oltre al corpo ha
una mente e una coscienza con cui fare esperienze. Di estrema utilità è sapere
che tutti i sentimenti sono legati a processi chimici, l’innamoramento, per
esempio, è una risposta biochimica degli organi riproduttivi che bombardano il
cervello di molecole messaggere perché costruiscano una “virtuale” necessaria
alla procreazione, in altre parole, è il desiderio di ricongiungersi con
l’anima gemella, in quanto l’uomo originariamente era un essere unisessuale.
Non bisogna confondere mai una reazione emotiva, o un sogno con la realtà
effettiva, perché questo diventerebbe poi nostra realtà per cui vivere, e
nemmeno lasciarsi schiavizzare dal nostro lavoro, magari solo perché abitudine;
la nostra mente deriva per l’appunto dal termine
“mentire” e quindi può creare circoli viziosi e distorcerci dalla realtà delle
cose. Dobbiamo distinguere lo spirito dalla mente per non inciampare in questo
errore, non a caso ogni persona è legata inevitabilmente alla cultura del
proprio paese senza operare la sua scelta mentale, per esempio è risaputo che
per diverse caratteristiche, ma con lo stesso imbarazzo, la donna araba si
vergogna a mostrare il viso, (un costume già conosciuto in India 2.500 a.C.
assieme al rogo delle vedove), l’europea a mostrare il seno e la cinese a mostrare
i piedi. Questo atto di volontà è necessario per superare la virtuale
dimensione mentale e raggiungere gradualmente così un piano spirituale che
soddisfi le nostre necessità sviluppandosi nell’amore e nel silenzio di una
libertà contemplativa naturale, ecco perché dico: “che la dualità delle energie
in Dio si assolve”. L’esoterista francese Eliphas Levi nel suo libro “Le Gran
Arcane” scrisse: “L’immagine di Dio ha due facce, una di luce e l’altra di
tenebra e la sua armonia risulta dall’analogia dei contrari. La faccia di luce
è la figura dolce e sorridente di Maria, la faccia di tenebra è la smorfia
ghignante di un demone”. Qui non c’è solo la dualità del “Bene e del Male”, ma
anche il concetto della “Creazione Stessa”; ritrovabile ovunque: nella Tavola
Smeraldina attribuita a Ermete Trismegisto, in molti antichi sacri testi, nelle
molteplici leggende mitologiche e soprattutto nel concetto di “Grande Madre”
vecchio di 25.000 anni fa, l’assira Ishtar o la sumera Ningursag e Innana,
sposa del vento Addad, la celtica Morrigan, la dea Kalì, Maka per i maya e gli
aztechi, la dravidiana Aditi per gli hindù, la Miryam degli antichi saggi, la
Vergine Maria e quante altre ancora; tutte testimoni di una dualità che è
insita in noi; è “l’Acqua Divina, il Mare che è la Sorgente della Vita, il
Ventre della Creazione”.
64° UN GIUSTO EQUILIBRIO
La religione, l’esoterismo, l’astrologia,
la filosofia e in particolare la psicologia, evidenziano la diversità tra il
corpo e l’essenza dell’Io, che in realtà sono uniti, ed esserne coscienti può
portare solo ad una pace mentale che può trascendere soddisfando il nostro
voler comprendere l’esistenza. Questo meccanicismo è così spiegato dal punto di
vista umano, ma da un punto di vista universale, per quanto riguarda il “piano spirituale”,
ciò va applicato, distintamente per ogni “realtà” evolutiva necessaria al piano
esistenziale del “Creato”, in scala più ampia, a tutta “l’energia vitale
esistente”, a ogni atomo, a ogni cellula“. Non è forse vero che anche le
cellule, come noi, impazziscono intaccate da anonimi e mutevoli virus, perdendo
così la guida, “la luce”, provocando degenerazioni neoplastiche, “tumori”,
malattie, ecc. Ciò fa capire che oltre a perdere tempo a creare etichette
diverse alle stesse leggi fisiche, naturali di Dio, o del Creato, dobbiamo
osservare la natura attorno, il cui messaggio è più esplicito delle mille
interpretazioni umane, e così possiamo seguendo il bene cosciente, “la Luce”,
curare meglio ogni nostro male nelle sue molteplici espressioni, consapevoli
della sola “Motivazione d’essere”; ne sono prova lampante le guarigioni
miracolose che si realizzano nel mondo e nelle varie confessioni religiose, o
quando gruppi di persone unendo le loro energie sotto la guida di sacerdoti, o
padri spirituali, influiscono in qualche modo, agendo nella realtà singola del
corpo malato, guarendolo. In questa linea per analogia si possono interpretare
anche gli eventi come le “apparizioni”, che potrebbero essere l’aiuto interno
del meccanicismo del “Creato di Dio”, che porta aiuto la dove serve per il
continuarsi dello scopo, “del Divenire della creazione, l’essere di Dio”,
proprio come fanno gli anticorpi in noi; Nietzscche in un passo dello
“Zarathustra” scrive: “C’è più ragione nel tuo corpo che nella tua migliore
sapienza”. Se siamo stati meta di un qualche intervento genetico, è sempre
opera di Dio, o di esseri creati da Dio, parte del “Creato senziente”; la vera
dimora di Dio è ovunque. Nei (Salmi11,4) nell’indicare la dimora di Dio si
legge: “Il signore è nel suo santo tempio, il trono del signore è nel cielo”.
Questa idea si trova soltanto nelle parti più tarde dell’Antico Testamento,
prima si pensava generalmente che Dio abitasse sul monte Sinai, o nell’Arca
dell’Alleanza menzionata nella Bibbia in Esodo e Levitino, che aveva la
capacità di generare energia elettromagnetica, oggetto che alcuni associano ad
altri artefatti come: il Santo Graal, il Velo d’Oro, l’occhio di Bhaga ucciso
da Shiva, Smeraldo di Lucifero, la Coppa Amonga dei Sarmatian Caucaso, la
Lampada di Aladino, ecc.; oggetto che era la rappresentazione della divinità
nel suo formare “l’arco sacro”, (Sheekina), che indicava simbolicamente la
coscienza che compariva nell’arca con i due cherubini con le ali incrociate
rappresentanti i due emisferi cranici; su questo artefatto c’è chi sostiene che
sia stato un marchingegno che la civiltà egiziana aveva ereditato dagli
atlantidei e che Mosè poi portò con se nella fuga dall’Egitto, nella Bibbia,
infatti, si legge che chi toccava l’arca ne rimaneva “fulminato”. Il ”Papiro di
Torino” richiamando un artefatto simile, fa sapere che quando Geb “il cielo” sali al trono ordinò fosse portata la scatola
d’oro di Rà, all’apertura di questa i suoi compagni rimasero uccisi da una
saetta di fuoco, “i lampi”.
Ai tempi del Nuovo Testamento, invece,
l’idea del cielo quale dimora di dio al di sopra del firmamento era divenuta
comune, tanto che il Pater Noster comincia: “Padre nostro che sei nei cieli”
(Matteo 6,9). Anche i Greci pensavano all’inizio che Zeus, “l’Enlil sumero, il
dio del cielo”, e gli altri dei vivessero sul monte Olimpo nel nord della
Grecia, forse l’egizio Khoiak di Osiride, l’ebreo Sinai di Jawe, forse lo
stesso monte Meru degli indù, l’Albory persiano, il Qàs arabo, la dimora degli
dei, chiamata in chissà quanti altri modi, successivamente però, presero posto
in un altro “mondo” non ben definito, un luogo nel cielo, identificabile nella
tibetana “Sudarsuma”, o Gandharva citata nei sacri Veda, o la città che
ospitava “la Casa della Fiamma”, con mura di cristallo, citata da Enoch. Sempre
per i Greci, anche i loro defunti si trasferirono, all’inizio risiedevano nelle
profonde oscurità nebbiose dell’Ade dove, come ci ricorda Omero, la ”Moira
nera” e la tenebrosa “Chera”, come “erranti fantasmi senza mente ed ombre esangui”,
conducevano le anime; oppure risiedevano nei Campi Elisi, nell’estremo
Occidente, poi trasferiti anch’essi in un mistico inferno sotterraneo. Su
queste terre la tradizione ellenica ci dice: “Né per terra né per mare si
raggiunge la terra sacra”; mentre la tradizione orientale afferma: “Solo il
volo dello spirito vi può condurre”, infatti molte tradizioni narrano per
l’appunto di un monte magnetico nel quale scompaiono o vengono rapiti coloro
che hanno raggiunto una certa “illuminazione spirituale”. Su questa linea di
pensiero, anche quelli che chiamiamo oggi, “contatti alieni” sarebbero solo:
“interazione, o controllo dell’evoluzione umana”, del “Logos Planetario”, da
parte di altre gerarchie e tipologie di esseri del universo, del “Creato”,
provenienti da altri mondi dello “spazio”, o da altre dimensioni parallele, o
addirittura da noi stessi, dal nostro stesso futuro, come dimostrerebbe, se
fosse vera? L’interessante traduzione geroglifica di un disco appartenente ai
Wingmakers, nostri posteri di 750 anni, scoperto nelle caverne del Nuovo
Messico, luogo dove sono stati ritrovati anche piccoli esseri umanoidi
mummificati con una grande testa, corpo esile e braccia lunghe, ora esposti al
museo di “Million Dollar” di White Cite. Gesù stesso disse, “diventerete dei,
farete cose più grandi di me”, Importante è sperare che questi “esseri” siano,
più vicini alla “Luce di Dio”, alla luce interiore dell’anima, rispetto a noi;
raggiungibile forse con quella “trasfigurazione”, quello che per gli esoterici
è la “terza iniziazione”. Contro logica della “Luce”, alla base di ogni specie,
esistono istinti di “conservazione e procreazione” e sebbene necessari per il
“Divenire”, gestiti malamente diventano i precursori del male in quanto
realizzano il drammatico antagonismo tra il cacciatore e la preda, che servono
la primitiva “Logica di adattamento e selezione naturale della specie”, che
sebbene serva per l’evoluzione dell’“esistere” verso la luce, contrasta la via
della “Luce stessa”, portando così l’uomo all’auto-negazione della propria vita
per il rispetto altrui, all’auto-negazione della propria realtà per il
ricongiungimento con la “Luce stessa di Dio”, comportamenti cari all’Jainismo
che contempla una “ciclicità infinita”. Ogni domenica in chiesa sentiamo dire
il parroco: “Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi in remissione
dei peccati”, qui anche Gesù si sacrifica per il “divenire” degli uomini, nella
“Santa Commemorazione dei Morti e dei Santi” un canto cristiano ricorda:
“L’uomo è come l’erba, è come un fiore di campo”, quindi destinato a
sacrificarsi e essere sacrificato per meritarsi il regno dei cieli. Nei Righ
Veda, base del Pantheon dell’India, “Vishvakarman”, il Gerofante, il Logos
creatore, il Demiurgo architetto dell’Universo, il settimo principio dell’uomo
nella sua collettività, corrispondente all’Osiride, l’Attis, il Cristo, il
Vithoba, l’Uomo-Dio Vittima, l’Avatara crocifisso nello spazio, colui che
sacrifica se stesso al mondo. L’essenza di questo antagonismo viene superata,
anzi fu superata brillantemente millenni or sono dalle antiche rivelazioni
esoteriche. Bisogna ricordare che il male, come abbiamo visto prima, è
allegoricamente rappresentato da “Satana”, letteralmente l’avversario di Dio,
ma prima della caduta un suo angelo, capo di quella schiera di angeli
Cherubini, o meglio “Tori alati”, e ciò rivela che il male è una parte creata
da Dio per “l’esistere”, in quanto Dio stesso deve averne la conoscenza tramite
“l’esperienza”, giacché il suo sapere è illimitato, e per essere il bene, in
quanto egli è unica cosa e noi limitati a percepirla per suo volere. Nella
Genesi (3,22) il Signore disse: “Ecco, l’uomo è divenuto come uno di noi,
conoscendo il bene e il male; e adesso che non tenda la mano, e prenda anche
dell’albero della vita, e viva per sempre”. Qui il Signore ci fa capire che non
è solo, ma parte di una “razza superiore” che conosce evolutivamente ed
esperenzialmente, il bene ed il male e anche l’immortalità, quindi non il Dio
assoluto in cui si assolve la dualità stessa del bene e del male, ma una
schiera di semidei che domina l’umanità per un volere “cosmico” di Dio, un
bisogno del “Creato”. Ciò che ho detto, sintetizzando varie fonti di ricerca,
ci fa capire che la natura che ci circonda è il vero testo della rivelazione di
Dio, poiché è una sua opera e a noi non resta che continuare a leggerlo con la
logica, la creatività e la scienza, cercando le più profonde verità, non sempre
conformi ai nostri canoni di valutazione e “anche in quelle verità
dimenticate”, che le civiltà di un tempo ci hanno lasciato in eredità, non a
caso Goethe nella prima parte del Faust dice: “ Ogni teoria è grigia e solo è
verde l’albero dei dorati frutti che è la vita”. Dobbiamo fare tutto questo
consapevoli dei nostri limiti, sapendo, come affermò anche Gandhi, che solo un
profeta può giudicare un profeta. Noi dobbiamo usare il nostro corpo come un
mezzo per evolvere e capire. Seguiamo pure le rinunce dello jaina, o la via di
mezzo buddista, o quella citata nel deuteronomico Libro della Sapienza, o libro
dei Mutamenti dei King, o gli insegnamenti della Kabbalah, o lo Zand Avesta
iranico, o la carità cristiana, ecc..Chiamiamo pure magia ciò che non capiamo
del creato, ma già siamo evoluti per capire che quando conosceremmo quegli
schemi fisici, ciò si chiamerà scienza, “illuminazione” e questa consapevolezza
ci rende già degni di essere uomini di questo tempo, consapevoli che le vere
“rivoluzioni” vanno fatte dentro di noi. Il nuovo regno di Dio annunciato più
di 1.500 volte nel vecchio testamento e più di 300 volte nel nuovo testamento,
auspicato e teorizzato dall’umanità, prima o poi arriverà e ci sarà la
giustizia voluta, ma dalla nostra evoluzione fisica e spirituale legata al
“Creato”, quindi a Dio. “L’Apocalisse ci dice che un Angelo verrà portando in
una mano la chiave (della conoscenza) dell’abisso, e nell’altra le catene per
legare i malvagi”, (per imprigionare Satana per mille anni), e gli esoterici
affermano che questa chiave è la conoscenza dei misteri dell’iniquità e
l’insegnamento e la comprensione della “Veste eterica dell’anima”,
Hiranyagarbha, l’emanazione dal Raggio atmico nel suo triplice aspetto di
Creatore, -Conservatore e Distruttore – Rigeneratore, e da Buddhi-Mans il cui
settimo aspetto di quest’aura, è quello di assumere la forma del corpo
divenendo il luminoso “augoide”. Questa avvolgente sfera luminosa è una sorta
di “aura, uovo, o corpo causale” con specifiche particolarità magnetiche che se
equilibrata e priva di “Vizio” o debolezza permette il buon funzionamento delle
ruote dei chakras (ricetrasmettitori di energie di altri piani di coscienza)
collegati al corpo fisico attraverso le ghiandole a secrezione interna; questa
sarà la vera comprensione che proporrà la nuova religione, il vero senso, la
giusta interpretazione dei riti. Questa linea di pensiero alcuni uomini la
stanno già percorrendo, ognuno come può. Oggi alcuni film e perfino i vari
“cartoni animati”, creati per la TV come i Cavalieri dello Zodiaco, Dragonbol
con le sue “sfere del drago”, con la materializzazione e la smaterializzazione,
Roboteck con il suo richiamo ai giganti e molti altri ancora”, rivelano
ampiamente alcune verità, concetti esoterici nascosti da millenni, servono
probabilmente a preparare la futura generazione ad un nuovo sapere. Se vogliamo
capire, osserviamo pure gli schemi umani e sociali, oppure gli schemi atomici,
molecolari e cellulari, o quelli cosmici dell’universo astronomico; ci
accorgeremo che è la stessa cosa, un continuo ripetersi che era conosciuto
dagli antichi più di 4.000-5.000 anni fa, che non erano ignoranti come la
storia tende ad insegnare, proponendo solo le facili allegorie allora destinate
al popolo gretto. Ma del resto è sempre stato così, anche oggi dietro gli
schemi sociali ci sono i poteri politici e religiosi che dipendono e filtrano a
volte malamente, in quanto umani, il volere superiore di altri esseri ed
energie più vicine al “Logos Onnicreante”. Il nostro compito è seguire Dio
nella “Ragione”, uscendo se necessario dagli imposti schemi sociali, che non
sempre corrispondono al volere supremo, questa è la nostra responsabilità. La
religione probabilmente l’ha inventata l’uomo, “Spirito, Siva, Isvaradeva, o
parte del Deva Sovrano di Dio”, ispiratosi al divino in se, dove non l’ha
imposta qualcuno, o qualcosa venuto nel nostro passato, sicuramente alieno, con
uno spirito, e quindi sempre figlio di Dio, magari più a lui vicino. Il
contatto alieno c’è sempre stato e sempre ci sarà e arriverà prima o poi il
giorno in cui tutti ne avranno consapevolezza, le differenze sono solo “nell’interpretazione
e nell’etichetta” di ogni uno, che di per sé cerca di comprendere le stesse
cose. Detto tutto questo, penso che per quanto un uomo possa “illuminarsi in sé
di Dio”, deve sempre continuare a riattingere dalla “profondità dell’anima” i
valori della persona, creando e cercando, favorendo sempre e comunque il
divenire verso l’ordine. A volte però lavorando per quello che sembra “ordine”
lavoriamo inconsapevolmente per il disordine, cioè operiamo in modo errato
pensando di fare bene. Ecco perché bisogna essere sempre più “illuminati”,
seguire la ragione, evitando che l’umanità ritorni ad essere punita e nel caos
per opera di Dio, come dimostrano gli eventi come: le carestie, il diluvio, la
confusione delle lingue, la distruzione di Sodoma e Gomorra, che tra l’altro
sembra provocata proprio da una meteora, o da un esplosione atomica, visto che
vi è rimasto solo un cratere in quel luogo. In modo antitetico, per logica, si
può affermare che simili eventi catastrofici sono avvenuti anche prima della comparsa
dell’uomo sulla terra, quindi non bisogna sopravalutare l’umanità che è solo
una parte della “Creazione”. La nostra realtà è solo un’evoluzione schematica
di adattamenti cristallizzati, relativi alla nostra composizione fisica e ai
nostri limiti cognitivi. Al confine della cognizione di tali limiti, la
religione, la magia e la scienza portano costantemente soccorso. Esiste una
realtà cosmica molto più grande, formata su basi fisiche diverse che
comprenderemo gradualmente evolvendo. Quindi anche le nostre più grandi
convinzioni e verità possono essere stravolte da ciò che non comprendiamo.
Dovremmo sempre essere pronti a cambiare idea e ad adattarsi, quando nuove
logiche si presentano nella loro espliticità, le nostre concezioni del male e
del bene non sono assolute, se non lo facciamo poniamo solo un limite alla
nostra evoluzione mentale e se l’uomo avesse proceduto in questa maniera
sarebbe ancora un animale. Lasciare scorrere l’evoluzione significa crescere,
impadronirsi del “cosmo” con il nostro ordinato divenire, comprendendo così
sempre di più il tipo d’ordine fisico dell’evoluzione del cosmo. Gli esoterici,
Pitagora, Aristotele e molti altri, ci hanno “illuminato” il Creato con il
sapere del “Suono” e del “Numero”, ma penso che tutti i nostri sensi, la nostra
parte cognitiva possa essere sempre più applicata per la rappresentazione e la
ricerca. Bisogna trovare le “Corrispondenze”, ma non quelle virtuali
prospettiche dell’antico tentativo che è lo “zodiaco”, quelle vere come i
“cicli stagionali, fasi lunari, ecc.” che servono a creare e rappresentare la
saga dell’Infinito “Essere”; questo è il nostro compito, che per quanto mi
riguarda porto avanti con lo “Studio dell’Equiparazione Dei Sensi”, che
presenterò brevemente più avanti. Noi e i nostri compagni extraterrestri,
angeli, o deva, dhyan o Djnn e chohan, o signori della luce, esseri
risplendenti pieni di energia, o come altro volete chiamarli, esseri che un
tempo chiamammo anche dei. Siamo tutti “figli di un Vortice Galattico” largo
circa 100.000 anni luce, uno tra i tanti che segue un suo ordine preciso,
seguendo la forza, la “Gravità dello stesso Dio”, del “Grande Essere”, del
“Pachiderma Pulsante” definito da Quixe Cardinale, del Dharma, del “Tutto
Indiviso” di Paracelo, della “Cosa Una” di Ermete
Trismegisto, del “Sincronismo Cosmico” di Jung, della “Concatenazione” di
Ouspensky, dello Spirito che “sostiene la “Creazione” con il nostro e altrui
aiuto”; ciò che gli antichi scrittori vedici individuavano chiedendosi: “Chi
veramente sa? Chi può affermare donde nacque, donde venne questa creazione? Gli
dei stessi sono posteriori ad essa: chi dunque conosce da dov’è sorta? Donde
sia Venuta questa creazione; se l’abbia prodotta o no Colui che questo mondo
sorveglia dal cielo, egli solo lo sa, o forse neppure lui lo sa”, Rig. Veda X.
129.
Se dovessimo tentare di descrivere il
corpo e la mente di Dio, dovremmo partire dalla fisica quantistica per giungere
all’astrofisica extragalattica senza averne la cognizione del limite estremo ne
il grado di consapevolezza. I Rig. Veda ce lo riferiscono: "Vedi l’unità
nella diversità, l’Uno divino appare nelle molte forme, immensa è la sua
vastità, indescrivibile la sua gloria. Tutte le infinite terre, i soli e i
pianeti che sono visti e quelli oltre la nostra percezione, esistono per suo
comando. Accesa in varie forme, l’eterna fiamma è Una. Illuminando il mondo con
i raggi dorati all’alba, dipingendo le nubi della sera con cangianti colori, il
sole è uno."
Il politeismo, la visione antica di un
pluralismo di esseri creatori nasconde verità antiche e profonde confermate in
parte oggi dalla scienza, il monoteismo al di sopra, può esserne la causa, è
solo una questione d’interpretazione dei vari gradi e stadi di grandezza, o
gerarchia della “Creazione”, parti di un’unica verità. La verità è in noi,
scopriamola ognuno per se stesso, per essere degni degli adattamenti
“dell’ordine galattico e exstra galattico” di Dio. Tendiamo quindi agli
equilibri, alla coscienza, alla luce della ragione, del sole nostro luminare e
non facciamoci attrarre dagli errati recidivi schemi corporei e del falso
sociale cristallizzati nel nostro falso credere pensando che sia” l’Io
interiore”, non dobbiamo diventare “Dirigenti” prototipi di una società
imperfetta, ma anticipare gli eventi, ricercare “L’illuminazione, non la regola
imposta da quel sistema che per l’appunto, continuamente muta. Dobbiamo vivere
il bello, il buono dell’essere, della vita, lo possiamo intuire solo guardando
il sole, l’amore cosciente e il piacere in divenire dell’atto creativo, nella
verità, nella compassione, nella tolleranza, contribuendo all’insegnamento,
evitando di rendere esoterico ciò che deve essere “illuminazione” di tutti
coloro che vogliono iniziarsi al “umile sapere”. L’equilibrio e l’armonia si
riflettono nella compassione, che è un punto di congiunzione degli opposti
ritrovabile nell’antico sapere e in parecchie credenze ispirate
fondamentalmente alla consapevolezza di un bene cosciente, la ritroviamo ad
esempio nel pilastro centrale dell’albero cabalistico affiancata alla forza e
all’amore, nell’antica disciplina “Falum Buddha” la ritroviamo assieme alla
verità e alla tolleranza. Non esistono confini di cultura quando si cerca la
verità nell’Io interiore. Un concetto in me radicato vuole, che nella dualità,
l’equilibrio delle “forze”, favorisca la vita a qualsiasi livello cosmico,
anche nell’uomo, più o meno istintivamente, o consapevolmente. Nella mistica
ebraica del Sepher Bahir, “Il Libro Fulgido” si legge: “La voce del Signore
intaglia lingue di fuoco (Sal 29.7): quando mette pace tra l’acqua e il fuoco,
sprizza la forza del fuoco e le impedisce di annientare l’acqua, mentre
impedisce a questa di spegnere il fuoco. Non vi furono forse le acque, e da
esse usci il fuoco? Gli risposero: è quanto tutti dicono. Se è così le acque
racchiudono il fuoco”. Questo concorda egregiamente con l’aforisma ermetico:
“Chi sa bruciare con l’acqua e lavare col fuoco fa della terra il cielo e del
cielo la terra preziosa”.
Rabbi Shimon bar Yochai, autore del noto
testo cabalistico il “Sefer ha Zohar”, nel Parashà di Qedoshim afferma: che è
necessario imparare