lunedì 1 dicembre 2014

Dai misteri eleusini e la saga dei Phykkhe’sh Tau, alla saga celta/irlandese dei Tuatha De Danann a cura di Lucio Tarzariol - articolo su Archeo misteri di Novembre 2014


 Articolo a cura di Lucio TARZARIOL 



I Misteri Eleusini sono ufficialmente, i culti di origine pre ellenica, dedicati all’agricoltura e alla fertilità, che originariamente si svolgevano, a Eleusi, nell'Attica, pare già dal VII secolo a.C.. Successivamente, quando Eleusi diventò parte dello Stato ateniese, tali culti ufficializzati dalla lega ateniese si diffusero poi in tutta la Grecia e le colonie passando come culto anche a Roma, con il culto di Cerere e Proserpina, contando tra gli iniziati illustri personaggi come Cicerone (106-43 a.C.) e in seguito l'imperatore Gallieno (253-268 d.C.).
Nel Dizionario delle Religioni di Francesca Brezzi – Editori Riuniti (1997) il culto vene così succintamente così descritto:
“Il culto fu vietato dall'imperatore cristiano Teodosio nel 392 ed Eleusi fu saccheggiata dai visigoti. I misteri eleusini si fondano sul celebre mito di Demetra e di sua figlia Persefone (Cerere o Proserpina per i latini): questa fu rapita da Ade (o Plutone), re degli inferi, e la madre nel lungo vagabondare alla sua ricerca si fermò a Eleusi dove fu confortata dalla figlia del re e poi condotta al palazzo con tutti gli onori. In segno di riconoscenza Demetra donò al re un chicco di grano, fino ad allora sconosciuto ai mortali, dando cosi inizio all'agricoltura. "Intanto Zeus, commosso dal suo dolore, permise a Persefone di tornare sulla terra, ma non definitivamente, bensì per sei mesi all'anno: come il seme del grano che dopo un periodo sottoterra appare alla luce". [Ndr vedi Il ratto di Proserpina] I misteri eleusini pertanto sono ricchi di simbologia: misteri della fertilità, della nascita e della morte, e non solo in relazione all'agricoltura, ma anche come speranza di una vita migliore oltre la morte. Cicerone afferma: “Abbiamo imparato a vivere e morire più ricchi di speranza”. Ma per ottenere ciò era richiesta integrità morale e purezza nel culto. I riti eleusini erano costituiti da due livelli: il primo, la purificazione, una sorta di momento preparatorio che aveva luogo in primavera (piccoli misteri), e il secondo, il momento consacratorio, cui erano legate le feste (grandi misteri) autunnali. La più importante era quella di Atene, che durava nove giorni.Tale culto inoltre mantenne il carattere di mistero, in quanto era riservato ai soli iniziati, i quali potevano accedere al luogo sacro, il Telesterion, area quadrata di circa 250 metri, circondata da una gradinata, dove prendevano posto tremila adepti”. Come non associare questo tempio alla “Casa della Vita” degli egizi e ai loro riti sacrali misteriosi. Una fonte di origine cristiana, ci rivela, invece, che a Eleusi, il momento più importante del rituale eleusino era l’essere ammessi alla “contemplazione” della spiga di grano mietuta in silenzio: “Gli Ateniesi, nell’iniziazione di Eleusi, mostrano a coloro che sono ammessi al grado supremo (epopteuosi) il grande e mirabile e perfettissimo mistero (mystêrion) visionario di là: la spiga di grano mietuta in silenzio. Lo ierofante in persona … che si è reso impotente con la cicuta e si è staccato da ogni generazione carnale, di notte a Eleusi, in mezzo alla luce delle fiaccole, nel compiere il rituale dei grandi e ineffabili misteri, grida e urla proclamando: ‘Brimò Signora ha generato il sacro fanciullo Brimós!”
Come non chiedersi se questo bambino nato non sia Horo, il primo nato ibridato, la nuova stirpe mista voluta dagli Dei alieni che hanno immesso nella donna della terra il seme del nume divino o addirittura anche Gesù, sin pensi alla sua misteriosa nascita.
Sull’origine di questo culto eleusino ci fa luce Erodoto che ci dice:
“Furono le figlie di Danao a portare dall'Egitto questo rito iniziatico e insegnarlo alle donne pelasgiche. In seguito, dopo che i Dori scacciarono l'intera popolazione dal Peloponneso, questo rito scomparve; dei Peloponnesi solo gli Arcadi, che erano rimasti senza migrare lo conservarono”.
Del resto gli Eleusini credevano nell'immortalità dell'anima come gli Egiziani, infatti raggiungevano l’Epopteia quella conoscenza ottenuta durante i Misteri che non era di tipo dottrinale, ma un tipo di sapere che nasceva da una esperienza sacrale autentica, vissuta in prima persona come momento mistico attraverso il quale si veniva rassicurati sul senso della vita terrena e sulla continuità della vita dopo la morte, ecco alcuni versi che alludono ad un dopo morte:
“Figlia, non avrai certo mangiato del cibo là sotto? Parla non nascondermi nulla. [...] Se no, scendendo di nuovo nei recessi della terra vivrai laggiù ogni anno per un terzo delle stagioni e per gli altri due terzi con me e con gli immortali. Non appena la terra a primavera si coprirà di fiori profumati e variopinti, dalla tenebra densa risalirai, grande prodigio per gli dèi e per gli uomini immortali.”
“O tre volte beati i mortali, che visti quei misteri, vanno nell'Ade, perché solo per essi laggiù c'è vita, mentre per gli altri, non vi è che male “; “ [...] Sembra che coloro che vengono iniziati siano destinati a stare tra i pii... [...] ... Sembra che nell'Ade gli iniziati godano di maggiori privilegi rispetto ai non iniziati.”
Generalmente i riti, le cerimonie e le credenze erano tenute segrete. Gli iniziati credevano che avrebbero ricevuto la giusta ricompensa dopo la morte. I vari aspetti dei Misteri sono rappresentati su molti dipinti e ceramiche. Poiché i Misteri comprendevano visioni e invocazioni a una vita oltre la morte, alcuni studiosi ritengono che il potere e la longevità dei Misteri Eleusini derivasse da agenti psichedelici, collegati all'utilizzo di pane a base di segala cornuta, cioè segala contaminata dal fungo claviceps purpurea.
Ma Il mito rappresenta una delle varianti più famose dei culti agrari dedicati al ciclo di morte, rinascita e trasformazione della vegetazione e narra le drammatiche vicende della Dea delle Messi, che partita da Creta giunse a Eleusi, per ritrovare la figlia Core/Persefone, rapita da Ade, il dio degli Inferi. I misteri Eleusini sono affini alla ritualità egizia di Iside e Osiride Infatti allo stesso modo, Iside, la Dea Egiziana della Sapienza e della Magia, andrà alla ricerca del suo compagno e fratello Osiride, il dio del Grano, del vino e della Birra, fatto a pezzi dal fratello Set, come una spiga viene battuta per separarne i chicchi. Osiride, una volta “ricomposto” da Iside, andrà a regnare negli Inferi come aspetto della luce del Sole in fase decrescente, (il sole estivo la cui luce inizia a diminuire dal solstizio d'estate a quello d'inverno) e notturna (la parte di giornata nella quale si immaginava che il disco solare viaggiasse sottoterra, per tornare all'alba). Esistono vari miti che riguardano il ciclo delle Stagioni sotto forma di discesa agli inferi. Il racconto più antico è quello della Dea mesopotamica Inanna/Ishtar e di sua sorella Ereshkigal, la dea delle regioni sotterrane, “ il regno da cui non si torna”. La donna era tenuta in grande considerazione, infatti, alcuni frammenti ci raccontano di Donne Ieronfantidi che iniziano gli Ierofanti, cosa che induce a pensare che la tradizione mista dei clan familiari religiosi Eleusini riuscisse a conservare in parte le sue più arcaiche tradizioni e quindi a opporsi alla cultura e alla filosofia classica Ateniese, famosa per il suo maschilismo. “... le Ceropidi mi consacrarono ierofante di Deò”; “È una famiglia di Atene, dalla quale era tratta la sacerdotessa di Demetra e Core; questa precedeva a iniziare i misti a Eleusi”; “... Lo ierofante, le ierofantidi, il daduco e le altre sacerdotesse portano una corona di mirto e per queste ragioni lo attribuisce come corona a Demetra.” ;  “... (Le ierofantidi). Quelle che fanno vedere gli oggetti sacri a chi viene iniziato.” Qui i “misti”, a mio parere sono sempre gli esseri umani incrociati con gli dei, gli alieni che hanno creato il loro esperimento qui in terra, ibridandosi con Noi. Infatti la Dea Celeste, cerca di rendere immortale il piccolo figlio della regina, nello stesso momento in cui Persefone come Dea Ctonia, entra nella fase di seme-anima vivendo e formandosi all'interno dell'utero-terra di sua madre. L'alto e il basso si connettono, come l'anima e il corpo, ma il suo tentativo di donare l'immortalità fisica alla razza umana viene interrotto dalla regina che la scopre: “O mortali sciocchi e insensati, incapaci di prevedere il destino, buono o cattivo! [...] avrei reso tuo figlio immortale, ora invece non potrà sfuggire alla morte e al fato [...] “.
Subito dopo aver pronunciato queste parole di rimprovero, decide però di istruire gli abitanti sui suoi “Riti di perfezionamento” e chiede che per questo motivo le sia costruito un Tempio nel quale insegnare all'anima come poter accedere alle zone più felici dell'aldilà. Ripeto ancora una volta, non sono queste mie affermazioni di assurdità; infatti battendo anche questa strada dei “misteri eleusini” sempre a questo punto si giunge. Alcune ricerche, anche qui, mi hanno portato a conoscenza dell’esistenza di una ritualità occulta legata ad antichi testi che rivelano questo contatto alieno, nello specifico con la discendenza di un antica civiltà definita dei Phykkhe’sh Tau che si sviluppò sul quarto pianeta in avvicinamento alla stella gialla Therion (La Belva Feroce)) ossia la stella con la lettera Tau e con il numero 52 della costellazione del Cetus (balena). Le origini di questa civiltà risalirebbe, per l’appunto, alla mitica “Età del Tau” (700.484 a.C.);nel tempo questa civiltà progredì in varie sottostirpi di popoli azzurrei chiamati “Uanhe”, e si evolsero tecnologicamente, tanto da  creare esseri artificiali e colonizzare lo spazio, creando così un Impero interstellare, fino alla guerra contro altri popoli di natura “fredda e disumana”. Riporto breve scritto estratto da http://www.cristallidiatlantide.it/68424.php, di cui non conosco altre fonti a parte http://www.sideratau8.net/astrologia.htm:
“Anche nella tradizione esoterica degli Eleusini Madre si racconta della “storia delle Sette Isole del Mar d’Occidente” e si divide l’esistenza d’Atlantide in due periodi:
92.000 a.c. al 19.200 a.c. Durante questo periodo, cioè tra gli anni 19.175 al 18.987 a.c. sarebbe avvenuta la “Grande Guerra Galattica” con la sconfitta dell’Impero galattico per opera di altri esseri intelligenti presenti sulla Terra chiamati “INUMANI”. Poi dal 18.900 al 9528 a.c., periodo del tracollo sociale della civiltà Atlantidea; e terzo periodo Atlantideo, successivo alla distruzione. Sempre secondo gli Eleusini, gli antichi progenitori di Atantide sarebbero venuti da un altro pianeta del sistema solare chiamato “TAU CETI”, il cui nome è “PHIKKESH TAU”, che intorno al 116 millennio a.c. questi avrebbero scoperto il volo spaziale e iniziato ad esplorare il cosmo! Verso il 92.000 a.c. una spedizione di “PHIKKESH TAU” penetra nel nostro sistema solare e colonizza alcuni pianeti tra cui la Terra! Manipolando geneticamente una scimmia e attraverso una fusione del suo DNA con quello di un extraterrestre, questi crearono l’HOMO SPAIENS il quale avrebbe popolato l’intero pianeta”.
Nel sito: http://www.sideratau8.net/astrologia.htm, per chi volesse approfondire, vi si trovano frammenti conosciuti dalla tradizione misterica iniziatica, tradotti dall’atlantideologo fondatore della rivista Aesyr, Guido M. St. Mariani di Costa Sancti Severi e tramandati in ambito “eleusino Madre” e riportano questi arcaici e profetici versi:
“Iniziamo in questa sede una analisi dei frammenti classificati come “G.M. 4843”, conosciuti e tramandati in ambito eleusino Madre come la breve ma estremamente interessante silloge intitolata “Myrto, fiore degli Dei”. La versione originale di questa silloge, redatta in idioma Ennico-Fluvio, è attribuita dalla Tradizione misterica alla Principessa Fhania VIII Aletha Neat Ynthlinynehf, menzionata anche come Fhania VIII Aletha dei Grappoli di Stelle, della 8° Dinastia Ennosigea. L’Ensikhthn, ovvero l’Ennosigeo, secondo la Disciplina Arcaico-Erudita sarebbe stata la più potente ed egemonica nazione delle Sette Grandi Terre del Mar d’Occidente, meglio conosciute come Atlantide……..

“MYRTO, FIORE DEGLI DEI”
1) La Stirpe di En’n nella Casa della Dea Tàea non era ospite un tempo.
2) (ma) Dimora stabile nella Grande Casa di Uàn aveva.
3) (e) per di Nehéfre’n le rotte viaggi compiva.
4) Per tutto il tempo questo che imperarono nella Grande Casa le Madri-Padri Phykkhe’sh Uànhe Tàu.
5) Distrutto Impero loro anche le progenie delle Phykkhe’sh Uànhe En’n, figlie delle Phykkhe’sh Uànhe Uàn, progenie delle Phykkhe’sh Uànhe Hyi, figlie delle Phykkhe’sh Uànhe Tau, in disgrazia caddero.
6) Di Tàea la Casa solo rifugio ebbero.
7)Privata la progenia di En’n nella casa di Tàea delle scienze della Cosmica Mente.
8)Restare dovrà generazioni tante quante per Nehéfre’n di Uàn nella Grande Dimora visse.
9)Col passar delle generazioni di En’n la propria origine sua naturale dimenticò.
10)il mito di ciò che realtà facendo
11) Veraci e Giusti Dei Titani mandarono allora (alla) di En’n progenie ospite di Tàea la Casa luogo d’esilio.
12)Per concepimento della Dea Grande Anuve Futhun il Dio che Nehefre’n guarda.
13)A ciò che ricordo sia alla progenie di En’n dove la vera casa loro è (e) quale della Stirpe l’origine.
14) E che delle figlie di En’n il destino progenie di Pykkhe’sh Uànhe Uàa che discesero dalle Phykkhe’sh.
15)Perché non può rimanere la progenie di En’n in esilio eterna nella casa di Tàea.
16) Questa estranea essendo all’origine sua.
Noi Fhànhia Aletta Anthiephagenita dei Grappoli di Stelle abbiamo parlato.
Allego ora la genealogia delle semi divinità celtiche ed irlandesi, le Tuatha de Danan e vi prego di fare attenzione alle similitudini di alcuni termini:
“Il più diretto antenato delle Túatha Dé Danann aveva nome Tat. Questa la sua genealogia: Tat figlio di Tabarn figlio di Enna figlio di Báth figlio di Ibáth figlio di Beothach figlio di Iarbonel Fáid figlio di Nemed. Di Tat si ricordano due figli: Allui e Alda.
Figli di Allui erano Ordam e Innui. Figlio di Alda, Edleo.
È da Ordam, Innui ed Edleo che discendevano le tribù danann.
Alla discendenza di Ordam apparteneva Núada, re delle Túatha Dé Danann al tempo del loro arrivo in Ériu. Questa la sua genealogia: Núada figlio di Echtach figlio di Etarlám figlio di Ordam figlio di Allui figlio di Tat.
Núada aveva molti figli, tra cui ricordiamo: Caichér, Etarlám e Lugaid. Caichér era padre di Uillenn. Etarlám era padre di Ernmass, madre delle tre dee della guerra, la Mórrígan, la Badb Chatha e Macha, che alcuni dicono essere tre nomi per una stessa donna.
Anche Coirpre il poeta apparteneva alla discendenza di Ordam. Questa la sua genealogia: Coirpre figlio di Tuar figlio di Tuirell figlio di Cai Conaichenn figlio di Ordam figlio di Allui figlio di Tat.
Vediamo ora la discendenza di Innui figlio di Allui figlio di Tat.
Eochaid Ollathair detto il Dagda Mór, il campione Ogma, Allót, Eochaid Bress e Delbáeth erano i cinque figli di Elatha figlio di Delbáeth figlio di Nét figlio di Innui figlio di Allui figlio di Tat.
Il Dagda Mór era a sua volta padre di Óengus Óc, Aed, Cermat Mílbel e Mídir l'altero. Alcuni dicono che anche Brígit fosse figlia del Dagda.
Cermat Mílbel, figlio del Dagda, aveva tre figli, i quali un giorno avrebbero regnato congiuntamente su Ériu. Venivano chiamati Mac Cuill, Mac Gréine e Mac Cécht, il Figlio del Nocciolo, il Figlio del Sole e il Figlio dell'Aratro.
Ogma, fratello del Dagda, era padre di Delbáeth Tuirell Bícreo. Questi era a sua volta padre di Fiacha, Ollam, Innui, Elchmar, Brian, Iuchar e Iucharba. Madre degli ultimi tre era Danann, anch'essa figlia dello stesso Delbáeth. Ollam aveva per figlio Ái.
Fiacha figlio di Delbáeth figlio di Ogma era padre di Ériu, Banba e Fódla, che un giorno sarebbero state le tre regine delle Túatha Dé Danann, spose dei tre figli di Cermat Mílbel, e tutt'e tre avrebbero dato nome all'isola di Ériu. Ernmass figlia di Etarlám figlio di Núada era madre di queste tre.
Allót, fratello del Dagda, era padre di Orbsen, meglio conosciuto come Manannán mac Lir, il cavaliere del mare crestato.
L'altro fratello del Dagda, Eochaid Bress, era padre di Rúadán e Duach Dall. Duach Dall era padre di Eochaid Garb, padre a sua volta del nobile Bodb Derg e di Náma. Quest'ultimo era padre di Caichér e Nechtan.
Delbáeth, l'ultimo dei fratelli del Dagda Mór, era il padre di Bóann. Costei era la moglie di Elchmar ma aveva generato con il Dagda il figlio Óengus Óc.
Dían Cécht il guaritore era figlio di Esarg figlio di Nét figlio di Innui figlio di Allui. Costui aveva un certo numero di figli, tra cui Cían, Cú e Céithen, e poi Míach, Ochtriuil e Airmed i quali erano a loro volta dei valenti guaritori, e ancora Étan la poetessa. Anche Coirpre figlio di Étan era un poeta. Altro poeta, era Abean figlio di Bec-Felmas figlio di Cú figlio di Dían Cécht; questo Abean era il poeta di Lúg.
Lúg era figlio di Cían figlio di Dían Cécht. Sua madre era Ethné figlia di Balor.
Per ultima, vediamo ora la discendenza di Edleo figlio di Alda. Unico membro attestato di questa tribù è En figlio di Bel-En figlio di Satharn figlio di Edleo figlio di Alda figlio di Tat.”
Noterete che alcuni nomi combaciano e pare raccontarci d’un tempo matriarcale la cui saga diede inizio all’uomo che oggi conosciamo.
Come in India la Dea Aditi guidava gli Aditya, le divinità solari dell'induismo, dei e titani, guardiani dell’universo, anche le leggende celtiche ed irlandesi, oltre che a narrare anch'esse dei giganti bellissimi dotati di poteri magici abitanti, in altri tempi il nord Europa, raccontano così l’arrivo circa 5.000 anni fa dei loro semidei evolutivamente superiori: “I Tuatha dè Danann arrivarono in Irlanda dal cielo avvolti in una nebbia. Vennero in Eire, esseri brillanti di luce, in nubi di fumo e lampi. Venivano dalle stelle gli Dei d’Irlanda”. I Tuatha De Danann, presero il loro nome da tre loro giovani, figli di una certa Danann, così abili e sapienti nelle arti druidiche che furono chiamati i “tre dèi di Danann”; da costoro le Túatha Dé Danann presero il loro nome, furono quattro città in cui essi ottennero la loro istruzione: Fálias, Gorias, Finias e Murias. In queste quattro città risiedevano quattro saggi druidi: Mórfís in Fálias, Esras in Gorias, Uscías in Finias e Semías in Murias; e fu da questi che appresero le dottrine druidiche. Da costoro discesero poi le Túatha Dé Danann, o meglio le “tribù degli dèi di Danann”.
Sono forse quei Tal-Ul-Don che nella fantasy dei I regni dimenticati della terra senza tempo”, hanno delle fattezze umane e sono dotati di grandi ali dalle piume multicolori poste dietro la schiena, erano la Tribù della “Grande Madre Terra, progenitrice di tutte le tribù, chiamata nei vari linguaggi: “Don, Dona, Dana, forse l’omofona “Diana”, Danu, o Anu proprio come il dio sumero, “padre di tutti gli dei”; giungeva da una terra nordico iperborea, dalla “Terra dei Tumuli” al di là della regione delle brume e del fiume oceano, dall’Avallon, per l’appunto da “Danan” in gallese Don, cioè “Corte di Don”, ossia “Liys Don”, nome con cui si designava, per l’appunto, anche la costellazione di Cassiopea, dove Dana è il pianeta maggiore, ove si dice vi fosse il suo trono. Questa “terra degli dei”, collegata alla loro origine e ai luoghi della loro discesa, in varie parti del mondo, ad esempio presso il lago etiope di Tana, zone legate alla regina di Saba, Salomone e l’Arca dell’Alleanza, o meglio in corrispondenza delle acque del fiume Dan, affluente del Giordano, guarda caso, poco distante dal monte della “maledizione”, Hermon; dove scesero per l’appunto i Vigilanti descritti dal profeta Enoch. Non dimentichiamo che “dan” in ebraico significa “giudicare”, e come fa notare R.H. Charles non è un caso dato, come afferma il testo, che è in queste terre che furono relegati i “Vigilanti ribelli”. A Dana vi si può associare il mito delle Danaidi, per l’appunto la fenicia “Tanais” nome antico del Don e della grande Dea, sono le cinquanta figlie di Danao fuggite da Argo per sfuggire al matrimonio con i cugini, che uccisero la stessa notte di nozze, colpa che, per alcuni, le portò ad una purificazione da parte di Atena ed Ermes nella palude di Lerna ed a un nuovo matrimonio, per altri, alla morte per mano dell’unico superstite Linceo sposo di Ipermetra, per altri ancora, costrette nell’Ade ad attingere acqua con vasi forati. Sono queste che portarono i misteri eleusini in Grecia, come ci dice Diodoro? Sono queste che ebbero a che fare con i Vigilanti come ci dice il profeta Enoch, le figlie di dio che si accoppiarono con le figlie degli uomini? La dea Danu potrebbe essere associata anche al celtico “Dio Cervo”, che in una sua antica scultorea rappresentazione, spogliata dalle decorazioni rappresenterebbe, per alcuni, la specie aliena dei “grigi” identificati per l’appunto con i Tuatha De Danann; ma che forse è solo la dea rappresentata così, per indicare la costellazione dell’Alce composta di molte altre costellazioni, la cui parte superiore delle grandi corna è per l’appunto la costellazione di Cassiopea, le corna e la parte anteriore del corpo sono Perseo e un paio di stelle dell'Auriga formano la parte posteriore del corpo dell'Alce. Se si legge il testo di Margareth Murray “Il Dio delle Streghe”, si evidenzia l’esistenza di un antico culto sciamanico del “Dio Cervo” che si immola e rinasce per garantire il nutrimento agli uomini, un culto risalente addirittura alle caverne del paleolitico e successivamente legato, alle streghe, che nelle loro pratiche di stregoneria adoravano per l’appunto un Dio antropomorfo con le corna in testa, trasformato poi, dalla Chiesa nel “diavolo che tutti conosciamo”. Se andiamo ancora a ricercare, troviamo che la dea Danu è la “Casyapi” sanscrita, seduta con un fiore di loto, è la regina caucasica “Chasiapati”, è la dea fenicia della prosperità “Kasseba” rappresentata seduta con delle spighe tra le braccia e nei manoscritti arabi è similare alla dea menzionata come la “Donna Seduta”, chiamata dai latini Sulium “trono”. La Tribù della dea Danu, I Thuata De Danann, pare siano giunti a bordo della “Roth Ramrach”, una grande ruota volante capace di portare più di mille persone; arrivarono attratti dalle bellezze terrestri per insegnare ai figli della terra, precisamente ai “Ard-ri”, re sacerdoti, l’amore e l’armonia, erano un popolo magico i cui grandi guerrieri servivano a Tara, l’Ard Righ “il Grande Re”, come fu Conn delle Cento Battaglie, il re che ricevette da Lugh in una visita all’Altro Mondo la famosa coppa simbolo della regalità che rese grande il suo regno fino a quando un’ignobile donna mise fine alla sua prosperità, “una sorta di Pandora greca”, la bellissima prima donna mortale ritenuta causa di tutti i mali e mandata da Zeus per punire gli uomini. Una coppa, questa, chiamata “il Graal”, che una leggenda ritiene fosse affidata ad Adamo che la perse nel Paradiso Terrestre, dal quale, alla sua caduta, fu cacciato; la coppa poi fu ritrovata dal figlio Seth, che poté ritornare nel Paradiso Terrestre a recuperarla. Da qui il Graal scomparve fino all’epoca di Cristo, ed è forse in questo periodo che i druidi ne entrarono in possesso. Nel “Libro delle Conquiste”, un antichissimo manoscritto irlandese, narra che "in un giorno di maggio, dall'altra sponda dell'oceano arrivò la stirpe dei Tuatha dè Danann". Giungendo dal nord, che è anche la radice del termine “Thuata”, questi “semidei luminosi in carne ed ossa” fecero dono ai nativi d’Irlanda oggetti e armi magiche delle loro patrie atti a favorirne lo sviluppo, fra cui la spada Nuada del regno di Findias, la lancia di Lug figlio di Cian del regno di Gorias, la conca o calderone di Dagda del regno di Murias e la Pietra del Destino del regno di Falias; armi simili proprio a quelle descritte nel “Mahabarata” indù, o a quelle, per l’appunto, della mitologia greca, basti pensare ai calzari alati per volare, al sacco che si adattava al contenuto e all’elmo che rendeva invisibile, oggetti donati dagli iperborei a Perseo che già possedeva un’invincibile spada donata da Hermes e uno scudo brunito di Atena, il tutto per distruggere le Gorgoni tra cui la mitica Medusa dallo “sguardo pietrificante” che tra l’altro ritroviamo tra le stirpi dei sostenitori degli Phykkhe’sh Tau. L’antica tradizione celtica, guarda caso, prevedeva rituali di unione sessuale tra un sacerdote rappresentante del dio e una sacerdotessa probabilmente scelta fra le privilegiate assistenti maghe o profetesse a lui inferiori, forse come quelle stesse ”figlie degli uomini” di cui ci parla, per l’appunto, il profeta Enoch, e usata come veicolo per manifestare sulla terra le energie creative della nuova stagione, “l’ibridazione con gli umani”. I cerimoniali sacri si consumavano durante la festa di Beltane proprio a maggio, come per ricordare l’arrivo degli dei, nell’inizio della metà luminosa dell’anno che portava a nascere i bambini all’inizio della primavera, intorno alla festa di Imbolc, o Imbolic, l’Oimelc, o anche Candlemas, da cui deriva la festa padana della Candelora consacrata allora probabilmente alla dea della sapienza Birgit. Nella mitologa celta, nei testi come il “Leabhar Gabhala”, il Libro delle Invasioni, tratto da testi del VI, VII sec. a.C., oltre che ad accennare alle “mitiche armi” si afferma che furono i Fomoriani o Fomori i primi abitanti d’Irlanda. I Fomoriani erano un “popolo di giganti” che nel tempo condusse battaglie contro gli invasori Portholoni, Nemed, Firbolg e i mitici Thuata De Danann, forse giunti a porre fine alle guerre, tra questi ultimi vi erano, per l’appunto: Dagda, Brigit, Ludd, Dian Cecht, Ogma e Lir; quel “popolo divino” che permise alcuni matrimoni tra i due popoli, sempre la stessa “l’Ibridazione con gli umani”. Infatti alcuni studiosi sostengono che le Túatha Dé Danann locate nel “Lochlann”,  avessero stretto alleanza con i Fomóire e tra le due stirpi vi furono unioni matrimoniali, da cui era nata una discendenza mista, iniziata ai tempi di Nét figlio di Innui figlio di Allui figlio di Tat. Questo Nét aveva due mogli, Némain e Fea, da cui aveva avuto tre figli: Dót, Esarg e Delbáeth. Figlio di Dót era Balor, capo dell'esercito fomóir durante la guerra contro le Túatha Dé Danann. Figlio di Delbáeth era Elatha, re dei Fomóire. Nella discendenza di Esarg abbiamo, invece, il già citato, Dían Cécht; mentre Elatha era padre di Dagda Mór, Ogma ed Eochaid Bress. Alcune fonti sostengono invece, che il re Bress fosse il figlio che Elatha aveva avuto da una danann di nome Eri. Da alcune fonti si evince che le Túatha Dé Danann ad un certo punto si spostarono dalle isole settentrionali del mondo alla Grecia e dalla Grecia al Lochlann, e poi in Alba e Ériu, portando con se i già citati loro tesori, di seguito descritti. Da ciò è chiaro l’intreccio con le fonti della ritualità di Eleusi e probabilmente le armi “divine” o meglio la “tecnologia attribuibile ai Phykkhe’sh Tau”.

·       Da Fálias avevano portato la Lía Fáil, la “pietra [dell'isola] del destino”, che sarebbe stata posta a Temáir. Questa pietra soleva lanciare un grido allorché veniva calpestata da un re legittimo che stava per assumere la suprema regalità di Ériu.
·       Da Gorias avevano portato la Sleá Bua, la “lancia di vittoria”, che in seguito venne assegnata a Lúg. Contro questa lancia non fu mai vinta battaglia, né contro chi la tenesse in mano.
·       Da Finias fu portata la Clíam Solais, la “spada di luce”, appartenente a Núada. Era invincibile quando veniva tratta dal fodero.
·       Da Murias fu portato il Coire an Dagda, il “calderone del dio buono”, appartenente al Dagda Mór, il cui contenuto era tale che nessuna compagnia, per quanto numerosa, se ne allontanava insoddisfatta.


 Alcune leggende celtiche rassomigliano molto a quelle greche, basti pensare al concepimento di re Artù ed al concepimento di Ercole, non a caso i greci facevano risalire i keltoi, cioè i celti dal figlio di Eercole Celto. Tra i giganti Fomoriani privilegiati, associati alle forze della natura, vi era, come già ricordato: Bres, Eriu, Tethra e Balor il dio della morte; la leggenda racconta che quest’ultimo, descritto come il Polifemo greco, era un gigante monocolo re dei Fomoriani, (specie che ritroviamo tra i Phykkhe’sh Tau), figlio di Buarainech, volle rinchiudere in una torre la moglie Ethlinn perché non partorisse il figlio, che una profezia riteneva diventasse suo distruttore, storia affine a racconti di altre culture. Ethlinn partorì comunque, congiungendosi con il Clan dei Tuatha De Danann aiutato dalla druida Birog; Balor accortosi del fatto gettò nel mare il bimbo che salvato dalla druida Birog fu allevato dal dio del mare Manannan Mac Lir (che a quanto pare poteva trasformarsi ed era in suo potere viaggiare su una nave senza vele comandata solo con il pensiero cosa che si evince anche dai scritti della Saga omerica), prendendo il nome di Lugh, l’eroe che portò i Tuatha De Danann alla vittoria di Mag Tuireadh; vittoria nel quale Balar riuscì ad uccidere Ludd re del popolo divino perdendo però la vita per mano del figlio maggiore, che lo colpì a morte con una fionda, (come Davide e Golia), come aveva predetto la profezia, una profezia sul genere di quelle indhù come quella dell’asura Kamsa che all’epoca dell’avvento di Krsna circa 5.000 anni fa udì dal cielo una voce che gli profetizzò: “Come sei sciocco, Kamsa! Stai conducendo il carro di tuo cognato e di tua sorella senza sapere che il loro ottavo figlio ti ucciderà”. Sugli “Dei Luminosi” della tradizione nordica si narra che quando i Milesi li guidarono sotto terra i Thuata De Danann presero il nome di Daoine Sidhe, il loro re era Finvarra, grande giocatore di scacchi mai stato sconfitto e un donnaiolo che rapisce donne umane; si narra anche che donne bellissime del Sidhe, le “Banshees” appaiono avvolte nelle nebbia per accoppiarsi con uomini umani con l’intento di generare nuove stirpi di eroi. Una leggenda confermata dall’antico manoscritto trovato in un tempio celtico racconta la malefica saga distruttrice del dio Lugh e i suoi potenti Nazgul, che alleatosi con gli altri demoniaci dei infernali Valdemon, Agaliareth, Ogmios, Sagaxius e Bentrides, sconfissero con un sortilegio, un misterioso e valoroso cavaliere di giustizia, loro avversario, che per merito del suo agire, ebbe in dono dagli dei benigni l’immortalità nell’eterna trasmigrazione dell’anima. Il celtico Lug, era raffigurato con due teste come il romano Giano Bifronte, e rappresentava il vecchio e il nuovo, affine al Mercurio greco, era definito anche “il risplendente protettore delle arti”. Assieme a Mabon (il sole guaritore), Dagda (il padre degli dei), Gabanon (il fabbro), vi era Dian Cecht (il dio della medicina) che costruì un braccio d’argento al sovrano, braccio che aveva perso in battaglia e che gli fruttò il nome di Nuada cioè “braccio d’argento”. La leggenda vuole che Dian Cecht assieme alla figlia Airmed riuscisse a ridare vita ai guerrieri uccisi purché non fossero stati decapitati. Altri dei erano: Omios, Esus e una schiera di divinità femminili, tra le quali la triplice dea oscura Morrigan che poteva trasformarsi in corvo e necessitava di trenta uomini al giorno per soddisfare il suo bisogno sessuale; inoltre vi era la figlia di Dagda e la Grande Madre, “Birgit”, il cui nome deriva dalla radice "breo" (fuoco), il fuoco della fucina si unisce a quello dell'ispirazione, poi la dea Caiellach e la dea Mabon, rappresentata come una ruota piena di raggi, “vedi i “Miti Celti” e Arianod “ruota d’argento” unica figlia della Dea Madre e madre di Lugh.
Come chicca finale vi riporto questo breve scritto tratto da un ipnosi del dottor Angelo Bona, medico psicoterapeuta e specialista in anestesia, è presidente dell’A.I.I.Re., Associazione Italiana Ipnosi Regressiva e membro della A.S.C.H., American Society of Clinical Hypnosis che da più di vent’anni dedica la sua vita allo studio dell’ipnosi e dell’ipnosi regressiva e che da un ipnosi riporta: “La respirazione profonda, a mantice, di Davide continuava. Il suo volto aveva mutato persino i lineamenti e sembrava aver assunto i tratti di una persona più anziana.
Un’espressione nobile, direi fiera, animava il chiarore del suo viso. Percepivo distintamente che era affiorata in lui un’anima giunta da una distanza siderale. «Chi sei?» chiesi intimidito. Il sussurro della mia voce provocò in Davide un nuovo atto di deglutizione. Un tono vibrante, come una folata di vento, uscì dalle sue labbra e mi pervase, lasciandomi esterrefatto: «Io sono te». «Scusa, in che senso?» «Io sono te.» «Sei la mia coscienza?» «Perché dividi ciò che è unito?» Il timbro vocale e l’autorevolezza delle frasi sembravano realmente provenire da una lontana volta stellare. Poi continuai: «Sei nel tempo presente, nel passato, in una precedente vita?». «Siamo fuori da ciò che tu chiami spazio e tempo. Essi esistono solo per una bassa vibrazione, com’è quella in cui ti trovi.»
Il fragoroso respiro del paziente pervadeva l’aria, mentre cresceva in me un’inconsueta sensazione di soggezione, di impaccio. Avvertivo l’infinita elevazione dello spirito che mi stava parlando, facendomi sentire minuscolo come una formica. Poi mi rivolsi ancora a lui: «Sei o siete sempre stati fuori dallo spazio-tempo terrestre?». «No, conosco la vita, quella che tu definisci vita. Ora vedo piccoli esseri primitivi. Li dobbiamo aiutare ad acquisire consapevolezza.» Parlava di sé a volte al singolare e altre al plurale, come se la sua coscienza partecipasse a una dimensione condivisa da altri esseri simili a lui. Chiesi ancora: «Chi sei? Chi siete?». «Tutt’Uno, non c’è separazione, siamo un unico organismo cosmico. Porteremo Armonia ove non esiste, non perché non ci sia mai stata, ma perché è da fecondare.» «Ma qual è il tuo nome?»«Sono un esploratore in missione. Siamo venuti con la nostra città volante... siamo in 15duecento, atterrati nel deserto che in seguito diverrà un eden. Siamo giunti per colonizzare la Terra, per portare Amore, per creare vita... Vi vedo, siete degli ominidi primitivi... non riusciamo a capirci...» L’Entità che parlava si trasponeva in regressione nel tempo remoto in cui era in contatto probabilmente con antichi abitanti del globo. Parallelamente si rivolgeva a me, mantenendosi nel presente. Solo in seguito capii che questo era stato il primo gioco dei Maestri utile a scardinare nella mia coscienza la convenzionale concezione del tempo.
«Ora siete cambiati, ma non avete ancora sufficiente consapevolezza» continuò la Guida. «A quale deserto ti riferivi poc’anzi?» «Tu lo chiami deserto. Il Sahara divenne nel tempo un’oasi rigogliosa.» «Da dove vieni?» «Ebbi la mia prima materialità ottocentocinquantaduemilasettecento milioni di anni fa su un sistema solare che voi non avete ancora conosciuto. Noi lo chiamavamo Urus. Vorrei parlartene...» L’Entità sospirò profondamente, come trasposta in un ricordo paradisiaco e poi
continuò: «Ero un organismo unicellulare con una consapevolezza simile a quella di uno dei vostri aborigeni australiani. Il nostro viaggio è atemporale. Se vuoi, per facilitare la tua comprensione, ti posso dire che siamo giunti nel vostro sistema solare da Sirio e da Marte». «Su Sirio c’è Amore?» Il volto di Davide si illuminò d’estasi. «Sì, su Sirio e ovunque, tutto è Amore. Abbiamo mescolato il nostro sangue agli ominidi della Terra.» «Voi siete diversi dai terrestri?» «La nostra è un’astronave di purezza... siamo in missione d’Amore. Solo in pochi possono portare Luce agli altri pianeti.» «Quando sei venuto sulla Terra?» Ancora l’Entità mi parlò vivendo sincronicamente quell’attimo. «Siamo nel 18.000 a.C. Loro sono piccoli, noi più alti, magri... molto più alti. Provo una grande compassione e disagio. È un compito arduo... siamo completamente diversi. Vedo questi esseri alti come me... senza labbra con gli occhi grandi. Saranno due metri e mezzo d’altezza... siamo molto lontani da casa... rimarremo qua per migliaia di anni. Diventeremo il Popolo e il nostro Dna si mescolerà con il loro.» Rimasi senza parole senza riuscire neppure a formulare una domanda di chiarimento. Cosa voleva dire l’Entità che parlava per bocca di Davide, che in quell’attimo il genoma
umano era stato pervaso dalla consapevolezza della divinità? Non ero per nulla calmo e osservavo perplesso la cassa toracica del paziente ampliarsi e vuotarsi, mentre respirava fragorosamente. Temevo che stesse delirando e balbettai qualche frase sdrammatizzante. Più volte pensai di svegliarlo dichiarandomi non disponibile, ma qualcosa mi trattenne. Davide ruotò lievemente il capo e sembrò guardarmi con le palpebre calate. Poi mi sorrise ritornando in relazione con me nel tempo presente. Pareva vivesse momenti di trance nella trance e questo fenomeno non lo avevo mai osservato in nessuno. «Cosa ti inquieta?» mi chiese, leggendomi nell’animo. «Nulla... raccontami ancora» risposi, deglutendo e riacquistando l’assetto di volo. «Siamo giunti e abbiamo incontrato i popoli del deserto fino al 10.000 a.C., ma anche questo è un tempo terrestre, lo dico per te... per noi il tempo, come ti dissi, non esiste.» Confesso che ero curioso come un ragazzino di fronte a quelle inconsuete rivelazioni. Ancora domandai: «Com’è fatta la vostra navicella volante?». «All’inizio era costituita di afnio... simile al titanio, con la forma di un parallelepipedo nero, ma ora è un organismo, un veicolo di essenza spirituale.» Stentavo a cogliere la portata del suo parlare così inflessibile e certo. Davide improvvisamente si commosse, interrompendo a tratti la respirazione. Poi continuò: «È
una responsabilità condivisa e grande: portare Amore a piccoli esseri inconsapevoli... Aiuta, aiuta questa astronave!». «Quale astronave?» «Davide... lui è l’astronave di purezza. Ora sono molto molto stanco, non posso restare, ci rivedremo presto... Dam... rdo... rie... lus... inoreiah.» Con un respiro fragoroso e dopo questi fonemi, che forse qui non ho trascritto perfettamente, ebbi la netta sensazione che l’Entità se ne fosse andata.
Appare evidente, da tutti i fronti di ricerca, un’arcana storia che ci riporta alla caduta dei Vigilanti di Enoch, ai Viracocha mesoamericani, agli Anunache, ai Neteru egizi; insomma la solita “Storia” che chissà perché non viene ancora riconosciuta ufficialmente. Una verità, che vede l’uomo come il risultato di un ibridazione aliena, cosa ormai indiscutibile. Mi rimane da dire che solo il tempo prima o poi ufficializzerà ciò che già molti sanno. Per chi volesse approfondire può visitare il mio sito: www.artealiena.it o leggere il mio libro: l’Invisibile mistero della creazione, o il libro di profezie: 2012-2050 Tempo di sapere appena uscito edito da Europa edizioni.
                                       


                                                                                                     TARZARIOL LUCIO